GLOBALIZZAZIONE E CONFINI – ELOGIO
DEL LIMITE (COSTITUZIONALE)
Post di Francesco Maimone
(I Parte)
1. Viviamo
nell’epoca della globalizzazione e alcune “suggestioni” non potrebbero che suonare
più naturali: “quando l’Europa si farà e i popoli si riconosceranno
nella pace e nella concordia, le frontiere saranno segni convenzionali e non
diaframmi”. Queste le
parole di Saragat ricordate di recente dall’attuale Capo dello Stato il quale,
in altra occasione, ha rincarato la dose sostenendo che “chiudere i confini è irresponsabile”. Tutto ciò in concomitanza, tuttavia, con un momento
storico in cui vengono (re)introdotti dazi commerciali, l’accordo di Schengen è
stato già ampiamente derogato e la mitizzata €uropa pare in modo irrimediabile destinata
a frantumarsi (anche) di fronte al fenomeno dell’immigrazione.
Più si evocano fedi, si pronunciano
auspici e si richiamano sogni (di pace e di concordia) e più la realtà,
tuttavia, sembra riluttante ad adeguarsi. Forse il momento sembra propizio per
tornare ad occuparci, sia pur brevemente, delle trasformazioni spaziali che gli
ordinamenti giuridici stanno vivendo, prendendo le mosse proprio dalla
rappresentazione spaziale degli ordinamenti medesimi, del destino della
convivenza umana basata sull’idea di “spazio”
e del rapporto tra questo e l’idea di “norma”
(e quindi di Costituzione, come livello normativo supremo).
2. Sull’argomento,
possiamo iniziare con l’avvertenza che la storia dell’elemento spazio come fondamento degli ordinamenti
giuridici non può prescindere dai contributi teorici che, nella disciplina del
diritto pubblico, sono stati apportati da Carl Schmitt,
riservandoci le dovute precisazioni.
C. Schmitt, già in Terra e mare, avvertiva al riguardo come
“l’ordinamento spaziale”
(konkrete Raumordnung) rappresenti “l’ordinamento
fondamentale…la costituzione di un paese o di un continente” denominato dal giurista tedesco con il termine NOMOS, inteso come
“il
processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che è essenziale ad ogni
epoca storica … LA FORMA IMMEDIATA NELLA QUALE SI RENDE SPAZIALMENTE VISIBILE
L’ORDINAMENTO POLITICO E SOCIALE DI UN POPOLO” [C. SCHMITT, Terra e Mare,
Milano, 2003, 63]. L’ordinamento giuridico concreto è tale solo se radicato
in uno spazio determinato (Schmitt non a caso utilizza Nomos anche come sinonimo greco di “misura”).
2.1. Nomos,
secondo C. Schmitt, è perciò il termine che rende l’idea “… del processo fondamentale di unificazione
di ORDINAMENTO e LOCALIZZAZIONE” (Ordnung e Ortung) [C. SCHMITT, Il nomos della
terra, Milano, 1991, 71] e, in definitiva, del nesso indissolubile tra ordinamento
(giuridico) e territorio, definibile come porzione del globo terrestre entro il
quale “… è consentito ad un soggetto di
esercitare il potere giuridico a lui conferito e che forma la sfera della sua competenza territoriale, o, ancora, l’ambito
spaziale il quale non solo delimita tale sfera, ma si pone esso stesso quale
oggetto di un’autonoma potestà di comando esercitantesi sul medesimo”. [C. MORTATI, Istituzioni di
diritto pubblico, Padova, 1969, 102].
Il diritto è fenomeno sociale (secondo il
brocardo ubi societas hominum ibi ius)
e solo in un territorio condiviso e delimitato può realizzarsi un progetto di
convivenza che non si riduca a semplice com-presenza tra individui tra di loro indifferenti:
“… il diritto è un tutt’uno con la
determinazione spaziale di un popolo. Il suo essere, la sua storica concretezza e
comprensibilità logica, è nel radicamento terrestre…” [N. IRTI, Geo-diritto, Riv.Trimestrale di diritto e
procedura civile, Milano, 2005, fasc. I, 27].
