martedì 7 luglio 2015

EURO ALLA FRUTTA E TTIP ALLE PORTE. E IL REFERENDUM BOOMERANG ALLA FINE TUTELERA' I CREDITORI.


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1. Dal blog di Krugman vi traduco, nelle parti salienti, questa irresistibile istantanea del volto idiota di una dittatura in nome dei mercati (e, ci ripetono in continuazione, della "pace"!):

"Supponiamo...che si parlasse di aumentare permanentemente il saldo primario di un punto di PIL. Come ho scritto in precedenza, e come rileva Simon Wren-Lewis, data la mancanza di una politica monetaria indipendente, ottenere un surplus primario richiede molto più di un'austerità in "rapporto 1 a 1".
In effetti, una buona ipotesi è che occorra tagliare la spesa pubblica del 2% del PIL, dato che l'austerità riduce l'economia e le entrate tributarie. Ciò, a sua volta, significa che si riduce l'economia intorno al 3%. Così, un 3% di colpo inferto al PIL per aumentare il saldo primario di 1.
Ma un'economia ridotta implica che il rapporto debito/PIL vada inizialmente in aumento. Ed infatti, dato il punto di partenza della Grecia, con un debito al 170% del PIL, l'effetto avverso dell'austerità significa che cercare di innalzare di 1 punto il saldo primario determina la crescita del rapporto debito/PIL di 5 punti (0,03x170).
Questo suggerirebbe che ci vorrebbero 5 anni di austerità per avere la ratio del debito nuovamente al livello in cui sarebbe stata in assenza di austerità.
Ma, aspettate, c'è di più. Associamo Irving Fischer alla discussione. Un'economia più debole porterà a minor inflazione (o a una più intensa deflazione), che, anch'essa, tende a innalzare il rapporto debito/PIL.
Il grafico mostra uno schema dell'output gap della Grecia (quale stimato dal FMI - una misura dubbia, ma atteniamoci ad essa) in parallelo alla variazione del deflattore del PIL.



Sì, è una rozza curva di Phillips, ma rende l'idea. 
E suggerisce che 1 punto di maggior avanzo primario, che richiede un'austerità che causa 3 punti di caduta del PIL reale, ridurrà l'inflazione di circa lo 0.7% (3x0,23).
E se parti con un debito al 170% del PIL, ciò innalza il rapporto di più di un punto percentuale ogni anno. Cioè, il tentativo di ridurre il debito tagliando la spesa, aumenta in pratica il rapporto del debito su PIL, non solo nel breve periodo, ma indefinitamente.
OK, possiamo attutire questo risultato contando l'effetto della caduta dei prezzi greci nelle esportazioni, cosa che spingerebbe la crescita economica. Sto ancora lavorando su questo aspetto, ma al meglio rende l'austerità efficace nel ridurre il rapporto debito/PIL  "in the very long run" — pensate a decenni, non anni. L'austerità, per un paese nella posizione della Grecia, appare una soluzione impraticabile persino se il debito (pubblico, ndr.) sia tutto ciò a cui prestate attenzione. 
E, per essere proprio chiari, sto riportando macroeconomia da testo universitario, nulla di esotico.Sono gli "austerian" che si stanno inventando nuove dottrine economiche per giustificare le loro politiche, che risultano comportare non sacrifici temporanei, ma un fallimento permanente."

2. E questo, anzitutto, varrebbe per Monti e Vaciago, come ci riporta Mauro Gosmin.
Ma non vi riporto Krugman per confutare la (peraltro, mediaticamente monolitica) versione italiana delle "nuove dottrine economiche" degli "austerian", cioè del "se non cresci è perchè non hai fatto (abbastanza) riforme"; che poi in realtà sono le teorie piuttosto vecchiotte degli anni di Hoover nella crisi del '29, sempre vive e in attesa di rivincita da quando esiste la "costruzione €uropea" - come ben ci racconta un Padoa Schioppa del 1999, esplicitamente tifoso della pace che sarebbe stata garantita dall'amato gold-standard (!), cui si ispira l'euro (secondo la puntuale teorizzazione parallela di Hayek, cfr; parte finale).

