domenica 15 luglio 2018

GLOBALIZZAZIONE E CONFINI – ELOGIO DEL LIMITE (COSTITUZIONALE)


GLOBALIZZAZIONE E CONFINI – ELOGIO DEL LIMITE (COSTITUZIONALE)
Post di Francesco Maimone
(I Parte)




1. Viviamo nell’epoca della globalizzazione e alcune “suggestioni” non potrebbero che suonare più naturali: “quando l’Europa si farà e i popoli si riconosceranno nella pace e nella concordia, le frontiere saranno segni convenzionali e non diaframmi”. Queste le parole di Saragat ricordate di recente dall’attuale Capo dello Stato il quale, in altra occasione, ha rincarato la dose sostenendo che “chiudere i confini è irresponsabile”. Tutto ciò in concomitanza, tuttavia, con un momento storico in cui vengono (re)introdotti dazi commerciali, l’accordo di Schengen è stato già ampiamente derogato e la mitizzata €uropa pare in modo irrimediabile destinata a frantumarsi (anche) di fronte al fenomeno dell’immigrazione.
Più si evocano fedi, si pronunciano auspici e si richiamano sogni (di pace e di concordia) e più la realtà, tuttavia, sembra riluttante ad adeguarsi. Forse il momento sembra propizio per tornare ad occuparci, sia pur brevemente, delle trasformazioni spaziali che gli ordinamenti giuridici stanno vivendo, prendendo le mosse proprio dalla rappresentazione spaziale degli ordinamenti medesimi, del destino della convivenza umana basata sull’idea di “spazio” e del rapporto tra questo e l’idea di “norma” (e quindi di Costituzione, come livello normativo supremo).

2. Sull’argomento, possiamo iniziare con l’avvertenza che la storia dell’elemento spazio come fondamento degli ordinamenti giuridici non può prescindere dai contributi teorici che, nella disciplina del diritto pubblico, sono stati apportati da Carl Schmitt, riservandoci le dovute precisazioni.
C. Schmitt, già in Terra e mare, avvertiva al riguardo come “l’ordinamento spaziale” (konkrete Raumordnung) rappresenti “l’ordinamento fondamentale…la costituzione di un paese o di un continente” denominato dal giurista tedesco con il termine NOMOS, inteso come “il processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che è essenziale ad ogni epoca storica LA FORMA IMMEDIATA NELLA QUALE SI RENDE SPAZIALMENTE VISIBILE L’ORDINAMENTO POLITICO E SOCIALE DI UN POPOLO[C. SCHMITT, Terra e Mare, Milano, 2003, 63]. L’ordinamento giuridico concreto è tale solo se radicato in uno spazio determinato (Schmitt non a caso utilizza Nomos anche come sinonimo greco di “misura”).

2.1. Nomos, secondo C. Schmitt, è perciò il termine che rende l’idea “del processo fondamentale di unificazione di ORDINAMENTO e LOCALIZZAZIONE” (Ordnung e Ortung) [C. SCHMITT, Il nomos della terra, Milano, 1991, 71] e, in definitiva, del nesso indissolubile tra ordinamento (giuridico) e territorio, definibile come porzione del globo terrestre entro il quale “… è consentito ad un soggetto di esercitare il potere giuridico a lui conferito e che forma la sfera della sua competenza territoriale, o, ancora, l’ambito spaziale il quale non solo delimita tale sfera, ma si pone esso stesso quale oggetto di un’autonoma potestà di comando esercitantesi sul medesimo”. [C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1969, 102].
Il diritto è fenomeno sociale (secondo il brocardo ubi societas hominum ibi ius) e solo in un territorio condiviso e delimitato può realizzarsi un progetto di convivenza che non si riduca a semplice com-presenza tra individui tra di loro indifferenti: “… il diritto è un tutt’uno con la determinazione spaziale di un popolo. Il suo essere, la sua storica concretezza e comprensibilità logica, è nel radicamento terrestre[N. IRTI, Geo-diritto, Riv.Trimestrale di diritto e procedura civile, Milano, 2005, fasc. I, 27].
Si può quindi sostenere che non è possibile l’esistenza di un ordinamento giuridico senza una sua localizzazione territoriale: “… insegna la dottrina delle scuole risultare lo Stato dalla sintesi di popolo territorio sovranità. Concetti e metafore, teorie ed immagini esprimono il rapporto tra Stato (e dunque potestà di prescrivere e coercire) e superficie della terra: lo Stato ha un territorio; lo Stato è un territorio, lo Stato abita in un luogo; il territorio è la casa dello Stato [N. IRTI, cit., cit. 22].

