1. Vorrei anzitutto ricordare nella sua interezza il significato storico del 25 aprile. Quello che oggi celebriamo risale all'anno 1945.
Cosa accadde in quel giorno?
Fu probabilmente un giorno di confluenza di evenienze fondamentali nella Storia del mondo intero.
Ecco a quali eccezionali ricorrenze concomitanti può essere simultaneamente fatto risalire il 25 aprile:
- L'esercito nazifascista si arrende e lascia l'Italia dopo le insurrezioni partigiane a Genova, Milano e Torino, ponendo fine all'occupazione tedesca in Italia: l'evento viene ricordato ogni anno dalla Festa della Liberazione
- Seconda guerra mondiale: truppe americane e sovietiche si congiungono sul Fiume Elba, separando la Germania in due
- USA: Cinquanta stati fondano a San Francisco (California) le Nazioni Unite.
2. Ed infatti:
Sul primo punto, quello che direttamente celebriamo in Italia:
"...il 25 aprile 1945 è il giorno in cui, alle 8 del mattino via radio, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia - il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani (presenti tra gli altri il presidente designato Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza) - proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo Volontari per la Libertà
di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni
prima dell’arrivo delle truppe alleate; parallelamente il CLNAI emanò in
prima persona dei decreti legislativi[2],
assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del
Governo Italiano», stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per
tutti i gerarchi fascisti[3] (tra cui Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo).
«Arrendersi o perire!» fu la parola d’ordine intimata dai partigiani quel giorno e in quelli immediatamente successivi.
Entro il 1º maggio tutta l'Italia settentrionale fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Genova (il 23 aprile) e Venezia (il 28 aprile). La Liberazione mise così fine a venti anni di dittatura fascista
ed a cinque anni di guerra; la data del 25 aprile simbolicamente
rappresenta il culmine della fase militare della Resistenza e l'avvio
effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti che
porterà prima al referendum del 2 giugno 1946
per la scelta fra monarchia e repubblica – consultazione per la quale
per la prima volta furono chiamate alle urne per un voto politico le
donne – e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.
Il termine effettivo della guerra sul territorio italiano, con la resa definitiva delle forze nazifasciste
all'esercito alleato, si ebbe solo il 3 maggio, come stabilito
formalmente dai rappresentanti delle forze in campo durante la
cosiddetta resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945: tali date segnano anche la fine del ventennio fascista."
"La guerra causò la morte di quasi dieci milioni di soldati e civili
tedeschi, grandi perdite territoriali, l'espulsione di circa 15 milioni
di tedeschi dagli ex territori orientali e dagli altri paesi e la
distruzione delle più grandi città.
Il territorio rimasto venne spartito
tra gli alleati in quattro zone di occupazione militare; il territorio di Berlino in quattro settori. Le perdite territoriali in favore di Polonia e URSS riguardarono regioni storiche della Germania, come la Pomerania Occidentale con la città di Stettino, una porzione del Brandeburgo, corrispondente oggi al Voivodato di Lubusz in Polonia; e quasi tutta la Slesia con città importanti come Breslavia.
Diversa fu la sorte della regione storica dell'ex-Prussia Orientale, che venne spartita tra Polonia e URSS: la parte meridionale con la regione della Masuria andò alla Polonia, mentre la parte restante fu ceduta all'URSS, con la città di Königsberg, oggi Kaliningrad, nella Oblast' omonima in Russia.
Le zone occidentali, controllate da Francia, Regno Unito e Stati Uniti vennero unite il 23 maggio 1949, dando vita alla Repubblica Federale di Germania (Bundesrepublik Deutschland); il 7 ottobre 1949, la zona d'occupazione sovietica divenne la Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik o DDR).
Informalmente questi due stati divennero noti come Germania Ovest e Germania Orientale, e le due parti di Berlino come Berlino Ovest e Berlino Est. La parte orientale aveva come capitale Berlino Est, mentre la Germania Ovest scelse Bonn come capitale provvisoria.
La Germania Ovest divenne un'economia di mercato con una stretta alleanza con Stati Uniti e paesi dell'Europa occidentale, e godette di una prolungata crescita economica iniziata nei primi anni cinquanta (Wirtschaftswunder). La Germania Ovest aderì alla NATO nel 1955 e fu membro fondatore della Comunità economica europea nel 1958."