3. Vi riporto la limpida e lineare dimostrazione di Krugman, al contrario, perchè essa è estranea alla linea abbracciata veramente da Tsipras, il quale, proprio perchè, - senza alcun cedimento in nessuna fase delle attuali trattative e persino durante il periodo di "campagna" per il referendum-, aveva sostanzialmente accettato il nuovo memorandum dei creditori €uropei-FMI
Anzi, rammentiamo, dopo che la rottura delle trattative e l'iniziativa del referendum si erano già verificate, aveva lanciato alla Merkel una proposta di integrale accettazione della linea di neo-austerità aggiuntiva per la Grecia. 
Tanto che ogni ipotesi di trattativa, logicamente e senza alcuna sorpresa, partirà da quel documento, essendo ormai ben noto che le differenze, tra le parti del negoziato, sulla quantità e sulle specifiche misure del consolidamento aggiuntivo, erano minime.

4. Ciò significa che i fiumi di retorica sul "coraggio" di Tsipras, sul segnale di democrazia dato "dall'indomito popolo greco col no al referendum", hanno un oggetto piuttosto immaginario e lontano dalla realtà: dicono no, ma appoggiano "con orgoglio" un governo che ha già detto sì a quella nuova ondata di calo del PIL, aumento della disoccupazione, ossessione per la "competitività", aumento del debito su PIL, output-gap e indebitamento pubblico ed estero fuori parametri (e fuori di ogni traccia di crescita del PIL e sostenibilità del debito stesso) per decenni e decenni, evidenziata da Krugman.
Il vero punto di tutta la trattativa, e quindi la vera "fonte" della discordia tra le parti, non sta nel fatto che l'austerità sia impraticabile, inutile e dannosa - e che questo sia l'unico "spirito" consentito alla "democrazia" nell'ambito della camicia di forza dell'euro, che i greci (e certamente Tsipras), nonostante il referendum, non vogliono abbandonare - ma risiede nel trattamento del debito pregresso.

5. Quello stesso debito accumulato dalla Grecia per aver aderito alla moneta unica, "scoppiato" a seguito della crisi innescatasi nel 2010 e trasformato, come sappiamo, da debito verso le banche francesi e tedesche, in debito verso la trojka: come ormai non nasconde il FMI, è l'haircut (che sia in forma di taglio percentuale del debito o in un allungamento delle scadenze, o in entrambe le cose), la vera materia di trattativa che si pone a partire dal referendum greco.
La Germania ha fatto già sapere che un accordo sia un'ipotesi piuttosto astratta e remota, a questo punto, e Hollande si accoda. 
Ma il fatto che il FMI, cioè gli USA che (nonostante la presidenza Lagarde, o francese in genere, sono un organismo a governance USA, come ci evidenzia bene Chang), abbiano focalizzato la questione sull'haircut è ben più importante.
Il fatto è cioè essenzialmente (geo)politico: gli USA non vogliono l'eurodissoluzione, ma ancor meno desiderano che la Grecia, in questa momento, sia sospinta verso est, cioè nella sfera di influenza economico-politica della Russia (o della Cina, o di entrambe). Lo evidenzia molto bene anche Alberto Bagnai, nell'articolo di oggi sul Fatto Quotidiano (pag.5).

