1. Vista la situazione dell'€uropa, lo status della vicenda greca e della stessa politica italiana, appare molto utile analizzare la sentenza (quella vera) della Corte di giustizia europea sull'Outright Monetary Transaction.
Il contagio potenzialmente derivante dalla crisi greca, infatti, potrebbe riportare alle già viste (nel 2011-2012) tensioni sugli spread dei paesi debitori con l'estero dell'area euro. Come il LTRO non risolse all'epoca il problema, allo stesso modo, il QE non pare in grado ora di fronteggiarlo, essendo espressione di una misura monetaria pro-quota, che agisce in modo da rispettare le proporzioni di partecipazione dei vari paesi alla BCE e quindi tende a lasciare inalterata la situazione di equilibrio/squilibrio reciproca (dei tassi di cambio reale, e cioè della competitività, e quindi del trend dei rispettivi crediti-debiti che riflettono gli accentuati rapporti di forza tra le economie dell'eurozona).
2. La sentenza attuale è stata, dai media italiani, annunciata come un sostanziale "via libera" alla stessa OMT e quindi alla possibilità di superamento, per via di intervento della banca centrale addetta all'euro, dei più gravi problemi della stessa valuta unica.
Noi sosteniamo che ciò non solo non sia vero nella "forma", cioè nella costruzione motivazionale della sentenza CGUE, ma neppure nella sostanza dei fenomeni economici e finanziari a cui la sentenza rinvia; in pratica assumendo tali fenomeni come "dati", certi in ipotesi, senza alcuna seria riflessione sull'effettivo senso economico delle norme dei trattati e senza alcuna capacità logico-critica legata ai dati provenienti dalla realtà economica dell'euro-zona.
L'OMT risulta così, in partenza, un'arma spuntata e, anzi, come conseguenza degli assunti presi come scontati e unquestionable dalla Corte, addirittura potenzialmente dannosa per la sovravvivenza del (residuo) benessere economico dell'area-euro.
3. Per comprendere la decisione della CGUE risulta utile attenersi al comunicato stampa da questa emesso all'indomani dell'annuncio della sentenza stessa.
La motivazione per esteso della sentenza è ritrovabile qui; ma, non contiene sostanziali e rilevanti concetti aggiuntivi rispetto al comunicato stampa, atteso il consueto stile redazionale della Corte, che ricorre a frequenti e ridondanti parafrasi (e perifrasi o circonlocuzioni), delle norme e degli assunti da dimostrare, per..."interpretare" le prime e "dimostrare" i secondi. Cioè reitera lo stesso concetto con altre parole, più volte, creando sviluppi argomentativi solo apparenti e che si risolvono in mere petizioni di principio (schema logico del paralogismo: "poichè è così ne consegue che è così").
Non che il comunicato stampa sia molto diverso, nell'uso della parafrasi e della circolocuzione reiterative e autodimostrative, mediante paralogismo (ma non poteva essere diversamente, dato che ridurre una serie di paralogismi espansi porta solo a paralogismi sintetici o "di secondo grado"); ma almeno l'esigenza di operare una sintesi consente di cogliere con maggior immediatezza i capisaldi delle affermazioni della Corte.
4. Vediamo dunque qualche passaggio essenziale:
"La Corte constata che il programma OMT, alla luce dei suoi obiettivi e dei mezzi previsti per raggiungerli, rientra nella politica monetaria e dunque nelle attribuzioni del SEBC.
Da un lato, mirando a preservare l’unicità della politica monetaria, il programma OMT contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di tale politica, nella misura in cui quest’ultima deve, secondo i Trattati dell’Unione, essere «unica».
Dall’altro lato, mirando a preservare un’adeguata trasmissione della politica monetaria, il suddetto programma è, al tempo stesso, idoneo a preservare l’unicità di tale politica e a contribuire all’obiettivo principale di quest’ultima, che è il mantenimento della stabilità dei prezzi.
