mercoledì 7 giugno 2017

IL QUARTO PARTITO DIVENTA IL QUINTO: E IL VOTO E' SUP€RFLUO

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In cosa consiste dunque questa verità? 
In alcuni caposaldi che, più che constatazione di fatti incontrastabilmente evidenti (cioè "verità", almeno in senso empirico), sono giudizi di valore sui fatti stessi, cioè valutazioni politico-morali, suscettibili di diverso opinamento dal punto di vista giuridico ed economico:
a) "Napolitano cita Mario Draghi sull'irreversibilità dell'Euro" (si riporta l'opinione di Draghi, laddove il fatto incontestabile si limita ad essere che l'euro esista e costituisce un controverso vincolo monetario);
b) "parla dell'europeismo come di fede incrollabile" (il fatto consiste nella personale enunciazione di tale fede o, più precisamente, di tale visione dell'ordine internazionale del mercato);
c) "vede i segni – dopo le elezioni francesi – di una possibile "controffensiva europeista" (il fatto è l'elezione di Macron, ma la conseguente "controffensiva" non è un fatto bensì un auspicio, coerente con la condivisione dell'opinione di Draghi e con la propria personale "fede");
d) "Napolitano fa riferimento alla situazione delicata del debito e dell'economia italiana. E, ad ogni passaggio, sottolinea i limiti e superficialità del dibattito politico, proprio sul delicato terreno dei conti pubblici: "Si prospetta il rifiuto del previsto scatto della clausola di salvaguardia, senza proporvi valide alternative"; e ancora: "Può il sostegno alla crescita tradursi in una generalizzata propensione alla riduzione della pressione fiscale". Insomma, dice Napolitano, "l'attuale incertezza politica circa gli intenti complessivi di politica finanziaria è una rilevante incognita che mina la nostra credibilità" (questi passaggi, senza alcun dubbio, sono l'enunciazione di una preferenza personale per una certa politica fiscale, conforme alla fede nella irreversibilità nell'euro; ma una polititica fiscale altrettanto opinabile e, infatti, discussa vivacemente in tutti i paesi dell'eurozona e, in generale, in tutta la comunità scientifica degli economisti).

2. Tutte queste personali opinioni non potevano che condurre ad una forte critica verso la legge elettorale ed il suo legame con l'anticipazione della fine della legislatura; questo legame viene definito "patto extracostituzionale", con un evidente "non sequitur", quantomeno incoerente con la dubbia legittimità costituzionale degli eventi che hanno contraddistinto la presente legislatura
Qual è la preoccupazione di Napolitano?
Questa legge ("iperproporzionale"!?!) mette a rischio la "governabilità" cioè il ""dare continuità all'azione del governo in carica invece di metterne in dubbio la sopravvivenza. Questo ci dice l'interesse del paese".
L'interesse del paese, quindi, sarebbe di avere fede nella irreversibilità dell'euro e nella fantomatica crescita che conseguirebbe al rigido e pronto rispetto del fiscal compact, con un consolidamento fiscale che conduca entro due anni al pareggio strutturale di bilancio. 

3. E questo nonostante che lo stesso Padoan, ministro dell'Economia del governo in carica e non certo l'esponente di un presunto futuro governo eversivo dell'ordine sovranazionale dell'eurozona, abbia già ora indicato una consistente misura di flessibilità rispetto alle indicazioni della Commissione quali riportate nell'ultimo Def (!) alla sua pagina 5:

Napolitano pare dunque non conoscere correttamente la posizione del governo in carica e in cosa consista la "continuità di azione" che lo contraddistinguerebbe, invocando piuttosto una sua, diversa e personale, "continuità".

4. La "governabilità", a sua volta, consisterebbe nell'avere una legge elettorale che porti ad un parlamento in cui vi sia una chiara e inequivocabile maggioranza che possieda la sua stessa "fede" e creda in questa politica economica minuziosamente prefissata dai trattati €uropei.
Alternative non ce ne sono: portare la legislatura alla sua scadenza naturale implica infatti, secondo Napolitano, che la legge di stabilità sia approvata, possibilmente applicando le "clausole di salvaguardia" (per circa un punto di PIL di inasprimento della pressione tributaria "teorica"), o con l'alternativa previsione di misure equivalenti nel volume di consolidamento fiscale. 

In un parallelo commento al discorso di Napolitano, l'Annunziata ci dà un'idea concreta delle forze che si sentono rappresentate in questa "fede" e in questo rigore fiscale (che va oltre, come abbiamo visto, la posizione assunta dal governo in carica): 
"Il sistema istituzionale, nelle sue diverse forme, ha fatto di recente sentire il suo scontento per una prospettiva accelerata e incerta che mette sotto stress i passaggi economici del paese. Dalla Confindustria, a molti ministeri, dalla Bankitalia a Palazzo Chigi, a figure istituzionali come l'ex premier Prodi, arrivano echi di preoccupazioni identiche a quelle espresse dal Presidente emerito".

5. Bontà sua, l'Annunziata ammette che il "Paese reale" possa non essere d'accordo con Confindustria e Bankitalia (che predica un avanzo primario al 4% per dieci anni, senza saper indicare quali scontati effetti ciò avrebbe sul livello di disoccupazione e di precarizzazione del lavoro): 
"Degli umori del paese reale in merito sapremo poco, almeno fino alle urne, dal momento che il primo effetto della grande ammucchiata dei principali quattro partiti è stato quello di edulcorare, deviare, spegnere ogni interesse per le opinioni dei cittadini."
Sulla prima parte di quest'ultima affermazione non si può dissentire: il voto esprime infatti il (molto limitato) sistema di manifestazione del giudizio del popolo sovrano sull'indirizzo politico-economico che così tanto incide sui suoi interessi vitali. 
Quello che invece risulta alquanto paradossale, è ritenere che una larghissima maggioranza sulla legge elettorale, da sempre (retoricamente) auspicata nel nome della massima condivisione delle comuni "regole del gioco", spenga l'interesse per le opinioni dei cittadini: per dare un giudizio del genere, occorrerebbe almeno attendere che sia fissata una data per le elezioni, inizi la campagna elettorale e i vari partiti espongano i loro programmi, che servirebbero proprio a suscitare l'interesse dei cittadini al fine di ottenerne il voto. Infatti, i programmi elettorali dovrebbero: a) indicare i problemi e le esigenze dei cittadini ritenute prioritarie e b) offrire soluzioni che, per i cittadini-elettori, risultino condivisibili. 