3 Se un ordinamento deve di necessità essere localizzato, ciò significa che esso deve di conseguenza essere delimitato da CONFINI: “Il concetto di confine vi ebbe, e tuttora vi svolge, importanza straordinaria. Una famiglia di parole - limite, termine, confine - serve a designare il divieto di oltre-passamento, a distinguere il dentro e il fuori. II confine, rompendo la continuità estensiva della superficie, determina un luogo, questo o quel luogo della terra…. IL CONFINE circoscrive e individua, divide e separa, e prime tra le altre funzioni - include ed esclude. La funzione inclusiva genera l'appartenenza: appartiene, ossia è parte di un tutto, chi si trova al di qua del confine. Quegli è cittadino, membro della civitas. Coloro, che stanno dentro il confine, si chiamano perciò con-terranei: essi, non soltanto abitano, ma vengono dalla medesima ed unica terra.
LA CONTERRANEITÀ NON È ESTENDIBILE A TUTTI GLI UOMINI, che pure dimorano sulla superficie del globo, ma raccoglie soltanto coloro che hanno origine da un certo e dato luogo. Conterraneità implica determinazione di luogo; luogo postula determinazione di confini. SENZA CONFINI, e dunque senza la separatezza da altri, GLI UOMINI NÈ APPARTENGONO NÈ SI DICONO CONTERRANEI. I confini generano la forma spaziale dello Stato, e così di regioni città villaggi, e d'ogni altro gruppo insediato sulla terra. Il confine anche adempie una FUNZIONE ESCLUSIVA. Dividendo e separando, non lascia oltre-passare. A coloro che, stando dentro, appartengono, e dunque si ritrovano nell'esser conterranei, sono contrapposti i forestieri, gli uomini di fuori…[N. IRTI, cit., 22-23].

4 I caratteri e le funzioni dello spazio de-limitato sopra richiamati e trasposti nel campo del diritto, non costituiscono peraltro frutto di arbitrarie elucubrazioni, ma vengono mutuati da Irti direttamente dalla sociologia classica e, in particolare, da Georg Simmel, autore per il quale lo spazio costituisce senza dubbio uno dei principi strutturali posti alla base della sua riflessione sociologica.
Dal punto di vista generale, in proposito, si può dire infatti che “… l’analisi spazialista di Georg Simmel si distingue … per la capacità di attribuire allo spazio il doppio ruolo di scenario plasmabile dall’azione umana e di stampo entro cui le relazioni umane prendono forma…”, nel senso che “… lo spazio è al tempo stesso condizione e simbolo delle forme sociali: da un lato costituisce la struttura alla base della realtà sociale che in qualche modo determina l’agire, dall’altro è risultato e, quindi, emblema dell’azione[V. COTESTA, M. BONTEMPI, M. NOCENZI, Simmel e la cultura moderna: La teoria sociologica di Georg Simmel, Morlacchi Editore, 2010, 216-217].
Nello specifico, invece, l’individuazione delle caratteristiche / proprietà dello spazio consente a Simmel di interpretare le forme delle interazioni sociali. E tra tali caratteristiche spiccano proprio il confine (o limite) e la esclusività.