6. A questo punto, però, si pone la questione reale, della situazione presente e futura della Grecia, come epifenomeno riassuntivo dell'intera questione degli squilibri commerciali inevitabili all'interno dell'area euro (questione che investe anche l'Italia e la spaventosa recessione-stagnazione da cui non potrà uscire, altrettanto, nei prossimi decenni, ovviamente se rimane nell'euro).
La Grecia è fallita: si deve procedere a qualche forma di default pilotato
Ma il referendum è uno strumento di trattativa, non di ripristino della democrazia (sovrana e costituzionale); uno strumento che con la volontà di uscire dall'euro non c'entra nulla. E difatti il voto è stato espletato da un popolo che non si pone affatto il problema principale che ha di fronte
Non se lo pone perchè rivendica l'orgoglio di essere €uropeo senza austerità e non si cura, tuttavia, di contestare il fatto che tale austerità è accettata dal governo che, pure, lo invita a votare no; ma non se lo pone, soprattutto, perchè ancora oggi, nessuno gli ha spiegato tale problema.

7. E cioè che:
- Se anche l'austerità fosse utile - e non lo è; 
- se anche fosse socialmente ed economicamente tollerabile - e non lo è;
- se anche fosse (democraticamente) respinta - e non lo è stata, a meno di prendersi in giro (la riprova sta nel fatto che Tsipras è ancora al suo posto, grazie al referendum anti-austerità ma...vuole trattare sulla base "austera" di ciò che ha inequivocabilmente accettato, limitandosi a criticarlo come "imposizione"...contraria ai trattati europei!);
- se anche si arrivasse, sospinti dalla real-geo-politik USA, al default controllato;
il problema, non spiegato da Tsipras e non risolto dal referendum, è che le cause della insolvenza accumulata dalla Grecia non sarebbero risolte, ma anzi aggravate, e dunque possono riprodursi all'infinito, durante i lunghi anni futuri di permanenza nel meraviglioso mondo dell'euro, a parole senza austerità. Ma solo a parole: mentre, nei fatti, si tratta di arrivare, ogni tot anni, a voler essere ottimisti, a una serie di haircuts controllati, sponsorizzati dagli USA, ma il cui peso finanziario sarebbe sostenuto non solo dagli Stati "cessionari di credito" (via ESFS e ESM) di appartenenza delle banche creditrici, ma anche dagli Stati assuntori di debito (per finanziare l'ESM e per rifinanziarne le perdite), e già debitori per conto proprio, tirati dentro questo disastro come l'Italia.

8. L'unico aspetto paradossalmente positivo, è che gli USA possono (potrebbero) rendersi conto che questa prospettiva, anche in termini di convenienza geo-politica, non è ancora a lungo praticabile.
Gli stessi creditori potrebbero rimetterci troppo, una volta che il rischio dell'insolvenza del debitore, fatto uscire dalla porta del salvataggio via trojke varie, rientrasse dalla finestra del principio della negoziabilità di possibili default parziali periodicamente in sospeso...
E, allora, gli USA potrebbero venire incontro a Germania e Francia, promuovendo una rottura "ordinata" dell'eurozona

Ma solo se l'UE accettasse di legarsi, quanto prima, al neo-vincolo del TTIP.
Insomma, siamo al redde rationem, ma non verso la democrazia delle sovranità costituzionali, che non sono invocate da nessuno dei governi interessati, e che quindi è fuori del panorama del potere politico-mediatico dominante e delle opzioni messe in campo da qualunque "referendum": piuttosto verso l'inevitabile rilancio liberoscambista che, come dose ulteriore dello stesso veleno, si sussegue ad ogni fallimento dell'internazionalismo neo-liberista e autoritario, contrabbandato da perseguimento della pace.

ADDENDUM: è interessante vedere questo articolo del (certamente) moderato - nel senso di non post-keynesiano - Munchau. Tradotto dal Financial Times per il Corriere della Sera. Vi si legge, tra l'altro:

"Il taglio del debito, frutto di trattative o unilaterale, è una matematica conseguenza dei parametri economici stabiliti per la Grecia. Il Paese potrà restare nell’euro solo se saranno soddisfatte esattamente quattro condizioni: il condono dei debiti, un rifinanziamento del sistema bancario, reali riforme strutturali e la fine della politica di austerità. Se la Germania e gli altri finanziatori danno la propria disponibilità, allora la temuta Grexit si potrà scongiurare. Altrimenti no. È un dato di fatto.
...Uno studio della storia economica avrebbe reso superflua questa tardiva ammissione. Le lezioni che si possono trarre dall’economia sono raramente inequivocabili, ma la storia ci insegna senza dubbio che la crisi del debito va risolta rapidamente. Chi arriva tardi viene punito dalle circostanze. Penalmente i programmi di sostegno alla Grecia deliberati nel 2010 e 2012 avrebbero senza dubbio configurato un ritardo nella presentazione dell’istanza di insolvenza, se si fosse trattato del settore privato.
...Il pericolo di contagio diretto è limitato. Io ravviso invece il pericolo maggiore in un successo di quella stessa decisione. Se due anni dopo una eventuale Grexit l’economia greca riprende a crescere, il dibattito prenderà un’altra piega, soprattutto in Italia. Da quello che una volta era un rischio scaturirà una liberazione che lascerà dietro di sé un moncone di euro nordeuropeo, con un cambio sopravvalutato.
Gli effetti di questa politica economica si potranno confrontare allora con la catena di decisioni drammatiche prese cento anni fa: una guerra sottovalutata, seguita da un Trattato di Versailles che nel suo dogmatismo non si discosta sostanzialmente dai principi della politica economica tedesca. La decisione razionale per la Germania sarebbe accettare un taglio del debito. Alexis Tsipras dà segnali di voler trattare. Anche la Merkel lo dovrebbe fare."

26 commenti:

  1. E pensare che sarebbe così facile rendersi conto della situazione guardando la dinamica del tasso di cambio reale nei quindici anni di euro.


    Quos vult Iupiter perdere dementat prius

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  2. Perfettamente d'accordo, l'unione europea interessa più gli USA e i neomembri dell'est che i paesi fondatori.
    Il TTIP, una volta approvato ed attuato, non ha bisogno della UE.
    Io aggiungerei che forse anche la Germania potrebbe essere interessata a far saltare il banco, perchè l'impero USA è sempre più in declino, e quindi stringere accordi con la Russia potrebbe apparire vantaggioso dal punto di vista geopolitico.

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    1. La questione tedesca è in effetti suscettibile di entrambe le soluzioni: chiudersi nella prediletta super-area teutone e espandersi verso est, ovvero, sfruttare il vantaggio competitivo nella specializzazione freetrade che la vedrebbe unica avvantaggiata tra gli europei all'intero del TTIP.

      Il punto è che, purtroppo per noi, le due soluzioni sono entrambe praticabili, in ordine cronologico successivo (aderire al TTIP, e poi, di fronte alla mancanza di autocorrezione USA, e quindi al suo declino, "strappare" verso Russia e Cina).

