I francesi lo hanno votato. Di cosa si lamentano? pic.twitter.com/1fnOLSl9Pi— MinisteroDellaVerità (@MinVeritas) 20 luglio 2017
1. Macron svela il suo vero volto, naturalmente applaudito da Le Monde: un vero volto che, per la verità, non aveva mai celato. Esattamente come avevamo anticipato analizzando il suo programma elettorale, politico-economico, strettamente ossequioso delle raccomandazioni derivanti dall'outlook della Commissione UE.
La schermatura alla comprensione di Macron, certamente diffusa in Italia, ma ovviamente anche in Francia, derivava soltanto dalle rispettive grancasse mediatiche, tutte impegnate a rivendicare antifascismo e antixenofobia per portare acqua al mulino "progressista e L€uropeista garantito" del giovine allievo di Attali (qui, p.3); e questo, dunque, con i francesi che non hanno potuto votare comprendendo la portata del suo effettivo programma economico-sociale.
2. Così, in un crescendo orwelliano, i media hanno potuto fare di Macron un campione di democrazia innovativa (ma se si è Leuropeisti, solo i media possono vendere la bufala che ci sia qualcosa di "nuovo" nella "scienza economica dell'800"; qui pp.3-4).
Si è abilmente agito (ma neanche troppo, date le risibili difese "immunitarie" rimaste a presidio del senso della democrazia sostanziale), svincolando il fascismo da qualsiasi connotato anti-lavoristico (e perciò solo autoritario, cioè inevitabilmente proprio della "destra economica"), e glissando sulla xenofobia rispetto alla concreta pratica della "accoglienza no-limits"; che infatti Macron si è affrettato a lasciare in carico all'Italia, contraddicendo immediatamente l'equazione "molto L€uropeista che vuole il rilancio della pace e della crescita contro ogni populismo"= solidarietà L€uropea e sforzo comune per accogliere i migranti". E in qualità di L€uropeista "del rilancio", contro-ogni-populismo e bla bla bla, Macron, poi, non si (ci) fa mancare nulla...
Si è abilmente agito (ma neanche troppo, date le risibili difese "immunitarie" rimaste a presidio del senso della democrazia sostanziale), svincolando il fascismo da qualsiasi connotato anti-lavoristico (e perciò solo autoritario, cioè inevitabilmente proprio della "destra economica"), e glissando sulla xenofobia rispetto alla concreta pratica della "accoglienza no-limits"; che infatti Macron si è affrettato a lasciare in carico all'Italia, contraddicendo immediatamente l'equazione "molto L€uropeista che vuole il rilancio della pace e della crescita contro ogni populismo"= solidarietà L€uropea e sforzo comune per accogliere i migranti". E in qualità di L€uropeista "del rilancio", contro-ogni-populismo e bla bla bla, Macron, poi, non si (ci) fa mancare nulla...
DOPO QUELLO SUI MIGRANTI, MACRON PROGETTA UN ALTRO SCHIAFFONE A GENTILONI – SI VUOLE RIPRENDERE I CANTIERI STX. PARIGI PUNTA A RIDURRE AL 50% LA QUOTA DI FINCANTIERI E DEI SOCI ITALIANI. ATTESA NELLE PROSSIME ORE UNA TELEFONATA FRA L’ELISEO E PALAZZO CHIGI
3. Ora, il "rilanciatore del vero spirito €uropeo", come ci illustra con dovizia Le Monde, se ne esce trionfalmente con la "consolidata" teoria che "i conti pubblici non vanno bene"; quando invece, come stra-sanno pure i sassi dotati di comprendonio, si tratta di conti con l'estero che vanno maluccio e di crescita salariale superiore a quella della produttività reale (qui, pp. 4 e 7).
Quindi, la Francia deve arrivare subito al 3% di deficit per il 2017 "in accordo con gli impegni presi con i partner €uropei"; quando invece si tratta del diktat tedesco che, esecutrice la Commissione, vuole mantenere in vita l'euro.
Specie ora che il dollaro minaccia di indebolirsi e di riaccendere le tensioni commerciali interne all'eurozona. Tensioni che, per la verità, il citato report della Commissione dedicato alla Francia (e "base" del programma elettorale di Macron), segnalava come dovute al contenimento del costo del lavoro "in particolare in Germania" (qui, p.6, in un passaggio di umorismo involontario, profetico sul "nerbo" di grandeur che Macron sarebbe stato capace di produrre in concreto nei confronti di tale specifico "partner". Che non è, appunto, l'Italia.).
