Pubblichiamo questo importante post di Francesco Maimone, prima parte di un approfondimento che appare importante e necessario in questo peculiare momento storico.
“… se gli uomini dei Paesi occidentali non
vogliono trovarsi un giorno in una di quelle mostruose società descritte nei
romanzi avveniristici, … società d’insetti specializzati, gerarchizzati e indifferenti, bisogna che procedano ad
un vasto rinnovamento della loro concezione e della loro pratica della democrazia”
[L. BASSO, citando P. Mendès
France]
***
1. L’“emergenza”
Covid-19 ha innescato la prevedibile propaganda pro vaccini più di
quanto non sia avvenuto per l’adozione del “Decreto Lorenzin”
(D.L. 7 giugno 2017
n. 73, convertito in L. 31 luglio 2017, n. 119). E poiché ci è stato detto che “Lascienza non è
democratica” (qui, p.6), gli espertologi di turno
si stanno cimentando nel perfezionamento della loro comunicazione da consegnare
di volta in volta alla grancassa mediatica, esternando vieppiù con precisione anche
i metodi che secondo loro andrebbero utilizzati contro i riottosi “negazionisti
no-vax” che osassero soltanto pensare di rifiutare l’iniezione. A tale
riguardo, taluno ha voluto farci sapere, con piglio
arcigno e senza pregiudizi, che “…
Quelli che lavorano contro i vaccini, quelli dovranno essere zittiti, non bisognerà nemmeno dargli
il diritto di parola, da nessuna parte…davvero questa volta non scherziamo più”; qualcun altro, in stile altrettanto pacato e liberale,
ha invece affermato: “… Io penso che lo Stato prima o poi dovrà prendere per il collo
alcune persone per farle vaccinare”.
2. Ora, poiché non consta
che l’art. 21 Cost. sia stato formalmente abrogato, si tenterà in
questa sede di svolgere alcune analisi ragionate sul tema. La
volontà dell’intervento trae origine dalla estrema confusione terminologica e
concettuale (sotto il profilo giuridico-costituzionale) riscontrata in molti “pseudo
addetti ai lavori” nonché anche dalle inquietanti dichiarazioni sopra riportate
(figlie, ad essere benevoli, di altrettanta confusione mentale e di
dimenticanza storica).
2.1. Per non “appesantire”
eccessivamente il discorso, si è preferito suddividere l’intervento in due
parti, sperando di fare cosa gradita al lettore: la prima, in una visione de
iure condito, sarà dedicata al concetto di trattamenti
sanitari obbligatori (TSO) ed all’articolato sistema di garanzie costituzionali che ne dovrebbero
condizionare l’introduzione, prendendo introduttivamente le mosse dalla definizione del concetto di “salute” nell’attuale
Ordinamento. Nella seconda parte, proprio alla luce di dette precisazioni
concettuali, ci si soffermerà su una breve analisi controfattuale rivolta all’azione
istituzionale come dispiegatasi nei mesi passati, per poi – in prospettiva
futura e de iure condendo – cercare di capire quali potrebbero
essere gli spazi di intervento del legislatore qualora optasse per la scelta di
un trattamento sanitario imposto. Il tutto alla luce dei dati ufficiali sull’epidemia
che sono disposizione a quasi un anno della dichiarazione di emergenza, delle
acquisizioni scientifiche (per nienti unanimi né pacifiche) e delle
elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali.
3. Orbene,
se il concetto di “salute dell’uomo” è intuibile in modo diffuso e secondo
una comune esperienza, altrettanto non può dirsi allorché si tenti di darne una
precisa definizione.
Prevale tuttavia,
soprattutto oggi, una definizione asetticamente naturalistica di salute alla quale
sembra fare da identico contraltare il suo opposto, ovvero il concetto di
malattia. E così la persona in salute sarebbe quella i cui parametri biologici possono
definirsi “normali” rispetto ad un prototipo ideale di tipo statistico. Ciò è da
imputare al fatto che “… nel corso del processo di civilizzazione si è
andato affermando una nozione scientifico-razionale di salute come bene a sé
stante, sicché alla
classe medica viene oggi riconosciuto il diritto di definire autonomamente l’oggetto
della propria attività nonché le procedure e gli standard di
applizazione…” [così C. D’ARRIGO, Salute (diritto alla), in Enc. dir.,
Milano 2001, 1012].