6. Ma se l'invocazione di Napolitano, così entusiasticamente condivisa dai commentatori dell'Huffington Post (e non solo), si fonda su una "chiarezza di programmi" che coincide con la rigida ortodossia al fiscal compact, che, a sua volta, coinciderebbe con la "governabilità", - e se qualsiasi deviazione da questa fideistica ortodossia viene definita come "opportunismo" dei leaders dei quattro maggiori partiti italiani (rappresentanti, secondo i sondaggi, circa l'85% dell'elettorato)-, sorgono alcuni interrogativi:
a)  se l'indirizzo politico, in tutti i suoi decisivi contenuti economico-fiscali a decisivo impatto sociale, è definito in sede €uropea, una volta per tutte, cosa cambierebbe per il fatto che si voti in una data piuttosto che in un'altra?
b) Più ancora: se la "governabilità" è il bene supremo e consiste nel seguire queste euro-politiche economico-fiscali, e in null'altro, assecondando le preoccupazioni di Confindustria e Bankitalia, perché mai si dovrebbe votare, in qualunque data e a prescindere dalla scadenza naturale di una qualsiasi legislatura (anche se, in aggiunta, in questa legislatura il parlamento è stato incontestabilmente eletto con una legge incostituzionale)?

7. Non si fa prima a dire che gli unici "voti" che contano sono quelli di Confindustria e Bankitalia e a passare direttamente alla formazione di un governo composto coi rappresentanti di queste entità o, comunque da essi designati, senza lo "spreco" di risorse scarse della campagna elettorale e delle elezioni?
In fondo si tratterebbe solo di un adeguamento istituzionale "austero", coerente con il subentrare della "fede" incrollabile nell'europeismo e nella irreversibilità dell'euro, a quanto aveva avvertito De Gasperi nel 1947:
i voti non sono tutto (...). Non sono i nostri milioni di elettori che possono fornire allo Stato i miliardi e la potenza economica necessaria a dominare la situazione. Oltre ai nostri partiti, vi è in Italia un quarto partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga dei capitali, l'aumento dei prezzi e le campagne scandalistiche. L'esperienza mi ha convinto che non si governa oggi l'Italia senza attrarre nella nuova formazione di governo (...) i rappresentanti di questo quarto partito.
Magari, oggi, proprio alla luce delle proiezioni derivanti dalla legge elettorale in via di approvazione, lo si potrebbe opportunamente ridenominare "Quinto Partito". Ma si tratta solo di nominalismi legati alla diversa situazione storico-politica...
Mica vorremo contrariare "i mercati"?

8. POST SCRIPTUM ESPLICATIVO - 
Qualche ragguaglio sul "mito della governabilità" che diviene straordinariamente attuale in questa fase del dibattito nazionale:
"Ora, i ragionamenti contenuti nella Relazione della Commisione di Venezia e ricalcanti simili teorie non sono affatto da assumere come originali, dal momento che gli stessi si pongono in stretta continuità con il dibattito sulla governance” messo in circolazione dal neocapitalismo sovranazionale nel celebre “Rapporto sulla governabilità delle democrazie alla Commissione Trilaterale” del 1975 ove, invero, veniva già allora epigrafato che: 
“… Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene[12].
2.1.4. In particolare sul mito della governabilità...
 E’ a causa di tale format che nei decenni, tramite la ben collaudata tecnica della “doppia verità” veicolata dagli accondiscendenti carrarmati mass-mediatici, si è andato via via rafforzando quel 
… fuorviante connubio tra logiche decisionistiche ed esaltazione della c.d. democrazia immediata, nellambito del quale la retorica del “primato della politica” è sempre di più servita a dissimulare una situazione in cui “la politica in realtà decide poco o nulla di ciò che veramente è rilevante, e se le si chiede un incremento di efficienza, tale efficienza finisce col risultare funzionale alla sollecita realizzazione di obiettivi e disegni di riforma definiti in altre sedi. Limpressione è, in realtà, proprio che ci sia una stretta connessione tra il trasferimento delle decisioni chiave ad istanze non responsabili (nella forma del dominio del mercato, o nella forma attenuata e neutralizzata del dominio della “tecnica) e la trasformazione – rectius la semplificazione, la banalizzazione – della democrazia parlamentare nella sua versione “maggioritaria” e ultracompetitiva”.   
2.1.5. ADDE di Quarantotto: 
Ed infatti, una volta introdotto il concetto, opacamente rappresentativo, della "democrazia immediata", connessa al primato della politica contrabbandata come "libera"...di perseguire SOLO l'efficienza (senza "lacci e lacciuoli", costituzionali "d'altri tempi"), si predica una politica all'occorrenza costretta a decidere, con le buone o anche con le cattive. 
Perché la cosa giusta è decidere-attuare e null'altro: di conseguenza si passa alla critica della democrazia partecipativa e dialogata tra interessi sociali differenziati

