Questo nuovo capitolo della "narrazione" a puntate di Riccardo Seremedi, appare descriverci una "ordinaria follia" che delinea, anticipandolo dappresso, il nostro arrembante futuro.
Certamente, che questo quadro sconcertante della società incomba più che mai su di noi, ce lo dice una parola, anzi un acronimo, il TTIP.
Se la definitiva finanziarizzazione privata del welfare non sarà comunque un'opera intrapresa dal "sogno €uropeo" - e direi che siamo a buon punto- con il TTIP non avremo alcuna via di scampo: è inutile illudersi.
Sulla "falsificazione" dei dati di disoccupazione USA e sulla perplessa lettura di quelli nostrani, anche, abbiamo più volte detto.
Precarizzazione, aumento della povertà degli occupati, disoccupazione formale e "sostanziale" (cioè part-time involontario e sotto-occupazione forzata), depatrimonializzazione delle famiglie ormai incapaci di risparmiare, privazione effettiva dell'accesso alle cure sanitarie e alla previdenza (dignitosa), sono tutte belle conquiste a cui ci stiamo adeguando a grandi passi.
Ma anche il destino degli immigrati e dei loro figli quale prefigurato nei lavoratori delle piantagioni di tabacco USA, - rapportato a quanti oggi sono "accolti", nella disperazione, in una terra, la nostra, destinata implacabilmente a fecondare ulteriormente tale disperazione-, dovrebbe rammentarci come questo presente prepari UN FUTURO INEVITABILE.
E' questo che ESSI vogliono e non ci piove. Ma è questo che vogliamo veramente?
EUTANASIA DI
UNA SOCIETA' –
1. L'esplosione delle disparità sociali
e il deterioramento nella qualità della vita
L'America
di oggi rappresenta il “ritratto di
Dorian Gray” del
capitalismo postmoderno, la proiezione delle brutture e della corruzione morale
di quest'ultimo nell'utopia di “un'eterna giovinezza”, un ritratto in bianco e
nero che ritrae un paese disilluso e stanco, fortemente polarizzato, in cui le
disparità sociali si stanno sempre più amplificando: il “coefficente di Gini”
- che misura la disuguaglianza nella distribuzione di reddito e/o ricchezza –
ce lo conferma, attestando che gli Stati Uniti - fin già dagli
anni Settanta - avevano una delle più disuguali (forse
la più disuguale) distribuzioni di reddito tra le nazioni ricche del mondo, una
forbice che si è allargata a dismisura – a favore dell'1% della popolazione –
negli anni Novanta e Duemila, e nel futuro - recita
il paper - “non vediamo
alcun forte motivo per aspettarsi una inversione o anche un rallentamento del
trend di crescita che caratterizza gli ultimi decenni”. (pag.96).
Molti altri indicatori manifestano il deterioramento progressivo della qualità della vita
negli Stati Uniti; alla fine del 2013, il "Program for International Student Assessment” ha pubblicato un rapporto con i risultati dei test condotti su
studenti 15enni provenienti da 65 nazioni: la relazione indica che gli studenti
americani si sono classificati al 17° posto in lettura e al 21° in matematica,
una prestazione che ricalca il giudizio della “Pearson” - una
multinazionale di servizi educativi – che ha collocato negli Stati Uniti al 20° posto nel mondo per "livello di
istruzione", ben dietro la
Polonia e la Repubblica Slovacca.
Il “Social Progress Index” - sviluppato da Michael Porter , professore in business ad Harvard – ha
classificato gli Stati Uniti (2014) al 23° posto in accesso all'informazione e alla comunicazione, al 24° nella nutrizione e cure mediche di base, al
31° in materia di sicurezza personale, al 34° in acqua e servizi
igienico-sanitari, al 39° nell'accesso alla conoscenza di base, al 69° in
sostenibilità degli ecosistemi, e al 70° in salute e benessere.
L'estensione
della povertà diffusa, soprattutto tra i bambini, rimane uno dei fardelli del
paese; un rapporto stilato nel 2013 dal “Children's
Fund” delle Nazioni Unite ha
riferito che, dall'analisi dei 35 paesi più economicamente avanzati, gli Stati
Uniti sono risultati penultimi, superati solo dalla Romania che ha avuto una percentuale
maggiore di bambini che vivono in povertà.
2. Infanzia: un diritto negato
“Quanto pesa una lacrima? -
Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un
bambino affamato pesa più di tutta la terra”.
Ci piace pensare che
l'indimenticato Gianni Rodari – il poeta ”amico dei bambini” - si sarebbe
trovato d'accordo con noi nell'utilizzare questi suoi magnifici versi, quanto
mai appropriati, per glossare le notizie di cui sopra e per introdurre alcune
informazioni riguardanti quella forma di schiavitù – mai completamente cessata
– chiamata “lavoro minorile”, assai più comune di quanto venga fatto credere, con bambini di 12-13 anni che si ritrovano in
cantieri edili a tagliare cemento con una sega o a movimentare un “bobcat”.
Ha destato molto scalpore negli Stati Uniti il rapporto di “Human Rights Watch” - ”Tobacco's Hidden Children”, dal quale emerge un vasto utilizzo di fanciulli
nella raccolta e lavorazione del tabacco; lo studio, pubblicato nel maggio
2014, nasce dalle interviste a 141 bambini e adolescenti - tra i 7 e 17 anni –
impiegati nella “tobacco belt”, la “cintura” di 4 Stati (North Carolina, Kentucky, Tennessee e Virginia) nella quale
viene coltivato il 90% del tabacco americano, destinato alle grandi
multinazionali come la Philip
Morris.
Ai
mini-lavoratori del tabacco si richiedono spesso dalle 50/60 ore settimanali
(turni di 10-12 ore giornaliere - a volte anche 16, con pause di riposo
irrisorie - pagati, quando va bene, 7,25 dollari l'ora - il minimo salariale) e
l'uso di attrezzi e macchine pericolosi, nonché il sollevamento di carichi
proibitivi ; circa ¾ degli intervistati ha lamentato la comparsa improvvisa di
gravi disturbi come nausea, vomito, difficoltà respiratorie ecc, tutti sintomi
della “green tobacco sickness” - l'avvelenamento da nicotina – che si manifesta a causa del
lavoro in condizioni di caldo e umidità eccessivi, allorché l'alcaloide si lega
all'umidità delle foglie diventando più facilmente assimilabile al contatto con
la pelle: i bambini – in prevalenza figli e figlie di immigrati ispanici,
benché cittadini americani a tutti gli effetti – hanno motivato la loro
presenza come un aiuto per le primarie necessità familiari o per consentire
l'acquisto di articoli essenziali come vestiario, scarpe e materiale
scolastico.
3.Il sistema sanitario americano: privato è bello
Il sistema sanitario americano ed i costi per la
salute sono anche peggio ; uno studio del “Commonwealth Fund” ha rilevato che il sistema sanitario degli Stati
Uniti è il più costoso al mondo, ma con un rendimento inferiore in rapporto ad
altri paesi; tra le 11 nazioni studiate in questa relazione - Australia,
Canada, Francia, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia,
Svizzera, Regno Unito, e Stati Uniti - gli Stati Uniti sono all'ultimo posto.
