martedì 21 aprile 2015

FLAGS OF OUR FATHER 3- LA FINE DELL'AMERICAN DREAM


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Terza puntata del tractatus di Riccardo Seremedi sulla vicenda statunitense nella sua "involuzione" attuale. Come abbiamo visto, astensionismo e oligarchia finanziaria limitatrice della democrazia vanno di pari passo. In un disegno che le grandi democrazie dell'Occidente, nel loro insieme, non paiono in grado di contrastare, schiacciate dal giogo mediatico e dall'ubriacatura dei diritti cosmetici
Rimane, sempre di più, solo il tecnicismo ideologizzato "pop" a costruire nuovi miti distrattivi di massa, mentre i cittadini rimangono esposti al progressivo smantellamento dei diritti che avevano caratterizzato la crescita del benessere e delle giustizia sociale. E tutto questo col collaborazionismo involontario degli stessi, condizionati da una depressione culturale che va inconsapevolmente di pari passo con l'impoverimento generale.






LA FINE DELL'”AMERICAN DREAM” - Parte seconda              
                                                                                                                                             
1. Due grandi partiti, una sola filosofia
Non è difficile comprendere perché oggi il popolo americano consideri Federal Reserve e Wall Street alla stregua di un manipolo di prestigiatori, e perché si senta tradito da una classe politica che ha abdicato da tempo al proprio ruolo istituzionale – in favore della collettività - per “reggere il sacco” al cartello economico-finanziario, quell' 1% che governa, di fatto, il paese; il circuito informativo mainstream - proiezione mediatica degli stessi potentati finanziari ai quali esso appartiene – perpetua il mito della “libera possibilità di scelta” tra Repubblicani e Democratici, facendo credere all'elettorato che esista una dicotomia fra questi due partiti che porti ad avvalorare l'esistenza di una robusta democrazia dell'alternanza.                                                                                                                               
In realtà, attraverso questo meccanismo, ogni partito politico ha sostenuto che esso rappresentava una filosofia e una linea politica diversa rispetto all'antagonista, quando le azioni sostanziali hanno dimostrato il contrario : grattando via i falsi orpelli ideologici che fungono da specchietto per le allodole/masse, entrambe le parti hanno dimostrato di essere d'accordo sulla vera idea fondamentale, ovvero che la classe operaia, la piccola imprenditoria - e più in generale, il 99% degli americani - devono farsi carico delle perdite della cleptocrazia al potere.
 Le differenze tra il partito democratico e repubblicano sono irrilevanti, nessun principio in cui la classe operaia ha un qualche interesse (...) ogni operaio che ha abbastanza intelligenza per capire l'interesse della sua classe e la natura della lotta in cui è coinvolto troncherà una volte per tutte i suoi rapporti con entrambi " - queste parole furono pronunciate da Eugene Debs - politico, sindacalista e leader dell'American Railroad Union – più di un secolo fa ma il tempo non ne ha affatto mutato la validità e la sostanza. 
Anzi, tale concetto è stato ribadito recentemente dal professor Kevin Leicht, sociologo alla University of Iowa , quando scrive che il sistema politico americano del “winner-take-all  ha “prodotto quello che il commentatore politico Kevin Phillips ha descritto come "il partito capitalista più entusiasta del mondo (GOP ) [Grand Old Party – soprannome del Partito Repubblicano ndr.] e "il secondo partito capitalista più entusiasta del mondo" (Partito Democratico). Entrambi i partiti fanno appelli transitori a favore della classe media e talvolta anche degli elettori poveri, ma entrambi sono finanziati da ricchi capitalisti [...]” .                                                                                         
E' proprio la mancanza di un soggetto politico realmente interessato a dar voce alle istanze della gente comune che spiega la nascita di movimenti di protesta come “Occupy Wall Street” e  “We are the 99%” , fenomeni che hanno aperto un dibattito all'interno del mondo accademico e culturale sul declino dell' “American Dream” , ma che politici (salvo rare eccezioni) ed “esperti” hanno sostanzialmente ignorato; questi ultimi due – nota Leicht - hanno invece preferito dare seguito a “politiche di spostamento” (le famose “armi di distrazione di massa” ndr.), ossia far parlare l'opinione pubblica di argomenti che non fossero disuguaglianza e denaro, bensì aborto, matrimoni gay, preghiera nelle scuole ecc.


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2. Masters and Servants
Quella che fino a pochi anni fa era solo una parola sussurata - quasi furtivamente, per il timore di essere tacciati di “scarso spirito patriottico” - è ora scandita a chiare lettere: NEO-FEUDALESIMO; sembra un paradosso che il XXI secolo – l'era del “villaggio globale” e della interconnettività - riporti in auge una parola, e il significato che le sta dietro, che si pensava appartenesse ormai ad uno dei periodi più bui della storia umana, e che ciò accada proprio negli Stati Uniti, il paese che propugna al mondo intero l'accettazione e l'omologazione al proprio modello di capitalismo, foriero di benessere e felicità.    
                                                                                                                                           Eppure è così, e l'evoluzione sociale americana degli ultimi decenni non lascia spazio a fraintendimenti ; Chris Hedges () - una delle penne più note e sferzanti del giornalismo indipendente statunitense – ha fornito una visione dell'”american way of life  assai poco consolatoria: 
[...] Le radici dell' apatia di massa sono da ricercarsi nella profonda divisione tra liberali, che sono per lo più bianchi e ben istruiti, e la nostra classe operaia senza diritti, i cui figli e figlie, che non possono ottenere posti di lavoro decenti con benefici, hanno poche opzioni oltre la carriera militare. I liberali, i cui figli sono più spesso in college d'elite che nel Corpo dei Marines, non hanno combattuto il North American Free Trade Agreement nel 1994 e lo smantellamento della nostra base manifatturiera (...) hanno firmato, sostenendo i democratici Clinton e Obama, per lo stupro aziendale effettuato in nome della globalizzazione e della guerra infinita (…) La nostra passività ha portato, però, a molto di più che un avventurismo imperiale e ad una sottoclasse permanente. Un colpo di stato al rallentatore da parte delle corporations che controllano la nazione ha cementato un neofeudalesimo in cui ci sono solo padroni e servi. Ed è un processo che non può essere invertito attraverso i meccanismi tradizionali della politica elettorale [...]”.
Anche Lewis H. Lapham – ex editoredi Harper's Magazine ha lanciato un j'accuse contro l'oligarchia economico-finanziaria che usa “la democrazia come un bancomat : “[...] La formazione della volontà del Congresso e la scelta del presidente americano è diventato un privilegio riservato alle classi equestri del Paese, alias il 20% della popolazione che detiene il 93% della ricchezza, gli 'happy few' che gestiscono le imprese e le banche, possiedono la gestione e il controllo delle notizie e l'industria dell'intrattenimento, stabiliscono le leggi e governano le università, controllano le fondazioni filantropiche, gli istituti di politica, i casinò e le arene sportive [...]”.                                                                                                                                                         
Tra le poche voci discordanti che si levano dal “coro muto” del Congresso degli Stati Uniti, quella di Ron Paul è senza dubbio una delle più squillanti ; l'ex membro del Congresso - in un'intervista a “Russia Today” ha parlato della politica interna americana come di un sistema monopolistico, gestito dai  leader dei due principali partiti : “[...] E 'un monopolio ... e non consentono neppure una seconda opzione (...) che cosa fanno con i nostri giovani? Essi li mandano in tutto il mondo, coinvolgendoli in guerre e dicono loro che devono avere elezioni democratiche (...) Ma qui a casa, non abbiamo una vera Democrazia. Abbiamo un monopolio di idee che è controllato dai leader dei due partiti.  Li chiamano due partiti, ma è in realtà una filosofia [...]”.