"L'ONU venne fondata con una conferenza internazionale apertasi il 25 aprile 1945 a San Francisco e conclusasi il 26 giugno con la firma dello Statuto delle Nazioni Unite
da parte di 50 Stati. Lo Statuto entrò in vigore il 24 ottobre, dopo la
ratifica da parte dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e
della maggioranza degli altri Stati firmatari, così sancendo l'effettiva
nascita dell'ONU."
5. Che senso ha oggi questa ricorrenza intesa quale (eccezionale) vicenda nazionale e, più estesamente, nel contesto non ignorabile delle altrettanto "straordinarie" vicende mondiali sopra evidenziate?
Attribuirgli un senso positivo ad alto valore simbolico, cioè propulsivo ed ancora attuale per la democrazia e per la stessa aspirazione alla pace, esige di identificarsi, - per continuità e coerenza della propria formazione culturale- , nella Liberazione dall'occupazione straniera come strumento di riconquista non solo della indipendenza ma anche della volontà di un intero popolo di riprendere il cammino della giustizia sociale.
Quella indipendenza può essere, sotto molti aspetti, contestata: non può ignorarsi che le potenze vincitrici imposero un sistema strutturato di influenzamento della piena autonomia politica del nostro Paese.
Ma se questo prezzo fu pagato, - certamente meno di quanto non fosse stato imposto alla Germania (e non a torto)-, l'aspirazione alla giustizia sociale, come sostanza della democrazia, rimane il vero parametro a cui rapportare il significato del 25 luglio.
Anche perchè proprio nell'opera di realizzazione della giustizia sociale, l'Italia ha trovato il momento di rivendicazione della propria indipendenza; ancora una volta, dobbiamo ribadire che la concretizzazione e la istituzionalizzazione di questa opera, quale compiuta nella Costituzione.
E' la Costituzione, con tutto il suo carico innovativo e senza precedenti nella Storia italiana, il momento inscindibile di verifica della possibile attualità e valenza unificante del 25 aprile.
6. Abbiamo visto come la "giustizia sociale" inscindibile dal principio della tutela del lavoro, sia, sul piano economico e politico, il vero fulcro di questa Costituzione: questa è la sostanza della "democrazia necessitata", secondo il noto termine elaborato da Mortati, ed è dunque questo esito, sancito nel Patto fondamentale tra tutte le componenti della Nazione, a dare oggi il senso del 25 aprile.
Un senso che ben possiamo raccordare alla indipendenza, cioè alla sovranità italiana verso l'esterno, che non può essere negata che a condizioni ristrettissime.
Queste ultime condizioni le abbiamo altrettanto passate in rassegna nell'esaminare il vero significato dell'art.11 Cost.
7. Ma ancor più importante è sottolineare che tale indipendenza ritrova solo nella sua stretta aderenza ai principi fondamentali della Costituzione quella effettività che nessun influenzamento estero ha potuto, almeno per alcuni decenni, vanificare.
E questo perchè l'insieme della clausole racchiuse nei diritti fondamentali (artt.1-12 Cost.), furono imposte con l'autonomia e la profondità di pensiero di uomini che non possono dirsi essere stati condizionati a elaborare formule precostituite, imposte dalle potenze vincitrici.
La nostra Costituzione va ben al di là di qualsiasi configurazione democratica mai immaginata o considerata efficiente negli stessi USA.
8. Non altrettanto potè dirsi della Costituzione giapponese, che fu praticamente scritta da due ufficiali incaricati da Mac Arthur, che bypassarono l'elaborazione dei "saggi costituzionalisti", originariamente investiti del compito dal primo ministro pro-tempore giapponese; a emendamento della stesura USA, i giapponesi riuscirono solo a imporre l'introduzione di un sistema bicamerale (un paradosso che oggi in Italia è ignorato, coll'inconsistente iperconvinzione che il bicameralismo esista soltanto in Italia, cosa smentita tra l'altro dalla agevole lettura sia della Costituzione francese che di quella USA).
9. Analogamente, la Costituzione tedesca rispose a vicende ben più vincolanti, dettate dalla influenza delle potenze vincitrici.
A guidarne la redazione, peraltro, fu l'ossessione di non ripetere la frammentazione partitica di Weimar assunta, in quel momento, come precondizione della degenerazione totalitaria nazista.