La differenza principale tra gli Stati Uniti e gli altri paesi industrializzati
è l'assenza di una copertura assicurativa sanitaria universale, una mancanza
che è – da sempre – una delle
caratteristiche negative del modello sociale americano, che preclude l'accesso alle prestazioni sanitarie a chi
non possa permettersi economicamente un'adeguata assicurazione medica, un
“lusso” che la crisi economica ha esacerbato: secondo “Gallup”, nel 2014 un americano su tre ha rimandato un
trattamento medico per sé o per i familiari a causa dei costi elevati.
Ogni anno 45mila adulti muoiono solo perché non hanno l'assicurazione
sanitaria, mentre sono 84mila i decessi annuali causati da malattie prevenibili che sarebbero state curate
in altri paesi come la Francia,
l'Italia ecc.
La
crisi sanitaria era cresciuta fino a proporzioni tali che per le elezioni del
2008 non poteva più essere ignorata: ciò è stato un importante tema della
campagna presidenziale ed è stato sfruttato dalle grandi industrie del settore
che hanno investito pesantemente nei candidati, in special modo su Barack Obama
che ha ricevuto più donazioni da industrie connesse con l'assistenza sanitaria
di qualsiasi altro candidato.
4. ObamaCare: BigPharma scrive
la legge e i cittadini ringraziano
Negli ultimi anni - per porre rimedio ai problemi
testé evidenziati - si era parlato in termini entusiastici del nuovo “MediCare”, la
riforma sanitaria presentata proprio da Obama che aveva l'ambizioso obiettivo
di ampliare l'accesso alle prestazioni sanitarie a tutti i cittadini; “ObamaCare” - com'é stata ribatezzata - è una assicurazione federale che si è posta, alle origini, l’obiettivo di rivoluzionare il sistema
assicurativo sanitario nazionale, offrendo una copertura dei costi per le spese
mediche ad un bacino di cittadini più ampio del precedente: i dati diffusi
dalla Casa Bianca lo scorso aprile riportavano 7 milioni di nuovi iscritti, ma
tali numeri, però, sono stati smentiti a novembre dalla stessa
amministrazione Obama che – su pressione dei Repubblicani - ha dovuto ammettere
di aver gonfiato due volte i numeri di iscrizione ad ObamaCare, probabilmente per abbellire delle cifre che – a
detta di molti osservatori – sono al di sotto delle previsioni iniziali.
La riforma di MediCare è stata, fin dall'inizio, oggetto di un feroce dibattito tra Democratici
e Repubblicani riguardo alla copertura dei costi, con questi ultimi che hanno
attaccato ObamaCare per ragioni di parte – spesso palesemente disonesti
nelle loro critiche – e per il presunto carattere “socialista” della riforma, che è invero l'opposto
della realtà ; per contro, l'amministrazione Obama e i suoi alleati nel mondo “no profit” contribuiscono alla confusione generale dipingendo la riforma proprio
come il “Sacro
Graal” delle “cure mediche per
tutti”.
Anche a livello di opinione pubblica vi è una decisa
contrapposizione tra favorevoli e contrari, probabile corollario del pandemonio
politico e mediatico che ne è seguìto; la riforma, se
comparata con la popolazione, ha interessato un numero esiguo di persone e ,
allo stesso tempo, non è una virata verso il welfare (o quel che ne resta) europeo - come ha fatto intendere , in maniera
capziosa, la “sinistra salottiera” nostrana - poiché l’assicurazione sanitaria federale
prevede quasi sempre il pagamento di un premio annuale per tutti coloro che
sono indigenti, ma non così tanto da aver diritto a cure
gratuite o a un sostegno per l’acquisto di farmaci.
In un paese come gli Stati Uniti dove tutto è business, il sistema sanitario nazionale è uno dei più indicati per fare
quattrini sicuri - gestito nella quasi totalità da privati - e le
industrie che traggono profitto dall'attuale sistema sanitario sono quelle che
hanno scritto la legge e fortemente influenzato i regolamenti per proteggere e
migliorare i loro interessi.
Per informazioni in merito chiedere di Elizabeth
Fowler - uno degli “architetti” di ObamaCare – che prima di entrare nel gruppo di Max Baucus, il cui comitato ha preso il comando nella
predisposizione della normativa, è stata il vice presidente per la “Public Policy and External
Affairs” (ovvero lobbying informale) alla “WellPoint” - la più grande assicurazione sanitaria della nazione.
Cosa ancor più sorprendente, quando
la Casa Bianca
ha avuto bisogno di qualcuno che sorvegliasse l'attuazione dell'ObamaCare, dopo l'approvazione della legge, ha scelto. . . Liz Fowler: dopo aver
svolto “egregiamente” il proprio compito, la Fowler ha lasciato l'amministrazione Obama per
tornare tra le braccia amorevoli e redditizie del settore sanitario privato,
avendo ricevuto un incarico di alto livello presso
la multinazionale “Johnson
& Johnson” (una delle sostenitrici della riforma), dove ella riceverà ampie ricompense
mettendo a disposizione del nuovo boss la sua precedente influenza nel
governo e traendo vantaggio dalla sue conoscenze dei meccanismi interni di ObamaCare.
5. I costi per le coperture sanitarie
aumentano: chi l'avrebbe detto
Se perfino un servizio di così vitale importanza
per il bene comune viene collocato in un sistema basato sul libero mercato, la
gente avrà solo la quantità di cure sanitarie che si può permettere,
piuttosto che quelle di cui ha realmente bisogno e ObamaCare porta questo fallito sistema “mercatocentrico” ad un livello
completamente nuovo, costringendo i non assicurati ad acquistare piani sanitari
privati (pena il pagamento di una multa) e usando il governo per venderli e
sovvenzionarli; di conseguenza, meno persone - anche quelli con assicurazione
sanitaria - possono permettersi l'assistenza medica di cui hanno bisogno a
causa degli alti costi “out-of-pocket”, e si trovano pertanto costretti a stipulare piani sanitari a bassa
copertura:.
La principale promessa del legislatore era invece
che le persone avrebbero potuto mantenere le polizze precedenti se lo avessero
desiderato, ma molti hanno scoperto che questo non sta funzionando: “Kaiser Health News”, nell'ottobre 2013 scriveva che" le convenzioni sanitarie stanno inviando centinaia di migliaia
di lettere di cancellazione a persone che acquistano la loro copertura,
frustrando alcuni consumatori che vogliono mantenere ciò che hanno e
costringendo gli altri a comprare polizze più costose ”.
Come era
lecito attendersi, sono le compagnie di assicurazione che stanno realizzando i più grandi profitti e il pericolo di un rialzo dei premi assicurativi –
paventato da Robert Lenzner nell'articolo – si sta puntualmente verificando; un altro degli altri aspetti negativi della
riforma è stato – sempre secondo Lenzner - il presunto trattamento iniquo verso
i proprietari di piccole imprese che hanno dovuto affrontare premi assicurativi
potenzialmente maggiori per i loro dipendenti: è stata la paura dei costi
sanitari più elevati che ha portato a preferire molte assunzioni di lavoratori part-time, ai
quali non viene corrisposta l'assicurazione sanitaria.