4.1 Lo spazio è infatti scomposto in unità definite da confini che ne rendono così possibile la sua utilizzazione pratica. Per Simmel “… i confini sono per i gruppi sociali quello che le cornici sono per i quadri e delimitano ciò che è dentro rispetto al mondo circostante, esercitando una doppia funzione GENERATRICE DI IDENTITÀ STABILI al loro interno e DI DIFFERENZIAZIONE RISPETTO ALL’ESTERNO. In questo modo si garantisce coerenza interna marcando un distacco con il mondo esteriore …” [V. COTESTA, M. BONTEMPI, M. NOCENZI, cit., 220]. In un gruppo sociale, quindi, la relazione degli elementi che la compongono e l’unità della reciproca azione acquistano la loro espressione spaziale nel confine che la incornicia, determinandone l’organizzazione concreta dell’esperienza.
Si può dire che “… gli individui agiscono e si relazionano costantemente in contesti spaziali, operando un’interpretazione della situazione che permette loro di DARE UN SIGNIFICATO ALLE PROPRIE AZIONI e garantisce che queste siano comprese dagli altri. In questo compito, si è facilitati da una serie di segnali presenti nel contesto che concorrono a definirne il frame, la cornice di riferimento, delimitando i confini di una specifica situazione e isolandola dalle altre…[V. COTESTA, M. BONTEMPI, M. NOCENZI, cit., 221].
Per Simmel “…certi tipi di relazioni possono realizzarsi secondo tutta la loro forma sociologica soltanto quando, entro il campo spaziale che viene riempito da uno dei loro esemplari, non vi è posto per un secondo[Simmel, Sociologia, Torino, 1998, 526]. Ciò in quanto solo all’interno di questa cornice – cui corrisponde una comunità omogenea – “… ciò che gli attori “fanno” acquista un senso specifico …” [A. DAL LAGO, Il conflitto della modernità. Il pensiero di Georg Simmel, Bologna, 1994, 62].

4.2 Quanto all’esclusività, essa rappresenta peculiarmente una caratteristica che consente di comprendere i processi di costruzione identitaria di un gruppo sociale; “… proprio in quanto costruzione sociale, una dimensione fondamentale dell’identità è quella locativa: l’attore concepisce sé stesso in un ambito, cioè entro confini, che rendono l’individuo o il gruppo simili a chi è dentro e diverso da chi si colloca fuori dai confini stessi. La costruzione dell’identità consiste in sostanza nella costruzione di un confine, finalizzato a produrre stabilità e, soprattutto, prevedibilità del comportamento sociale[V. COTESTA, M. BONTEMPI, M. NOCENZI, cit., 223].
Perciò Simmel può affermare che l’esclusività è una qualità per cui ogni segmento dello spazio (nonché una comunità in esso situata) “… ha una specie di unicità per la quale non esiste praticamente analogia[G. SIMMEL, Sociologia, Torino, 1998, 525].
N. Irti, cogliendo anche tale profilo identitario giocato dallo spazio delimitato da confini, può sostenere di conseguenza che “… nella misura in cui una formazione sociale è fusa o, per così dire, solidale con una determinata estensione di territorio, essa presenta un carattere DI UNICITÀ O DI ESCLUSIVITÀ CHE NON PUÒ ESSERE CONSEGUITO IN ALTRA MANIERA[N.IRTI, cit., 23]. Viene da chiosare che la solidarietà, non intesa in senso liberal-metafisico, in primis non può che essere appannaggio del gruppo sociale radicato su un territorio. L’esempio della costruzione europea conferma empiricamente una tale affermazione, poiché – come dovremmo sapere – nel magnifico condominio €uropeo la solidarietà non solo non è prevista, ma è espressamente vietata.

4.3 Per dare conto delle relazioni essenziali, oggi praticamente svilite e demonizzate, che intercorrono tra formazioni sociali e localizzazione, si può altresì citare, anche in questo caso per le espresse implicazioni politiche, Max Weber. E’ quest’ultimo, dal canto suo, che “… nell’ambito dei Grundbegriffe … stabilisce un nesso tra il confine e la comunità definendo le connotazioni della comunità (Gemainschaft), anche di quella politica, come caratterizzata da quel SENTIMENTO DI APPARTENENZA DEI SUOI MEMBRI CHE SGORGA DA UNA LUNGA E STRETTA CONVIVENZA E DAL PRENDERSI CURA L’UNO DELL’ALTRO. Ne derivano dell’appartenenza o esclusione. La delimitazione territoriale è la decisiva connotazione della comunità politica: per cui coloro che stanno all’interno di tale delimitazione SI CONSIDERANO SOTTOPOSTI ALLO STESSO POTERE RICONOSCIUTO COME LEGITTIMO[I. RICCIONI, Comunicazione, cultura, territorio. Contributi della sociologia contemporanea, Milano, 2008 63].