Quindi, la Francia deve arrivare subito al 3% di deficit per il 2017 "in accordo con gli impegni presi con i partner €uropei"; quando invece si tratta del diktat tedesco che, esecutrice la Commissione, vuole mantenere in vita l'euro.
Specie ora che il dollaro minaccia di indebolirsi e di riaccendere le tensioni commerciali interne all'eurozona. Tensioni che, per la verità, il citato report della Commissione dedicato alla Francia (e "base" del programma elettorale di Macron), segnalava come dovute al contenimento del costo del lavoro "in particolare in Germania" (qui, p.6, in un passaggio di umorismo involontario, profetico sul "nerbo" di grandeur che Macron sarebbe stato capace di produrre in concreto nei confronti di tale specifico "partner". Che non è, appunto, l'Italia.).
4. Ma, al contempo, Macron resuscita la teoria che i tagli fiscali, "per provocare uno stimolo fiscale in favore degli investimenti, dell'occupazione e della crescita", vadano però finanziati con "economie", cioè con equivalenti tagli alla spesa pubblica.
Per l'anno in corso, quindi, intanto si operano "risparmi" di 4,5 miliardi di euro.
Per l'anno in corso, quindi, intanto si operano "risparmi" di 4,5 miliardi di euro.
E, cosa che sfugge del tutto "casualmente" a Le Monde, a fronte di ulteriori tagli della spesa pubblica relativi al 2018 per 20 miliardi di euro.
Capiamoci: per quest'anno, 2017, gli impegni coi partners (germanici) parrebbero consistere nella riduzione della spesa pubblica per 4,5 miliardi, e il deficit dovrebbe perciò essere corretto nel suo effettivo scostamento (!), cioè persino dal previsto trend iniziale di 3,2% del PIL; un trend, peraltro, già di per sè violativo (come da prassi invalsa da svariati anni) dei suddetti "impegni", nella mitica burletta o vaudeville del fiscal compact.
Ma, se si presta attenzione a quanto riporta Le Monde, per il 2017 non si parla di sgravi fiscali (e contributivi per le imprese, cioè supply side) e quindi "lo stimolo deve attendere" (intanto lo si annuncia per indorare la pillola dei tagli attuali; sempre che in Francia riesca quello che è prassi comune in Italia).
5. Insomma, l'attuale deficit francese, rebus sic stantibus, si attesterebbe allo stesso livello dello scorso anno. Cosa che, in un anno di elezioni, non può sorprendere nessuno: il "bello" viene dopo, non appena le elezioni sono state vinte da un €urofilo sostenitore della pace e dell'austerità espansiva....
Va aggiunto che poiché il deficit, anche al 3% (quand'anche mai rispettato), sarà comunque superiore alla crescita nominale francese, il relativo debito pubblico su PIL dovrebbe ulteriormente aumentare, non certo diminuire, secondo le note regole aritmetiche che caratterizzano i rapporti: tanto più se il numeratore PIL, come vedremo più sotto, non rispetterà le attese di crescita oggi imprudentemente dichiarate (collegandole al forte consolidamento fiscale "inevitabile").
La Francia, pur avendo fatto questi bei deficit poco L€uropei (e quindi avendo sacrificato molto moderatamente la crescita, ed evitato di correggere il deficit CA), è autrice di una performance incrementale del rapporto debito/PIL che la Commissione considera "ad alto rischio", per il caso di futura crisi finanziaria (qui, p.3)
6. Ma non è finita (rammentando che, nell'economia del discorso riportato da Le Monde, il PIL francese è "arrotondato" intorno ai 2000 miliardi, essendo in effetti intorno a 2100 miliardi di euro).
Siccome, come abbiamo visto sopra, il deficit stimato a fine anno 2017, NON risulterebbe quello atteso del 3,2%, tendendo attualmente a collocarsi verso il 3,4%, ne deriva che, oltre ai tagli della spesa attuali per 4,5 miliardi, in qualche modo (cioè inevitabilmente attraverso prelievi tributari aggiuntivi), l'aggiustamento per l'anno in corso dovrà essere complessivamente maggiore: pari a circa 8 miliardi di euro, come sottolinea da subito, a Le Monde, Edouard Philippe, basandosi sull'avviso della Cour des comptes.
Questo calcolo non emerge correttamente dall'articolo (cosa che non ci sorprende affatto, abituati all'italgrancassa), ma i numeri sono inequivocabili: una correzione di 8 miliardi sono circa 0,4 punti di PIL, non 0,2.