Purtroppo,
un'ulteriore conferma del carattere fondamentalmente regressivo della “riforma”
è venuta dai vertici del colosso della vendita al dettaglio “Wal-Mart”, che
hanno deciso di eliminare l’assicurazione sanitaria offerta a una parte dei propri dipendenti a partire dal primo gennaio 2015, un provvedimento che colpirà 30 mila dipendenti, circa il 2% della
forza lavoro; il comunicato ufficiale della compagnia ha fatto riferimento al
continuo “aumento dei costi sanitari”, che hanno reso così necessarie “decisioni difficili”.
6. Una vita, una storia
Con ObamaCare
aumenterà il numero di persone che hanno un'assicurazione inadeguata, che
richiede alti costi extra e non copre tutti i servizi necessari, riducendo in
modo significativo quella che viene considerata una corretta copertura
assicurativa, rammentando altresì che anche chi possiede una buona
assicurazione - parametrata agli standard americani - si viene a trovare in balìa degli eventi
in caso di patologie gravi.
La storia di Donna Smith – ex giornalista
di successo a Newsweek – apparsa su “La Stampa” è emblematica per capire la follia di un sistema
sanitario privatizzato, e - sebbene il titolo “furbetto” lasci presagire il
contrario - la lettura integrale dell'articolo rende evidente che :
1)
se la signora Smith è ancora viva lo deve al sistema sanitario cubano, definito
da Margaret Chan - direttrice generale dell'Organizzazione Mondiale Della Sanità - un “esempio per tutti i paesi del
mondo”;
2) ObamaCare non ha affatto reso più convenienti le cure mediche
- anzi - e si è rivelato piuttosto un formidabile atout per “Big Pharma” ;
3)
la sventura di ammalarsi in maniera grave si accompagna sovente al dissesto
finanziario, con intere famiglie che - per pagare le costose cure mediche di
uno o più congiunti - devono vendersi anche l'abitazione, come accaduto alla
Smith: in America, le spese mediche e le
malattie sono infatti le maggiori cause di fallimento e, come riporta il “Consumer Financial Protection Bureau”, vi sono circa 43 milioni di americani che hanno debiti per spese mediche non pagate sui loro rapporti di credito.
7. Il banchiere e la morale
dei nostri tempi
Rammentiamoci
bene queste cose quando ascolteremo qualche “disinteressato espertone” televisivo che ci magnificherà la supremazia dell'imprenditoria privata, tutta “qualità” e” servizi premium” , rispetto
“alle gran lordure” della sanità pubblica italiana, tutta “costi” e
“sprechi”, e lo stesso Draghi - quando dichiara che “il modello sociale è morto” e che i Paesi europei devono liberalizzare
prodotti e servizi – non fa altro che aprire la strada alle multinazionali
della salute per il sacco prossimo venturo; scrive Giovanna Cracco: “[...] Nel progetto neoliberista, la privatizzazione dell’economia a
controllo pubblico doveva riguardare non solo i settori bancario, industriale e
delle utility (acqua, luce, gas ecc.), in gran parte già attuata, ma anche
l’area del welfare: il tassello ancora oggi mancante (…) con strabiliante
acrobazia il banchiere europeo riesce a mettere insieme le due richieste del
Capitale, collegando la dipartita del welfare all’eccessiva rigidità del
mercato del lavoro, e suggerendo di estendere la precarietà [...]”.
8.Memorie dal passato
“Ogni individuo ha diritto ad
un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere
proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al
vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari;
ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità,
vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per
circostanze indipendenti dalla sua volontà”.
Questo enunciato non proviene dal ciclostile di un
collettivo di “Tupamaros” , ma appartiene alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 25 – par. 1), approvata e proclamata dall'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite nel dicembre 1948, un periodo storico in cui il termine “DIRITTI
UMANI” vedeva ancora coincidere “significante” e “significato”, prima che
diventasse il peloso pretesto per “bombardare eticamente“ nazioni sovrane
sparse per il mondo, depredandone le risorse.
All'epoca
appariva chiaro che un “essere umano”, nella sua accezione più completa ed
esplicitata, dovesse trovare la propria realizzazione sociale in un lavoro,
decoroso e pagato il giusto, che rendesse la vita degna di essere vissuta,
nella diuturna lotta per sollevare la condizione umana a livelli sempre più
alti.
Tutto il contrario di quello che oggi offre il Pensiero
Unico totalizzante che, per mezzo dei suoi araldi, proclama sconcezze quali “illavoro non è un diritto” e ritiene necessario “attenuare
quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno
progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza
del vivere, con i rovesci della
fortuna”.
9. L'inarrestabile
erosione dei salari e l'aumento della povertà
Abbiamo visto sin dall'inizio di questo nostro
percorso che mentre l'oligarchia finanziaria s'ingrassa, la società americana annaspa : analizziamo alcune cifre.
Si è già
accennato, in termini generali, all'erosione dei salari negli Stati Uniti, e se
si osservano i dati scomposti della “Social Security Administration” la situazione è
ancora più sorprendente; nel 2013, il 50% di
tutti i lavoratori americani ha ottenuto meno di 28.031 dollari all'anno,
mentre il 39% di loro ha portato a casa meno di 20.000 dollari, la retribuzione media per il 2013 è stata di 43.041
dollari - 79 dollari in meno rispetto all'anno precedente e 508 dollari al di sotto del livello del 2007 - tenendo presente che la "retribuzione media"
è in realtà distorta dai milionari e miliardari nella parte alta dello spettro: è stato stimato che ci vogliano circa 50.000 dollari l'anno per sostenere lo stile di vita di una famiglia “middle class” di
quattro persone, e il fatto che il 72 % di tutti i lavoratori guadagni una
somma inferiore dimostra quanto sia obiettivamente difficile la situazione per
le famiglie, a maggior ragione per quelle che cercano di sbarcare il lunario
con un solo capofamiglia.
Il tasso
ufficiale nazionale di povertà nel 2013 è stato del 14,5%, 45,3 milioni di
persone che vivono alle soglie (o al di sotto) dell'indigenza, e dopo essere
salito nel 2010 non è cambiato in modo significativo per il terzo anno
consecutivo; per una famiglia- tipo di 4 persone tale soglia coincide con un
reddito annuo di circa 23.800 dollari : nel 2007 la percentuale degli americani
che viveva in povertà era il 12,5%, una differenza di circa 7 milioni in confronto al 2013.
Anche il “New York Times” - giornale di stretta osservanza obamiana – dopo
aver annunciato più e più volte il “recovery” ha dovuto ammettere, suo malgrado, che l'odierna
tipica famiglia americana rende meno, in termini di salario, rispetto ad
un'analoga famiglia di 15 anni fa, il risultato peggiore dai tempi della Grande
Depressione che viene definito “il grande
rallentamento dei salari del 21° secolo”, salvo poi glissare, con insuperata disinvoltura,
sulle cause del fenomeno e lanciarsi in spericolate circonvoluzioni dialettiche
tese a magnificare l'operato del conducător.