3.1. Per
questa ragione la dottrina appena citata ci avverte come la predetta definizione
di salute risulti del tutto insoddisfacente SUB SPECIE IURIS, poiché il termine andrebbe
definito non solo in senso negativo come assenza di malattia, bensì “… nel
senso positivo di benessere biologico e psichico dell’uomo…” [C. MENGONI,
La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, in Riv. trim.
dir. proc. civ., Milano, 1982, 1128].
D’altronde,
proprio secondo l’Atto di costituzione dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità, la salute corrisponde ad “Uno stato di completo benessere
fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o
di infermità” [“…
il diritto in questione ha ad oggetto non solo la salute fisica, ma anche quella mentale.
Nella Costituzione, infatti, la persona umana viene sicuramente intesa come qualcosa di assolutamente
unico e non separabile, composto di corpo e mente…” così M. LUCIANI, Salute.
I) Diritto alla salute - Diritto costituzionale, in Enc. giur., Roma, 1991,
5; in giurisprudenza, cfr. Corte Cost., sent. n. 27/1975; Corte Cost. n. 161/1985 e Cass.
Civ., Sez. Un., n. 5172/1979].
3.2. Dal
punto di vista giuridico il concetto di “salute” si arricchisce in tal
modo di ulteriori connotati riguardanti rapporti relazionali e sociali che
travalicano la mera dimensione medica dell’integrità fisica, “… coinvolgendo (piuttosto) anche capacità logiche, affettive e relazionali …” [C. D’ARRIGO,
Salute (diritto alla), cit., 1013; si veda in tal senso anche ROMBOLI,
Delle persone fisiche. Art. 5, in Comm. Scialoja e Branca,
Bologna-Roma, 1988, 235 ss.], sussistendo una evidente interconnessione tra il più
ampio bene “salute” ed altri interessi non meno importanti della persona. Tale
precisazione, pertanto, non può autorizzare affermazioni che finiscano per
dissolvere gli altri interessi e valori della persona che ineriscono alla
salute nell’asciutta tutela dell’integrità fisica, trovando infatti quel coacervo
di interessi - stante la loro sostanziale autonomia giuridica – dovuta
ed adeguata protezione, non di rado essendo gli stessi coincidenti con
altrettanti diritti fondamentali.
3.3 La dottrina
pressoché unanime accorda perciò alla salute “… un ambito operativo più ampio (rispetto
alla mera integrità fisica). L’integrità fisica è considerata valore statico
… da proteggere e da salvaguardare; un prototipo caratterizzato dall’assenza di
fisiche menomazioni, suscettibile solamente di conservazione. La salute, invece, appare valore
dinamico: ha contenuto relativo, variabile in funzione della concreta
condizione del singolo soggetto, ma anche del grado di sviluppo della società
è quindi in continua trasformazione e può costituire oggetto di una tutela
non solo protettiva, ma anche promozionale ed accrescitiva…” [C. D’ARRIGO,
Salute (diritto alla), cit., 1016].
3.4. Che integrità fisica e salute non siano
concetti coincidenti, ma in alcuni casi addirittura confliggenti, emerge
proprio dall’evoluzione sociale, la quale che ha portato in evidenza una pluralità
di interessi riguardanti la persona umana.
In molti
casi, spesso tipizzati anche legislativamente, gli interessi messi in discussione
riguardano più in generale la realizzazione della personalità e non propriamente
la tutela dell’integrità fisica che, anzi, può subire addirittura un
pregiudizio. Si pensi ai trattamenti sanitari (volontari) inerenti la donazione
di organi fra persone viventi, alla liceità dell’intervento chirurgico diretto
alla demolizione del sesso originario al fine di adeguare i caratteri somatici al
“sesso psichico”, o agli interventi di chirurgia estetica, ai quali è estranea
la salvaguardia dell’integrità fisica a costo di significative menomazioni,
rilavando piuttosto l’ottimizzazione delle capacità relazionali e la rimozione
del “conflitto psicologico” fra il soggetto ed il proprio corpo.