Conciliare e graduare tali interessi intorno al valore di vertice del lavoro e della sua dignità, come con ponderatezza aveva imposto la nostra Costituzione, diviene un inutile orpello, un intollerabile rallentamento, di fronte alla sicurezza a priori delle soluzioni, e dell'urgenza di "attuarle". 
In un'orgia mediatica di lamentele instillate nel singolo cittadino, si diffonde la para-logica che non importa CHI faccia, e in nome di quali interessi: l'importante è "fare".
Dilaga così in automatico l'invocazione della "governabilità", senza interessi di riferimento, se non quelli assurti a prioritari nelle "altre sedi", rigorosamente tecnocratiche:

La mitologia della governabilità risponde, infatti, nel complesso allidea di un buongoverno ex parte principis e non ex parte populi, poiché, propugnando un elevato grado di separazione e di auto-legittimazione dellapparato politico-istituzionale, mette in discussione la stessa teoria democratica e il suo posto nello Stato costituzionale. Al primato della Costituzione vengono così contrapposte, secondo necessità e nei termini di un logorante “processo decostituente”, l’onnipotenza della politica ovvero la preminenza della tecnica, in virtù di schemi organizzativi e di dispositivi di funzionamento tesi a veicolare la presunta neutralità e apoliticità delle decisioni tecniche e, specularmente, a dissimulare le valutazioni e le scelte politiche nascoste dietro la facciata della tecnica[13].

27 commenti:

  1. Come per bagnai, non só mai se ringraziarla o maledirla,che greve fardello è la verità.

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  2. Il punto 7 (Se ormai si possa direttamente passare ad un governo con rappresentanti del 'quinto partito', senza passare per l'obsoleta e costosa pratica delle elezioni), suona quasi prfetico. In fondo, altro non sarebbe se non il punto di arrivo del percorso involutivo ed antidemocratico in corso.
    Come lo fu,al tempo, la legge che istituì la Camera dei fasci e delle corporazioni (n. 129 del 1939). Tale legge, peraltro, nel trasformare la camera in organo non elettivo, recipiva contestualmente anche il principio della 'governabilità': così, ad es., nell'articolo 2 (Il Senato e la Camera collaborano col governo nella formazione delle leggi), e nell'articolo 10 (per l'esercizio della ordinaria funzione legislativa le due Assemblee sono convocate dal Duce del fascismo, capo del Governo). Cambia, forse, la premessa ideologica. Ma a livello di metodo, è un film già visto (e dimenticato).

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  3. Napolitano è sfigurato dall'infamia dei reprobi autentici - sono i due volte reprobi, lui fascista da giovine (con la i) stalinista nel '56 ed élite-€uro-atlantista (muta di pelle in pochi mesi) nel '78. Tre costumi (cosa altro se ne può dire, se non che di cellule morte, sebo e deodorante rappreso si tratta?) per i quali io stesso provo vergogna in loro vece - ed è pure impudente, il soggetto.

    Bisogna tornare a Plutarco, anzi meglio a Svetonio (lo so, Presidente, lo so che stecco di brutto, qua dentro: è solo una boutade rabbiosa). La storia risolta in successione di biografie, ognuna col proprio grado di esizio, su varia scala di stature, dallo sterco su su (che tanto al vertice il più pulito ha la rogna).

    Sono questi i nostri senes (che sputtanamento per l'Aula!), i PadriDellaPatria che non è la mia.

    Scusi Presidente, contributo zero, ma non mi si tocchi l'odio...
    E poi, vivaddio, i nemici STRUTTURALMENTE tali non sono burattini esenti da colpa infamante.

    E che spettacolo inestetico!

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  4. D'accordo su tutto. Aggiungo, di mio, che la retorica antidemocratica così virulenta ultimamente, è una conseguenza del fallimento dell'Electoral Warfare. Gli USA hanno sviluppato sin dall'Ottocento una serie di sofisticatissime tecnologie di intervento e manipolazione degli altrui sistemi elettorali. Et pour cause, direbbero i raffinati, visto che gli USA erano il solo paese, nel XIX secolo, in cui il potere si assegnasse davvero nelle urne, e quindi la manipolazione elettorale è sempre stata molto praticata. Forti di questa esperienza casalinga, hanno manipolato elezioni altrui con crescente successo, sino al trionfo del 2004, con la sconfitta di Janukovic in Ucraina. Ma proprio quel trionfo era stato il canto del cigno dell'Electoral Warfare, con la sua clamorosa sconfitta in Nicaragua nel 2006 (ritorno al potere dei sandinisti). Da allora, l'Electoral Warfare è passato di fiasco in fiasco: non ha impedito la brexit e non ha impedito il NO del 4 dicembre, anche se è riuscito comunque a far vincere Macron.
    Eurocrati e hillaryani, quindi, sono ormai scettici sulle proprie capacità di alterare gli esiti elettorali in giro per il mondo e in primo luogo a casa propria, e quindi si cautelano svuotando il più possibile le elezioni di significato (processo comunque già in corso), ma soprattutto mettendo in discussione le elezioni stesse ogniqualvolta rischino di finire in modo sgradito. Ben presto, ne sono convinto, simili posizioni verranno espresse apertamente, ed esaltate come sagge dai media. Un'anticipazione se n'è avuta, in Italia, al momento dell'uscita dell'infame libro di Van Reybrouck "Contro le elezioni" (2015): andatevi a vedere, per citarne una, la recensione entusiastica che ne fece La Stampa...

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    1. Sì, come cerchiamo di avvertire da un po' di anni in questa sede, il movimento (certamente non "di base" ma di "elite") per la disattivazione delle consultazioni elettorali sarà sempre più sostenuto mediaticamente.

