Con questo post di Voci dall'estero, apprendiamo di un report di Mediobanca al quale la c.d. "informazione" italiana non ha dato particolare risalto nella autentica sostanza delle sue analisi. A riferirci di queste ultime è, infatti, il Telegraph.
Andrebbe soggiunto che in realtà del "rapporto" Mediobanca più d'uno in Italia se ne era accorto; ma parlandone a mezza bocca, in quanto asseritamente "top secret"!...Sì, quanto può esserlo un paper di una merchant che esercita pressioni sul governo per accelerare sulle privatizzazioni.
In sostanza, le voci mediatiche enfatizzavano la cosa ("Il Tempo") essenzialmente come il preannuncio di un default, dal quale implicare ("Huffington Post") che stabilità politica e politiche di austerità e massicce privatizzazioni, specificamente quelle di Monti, sarebbero l'unica salvezza.
Questione di interpretazioni...non a caso.
Le analisi omesse, o sminuite nella loro portata di "notizia", dal sistema giornalistico italiano, va notato, ricalcano fedelmente l'analisi di Alberto Bagnai, anche nel parallelismo con la crisi argentina innescata dal cambio fisso col dollaro, e persino nella citazione del "ciclo di Frenkel".
E dato che Mediobanca ha una gloriosa militanza pro-vincolo esterno, e che il report non solo assume l'insostenibilità dell'euro ma implica anche la sua irriformabilità tempestiva per evitare il disastro, ancora una volta sappiamo che il giornalismo italiano (nonostante i troppo tardivi e del tutto parziali recenti mezzi aggiustamenti), è "più realista del re". Di più: è il vero architrave che sorregge il residuo consenso alla dominazione finanziaria sovranazionale, liberista e colonizzatrice (via "indispensabili" privatizzazioni)che va sotto il nome di "costruzione europea".
E' logico assumere che questa monocorde macchina propagandistica possa proseguire la sua opera solo fondandosi sul mantenimento di una certa fetta di consenso sociale, in assenza del quale, al restrostante potere finanziario, mancherebbe un peso politico-istituzionale. Questo cruciale aspetto ci riporta...ai pubblici dipendenti.
E, in sostanza, al sondaggio, esposto a Pescara, che ci dice che la posizione "pro-euro" alberga compattamente, parrebbe, nelle fila degli stessi lavoratori pubblici.
Siccome il punto mi pare importante, sottopongo alla vostra attenzione la veloce analisi compiuta commentando questo interessante post di Barbara Tampieri (corretto e ampliato in quanto necessario):
"La spiegazione dell'atteggiamento dei dipendenti pubblici, però non è nel fatto che sono stati trattati comparativamente meglio. Specialmente a partire dall'inizio della crisi. In realtà, la via della riduzione di personale, e di deterrenza disocuppazionale deflattiva, perseguita è essenzialmente passata per il blocco del turn over unito a flessibilità e precarizzazione dei survivors...da decenni! E per una conseguente desertificazione di quei nuovi assunti, specialmente in livelli superiori, che riduce la qualità di un'organizzazione già deprivata del livello minimo di investimenti.
Insomma, per adesso, più che di licenziamenti si è trattato di mancate assunzioni necessarie unite a precarizzazione (di cui la "esternalizzazione" è un'altra forma), per una struttura che, per vincolo costituzionale, "deve" esistere e non può essere eliminata dal mercato.
Ovviamente von Hayek aveva pensato anche a questo e teorizzava uno Stato ridotto a fare le strade, le segnaletiche ed a controllare il sistema di "pesi e misure" per le contrattazioni del libero mercato. Il resto poteva essere privatizzato: compresa la difesa e la polizia.
ll problema della scelta pro-euro, però, per quanto conosco il mondo del pubblico impiego (non poco, in decenni di attività professionale "collaterale" alla gestione della cosa pubblica), è di tipo paradossale: l'odio verso il pubblico impiego profuso a piene mani da pdl e lega "di governo", ha giocato nel senso che tutto ciò che sia attribuibile a tali forze, in base a quanto narrato dal sistema mediatico, viene visto automaticamente come una cosa in odio a loro.