5 Volendo provare a tirare le fila di quanto sin qui argomentato, si può sostenere che l’ordinamento (Ordnung) può fregiarsi del crisma stesso della “giuridicità” in quanto possiede una localizzazione (Ortung), cioè una sua delimitazione territoriale, dove quest’ultima - come specificato - costituisce un diretto precipitato del fenomeno sociale: “… questo concetto generale di delimitazione reciproca è tratto dal limite spaziale, tuttavia essa costituisce soltanto, più profondamente, la cristallizzazione o spazializzazione dei processi di delimitazione che sono i soli reali. … Il limite non è un fatto spaziale con effetti sociologici, MA È UN FATTO SOCIOLOGICO CHE SI FORMA SPAZIALMENTE [G. SIMMEL, cit., 531].

6 Scopriamo clamorosamente, quindi, come il “luogo” sia un’entità fondamentalmente antropo-sociologica. L’essere umano, conferendo rilevanza alla sua dimensione spaziale, ne individua e ne demarca continuamente i limiti, cioè i confini. E si può abitare uno spazio solo se vengono tracciati confini, cioè producendo spazi custoditi (territori):
noi cominciamo ad operare distinzioni appena nati. Giungiamo in uno spazio non marcato (e ci ritroviamo compresi in esso), indi eseguiamo il primo ordine: traccia una distinzione! Così facendo siamo costretti a indicare quale parte della distinzione scegliamo, e indicandola (può essere il nostro corpo) sviluppiamo la distinzione. In seguito tendiamo a ripetere tale indicazione e in questo modo si condensa la forma. Mediante la condensazione, la parte indicata assumerà non solamente la qualità logica dell’identità, ma anche la qualità metalogica della familiarità. La distinzione si sviluppa fino a sfociare nella distinzione tra familiare e non familiare[N. LUHMANN, Familiarità, confidare e fiducia, in D. Gambetta, Le strategie della fiducia. Indagini sulla razionalità della cooperazione, Torino, 1989, 124]. E’ persin banale osservare che il limite o confine, prima che categoria tutta normativa, è innanzi tutto esperienza materiale.

6.1 Se ciò è plausibile, risulta “… un pò arbitrario tentare di dissociare LA PRATICA EFFETTIVA DELLA LIBERTÀ, la pratica dei rapporti sociali, DALLE DISTRIBUZIONI SPAZIALI. Nel momento in cui separiamo queste cose, esse diventano incomprensibili. L’una non può essere compresa che attraverso l’altra…[M. FOUCAULT, Biopolitica e liberalismo, Milano, 2001, 180]. Si ritornerà sull’argomento parlando dei diritti fondamentali e della loro tutela.
Le porzioni di spazio de-limitate divengono quindi uniche ed irripetibili e, come tali, connotano nella loro unicità ed irripetibilità le formazioni sociali che le riempiono e che vi agiscono come comunità politiche che si danno regole di convivenza. A coloro i quali, invece, ritengono che i confini siano un male, basterà rammentare come persino C. Schmitt sia riuscito in modo persuasivo ad affermare che “il diritto e la pace poggiano originariamente su DELIMITAZIONI IN SENSO SPAZIALE [C. SCHMITT, Il nomos, cit., 21].
Tale ultimo aspetto non dovrebbe apparire bizzarro, se si considera che nello studio storico della relazione tra diritto e confini, i giuristi non hanno mancato di evidenziare la capacità del confine di anticipare lo scontro, di dirimere i potenziali conflitti, di permettere, se accettato, una convivenza pacifica. Ed a questo proposito i giuristi non mancheranno di alimentare la convinzione di un legame etimologico tra le parole limite(m) e lite(m). Per non parlare degli esempi offerti dalla letteratura agiografica la quale ci informa come “…traslato dalla sfera privata a quella pubblica e politica, il significato simbolico del confine, coi suoi segni apotropaici e giuridici, fu il simbolo stesso della sicurezza e della identità territoriale”.