10. La classe media ha
perso: cronache di una resa incondizionata
Uno studio della “Russell
Sage Foundation” ha
rilevato che, nel 2003, il patrimonio netto della famiglia-tipo era quantificato – depurato
dell'inflazione - in 87.992 dollari, sceso dieci anni dopo a 56.335 dollari, un
calo del 36% che attesta lo sfaldamento della classe media e la facilità con cui le
persone negli Stati Uniti possono scendere i gradini della scala sociale e
ritrovarsi a sperimentare stili di vita con basse aspettative, che spesso
conducono a nuove sacche di povertà.
In effetti, lo spettro di un'incipiente
indigenza sembra incombere su un numero crescente di famiglie, e la cosa
sconvolgente è che circa tre quarti degli americani
vivono di stipendio per lo stipendio, con poco o nessun risparmio in caso di
necessità, e meno di uno su quattro ha risparmi sufficienti per coprire almeno
sei mesi di spese, o che siano abbastanza per attutire la perdita del posto di
lavoro, un'emergenza medica o qualche altro evento imprevisto.
Le
considerazioni sopra esposte si legano anche alla tipologia dei lavori
post-recessione; il rapporto del “National Employment Law Project” ha osservato
che la profonda crisi del 2008
ha spazzato via i lavori ad alto e medio salario,
sostituiti da impieghi scarsamente
qualificati e a bassa
retribuzione in luoghi come centri commerciali e fast-food, con questi
ultimi che guidano la maggior parte della “crescita” degli impieghi nella parte bassa.
Così, centinaia di migliaia di americani
disoccupati - che avevano posizioni di responsabilità e buoni stipendi prima
del collasso economico - hanno accettato giocoforza lavori meno retribuiti
rispetto alle precedenti incombenze, un fattore che se da un lato ha consentito
loro di “galleggiare” in attesa di tempi migliori, dall'altro ne ha inibito le
possibilità di risparmio e – come detto – ha sancito il loro “slittamento
sociale” dalla classe media verso le file dei lavoratori poveri.
11. La manipolazione del tasso di disoccupazione
La crisi del
lavoro mondiale è stata affrontata anche nel “Global Employment Trends 2014” dell'”International
Labour Organization” (ILO), l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa
di promuovere la giustizia sociale in questo settore; nel rapporto si parla di
“rischio jobless recovery”, un termine che appare spesso quando si parla della
“grande ripresa” americana e - in effetti, leggendo tra le righe - nelle considerazioni finali (pag.5) si nota
che le criticità elencate sono la perfetta fotografia degli Stati Uniti
contemporanei,
“[…] con sempre più lavoratori
potenziali scoraggiati e comunque al di fuori della forza lavoro [...]”, con l'aumento del rischio di degrado e di
obsolescenza delle competenze e dove “[...]
solo piccole quantità di spesa pubblica vanno in misure attive del mercato del
lavoro [...]”.
Destano
sempre molte perplessità – anche per i forti sospetti di manipolazione dei dati
- (http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/falsi-dati-su-disoccupazione-usa-per-favorire-obama-alle-elezioni-20131119_170612.shtml), cioè sulle cifre sul tasso di disoccupazione reale rilasciate
dal “Census Bureau”, che utilizza come misura ufficiale il parametro U3
- in luogo del più congruo U6 – assai accomodante rispetto all'effettiva portata
dei senza lavoro, che è quasi il doppio di quella riconosciuta formalmente.
Ndr: il dato lo abbiamo più volte mostrato in questo grafico:
Si deve aggiungere al postutto che – nonostante le
interpretazioni strumentali del governo - i dati sembrano confermare che la
disoccupazione è scesa solo perché più persone non lavorano e, scoraggiate
dalla congiuntura negativa, sono “scomparse” dai rilevamenti statistici; il
crollo del tasso di partecipazione alla forza lavoro nel mese di settembre 2014
è scivolato dal 62,8% al 62,7% - il più basso in oltre 36 anni, corrispondente
ai minimi del febbraio 1978 – toccando il record di 92.600.000 di persone “non in forza lavoro”, a cui vanno aggiunti 8.979.000 di disoccupati “ufficiali”.
12. Se la pensione non basta
Per spiegare questo fiasco sono state formulate alcune ipotesi, come la
mancanza di opportunità di lavoro, una
certa dose di indolenza dei giovani americani e i milioni di presunti
pensionamenti tra i “Baby Boomers” ; in realtà, quest'ultima supposizione è stata confutata
da “Forbes” che mostra l'esatto contrario : i “Baby Boomers” e gli
americani più anziani stanno scivolando nella povertà, “troppo fragili per lavorare, troppo poveri per
andare in pensione”, e per
sopravvivere devono continuare o ritornare a esercitare un mestiere, anche part-time.
Non vi è
ormai alcun dubbio che il grande esperimento “401(k)”, - modello
contributivo che lega la pensione, percepita o da percepire, all'andamento
borsistico, degli ultimi 30 anni-, è stato un disastro, visto che le sicurezze previdenziali promesse si sono sciolte come neve al sole, alla “luce” degli attuali eventi; Teresa Ghilarducci, professoressa di economia presso la “New School for Social Research”, ha stimato che il 75% degli americani in via di
pensionamento nel 2010 aveva meno di 30.000 dollari nei conti pensione - troppo
pochi per vivere in maniera decorosa - e nel futuro le cose non miglioreranno,
poiché – rebus sic stantibus – le proiezioni indicano che quasi la metà dei
lavoratori della classe media, il 49%, vivrà la pensione in povertà, con a
disposizione un bilancio alimentare di circa 5 dollari al giorno: occorre
anche tenere nel dovuto conto che la politica dei tassi negativi, adottata
dalla FED, si è rivelata un disastro per chi è andato in
pensione dopo il 2000, perché ha costretto e costringe le persone a riprendere
l'attività lavorativa, nella consapevolezza dell'impossibilità di vivere con i
magri risparmi della pensione, praticamente senza interessi, e con limitati
benefici sanitari che abbisognano (vedi ObamaCare) di nuove coperture assicurative e – in ultima
analisi - di più soldi.
13. Con i soldi degli
altri
Intanto,
all'orizzonte, si stagliano minacciosi i banchieri di Wall Street, “protendendo dita adunche di predatori, e fiutando
caninamente”; un elemento chiave dei loro istinti ferini è il
progetto di impossessarsi dei 3.000 miliardi di dollari in fondi pensione
governativi, e quasi un quarto di questi ha già trovato la sua strada nei cosiddetti "investimenti alternativi", come gli hedge fund, private equity e real estate, circa 660 miliardi di dollari di denaro pubblico ora
sotto gestione privata, investito in attività spesso arcane e opache, ma che offrono
alte commissioni di gestione e di collocamento ai finanzieri di Wall Street.
Nel 2011, il
Wall Street Journal ha riportato
che “Blackstone Group” - una delle più grandi società di private equity al
mondo, con un pool di investimento di 111 miliardi di dollari – ha "circa 37 dollari ogni 100" dei suoi fondi che derivano da investimenti da parte dello Stato e dei piani pensionistici locali, una somma enorme. E non sorprende che Blackstone
blandisca i politici affinché continuino ad orientare i denari delle pensioni
verso i suoi forzieri.