Questa idea risponde a una ricostruzione storica che, come ormai dovremmo sapere, non tiene conto affatto della condizioni essenzialmente economiche, derivanti dalle "conseguenze della pace" imposta con la fine della prima guerra mondiale; furono queste "condizioni economiche" che resero vitale e preponderante il nazismo, (compresa la politica deflazionista intrapresa nella parte finale della Repubblica di Weimar).
L'enfasi sulla totale rimozione di tali cause dell'ascesa del nazismo è stata mantenuta fino ad oggi; e certamente rispondeva, in un connubio tra nuova classe dirigente tedesca e interessi delle potenze vincitrici, alla esclusiva esigenza di fissare un baluardo anticomunista e pro-capitalismo, inteso quest'ultimo come forma economica tout-court della democrazia.
Questo errore di prospettiva, forse giustificato dal contesto storico, ha avuto e ha tutt'ora pesanti ricadute sulla concezione della stessa democrazia all'interno della c.d. "costruzione europea":
"Gli ultimi anni della Repubblica di Weimar furono caratterizzati da
un'instabilità politica superiore a quella degli anni precedenti. Il 29
marzo 1930 l'esperto di finanza Heinrich Brüning fu nominato da Paul von Hindenburg successore del Cancelliere Müller dopo mesi di lobbismo politico del generale Kurt von Schleicher
in favore dei militari. Ci si aspettava che il nuovo governo portasse a
uno spostamento verso il conservatorismo, basato sui poteri speciali
garantiti dal Reichspräsident in base alla costituzione, in quanto non godeva del supporto della maggioranza nel Reichstag.
...
Dal 1930 al 1933 Brüning tentò di risanare lo stato che si trovava in
una situazione disastrosa e senza una maggioranza in parlamento,
governando con l'aiuto dei decreti presidenziali di emergenza. In quel
periodo la grande depressione
raggiunse il culmine.
In linea con le teorie economiche liberali
rivelatesi poi disastrose, secondo cui una minore spesa pubblica avrebbe
avviato la ripresa economica, Brüning tagliò drasticamente le spese
statali.
Si aspettava e si accettava che la crisi economica sarebbe per
un certo tempo peggiorata prima di iniziare a migliorare.
Tra le altre
cose il Reich bloccò completamente tutte le concessioni pubbliche
per l'assicurazione obbligatoria sulla disoccupazione che era stata
introdotta solo nel 1927, il che risultò in maggiori contributi da parte
dei lavoratori e minori benefici per i disoccupati, non esattamente una
misura popolare.
Il rovescio economico durò fino alla seconda metà del 1932. Per quel
tempo, la Repubblica di Weimar aveva perso tutta la credibilità nei
confronti della maggioranza dei tedeschi. Mentre gli studiosi sono in
grande disaccordo sulla valutazione da dare alla politica di Brüning...uò tranquillamente dire che contribuì al declino della Repubblica.
Se a quell'epoca esistessero o meno alternative rimane oggetto di ampio
dibattito, quel che è certo è che a causa del taglio drastico della
spesa effettuato in uno stato già in crisi, il livello di disoccupazione
in soli 3 anni peggiorò incredibilmente, arrivando a sfiorare il 40%,
giustificando il tutto con la promessa di una ripresa economica che mai
ci fu.
Il disastro sociale così causato può considerarsi uno dei motivi
principali che crearono l'humus adatto all'ascesa successiva del partito
nazional-socialista di Hitler. Nell'aprile del 1932, Hindenburg venne
rieletto Reichspräsident, superando al secondo turno Hitler per
sei milioni di voti. Nonostante Brüning avesse appoggiato fortemente la
rielezione di Hindenburg, ne perse la fiducia e dovette dimettersi il 30
maggio".
10. La Germania, anche nella sua realtà costituzionale, è nata "dimenticando" tutto questo: lo ha rimosso quanto e più del nazismo e lo ha fatto perchè le potenze vincitrici avevano un preciso interesse a che la responsabilità determinativa del nazismo, del paradigma macroeconomico neo-classico, (tra l'altro contraddittorio rispetto alle soluzioni adottatesi, o almeno tentate, negli USA col New Deal) rimanesse impregiudicata, essendo in definitiva frutto di un'imposizione delle potenze vincitrici della I guerra mondiale e dunque oggetto di una possibile ammissione di corresponsabilità nella genesi del totalitarismo in Germania.