Infatti, l’idoneità del SEBC ad influire sull’evoluzione dei prezzi mediante le sue decisioni di politica monetaria dipende, in larga misura, dalla trasmissione degli impulsi che esso emette sul mercato monetario ai vari settori dell’economia. Di conseguenza, un funzionamento deteriorato del meccanismo di trasmissione della politica monetaria può rendere inoperanti le decisioni del SEBC in una parte della zona euro e mettere così in discussione l’unicità della politica monetaria. Inoltre, poiché un funzionamento deteriorato del meccanismo di trasmissione altera l’efficacia delle misure adottate dal SEBC, la capacità di quest’ultimo di garantire la stabilità dei prezzi risulta necessariamente pregiudicata. Il fatto che il programma OMT possa eventualmente contribuire anche alla stabilità della zona euro (il che rientra nella politica economica) non vale a rimettere in discussione detta valutazione. Infatti, una misura di politica monetaria non può essere equiparata ad una misura di politica economica per il solo fatto che essa può avere effetti indiretti sulla stabilità della zona euro".
Già questo fondamentale passaggio esplicativo contiene una serie impressionante di inesattezze e di contraddizioni. E questo alla luce della stessa teoria monetarista che, senza alcun cenno di consapevolezza e cura di giustificarne l'attendibilità, la Corte fa implicitamente ma fermamente propria.
L'OMT, tanto per cominciare dall'inizio, è un programma di acquisti di titoli del debito pubblico mirati su uno specifico paese, piuttosto che, - come (almeno potenzialmente) avviene per LTRO, TLTRO e QE-, egualitariamente spalmato, in proporzione a delle quote prestabilite, su tutti i paesi dell'eurozona.
Dunque, l'OMT rompe l'unitarietà della politica monetaria piuttosto che riaffermarla; più precisamente ne rompe la "centralità", cioè il carattere accentrato e distribuito indifferenziatamente sull'intera eurozona, per delle esigenze prese in considerazione, dalle stesse norme europee, come unitarie e non rifrangibili in problematiche dei singoli Stati. Questa ora evidenziata è la vera caratteristica statutaria della politica monetaria affidata alla BCE, cosa che pare sfuggire alla CGUE, che subito introduce un equivoco concetto di "unità" di cui l'OMT sarebbe una manifestazione, che non ha fondamento nè tecnico, nè letterale, nell'art.127 del TFUE e tantomeno negli artt. 2 e 3 dello Statuto SEBC-BCE.
Recita infatti l'art.3 dello Statuto:
Articolo 3
Compiti
3.1. Conformemente all'articolo 127, paragrafo 2, del trattato, i compiti fondamentali assolti tramite il SEBC sono:
— definire e attuare la politica monetaria dell'Unione;
— svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell'articolo 219 del trattato;
— detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;
— promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.
Questa la norma quanto al paragrafo che ci interessa e che, in ordine alla questione dell'OMT (cioè se essa rientri o meno nella politica monetaria), si limita al primo alinea: "la politica monetaria dell'Unione", in quanto tale risulta chiaramente unica, nel senso di "indifferenziata" e non scindibile rispetto alle esigenze di un singolo paese, quindi inevitabilmente centralizzata (come il QE, appunto).
5, Ma c'è di più: la CGUE, nel suo ragionamento, aggancia l'esigenza dell'OMT, in modo alquanto disinvolto e indimostrato, cioè apodittico, al compito di preservare la stabilità dei prezzi, cioè al mandato principale e prioritario - nel senso di non derogabile alla luce di alcuna circostanza o valore subordinatamente concorrente, sia pure enunciato in via statutaria - e introduce, a rafforzamento di ciò, il curioso accostamento con i meccanismi di trasmissione della politica monetaria.
Ebbene, appare arduo dimostrare, proprio alla luce della accolta teoria monetaristica, che l'OMT sia collegabile alla stabilità dei prezzi.
Quest'ultima significa che l'inflazione nei vari paesi dell'area euro deve tendere ad un valore unico e condiviso stabilito in un target che, attualmente, è quello del 2% (da notare che della fissazione di tale specifico target non parla affatto nè il Trattato, nè lo Statuto SEBC-BCE: il target di inflazione si connette all'idea monetarista che il livello dei prezzi sia legato alla offerta di moneta da parte della Banca centrale alla quale spetta soltanto, in prima ed esplicita attribuzione di potere, la fissazione dei tassi di interesse, che, a sua volta, sempre negli assunti monetaristi, influenzerebbe la moneta circolante, scendendo dalla moneta emessa dalla banca centrale - nell'UEM esclusivamente a favore del sistema bancario- fino all'aggregato monetario quantitativamente disponibile per le transazioni tra soggetti economici, detto M3).