David Sirota, un giornalista che si è occupato spesso
di queste vicende, ha pubblicato per “Pando Daily” un reportage in cui rivela, tra le altre cose, che il contratto
di un hedge fund di Blackstone, nel quale ha investito il sistema pensionistico del Kentucky,
contiene termini come: "esiste
la possibilità di una perdita parziale o totale del capitale" , "non ci
può essere alcuna garanzia che l'investitore riceverà una qualche
distribuzione" e "il Fondo dovrebbe essere preso in considerazione solo da persone
che possono permettersi una perdita del loro investimento": nonostante gli avvertimenti di cui sopra, oltre 80
milioni di dollari del fondo pensioni del Kentucky sono
ora gestiti da Blackstone, senza che vi sia stato un reale dibattito
pubblico.
43 milioni di americani con un chiodo per spese mediche.
RispondiEliminaPraticamente 1 su otto!!! (E pure qualcosa di piu').
Impressionante.
Praticamente il grande flusso di quattrini che sta andando verso il "porto sicuro" del dollarone va a finanziare "investimenti" di tal prospettiva....
Che botto!
Ma, realisticamente, secondo voi, quanto manca al gran botto? E sara' definitivo (cioe' riuscira' a imporre un nuovo paradigma)
E si noti come il "vivere al di sopra dei propri mezzi" corrisponda ormai di fatto a .... (soprav) vivere.
RispondiEliminaSe sti 43 milioni di americani anziche' fare le "cicale" vivessero "virtuosamente" entro le loro possibilita'?
Occorerebbe un grosso investimento in campo santi.
pensa che obama ha vinto le elezioni con 65 milioni di voti..
Eliminaci sarebbe spazio politico per un terzo contendente che rappresenti i ceti più poveri e main street, ma senza adeguata spinta mediatica...
Dovrebbe essere intitolato "I Lanzichenecchi del XXI secolo".
RispondiEliminaQuello che non capisco è perché. Anche prima, quando c'era più benessere, questa gente era favolosamente ricca. E quella ricchezza riposava su un patto sociale solido, garantito dal benessere diffuso.
Quale è il valore aggiunto -dal pratico punto di vista del loro tornaconto, della qualità della loro vita- cosa ci hanno realmente guadagnato? Una Ferrari in più al prezzo di governare una società di derelitti? E che senso ha?
Posso solo definirla come "avidità malata".
E' difficilmente spiegabile solo in un'ottica razionale.
EliminaMa non dimentichiamo i loro miti:
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/04/la-sofferenza-dei-pochi-che-decide-la.html
E la diversa idea di futuro che gli spazi originari delle nuove frontiere avevano creato come mito fondativo.
Ora che la mobilità sociale è morta, e già, strutturata la "nascita della Nazione", aveva mostrato segni di insostenibilità con la crisi del '29, che pensare?
Che la reazione keynesiana e la successiva esperienza del trentennio d'oro sono state solo una parentesi?
Forse, purtroppo.
Si sono (ESSI), in effetti, ripresi tutto quello che avevano concesso (e come dice Bazaar i "bianchi" , anche trash, si sentono superiori solo perchè tali, accontentandosi di un destino gramo, magari confusamenete condito di tea-party).
Il fatto è che questo ha dato il via libera a riprenderselo anche dalle nostre parti.
La specificità europea, come detto tante volte qui, è stata la "gradualità" dell'ordoliberismo nel farlo in nome della costruzione europea.
Ma ora l'accelerazione è alla sua stretta finale: il discorso è ancora "struttura-sovrastruttura".
Potere capitalista sfrenato-masse lavoratrici e ideologie palesi destinate a legittimare l'ideologia occultata delle oligarchie in cerca di definitiva rivincita.
Gli USA, tra angloconformation e melting pot, finora, avevano cosmetizzato questa revanche, che è avidità principalmente di potere
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/03/il-rabbioso-tramonto-delleuro-il-ttip-e.html (tra Kalecky e Galbraith, spiegata fin troppo bene..)
Da noi il fenomeno è avvilimento senza mediazione culturale alcuna: lo dimostra anche il tipo di opposizione che si sta tutt'ora manifestando, che altro non fa che o accreditare "per altra via" il vincolo esterno (cioè l'euro-revanche), in uno sterile gioco di lotta per bande, o combattere i sottoprodotti del nel-liberismo pop.
@Lorenzo: quanto dico potrà sembrare classista...ma non possiamo pretendere di capire il pensiero dei VERI potenti.
Eliminaloro ci considerano cani. anzi meno che cani.
lo diceva Oliver Stone, lo faceva dire a Michael Douglas nel personaggio di Gordon Gekko, raider senza scrupoli che però detestava gli wasp...una battuta famosa in cui dice che: "WASP....hanno una considerazione maggiore del proprio cane piuttosto che del prossimo".
@Quarantotto23 aprile 2015 21:11
EliminaGli USA, tra angloconformation e melting pot, finora, avevano cosmetizzato questa revanche, che è avidità principalmente di potere
“Comannari è megliu che futtiri” si dice anche dalle ns. parti e quando si cade in braccio a demoni simili solo un evento fortemente traumatico ti può liberare.
Ma per elementi di particolare dura cervice neppure quello é sufficiente.
La vedo nerissima per tutti noi.
voglio anche raccontare questo parziale OT, che prendo alla lontana:
RispondiEliminaio seguo uno show americano, non trasmesso in Italia, di nome "The amazing race"....22 concorrenti in team da due si sfidano in una corsa di 11 tappe intorno al mondo, ogni volta si elimina la coppia ultima e chi vince alla fine vince un milione di dollari.
Bene. Una concorrente dell'edizione di quest'anno è una giovane madre di 25 anni che ha detto di avere un figlio di 6 anni.
Sapete quali sono le sue motivazioni?
"Per me il milione di dollari è importante, perchè mi consentirebbe di dare un futuro a mio figlio...di dargli un'educazione."
ecco, mostrato con penosa naturalezza e senza vergogna alcuna da un comunissimo show visto da milioni di persone, cosa sono gli USA di oggi. un mondo in cui per far studiare i figli bisogna vincere al "superenalotto".
e se questo può essere mostrato in diretta in chiaro vuol dire che gli stessi sottomessi non percepiscono la miseria del loro stato di sottomissione. è un popolo morto.
e difatti Renzi vuole imitarne il modello.
Il metodo "procura un futuro a te e ai tuoi figli con la ruota della fortuna televisiva", in Italia, inizia almeno dagli anni 2000.
EliminaLa fine della mobilità sociale (ascensionale) minima, nel senso di fisiologica (quella che passava per il sistema universitario) è effetto delle politiche di taglio della spesa della seconda metà degli anni '90.
La immediatamente successiva "grande affermazione" berlusconiana riesce, con abilità, a farne addirittura un punto di forza per il proprio consenso, velinizzando, tronistizzando e grandefratellando il modello identificativo offerto ai "gggioveni" (pure l'evoluzione trendy-pop dei divi calcistici ha fatto la sua parte come complemento)
sono giovane, ma tenderei a dubitare dell'università italiana come ascensore sociale nel periodo precedente i 90. o meglio, fino a prima degli anni 80 i figli degli operai in stragrande maggioranza andavano a lavorare dopo la scuola media o dopo le superiori al massimo, forse perchè il benessere familiare era meno diffuso o per motivi culturali. quindi si trattava al limite di mobilità riservata solo a una parte limitata della società. dopo, insieme al decadimento del livello dell'istruzione, si è diffusa anche nelle classi più basse l'abitudine a tentare di avere un'istruzione.