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  3. Carissimi,
    un amico mi segnala questo post su scenarieconomici.it, che riporto testualmente:
    "In un giorno in cui si parla quasi solo di Grecia, vi è una scadenza IMPORTANTISSIMA per l’Unione Europea. Scadeva oggi il termine per la raccolta di 100 mila firme da parte dei promotori del referendum / legge per l’uscita dell’Austria dall’UNIONE EUROPEA.
    Se raggiungeranno i 100 mila voti i promotori han già affermato che, fra le due opzioni offerte dalla costituzione austriaca, referendum o legge di iniziativa popolare, sceglieranno la prima opzione.
    La causa di questo movimento di uscita dalla UE, molto forte nel paese d’oltralpe, è da ritrovarsi nel timore di vedere le proprie produzioni piegarsi al TTIP ed alle liberalizzazioni selvagge dal vedere praticamente annullato il proprio attuale benessere diffuso e l’attuale posizione di neutralità quasi assoluta del governo di Vienna.
    Il movimento non è appoggiato, attualmente, da nessuna forza politica. Presto sapremo se il quorum è stato raggiunto.
    3/7/15 AGGIORNAMENTO. Fonti vicine ai promotori parlano di un grande successo del referendum, con 262 mila firme raccolte, pari al 4% dell’elettorato (il 6% dello stesso non poteva firmare in quanto residente all’estero). Inizieranno ora sondaggi ufficiali sulla materia , su cui vi terremo aggiornati. Scarso spazio sui media su questa notizia, che rischia veramente di spezzare la UE."
    Francamente, io non ne sapevo niente, ma se le cose dovessero stare davvero come sostenuto nell'articolo, si preannuncia un referendum davvero interessante, per base culturale e finalità; altro che quello Greco.
    Dal mio punto di vista, tuttavia -che so bene non essere condiviso in questa sede-, se il venir meno dell'eurozona e di tutte le sue conseguenze antidemocratiche, nel senso sostanziale de termine, è certamente il principale ed irrinunciabile obiettivo, sarebbe fortemente auspicabile che ciò non compromettesse il processo di integrazione europea.
    Attenzione, però: non che io sposi la tesi di Guarino (o, almeno, del secondo e più noto Guarino, visto che proprio su queste pagine ho scoperto che ce ne è pure un precedente, "leggermente" diverso) del tradimento, del regolamento in violazione di delega, e dei padri nobili. Questa Unione Europea è stata costruita per il liberismo. E su questo non ci piove. Ma un'Unione Europea rimane uno strumento, non credo si tratti di qualcosa di ontologicamente liberista, ma di una realtà sovranazionale che, gestita da altre persone secondo diversi accordi, potrebbe servire per andare nella direzione opposta a quella seguita fin qui. C'è anche da dire che l'Europa, se pure in modi molto diversi, è stata unita solo due volte (impero romano e res pubblica christianorum): in entrambi i casi, il centro era Roma e la disgregazione venne da oltre il reno. Una nuova UE senza Germania e con sede delle istituzioni a Roma? O ci arrendiamo ai nazionalismi?
    Mi rendo conto che sono solo fantasie.
    Intanto, il problema principale rimane l'euro e, soprattutto, tutte le riforme, disattivanti le libertà positive costituzionalmente garantite, che ha causato e che rischiano di sopravvivergli, nonché l'ombra del TTIP, che si allunga.
    Tom

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    1. Le firme servono a provocare un dibattito parlamentare che deliberi se fare o meno il referendum...La vedo difficile allo stato, considerato che i partiti in parlamento non hanno appoggiato la proposta e la previa raccolta di firme.

      L'UE poi ha un genesi liberista che, non a caso, risale a Ventotene (nella versione italica...). Altrimenti, più direttamente a Hayek e, comunque, agli ordoliberisti che diedero vita ai trattati originari (ci sono vari post al riguardo)...

      Dunque, come organizzazione internazionale vive e si identifica, in modo giuridicamente costitutivo della sua personalità giuridica e della sua sostanza politica, con l'attuale trattato istitutivo: non può, sul piano giuridico e politico, quindi, pensarsi ad essa come a un contenitore variabile in funzione di persone (che, come classe dirigente non si vedono all'orizzonte, comunque), e regole diverse.
      Se non altro perchè per mutare queste regole occorre, secondo il trattato, l'unanimità. Nessun accordo unanime di suo cambiamento è realisticamente pensabile, oggi e per tutto il tempo in cui l'UE stessa sarà, nefasta, ancora in vita.

      Quanto ad un diverso trattato, escludendo la Germania la vedo altrettanto difficile se posta in termini di Unione politica. La Germania deve esserci: se non ci può essere perchè porsi il problema prematuro e insidioso (per i rapporti di forza che comunque nasconderebbe) dell'unione "politica"? Mica, in assenza di essa, siamo a rischio di ostilità tra Stati europei. Abbiamo anzi la prova del contrario!