      E la cosa beffarda, sarà che, come per il riscaldamento globale, la sostituzione delle elezioni con più agevolmente manipolabili SONDAGGI (svolti da operatori privati scelti sul libero mercato...oligopolistico), ci sarà offerta come UNA SCELTA OTTIMALE SU INCONTESTABILI BASI SCIENTIFICHE.
      Naturalmente attestate da sondaggi e statistiche...svolte da ESSI

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    2. già... credo che il punto di caduta finale sia la sostituzione dello spread alle elezioni. Se scende bene, se sale male. Come se lo spread fosse la voce di dio. E in un certo senso è proprio così

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    3. Mah, sono d'accordo sulla manipolazione sistematica delle elezioni. Rimane pero' un dubbio che ho da tempo: quanto conti l'influenza della simpatia o antipatia a volte totalmente idiosincratica che l'elettorato prova per le persone o persino per le formazioni politiche. O il rifiuto del ceto politico che in certi casi l'elettorato esprime, senza pero' saper andare oltre e tirare le somme di questo sentimento. Brexit e referendum costituzionale, ma soprattutto la Brexit, dove hanno votato leave i collegi laburisti, paiono l'espressione di questo rigetto, forse corroborato da un sentimento di difesa dell'identità nazionale o più semplicemente di valori ancora percepiti come validi e non smantellati dalla propaganda.

      Pero' le elezioni si giocano appunto sulle persone e i messaggi come gli interessi divengono molto più obliqui e vari: e abbiamo i risultati austriaco, francese (con il suicidio dell'avversario in diretta e in differita), gli scalpitamenti di chi da noi vorrebbe abbandonare il discorso economico perché "è difficile e laggente non capisce e poi dopotutto non importa che capisca" mentre quello identitario rende meglio nelle urne (o forse semplicemente costituisce da sempre il vero e solo interesse che stia a cuore a certa gente che non vedeva l'ora di trovare un palcoscenico e un megafono) ecc.

      May ci ha messo tanto del suo, attaccando per esempio brutalmente il servizio sanitario nazionale o meglio quel che ne era rimasto, che non penso fosse la spinta principale di chi ha votato Brexit, ma il risultato inglese indica più o meno la stessa cosa: non potevano sentirsi rappresentati da un conservatore tutti quanti gli stessi ceti che si ricongiungevano nella Brexit.

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  5. È già luogo comune: "le elezioni non servono..."
    Che tristezza. E che rabbia.

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  6. "La mitologia della governabilità risponde, infatti, nel complesso all’idea di un buongoverno ex parte principis e non ex parte populi."

    Buongoverno non credo.....

    Chi parla di assicurare la governabilita' e' intrinsecamente un amante dell'oligarchia basata sul censo e quindi, 'ipso facto', un nemico della vera democrazia (cioe' di quella forma di governo assembleare in cui il peso dei cittadini nullatenenti risulta largamente preponderante rispetto a quello dei cittadini di censo elevato).

    Assicurare la governabilita', nelle 'democrazie realizzate' del XX secolo, e' sempre consistito nel rendere "piu' pesanti" i voti dei possidenti (elite organizzate) rispetto ai nullatenenti (cioe' di sterilizzare gli effetti potenziali del suffragio universale - che in Italia arrivo' a sorpresa solo dopo la II GM - cioe' il principio di una testa un voto).

    Democrazia e' anche un termine che per tutta l'antichita' classica e' stato usato praticamente solo in termini dispregiativi (vedi lezioni magistrali del Prof. Canfora su youtube).

    Il liberalismo e' tutto incentrato sull'idea che solo le persone di censo elevato hanno diritto a governare, sia perche' gli unici 'capaci' e soprattutto perche' portatori di interessi privati, e quindi gli unici veramente consci del desiderio di essere 'liberi' (ergo liberoscambisti).

    L'idea di "meno stato" discende proprio dalla sfiducia a priori del liberalismo nella democrazia assembleare, perche' se per qualche accidente i nullatenenti avessero un qualche peso nel governo allora le decisioni non potrebbero - secondo costoro - che essere pessime.

    Non credo pero' che si arrivera' mai nei regimi parlamentari odierni ad abolire le elezioni a suffragio universale, perche' fingere le forme della democrazia, mantenendo il controllo delle elite organizzate di alto censo, e' la 'conditio sine qua non' per fingere anche le forme del libero mercato (la seconda parte dello slogan meno stato.... piu' mercato).

    'Meno stato, piu' mercato' = 'oligarchia e monopoli'

    Oligarchia e monopoli pero' non potranno mai assicurare la prosperita' (cioe' il buon governo).

    Qualunque oligarchia (anche di filosofi illuminati alla Platone e/o di 'unti del Signore') sara' sempre inevitabilmente portata a trascurare i tre pilastri classici della prosperita' di A. Smith (pace, tassazione equa e sistema giudiziario soddisfacente).

    La 'pace' per esempio non potra' mai esistere se non viene corettamente mediato il conflitto distributivo (comprimere la quota salari per 40 anni non e' certamente una cosa intelligente).

    La tassazione elevata sul lavoro, necessaria per sussidiare l'esercito di riserva dei lavoratori tenuti artificialmente disoccupati per tenere basse le paghe, non sara' mai equa.

    La prevalenza interna dei trattati esterni in associazione al tramonto di tutte le magistrature dello Stato (dalla corte costituzionale in giu') e' la conseguenza logica del trionfo contingente delle oligarchie del 'meno stato piu' mercato'.

    Ma siccome il loro trionfo coincide sempre con la perdita generalizzata della prosperita' (quindi guerra)..... direi che 'buon governo ex parte principis' e' un ossimoro.

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    1. Il « buon governo ex parte pricipis » è effettivamente il liberalismo come interpretazione oligarchico-borghese delle forme "rebubblicane" e "democratiche" antiche che furono riscoperte in epoca illuminista.