Ergo i conti pubblici vanno peggio del previsto e i tagli della spesa, oggi oggetto di tante polemiche, sono inferiori al volume di correzione richiesto. Ma altri, cioè la Commissione, l'hanno già fiutato e messo sotto il faro...della Merkel.
7. Per il prossimo anno, 2018, (dunque con la manovra di stabilità, si deve presumere, a meno che il two pakcs non si applichi solo all'Italia...il che non ci stupirebbe affatto), invece, ci saranno sì sgravi fiscali per circa 12 miliardi, cioè per 0,6 punti di PIL (che dovrebbero progressivamente arrivare a 20, pari a circa 1 punto di PIL, sebbene, prospettati piuttosto vagamente, "nel prossimo quinquennio").
Però, intanto, sempre nel 2018, ci saranno subito "au moins" ("come minimo", dunque) 20 miliardi di tagli alla spesa pubblica.
Tralasciamo gli effetti immediati dei tagli 2017, con tanto di dimissioni del Capo di Stato maggiore delle difesa francese, (a cui sarebbe da aggiungere il forte malcontento espresso dalle forze di polizia, secondo lo stesso Le Monde), e vediamo su quali settori si appunteranno le pesanti attenzioni spending revisioniste di Macron per il 2018.
7.1. Ce ne parla, il ministro "dell'azione e dei conti pubblici" (una specie di ministero della funzione pubblica "austera") Gérald Darmanin, che promette
«occorrerà fare delle effettive riforme strutturali» e quindi "insiste" « La politica della formazione e di aiuto alla disoccupazione, e quella degli alloggi pubblici… Tutte le tematiche della politica pubblica sono senza dubbio da rivedere al fine di spendere meno».
8. Un primo interessante commento previsionale: per il 2017, Macron prevede, inevitabilmente rebus sic stantibus, una crescita all'1,6% del PIL.
La correzione dei conti, di 0,4 punti, come nella migliore tradizione "Monti", non dovrebbe quindi, secondo lui, influire in alcun modo.
Se, in effetti, però, si applicassero dei moltiplicatori fiscali appena appena attendibili, la Francia sarebbe più realisticamente accreditabile di una crescita intorno all'1%: forse qualcosa di più, se si sconta che il periodo di applicazione dell'aggiustamento (rammentiamoci, per quanto occultato, pur sempre riguardante, in effetti, il deficit nei conti esteri), si svolgerà solo nei 4-5 mesi finali dell'anno.
Ma, stante l'alta pressione fiscale in Francia, una minor crescita comporterebbe pura una proporzionale diminuzione della entrate stimate: per cui non scommetterei granché sul pieno rispetto del deficit al 3% per quest'anno, nonostante, e anzi, proprio a causa dell'attuale correzione...
9. Per il 2018, addirittura, pur avendosi tagli alla spesa pubblica per 20 miliardi, per di più con un saldo superiore di circa 8 miliardi rispetto al volume previsto di sgravi fiscali, Macron prevede una crescita all'1,7 e un deficit pubblico al 2,7%.
Calcoliamo però che anche solo finanziando "in pareggio di bilancio" un volume di 20 miliardi, cioè effettuando sgravi fiscali in misura esattamente pari ai tagli della spesa pubblica (su aiuti alla disoccupazione e sugli alloggi pubblici!), secondo il teorema di Haveelmo, la minor crescita, rapportata al PIL francese attuale, sarebbe pari a 1 punto (cioè all'intera misura dei tagli rapportati al PIL).
Quindi, nella più ottimistica delle previsioni, la crescita non potrebbe superare circa 0,7 punti di PIL, e comunque non giungere al di sopra dell'1% (se questi volumi di consolidamento fiscale saranno effettivamente applicati).
E non calcoliamo l'effetto svalutativo del dollaro attualmente in corso, dovendosi considerare che la Francia è forte esportatrice fuori dall'eurozona e, in particolare, proprio negli Stati Uniti.
10. Vedremo se Macron, terrà il punto e passerà all'azione, nel 2018, esattamente su questa misura di austerità e di aggiustamento per via fiscale, tipico dell'eurozona (qui, p.1, Draghi ipse dixit).
C'è pure da dire che, poiché, come avvertiva la Commissione, il saldo negativo con l'estero, è previsto in "significativo rischio di notevole peggioramento" (qui, p.7), non ha neppure molta scelta.
E Macron non ha molta scelta perché è fermamente L€uropeo, super-eurista e convinto di poter competere con la Germania da pari a pari.