Si può quindi sostenere che non è
possibile l’esistenza di un ordinamento giuridico senza una sua localizzazione
territoriale: “… insegna la dottrina
delle scuole risultare lo Stato dalla sintesi di popolo territorio sovranità.
Concetti e metafore, teorie ed immagini esprimono il rapporto tra Stato (e
dunque potestà di prescrivere e coercire) e superficie della terra: lo Stato ha un territorio; lo Stato è un
territorio, lo Stato abita in un luogo; il territorio è la casa dello Stato…” [N. IRTI, cit., cit. 22].
3 Se
un ordinamento deve di necessità essere localizzato, ciò significa che esso
deve di conseguenza essere delimitato da CONFINI: “… Il concetto di confine
vi ebbe, e tuttora vi svolge, importanza straordinaria. Una famiglia di
parole - limite, termine, confine - serve a designare il
divieto di oltre-passamento, a distinguere il dentro e il fuori. II confine,
rompendo la continuità estensiva della superficie, determina un luogo, questo o
quel luogo della terra…. IL CONFINE circoscrive e
individua, divide e separa, e prime tra le altre funzioni - include ed esclude.
La funzione inclusiva genera l'appartenenza: appartiene, ossia è parte di un
tutto, chi si trova al di qua del confine. Quegli
è cittadino, membro della civitas. Coloro, che stanno dentro il confine, si
chiamano perciò con-terranei: essi, non soltanto abitano, ma vengono dalla
medesima ed unica terra.
LA CONTERRANEITÀ NON È ESTENDIBILE A TUTTI GLI UOMINI, che pure dimorano sulla superficie del
globo, ma raccoglie soltanto coloro che
hanno origine da un certo e dato luogo. Conterraneità implica
determinazione di luogo; luogo postula determinazione di confini. SENZA CONFINI, e dunque senza la separatezza da altri, GLI UOMINI NÈ
APPARTENGONO NÈ SI DICONO CONTERRANEI. I confini generano la forma spaziale
dello Stato, e così di regioni città villaggi, e d'ogni altro gruppo insediato
sulla terra. Il confine
anche adempie una FUNZIONE ESCLUSIVA.
Dividendo e separando, non lascia oltre-passare. A coloro che, stando dentro,
appartengono, e dunque si ritrovano nell'esser conterranei, sono contrapposti i
forestieri, gli uomini di fuori…” [N. IRTI, cit., 22-23].
4 I
caratteri e le funzioni dello spazio de-limitato sopra richiamati e trasposti
nel campo del diritto, non costituiscono peraltro frutto di arbitrarie
elucubrazioni, ma vengono mutuati da Irti direttamente dalla sociologia classica
e, in particolare, da Georg Simmel, autore per il quale lo spazio costituisce senza dubbio uno dei principi strutturali posti
alla base della sua riflessione sociologica.
Dal punto di vista generale, in proposito,
si può dire infatti che “… l’analisi
spazialista di Georg Simmel si distingue … per la capacità di attribuire allo
spazio il doppio ruolo di scenario
plasmabile dall’azione umana e di stampo entro cui le relazioni umane prendono
forma…”, nel senso che “… lo
spazio è al tempo stesso condizione e
simbolo delle forme sociali: da un lato costituisce la struttura alla base della realtà sociale che in qualche
modo determina l’agire, dall’altro è
risultato e, quindi, emblema dell’azione…” [V. COTESTA, M. BONTEMPI, M. NOCENZI, Simmel e la cultura moderna: La teoria
sociologica di Georg Simmel, Morlacchi Editore, 2010, 216-217].
Nello specifico, invece, l’individuazione
delle caratteristiche / proprietà dello spazio consente a Simmel di
interpretare le forme delle interazioni sociali. E tra tali caratteristiche
spiccano proprio il confine (o limite) e la esclusività.
4.1 Lo
spazio è infatti scomposto in unità definite da confini che ne rendono così
possibile la sua utilizzazione pratica. Per Simmel “… i confini sono per i gruppi sociali quello che le cornici sono per i quadri e delimitano ciò che è dentro
rispetto al mondo circostante, esercitando una doppia funzione GENERATRICE DI IDENTITÀ STABILI al loro interno
e DI DIFFERENZIAZIONE RISPETTO ALL’ESTERNO.