      Non credo sia un caso la denominazione dei maggiori partiti statunitensi sia tale, data la concezione strettamente oligarchica, plutocratica e plutonomica con cui gli Stati Uniti nascono, si sviluppano e si impongono come role model per la mondializzazione. Ossia per la creazione di una tirannia "illuminata" (da Sorat) su tutto il globo. (A cui è funzionale il terrorismo ecologico di cui si parlava lo scorso post).

      Il liberalismo che si sovrastruttura su liberismo (sempre) e liberoscambismo - solo in fase colonialista ed imperialista di un mercato concentrato e tecnologicamente all'avanguardia, altrimenti si subisce, come Hamilton "ricordava ad Adam Smith", prima di List - è politicamente connesso al federalismo, per le ben note ragioni espresse da Madison a Jefferson, nella nota missiva in cui spiega il senso del Federalist numero 10:

      « If the same sect form a majority and have the power, other sects will be sure to be depressed. Divide et impera, the reprobated axiom of tyranny, is *under certain qualifications*, the only policy, by which a republic can be administered on ***just principles***. »

      Perché sottolineo anche che Madison ci tiene a specificare che l'aizzare conflitti sezionali (non di classe) - ossia "divide et impera" - è una sana politica "liberal" solo « in determinate condizioni »?

      Perché il ciclo che le élite vorrebbero chiudere e che potremmo - almeno nella sua forma moderna - trovar genesi nelle rivoluzioni gattopardiane borghese-liberali, consiste nell'adeguamento rigidamente castale della società umana tramite la globalizzazione mondializzante: la risposta al capitalismo che non è altro che prodotto della Tecnica.

      Assistiamo ad una controrivoluzione che vuole chiudere quel ciclo più ampio che si apre con l'Umanesimo, con quel tentativo di scrollarsi di dosso l'oppressione monoteista, in qualunque forma essa si presenti.

      Il risultato di questa "controrivoluzione" deve essere totalitaristicamente antiumana: Hegel è fondamentale per capire questo frangente storico.

      Cosificazione e tecnocrazia sono la stessa cosa: non credo sia banalmente intuitivo semplicemente perché non si capisce che Tecnica e Potere sono una medesima realtà ontologica. E, come dice Marx rispetto alla "Struttura" (sociale), sottolineandone l'impersonalità, anche Schmitt individua il Potere come altro dai "potenti". Schmitt constata che il "potente" è lui stesso soggetto (quindi "asservito") al Potere.


      "Casaleggio" (e tutta la tradizione a cui fa riferimento) ha anch'esso ragione a vedere un Uomo reso schiavo da questo "oltreuomo tecnologico" che è Internet: le visioni su questo punto sono tendenzialmente convergenti.


      La Tecnica ha sottratto autocoscienza in quanto è essa stessa ad acquisire coscienza.

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    2. Questa può essere una significazione ad un metalivello più alto della dialettica tra quelle che sociopoliticamente sono forze produttive e rapporti di produzione.

      Qual è quindi il punto di contatto tra mondializzazione liberale, federalismo irenico-liberoscambista e tirannia?

      Lo dice Madison sempre a Jefferson:

      « It must be observed however that this doctrine can only hold within a sphere of a mean extent. As in too small a sphere oppressive combinations may be too easily formed agst. the weaker party; so in too extensive a one, a defensive concert may be rendered too difficult against the oppression of those entrusted with the administration. »

      I Padri Fondatori americani, federalisti, concordavano con gli antifederalisti almeno sul punto che uno Stato troppo grosso porta alla tirannia.

      Ossia i liberali sanno che la mondializzazione porta imperituramente ad una tirannia schiavizzante dell'umanità.

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    3. Chiarissimo (per me) e condivisibile: presumo purtroppo che, per una comprensione più estesa e divulgativa, questo svolgimento esiga una certa esemplificazione storico-empirica di supporto "attualizzatore" (non dico dei disegnini, ma quasi...).

      E' evidente che la "Tecnica", come da te giustamente individuata, è fonte a sua volta di un continuo proporre&disporre di nuove/rinnovate forme conflitti sezionali (tutte però aventi la stessa funzione legittimante dell'oligarchia): e, dunque, la Tecnica diviene una costante "creativa" di una nuova moralità che, a livello comunicativo, diviene un "buon senso" difficilmente scalfibile anche in persone di una certa cultura.

      Ancor più, la Tecnica, nasconde (abilmente) l'essenza dell'evoluzione della struttura in termini "competitivi" e ciò da L'ILLUSIONE, facilmente sfruttabile mediaticamente, che anche i potenti vi siano soggetti.

      Se infatti assumiamo la dinamica di potere del capitalismo nel suo svolgersi nel tempo (coattivamente portata alla innovazione e alla logica della foresta selezionata nei fittest), abbiamo in realtà un unitario fenomeno di concentrazione (appunto mondialista) del novero dei potenti.

      Quelli che "cadono" in questo processo, sono solo transitoriamente tali (è la metafora dei Buddenbrok): fasi preparatorie e strumentali si dipanano nella Storia come un apparente affinamento del sistema che, invece, contiene già in sè una metodologia di selezione concentrativa (es; le oligarchie USA che sopravvivono e formano un nucleo costante di "direzione" del processo, risultano fin dall'inizio orientate alla finanziarizzazione: Ford è un episodio, ma Rockfeller o Morgan sono i pilastri del...Tempo).

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    4. Al di là dell'intento di dare una serie di stimoli intellettuali (volti all'autocoscienza...), Arturo mi faceva recentemente notare che, la condivisione dei presupposti di questa analisi, e la relativa escatologia emancipatoria, è sempre stata fornita da Marx, sia parlando, appunto, di alienazione proprio nei termini sopra espressi, sia - citando il Luporini di Dialettica e materialismo - a proposito del mercato e delle sue “forme” (nel senso hegeliano in cui Marx impiegava il termine):

      « Naturalmente attraverso gli uomini, nella fattispecie "possessori di merci": ma essi, dice Marx, «hanno agito ancor prima di
      aver pensato». Né potevano esser altro se non i tramiti inconsci
      (meramente pratici) del realizzarsi di quell'effetto.»