Almeno per ora...
A quanto pare è arrivata l'ora della Francia, Hollande era l'antipasto, adesso arriva il piatto forte.
RispondiEliminaViste le dimissioni del capo delle forze armate francesi, lo scenario qui prospettato ha molta probabilità di trovare riscontro nella realtà.
Mettiamoci che De Villiers era considerato da TUTTI il migliore...e la guardia/picchetto d'onore è nata spontaneamente nella sede dello Stato Maggiore francese da coloro presenti... mettiamoci che a marzo 2016 è statao "pensionato" il capo della Legione Straniera Piquemal a causa delle aspre critiche al "porcaio di Calais"... e subito dopo il generale della Gendarmerie d’Outre Mer Soubelet... mettiamoci pure che l'Armèe, secondo i desiderata Europeisti, dovrebbe fondersi con l'odiata Bundeswehr, da cui ha subito sonore sconfitte... certo, Macròn con il 32% ha preso il 61% dei seggi, ma avere "contro" l'Esercito non credo sia di buon auspicio... staremo a vedere...
EliminaBuondì. Non ci vediamo dal 2014 perché sono un porco lavativo incapace di studiare per dare un contributo intelligente a questo blog, onde per cui ho preferito tacere finora (ho interiorizzata bene l'auto-razzismo, che ci volete fare, Universitas Tridentina Studiorum).
RispondiEliminaMi permetto di ricomparire per proporre un esperimento: le rivolte contro il loi travallie (Jean Jeaures mi fulmini per la grafia) sono state cosa seria, tacitate solo a suon di manganelli e Europei di calcio.
Posso capire che i francesi abbiano avuto un colpo apoplettico e abbiano votato Macron invece dei "fascisti", ma credete davvero che se ne stiano buoni buoni? Posso porre come tesi che quantomeno facciamo un bel casino (e basta, c'è una Caserma Diaz in ogni città)?
Non che mi aspetti che i francesi ci salvino (hanno ancora le spoglie belliche dell'ultima volta che ci hanno salvati, stanno al Louvre) ma credo che vedere un po' di rivolta mi farebbe bene all'anima...
Da quel che leggo qui, se ho ben capito.....:
RispondiEliminahttp://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-07-20/macron-bocciato-macroeconomia-204037.shtml?uuid=AEkQpQ0B&utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook
Sembra che ci sia qualcuno per cui Macron è addirittura inadeguato perché rischia di diventare prigioniero della sua amministrazione pubblica!
LOL! I french-liberisti danno per scontato che il taglio della spesa pubblica promuova la crescita e non j'abbasta mai "I leader europei preferirebbero un leggero scostamento del disavanzo alla perdita del sostegno al Presidente francese, a condizione che la spesa pubblica venga ridotta" mentre il taglio del welfare sarebbe una "misura macroeconomica", purché non compensato da alcun aumento delle imposte.
EliminaInsomma, la "crescita" esige "misure impopolari": e perché mai non dovrebbe rendere tutti contenti? Umorismo involontario
Infatti in quell articolo si lamentano di come il primo ministro di Macron abbia promesso di tagliare la spesa pubblica solo del 3% nei prossimi 5 anni.
EliminaE il bello è che da qui arrivano a dedurre che Macron non capisce di macroeconomia.
GRAND€UR
RispondiEliminaAncora una volta, è singolare che l'attaccamento [identità culturale e politica di una comunità] sia devastato da un progetto universale attaliniano da un in/solito figliol prodigo.
Anche qui nel Bel Paese abbiamo visto meteore trapassare e schiantarsi nel “liquor vacui” di narrazioni, credenze, madìe e boschi cedui alle quali s'aggiungono le “jus culture” boldriniane.
Qualche segnale, insieme al malcontento militare gallico, arriva anche dai frigi bretoni che, ad un solo mese dalla “plebiscitaria” elezione, sentenziano – svogliatamente – un dissenso [ndr, discordanza di sentimenti, opinioni e giudizi].
Ma oggi nel Bel Paese è domenica e s'ha andar a messa ed è specie, cioè speciale, sentir sermoni dal solito solicistico che riporta a Spinelli, Rossi e Colorni [strenuamente, filologicamente, politicamente, filosoficamente, socialmente, economicamente qui destrutturati] a dettar rotta [ndr, lat. rŭpta(m), propr. part. pass. f. di rumpĕre ‘rompere’, grave disfatta, sconfitta] da “Roma fascista” a “Repubblica”.
Mala tempora currun sed peiora parantur.