In
sostanza, “… l’alterazione dell’integrità fisica si giustifica non solo
per finalità terapeutiche, ma
anche quando per il suo tramite possono trovare realizzazione istanze
psicologiche e morali, afferenti alla sfera superiore dell’uomo…”
[così ancora C. D’ARRIGO, Integrità fisica, in Enc. dir.,
Milano, 2000, 724 ss.]
3.5. Gli
interessi giuridicamente rilevanti sottesi alle fattispecie sopra elencate dovrebbero
quindi convincere sulla “… inesattezza della prospettiva che rimanda ad un
unico ed indistinto diritto all’integrità fisica. Si assiste, piuttosto, alla “frantumazione”
giuridica del concetto….Ciò che dapprima…appariva un valore unico e compatto…rivela
ad un più attento esame una pluralità di sfaccettature che ne denuncia l’irriducibilità
ad unum … Infatti, L’INTEGRITÀ
FISICA È TUTELATA NELLA SUA GLOBALITÀ e quindi con riferimento alla
sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva
e ad ogni ambito e MODO IN CUI IL
SOGGETTO SVOLGE LA SUA PERSONALITÀ, E CIOÈ A TUTTE LE ATTIVITÀ REALIZZATRICI
DELLA PERSONA UMANA…” [C. D’ARRIGO, Integrità
fisica, cit., 723 ss.].
La
salute, come diritto sociale fondamentale, si presenta come un corollario dell’art. 3,
comma II, Cost. [si veda B. PEZZINI,
Il diritto alla salute: profili costituzionali, in Diritto e società,
I, 1983, 23] e “… l’espressione “diritto
alla salute” deve considerarsi formula sintetica con la quale si esprime LA GARANZIA DI
SITUAZIONI SOGGETTIVE ASSAI DIFFERENZIATE TRA LORO…” [così M. LUCIANI, Salute.,
cit.].
C. Mortati, negli anni ’60,
aveva già posto in rilievo il legame tra l’art. 32 Cost. e gli altri principi
fondamentali, legame all’interno del quale è inscritta il sommo compito dello
Stato repubblicano volto alla “… protezione e sviluppo della
personalità dei singoli, non solo nel senso negativo della sua preservazione da
ogni attentato da parte di altri, ma in quello positivo dell’esigenza di
predisporre le condizioni favorevoli al suo pieno svolgimento…”
[C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, in
Riv. inf. mal. prof., 1961, I, 1 ora in, Problemi di
diritto pubblico nell’attuale esperienza costituzionale repubblicana, III, Milano,
1972, 435].
3.6. L’art. 32 Cost. è di
certo posto a garanzia dell’esigenza generalissima di ogni individuo di
tutelare la propria integrità fisica, ma non esaurisce la tutela di tutti gli altri interessi
legati alla sfera vitale/corporale dell’uomo che trovano copertura
in altri principi fondamentali, per esempio nella clausola generale di cui all’art. 2 Cost. (tutela generale della personalità e
dei diritti inviolabili dell’uomo),
dell’art. 3,
comma I (tutela dell’uguaglianza e della dignità) e dell’art. 13 (tutela della libertà
personale).
Se ne
ricava che la salute concorre necessariamente con altri e non meno importanti valori/interessi
connessi alla sfera della vita personale. Ed essi potrebbero risultare anche “… incompatibil(i)
con una tutela assoluta della salute. (ragione per cui ) ALLA SALUTE NON PUÒ ASSEGNARSI UNA
POSIZIONE DI POZIORITÀ ASSOLUTA… quindi se le scelte suscettibili
di porre a repentaglio la salute individuale rispondono a valori costituzionali
garantiti, la soluzione dovrà essere ricercata con giudizio di BILANCIAMENTO STORICO E CIRCOSTANZIATO…VANNO INVECE RIFIUTATE LE SUGGESTIONI “PANSALUTISTICHE” per le
quali si finisce con l’anteporre la tutela della salute a qualsiasi altro valore
che in concreto risulti (anche solo parzialmente) incompatibile…” [così C. D’ARRIGO,
Salute, cit., 1018].