I vincitori della seconda guerra mondiale, dunque, preferirono promuovere l'affermazione di mere formule istituzionali, organizzative e..."elettorali", al riconoscimento ed alla normativizzazione del principale rimedio, - accolto invece dalla nostra Costituzione: quello della democrazia necessitata e della giustizia sociale fondata sul lavoro.
11. Un tale riconoscimento (di corresponsabilità), in quell'epoca, avrebbe altresì costituito un troppo labile appiglio per giustificare la contrapposizione tra le due Germanie separate nei due blocchi post Yalta:
"La costituzione tedesca viene chiamata Legge fondamentale (Grundgesetz). Riporta in avanti il cammino della Germania in direzione della democrazia e del federalismo, impresa iniziata ai tempi della Repubblica di Weimar e poi decisamente fallita a causa dei dodici anni di nazismo.
Si distingue dalla costituzione di Weimar per molti versi tra cui tre fondamentali:
- Non vi è più uno stato federale dominante a controllare l'attività politica degli altri; vengono infatti in buona parte ristabiliti gli stati federali esistenti prima del nazismo, ma non l'enorme land della Prussia.
- A differenza di quanto accadeva nella repubblica di Weimar, decisioni popolari prese alle urne non sono previste a livello federale.
- Stabilisce una soglia di sbarramento del cinque per cento affinché un partito acceda al Parlamento, in modo tale da evitare il pericolo che le legislazioni vengano rese ingovernabili dalla presenza, nell'organo legislativo, di dozzine e dozzine di partiti come era accaduto a Weimar.
Una caratteristica significativa di questa costituzione è la presenza in essa del Diritto di resistenza (Art. 20).
Questa costituzione trae la sua origine dalla fine della seconda guerra mondiale. Nel 1948 la Conferenza di Londra
aveva infatti deciso che la Germania occidentale doveva
provvisoriamente costituirsi in uno stato a parte senza per il momento
includere la zona occupata dai sovietici, che poco più tardi si sarebbe
trasformata in DDR.
Nel momento in cui fu promulgata, 23 maggio 1949,
era considerata provvisoria, in attesa della riunificazione tedesca, da
realizzare riscrivendo una nuova costituzione. È questa la ragione per
cui non venne chiamata "Costituzione" (Verfassung), ma venne scelto il nome attuale. La capitale provvisoria era Bonn.
Al momento della riunificazione della Germania, si decise di mantenere la costituzione occidentale: infatti, la Germania ovest si proponeva come unico erede del Reich tedesco.
L'unificazione venne raggiunta modificando la lista dei Länder
previsti nel testo costituzionale, dunque aggiungendovi semplicemente i
cinque della Germania orientale e abolendo l'articolo 23, il quale
lasciava in sospeso la validità della Legge Fondamentale per un futuro
in cui le due Germanie si sarebbero unite (!)."
11. E dunque, comparando la situazione di Giappone e Germania alla vicenda della Costituente italiana, si può percepire come quest'ultima sia risultata una effettiva concretizzazione della indipendenza riconquistata dal nostro Paese: la effettiva esplicitazione di quella nuova sovranità democratica, sostanziata dall'obbligatorio perseguimento dei diritti fondamentali sociali dei suoi cittadini come obiettivo primario e irrinunciabile.
Questa indipendenza, politico-culturale, di paese che fece emergere una eccezionale (e forse transitoria) vitalità democratica, attestata dall'alto livello di libertà e di profondità del dibattito in Costituente; e quindi, questa sovranità democratica (nell'attuazione obbligato per le istituzioni che comunque vi fu), non solo consentì un periodo di prosperità crescente e senza precedenti ai cittadini italiani, ma demarcano una vittoria. Forse non piena, parzialmente irrealizzata alla luce della realtà che ne seguì, ma non di meno tangibile.
Il senso più profondo e vitale del 25 aprile sta dunque nella sua successiva trasformazione nel processo Costituente, cioè la parte del manifestarsi dello Spirito del popolo italiano che, realmente, per quel momento, si convertì in una vittoria: sulle ragioni della fallimentare esperienza della dittatura ma, ancora più, sulle sue cause prime. Che precedono storicamente la stessa "non casuale" parentesi fascista.