      «Questo modo è la prassi sociale, in una figura definita di essa
      la quale importa un agire inconscio e istintuale degli uomini: non
      una prassi sociale fondata su un rapporto fra 'persone', ma un
      rapporto fra 'persone' (riconoscentisi reciprocamente: i « possessori
      di merci ») fondato da tale prassi e dalle soluzioni strutturali
      (o formali: nella fattispecie, la « forma di denaro ») affermantisi
      in essa.
      »

      La nazionalizzazione e la collettivizzaione dei mezzi di produzione ad alto contenuto tecnologico è inevitabile per la democrazia e la conseguente emancipazione umana.

      Se abbiamo poi capito che il keynesismo è marxismo per furbi (ed intellettualmente onesti) inquadriamo con forza l'importanza centrale della Costituzione Italiana.

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    5. Che spettacolo questi post grazie veramente. Persino gli eletti sono solo veicoli e la tecnica, cioè la volontà di potenza, ci spinge verso una Matrix mondiale. Ora, fateme sognà, non è possibile che ci sia anche una volontà di autocoscienza? E che la tecnica non possa impedirla?

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    6. Non mi aspettavo che ci fosse chi raccogliesse lo stimolo "vero" delle riflessioni...

      Il punto è Hegel: sappiamo che per motivi "metafisici" (spirituali... dialettici... mi rimetto a filosofi e sciamani) la dialettica servo-signore è fondamentale per comprendere lo Spirito dell'Uomo.

      Il Padrone diventa Servo del Servo; nel lavoro l'uomo si aliena a causa della Tecnica.

      La Tecnica è a servizio dell'Uomo. L'Uomo diventa servo della Tecnica (che era al suo servizio: si pensi all'Economia)

      La "volontà di potenza" è gravida dall'antitetica "volontà di autocoscienza"? la sintesi potrà essere qualcosa che non sia la Matrix con l'Uomo ridotto a "batteria energetica"?

      È possibile che torni ad essere la Coscienza a creare la Struttura e non la Struttura a creare la Coscienza?

      Se leggiamo l'introduzione a questo blog, ci accorgiamo che è proprio l'intenzione del lavoro che viene svolto in questi spazi da anni.

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  7. Napolitano ed Einaudi, amore a prima vista. Entrambi icone della democrazia idraulica , ovvero per un voto “a esito e conseguenze predeterminati”.

    “Mistica” della governabilità=democrazia idraulica. I metodi conservatori e reazionari (fascisti) sono sostanzialmente gli stessi, allora come nell’€uropa di oggi. Ricordiamoli:

    …. E’ a questo luglio 1946 (quando al disagio per il Premio della Repubblica gli industriali associano l’angoscia per le violenze riscontrate in molti episodi di contestazione operaia) che si può datare probabilmente la nascita del famoso “quarto partito” imprenditoriale.

    Infatti, i verbali della Giunta esecutiva di Confindustria di quei giorni restituiscono un clima di profonda animosità nei confronti della classe dirigente del paese, una difficoltà di rapporti diretti col Presidente del Consiglio e coi rapresentanti economici del partito di maggioranza relativa, e una sfiducia nella politica, che si traduce nella determinazione ad agire “da soli”, a “farsi partito” con una propria autonomia di propaganda, lobbyng e gestione dei finanziamenti politici.

    Nella seduta del 9 luglio Angelo Costa non nasconde il suo dissenso con De Gasperi e sottolinea la tentazione di rottura presente nello stato d’animo di gran parte degli imprenditori: “Fino ad ora le conversazioni con l’on. De Gasperi sono state improntate all’opportunità o meno dell’aumento e sulla sua eventuale misura. Di fronte a questo fatto nuovo, non so più come si possa collaborare”.

    A latere di questa dichiarazione preliminare del Presidente di Confindustria, si sviluppa nella Giunta Esecutiva degli industriali un dibattito molto acceso sulle modalità di pressione politica dell’organizzazione padronale e di finanziamento dei canali privilegiati:

    “Siamo estraniati completamente – dice l’imprenditore edile Gualdi – da quelle che erano le nostre forze, e pur essendo in periodo parlamentare, al parlamento non abbiamo alcuna nostra rappresentanza…Ricordiamo che durante le elezioni la nostra azione è stata la più infelice che si potesse immaginare. Siamo partiti tardi, senza alcuna intesa, abbiamo elargito somme anche cospicue senza che ci sia un partito che debba dimostrarci riconoscenza, senza che ci siano uomini che considerino questo nostro apporto come l’elemento determinante della loro elezione. Un risultato più ignobile ed inutile non può pensarsi”.

    Nella seduta del giorno successivo Alighiero De Micheli, futuro Presidente di Confindustria nel quinquennio ’57-’62, chiede molto polemicamente: “Quale sarà il partito e quali saranno i partiti che ci difenderanno? ... E’ opportuno che la Presidenza inviti le aziende associate a versare un contributo per le spese di stampa e propaganda, senz’altra specifica. Senza questa base concreta, e cioè se gli industriali non sono disposti nemmeno a questo piccolo contributo mentre poi devono tirar fuori i denari per San Togliatti…è meglio chiuder bottega. I DENARI, DACCHÉ I FENICI HANNO INVENTATO QUESTA MERCE, È L’UNICO MEZZO CON CUI SI RIESCA A FARE QUALCOSA”.