In questo modo si garantisce coerenza interna marcando
un distacco con il mondo esteriore …” [V. COTESTA, M. BONTEMPI,
M. NOCENZI, cit., 220]. In un gruppo sociale, quindi, la
relazione degli elementi che la compongono e l’unità della reciproca azione
acquistano la loro espressione spaziale nel confine che la incornicia,
determinandone l’organizzazione concreta dell’esperienza.
Si può dire che “… gli individui agiscono e si relazionano costantemente in contesti
spaziali, operando un’interpretazione
della situazione che permette loro di DARE UN SIGNIFICATO ALLE PROPRIE AZIONI e
garantisce che queste siano comprese dagli altri. In questo compito, si è
facilitati da una serie di segnali presenti nel contesto che concorrono a
definirne il frame, la cornice di riferimento, delimitando i confini di una
specifica situazione e isolandola dalle altre…” [V. COTESTA, M. BONTEMPI, M. NOCENZI,
cit., 221].
Per Simmel “…certi tipi di relazioni possono realizzarsi secondo tutta la loro
forma sociologica soltanto quando, entro
il campo spaziale che viene riempito da uno dei loro esemplari, non vi è posto per un secondo…”
[Simmel, Sociologia, Torino,
1998, 526]. Ciò in quanto solo all’interno di questa
cornice – cui corrisponde una comunità omogenea – “… ciò che gli attori “fanno” acquista
un senso specifico …” [A. DAL LAGO, Il conflitto della modernità. Il pensiero
di Georg Simmel, Bologna, 1994, 62].
4.2 Quanto
all’esclusività, essa rappresenta peculiarmente una caratteristica che
consente di comprendere i processi di costruzione identitaria di un gruppo
sociale; “… proprio in quanto costruzione
sociale, una dimensione fondamentale
dell’identità è quella locativa: l’attore concepisce sé stesso in un
ambito, cioè entro confini, che rendono
l’individuo o il gruppo simili a chi è dentro e diverso da chi si colloca fuori
dai confini stessi. La costruzione dell’identità consiste in sostanza nella costruzione di un confine, finalizzato a produrre stabilità
e, soprattutto, prevedibilità del comportamento sociale…”
[V. COTESTA,
M. BONTEMPI, M. NOCENZI, cit., 223].
Perciò Simmel può affermare che l’esclusività
è una qualità per cui ogni segmento dello spazio (nonché una comunità in esso
situata) “… ha una specie di unicità per la quale non esiste praticamente analogia…”
[G. SIMMEL, Sociologia, Torino,
1998, 525].
N. Irti, cogliendo anche tale profilo
identitario giocato dallo spazio delimitato da confini, può sostenere di conseguenza
che “… nella misura in cui una formazione
sociale è fusa o, per così dire, solidale con una determinata
estensione di territorio, essa presenta un carattere DI UNICITÀ O DI
ESCLUSIVITÀ CHE NON PUÒ ESSERE CONSEGUITO IN ALTRA MANIERA…” [N.IRTI, cit., 23]. Viene da chiosare che la
solidarietà, non intesa in senso liberal-metafisico, in primis non può che essere appannaggio del gruppo sociale radicato
su un territorio. L’esempio della costruzione europea conferma empiricamente
una tale affermazione, poiché – come dovremmo sapere – nel magnifico
condominio €uropeo la solidarietà non solo non è prevista, ma è espressamente vietata.
4.3 Per
dare conto delle relazioni essenziali, oggi praticamente svilite e demonizzate,
che intercorrono tra formazioni sociali e localizzazione, si può altresì citare,
anche in questo caso per le espresse implicazioni politiche, Max Weber. E’ quest’ultimo,
dal canto suo, che “… nell’ambito dei
Grundbegriffe … stabilisce un nesso tra
il confine e la comunità definendo le connotazioni della comunità
(Gemainschaft), anche di quella politica, come caratterizzata da quel SENTIMENTO DI APPARTENENZA DEI SUOI MEMBRI CHE SGORGA DA UNA LUNGA E
STRETTA CONVIVENZA E DAL PRENDERSI CURA L’UNO DELL’ALTRO. Ne
derivano dell’appartenenza o esclusione. La delimitazione territoriale è
la decisiva connotazione della comunità politica: per cui coloro che
stanno all’interno di tale delimitazione SI CONSIDERANO SOTTOPOSTI ALLO
STESSO POTERE RICONOSCIUTO COME LEGITTIMO …” [I. RICCIONI, Comunicazione,
cultura, territorio. Contributi della sociologia contemporanea, Milano, 2008
63].