7. Detto ciò, l’aver assunto il Nomos schmittiano come categoria interpretativa non equivale certamente ad assumerne al fondo anche le inaccettabili conseguenze di cui infra, quanto, semmai, ad evidenziare come le stesse siano state oggigiorno reintrodotte, ma con modalità affatto diverse.
Al riguardo, non bisogna infatti dimenticare come per Schmitt il Nomos coincida comunque con il fatto originario della OCCUPAZIONE della terra (“… all’inizio della storia dell’insediamento di ogni popolo, di ogni comunità e di ogni impero sta sempre in qualche forma il processo costitutivo di un’occupazione di terra…C. SCHMITT, Il nomos, cit., 27). E l’occupazione di terra istituisce il fenomeno giuridico secondo una duplice direzione:
“…verso l’interno, vale a dire internamente, al gruppo occupante, viene creato con la prima divisione e ripartizione del suolo il primo ordinamento di tutti i rapporti di possesso e di proprietà; in questo modo ogni occupazione di terra crea sempre, all’interno, una sorta di superproprietà della comunità nel suo insieme”;
verso l’esterno, di contro, “… il gruppo occupante si trova posto di fronte ad altri gruppi e potenze che occupano la terra o ne prendono possesso…O si acquista una porzione di suolo da uno spazio che era stato fino ad allora libero…oppure viene sottratta al possessore e padrone riconosciuto fino ad allora una porzione di suolo che viene trasmessa al nuovo possessore e padrone[C. SCHMITT, Il nomos, cit., 24].

8 Si evince dai passi riportati come la occupazione della terra “… sia per Schmitt un evento niente affatto individuale e privato, bensì esclusivamente collettivo, e come dei due profili del nomos egli consideri quello esterno dell’appropriazione primario rispetto a quello interno della divisione. Ritorna insomma la tesi…del primato della politica come LOTTA TRA GRUPPI “ESISTENZIALE, vale a dire condotta fino allo sterminio di uno dei due contendenti (o quantomeno al suo annientamento giuridico, alla sua riduzione in schiavitù) al quale segue logicamente l’occupazione del territorio da parte del gruppo vincitore…[S. CARLONI, Terra contro Mare. Riflessioni sul nuovo ordine mondiale a partire da Carl Schmitt, Roma, 2016, 49].
Il Nomos di C. Schmitt – quale espressione tipica di un pensiero giuridico decisionista, cioè basato sulla pura forza e del tutto refrattario al riconoscimento della pluralità ordinamentale – si basa in sostanza sulla semplicistica e brutale distinzione amico / nemico (amicus/hostis), ove quest’ultimo dev’essere annientato con violenza sino alla possibilità reale della sua uccisione fisica.

9 Ne consegue che nella Weltanschauung schmittiana l’Ortung (localizzazione) viene a coincidere con l’occupazione/invasione fisica e potenzialmente sconfinata di territori, mentre l’Ordnung (ordinamento) viene ad identificarsi con il detentore assoluto del potere a cui spetta la decisione suprema ed a cui il popolo (ridotto a mero aggregato umano) è sottomesso in base ad un Führerprinzip.
Un tipico esempio di quanto detto è riscontrabile nelle parole che Hitler pronunciò davanti al Reichstag tedesco il 13 luglio 1934 dopo aver ordinato e fatto eseguire l’uccisione del capo delle SA Röhm e dei suoi seguaci. Hitler dichiarò a giustificazione dell’uccisione “Se qualcuno mi rimproverasse di non esserci rivolti a normali tribunali per ottenere una sentenza, io posso solo dire: in questa ora io ero responsabile del destino della Nazione tedesca e, in tal modo, il più alto magistrato del popolo[I. KERSHAW, Hitler, Vol. 1, Milano, 1998, 653]. E’ noto che C. Schmitt, in un articolo dal titolo “Il Führer protegge il diritto”, nell’occasione “… espose un’argomentazione di abbellimento giuridico del fatto…” [M. MAIWALD, Diritto e potere, in Riv. italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2004, fasc. 1, 5].