    Fra gli industriali c’è chi propone la creazione di un “partito industriale-agrario” espressione diretta in politica delle istanze del liberismo conservatore (in nota: la proposta era di De Ponti, presidente dell’unione industriale di Bergamo). Tale proposta non piace a Costa che definisce “maschere di vetro” gli organismi politici apertamente collaterali a Confindustria. S’insinua fra le righe del dibattito confindustriale quella seduzione di un “fare politica indiretto e latente” che, secondo una celebre interpretazione di Paolo Farneti, caratterizza storicamente “l’alienazione dalla politica” della borghesia italiana
    (segue)

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  8. Nella seduta della Giunta Esecutiva i verbali registrano spesso delle interruzioni perché il Presidente Costa in più occasioni si apparta per chiedere telefonicamente ai membri del Governo notizie dettagliate sul Premio della Repubblica. Vengono contattati in ordine Corbino, De Gasperi e Campilli. A proposito della telefonata con De Gasperi Costa riferisce, davanti ad un uditorio piuttosto freddo e contrariato, che il premier ha ricusato la richiesta di udienza degli industriali ed ha altresì comunicato che la decisione della revisione dei salari è irrevocabile (in nota: Verbale della riunione della Giunta Esecutiva del 10 luglio 1946: “Ho parlato in questo momento col Capo del Governo. Mi ha detto che è dispiacente di non poterci ricevere immediatamente perché è impegnato nella formazione del Governo. Ha spiegato che la questione del premio gli è stata presentata come se potesse essere accettata dagli industriali e che ha trovato l’accordo con il ministro Corbino. Si tratta di una soluzione fra richieste di diverse entità, e purtroppo non si può tornare indietro”).

    Chiusa la parentesi dei contatti telefonici col governo, la riunione riprende poi sul tema della creazione del partito “antipartito” imprenditoriale, cioè dell’organizzazione dell’attività di lobbyng in funzione di una rappresentanza degli industriali il più possibile autonoma dai partiti esistenti. Alla fine l’idea che prevale, perché ritenuta la meno dispendiosa, è in primo luogo quella di lasciare alle associazioni territoriali aderenti alla Confederazione il compito di amministrare le sovvenzioni alle campagne elettorali e in secondo luogo – e su questo punto batte l’insistenza della Giunta Esecutiva – di stringere un giro di vite intorno all’informazione mediante:
    a) interessamento diretto sulla proprietà della testata;
    b) interessamento indiretto sulla proprietà della testata tramite gruppi amici e coordinati in una comune azione;
    c) parziale copertura di disavanzi di gestione o comunque sovvenzioni a fondo perduto, con la promessa, quale contropartita, di determinati atteggiamenti (in nota: Archivio storico Confindustria, Considerazioni su di una possibile azione di coordinamento nel campo della stampa, Allegato 2, Stampa e propaganda, 1 luglio 1946).

    Il “quarto partito” era nato. Restava solo da rodare la macchina. E le elezioni amministrative del novembre 1946 erano solo la prima occasione…
    ” [M. LUCIA SERGIO, De Gasperi e la questione socialista – L’anticomunismo democratico e l’alternativa riformista, Rubettino, 2004, 79-81].

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  9. Il seguito e le conseguenze attualizzate ce li spiega Lelio Basso:

    … Le elezioni amministrative dell’autunno 1946, che segnarono per la democrazia cristiana una netta perdita di posizioni, agirono da campanello d’allarme; le pressioni americane e vaticane esercitate in quel periodo trovarono un terreno favorevole. In dicembre la rottura del tripartito e il nuovo orientamento a destra della democrazia cristiana eran già decisi e poco appresso attuati; correlativamente l’Uomo Qualunque veniva dagli industriali abbandonato al suo destino, e la destra democristiana, diventata la vera ispiratrice della politica del partito e del governo, spariva o quasi come frazione costituita. De Gasperi annunciava ufficialmente il suo connubio col “quarto partito”, cioè COL PARTITO DEGLI INDUSTRIALI E DEGLI AGRARI…

    Trovato il partito adatto alla nuova esperienza totalitaria, è necessario porre in essere gli strumenti perché questa visione totalitaria domini veramente tutta la vita dello stato. Questa azione si articola in due momenti distinti ma strettamente uniti: creare un mito totalitario e farne il substrato dell’unità nazionale, dichiarando antinazionali e stranieri tutti coloro che rifiutano di accettare questo mito e che non sono d’accordo con la politica ufficiale, in modo da isolare le forze progressive; in secondo luogo lottare contro queste ultime per indebolirle progressivamente ed escluderle dalla partecipazione reale alla vita del paese.

    La tecnica del mito è ormai conosciuta: tuttavia il suo contenuto varia a seconda delle circostanze. Il mito della razza pura e del dominio mondiale sugli altri popoli (hitlerismo), il mito dei destini imperiali di Roma (fascismo) furono caratterizzati da un contenuto attivo, cioè di aggressione; MA IN UN PAESE LA CUI POLITICA UFFICIALE È QUELLA DELL’ASSERVIMENTO ALLO STRANIERO, COME L’ITALIA DI OGGI, sarebbe difficile poggiare su un mito di conquista imperiale; alla fase attuale appaiono quindi più confacenti dei miti negativi di difesa contro un immaginario pericolo e perciò di solidarietà di tutti i popoli (cosmopolitismo) , i quali miti presentano anche il vantaggio di offrire alle masse un capro espiatorio, indicato dalla classe dominante come responsabile di tutti i mali di cui le masse soffrono in realtà per le contraddizioni della società, cioè proprio per l’oppressione della classe dominante stessa: ... l’antisemitismo, la difesa della civiltà occidentale … appartengono a questo genere di miti a contenuto negativo. Il mito di conquista è riservato invece al popolo eletto, agli americani (mito del “secolo americano”, del “modo di vita americano”). Parallelamente chiunque non accetti di porsi sul terreno di queste false solidarietà nazionali, chiunque tenga fede a sé stesso, viene dichiarato nemico della comunità nazionale, posto al bando della società (“antinazionale” dei fascisti, “separatista” dei gollisti, unamerican della odierna propaganda ufficiale americana, “quinta colonna” secondo l’espressione di De Gasperi) …