Eliminaad ogni modo, in Italia abbiamo un educazione universitaria di livello più basso, ma ancora accessibile alla maggioranza. ora è possibile ancora, per il figlio di un operaio, laurearsi in materie ingegneristiche e trovare un lavoro, non stabile, a 1200 euro al mese. 1300-1400-1500 in prospettiva. che rispetto a un diplomato è già un bel salto.
questo negli USA non è possibile. se qualcuno non può pagarti 15 mila dollari l'anno di università finirai a fare il venditore porta a porta o l'operaio con turni da 12 ore. o a lavorare al McDonalds.
ecco in questo, per gente come Renzi, dagli USA abbiamo ancora da imparare. in Italia non sentirai ancora fare un discorso del genere in tv. perchè la gente, quella stessa gente cui in faccia puoi dire che deve scordarsi la democrazia, rabbrividerebbe a sentire che "si deve vincere al lotto per far studiare proprio figlio"....per curarsi....per tutto. difatti i nostri governanti queste cose le camuffano da "possibilità di scelta"...proprio perchè noi ancora una qualche decenza, una qualche concezione della dignità umana, ancora la conserviamo. beh, inutile dire che secondo ESSI va rimossa al più presto.
La mobilità sociale, a cascata (cioè segmentata secondo diversi ovvii livelli di capacità individuali e posizioni di partenza), è fenomeno che si collega e si verifica in una certa misura (incrementale rispetto al passato), a seguito della urbanizzazione e della industrializzazione e grosso modo collocabile fino alla fine degli anni '70.
EliminaSi trasformò prima la base agricola in forza operaia e impiegatizia e quindi questa stessa, nella generazione successiva, in classe professionale, piccolo--medio-imprenditoriale, più o meno laureata (la laurea riguarda in effetti per lo più la trasformazione generazionale del livello di lavoro dipendente cui si potè accedere, ma non fu l'esclusivo titolo del fenomeno stesso).
Certamente le diverse politiche occupazionali nel pubblico impiego, seguite fino agli anni '70 (e in parte '80, a esaurimento...) svolsero un ruolo importante nel fenomeno complessivo: sicchè il loro venire meno, costituì, per simmetria, naturalmente una spinta di segno opposto.
Questa sia pur abbozzata modalità ascensionale, non può non essere legata alla crescita complessiva dell'intera società italiana che si collocò in quegli anni, come effetto dell'espansione di politiche industriali pubbliche e copertura del welfare.
E' evidente che il fenomeno recede come conseguenza di ogni azione deflazionistica intrapresa come politica principale fiscale e anche industriale (occupazionale: finanziarizzazione degli investimenti e privatizzazione dell'industria privata).
Poi si può verificare il tutto con dati e conferme, lavoro certamente interessante (e reperibile con abbondanti dati).
Ma le tendenze generali, ci indicano come divengano poi "naturali" il recedere della mobilità sociale e l'improvvisazione occupazionale (cioè senza percorso univocamente legato a quello formativo), con il consolidarsi del vincolo esterno prima e poi della conseguente precarizzazione e de-sindacalizzazione del lavoro.
La stessa vistosa crescita della pressione fiscale durante gli anni '80, e poi '90, non dissimulano tale realtà, perchè anche l'apparente (cioè de facto legata alla evasione tollerata) promozione sociale legata alla PMI, via via cede sotto i colpi del ridisegno socio-economico, di cui abbiamo qui più volte illustrato modalità e fini ultimi...
ecco. la mobilità sociale italiana del bottom 50% (ma forse anche 60-70) della popolazione dipese da fattori esterni all'istruzione universitaria. l'intervento dello Stato come tu hai ben spiegato.
Eliminaoggi invece, si è strutturato un sistema in cui alcuni corsi universitari forniscono un biglietto per, forse, poter evitare la povertà nel prossimo futuro. forse.
in questo sta la particolarità. in questo sta il valore di un'istruzione universitaria in italia. che resta ancora (per poco?) accessibile alla maggioranza.
quella stessa maggioranza che prima, 30-40 anni fa, non ne aveva bisogno per poter sfuggire alla povertà.
negli USA non è rimasto neanche questo appiglio.
Ma la mobilita' sociale , intesa come "ascensore" in nessun paese del mondo e' dipesa dall' universita', che, credo, tra l' altro, in Italia abbia funzionato anche molto bene, contrariamente a quanto ci raccontano (e proprio perche' NON private, aggiungo).
EliminaRega', ma che state addì'?
EliminaMa l'istruzione universitaria è alla base della parte più importante della mobilità sociale "reale", avvenuta in Italia.
In un paese che ha avuto ruoli ed albi tecnici professionali privati e pubblici, una dirigenza pubblica un tempo regolata dal sistema delle "carriere" (cioè per concorsi interni effettivi, fino agli anni '70), in un paese che ha a lungo visto il mestiere dell'insegnamento al centro della trasformazione dello status dei vari segmenti di borghesia e di strati contadini e operai. Ovviamente in misura differenziata e non perfettamente omogenea, perchè Rawls non è recepibile ex abrupto in nessun ordinamento sociale.
Sta di fatto che uil raggiungimento di una diffusa composizione pluriclasse consentì, proprio attraverso l'istruzione universitaria, autentiche rivoluzioni nell'assetto del potere istituzionale e, di conseguenza, dell'intera classe dirigente: emblematico è il caso della magistratura, un tempo composta solo da esponenti della classe liberale di estrazione borghese.
Ma questo vale, o valeva, per tutte le grandi professioni come per la dirigenza pubblica e privata.
Interi blocchi di cinema italiana degli anni 60-70 possono facilmente rammentarcelo.
E la strategia democristiana di interdizione al comunismo ancora di più.
Il mercato del lavoro è il riflesso di un'intera preferenza socio-politica, normativizzata (nel nostro caso nella Costituzione): l'investimento più diffuso e naturale delle famiglie, una volta acquisito, in misura crescente, il risparmio insito nel welfare, è sempre stato far studiare i propri figli.
Ovviamente, la società "keynesiana", distingueva plurimi livelli di classe socio-economica (rinvio al saggio sulle classi sociali di Sylos Labini), segmentando la borghesia in un modo che oggi non si percepisce più.
Esisteva realmente una classe media (doveva esistere!) che cresceva numericamente per l'accesso dagli strati inferiori, laddove oggi si tende verso un assetto oligarchico che appiattisce verso il basso le precedenti segmentazioni. E quindi il problema si pone in modo nettamente diverso...
Che non si imperni il percorso di promozione sociale su questo, - e quindi sul ruolo che svolge il sistema universitario in una società che vedeva contemporanea crescita della domanda e presenza pubblica decisiva nel mercato del lavoro- è semmai uno degli effetti più eclatanti della penetrazione politico-culturale dell'ordoliberismo.
Ma forse per rammentarsi di questo fenomeno occorre aver visto almeno gli anni '70...
Però basta informarsi
No, aspetta.