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3. Il sistema elettorale americano: AAA democrazia cercasi
Benché alcune posizioni politiche di Paul - che taluni accostano, a torto o a ragione, al movimento Tea Party – non appaiano assolutamente condivisibili, nella fattispecie egli ha ragione da vendere. Anche in considerazione del sistema profondamente antidemocratico che contraddistingue l'elezione del presidente degli Stati Uniti, dove i cittadini non votano direttamente i candidati bensì i cosiddetti Grandi Elettori”.  Come molti sanno, infatti, in rappresentanza dei 50 Stati dell'Unione e del District of Columbia (D.C.) vengono eletti 538 Grandi Elettori che sono associati ad un candidato presidente, e proprio a costoro spetta il compito di votare la loro personalità di riferimento, aggiungendo sempre un elemento di suspense legato alla possibilità che qualcuno di loro possa “cambiare casacca” all'atto della votazione : giova anche tener presente che non sempre chi prende più voti ha la vittoria assicurata, e che i cittadini americani - per esercitare il loro diritto - devono registrarsi alle liste elettorali dichiarando l'appartenenza politica, liste che spesso le commissioni statali falcidiano, cancellando persone ritenute non idonee – in genere la parte più povera della popolazione, soprattutto neri e ispanici – a causa di precedenti penali, interdizione dai pubblici uffici o  per altri motivi più o meno opinabili : ne consegue una sorta di manipolazione del voto come nel 2000 – durante la discussa prima elezione di Bush junior – quando la Florida cassò dalle liste 57.700 elettori, per la maggior parte neri e ispanici iscritti come elettori democratici, contesa che si risolse con l'affermazione del candidato repubblicano che sconfisse Al Gore per poco più di cinquecento voti. 
4. Il voto elettronico: quando democrazia fa rima con ricevitoria 
 Va anche ricordato che negli Stati Uniti le elezioni si svolgono con dispositivi per il voto elettronico () e molti elementi sembrano, di fatto, mostrare che la principale utilità delle macchine da voto è quella di facilitare la frode elettorale: l’esempio dell’elezione del senatore repubblicano del Nebraska ed ex Segretario alla Difesa con Obama, Charles Hagel, è sintomatico.                                                  Nel settembre 2006, il dipartimento informatico della prestigiosa università di Princeton ha  reso pubblico uno studio sulla sicurezza di questi marchingegni ; i ricercatori hanno analizzato una delle macchine presente negli uffici di voto negli USA, la Diebold Accuvote-TS : lo studio afferma che "[...] alla luce delle procedure reali di elezione, l’analisi della macchina mostra che è vulnerabile ad attacchi molto gravi. Per esempio, una persona che ottiene un accesso fisico, anche per un solo minuto, alla macchina può installarvi un programma pirata; un tale programma può rubare i voti in modo irrilevabile, modificare le registrazioni, diari e contatori in modo tale che siano in accordo con i falsi risultati che ha appena creato [...]”, senza contare che la procedura di voto con un computer rende il risultato inverificabile, non producendo alcuna documentazione cartacea e con il processo gestionale interamente controllato da un’impresa privata.
         
5. La cronica assenza del voto pluriclasse nelle elezioni americane  
Storicamente, gli Stati Uniti hanno una delle percentuali di affluenza al voto più basse tra le democrazie del mondo e per le elezioni presidenziali del 2004 - secondo i dati del “US Census Bureau”  - su  197 milioni di adulti in età di voto solo il 72% si era registrato e l'affluenza alle urne aveva interessato solo poco più del 60% dei cittadini adulti.
                                                                                                                                                                      E' del tutto evidente che in una nazione dove la potenziale base elettorale viene erosa alla fonte dall'esclusione di persone non iscritte alle liste elettorali, dove le principali minoranze “colored” e “latinos” vengono fortemente penalizzate da decisioni poco comprensibili – come l'annullamento della sezione 4 del “Voting Rights Act” - (http://www.thepostinternazionale.it/mondo/stati-uniti/il-voto-delle-minoranze) e da un contesto sociale che le vede ancora emarginate, dove una fisiologica percentuale di astensionismo contribuisce ad ingrossare le fila dei non-votanti, è evidente – dicevamo – che si avrà una ristretta partecipazione alla costruzione dell'assetto politico nazionale, con la progressiva cristalizzazione di segmenti sociali ben definiti; si osserverà pertanto una limitata presenza pluriclasse, in quanto coloro che si recheranno alle urne tenderanno ad essere la parte più anziana, più istruita e più benestante della popolazione: per fare un esempio, va a votare l'81% di chi guadagna più di 100.000 dollari l'anno, mentre la percentuale scende al 48% tra chi è sotto i 20.000 dollari (dati elezioni 2004).                        


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6. La speranza mutilata
La grande speranza di cambiamento che il popolo americano anelava parve concretizzarsi nel novembre 2008 con l'elezione di Barack Hussein Obama II a 44° Presidente degli Stati Uniti d'America, primo afroamericano della storia a raggiungere questo prestigioso traguardo; la situazione interna si presentava molto difficile - eravamo nelle settimane successive al crack di Lehman Brothers e all'inizio del collasso economico, definito in seguito “Grande Recessione” - e l'arrivo alla Casa Bianca di questo semisconosciuto senatore dell'Illinois recava con sé un carico formidabile di aspettative e di speranze per il futuro, speranze che venivano alimentate da una campagna elettorale fortemente connotata di valenze messianiche, dove lo slogan “Yes we can”  riscaldava i cuori di milioni di uomini e donne, operai e diseredati, giovani e vecchi. 
                                 
Improvvisamente negli Stati Uniti e nel mondo intero scoppia “l'Obamania”, stelle e stelline del cinema e del rock  scorgono in lui le stimmate del “messaggero celeste” sceso sulla Terra per lenire le ferite di un'umanità sofferente, i suoi comizi si trasformano in grandi happening che ricordano il festival di Woodstock, il merchandising con la sua effigie spopola e le magliette con gli slogan delle presidenziali vengono indossate ovunque.                                              
Nella serata trionfale di Chicago,  in un passo del discorso celebrativo, Obama afferma: “[...] Ricordiamoci che se mai questa crisi finanziaria ci insegna qualcosa, è che non possiamo avere una Wall Street prospera mentre Main Street soffre [...]”  i banchieri di Wall Street sono nuovamente nell'occhio del ciclone, ancora una volta protagonisti di un rovescio economico-finanziario epocale, con l'opinione pubblica che chiede a gran voce l'arresto dei responsabili" 
Quella di Obama appare a tutti come una dichiarazione di guerra in piena regola : si rivelerà un bluff.