4. Con
riguardo specifico, invece, ai trattamenti sanitari, è opportuno soffermarsi
ancora su alcune definizioni e classificazioni teorico-concettuali. Secondo la
dottrina maggioritaria, per “trattamento” (sanitario) deve innanzi tutto intendersi in
modo onnicomprensivo ogni
genere di attività dal carattere diagnostico e terapeutico volta a prevenire
e curare le malattie [così, per tutti, F. MODUGNO, Trattamenti
sanitari “non obbligatori” e Costituzione, in Diritto e Società,
1982, 303; B. PEZZINI,
Il diritto alla salute: profili costituzionali, in Diritto e società,
1983, 30-31].
4.1. Nell'ambito
dei trattamenti sanitari così intesi viene operata la summa divisio in
base alla loro volontarietà
(che costituisce la regola,
come si evince dall’art. 33, comma I, L. n. 833/1978 ove è
previsto che “Gli
accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari”; in tal senso F. MODUGNO, Trattamenti sanitari, cit., 308; in
giurisprudenza, ex plurimis, Cass. Civ. 15 gennaio 1997
n. 364] o obbligatorietà (che costituisce l’eccezione, ai sensi del
citato art. 33, comma II, secondo cui “Nei casi di cui alla presente
legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti
dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo
l’articolo 32 della Costituzione…).
4.2. Nella
prima categoria rientrano – come accennato - le complesse problematiche
dell'aborto, della sterilizzazione, dell'inseminazione artificiale, del prelievo e trapianto
di organi e del mutamento del sesso. La seconda categoria invece ricade tutta nell’alveo del citato art. 32
Cost. ed è regolamentata
in via generale dalle Leggi nn. 180 e 833 del 1978, oltre che da altre
disposizioni di settore [sull’argomento, si veda L. MEZZETTI, A. ZAMA, Trattamenti sanitari
obbligatori, in Digesto delle disc. pubbl., Torino 1999, 336
ss.].
4.3. E’ poi distinta
dalla dottrina una terza categoria, ovvero quella dei trattamenti sanitari “coattivi”,
caratterizzata da limiti aggiuntivi rispetto a quelli previsti per i trattamenti
obbligatori. Ed infatti, mentre questi ultimi “… riguardano i casi in cui è sancito soltanto il vincolo
di effettuare il trattamento, [invece i trattamenti coattivi] concernono
le evenienze in cui questo è imposto anche contro la volontà del paziente. I primi sono disciplinati
dall'art. 32, 2° co. Cost….; i secondi, che incidono direttamente
sulla libertà personale, sono sottoposti alle garanzie dell'art. 13 Cost.:
il che significa…riserva di legge assoluta, intervento motivato dell'autorità giudiziaria (c.d. riserva di giurisdizione),
conseguente esclusione
della competenza regionale ed inammissibilità di ordinanze di necessità…” [così
M. PORTIGLIATTI BARBOS, Trattamenti sanitari obbligatori, Digesto
delle disc. penal., Torino, 1999, 339].
4.4. Secondo
la dottrina maggioritaria, pertanto, l’art. 13 Cost. contiene norme “… applicabili
a tutte le forme di limitazione della libertà personale in senso stretto (cioè
a tutte le “misure coercitive”)… sicché l’art. 32 non potrebbe mai considerarsi norma speciale da
applicare a preferenza di quella generale ex art. 13…” [così M. LUCIANI, Salute.,
cit., 10; in giurisprudenza, ex plurimis, Corte Cost. n. 54/1986
e n. 471/1990]. Viene così “… a configurarsi un profilo di tutela della
salute individuale qualificabile [oltre che diritto sociale, o libertà
positiva, anche] in termini di libertà negativa…” [così C. D’ARRIGO, Salute, cit., 1028].