9.1 L’ordinamento concepito come pura forza ed eretto su basi predatorie e di dominio (“… il dominio è in primo luogo esclusivamente dominio sulla terra, e solo in seguito a ciò dominio sugli uomini che abitano nella terra”, C. SCHMITT, Il nomos cit., 26) trova poi naturale sponda nel c.d. normativismo, cioè in quella concezione giuridica che, emancipandosi dalla materialità del territorio (come luogo del politico, per definizione de-limitato) risulta funzionale a raccontare del diritto positivo come riferito ad un generico e sconfinato spazio nonché idoneo ad obliterare quella connessione ancestrale tra Ordnung e Ortung.
Un ordinamento come quello descritto, non a caso, nella elaborazione teorica di Schmitt rimanda alla ideologia nazionalista ed espansiva del Lebensraum, che vide in Friedrich Ratzel il principale teorico grazie alla sua opera Geografia politica.

10 E’ così intuitivo per la coscienza democratica la ragione per cui la Weltanschauung di Schmitt merita reiezione che non pare necessario un particolare ulteriore approfondimento. Dal punto di vista metodologico, in questa sede basterà però ricordare - anche ai fini di quanto verrà di seguito ancora spiegato - la lezione di Santi Romano, per il quale invece l’Ordinamento giuridico – che è necessariamente “plurisoggettivo” [S. ROMANO, L’ordinamento giuridico, Firenze, 1962, 61] - non coincide semplicemente con un insieme di norme, bensì consiste in
“… un’unità in sé - e un’unità, si noti bene, non artificiale o ottenuta con un procedimento di astrazione, ma concreta ed effettiva[Ibidem 13], dal momento che a sua volta il diritto è “… COSCIENZA CHE INCARNA LE RAGIONI DELLA COESISTENZA E DEL SISTEMA IN CUI I SINGOLI SI UNIFICANO, che fa da mediatore, che appella al rapporto tra le parti fra loro e col tutto, che è come l’incarnazione dell’io sociale, del socius tipico… il diritto non consacra soltanto il principio della coesistenza degli individui, ma si propone soprattutto di vincere la debolezza e la limitazione delle loro forze, di sorpassare la caducità, di perpetuare certi fini al di là della loro vita naturale, creando degli enti sociali più duraturi dei singoli…[Ibidem, 19 e 40].

10.1 Del resto, non bisognerebbe mai dimenticare che la “plurisoggettività ordinamentale” (che ha per protagonisti gli Stati-nazione, ciascuno identificato dal trinomio “popolo-territorio-sovranità”) rappresenta un principio fondamentale acquisito nel diritto internazionale, ovvero nelle norme di jus cogens, “… nel senso che il loro rispetto rappresent[a] la (vera) condicio sine qua non della pace e della sicurezza internazionale [F. LATTANZI in Dig. disc. pubbl., Torino 1987, 7, voce Autodeterminazione dei popoli]. Non si vuole quindi negare che “… ci sono bensì politica estera e diritto internazionale, ma, appunto, come un affacciarsi e protendersi di diritto e politica al di là del confine, onde l’uno si svolge inter-nationes e l’altra si fa extera, ossia esce al di fuori e si indirizza allo straniero[IRTI, cit.,24].
In termini più comprensibili: la coincidenza perfetta tra diritto e territorio statale non trova alcuna smentita nel diritto internazionale; quest’ultimo, semmai, in quanto rete di impegni esterni, ma pur sempre derivanti dalla volontà statale, continua a persistere nel circuito della sovranità statale e territorialmente radicata. In tal modo l’equilibrio diritto interno - -diritto internazionale risponde alla collocazione della volontà normatrice degli Stati nella posizione più elevata su un territorio. Insomma, “Gli Stati sono e restano i signori dei trattati”.