5 Volendo provare a tirare
le fila di quanto sin qui argomentato, si può sostenere che l’ordinamento
(Ordnung) può fregiarsi del crisma stesso della “giuridicità” in quanto possiede una localizzazione (Ortung), cioè
una sua delimitazione territoriale, dove quest’ultima - come specificato - costituisce
un diretto precipitato del fenomeno sociale: “… questo concetto generale di delimitazione
reciproca è tratto dal limite
spaziale, tuttavia essa costituisce soltanto, più profondamente, la cristallizzazione o spazializzazione dei
processi di delimitazione che sono i soli reali. … Il limite non è
un fatto spaziale con effetti sociologici, MA È UN FATTO SOCIOLOGICO CHE SI FORMA SPAZIALMENTE…” [G. SIMMEL, cit., 531].
6 Scopriamo clamorosamente,
quindi, come il “luogo” sia un’entità
fondamentalmente antropo-sociologica. L’essere umano, conferendo rilevanza
alla sua dimensione spaziale, ne individua e ne demarca continuamente i limiti,
cioè i confini. E si può abitare uno spazio solo se vengono tracciati confini,
cioè producendo spazi custoditi (territori):
“… noi cominciamo ad
operare distinzioni appena nati. Giungiamo in uno spazio non marcato (e ci
ritroviamo compresi in esso), indi eseguiamo il primo ordine: traccia una
distinzione! Così facendo siamo costretti a indicare quale parte della
distinzione scegliamo, e indicandola (può essere il nostro corpo) sviluppiamo
la distinzione. In seguito tendiamo a ripetere tale indicazione e in questo
modo si condensa la forma. Mediante la
condensazione, la parte indicata assumerà non solamente la qualità logica dell’identità,
ma anche la qualità metalogica della familiarità. La distinzione si sviluppa fino a sfociare nella distinzione tra
familiare e non familiare…” [N. LUHMANN, Familiarità, confidare e fiducia, in D. Gambetta,
Le strategie della fiducia. Indagini sulla razionalità della cooperazione,
Torino, 1989, 124]. E’ persin banale osservare che il limite o confine,
prima che categoria tutta normativa, è innanzi tutto esperienza materiale.
6.1 Se ciò è plausibile,
risulta “… un pò arbitrario tentare
di dissociare LA PRATICA EFFETTIVA DELLA LIBERTÀ, la pratica dei rapporti
sociali, DALLE DISTRIBUZIONI SPAZIALI. Nel momento in cui separiamo
queste cose, esse diventano incomprensibili. L’una non può essere compresa che
attraverso l’altra…” [M. FOUCAULT,
Biopolitica e liberalismo, Milano, 2001, 180]. Si ritornerà
sull’argomento parlando dei diritti fondamentali e della loro tutela.
Le porzioni di spazio de-limitate divengono quindi uniche ed irripetibili
e, come tali, connotano nella loro unicità ed irripetibilità le formazioni
sociali che le riempiono e che vi
agiscono come comunità politiche che
si danno regole di convivenza. A coloro i quali, invece, ritengono che i
confini siano un male, basterà rammentare come persino C. Schmitt sia
riuscito in modo persuasivo ad affermare che “il diritto e la pace poggiano originariamente su DELIMITAZIONI
IN SENSO SPAZIALE” [C. SCHMITT,
Il nomos, cit., 21].