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7. Pecunia non olet – Obama&Wall Street: a love affair  
Le campagne elettorali americane necessitano notoriamente di grandi risorse finanziarie, ed è impensabile giungere alla sfida decisiva, e vincerla, senza avere alle spalle il consenso e la potenza di fuoco dei grandi monopolisti di Wall Street , considerando che all'epoca Obama raccolse la cifrastratosferica di 778.642 milioni di dollari (), la più alta di sempre.
Per giustificare quella messe di denaro e non intaccarne l'immagine di outsider estraneo al “sistema”, media sussidiati, supporters ed entourage obamiano sottolinearono che lo straordinario successo era dovuto alla campagna di “fund-raising” (raccolta fondi) che aveva visto protagoniste centinaia di migliaia di persone comuni donare piccole somme  attraverso internet, un racconto suggestivo e di forte presa emotiva ma lontano dalla realtà: lo studio redatto dal Campaign Finance Institute”- un gruppo indipendente - ha rilevato che la percentuale delle piccole donazioni fino a 200 dollari (o meno) oscillava tra il 24% e il 26% del totale, lo stesso range (25%) che ottenne Bush nel 2004. 
Michael J. Malbin - direttore esecutivo dell'istituto – ha dichiarato in un comunicato: Il mito è che i soldi dei piccoli donatori hanno dominato le finanze di Barack Obama (…) la realtà della raccolta fondi di Obama è stata impressionante, ma la realtà non corrisponde al mito; sempre secondo codesto studio, Obama ha ricevuto circa l'80% del denaro dai grandi donatori, definiti come coloro che hanno dato 1.000 dollari o più, piuttosto che dai piccoli. 
Diversi mesi prima della vittoria alle presidenziali, Reuters scriveva che Wall Street puts its money behind Obama, illustrando icasticamente quanto scritto poco sopra ;  del resto basta scorrere la lista dei “top contributors” per  rendersi conto che i maggiori finanziatori di Obama sono proprio le multinazionali e le big banks , una realtà fattuale che cozza con l'immagine di fustigatore che Obama cerca di proiettare in pubblico, attaccandole banche mentre rastrella i quattrini a Wall Street”.  

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 8. Culto pagano 
E' realistico pensare che un paese come gli Stati Uniti, storicamente governati da un'oligarchia petro-finanziaria, potessero esprimere un presidente così “anticiclico” proprio nel momento di maggior difficoltà della stessa?
La risposta l'ha già fornita la Storia :Wall St. Firms Have Already Earned More Under Obama Than During Entire Bush Presidency” - Huffington Post   7 novembre 2011.
Già nel 2008 più di un osservatore aveva avuto dei sospetti sulla narrazione mistica dell'”Uomo giusto al momento giusto” ; scriveva Mark R. Levin:  
“[...] Onestamente non ho mai pensato di vedere una cosa del genere nel nostro paese - non ancora comunque - ma ho la sensazione che quello che sta accadendo in queste elezioni è un'incoscienza e l'abbandono della razionalità (…) C'è come un'atmosfera di culto intorno a Barack Obama - che la sua campagna ha fabbricato attentamente e con successo  - che mi preoccupa. 
Il complesso del Messia. Gli svenimenti di membri del pubblico durante le manifestazioni. Speciali bandiere Obama e un sigillo presidenziale di Obama. Un grafico con la rappresentazione del globo e il nome di Obama su di esso (...) I bambini delle scuole che cantano canzoni lodanti Obama. Adolescenti che indossano abiti mimetici e marciano in ordine militare cantando il nome di Obama [...]”.
L'elezione a presidente degli Stati Uniti di un parvenu come Obama è da ritenersi un disperato atto diversivo, dettato dall'istinto di autoconservazione dell'oligarchia petro-finanziaria nel bel mezzo della “tempesta perfetta”, un volto “presentabile” e telegenico – per di più di colore – da dare in pasto alla classe media proletarizzata e ai sotto-occupati dei suburbi e delle grandi periferie come specchietto per le allodole - gattopardismo a stelle e strisce - un finto elemento di discontinuità rispetto a figure come Hillary Clinton, immediatamente associabile - anche grazie all'opera del marito – alle consorterie elitarie che gravitano attorno a Wall Street.

9. L'idolo in controluce: Webster Tarpley racconta il “fenomeno Obama” 
Secondo il giornalista investigativo Webster Tarpley, la scelta di Barack Obama rientra in quest'ottica; nel suo libro Obama, The Postmodern Coup - Making of a Manchurian Candidate” - uscito durante l'ubriacatura mediatica pre-elezioni 2008, a giochi ancora aperti  – il giornalista americano definisce Obama  “uno di destra, un elitista, una creatura di Wall Street , un affabulatore che attraverso “un messianismo vago e insulso e luoghi comuni utopistici” ha carpito la buona fede di milioni di persone.                                         
Obama è stato una pedina nella lotta per la sopravvivenza che ha visto fronteggiarsi fazioni contrapposte all'interno del sottobosco politico statunitense - “bellum omnium contra omnes”, per dirla à la Hobbes - il protégé di Zbigniew Brzezinski, della Commissione Trilaterale e dell'ala “leftist” della CIA : “[...] Una massiccia mobilitazione della comunità d'intelligence era in corso contro la Clinton. Allo stesso tempo era chiaro che il candidato di Wall Street e dell'intelligence altri non era che lo sconosciuto outsider Obama[...]”. (pag.16) 
Tarpley pensa che la Clinton sia stata ostacolata a causa di una sua possibile politica economica più attenta a “Main Street (termine coniato, in ovvia contrapposizione a Wall Street, per indicare la gente comune) ; nondimeno sembra poco probabile – visti i precedenti di “Casa Clinton”- che Hillary si sarebbe “allontanata dalla retta via”, e l'”operazione Obama” è da ricondursi ad una sorta di lifting imperiale , come scrive lo stesso autore:  
“[...] Il problema più immediato della 'City' di Londra e di Wall Street è mantenere la dominazione Anglo-Americana nel mondo di fronte a numerose sfide. Esse devono conservare la loro egemonia monetaria e finanziaria, ripristinare la loro credibilità diplomatica, raggruppare e ricostituire le loro forze militari, rinnovare le loro alleanze, intimidire i loro satrapi e vassalli per riportarli all'obbedienza e prepararsi ad un regolamento di conti con le recalcitranti superpotenze Russia e Cina. 
Con Bush-Cheney o McCain, esse hanno chance di successo molto limitate […] una presidenza Obama, per contro, darebbe all'imperialismo Anglo-Americano un oratore ammaliante, aria nuova, un lifting e una nuova prospettiva di vita. Se Obama non fosse stato disponibile, i banchieri lo avrebbero inventato. E infatti, lo hanno inventato, iniziando probabilmente un quarto di secolo fa, quando Obama e Brzezinski erano entrambi (come studente e professore ndr.) al campus della Columbia University a New York City nel 1981-1983 [...]”. (pagg. 23-24).