In altri termini, utilizzando una grottesca proprietà transitiva, identificano la posizione anti-euro, in base alla vulgata di TV-giornaloni, come una cosa di centrodestra e non, come mi sgolo a cercare di spiegare, come una spinta di liberazione dal liberismo che soffoca il modello costituzionale. E questo certamente perchè TV-giornaloni si guardano bene dal lasciar capire quanto di liberista e oligarchico ci sia nell'€urocostruzione. Addirittura, come emerse in un acceso confronto che ebbi con una giornalista Rai, l'€urocostruzione viene vista come salvaguardia (internazionalista) del valore autonomo della cultura rispetto sia all'economia che alla degenerazione berlusconiana.
Per accorgersi di questa grossolana falsificazione della realtà, dovrebbero avere dei mezzi culturali-cognitivi che in generale gli italiani (ma anche gli altri europei, vi assicuro) non possiedono. Neanche i laureati, che, nella realtà capitalista odierna (anche pubblica) sono "specializzati" e quindi, quanto alla visione culturale "di sistema" si affidano a Repubblica e Corsera (nella migliore delle ipotesi; perchè potrebbero guardare solo la TV e essere avviluppati nei TG e "approfondimenti" di La7 e Rainews24).
La battaglia PER la diffusione della cultura, se posta in termini di verità altrimenti nascoste, risulta alla fine abbastanza facile nei loro confronti, una volta vinta la diffidenza di cui ho cercato di spiegare le ragioni.
E lo dico sulla base dell'esperienza diretta.
Il problema, in ultima analisi, è, per gli impiegati pubblici più che mai, MEDIATICO e pone, ancora una volta il quesito: COME ARRIVARE A LORO, AVENDO IL GIORNALISMO CHE ABBIAMO?
Non so come ma, mettendocela tutta, si potrebbe espugnare anche tale roccaforte senza incontrare particolari resistenze. Ma occorre una strategia mediatica efficiente che, oggi, pare (pare) di difficile attuazione. Ma oggi: e quindi non si sa fino a quando..."
Già, fino a quando, la roccaforte di questo consenso - a questo punto essenziale- potrebbe tenere?
Beh, potremmo dire che sarà almeno fino a quando i "livorosi", militanti in svariate forze politiche (nuoviste e, come abbiamo visto, con grandi tradizioni in questo campo), continueranno ad agitare pulsioni antisistema, accomunando, nella loro generica denuncia, la "finanza globale" con la corruzione e la spesapubblicaimproduttiva (starring: l'intero sistema dei pubblici dipendenti), creando il substrato di reazione difensiva per cui continuano a utilizzare l'equazione da proprietà transitiva sopra detta. Che siano in azione i vecchi o i nuovi livorosi anti-pubblico dipendente, in ogni modo, questo agevola la recettività verso la tambureggiante vulgata mediatica pro-euro.
Tuttavia, proprio dal post di Carmen da cui siamo partiti, va sottolineato un passaggio:
Mr. Guglielmi (autore dell'analisi, ndr.) ha detto che il governo ha previsto per il prossimo anno una crescita dell'1% , passando dall' 1.7% , all'1.8% all'1.9% e così via. E' una finzione. (Citigroup ha detto che la crescita sarà più vicino allo zero sino al 2017) . "A mala pena siamo cresciuti dell'1% all'anno durante i migliori anni del boom globale. Come faremo a farlo ora in tempi molto più difficili? "Il prof. Giuseppe Ragusa della Luiss Guido Carli di Roma ha detto che il governo si sta arrampicando sugli specchi, sperando che la ripresa mondiale riuscirà in qualche modo a portare l'Italia fuori dal guado. "Loro non stanno facendo nulla. La politica è completamente passiva, non funzionerà, perché siamo in una trappola del debito, ed a differenza della Spagna abbiamo continuato a perdere competitività nei confronti della Germania negli ultimi tre o quattro anni."
La crepa nella muraglia del PUD€, in effetti è aperta.
Tra il suo "crollo", cioè la definitiva "realizzazione" del problema da parte della totalità degli italiani, e la presupposta propagazione veloce della verità dei fatti, c'è solo un ostacolo in via di assottigliamento: il PUD€ MEDIATICO. Come ho già detto, le sue truppe di elite sono dentro a Report, ma pure quelli che abbiamo visto a Pescara (non tutti ovviamente) non erano...malaccio. Intanto ieri, il giornalista Giannino, a "la Gabbia", pareva aver iniziato a prendere "le distanze da se stesso"...
No dico: Saccomanni si sentirà più solo?