4.5. Due sono in sintesi le modalità attraverso le
quali è possibile imporre ad una persona un trattamento sanitario: I) prevedendo sanzioni nei
confronti di chi non ottemperi all’obbligo
(può trattarsi di sanzioni dirette, aventi di solito natura pecuniaria, oppure
indirette, per le quali l’adempimento dell’obbligo è posto come
condizione per l’esercizio di diritti e facoltà);
II) prevedendo l’uso della forza, che ha come scopo di sottoporre la
persona al trattamento sanitario.
I trattamenti sanitari “obbligatori”, in
ogni caso, NON coincidono
in senso stretto con quelli “coattivi” [cfr. Corte
Cost. sent. n. 132/1992], quest’ultimi differenziandosi dai
primi dal punto di vista qualitativo, “… anche se le sanzioni imposte a chi
si rifiuta di sottoporsi a un trattamento sanitario obbligatorio possono essere
talora così incisive da comportare la sostanziale vanificazione della possibilità
di scelta…” potendosi risolvere in una forma sostanziale di coercizione [così
M. LUCIANI, Salute., cit., 11. Se ne parlerà nella II^ Parte].
5. Detto ciò, e con riferimento alle pregnanti condizioni che devono essere rispettate perché
possa predicarsi la legittimità di un TSO come le vaccinazioni e per
comprendere appieno il capoverso dell’art. 32 Cost., è necessario
coordinare quest’ultimo con il I comma, ove è previsto che “La Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”.
Un coordinamento che, nella interpretazione mainstream, pare non godere
della dovuta attenzione e che sta determinando cortocircuiti palesemente
anacronostici quanto ad una presunta ed indiscriminata prevalenza della
dimensione collettiva della salute su quella individuale.
5.1. La
grande attenzione per la dimensione individuale del diritto alla salute contenuto
in varie pronunce della giurisprudenza e nelle elaborazioni dottrinali è giustificata,
al contrario, dall’esigenza di adeguare tale diritto al nuovo contesto introdotto
dalla Costituzione repubblicana, superandone la lettura in chiave rigorosamente
pubblicistica. La dottrina ha il merito di aver tratteggiato in modo esauriente
lo sviluppo storico della concezione del diritto alla salute e che di seguito viene
riportato in modo estremamente succinto.
5.1.2. La prima idea - tipica
del periodo liberale – è stata “… declinata in termini pubblicistici
come sanità pubblica
(vigilanza igienica e sicurezza pubblica), strumentale agli interessi dello Stato. A
questa visione facevano da corollario l’attribuzione delle competenze in
materia sanitaria al
Ministero degli interni in un ottica di controllo dell’ordine pubblico e
l’equivalenza tra salute/assenza di malattia, intesa quest’ultima come processo
morboso patologico in atto…” [così S. ROSSI, Salute mentale e dignità della persona:
profili di un dialogo costituzionale, Secondo seminario annuale del
“Gruppo di Pisa” Lo studio delle fonti del diritto e dei diritti
fondamentali in alcune ricerche dottorali, Università di Roma Tre, 20 settembre
2013, 7].
5.1.3. E’ seguita una declinazione del
diritto alla salute, appannaggio del periodo fascista, riassunta nell’adozione
dell’art. 5 Cod. Civ., e basata su una “… concezione della persona
strumentale e subordinata agli interessi superiori dello Stato, cui è dovuto il
sacrificio delle istanze soggettive di libertà; si tratta di una
concezione che vede la persona umana essenzialmente come valore
funzionalizzato, da tutelare e perciò da mantenere ‘integra’ non per sé, ma in
funzione della potenza dello Stato: una linea ideologica che vede nell’uomo il guerriero e il
produttore e nella donna la produttrice della specie…” [così B. PEZZINI,
Il diritto alla salute: profili costituzionali, in Diritto e Società,
1983, I, 45].