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10. Totalitarismi post-moderni
Il giornalista americano dipinge – dopo averne analizzato diversi elementi - l'intera vicenda come un coup d'état con iper-toni progressisti e 'di sinistra',  effettuato non da una junta di anziani generali reazionari, ma piuttosto da un giovane demagogo di centro-sinistra che avanza circondato da sciami di giovani”, dove il “culto della personalità” e l'aura di misticismo attorno alla sua figura - alimentati ad arte dal circuito mainstream e da “intellettuali” organicinon possono non richiamare alla memoria le stesse forme di propaganda che caratterizzarono i funerei totalitarismi del “secolo breve”.
Questo è tuttavia un totalitarismo “soft”, che tiene molto alle apparenze e si guarda bene dall'esteriorizzare certe forme ormai desuete di coercizione, cercando invece il dominio attraverso la fascinazione ed il consenso forgiato dagli spin doctors, inducendo convinzioni e atteggiamenti pianificati per guidare le scelte delle popolazioni.                                                                            
Tant'è vero che lo zeitgeist - plasmato dalle stesse élites  impone una serie di cosiddetti “diritti cosmetici” che hanno solo superficialmente la “certificazione di autenticità”. Come è stato fatto notare da molti scrittori e sociologi – tra i quali, Gabriele Kuby - le tematiche “politically correct” come l'ideologia gender  nascono per relativizzare la società e per portarla a quello che Aldous Huxley aveva descritto nel suo romanzo distopico “Il Mondo Nuovo” , una società serializzata e asessuata nella quale il classismo è perseguito attraverso la scienza, in cui individui atomizzati e spersonalizzati vengono condizionati da continui e ipnotici slogans che portano “alla creazione di un 'uomo' senza punti di riferimento, affettivamente instabile e quindi facilmente utilizzabile , sia sotto forma di 'consumatore perfetto' che come anonimo 'tassello sociale' facilmente manipolabile”. (E. Perucchietti – G. Marletta – “Unisex” )                                                                                     


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11. Luogocomunisti d'oltreoceano 
La retorica di Obama attinge a piene mani da codesti stilemi; ritroviamo quindi – da una parte - le “adunate oceaniche” dove l'”hombre vertical”  si lancia in affermazioni, come “Adesso è il momento”, “Abbiamo bisogno di cambiamento”, Sì, possiamo” , che vengono ()  ripetute più volte e costituiscono i mantra della dossologia obamiana, e - dall'altra – le tematiche LGBT, usate strumentalmente anche come arma di pressione geopolitica verso la Russia.    
Il giornalista William Allen White una volta ebbe a scrivere che “ la politica è dopotutto una delle branche minori della prostituzione” , e questo concetto vale doppiamente per Obama, il cuigabinetto” - absit iniuria verbis - è infarcito di ideologi ultraliberisti e di “wallstreeters; alla faccia del “cambiamento” - e delle sue pulcinellate pubbliche contro i “fat cats” -  che doveva costituire la cifra distintiva della sua amministrazione; così si scopre che per l'inquilino della Casa Bianca quello che è turpe e laido in pubblico, in privato diventa deterso e profumato.
L'amministrazione Obama ha infatti assegnato posizioni di primaria importanza nella gestione della crisi a soggetti che – direttamente o indirettamente - erano coinvolti nelle operazioni e nei soggetti finanziari protagonisti del tracollo dei mutui subprime, una galleria di personaggi controversi tra i quali si distinguono l'ex presidente della NY FED  Timothy Geithner - già pesantemente compromesso nella crisi del 2008 e nominato Segretario al Tesoro da Obama nel 2009 -, Bill Daley – banchiere alla JPMorgan e  “Chief of Staff” alla Casa Bianca 2011-2012 – , Jacob “Jack” Lew, attuale Segretario al Tesoro ed ex di Citigroup ecc.  


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12. Molto rumore per nulla
Non desta quindi nessuna meraviglia che nell'intera vicenda non si sia visto un solo atto di accusa, o il perseguimento di qualcuno degli “alti papaveri” di Wall Street responsabili della truffa sistemica del 2008, una condotta che getta disdoro sul Dipartimento di Giustizia di Obama, in particolare sul capo della sua sezione penale - il già citato Lanny Breuer – che non ha mai nemmeno tentato di incriminare i responsabili di alto livello, adducendo come scusa la difficoltà di prevalere in questi casi penali; le uniche azioni intraprese – come abbiamo visto (una piccola parte) con JPMorgan – sono state solo una serie di forti multe pecuniarie che, grazie ai denari derivanti dall'”encopressia monetaria” della Federal Reserve, hanno permesso ai banksters di pagare l'obolo e farla franca per l'ennesima volta, in barba ai più elementari princìpi giuridici che dovrebbero garantire a tutti i cittadini, di qualsiasi grado e condizione, un trattamento paritario di fronte alla Legge.
Invece, come ha scritto John W. Whitehead :() “[...] Oggi viviamo in un sistema a due livelli di giustizia e di governance. Ci sono due tipi di leggi: uno per il governo e le imprese, e un altro per voi e per me (…) le leggi che si applicano alla maggior parte della popolazione consentono al governo di fare cose come controllarvi il retto durante una sosta lungo la strada, o ascoltare le vostre telefonate e leggere tutti i messaggi e-mail, o  incarcerarvi a tempo indeterminato in una cella di detenzione militare (…) poi ci sono le leggi costruite per l'élite, che permettono ai banchieri che fanno cadere l'economia di camminare liberi [...]” , un pensiero al quale è accomunato anche il giurista di Harvard Larry Lessig, quando scrive che viviamo in un mondo in cui gli architetti della crisi finanziaria cenano regolarmente alla Casa Bianca". 
                                                                                                                                                      L'ex senatore democratico Ted Kaufman si è speso con inesausto vigore per fornire ai funzionari del Dipartimento di Giustizia tutti i fondi di cui avevano bisogno per svolgere le indagini penali,  facendo anche pressioni per costringerli a farle; eppure, quando lui e il suo staff si riunivano con Breuer e gli altri funzionari del Dipartimento di Giustizia, tutto quello che veniva loro presentato erano procedimenti contro piccoli broker ipotecari, in risposta ai quali Kaufman diceva: "No. Non mi mostrate i ragazzi dei piccoli mutui in California. Quello che è accaduto riguarda totalmente Wall Street.... Stiamo parlando di indagare gli alti dirigenti di Wall Street, anche a livello di Board ".                                                                                                                                        
Come Kaufman e il suo gruppo chiariscono, i funzionari di Obama erano chiaramente disinteressati nel perseguire penalmente i top bankers, e la ragione per cui non ci sono stati tali sforzi l'ha fornita l'ex regolatore bancario Bill Black in un'intervista a Bill Moyers nel 2009 : "Timothy Geithner, il segretario del Tesoro, e gli altri dell'amministrazione - con le banche - sono impegnati in un insabbiamento per impedirci di sapere che cosa è andato storto”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

41 commenti:

  1. Il "neofeudalesimo" [...]è un processo che non può essere invertito attraverso i meccanismi tradizionali della politica elettorale [...]

    Gramsci parlava chiaro in merito: "solo un ammutinamento li potrà rovesciare".

    (Comunque l'analisi chiara, multidimensionale, intimamente coerente e, in ultimo, "filosofica", che esce da questi spazi, è unica. E non solo in Italia (che, per ovvi motivi di vassallaggio, è uno spazio intellettuale ancora più costretto rispetto ai maggiori Paesi occidentali).
    Con tutta la gratitudine e il rispetto che si può avere verso chi ha contribuito a tratteggiare i contorni "core" o meno della realtà cogente, con le proprie competenze e con la propria tensione morale, questo spazio resta un unicum per "indagine" ed "ermeneutica": questo contributo va, a mia opinione, al di là della "mera divulgazione".
    Complimenti a Riccardo e Quarantotto)

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    Risposte
    1. Concordo che il processo elettorale, quale ormai trasformatosi, non possa invertire la concentrazione oligarchica del potere: è in re ipsa che un metodo che ha ormai incorporato un esito idraulicamente predeterminato a priori, in base ad altre dinamiche (mediatico-culturali e di struttura decisionale pubblica "di fatto"), non possa esso stesso correggere ciò che ha inteso deliberatamente modificare.
      Come si dice su twitter, non si chede a Hitler la chiusura di Auschwitz.

      Solo un processo pre-elettorale (nel senso che ne sia l'antecedente logico e sociale), di riaffermazione politica che incida legislativamente, (cioè in base alla difficile formazione di nuovo orientamento generale dello stesso assetto sociale) sulle cause della deriva del processo elettorale, rimuovendole, potrebbe riuscirci.