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  10. L’ATTIVITÀ PARLAMENTARE È RIDOTTA A UNA MERA LUSTRA, in quanto non è più la maggioranza parlamentare che esprime il governo e gli traccia l’indirizzo politico, ma è il governo, o, meglio ancora, il ristretto gruppo dirigente del partito di governo, che si crea la sua maggioranza attraverso i metodi elettorali ben conosciuti e le prescrive la condotta sotto vincolo di disciplina. … gli elementi democratici vengono per quanto è possibile allontanati o messi in disparte. il gruppo dominante si riduce così a pochi esponenti politici, AI MAGNATI DEL CAPITALE FINANZIARIO, ad alcuni alti papaveri della burocrazia, e, naturalmente, ai rappresentanti dell’America e del Vaticano.

    NON VI È DUNQUE NULLA DI MUTATO NELLA SOSTANZA. Ancora una volta l’Italia si trova di fronte ai suoi problemi insoluti: … una classe dirigente incapace di iniziativa e decisa a vivere sempre più parassitariamente a carico della collettività, la crisi dei ceti medi più che mai pauperizzati e frantumati e anelanti soprattutto a un regime di stabilità e sicurezza, milioni di disoccupati e di sotto-occupati… E ancora una volta la classe dominante tende a ripercorrere la stessa falsa strada del passato, che consiste nell’evitare la soluzione facendo tacere i contrasti e così ignorando o addomesticando i problemi. Siamo convinti che la classe dominante in Italia non può più governare democraticamente il nostro paese, e che essa ha un’incoercibile tendenza a ristabilire in pieno il dominio totalitario, mutando naturalmente le forme e i nomi, e in parte anche i metodi, del suo governo, ed adattandoli al clima di questo secondo dopoguerra
    ” [L. BASSO, Due totalitarismi: fascismo e Democrazia Cristiana, Milano, 1951, 280-291].

    Pare proprio che ci toccherà cestinare il certificato elettorale…

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    1. Rimane l'ipotesi che la formula, se vogliano geniale, del "partito-antipartito", - divenuta un successone in questi tempi €uro-cosmopoliti-, conduca al sondaggismo istituzionalizzato.

      Scusate se insisto: ma dovendosi eliminare, senza darlo a vedere, il suffragio universale, il miglior surrogato-fantoccio sono i privati espertologi che dichiarano "scientificamente" le "preferenze" accuratamente PREORIENTATE delle masse e, quindi, ce le propinano come DEMOCRAZIA DIRETTA

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    2. Il programma grillino per le europee del 2014, non votato ma frutto di "una libera estrapolazione del pensiero degli attivisti del M5S", come testualmente dichiarò Francesco D’Uva, portavoce del M5S presso la Camera dei Deputati, non potrebbe rappresentare un passo nella direzione "giusta"?

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  11. Fa bene ad insistere, Presidente: in effetti, il carotaggio delle masse con il cervello in poltiglia costituirà la nuova democrazia interattiva e tecno-pop: a cavallo tra uno spot pubblicitario e l'altro, si pigia un bottone sul telecomando e si materializza ... la povertà.

    Tutti completamente idraulizzati e contenti. Magari assoceranno all'evento anche un concorso a premi

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  12. OT "Frattalico".

    Sicuramente è difficile interpretare questi fatti "a caldo", ma l'affossamento della legge elettorale nell'Aula della Camera, unito all'apertura di Moscovici alle richieste di Padoan, nonché alle rinnovate disponibilità di Draghi sul QE cominciano a concretizzare un rinvio a febbraio del voto.
    Gentiloni e questo parlamento potrebbero fare allora la loro manovra in tranquillità, senza assumersi la responsabilità di un'ulteriore depressione del tessuto economico del Paese grazie all'apertura di Moscovici alla richiesta di Padoan. L'€uropa stessa, allo stesso tempo, rinvierebbe la potenziale esplosione di una 'questione italiana' (25 luglio?), che potrebbe (come allora), metterne a repentaglio la tenuta.

    Sicuramente si tratta di uno scenario molto fluido dove è difficile fare previsioni: tuttavia, la mia impressione è che la coscienza di avvicinarsi al 'redde rationem' potrebbe star cominciando a maturare.....

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    1. Bisogna tener conto che vari fattori, non necessariamente depongono nel senso che ipotizzi:
      a) GIRA VOCE DI DECRETO LEGGE "PER ARMONIZZARE" IL CONSULTELLUM E POI AL VOTO (ma quel dei due "Consultella", il 1° -soglia all'8% per i non coalizzati- o il 2°, con soglia unica al 3% e premio al 40%)? Mi sa che faranno una "crasi": soglia unica al 3% e comunque premio al 40%...ma non è detto;

      b) Moscovici ha comunque preso tempo (e poi "andare incontro" non significa accettare consolidamento solo al 3%). Comunque per fare affermazioni ufficiali ha almeno tempo fino alla nota di aggiornamento del Def di settembre. In ogni modo, non dimentichiamo l'appuntamento dell'8 luglio e la "prova di fedeltà" anti-Trump che la Merkel si attende dall'Italia.

      Se la conseguenza del fallimento attuale della legge elettorale (e communque è da vedere il sondaggio "reale" costituito dalle amministrative di domenica), porterà comunque a insistere ancor più sul voto anticipato, ne vedremo delle belle...

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    2. @48: ma già solo con un "premio al 40%" senza pensare alla soglia, avrebbe ancora senso parlare di suffragio "universale"?

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