Questo dato, normativizzato, cioè trasposto nelle disposizioni dei trattati sulla politica monetaria, potrebbe giustificare l'OMT come misura, eccezionalmente non "unitaria" in sè, ma strumentalmente (in funzione dell'obiettivo della stabilità dei prezzi "unitaria") differenziata per ciascuno Stato di volta in volta beneficiario.
Essa costituirebbe cioè una misura idonea a ripristinare l'unicità del livello inflattivo, e quindi a raggiungere il principale obiettivo della politica monetaria, che è la stabilità-unicità dell'inflazione (sul target prefissato) in ogni parte dell'area euro.
Nel caso, ciò dovrebbe risolversi in un aumento mirato, e su un singolo Stato, dell'offerta di moneta, e in generale della liquidità apprestata ad un paese. Simultaneamente, esso, nell'assunto monetarista, si risolve in una misura reflattiva: cioè l'offerta di moneta in quel singolo Stato aumenterebbe e questo riportebbe la sua inflazione in alto, verso l'obiettivo del target.
Ciò presuppone - ed è questo un punto essenziale, non a caso taciuto dalla sentenza CGUE- che tale paese sia in una situazione di deflazione, ovvero di minor inflazione rispetto al target e, comunque, minore in misura rilevante rispetto alla media europea, rilevata in base al peso ponderato dell'inflazione registrata negli altri paesi "principali".
6. Questo dunque sarebbe l'assunto che potrebbe (il condizionale è d'obbligo, data la non incondizionata dimostrazione e accettazione scientifica della validità dell'equazione di base che sottosta allo stesso monetarismo) giustificare l'intervento dell'OMT.
Ma noi sappiamo che così non è: l'OMT, per sua dichiarata funzione, agisce sui prezzi di collocamento dei titoli del debito pubblico (sia pure in via di intervento sul mercato "secondario" e non su quello di emissione dei titoli sovrani), cioè intende impedire che tali prezzi siano troppo bassi e, per opposta simmetria, troppo alti i rendimenti dei titoli del debito pubblico rispetto a quanto fissato in sede di collocamento dal singolo Stato.
L'OMT, infatti, vuole ovviare al problema degli spread, che facendo innalzare i rendimenti di un paese, rispetto a quanto ottenuto nella stessa sede dallo Stato più "competitivo" sul mercato dei titoli (com'è noto la Germania, sui cui collocamentiviene tarato, in media, lo spread), rende per quel Paese eccessivamente costoso il servizio del debito pubblico, costringendolo a una dura politica di bilancio per rientrare nel target di indebitamento-deficit vincolante i paesi dell'eurozona.
7. Dunque, l'OMT, risulta in sè estranea ad un reale obiettivo attinente alla stabilità dei prezzi: e ciò proprio rammentando che, normalmente, almeno nella fase iniziale della crisi degli spread sul debito sovrano, gli Stati interessati avevano registrato, - ed accumulato per anni!-, tassi di inflazione più alti, e non più bassi, di quelli dei paesi bench-mark (la solita Germania), e comunque più alti dell'inflazione media dell'eurozona (e del solityo target al 2%).
Ebbene, in tale situazione, acuitasi progressivamente nei primi anni di vita dell'euro, la BCE non aveva sentito alcun bisogno di intervenire sul versante di quello che sarebbe il "core" statutario della politica monetaria consentitale: e quindi anche solo ipotizzando misure di intervento differenziate per provvedere alla reflazione o disinflazione dei paesi interessati dai differenziali. E certo questi interventi sarebbero stati previdenti e dotati di un timing essenziale (ammesso che la politica monetaria, nonostante la sua versione monetarista accettata in UEM, sia in grado di ovviare a tale problema).
Gli spread, d'altra parte, non si manifestavano come un problema, nonostante l'accumulo di differenziali inflattivi e di indebitamento estero dei paesi più "inflazionisti". E di questo fenomeno, di questa realtà, non c'è traccia nella sentenza CGUE!