EliminaE' tutto giusto quello che scrivi.
Però, mi rendo conto di non essermi spiegato bene, anzi, di non essermi spiegato affatto.
Cerco di spiegare quello che volevo dire:
L' accesso quanto più allargato ai piu' alti livelli di istruzione è una CONSEGUENZA della "mobilità sociale", più che un o "il" motivo.
Questo intendevo.
Cioè:
La "mobilità sociale" -per me- non era realizzata da quei ragazzi degli anni '70 (e anche '80) ma dai salari/stipendi (diretti e INDIRETTI) dei loro babbi e mamme (e spesso solo dei loro babbi e questo sarebbe un altro spunto di riflessione...).
La crescita economica equilibrata ossia DISTRIBUITA degli anni precedenti erano stati il lasciapassare di quella "mobilità sociale" emancipando le classi subalterne (o gran parte di esse) dalle impellenti necessità primarie (l' istruzione è un "lusso" ricordiamocelo, apposta vogliono riportare gli "zotici" "a contatto con la durezza del vivere").
La "crescita economica" VERA è, in realtà quella roba li: L' innalzamento delle condizioni materiali degli ultimi (e dei penultimi e degli "intermedi o "classe media"), d' altronde quando vogliamo classificare un paese povero o ricco andiamo a guardare la condizione di quelli, mica dei ricchi, i ricchi stanno uguale nei paesi poveri e in quelli ricchi.
E la crescita economica io credo abbia poco a che fare col livello medio di istruzione, mi sembra che anche Chang (se non sbaglio) lo sostenga.
No, Chang sostiene l'opposto.
EliminaLa mobilità sociale è l'accesso di un individuo, inteso come emblematico di una potenzialità diffusa, aduna nicchia economico-sociale superiore a quella di nascita: l'inverso dell'incardinazione, per nascita, in un destino ripetitivo o peggiorativo (come ora) di quello dei genitori.
Quindi la mobilità riguarda l'attitudine di una società a mutare la composizione delle classi in senso ascensionale, incluse quelle dirigenti (cio di chi sia in posizione di decidente ai livelli di indirizzo), attraverso una selezione aperta e il più paritaria possibile (eguaglianza sostanziale compensativa degli svantaggi di partenza), attingendo a tutti i componenti della comunità interessata.
In una società complessa (per organizzazione e tecnologia utilizzate), dunque, tale attitudine implica l'accesso a livelli elevati e crescenti di cultura e preparazione professionale.
La mobilità prefigura così una gestione pluriclasse, nella provenienza, e meritocratica (nel riconoscimento dei valori effettivamente esprimibili da ciascuno) della democrazia.
Lo stesso garantire un sistema di istruzione pubblica aperto a tutti è presupposto di mobilità sociale.
Per questo esiste l'art.34 Cost con la garanzia dell'effettività del diritto allo studio...
Ormai disapplicato...
Ribadisco:
EliminaSono d' accordo.
Tuttavia, la parità di accesso ecc. ecc. deriva per forza di cose dalla possibilità materiale degli appartenenti alle classi svantaggiate (e dei loro figli).
Art.36 [ in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa](+art.3+art.4....+art.34)
a me però pare che l'accesso di massa all'istruzione italiana sia stato dato in concomitanza col tracollo della qualità dell'istruzione.
Eliminadunque....se in teoria concordo...in pratica oggi si fa l'università per andare a fare il tecnico di laboratorio. mica l'ingegnere.
Appunto: un "oggi" che inizia col vincolo esterno
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/il-25-luglio-i-tagli-salvifici-alla.html
E' incredibile come abbiano fatto credere alle nuove generazioni che l'Università non serve e la cultura sia qualcosa di "lusso" e puramente una questione di estetica. A ciò ha contribuito anche la divulgazione di un certo "sentito dire" che ciò che ti insegna la scuola e l'università pubblica sia solo propaganda inutile di uno stato totalitario per ottundere le menti; oppure che la scalata sociale avviene in altri modi, come ad esempio partecipando al Grande Fratello o all'Isola dei Famosi.
EliminaIn realtà lo stato totalitario si sta edificando adesso, quando cioè le persone hanno interiorizzato che l'università non serve a nulla, e non si oppongono per ciò allo status quo che reputa normale che solo i figli dei ricchi possano studiare; uno status quo che vede un presente/futuro dove solo gli appartenenti all'aristocrazia faranno studiare i propri pargoli nelle prestigiose università private e potranno farli accedere ai posto più ambiti e alle leve di potere, continuando a perpetuare così la loro linea parentale di potere basata sul vantaggio della ricchezza e non sul merito.
Se è vero adesso che in alcuni paesi, tra cui l'Italia, l'Università pubblica non ti garantisce più un futuro sereno, oppure ti garantisce solo opportunità leggermente migliori (e gli studi dicono che le garantisce), è perchè oramai il nostro paese è in una fase di cancrena.
In altri paesi, per fortuna, la laurea e il diritto allo studio sono ancora temi importanti, temi su cui si dovrebbero fondare la democrazia, le pari opportunità e l'uguaglianza delle opportunità di tutti.
Sinceramente parlando a me una società divisa in caste rigide, dove i muratori sforneranno solo figli muratori che non potranno studiare, e i magistrati sforneranno solo figli magistrati, è l'essenza del dispotismo e dell'autoritarismo, ed è la ragione per la quale poi i figli della classe dirigente finiranno per opprimere i figli degli operai, dirigendo la società dall'alto in basso a loro uso e consumo; e Draghi, Monti, ecc., i pargoli della upper class, ne sono solo un esempio. Altri esempi li ritroviamo in tutte le società dispotiche dei secoli passati, dove il potere era spesso tramandato per appartenenza a qualche famiglia dell'aristocrazia. E' strano che si faccia fatica a capire questo punto.
Sull'onta dell'ideologia del Grande Fratellismo sembra che per accedere a posizioni di potere e fama in una società complessa e tecnologicamente avanzata come quella odierna, lo studio univeritario non serva a nulla e basti avere invece un bel fisico o cantare una canzone di successo; ma sarei curioso di vedere come possano gestire una società complessa dei magistrati, dei giudici, degli avvocati, degli ingegneri, dei biologi, dei medici che hanno ottenuto solo la terza media e dopo si sono dedicati ad uno studio raffazzonato faidate leggendo qua e la su internet; forse solo in qualche sogno anarchico decadentista potrebbe essere possibile. Per accedere alla mobilità sociale in una società complessa bisogna studiare e lo studio deve essere un diritto di tutti, deve essere il fondamento della democrazia, non un "lusso"!
Per quel che riguarda le statistiche sui laureati italiani mi spiace contraddire Luca, ma da quel che risulta dalle indagini di Almalaurea l'Italia ha il sistema univeristario che sforna il minor numero di laureati in quasi tutti i paesi occidentali, compreso gli USA, ed è per questo che il dispotismo e l'autoritarismo qui da noi sono oramei in una fase avanzata; se solo i figli dei ricchi posso accedere alle cariche di potere, ai lavori ben retribuiti e alle opportunità migliori ciò è la fine della democrazia.