      Ma è un po' un serpente che si mangia la coda: e lo vediamo quando persino la Corte costituzionale o il Presidente della Repubblica, nella loro pur possibile rivendicazione di una prassi (costituzionale) attuativa delle sentenze di illegittimità, appaiono del tutto passivi di fronte alla elusione della pronuncia sulla legge elettorale.

      In pratica, attesa la situazione "mediatizzata", e quindi oligarchica, di formazione dell'opinione pubblica, il governo de facto prescinde ormai dalla Costituzione e, quindi, da ogni dinamica democratica positiva.

      A rigore "gramsciano" rimane solo la aggregazione di un nuovo Potere Costituente, quale che sia storicamente la vicenda storico-sociale che a tale aggregazione darà luogo...

      In ultima analisi, persino il 25 luglio al rallentatore da me ipotizzato, si sta rivelando tardivo se non erroneamente previsto: o meglio, la crisi economica è stata diluita abilmente nei suoi effetti sociali, al punto da non riuscire a generare la rottura della continuità (dannosa) della costituzione materiale eversiva instaurata dal vincolo esterno.

      Oggi come oggi, questo vincolo si sta rafforzando.
      In Europa, e specialmente in Italia (data la natura esplicita e rafforzata delle previsioni costituzionali) potremmo dire anzi che la situazione è giuridicamente, e quindi socio-politicamente, più grave che negli USA: l'instaurazione dello "stato di eccezione" è divenuta definitivamente prerogativa di forze estranee all'assetto costituzionale.

      Un paese ormai coloniale, infatti, dovrebbe passare per un duplice movimento di ripristino della legalità democratica: uno "anticoloniale" e un secondo, e preferibilmente simultaneo, di riaffermazione della eguaglianza sostanziale e del principio lavoristico come basi della comunità politica.
      Attualmente mi pare impensabile.
      Tragicamente e con effetti in un crescendo (o voragine) di cui non si può realisticamente scorgere il fondo...

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  2. Ma infatti, la "ratio" della tanto vituperata legge sul finanziamento pubblico dei partiti era proprio quella di svincolare la rappresentanza politica dall'influenza economica (che in pratica, pare concretare un vero e proprio vincolo di mandato).
    Ma vallo a spiegare a politici, media e livorosi italiani. C'è la corrrrruzzzione, "se so magnati tutto".... ma non è personale la responsabilità penale? E poi comunque la soluzione quale sarebbe? Il modello americano?
    Ebbene: negli anni '90, con apposito referendum abrogativo, quel modello americano, in parte, ce lo fecero votare. Pannella aveva in mente proprio questo: un finanziamento basato su lobby, fondazioni e quant'altro. Il tutto "per rendere la politica più vicina al cittadino" (e infatti si vede, in America, quanto gli è vicina..... lo è a tal punto da escluderlo discrezionalmente dal voto!). I vizi di quel genere di finanziamento "privato" -sull'onda del solito "se so magnati tutto"- nessuno ce li venne a spiegare: il "si" all'abrogazione della legge sul finanziamento pubblico ottenne quindi il 90 per cento dei consensi.
    Per carità, non dico che la disciplina non andasse rivista per evitare ruberie e storture. Ma all'epoca di quel referendum, tuttavia, di demagogia ce ne fu parecchia, ed il 90 per cento degli italiani (lo riconosco: me -all'epoca ventenne- compreso), ci imboccarono con tutte le scarpe.

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    1. Come sempre: i difetti fisiologici, per quanto macroscopici, della democrazia, vengono presi come pretesto non per introdurre elementari correzioni, ma per eliminare ogni concreta sua realizzazione (della democrazia).

      Dal commento che precede, in risposta a Bazaar, puoi vedere come ormai consideri la situazione disperata.
      Seriamente, sto pensando di chiudere il blog.
      A questo punto diviene un mero esercizio di pensiero nostalgico e quasi utopistico.
      Ad altri, più dotati sul piano comunicativo, e in circostanze più fortunate (storicamente), magari spetterà di tentare la rivendicazione della democrazia sostanziale.

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    2. Ciao Luciano, hai fatto tantissimo in qualita' e quantita' , e' comprensibilissimo che subentri stanchezza, ma mollare completamente no! Magari rallentare, ma restare comunque in contatto con i tanti che ti apprezzano!

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    3. Stimatissimo dott.Barra Caracciolo
      sarebbe una vera iattura non poter più leggere le pagine di questo blog.Spero che lo sconforto non la induca a tanto. Una silenziosa ma motivata opposizione si va agglomerando intorno ai caposaldi di pensiero che ispirano il suo preziosissimo blog e altri come Goofynomics. La sua opera è in tale senso preziosissima.

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  3. A proposito di neo-feudalesimo segnalo, se già non lo conosci, un libro che sviluppa proprio questa tesi: "CAPITALESIMO" di Paolo Gila
    http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833924106

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  4. Complimenti a Riccardo e Quarantotto. Analisi esaustiva che tocca tutti i punti del grande cortocircuito politico-finanzario-mediatico-(anti)democratico americano. E di conseguenza Occidentale. Se in Italia sui giornali si leggesse tutto questo, l'opinione pubblica avrebbe occhi diversi con cui guardare a quanto ci circonda. Sono gli stessi discorsi che si fanno in questi giorni sugli sbarchi e sui naufragi. In principio si destabilizzano le zone in cui interessi economici privati vogliono impiantare i loro affari. Poi si rimuovono le persone scomode al gioco. Poi si tolgono fondi alle misure preventive (Mare Nostrum aveva 9 milioni. E' stato liquidato da UEM che l'ha sostituito con Triton, totale fondi 3.). Tutto, attenzione nel silenzio più totale. Accade poi l'irreparabile. Si parla di aumento dei fondi (a 6!!!), di blocco navale (?!?!?!? Che facciamo, spariamo a vista alle navi? E chi dovrebbe distruggere i barconi su suolo libico? Con chi dovremmo prendere accordi visto che i governi colà sono 2? Protetti da diverse potenze regionali?). Non della cosa più importante, cioè del fatto che non bisogna interferire e mettere governi fantoccio pro Occidente nei vari paesi africani, latinos, mediorientali, orientali. Un po' come per le leggi bancarie. E' inutile annacquare la Dodd quando basterebbe rimettere in piedi la Glass - Steagall. O salvare le banche dai loro crediti inesigibili togliendo ancora più soldi agli operai che hanno dovuto finanziare così i loro acquisti di beni durevoli. Queste sono le azioni concrete. Tutto il resto sono, come giustamente detto, specchietti per le allodole. Ancora complimenti.

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    1. Sai Flavio che c'è? Purtroppo, mi accorgo che questa è l'unica voce che porta l'analisi su questi fatti e su queste distorsioni intollerabili della democrazia, unendo la lezione dei Costituenti a quella degli economisti che hanno dato un senso alla loro missione scientifica (che è poi sociale nel senso più elevato).

      Mi accorgo che non basta.
      Probabilmente non è questo il modo o non sono in grado di esprimere sufficiente urgenza nell'evidenziare il problema.
      Di fronte a quello che sta accadendo, mi aspetterei che in molti, molti, avessero raggiunto un senso di allarme epocale.
      Ma si vede che non è il momento. Quando sarà troppo tardi, forse...