Tale ultimo aspetto non dovrebbe apparire bizzarro, se si considera che
nello studio storico della relazione tra diritto
e confini, i giuristi non hanno mancato di evidenziare la “… capacità del confine di anticipare lo
scontro, di dirimere i potenziali conflitti, di permettere, se accettato,
una convivenza pacifica. Ed a questo
proposito i giuristi non mancheranno di alimentare la convinzione di un legame
etimologico tra le parole limite(m) e lite(m)…”. Per non parlare degli esempi offerti dalla letteratura
agiografica la quale ci informa come “…traslato dalla sfera privata a quella
pubblica e politica, il significato
simbolico del confine, coi suoi segni apotropaici e giuridici, fu il simbolo stesso della sicurezza e della identità territoriale…”.
7. Detto ciò, l’aver
assunto il Nomos schmittiano come
categoria interpretativa non equivale certamente ad assumerne al fondo anche le
inaccettabili conseguenze di cui infra,
quanto, semmai, ad evidenziare come le stesse siano state oggigiorno reintrodotte,
ma con modalità affatto diverse.
Al riguardo, non bisogna infatti
dimenticare come per Schmitt il Nomos
coincida comunque con il fatto originario della OCCUPAZIONE
della terra (“… all’inizio della storia
dell’insediamento di ogni popolo, di ogni comunità e di ogni impero sta sempre
in qualche forma il processo costitutivo di un’occupazione di terra…” C. SCHMITT, Il nomos, cit., 27). E l’occupazione
di terra istituisce il fenomeno giuridico secondo una duplice direzione:
“…verso l’interno, vale a dire internamente,
al gruppo occupante, viene creato con la prima divisione e ripartizione del
suolo il primo ordinamento di tutti i rapporti di possesso e di proprietà; in
questo modo ogni occupazione di terra crea sempre, all’interno, una sorta di
superproprietà della comunità nel suo insieme”;
verso
l’esterno, di contro, “… il gruppo
occupante si trova posto di fronte ad altri gruppi e potenze che occupano la
terra o ne prendono possesso…O si acquista una porzione di suolo da uno spazio
che era stato fino ad allora libero…oppure
viene sottratta al possessore e padrone riconosciuto fino ad allora una
porzione di suolo che viene trasmessa al nuovo possessore e padrone…” [C. SCHMITT, Il nomos, cit., 24].
8 Si
evince dai passi riportati come la occupazione della terra “… sia per Schmitt un evento niente affatto individuale e privato, bensì esclusivamente collettivo, e come dei due profili del nomos egli consideri quello esterno dell’appropriazione
primario rispetto a quello interno della divisione. Ritorna insomma la
tesi…del primato della politica come LOTTA TRA GRUPPI “ESISTENZIALE”,
vale a dire condotta fino allo sterminio
di uno dei due contendenti (o quantomeno al suo annientamento giuridico, alla
sua riduzione in schiavitù) al quale segue logicamente l’occupazione del
territorio da parte del gruppo vincitore…” [S. CARLONI, Terra contro Mare. Riflessioni sul nuovo
ordine mondiale a partire da Carl Schmitt, Roma, 2016, 49].
Il Nomos di
C. Schmitt – quale espressione tipica di un pensiero giuridico
decisionista, cioè basato sulla pura forza e del tutto refrattario al
riconoscimento della pluralità
ordinamentale – si basa in sostanza sulla semplicistica e brutale
distinzione amico / nemico (amicus/hostis),
ove quest’ultimo dev’essere annientato con violenza sino alla possibilità reale
della sua uccisione fisica.
9 Ne consegue che nella Weltanschauung schmittiana l’Ortung (localizzazione) viene a coincidere con
l’occupazione/invasione fisica e potenzialmente sconfinata di territori, mentre l’Ordnung (ordinamento) viene ad identificarsi con il detentore assoluto del potere a cui spetta la decisione suprema
ed a cui il popolo (ridotto a mero aggregato umano) è sottomesso in base ad un Führerprinzip.