EliminaSi legga lo studio di almalaurea al seguente link:
http://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/docs/universita/occupazione/occupazione11/sintesi_andrea_cammelli.pdf
Leggendo tale rapporto si vede chiaramente quanto sia distante la realtà dai soliti luoghi comuni. Uno dei soliti luoghi comuni propagandistici è infatti il propalare l'idea che in Italia sono (quasi) tutti laureati, e sarebbe per questo che la gente non si accontenterebbe più di lavori con qualifiche più basse; questa idea propagandistica è però sconfessata dai dati statistici che ci posizionano come fanalino di coda dei paesi sviluppati per percentuale di laureati; siamo a livello della Turchia tanto per intenderci.
Nel seguente studio, comunque, si afferma anche che, sebbene il nostro sistema universitario sia in crisi, nondimeno è ancora in grado di creare maggiori opportunità per i laureati che per i non laureati; ma è chiaro che queste opportunità siano in calo, e le menti migliori se ne vadano all'estero; il calo delle opportunità non è dovuto a cause misteriose, ma dal fatto che l'Italia è in una fase di deindustrializzazione e crisi conclamata, per cui non ci sono opportunità oggettive, e le nuove occupazioni che si vengono a creare riguardano solo la bassa manovalanza scarsamente retribuita, come colf e badanti; se le opportunità sono queste è chiaro che la laurea non serve, ma questo è un paese in declino e sottoposto al vincolismo esterno, non siamo in una situazione normale.
Rinnovo i miei ringraziamenti a Riccardo per la sua inchiesta monumentale concernente la società americana. In punta di penna mi viene da dire che anche la classe media americana sia stata sterminata, l'opera è in via di compimento, senza che essa sia riuscita a porre un minimo di resistenza sia politica, sociale che culturale. Questo modello ha incorporato quasi interamente la classe intellettuale, che da coscienza critica, si è trasformata in un grande megafono pubblicitario a favore del sistema.
RispondiEliminaI belli addormentati nel bosco
RispondiElimina“Noi siamo per svegliare la bella addormentata, NOI SIAMO QUI PER DARE UN INDIRIZZO AL FUTURO. Questo indirizzo è il lavoro straordinario, l’energia, l’impegno che abbiamo messo in questo primo anno nelle riforme: la legge elettorale, l’architettura istituzionale, il jobs act, la giustizia, la lotta alla corruzione, la buona scuola, l’innovazione. Per questo non è possibile tornare indietro sulle riforme, non possiamo permettercelo, sarebbe folle sciupare questa occasione. PER VENT’ANNI ABBIAMO GUARDATO ALLA GLOBALIZZAZIONE IMPAURITIINVECE DI VEDERE OPPORTUNITA’. Il mondo ha fame dell’Italia e chiede la nostra bellezza, noi possiamo essere il luogo del futuro che piace al mondo. Come diceva Bob Kennedy, il futuro non è un dono, ma una conquista. Noi siamo pronti”.
Parole strappalacrime durante la lectio magistralis alla Georgetown University di Washington E’ sempre un’emozione sentir parlare il nostro primo ministro del futuro dell’Italia ed è quindi bello sapere che il futuro di mio figlio di 6 anni sarà affidata alla competenza paternale di una così alta politica. Un po’ come il futuro dei bambini americani messo nelle mani di papà Obama. Ed è bello sapere che esiste gente di cotanta coscienza fra i feudali che hanno partecipato a quella carnevalata pagliaccesca (Tsipras sghignazzava spalleggiato dai suoi sodali, qualcuno mi spieghi per favore cosa avesse tanto da ridere) che è stato il consiglio straordinario europeo, minuto di raccoglimento compreso.
Sono intervenuto poco su questo blog negli ultimi dieci giorni; ho preferito leggere e rileggere i suoi post, Presidente, debitamente documentati e puntuali come sempre. Ed ho provato, come ormai spesso mi capita, di utilizzare sia detti post sia i condivisibili ed interessanti contributi delle persone che intervengono come filtro per decodificare una realtà nella quale è proprio il termine futuro ad essere il vero intruso (forse il nostro presidente del consiglio voleva riferirsi ai futures?). Lo sgomento è indicibile da non trovare le parole. Stamattina, in cauda venenum, è ripartita di nuovo la compagna mediatica relativa ai miracoli lavoristici delle riforme Renzi (92 mila nuovi contratti, dato commentato come “incoraggiante” persino dal Mattarella). Una prevedibile reazione ai dati Istat che sconfessano i giullari di turno. Che dire?
Il liberismo ha creato una economia reale ed una virtuale. E dall’economia si è passati ad una vita reale (sull’orlo del baratro) e ad una virtuale (quella lanciata nel futuro immaginario di Renzi e compagni di merende).
E’ proprio vero che siamo belli addormentati nel bosco. E purtroppo non sarà un principe a svegliarci.
P.S.: mi permetta Presidente, ma non si azzardi a mollare ed a chiudere questo blog! :-) Con grande stima
se i nuovi contratti tengono questo ritmo riassorbiremo la disoccupazione tempo un anno.
Eliminasarà divertente quando fra 12 mesi i contratti nuovi creati saranno 200 mila al mese e i disoccupati in italia 4 milioni.
ogni italiano penserà che il resto del paese tranne la sua regione sia pieno di gente che trova lavoro come niente.
Per carità. Tutto vero.
RispondiEliminaPur tuttavia, se la storia antica insegna ancora qualcosa.........
Ci sono "veri potenti" intelligenti (Augusto, Vespasiano, Adriano, Marco Aurelio.....), e "veri potenti" accecati dalla loro stessa potenza (Caligola, Nerone, Domiziano, Commodo.....), o che comunque pensavano alla loro "potenza" come qualcosa di totalmente svincolato dallo stato dei governati..........questi ultimi sono finiti come sono finiti.
Vedremo......
Buonasera. Siamo gli economisti Alesina e Giavazzi; ma quanto siete ottusi: al mondo ben 3 sanita' sono migliori della italiana, quindi poche storie: per migliorarla va data in gestione ai privati.
RispondiEliminaDE-FLA-ZIO-NE
RispondiElimina(otc .. il sillabare è il ri/cominciare dai pesi e dalle misure)
Il significato (sostantivo femminile), in geologia è l’EROSIONE di frammenti minerali dalle strutture rocciose (che divengono poi sabbia) provocate dai e/venti in regioni “aride”.
In economia, è la riduzione del prezzi delle “merci” – troppo sinteticamente – prodotto dalla riduzione della moneta circolante per aumentarne il valore d’acquisto.
Ma considerando il “metadone” monetario iniettato in “vena” da decenni dalle universali banche centrali “indipendenti” e mirando le “curve” dei grafici macro-economici comparate a quelle dell’azionario e l’obbligazionario verrebbe, e viene, da rilevare che - senza entrare nei “boschi” cedui del disinteresse - qui s‘è al terzo tipo di DEFLAZIONE, quello UMORALE con le numerose varianti del “bipolare” sicolabile.
Salgono alcune “prezzature”, oltre ogni logica, e se scendono altre, con una logica che parrebbe oltre che parietana.
E’ da far POESIA ALLEGORICA – chi intenda in/tenda - così tanto per divertirsi e assaporare profumi
ps: mi permetto evanescenze tra marlboro rosse e timberland :-)