      All'Europa bastano e avanzano un'unione doganale e, con molta pazienza e gradualità, nella difesa e nella politica estera, semmai le relazioni commerciali portassero a una sufficiente omogeneità di interessi (la Germania non pare averlo mai compreso, però).

      E sempre rispettando il principio di Westafalia per preservare la democrazia sostanziale: almeno finchè un nuovo "popolo", spontaneamente autoidentificandosi in lingua, cultura e valori profondi comuni, non sia sorto e non trovi storicamente "naturale" creare istituzioni politiche comuni.
      Cosa che non può nascere dalle oligarchie liberoscambiste ma dalla convergenza dei valori democratici.
      Insomma, tutto l'opposto di quanto è accaduto dal 1950 (al netto delle esigenze di contrapposizione al blocco stalinista)

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  4. ...no, no, senza non siamo a rischio di ostilità. Anzi, con buona pace dei "piddini", mi pare che paradossalmente siamo più a rischio con, che non senza.
    Sì, ci vorrebbe un nuovo popolo con un'idea superiore comune, ma forse non necessariamente pure con una lingua unica, se anche con una lingua comune, proprio come era per il latino.
    Che ci posso fare? Il cattolico tradizionalista che è in me -e cioè il cattolico tout court- vedrebbe bene una Unione Europea che riconoscesse le proprie radici romane e, pure in senso etimologico, cattoliche.
    Che poi, scrivendo questa cosa delle lingua unica vs lingua comune, mi è venuto di pensare, per analogia, a quella proposta, mi pare di Sapir, di sostituire la moneta unica, con una comune: una moneta sovranazionale in più, che si aggiungerebbe a quelle nazionali, e servirebbe solo per le transazioni extra UE. Ovviamente, sarebbe una proposta tutta da verificare, ma mi piaceva l'analogia col latino.
    Tom

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  5. Non so se qui se ne era già parlato ma qualche giorno fa si parlava di prelievo forzoso in Grecia su conti oltre 8mila euro... anche perchè "Di fatto viene congelato il 27% di tutti i depositi delle banche greche, con il rischio che possano essere i correntisti a farne le spese.". Tsipras farebbe meglio a procedere a piano B. Ci sarà ancora da piangere ma, come ipotizza Zezza, non tutto il male verrebbe per nuocere... Sarà Tsipras degno del sostegno ricevuto dai Greci? Spero, per lui, di sì... ma rimangono in me molti dubbi...

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  6. Carissimi,
    sollecitato da una serie di articoli apparsi sul quotidiano della mia città, la Gazzetta del Mezzogiorno, tra cui -last but not least- uno proprio della domenica del voto, sul fatto che i tedeschi hanno imparato la lezione della storia, sul rischio dell'iperinflazione che ha causato la vittoria politica di Hitler, domenica stessa, in notturna, ho scritto un articolo di replica, dal titolo Università italiana ed economia tedesca, tra fatti e fattoidi. Lunedì mattina lo ho inviato. Ero forte di un recente precedente, un articolo sui nuovi delitti ambientali, ma anche e soprattutto sul vero ruolo dell'Unione Europea, che mi era stato subito pubblicato (se può interessare, è andato in rassegna stampa della mia regione, ed è quindi consultabile al seguente link: http://www.astampa.rassegnestampa.it/consiglioregionalepugliaRassegnaStampa/PDF/2015/2015-05-28/2015052830390794.pdf), ma questa volta smentivo direttamente il loro giornalista economico. E quindi pensavo: me lo pubblicheranno o no? Ci tenevo, anche perché molti universitari possono essere pronti a comprendere certe dinamiche, una volta che inseriscono quanto sta succedendo all'università pubblica italiana, ivi compresa la strategia dei fattoidi, in un contesto più ampio ed omogeneo.
    Oggi pubblicano l'articolo, a pag. 17. Ma il titolo fa riferimento solo all'università e, evidentemente per ragioni di spazio, la parte conclusiva, e quella sul fattoide dell'iperinflazione come causa dell'ascesa di Hitler, ne escono diminuite.
    Però, c'è da dire a loro grande merito che lo hanno pubblicato. E tenete presente che io sono un signor nessuno, per cui potevano non farsi alcuno scrupolo a non pubblicarmi, come del resto sarebbe stato loro pieno diritto anche se io fossi stato un signor qualcuno.
    Tom