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    2. Caro Luciano, come mi ha detto ieri un amico, la gente sarà in allarme quando saranno finite le pensioni dei nonni e le banche si saranno mangiate le abitazioni dei padri. Fino a quel momento, nutriti di una incessante propaganda sulla "ripresa" e gli "ultimi sacrifici" per sanare il nostro debito (il flare più efficace), la gente crederà che il futuro sarà migliore e che ci riprenderemo perché in fondo non siamo la Grecia (tanto vero, quanto irrilevante).
      Se posso permettermi un consiglio: non mollare. Tanti, anche tramite te, sono diventati più attenti e consapevoli e queste persone serviranno per raccogliere i cocci quando sarà il momento e rimetterli assieme in un modo meno disastroso e se ci sarà una maggiore attenzione al nostro dettato costituzionale sarà stato esclusivamente merito tuo e delle poche voci che grazie a te hanno trovato spazio.
      Senza il recupero e la conservazione della civiltà greca e romana, pazientemente ed oscuramente fatto dai sapienti nell'alto Medioevo, non ci sarebbe stato il Rinascimento.

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    3. Forse il Rinascimento non ci sarebbe stato senza la Peste Nera....

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    4. Ho letto un libro che afferma esattamente quello che dici, ma la Peste Nera ha solo "sbloccato" risorse umane che erano ferme a cercare di sopravvivere, dato il relativo alto numero di abitanti per le capacità agricole, ed ha dato una spinta al progresso tecnologico. La spinta culturale è stata data dalla possibilità di recuperare conoscenze che erano state preservate, anche se con semplificazioni e manipolazioni, nei secoli precedenti.

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    5. Stando a quanto afferma il FMI, non dovremmo essere molto lontani dal giorno della "verità". In ogni caso, è una questione di background. Credo. Le informazioni ci "inseguono" e ci "istruiscono". La verità oramai, come diceva Caffè, è un qualcosa da tenere stretto a sè col fine ultimo di soffocarla...

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    6. Sulla prima parte del commento di Luigi non sono molto d'accordo: non credo che ci sia un limite al peggio; il caso greco, come quello mediorientale, del sudest asiatico o, su tutti, quello africano, lo dimostrano in modo lapalissiano.

      Mentre mi trova pienamente d'accordo sulla seconda parte: « Tanti, anche tramite te, sono diventati più attenti e consapevoli e queste persone serviranno per raccogliere i cocci quando sarà il momento e rimetterli assieme ».

      Ed era il mio piccolo grande complimento che manifestavo a Quarantotto ma che non deve aver colto, causa "depressione da lettura di cronaca d'attualità".

      Una delle mie prime considerazioni che espressi in questo blog è stato proprio l'idea che, qui, e non altrove, si stava facendo quel lavoro di "resistenza" di cui tratta la trilogia della Fondazione di Isaac Asimov.

      Ho avuto la possibilità di scambiare recentemente impressioni sia con russi, che americani: questo sentimento di scoraggiamento delle persone più colte è diffuso: ai russi ho cercato di far capire che, anche se viene parzialmente negata loro democrazia e libertà, possono contare almeno sulla sovranità e sul compito storico della Russia di arginare le metastasi anglofone della finanza. La sovranità - con buona pace del piddinume ventoteniano - è il primo atto libertario verso la democrazia sostanziale.

      Agli americani non sapevo cosa dire... per loro, PhD istruiti nelle scienze sociali, il modello di "lotta democratica" era quello europeo... ma quello europeo non c'era più.

      Quindi?

      Bè, non andava poi "così" male, c'erano le manifestazioni di piazza delle "femministe"...

      Le grandi energie USA, senza la cultura europea, sono potenza senza controllo.

      Quindi, come ricordavo, quando ci sarà l'ammutinamento - perché ci sarà - qualsiasi sistema complesso, anche se organico e dotato di sistema immunitario, presenta delle vulnerabilità: queste vulnerabilità creeranno le condizioni per un "ammutinamento", e il cambio di governance avrà le necessità di linee guida, e avrà la necessità storica di appoggiarsi su una filosofia del pensiero che guidi il processo storico.

      L'ipotesi frattalica non può non esserci: è parte dell'inevitabilità storica.

      A differenza del medioevo, l'enorme massa di "sapere" accumulato, può permettere un ripristino culturale incredibilmente veloce: il piddino c'è sempre stato e sempre ci sarà.

      Ma, quando saranno cambiati i messaggi dei media di massa, il piddino - che deve scontare questa tragicità karmica - acquisirà (a suo modo...) i nuovi valori che verranno promossi.

      Il lavoro di chi si adopera nel fare da catalizzatore di questa transizione - che non ci può non essere, almeno che non si creda a Fukuyama - è creare ordine "epistemologico" ed "ermeneutico" in questo chaos da "information overload".

      Ed io sono fiero quando vedo riflessi i drive culturali di chi, come noi, magari con famiglie e doppi lavori, arriva a formulare autonomamente riflessioni che sono state fondanti dei grandi ideali del progresso civile.

      Sono orgoglioso di aver la possibilità di contribuire a riaffermare e riscoprire il grande pensiero delle grandi menti su cui è fondata la tradizione progressiva della civiltà umana.

      Se il pensiero è compreso, oltre che conosciuto, l'analisi degli eventi, aderente al reale quanto si vuole, non è "semplice" analisi degli eventi. È progresso.

      Qualsiasi sia la presente traiettoria culturale.

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    7. Avevo colto, ma consideravo il complimento troppo...di parte :-)
      Quello che dici, poi, è condivisibile a livello di concezione spirituale: il pensiero espresso in forma irrevocabile (nel senso di "accaduto") è conformazione dell'energia della specie umana. E' costitutivo dell'essere quanto e più dell'azione (materialmente rilevabile). E in più ha il pregio della desoggettivizzazione dei suoi effetti.

      Ma se andiamo sulla tragicità karmica, ogni sforzo umano è ridicolo se crede di incidere sulla realtà; vale solo come intento (de-personalizzato in senso sociale) della consapevolezza; ciò che attiene al "perfezionamento" individuale.

      Ma me stai a diventa' troppo filosofo: ti pare che se russi e americani còlti sono depressi, l'umanità possa lontanamente essere sotto controllo?
      In qualche modo, la specie dovrà estinguersi; la sovranità è poca cosa rispetto a tale destino.
      Ma oggi anche sul piano più astratto inclino al catastrofismo...
      Ma grazie dello spunto

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    8. Bravo Bazaar. Condivido. Nonostante la depressione che aleggia pure in me, insignificante essere umano. Non so perchè ma, appena letto le ultime due righe del commento qui sopra di 48, mi è balenata una considerazione. Quanto paradossale e stupido sarebbe per l'umanità, ad esempio, estinguersi a causa di un asteroide caduto sul suolo terrestre in un prossimo futuro, che non venga abbattuto perchè, a livello globale, i governi si ritrovarono senza fondi per potersi permettere uno scudo difensivo? La più colossale delle zappe sui piedi realizzata dall'animale più intelligente del pianeta. Una barzelletta. Ci sarebbe da ridere, se non fosse che stiamo andando proprio in quella direzione...

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    9. «ti pare che [...] l'umanità possa lontanamente essere sotto controllo?»

      Eretico!