Un tipico esempio di quanto
detto è riscontrabile nelle parole che Hitler pronunciò davanti al Reichstag
tedesco il 13 luglio 1934 dopo aver ordinato e fatto eseguire l’uccisione del
capo delle SA Röhm
e dei suoi seguaci. Hitler dichiarò a giustificazione dell’uccisione “Se qualcuno mi rimproverasse di non esserci
rivolti a normali tribunali per ottenere una sentenza, io posso solo dire: in
questa ora io ero responsabile del destino della Nazione tedesca e, in tal
modo, il più alto magistrato del popolo” [I. KERSHAW,
Hitler, Vol. 1, Milano, 1998, 653]. E’
noto che C. Schmitt, in un articolo dal titolo “Il Führer protegge il diritto”, nell’occasione “… espose un’argomentazione di abbellimento giuridico del fatto…” [M. MAIWALD, Diritto e potere, in Riv. italiana di diritto e
procedura penale, Milano, 2004, fasc. 1, 5].
9.1 L’ordinamento
concepito come pura forza ed eretto su basi predatorie e di dominio (“… il dominio è in primo luogo esclusivamente dominio sulla terra, e solo in seguito a
ciò dominio sugli uomini che abitano nella terra…”, C. SCHMITT, Il nomos cit., 26) trova poi naturale sponda nel c.d. normativismo, cioè in
quella concezione giuridica che, emancipandosi dalla materialità del territorio
(come luogo del politico, per definizione de-limitato) risulta funzionale a raccontare
del diritto positivo come riferito ad un generico e sconfinato spazio nonché
idoneo ad obliterare quella connessione ancestrale tra Ordnung e Ortung.
Un ordinamento come quello
descritto, non a caso, nella elaborazione teorica di Schmitt rimanda alla
ideologia nazionalista ed espansiva del Lebensraum, che vide in Friedrich
Ratzel il principale
teorico grazie alla sua opera Geografia
politica.
10 E’ così
intuitivo per la coscienza democratica la ragione per cui la Weltanschauung
di Schmitt merita reiezione che non pare necessario un particolare ulteriore approfondimento.
Dal punto di vista metodologico, in questa sede basterà però ricordare - anche
ai fini di quanto verrà di seguito ancora spiegato - la lezione di Santi
Romano, per il quale invece l’Ordinamento giuridico – che è necessariamente
“plurisoggettivo” [S. ROMANO,
L’ordinamento giuridico, Firenze, 1962, 61] - non coincide semplicemente con un insieme di norme, bensì
consiste in
“… un’unità in sé - e un’unità, si noti bene, non artificiale
o ottenuta con un procedimento di astrazione, ma concreta ed
effettiva” [Ibidem
13], dal momento che a sua volta il diritto è “… COSCIENZA CHE INCARNA LE RAGIONI DELLA COESISTENZA E DEL
SISTEMA IN CUI I SINGOLI SI UNIFICANO, che fa da mediatore, che appella al rapporto tra le
parti fra loro e col tutto, che è come l’incarnazione dell’io
sociale, del socius tipico…
il diritto non consacra soltanto il principio della coesistenza degli
individui, ma si propone soprattutto di vincere la debolezza e la
limitazione delle loro forze, di sorpassare la
caducità, di perpetuare certi fini al di là della loro vita naturale, creando
degli enti sociali più duraturi dei singoli…” [Ibidem, 19 e 40].
10.1 Del resto, non
bisognerebbe mai dimenticare che la “plurisoggettività ordinamentale” (che ha
per protagonisti gli Stati-nazione, ciascuno identificato dal trinomio “popolo-territorio-sovranità”) rappresenta
un principio fondamentale acquisito nel diritto
internazionale, ovvero nelle norme di jus cogens, “… nel senso che il loro rispetto rappresent[a] la (vera) condicio sine qua non della pace
e della sicurezza internazionale” [F. LATTANZI
in Dig. disc. pubbl.,
Torino 1987, 7, voce Autodeterminazione dei popoli]. Non si vuole
quindi negare che “… ci sono bensì
politica estera e diritto internazionale, ma, appunto, come un affacciarsi e
protendersi di diritto e politica al di là del confine,
onde l’uno si svolge inter-nationes e
l’altra si fa extera, ossia esce al di fuori e si indirizza allo straniero”
[IRTI, cit.,24].