La situazione attuale, parimenti ignorata dalla BCE, è che paesi potenzialmente candidati all'OMT, in particolare i PIGS, hanno un'inflazione più bassa di quella della Germania (per lo più: sicuramente tale è il caso dell'Italia o della Spagna).
Ma, come abbiamo visto, il presupposto dell'intervento della BCE è l'eccessivo costo del debito pubblico attestato dagli spread e non il differenziale di inflazione: non lo era prima quando tale inflazione nei paesi PIGS (cioè indebitati con i paesi creditori dell'eurozona), era più alta, non lo sarebbe ora, che l'inflazione risulta più bassa.
dati sull'inflazione nell'euro zona al 2014 - http://www.economy2050.it/inflazione-europea-bassa/
Esemplificativa la situazione italiana:
8. Tralasciamo la circostanza (non trascurabile) che tutte le politiche economiche e fiscali imposte dalle istituzioni UEM (Eurogruppo, Commissione e BCE, raggrumate nel c.d fiscal compact), - anch'esse del tutto ignorate nella sentenza CGUE- abbiano evidenziato, come loro antecedente, un clamoroso fallimento della politica monetaria della BCE, dimostrando semmai che il livello dei prezzi non è affatto controllato dall'offerta di moneta della Banca centrale (nonostante i LTRO, TLTRO e lo stesso QE), meno che mai in misura unitaria in tutta l'area euro.
Rimane comunque che quello che, nei fatti, l'OMT deve fronteggiare quale "rimedio", è proprio l'opposto del problema a cui l'offerta aggiuntiva di moneta - esplicata mediante l'acquisto dei titoli- dovrebbe sopperire in attuazione della politica monetaria consentita alla BCE dal suo Statuto: l'OMT dovrebbe infatti evitare che, attraverso il concorso del "vincolo esterno" fiscale, cioè il target di bilancio, il peso della correzione imposta ai paesi che hanno registrato un cumulo pregresso di inflazione - e quindi hanno operanto una rivalutazione interna dei propri tassi di cambio reale con accumulo di posizioni sull'estero eccessivamente negative - divenga insostenibile.
Quindi l'OMT dovrebbe evitare che l'appartenenza all'euro si risolva in una eccessiva austerità fiscale e quindi in un'eccessiva recessione-stagnazione unita a deflazione (o ad una situazione prolungata di inflazione eccessivamente bassa rispetto al target dell'eurozona).
Ma è evidente che tale misura adottata dalla BCE si risolve in un aiuto alle finanze pubbliche, attuato non tanto in violazione dell'art.123 del TFUE (che, come nota anche la Corte, vieta l'acquisto diretto dei titoli di Stato non quello, come nel caso dell'OMT, sul mercato secondario), quanto degli artt. 124 (divieto di accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie UEM) e 125 (divieto di responsabilità dell'Unione o di uno Stato per il debito contratto da un altro Stato dell'eurozona).
L'OMT, piuttosto, consente di supplire a quanto i "mercati" costringerebbero a pagare in termini di maggiori interessi, che costituiscono pur sempre una spesa pubblica (cioè un "impegno assunto" dal singolo Stato "soccorso") che deve comunque trovare copertura in tendenziale pareggio di bilancio (e sicuramente nel pesante limite del 3%, fisso e invariabile).
Quello che, obiettivamente, dovrebbe essere l'obiettivo dell'OMT, è di evitare di costringere i paesi con un tale differenziale di finanziamento sui mercati, a indebolire la propria domanda interna, e la propria crescita, ben al di là di qualsiasi limite di ragionevolezza (la stagnazione e la recessione causate dall'austerità fiscale, oltre un certo limite temporale, come si constata in Grecia, ma anche in Italia, divengono distruttive, e in modo irreversibile, della capacità produttiva presente e futura di uno Stato).
Dunque, in termini molto pratici, se considerata nei suoi effettivi e comunemente noti presupposti, si tratta di una misura che concorre alla politica fiscale €uro-imposta, mitigandola, e ha essenzialmente presupposti e finalità di politica economica.