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    1. Normale, se queste cose fossero di facile e pronta divulgazione, non ci sarebbe stato bisogno di questo blog, dove sono dette da anni...
      Come pure che le "riforme" fatte sono un retaggio che rischia di sopravvivere all'euro-dissoluzione

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  7. Lo evidenzia molto bene anche Alberto Bagnai, nell'articolo di oggi sul Fatto Quotidiano (pag.5).
    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/vittoria-pirro-bagnai-altro-euro-euro-senza-austerita-non-104402.htm

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    1. Se leggi bene il post è stato preventivamente già citato...

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    2. scusa mancavano le virgolette " (quotatavo il tu post ! ") ad un link che permettesse di leggere l'articolo

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    1. Per carità Flavio! Ieri su twitter ha suscitato un gigantesco brainstorming di espertoni di "politica" che sostenevano fosse una c...ta (tra l'altro, valutazione innescata dall'amico Vladimiro...). Tutti a difendere la fine strategia di Tsipras che invece avrebbe saputo fin dall'inizio, in base ai suoi sondaggi "segreti", che avrebbe vinto il no.

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    2. Ah beh allora se è già stato smentito il tutto, ritiro la segnalazione :)

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    3. Non smentito: ognuno la pensa in un modo, perchè nella sovralimentazione di rumors (simili al "micuggginismo"), tutte le vacche sono nere e Tsipras risulta (ancora per poco, probabilmente) un gigante della democrazia "immaginata"...

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    4. Si avevo capito la tua replica, ho usato io il termine non corretto. A me basta, anche scorrendo le ultime Ansa, vedere come il compagno nomini tutti, ma proprio tutti, i problemi della Grecia, meno che due fondamentali: Euro e Costituzione. Vuole un accordo che porti fuori la Grecia dall'austerità e dalla disoccupazione. Ma Euro = Austerità + Disoccupazione...

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    5. Veramente interessante, grazie.
      Rafforzerebbe l'impressione che il referendum greco risponda ad una nostra annosa domanda: dove si trova il limite al di là del quale la forza dei media si esaurisce, e quindi occorre passare ad "altri mezzi" per continuare l'azione politica?

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    6. Interessante è la valutazione di Sapir...

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  9. Ciao Quarantotto, secondo l'editorialista del Telegraph Evans-Pritchard, Tsipras ha indetto il referendum nella speranza di perderlo , lasciando agli altri il disonore di dire Si alla Troika
    Alcuni passaggi:
    "I creditori hanno preteso un rialzo dell'Iva sugli hotel turistici dal 7% al 23%, in un solo colpo. Hanno insistito su ulteriori tagli alle pensioni, pari all'1% del Pil, entro l'anno prossimo, e l'eliminazione dell'assistenza previdenziale prevista per i pensionati più poveri (EKAS), anche se le pensioni era state già tagliate del 44%".

    "Una battaglia del premier contro una tale lista di diktat avrebbe avuto conseguenze devastanti. La ex troika avrebbe requisito la Banca centrale della Grecia e cacciato il suo governatore, in base alle leggi nazionali di emergenza. Ci sarebbe stato un sequestro di 17 miliardi di euro di riserve di diverse banche."