In termini più comprensibili: la coincidenza perfetta tra diritto e territorio statale non trova
alcuna smentita nel diritto internazionale; quest’ultimo, semmai, in quanto
rete di impegni esterni, ma pur sempre derivanti dalla volontà statale,
continua a persistere nel circuito della sovranità statale e territorialmente
radicata. In tal modo l’equilibrio
diritto interno - -diritto internazionale risponde alla
collocazione della volontà normatrice degli Stati nella posizione più elevata
su un territorio. Insomma, “Gli Stati sono e restano i signori dei trattati”.
10.2 Un tale approccio,
d’altronde, “…
segna…la distanza di Romano dallo schema
monista della dottrina normativista. Come è noto, Kelsen riduce la
questione dei rapporti tra ordinamenti essenzialmente alle relazioni
intercorrenti tra diritto interno e diritto internazionale, risolvendoli
attraverso l'opzione “monista” della reductio ad unitatem” nella variante “… supremazia del diritto internazionale sul
diritto interno” [F. SALERNO, L'influenza
di Santi Romano sulla dottrina e la prassi italiana di diritto internazionale,
Riv. di Diritto Intern., Milano, 2018, fasc.2, 357 ss.]; laddove Santi Romano sostiene invece che “… in un dato ordinamento
originario le norme di un secondo ordinamento non possono avere valore se non
in base a norme del primo …” [S. ROMANO, cit.,
146].
E in una visione siffatta non esiste alcuna “trappola territoriale”, come si
affannano ad sostenere i soloni del cosmopolitismo liberista [cfr. J. AGNEW, The territorial trap: the
geographical assumptions of international relations theory] al fine di mettere in questione l’assunto della
centralità dello Stato nazionale per la spiegazione dei fenomeni politici, dal
momento che la pluralità ordinamentale non può essere concepita in termini oppositivi
e conflittuali, ma di uguaglianza e pari dignità. Tanto, come si tenterà di spiegare
in altra sede, è possibile solo sulla scorta delle Costituzioni democratiche che,
in termini generali, costituiscono già un confine. Il limite fondamentale.
Questo non è un post. È un trattato. Un articolo di ricerca da inviare per essere "revisionato da pari". (Se si trovassero "i pari").
RispondiEliminaMeno male che questo «è solo un blog»...
Identità e famigliarità strettamente collegati alla spazialità non possono che non presentarsi in termini antitetici al paradigma neoliberale in cui a delocalizzazioni, politiche migratorie "noborder" e soft-law sovranazionale si accompagna una fitta propaganda anti-identitaristica, di cui la famiglia in senso stretto viene riproposta non psicologicamente... famigliare.
L'approccio pluridisciplinare, si evidenzia, dà certezze "antirelativistiche" che il solo approccio monodisciplinare, per quanto rigoroso, non riesce a dare.
Si aspetta il sequel... :-)
Grande "consolazione" sapere che orizzonte48 continua a produrre lavori così ben fatti e approfonditi.
EliminaLe Costituzioni democratiche sono non soltanto il limite ma anche la linea di sviluppo della pluralità ordinamentale: non c'è sana negoziazione di riforma delle organizzazioni internazionali che non debba essere condotta sulla base dell'Umanesimo posto al centro del costituzionalismo sociale.
L'alternativa è il dilagare della sociopatia di pochi individui fino alla distruzione di ogni cooperazione effettiva e di ogni solidarietà che garantiscano la pace tra le nazioni.
Quanto sta accadendo a seguito dell'applicazione ordoliberista dei trattati europei ne è la prova sempre più evidente (e, al di là delle vicende italiane, sono convinto che non abbiamo ancora visto nulla degli effetti degenerativi legati all'ignorare, anzi al rimuovere, la dignità dell'essere umano in nome dei mercati...).
In fondo l'art.11 Cost. è puro "realismo etico": anche se non fosse stato scritto come è stato scritto, le cose andrebbero egualmente nella direzione da esso stabilita.
Solo che rispettando la legalità costituzionale, e non il duro insegnamento dei fatti, si evitano (si sarebbero evitate) inutili sofferenze per centinaia di milioni di esseri umani.