La Corte europea ignora completamente tutto ciò; in sostanza, come potete constatare dalla lettura, parla d'altro: di qualcosa che dissimula, dietro a formule non ben definite e non utilizzate con coerenza e rigore scientifico-economico, un tentativo di portare sul piano della politica monetaria qualcosa che appartiene a presupposti e ad obiettivi di politica economico-fiscale.
9. Certo, partendo da formule para-economiche, astrusamente ritratte dalle norme europee, e neppure coerenti col senso della dottrina economica abbracciata, ed evitando di considerare i "fatti" storicamente concreti in cui si colloca l'idea dell'OMT, si può sostenere di tutto: specie facendo il segnalato largo uso di parafrasi e perifrasi.
Ma non si può evitare di scrivere cose astruse, appunto, e contrarie ai fatti. Ed alla sostanza economico-scientifica.
Dire, come fa la Corte, che la "stabilità dell'area euro", cui contribuerebbe solo "incidentalmente", l'OMT, sarebbe un compito di politica economica, non spettante alla BCE-SEBC, è intimamente contraddittorio. La verità è che la politica monetaria, quale intesa proprio dai monetaristi, è la forma principale e praticamente unica di politica economica compatibile con l'equilibrio del sistema.
a)
si ristabilisce la fiducia nell’operare dell’economia di mercato (cioè
nel modello generale domanda-offerta avulso dai fenomeni di
concentrazione del potere di impresa);
b) si assegna una più elevata priorità all’obiettivo della stabilità dei prezzi;
c)
quindi si attribuisce all’intervento pubblico e alle autorità monetarie
la residuale ed esclusiva responsabilità del processo inflazionistico.
...Friedman si richiama esplicitamente alla teoria quantitativa e ne propone una riformulazione:
-
gli operatori prendono le loro decisioni sulla base delle variabili
reali del sistema, che riflettono il loro potere di acquisto;
-
la domanda di moneta si mantiene stabile nel tempo: esiste cioè
evidenza empirica di una relazione funzionale stabile tra questa e i
fattori che la determinano.
In base a queste nuove ipotesi, Friedman dimostra che il tasso di variazione dei prezzi (cioè il tasso di inflazione) è pari alla differenza tra il tasso di crescita dell’offerta di moneta e il tasso di crescita della domanda di moneta per fini transattivi.
La
politica di stabilizzazione del ciclo economico, in questa ottica,
passa per le seguenti ineludibili vie (che trovano una evidente Eco in
molti tratti delle attuali politiche monetarie propugnate da Bundesbank
e, di riflesso, dalla BCE):
1) le autorità possono ridurre la disoccupazione al di sotto del tasso naturale solo nel breve periodo e solo perchè il livello di inflazione non è ancora anticipato in modo corretto. L’ipotesi di aspettative adattive
implica aggiustamenti graduali e non immediati delle aspettative e la
politica fiscale può ancora essere efficace nel breve periodo;
2) qualsiasi
tentativo di tenere il livello della disoccupazione al di sotto del suo
tasso naturale produce solo una accelerazione della inflazione;
3) se si intende ridurre il tasso naturale di disoccupazione e quindi aumentare il livello dell’output è necessario perseguire politiche dal lato dell’offerta per migliorare la struttura e il funzionamento del mercato del lavoro piuttosto che politiche dal lato della domanda;
4)
il tasso naturale di disoccupazione, (come abbiamo visto), è
compatibile con qualsiasi tasso di inflazione che a sua volta è
determinato dal tasso di espansione monetario come postulato dalla
teoria quantitativa. Data la convinzione che l’inflazione è
essenzialmente un fenomeno monetario dovuto ad un eccesso di crescita
monetaria, i monetaristi affermano che l’inflazione può essere ridotta solo riducendo il tasso di crescita della offerta di moneta."
11. Nella concezione monetarista, dunque, la politica economica si riduce principalmente alla politica monetaria, cioè alla corretta e dinamica determinazione dell'offerta di moneta da parte della banca centrale, agendo principalmente sul livello del tasso di interesse, ammettendosi solo mirate e limitate politiche fiscali sul c.d. "lato dell'offerta" (cioè di abbassamento dei costi delle imprese, essenzialmente per il "perfezionamento" del mercato del lavoro flessibilizzato).