    In una situazione del genere, che definire drammatica è un eufemismo, eliminare l'assistenza sanitaria alle fasce più povere equivale ad una condanna a morte, l'unica differenza è che non viene fissato il giorno dell'esecuzione, noi abbiamo l'intero sistema mediatico, coadiuvati da opinionisti di ogni risma e di ogni genere, che sta criminalizzando una nazione perchè non ha fatto le cosiddette riforme.
    Nemmeno se viene il Padreterno a dirmi che tutto questo è normale io ci crederei. Questa è una situazione, se vogliamo recuperare la Democrazia necessitata, che deve in qualche modo essere sanata. Ci deve essere la libertà d'informazione ma non la libertà della menzogna sistematica.
    Secondo il mio modesto modo di vedere lo Stato Democratico non può eludere questi due piccoli problemi se vuole ancora esistere
    1) la regolamentazione dei mercati, sia nella dimensione, sia nei profitti
    2) la regolamentazione del sistema dell'informazione, sia nella dimensione, sia nella qualità, perchè se l'assenza dell'informazione è la morte della democrazia, la troppa informazione non solo la uccide, ma devasta la mente di intere popolazioni.

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    1. Su E.Pritchard vedi risposte a Flavio.
      Sul resto, siamo d'accordo: però, non è ceerto a partire dalla Grecia che può ristabilirsi una regolamentazione finanziaria dei mercati (deglobalizzandoli di fatto). E' troppo debole, confusa e in condizioni di ambiguità obiettive.
      Vedremo come si sviluppa un eventuale timing, esteso cioè fuori dalla questione greca...

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    2. Tra l'altro, sui tuoi interessanti spunti in ordine a disciplina legislativa dell'informazione, lo stesso Tsipras non pare molto "per la quale" nel fissare le sue priorità (a parte la meramente "politica" mossa di riaprire la TV di Stato, accettando il tipo di competizione imposto dalla oligarchia che, su questo piano, vince sempre...)

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  10. Noto che anche Luca Ricolfi (che certo non è orientato a sinistra), comincia a "scoprire" i mali dell'Europa. Il tono dell'articolo mi pare un po' cerchiobottista, ma potrebbe -allo stesso tempo- essere indice di un mutamento di pensiero.....

    http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-07-08/ne-questa-grecia-ne-questa-europa-070900.shtml?uuid=ACLS2qN

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    1. Ma tanto nel dibattito in corso al parlamento europeo, la maggioranza compatta in esso presente, si sta richiamando all'ennesimo rigido rispetto delle regole attuali, del tutto incontestate, introducendo l'ERF!

      Tutti trionfalmente d'accordo sul punto, tra l'altro, compreso Tsipras (e tanto che je costa? Lui per la Grecia punta al default, cioè all'abbonamento per manifesta insolvibilità, del relativo debito)!

      Ovviamente senza parlare neppure per un attimo dei suoi meccanismi di esecuzione forzata su patrimoni e flussi di ricchezza degli Stati coinvolti.
      E la chiamano "mutualizzazione del debito"...

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  11. Scusate ...una domanda che potrebbe essere fuori tema oppure centrare il nocciolo del problema. ..
    Non é che tutti questi G8 (ora G7) fatti in tutti questi anni sono serviti ai bei risultati odierni?

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  12. Ciao Quarantotto,consapevole di cadere nella retorica, volevo ricordare che il 9 luglio del 1978 al suo primo discorso da Presidente della Repubblica, il partigiano Sandro Pertini invitava gli italiani ad essere uniti nell''amore di Patria. Ieri abbiamo avuto Pitella che al Parlamento Europeo nelle vesti di Presidente dei socialisti democratici ha rilanciato il fondo di redenzione (ERF), che per l'economia del nostro Paese equivarrebbe ad una bomba nucleare.
    A questo punto una nuova Repubblica Democratica fondata sul Lavoro dovrebbe affrontare anche questo problema. Per carità non sono un ingenuo, i traditori ci sono sempre stati nella Storia, e sempre ci saranno, ma dovrebbero rappresentare un aspetto marginale facilmente confinabile. Ma qui viviamo in un epoca Storica, parlo dell'Italia, in cui è veramente difficile trovare un personaggio della classe dirigente che difenda l'interesse nazionale.

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