5.1.4. Il
mutamento significativo di paradigma, però, è avvenuto proprio con l’entrata in
vigore della Costituzione del ‘48, la quale ha collocato al centro dell’Ordinamento
la persona umana come soggetto relazionale, con le sue plurime necessità materiali e spirituali, condizionate
da circostanze storiche e socio-economiche e che il nuovo Stato si è assunto il
compito irrinunciabile di proteggere e sviluppare (art. 3, comma II,
Cost.). In un tale rinnovato contesto, quindi, non era (e non è) più
possibile considerare il diritto alla salute come un interesse rilevante per
la sola sfera pubblica o, peggio, meramente soggetto a quest’ultima.
Su tale constatazione, d’altronde, si
è espressa la Consulta la quale ha espressamente definito il diritto alla
salute “… non solo come interesse della collettività, ma anche E SOPRATTUTTO come diritto
fondamentale dell’individuo (che) si configura come un diritto primario e assoluto
[così Corte Cost. sent. n. 88/1979; sent. n. 356/1991].
E la giustificazione interpretativa
di un tale assunto, tra le altre, non può prescindere certamente da quella letterale:
“… La lettera del primo comma dell'art. 32 Cost. …
non a caso FA
PRECEDERE IL FONDAMENTALE DIRITTO DELLA PERSONA UMANA alla salute all'interesse
della collettività alla medesima…” [così Corte Cost. sent. n. 184/1986].
5.2. Quanto
detto serve a dimostrare che qualunque ragionamento in materia di TSO non può oggi
fare a meno, alla base, di considerare che non esiste alcun rapporto di subordinazione gerarchica del “lato
interno” (individuale) rispetto a quello “esterno” (interesse della
collettività) del diritto alla salute.
Il diritto
fondamentale dell’individuo alla salute come tratteggiato nei precedenti
paragrafi ed il corrispondente interesse della collettività (come due lati di
una stessa medaglia) godono quantomeno di pari dignità costituzionale,
se non addirittura con rapporto di prevalenza del primo sul secondo [si segnala
che nella giurisprudenza di legittimità è acquisito non solo il principio
secondo cui il diritto
individuale alla salute, protetto dall’art. 32 Cost., è efficace sia nell’ambito
dei rapporti privati sia in quelli tra il singolo e i poteri pubblici, ma anche
quello per cui la protezione di tale diritto non recede nemmeno innanzi all’azione pubblica, anche quando
questa in materia sanitaria sia diretta a realizzare l’interesse della collettività,
cfr. Cass. Civ., Sez. Un. sent. n. 796/1973; Cass. civ., Sez. Un., sent. n. 5172/1979].
5.3. E’ pertanto controvertibile l’opinione
di chi sostiene che l’art. 32 Cost. contenga “… due principi. PRIMA
sancisce quello di protezione della salute di tutti; POI prevede la libertà di
scelta e di rifiuto della terapia…”, tanto più se tale presunta priorità
da accordare all’interesse collettivo venga anche abbinata ad una generica doverosità
in capo ai singoli di sottoporsi al trattamento vaccinale (un non meglio
specificato “dovere di vaccinarsi”). Sebbene
non sia possibile per ragioni di spazio esaminare in questa sede il tema generale
dei doveri costituzionali, l’occasione è tuttavia propizia per svolgere alcuni
chiarimenti in proposito.
5.3.1. Nell’ambito del
diritto alla salute, ed in particolare dei TSO, infatti, non sembra pertinente invocare il
principio costituzionale di solidarietà sociale per giustificare l’imposizione generalizzata
di doveri individuali; non
si ignora il fatto che lo stesso C. Mortati abbia sostenuto esistere una “…
correlazione, desumibile dall’art. 2 Cost., fra “diritti inviolabili” e “doveri
inderogabili… ” (a diritti corrispondono anche doveri). L’illustre Maestro,
però, ha voluto anche precisare “… come debba evitarsi di conferire alla medesima carattere di
assolutezza, ESTENDENDO LA CATEGORIA DELLA DOVEROSITÀ OLTRE OGNI LIMITE.