Come si possa distinguere la politica monetaria da quella economica, e quindi, ritenere che sia estranea ai compiti affidati alla BCE la stabilizzazione dell'area euro, è teoricamente inspiegabile, utilizzando il bagaglio teorico-concettuale che la stessa Corte ha scelto di utilizzare.
Il punto è che fare questa curiosa distinzione tra politica monetaria, clou della politica economica tout-court, in "ambiente" monetarista, e politica economica in senso stretto, è un controsenso teorico-scientifico (e quindi la creazione-ratifica di un monstruum per via giurisdizionale) che nasce da due ragioni (entrambe non esplicitate, ed anzi tenute nascoste, dalla sentenza CGUE):
a) la difettosità istituzionale della moneta unica, che impedisce (esplicitamente) persino alla banca centrale di tentare di supplire alla
mancanza di un governo federale di trasferimenti all'interno dell'area
valutaria unica, tra Stati con governi nazionali che rimangono
differenziati, difettosità attestata dai segnalati divieti di cui agli artt. 123-124-125 del TFUE, nonchè dalla monca formulazione della mission BCE-SEBC di cui agli artt.127 e 2 dello Statuto;
b) la non neutralità dell'approccio economico monetarista, che tende a riversare ogni correzione degli squilibri economici sul mercato del lavoro, mentre, con ciò, come dimostra la realtà europea, si ottiene persino la sostanziale inefficacia delle politiche economiche-fiscali sul lato dell'offerta.
In sintesi, la tensione esclusiva, di ogni possibile politica economica istituzionalmente ammessa in UEM, a contenere l'inflazione entro un certo target, determina, a valle, per imposizione ai singoli Stati, un mercato del lavoro che priva di vitalità la domanda interna e paralizza l'economia in una crisi di liquidità, sempre pronta a trasformarsi in crisi di insolvenza, praticamente irrisolvibile.
Da ciò l'ulteriore conseguenza della impotenza del monetarismo, e quindi degli strumenti monetari e fiscali ammessi dai trattati, a svolgere politiche reflattive capaci di rilanciare la produzione.
12. Se questo è il quadro, non deve certo stupire che la Corte amplifichi le sue contraddizioni col caratterizzare la specificità della politica monetaria, a cui sarebbe (abbiamo visto "misteriosamente") legata l'OMT, col legame al ripristino dei "meccanismi di trasmissione della politica monetaria".
E' proprio in tali meccanismi che, all'opposto esatto di quanto ritenuto dalla Corte, si ritrova la natura di politica economica tout-court della politica monetaria in base alla teoria monetarista.
La conclusione è che il richiamo che fa la Corte indebolisce e sottrae ogni attendibilità e ogni verosimiglianza scientifica al ragionamento da essa svolto.
In particolare risulta del tutto inspiegabile come possa, l'impedimento a svolgere l'OMT, minare alla base la capacità della BCE di perseguire la stabilità dei prezzi, quando l'OMT non viene affatto decisa per ovviare a ragioni di instabilità dei prezzi, agendo a posteriori, e in termini di soccorso di liquidità apprestato direttamente agli Stati (singoli prescelti), in una situazione in cui si è già dimostrata l'incapacità dell'azione sui tassi di interesse di perseguire tale stabilità e di imporre all'area valutaria un unico livello dell'inflazione.
Come possa connettersi l'OMT ai meccanismi di trasmissione monetaria - dati i suoi presupposti sostanziali sopra evidenziati- e come possano estraniarsi questi stessi presupposti proprio dalla politica economica, è un vero e proprio clamoroso salto logico (che si aggiunge agli altri, in premessa) della sentenza CGUE.
13.1. Il canale del tasso di interesse
Questo costituisce la più classica dimostrazione che la politica economica monetarista coincide con quella monetaria. Da rilevare come l'OMT, a differenza della diretta e ben diversa manovra sui tassi, non possa avere alcuna influenza sui tassi di accesso del sistema bancario nazionale al rifinanziamento da parte della BC, che rimane fissato nel previsto modo "unico".