Questo, e dunque la Costituzione, è ciò che dovremmo celebrare consapevolmente il 25 aprile.
Questa vittoria, della democrazia sostanziale e dell'Umanesimo, in un raro momento di grazia collettiva, dovremmo sempre difendere.
Contro ogni alterazione.
IL SENTIERO DEI NIDI DEI RAGNI
RispondiElimina(otc .. Italo Calvino, 1947)
« Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano. »
Tiremm innanz .. !
ops ..
Eliminai "profumi" di Italo Calvino che della storia umana è uno dei maestri.
Un sentitissimo XXV Aprile a tutti.
RispondiEliminaTra tutte, la riflessione che vorrei condividere è quella sulla "guerra civile": sono mesi che ci penso e ho notato che, recentemente, anche su Goofynomics si è sdoganata l'angoscia.
Come esperienza di molti che hanno fatto questo percorso di studio, mi son trovato nella condizione di evitare di parlare di politica ed economia con persone con cui per una vita ho sempre scambiato opinioni.
Qualcosa è cambiato.
Non avendo mai abbracciato ideologie o fedi "partitiche", ho trovato spesso semplice discutere di politica, a maggior ragione con chi, come me, non era portatore di dogmi a-priori: il livore anti-casta ha raggiunto un livello tale che dire che 2 + 2 fa 4 è sovversivo, è uno strazio ingestibile per la psiche di questi interlocutori. Dare per ovvio che la spesa pubblica G (lasciamo stare il sommerso...) è componente positiva del PIL, è portare le prove dell'inesistenza di Dio ad un fedele. Un tracollo emotivo.
Ora: l'unica considerazione è che la disperazione e l'orrore - per costoro credo non "elaborato" - per ciò che sta accadendo, sta portando ad una rigidità delle posizioni tipiche di chi, oramai, si prepara ad una "lotta per la sopravvivenza".
La Liberazione non fu solo la cacciata dei nazisti, fu anche la vittoria di una parte sull'altra tra Italiani: fu la fine (formale) di una terribile guerra civile.
Si dà il caso che una di questi sordi scambi li ho avuti con un caro amico che... si è innamorato di un ucraina nazionalista che vive nella zona di guerra.
Essendo lo scrivente sposato ad un'ex-professoressa di storia russa, non potevo argomentare dimostrando l'assoluta assurdità delle pretese dei nazisti sostenuti dalla finanza internazionale: ciò che veniva suffragato dal "supporto accademico", veniva ovviamente screditato dal potenziale "conflitto di interessi". Quindi, per sfuggire alle sue domande, cerco di spostare l'attenzione sulle dinamiche della UE: di male in peggio; è diventato un casta-corruzionista seguace di Giannino. Aiuto.
Ora, non voglio associare la feroce guerra civile durante il periodo della Resistenza, né tanto meno quella in atto in Ucraina, all'evolversi dello scontro para-ideologico tra qualunquisti (che siano piddini o brunoleonini) e chi uno sforzo di spassionata analisi politica lo ha fatto: ma le guerre civili per motivi ideologici consumate nelle stesse "famiglie" me le ha ben descritte, in riferimento a quella russa tra "bianchi e rossi", la mia ex-professoressa preferita.
Certe ferite non si rimarginano più. Questo va tenuto presente.
Un auspicio è che l'Italia torni ad avere nel mondo il ruolo di guida spirituale dell'Occidente, come più grande interprete della tradizione ellenica ed ebraica che, nella storia moderna, ha trovato l'ennesimo primato culturale concependo la Costituzione nata dal XXV Aprile.
(Gli Italiani: coloro che hanno contrapposto alla bellezza del potere, il potere della bellezza)
Apprendisti stregoni, "Essi" e i loro tirapiedi (o lacchè, forse qualcuno ricorda il termine).
EliminaDue stregonerie diverse, Essi si occupano di "economia" (rectius di politica), i tirapiedi di comunicazione di massa.
Hai perfettamente ragione quando dici che certe ferite non si rimarginano. Occorre aspettare che la biologia chiuda naturalmente certe vicende, tanto è vero che non ricordo un 25 aprile così smaccatamente, surrealmente e falsamente agiografico come l'attuale (Boldrini come al solito non ha deluso) ed è stato possibile perché i sopravvissuti erano oramai pochi e malridotti. Ma questo è vero quando una guerra civile "fisica" c'è stata e ha fatto i suoi morti.