      :-)

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    10. Evolutivamente parlando, neanche filogeneticamente (che non c'è più tempo), ma almeno culturalmente (cioè che non commetta suicidio di massa). Ti rinvio a Konrad Lorenz e a "Il declino del'uomo" :-)

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    11. Attento agli austriaci! :-)

      Da quelle parti, probabilmente sotto qualche università viennese, ci deve essere qualche concentrato ferroso, qualche cimitero indiano, qualcosa che solo l'alchimia può studiare... :-)

      Di Lorentz mi ricordo solo l'Anello di Re Salomone e del simpatico etologo che se ne andava in giro per il giardino fingendosi una chioccia con tanto di anatroccoli al seguito... ci starei cauto. :-)

      Comunque il tema credo sia proprio quello in cui si sta andando "a ravanare"... translatio imperii, crisi della modernità, nichilismo e "Fukujama"...

      L'imbecillità (e l'egoismo) della governance attuale, è quella di credere (?) che lo shock da climate change possa essere gestito meglio "al riparo dal processo elettorale".

      Insomma, il peggio di Malthus viene sempre tirato fuori a piacimento.

      Non credo a nessuna Apocalissi: se così fosse, che il Messiah si riveli.

      Se veramente Washington fosse l'ultima Roma, ricordo che a ovest dell'Ovest c'è sempre l'Ovest: potrei proporre a qualche comunità latomistica che in realtà l'Oriente eterno potrebbe essere Eterno oriente... d'altronde, secondo una certa tradizione c'è un profondo legame tra le parole e la magia.

      Ma non voglio distrarre.... :-)

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    12. L'estremo Oriente dei nostri giorni è Los Angeles. E non a caso...Ma non è intuitivo capirlo :-)
      Quanto a Konrad Lorenz è (anche) un fior di filosofo, insignito del premio Kant e non ha nulla a che vedere con gli austriaci che pensi tu...

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    13. Inclinare al catastrofismo senza #pirreviù può essere pericoloso, tuttavia...tout se tient, specialmente se leggi Arrighi, The long 20th century ma, soprattutto, Adam Smith in Beijing, che descrive i rantoli del Leviatano morente come in questa citazione di Michael Mann:
      "American Empire will turn out to be a military giant, a back-seat economic driver, a political schizophrenic and an ideological phantom. The result is a disturbed, misshapen monster stumbling clumsily across the world" (Inco­herent Empire, p. 13).
      Che è quello che accade quando la potenza egemone perde l'egemonia ed è costretta a diventare dispotica

      Dalle nostre complottistiche parti (anch'esse prive di #pirreviù), prevediamo che continuremo a vivere tempi interessanti. "Previsione facile" direte voi, visto che tutto questo era assai prevedibile: in fondo, tra Ci-cago e Ventotene vi fu solo un grado intermedio (il padre dell'editore e nonno del pianista).

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    14. @Quarantotto

      Giocavo sulla dissonanza accostando la bizzarria del genio di Lorentz, con la lucida follia dell'elitismo viennese... L'anello di Re Salomone è una delle letture della mia infanzia che più ricordo con dolcezza.

      Però mo mi hai incuriosito con 'sta storia di Los Angeles.... Se avessi dovuto scommettere avrei optato per San Francisco...

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    15. Si vede che non rammenti Guenon. Ma non sarebbe neanche essenziale...Ogni tanto devo rammentare a me stesso che...

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  5. Saremo con ogni probabilita' sconfitti - probabilmente siamo gia' sconfitti. Ma abbiamo il dovere morale della resistenza, di tenere acceso almeno un lumino nella oscurissima e lunga notte. Questo blog e' una fiaccola che spero non si spenga. La stanchezza e la disillusione sono comprensibili.
    Credo che sia sano rassegnarsi al fatto che il senso di urgenza e’ intrasmissibile su scale di tempo utili per fermare il disastro ora. Ma questi semi non vanno perduti: saranno indispensabili se si presenteranno le condizioni di una primavera. Fosse anche fra cent’anni.

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    1. Su questo non ho dubbi. Ma la via d'uscita sarà inevitabilmente the hard way, cioè, come preconizzato qui più volta dal collasso dell'insostenibile capitalismo finanziarizzato globale teso a riprodurre le sue crisi mostruose.
      Anche oggi sul Financial Times (!) si paventa la stessa eventualità, denunziando l'immobilismo dei vari regolatori nel post crisi del 2008 nell'introdurre meccanismi minimi di prevenzione.

      Ma se questa sarà la traumatica soluzione, anche altri semi, del "legno storto dell'umanità" fioriranno tra le macerie; e sarà non solo la violenza insita in qualsiasi eccessiva compressione sociale a guidare i comportamenti collettivi, ma anche l'incomprensione profonda dell'umanesimo che, come una scoria venefica, continuerà a generarsi.

      Gli odiatori dell'Umanità sono incoercibili e non hanno alternative all'autoperpetuazione, data la cecità con cui hanno costruito il ghetto globalizzato, distruggendo gli anticorpi della solidarietà umana. Anzi, l'intelligenza stessa della esistenza.

      Concepire la morte - degli altri- come un prezzo, un costo, insinuato nei processi economici retti dal pensiero unico, significa predicare la propria immortalità ad ogni costo.
      Uno sforzo ottuso che sta divenendo il cupio dissolvi della mancanza di saggezza di una classe dirigente ormai follemente pagana; e perciò dedita ai sacrifici umani (ad asettica e irresponsabile distanza) con spocchiosa indifferenza etica.
      Il "tramonto" sarà più che mai rabbioso.
      Speriamo che una primavera non venga tra macerie desertificate...

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  6. Riguardo a chiudere il blog.... no. Ti esorto a proseguire comunque vadano le cose. E' questo, infatti, un imperativo morale. Non importa se si è soli e se il regime sembra onnipotente: anche se nessuno ci ascolta, il blog NON deve chiudere. Per principio.
    Purtroppo ora come ora vedo l'ipotesi frattalica molto più vicina al 1925 che non al 1943. Non sono -metaforicamente parlando- ancora cadute le bombe su San Lorenzo. Anche Luigi giustamente lo osserva: devono scomparire le pensioni dei nonni ed essere espropriate le abitazioni dei padri. Se la speranza era di prevenire la tragedia, probabilmente andrà delusa.
    Il dato più sconfortante arriva da oltre-oceano. Se c'è una cosa che Riccardo evidenzia, è che la riduzione della democrazia a "metodo idraulico" è avanzata anche lì in maniera impressionante, e questo pregiudica fortemente una revisione del pensiero dominante. E se non avviene lì, questa revisione, come potrà avvenire nell'europa continentale?
    Comunque, è molto triste vedere la civiltà occidentale arrivare in questo modo al suo appuntamento con la Storia......

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  7. Ciao Quarantotto. quando è partita la tua iniziativa, in quel lontano novembre del 2012, avevo pensato/sognato/sperato, che da essa potesse nascere se non un partito politico, almeno un grande movimento d'opinione. Mi sono sempre sentito culturalmente inadeguato alla partecipazione di questo alto consesso culturale, ma il Sogno era così grande che in qualche modo dovevo manifestare attivamente la mia adesione.
    Nel ciclismo, sport di FATICA, la differenza fra un campione e un fuoriclasse, secondo me, è la seguente: Quando la crisi colpisce, il Campione molla mentre il Fuoriclasse no, anzi quello è il momento che attingendo dall'Animo risorse insospettate si alza da sella e si leva dalla ruota tutti gli avversari. E tu a mio parere ( senza rischio di piaggeria, perchè io sono tutto l'opposto) sei un vero Fuoriclasse della VITA.
    Il prezioso lavoro che hai svolto, DEVE essere come un seme che prima o poi germoglierà, tutto ciò che è stato scritto, studiato, discusso in questo forum è al momento un patrimonio culturale forse per pochi, ma con il tempo, io ne sono certo, precipiterà nell'inconscio collettivo di molti e probabilmente solo allora darà i suoi frutti,
    Quarantotto, spero tanto che questo sia solo un passeggero momento di sconforto e che questo tuo importante lavoro possa proseguire.