Certo, se parliamo di OMT, sovviene la possibilità di interventi fiscali di sostegno al sistema bancario nazionale, agevolata dalla riduzione della spesa per interessi sul debito, sostegno (a carico dei contribuenti) che può condurre ad una certa ripresa del credito interbancario. Ma non si tratta certo di una manovra di tipo monetario, quanto sicuramente fiscale (sul lato dell'offerta, intervenendosi sui bilanci di un settore industriale specifico, per quanto pesantemente coinvolto nella creazione di moneta...privato-bancaria, non connessa alla banca centrale).
"Una manovra espansiva di politica monetaria () determina una subitanea riduzione dei tassi ufficiali (),
riducendo dunque il prezzo che le singole banche commerciali debbono
corrispondere alla Banca Centrale per accedere al rifinanziamento.1 In condizioni "normali", anche il tasso interbancario dovrebbe ridursi () generando un’espansione dei prestiti tra singole banche. Queste ultime, a loro volta utilizzeranno questo eccesso di liquidità
acquistando attività finanziarie ed erogando maggiore credito al
settore privato. Sul mercato dei titoli, l’aumento della domanda
esercita una pressione al rialzo dei prezzi ed un’ulteriore contrazione
dei tassi di interesse nominale che, a parità di aspettative di
inflazione, si riflettono in una riduzione del tasso di interesse reale (). Tutto ciò favorisce l’andamento della domanda interna attraverso l’espansione di investimenti e consumi ()..."
13.2. Il canale dei prezzi delle attività finanziarie
Anche qui, funzione ed effetti sono tipicamente sul piano della politica economica, predicandosi un presunto effetto di maggior propensione all'investimento degli utilizzatori di capitali e un effetto ricchezza connesso alla ricchezza mobiliare delle famiglie. In parte ciò potrebbe connettersi come effetto indiretto all'OMT (se i prezzi dei titoli del debito pubblico si rivalutino); ma abbiamo già constatato, nel caso del LTRO, come ciò, in presenza di una crisi da domanda, possa rinforzare essenzialmente i bilanci delle banche senza rilevanti effetti sull'ampliamento di credito alle imprese e sui consumi. Anzi, con un effetto nullo in questo senso.
"Come
accennato al punto precedente, una politica monetaria espansiva è in
grado di esercitare una forte pressione al rialzo dei prezzi delle
attività finanziarie (), aumentando il valore di mercato delle imprese in rapporto al costo di ricostituzione del capitale (la cosiddetta q di Tobin,) ed influenzando positivamente il valore della ricchezza mobiliare delle famiglie (). Ciò dovrebbe tradursi da un lato in un aumento degli investimenti da parte delle imprese ()
e dall’altro, assumendo che i consumi delle famiglie dipendano
positivamente dallo stock di ricchezza, in un’espansione dei consumi
privati ()"
13.3. Il canale del credito interno
Valgono a fortiori le considerazioni svolte in precedenza: si tratta di un canale che agisce anch'esso sul piano della politica economica e che non si trasmette (se non in misura molto modesta) a investimenti e consumi, nell'attuale situazione dell'eurozona.
"Questo canale di trasmissione è legato all’attivo del bilancio delle
banche commerciali e specificatamente alle poste relative ai
finanziamenti concessi alle imprese e il portafoglio titoli finanziari.
Quando la politica monetaria determina variazioni nei tassi di
interesse, le banche commerciali possono trovare profittevole riallocare
parte delle proprie attività fruttifere.2 In particolare, è
stato chiarito come l’espansione monetaria operata dalla Banca Centrale
abbia reso più liquide le banche commerciali aumentando le loro riserve ().
Tra le varie modalità attraverso cui investire questa liquidità,
abbiamo visto esservi l’erogazione del credito al settore privato ().
Si tratta di una finalità istituzionale delle banche commerciali, la
cui espansione determina effetti positivi sia sugli investimenti delle
imprese che sui consumi delle famiglie."
13.4. Il canale del tasso di cambio
Questo meccanismo di trasmissione non può per definizione agire nel caso dell'OMT, cioè come sua funzione di riequilibrio tra singoli paesi all'interno dell'eurozona; questa, ontologicamente, non prevede tassi di cambio nominali relativi tra i vari Stati aderenti, tant'è che lo vediamo (in parte) realizzato ora con il QE e ovviamente solo rispetto ai cambi nominali relativi extraUEM.