10.2 Un tale approccio, d’altronde, … segna…la distanza di Romano dallo schema monista della dottrina normativista. Come è noto, Kelsen riduce la questione dei rapporti tra ordinamenti essenzialmente alle relazioni intercorrenti tra diritto interno e diritto internazionale, risolvendoli attraverso l'opzione “monista” della reductio ad unitatem” nella variante “supremazia del diritto internazionale sul diritto interno[F. SALERNO, L'influenza di Santi Romano sulla dottrina e la prassi italiana di diritto internazionale, Riv. di Diritto Intern., Milano, 2018, fasc.2, 357 ss.]; laddove Santi Romano sostiene invece che “… in un dato ordinamento originario le norme di un secondo ordinamento non possono avere valore se non in base a norme del primo …” [S. ROMANO, cit., 146].
E in una visione siffatta non esiste alcuna “trappola territoriale”, come si affannano ad sostenere i soloni del cosmopolitismo liberista [cfr. J. AGNEW, The territorial trap: the geographical assumptions of international relations theory] al fine di mettere in questione l’assunto della centralità dello Stato nazionale per la spiegazione dei fenomeni politici, dal momento che la pluralità ordinamentale non può essere concepita in termini oppositivi e conflittuali, ma di uguaglianza e pari dignità. Tanto, come si tenterà di spiegare in altra sede, è possibile solo sulla scorta delle Costituzioni democratiche che, in termini generali, costituiscono già un confine. Il limite fondamentale.

7 commenti:

  1. Questo non è un post. È un trattato. Un articolo di ricerca da inviare per essere "revisionato da pari". (Se si trovassero "i pari").

    Meno male che questo «è solo un blog»...

    Identità e famigliarità strettamente collegati alla spazialità non possono che non presentarsi in termini antitetici al paradigma neoliberale in cui a delocalizzazioni, politiche migratorie "noborder" e soft-law sovranazionale si accompagna una fitta propaganda anti-identitaristica, di cui la famiglia in senso stretto viene riproposta non psicologicamente... famigliare.

    L'approccio pluridisciplinare, si evidenzia, dà certezze "antirelativistiche" che il solo approccio monodisciplinare, per quanto rigoroso, non riesce a dare.

    Si aspetta il sequel... :-)

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    1. Grande "consolazione" sapere che orizzonte48 continua a produrre lavori così ben fatti e approfonditi.

      Le Costituzioni democratiche sono non soltanto il limite ma anche la linea di sviluppo della pluralità ordinamentale: non c'è sana negoziazione di riforma delle organizzazioni internazionali che non debba essere condotta sulla base dell'Umanesimo posto al centro del costituzionalismo sociale.

      L'alternativa è il dilagare della sociopatia di pochi individui fino alla distruzione di ogni cooperazione effettiva e di ogni solidarietà che garantiscano la pace tra le nazioni.

      Quanto sta accadendo a seguito dell'applicazione ordoliberista dei trattati europei ne è la prova sempre più evidente (e, al di là delle vicende italiane, sono convinto che non abbiamo ancora visto nulla degli effetti degenerativi legati all'ignorare, anzi al rimuovere, la dignità dell'essere umano in nome dei mercati...).

      In fondo l'art.11 Cost. è puro "realismo etico": anche se non fosse stato scritto come è stato scritto, le cose andrebbero egualmente nella direzione da esso stabilita.

      Solo che rispettando la legalità costituzionale, e non il duro insegnamento dei fatti, si evitano (si sarebbero evitate) inutili sofferenze per centinaia di milioni di esseri umani.

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  2. “Gli Stati sono e restano i signori dei trattati”

    Ed essere signori significa essere sovrani, cioè:

    1) esercitare la sovranità territoriale internazionalmente riconosciuta;
    2) esercitare la sovranità diplomatica;
    3) esercitare la sovranità economico-monetaria;
    4) esercitare la sovranità militare;
    5) esercitare la sovranità culturale.