Qui ed ora - ma non da ora - si tratta di "guerra civile fredda", come titolava Daniele Luttazzi.
Non solo fredda ma finta, sintetica, creata in qualche laboratorio di comunicazione e impiegata scientificamente come strumento di controllo.
La stessa matrice dell'attuale "guerra alla corruzione"; e qui farei un distinguo e una considerazione.
Quando si parla di grandi e sfacciate menzogne di massa il pensiero corre inevitabilmente al dott. Goebbles, e di lì alla matrice delle sue idee, che è almeno in parte comune a quella delle ideologie che stiamo analizzando per combatterle meglio. Ma c'è una differenza fondamentale nel contesto: quello di Goebbles era ancora il "titanismo" (moneta corrente europea all'inizio del secolo) mentre quello dei nostri Monti è saggio, domestico, pacato. Il buon padre di famiglia decide per i figli mentre la brava massaia (Fornero?) riordina gli armadi.
Questa retorica quindi si combatte tenendosi fermi e bassi ("pazienza e ironia", come diceva quel tale).
D'altra parte è verissimo che anche la comunicazione gioca con il fuoco: usare la rabbia e il risentimento come strumenti di controllo funziona solo se si può abbassare ABBASTANZA IN FRETTA la pressione economica... e questo non è possibile.
Quindi hai ragione, quello dei padroni e quello dei servi sono due giochi estremamente pericolosi. Storicamente sono stati la ricetta classica per una guerra ed è inutile pensare che i registi possano mai sentirsene responsabili.
Le vere cause del nazismo. Gli studi procedono e i la fondatezza di certe diagnosi si solidifica. Tra le novità degli ultimi anni una delle più importanti è rappresentata dagli studi di Christian Stögbauer. Che, analizzando le correlazioni fra dati elettorali tedeschi distretto per distretto e andamento della situazione economia, è arrivato alla conclusione che "the economic crisis was the crucial prerequisite for the political collapse of the Weimar Republic. In contrast to other empirical studies in this field, we use an essentially longitudinal approach by which we can completely avoid the problems associated with ecological inference and show that unemployment had a strong positive effect in favour of the National Socialists."
RispondiEliminaIn uno studio successivo, scritto con John Komlos, ha provato a ipotizzare gli effetti di una politica fiscale espansiva (sia pure a deficit invariato) volta a ridurre la disoccupazione. Il risultato è che "such a policy could well have averted the NSDAP's seizure of power, and the catastrophe that followed in its wake".
Un caro augurio a tutti.
"Una caratteristica significativa di questa costituzione è la presenza in essa del Diritto di resistenza (Art. 20)." (In riferimento alla costituzione tedesca).
RispondiEliminaLa seguo da sempre e condivido spessissimo i suoi commenti e argomenti.
Una piccola precisazione: la costituzione tedesca non garantisce ai cittadini tedeschi il diritto alla resistenza in generale. L'articolo 20 par. 4 dice testualmente:
4) Gegen jeden, der es unternimmt, diese Ordnung zu beseitigen, haben alle Deutschen das Recht zum Widerstand, wenn andere Abhilfe nicht möglich ist.
Traduzione: Qualora non ci sia altra soluzione, i tedeschi hanno il diritto di resistenza contro chi tenta di cambiare questo ordine.
Come si può constatare, il potere deve solo dichiarare di agire nel nome e nello spitito della costitizione e il diritto di resitenza non esiste più. Infatti in Germania si dice che il popolo tedesco non ha diritto di resistenza.
Franco Valdes
Il diritto di resistenza è citato come parte del brano linkato. Ho preferito non ometterlo: ma il suo condizionamento ne illustra la sostanziale delimitazione.
EliminaDel resto, è sempre un problema molto delicato il delimitarlo in modo da non porre in pericolo la certezza del diritto e della legittimazione dell'azione di un governo. E d'altra parte, il suo esercizio dipende anche dalla identificazione dei principi fondamentali e dei limiti invalicabili di loro alterazione, extra ordinem, da parte del potere costituito.
Per una trattazione del problema relativamente alla nostra Costituzione v. qui p.1:
http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/alcuni-punti-fermi-ipotesi-frattalica-e.html