"La politica monetaria
agisce ovviamente anche sul tasso di cambio. In particolare, si è visto
come l’aumento della quantità di moneta in circolazione determini una
riduzione del tasso di interesse nominale interno. Ciò determina un
differenziale negativo tra i tassi di interesse (, dove con si
indica il tasso di interesse nominale estero) e – in presenza di
perfetta mobilità di capitali e perfetta sostituibilità delle attività
finanziarie –un deprezzamento del cambio nominale ()
dovuto alla simultanea crescita della domanda di valuta estera e
dell’offerta di valuta interna sui mercati valutari. Assumendo costanti
il livello dei prezzi estero ed il livello dei prezzi interno (come è
ragionevole credere che sia nel breve periodo), il deprezzamento del
cambio nominale si traduce in un conseguente deprezzamento reale () che, qualora siano soddisfatte le cosiddette condizioni di Marshall-Lerner, esercita un influsso positivo sul saldo delle partite correnti () e dunque sul reddito aggregato."
14. Ma un altro punto è da evidenziare: se da quanto precede, e da quanto specificato su natura ed effetti dei canali di trasmissione della politica monetaria, si comprende la esilità concettuale della distinzione tra politica monetaria e politica economica nel quadro istituzionale UEM nonchè la insanabile contradditorietà del voler contraddistinguere come "monetario" il carattere dell'OMT proprio riconnettendolo ai vari "canali di trasmissione", la Corte poi aggiunge un ulteriore ingrediente alla sua analisi che...taglia la testa al toro.
"Le caratteristiche specifiche del programma OMT non consentono di affermare che esso sia equiparabile a una misura di politica economica.
Per quanto riguarda il fatto che l’attuazione del programma OMT è subordinata al rispetto integrale, da parte degli Stati membri interessati, di programmi di aggiustamento macroeconomico del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) o del Meccanismo europeo di stabilità (MES), non si può certo escludere che tale caratteristica abbia incidenze indirette sulla realizzazione di taluni obiettivi di politica economica. Tuttavia, simili incidenze indirette non possono implicare che il programma OMT debba essere considerato come
una misura di politica economica, poiché risulta dai Trattati dell’Unione che, fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC contribuisce alle politiche economiche generali nell’Unione".
15. Pietra tombale sull'efficacia residua e inconfessabile dell'OMT: esso è subordinato al "rispetto integrale di programmi di aggiustamento macroeconomico", stranamente indicati come imposti dal MES (o dal "fu" EFSF), senza menzionare trojke varie.
Ma il punto non cambia molto: quand'anche uno Stato acquistasse un po' di respiro dalle pressioni dei "mercati", e disponesse di un certo limitato spazio di intervento fiscale per svolgere una qualsivoglia politica economica, questa sarebbe comunque attratta nella sfera delle politiche di stabilità €uropea; cioè nell'austerità fiscale, nelle privatizzazioni e nelle incessanti riforme del mercato del lavoro.
Tant'è vero che, in fin dei conti, la Corte, abbandonando la curiosa tesi della distinzione tra politica-monetaria=OMT e politica economica, ci dice (e, in fondo, "confessa") che poco importa distinguerle: in fondo l'austerità vince sempre, anche in caso di OMT.
E quindi dentro l'area euro non c'è altra soluzione che una politica fiscale "credibile" (a dispetto di qualsiasi livello di politica monetaria espansiva): lo smantellamento di qualsiasi intervento dello Stato a sostegno della domanda interna, per indurlo solo a perseguire misure di competitività. A favore essenzialmente dei creditori esteri.
E pensare che la Germania ha avuto ragione; e infatti non risulta che abbia protestato molto per questa sentenza. Che più che un "via libera" al lender of last resort (o più esattamente al "tesoriere") per un singolo paese, è una ratifica (giuridicamente fantasiosa se non insanabilmente contraddittoria) del "modello Grecia" e...del modello "lettera BCE all'Italia dell'estate 2011"
Ma, si sa, la Germania non è mai contenta...