    Il punto 5) è il più importante, chi perde la sovranità culturale (spesso a causa di una guerra persa) perde anche le altre sovranità (vedi caso recente del 1969).

    Non smetterò mai di ringraziare abbastanza 48 & co. per l'incessante opera di ricostruzione della nostra sovranità culturale.

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  3. OT - Segnalo che sembra sia in corso una massiccia campagna di censura sui MSM (certamente negli USA) per evitare la diffusione di questa notizia.

    https://www.zerohedge.com/news/2018-07-16/putin-claims-us-intelligence-agents-funneled-400-million-clinton-campaign

    Diversi siti 'alternativi' che hanno riportato la notizia (col dovuto risalto) risultano al momento sospesi (ma ancora accessibili digitando l'indirizzo IP numerico).

    Scommetto che anche i media EU si allineeranno prontamente a quelli USA...

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  4. Deduce correttamente.

    Era proprio il dibattito tra federalisti e antifederalisti americani nel'700: l'allargamento eccessivo del territorio rende inutile qualsiasi sistema di pesi e contrappesi, non solo a fini democratici ma anche al fine di un'oligarchia... liberale.

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  5. @Luca e Daniele
    I diritti degli stati non sono "statici" ma "dinamici" .
    Es.:
    Tutti ci rendiamo conto che oggi esiste un confine non normato: il confine dei pacchetti internet, eppure nessuno ha proposto la cosa come un "confine violato" ma come un "problema" di natura tecnico giuridica.

    Nel tempo che gli stati produrranno i trattati noi avremo una rete globale satellitare di uno o due privati .

    La Cina ha gia' avvisato SpaceX: "Se voi fare broadcast verso nostro territorio noi buttare giu' satellite" .
    Hanno risposto che non faranno broadcast verso la Cina.

    La domanda fondamentale del cittadino e': mi sento piu' tutelato con un device Apple ed una rete SpaceX o un device Alcatel e rete Leonardo in gestione alla Sogei ?

    Ognuno si da' la sua risposta .

    Io preferiro' la coppia Apple-SpaceX , per la semplice ragione che so che lo fanno SOLO per profitto .

    Una rete satellitare internet globale che ospiti tutte le piattaforme sottrarra' allo stato buona parte della propria "intermediazione" , cioe' della propria ragion d'essere.
    Es.:
    Banche = Paypal + Alipay + SumUp + .....
    Ground trasportation:Uber , BlaBlaCar , ....
    Turismo:Booking , Airbnb, ...
    Acquisti generici: Amazon, Ebay , Trovaprezzi , .....

    Questa sfida e' persa pertanto se non li puoi vincere alleati con loro , invece cio' che leggo (ovunque, in vari blog) sono tutte battaglie di retroguardia.

    Compresa quella di Boeri che vuole farmi pagare la pensione da un africano: e' una idea sbagliata da vecchio ragioniere che usa dati del passato di un settore affine di un prodotto equivalente per fare il budget di un nuovo prodotto: non funziona mai.

    I pensionati potrebbero lavorare gratis per lo stato: pensate che bello sarebbe se io ed altri due ex dirigenti industria andassimo a fare il controllo di gestione in SOGEI o CONSIP o .......

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  6. "Nel tempo che gli stati faranno i trattati..."uno o due privati"..."SOLO per profitto".

    Scusi, "dei trattati", oltre quelli in corso e quelli futuri, sono stati fatti e chi come me segue questo blog intenderebbe comprenderli proprio perché scritti da "uno o due privati solo per profitto"...
    Cmq fino ad un paio di decenni fa "ti imbattevi" in docenti universitari radical chic di ingegneria (nella città e nella provincia "bene") che, pur senza muovere un dito, si applicavano per passione nelle scienze sociali con la stessa serietà che richiedono le scienze esatte... Poi le involuzioni non hanno risparmiato nessuno. La comunità scientifica dovrebbe ricominciare, per esempio, dall'ultimo post (Bazaar...feticismo...).

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