“Gli Stati sono e restano i signori dei trattati”
RispondiEliminaEd essere signori significa essere sovrani, cioè:
1) esercitare la sovranità territoriale internazionalmente riconosciuta;
2) esercitare la sovranità diplomatica;
3) esercitare la sovranità economico-monetaria;
4) esercitare la sovranità militare;
5) esercitare la sovranità culturale.
Il punto 5) è il più importante, chi perde la sovranità culturale (spesso a causa di una guerra persa) perde anche le altre sovranità (vedi caso recente del 1969).
Non smetterò mai di ringraziare abbastanza 48 & co. per l'incessante opera di ricostruzione della nostra sovranità culturale.
OT - Segnalo che sembra sia in corso una massiccia campagna di censura sui MSM (certamente negli USA) per evitare la diffusione di questa notizia.
RispondiEliminahttps://www.zerohedge.com/news/2018-07-16/putin-claims-us-intelligence-agents-funneled-400-million-clinton-campaign
Diversi siti 'alternativi' che hanno riportato la notizia (col dovuto risalto) risultano al momento sospesi (ma ancora accessibili digitando l'indirizzo IP numerico).
Scommetto che anche i media EU si allineeranno prontamente a quelli USA...
Deduce correttamente.
RispondiEliminaEra proprio il dibattito tra federalisti e antifederalisti americani nel'700: l'allargamento eccessivo del territorio rende inutile qualsiasi sistema di pesi e contrappesi, non solo a fini democratici ma anche al fine di un'oligarchia... liberale.
@Luca e Daniele
RispondiEliminaI diritti degli stati non sono "statici" ma "dinamici" .
Es.:
Tutti ci rendiamo conto che oggi esiste un confine non normato: il confine dei pacchetti internet, eppure nessuno ha proposto la cosa come un "confine violato" ma come un "problema" di natura tecnico giuridica.
Nel tempo che gli stati produrranno i trattati noi avremo una rete globale satellitare di uno o due privati .
La Cina ha gia' avvisato SpaceX: "Se voi fare broadcast verso nostro territorio noi buttare giu' satellite" .
Hanno risposto che non faranno broadcast verso la Cina.
La domanda fondamentale del cittadino e': mi sento piu' tutelato con un device Apple ed una rete SpaceX o un device Alcatel e rete Leonardo in gestione alla Sogei ?
Ognuno si da' la sua risposta .
Io preferiro' la coppia Apple-SpaceX , per la semplice ragione che so che lo fanno SOLO per profitto .
Una rete satellitare internet globale che ospiti tutte le piattaforme sottrarra' allo stato buona parte della propria "intermediazione" , cioe' della propria ragion d'essere.
Es.:
Banche = Paypal + Alipay + SumUp + .....
Ground trasportation:Uber , BlaBlaCar , ....
Turismo:Booking , Airbnb, ...
Acquisti generici: Amazon, Ebay , Trovaprezzi , .....
Questa sfida e' persa pertanto se non li puoi vincere alleati con loro , invece cio' che leggo (ovunque, in vari blog) sono tutte battaglie di retroguardia.
Compresa quella di Boeri che vuole farmi pagare la pensione da un africano: e' una idea sbagliata da vecchio ragioniere che usa dati del passato di un settore affine di un prodotto equivalente per fare il budget di un nuovo prodotto: non funziona mai.
I pensionati potrebbero lavorare gratis per lo stato: pensate che bello sarebbe se io ed altri due ex dirigenti industria andassimo a fare il controllo di gestione in SOGEI o CONSIP o .......
"Nel tempo che gli stati faranno i trattati..."uno o due privati"..."SOLO per profitto".
RispondiEliminaScusi, "dei trattati", oltre quelli in corso e quelli futuri, sono stati fatti e chi come me segue questo blog intenderebbe comprenderli proprio perché scritti da "uno o due privati solo per profitto"...
Cmq fino ad un paio di decenni fa "ti imbattevi" in docenti universitari radical chic di ingegneria (nella città e nella provincia "bene") che, pur senza muovere un dito, si applicavano per passione nelle scienze sociali con la stessa serietà che richiedono le scienze esatte... Poi le involuzioni non hanno risparmiato nessuno. La comunità scientifica dovrebbe ricominciare, per esempio, dall'ultimo post (Bazaar...feticismo...).