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    1. Grazie Mauro...il momento di sconforto non PUO' essere passeggero.
      Ma si va avanti.
      Frutti per me non sono ciò che attendo; magari per altri, più giovani e con la possibilità, anzi il dovere, di aprire gli occhi. Ma accadrà per via di forze misteriose, che non possiamo preventivare, noi...

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  8. Qualcuno di noi (lato sensu) ha ipotizzato che, con sistema elettorale proporzionale (forse quel che toccherà nonostante tutto...) saremmo già in grado di dare fastidio.

    Anche i miei complimenti a Riccardo e Quarantotto.

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    1. Ma è proprio la negazione assoluta, - quasi un dogma di costituzione materiale (eversiva)-, del sistema proporzionale la spia di quanto sta accadendo...
      All'inverso, se fosse ipoteticamente ripristinato, avremmo, come passaggio intermedio presupposto, già risolto una buona parte dei nostri problemi di democrazia sostanziale!

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  9. Intanto Grazie per l' energia e sforzo che metti a disposizione di persone come me, analfabete a certi concetti e sfumature.
    E grazie al tuo lavoro e a quello di Bagnai provo a cercare di unire i puntini.
    In questo articolo si parla di " Partito della Nazione"
    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/angela-ber-alles-nessuna-chance-battere-merkel-socialdemocratici -98928.htm
    e lo stesso mi è capitato di incontrare il termine di "Partito della Nazione o Nazionale " in un'altro articolo (non ricordo dove) in cui dicevano che il PD e Renzi stanno diventando il partito nazionale.
    E quì mi viene da pensare che stiano attuando una nuova tattica di presentare un solo partito per Nazione nel parlamento europeo. Questo per delegittimare ancor più gli Stati Nazionali e ridurre la rappresentatività popolare.

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    1. Ma no: si tratta nel partito italiano della Nazione €uropea. Cioè che fa gli interessi internazionalisti...degli altri: i quali si terranno le loro belle formazioni politiche per l'interesse nazionale uber alles

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  10. IL PROFUMO DELLA GARDENIA
    (otc -- c'è sempre una fioritura)

    Che dire dapprima, se un abbraccio grande all’immaginifico knight Riccardo – CUOR DI LEONE- per la monumentale esposizione storiografica di e/venti.

    Che dire, ad/dopo, quando ’48 pensa di spegnere la CARBONAIA ..

    ps: GRAZIE, con qualche lacriima sugli occhi “guardando” riflessivi <a href="”http://www.bis.org/speeches/sp150409_presentation.pdf”> I TALLONI DEGLI ACHILLEI </a>

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    1. Non si spegne la carbonaia; almeno per ora è un'opzione non contemplabile. Continueremo a essere inutili (o irrilevanti)...

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    2. Meno male!
      E poi: è vero che ci sono tante "belle addormentate" e che nessuno di noi (credo) assomiglia troppo a un principe azzurro, ma personalmente credo anche molto ai secchi di acqua gelata in faccia.
      E quelli ci pensa la realtà a fornirli e somministrarli; lo fa sempre.
      Teniamo duro.

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    3. Poggio, la tua "eccessiva" vicinanza mi fa obiettare la stessa cosa detta a Bazaar.
      Ma gli amici fanno sempre bene :-)

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    4. Tra scienza, conoscenza e demenza, tra angeli, arcangeli e mefistofeli, il sostanziale l'imperativo è restare UMANI ed è difficile pensare ai siliconi di "elisium" con l'amichevolezza che è sola/mente consapevolezza
      :-)

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  11. Pur non intervenendo quasi mai, apprezzo molto il lavoro di Quarantotto (e dei tanti altri che contribuiscono al blog con competenza e passione) e ne posso comprendere lo scoramento quando pare che nulla si muova.
    Non sono in grado di proporre analisi approfondite, ma mi sovviene che Althusser, in alcuni suoi scritti, descriveva con grande intuito dell'importanza del controllo delle istituzioni formative e dei mezzi di comunicazione di massa non solo per formare l'opinione delle persone su singole questioni, ma soprattutto per formarne la cultura, cioè per creare delle strutture mentali entro le quali tentare di comprendere il mondo che fossero favorevoli al modo di produzione capitalistico.
    In altre parole, è difficile cercare di scardinare le convinzioni "profonde" pur con argomentazioni razionali e poggianti su freddi numeri. Un esempio: ho più volte animatamente discusso con un amico sulla corruzione. Egli è convinto (manipolazione "semplice" dell'opinione pubblica) che la corruzione sia il principale male del paese. A fronte di un'infinita serie di argomenti contro questa tesi è scattata la "convinzione profonda" (o struttura mentale) che la corruzione "distorca" il corretto funzionamento del mercato e quindi essa ostacoli i meritevoli e favorisca i disonesti. E questo, badate bene, da parte di una persona che viene da una tradizione familiare comunista! In altre parole, la scuola, la famiglia, i mass media gli hanno "inculcato" (è proprio il caso di usare questo termine) l'idea che il mercato, se non ostacolato, funzioni in maniera da favorire i meritevoli. Senza avere manco il dubbio che il mercato in realtà ha, tra le principali regole di funzionamento, quella di favorire non i meritevoli ma i dotati di maggior capitale, anche grazie alla corruzione. Il PCI ha svolto, più che opera di formazione, di moralizzazione, anzi di moralismo (la tradizione kantiana che ha prevalso su quella marxiana) sicchè una persona, che pur si dichiara comunista, è di fatto un liberista. Ci si meraviglia del passaggio di tanti ex comunisti a posizioni ultraliberiste?
    Queste strutture mentali determinano, a mio parere, sia pur non da sole, la situazione di stallo nella quale viviamo: pur essendovi tutte le ragioni per protestare tutti i giorni in modo deciso non lo facciamo in quanto siamo intimamente convinti che i problemi che affrontiamo si risolverebbero se solo si mettessero in pratica le fantasiose idee propagate sui giornaloni e che, per questa ragione, sembrano analisi raffinate: troppa spesa pubblica, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e luogocomuneggiate varie. Fino a quando non interverrà un fatto, singolo, che spazzerà via, almeno per qualche tempo, queste convinzioni. Se ricordate, l'Argentina riuscì a sbarazzarsi di una classe dirigente ultraliberista (e quindi indecente) solo dopo che, nonostante anni di inumani ed inutili "sacrifici", venne il momento di impedire alle persone di utilizzare i risparmi che avevano depositato nelle banche. Solo allora. Solo allora si creò la consapevolezza di quel che era successo.
    Noi dovremo aspettare un evento del genere, se mai si produrrà. Perchè perdere le case dei padri non sarà un singolo, collettivo, traumatico evento, ma più probabilmente un lento stillicidio. Non ci si accorgerà dell'acqua che bolle fino a quando non toccheremo le pareti incandescenti della pentola.
    Non mollate e non molliamo!
    Saverio

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    1. Un evento del genere appare invero probabile, a livello peraltro globalizzato: bisogna solo vedere quando
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/le-contromosse-dellordoliberismo-2-il.html

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