Se così non si facesse
verrebbero ad introdursi remore tali al godimento dei diritti da svuotarli di
quell’autonomia da cui traggono la loro caratteristica…” [C. MORTATI,
Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1969, 175; la stessa cautela
l’Autore ha espresso, in particolare, in relazione al dovere di fedeltà ex
art. 54 Cost. “come fonte diretta di
limitazioni alle situazioni di vantaggio dei cittadini”, in Istituzioni,
cit., II, 887].
Ben si comprende,
allora, come l’espansione del principio solidaristico sia vista con estrema
cautela dalla dottrina nettamente maggioritaria consapevole che, se venisse
operata una indiscriminata estensione dei doveri costituzionali, si correrebbe il rischio di legittimare
una sospensione dei diritti [si veda, per tutti, G. M. LOMBARDI,
Contributo allo studio dei doveri costituzionali, Milano, 1967, 360 ss.].
5.3.2. La dottrina citata, più specificamente,
criticando la proposta interpretativa di chi ritiene che il catalogo dei doveri
sia aperto esattamente quanto quello dei diritti, ha
sostenuto che tale tesi metterebbe a repentaglio il confine tra clausola di doverosità e
clausola di libertà, senza approdare “…
ad una sorta di funzionalizzazione immanente dei diritti, perché con questo
ci si limiterebbe ad aprire uno spazio “conformativo” al legislatore, risolvendo la
doverosità in una
apertura tendenzialmente illimitata al potere discrezionale del detentore
momentaneo della maggioranza.
Da un’attribuzione di
competenza si passerebbe insensibilmente ad una frustrazione
dello spazio di garanzia che la Costituzione, invece, dovrebbe rappresentare, e
da un fondamento di legittimità collegato al modo d’essere dell’obbligo
politico, ci si ridurrebbe a mera legalità. La clausola di doverosità
renderebbe operanti a vuoto (leerlaufende) i diritti che la Costituzione,
enunciandoli, vorrebbe, invece, garantire…” [G. LOMBARDI, Doveri pubblici (diritto costituzionale),
in Enc. dir., Milano, 2002, 360].
5.3.3. L’opzione per la limitata
ampiezza della formula contenuta nell’art. 2 Cost. (“adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”) conseguirebbe
perciò da una istanza garantistica che, mentre ammette l’estensione tendenzialmente illimitata del
catalogo dei diritti (aggiungiamo: purché siano funzionali al “pieno sviluppo della persona umana”), reclama invece
assoluta certezza per ciò che concerne la prestazione di doverosità “… determinabile
soltanto in relazione alla puntuale individuazione di specifici e tassativi doveri ... La conseguenza è
dunque che i doveri riconosciuti nella Costituzione sono quelli di cui agli
art. 4, 30, 48, 52, 54 e 53…” [G. LOMBARDI, Contributo, cit.,
362].
In definitiva, I
DOVERI COSTITUZIONALI, per un principio di certezza
giuridica, COSTITUISCONO UN “NUMERO CHIUSO” e la formula di cui all’art. 2 Cost. va
interpretata come meramente riassuntiva di quelli già sanciti nel testo
costituzionale [in tal senso, fra i tanti, M. LUCIANI, Il
diritto costituzionale alla salute, in Diritto e società, 1980, 781;
R. D’ALESSIO, Art. 2,
in V. CRISAFULLI, L. PALADIN (a cura di), Commentario breve alla
Costituzione, Padova, 1990, 12-13; F. PIZZOLATO-C. BUZZACCHI, Doveri
costituzionali, in Dig.disc. pubbl., Torino, 2008, 319 ss.; G. TARLI
BARBIERI, Doveri inderogabili, in S. CASSESE (diretto da), Dizionario
di diritto pubblico, Milano, 2006, 2068 ss.].
5.3.4. La stessa Corte Costituzionale, allorché ha utilizzato il
principio di solidarietà in materia di vaccinazioni obbligatorie, lo ha
fatto per riconoscere un equo ristoro al soggetto che ne risultasse danneggiato; in
sostanza, la solidarietà interviene nella fase “patologica” del rapporto. Per
la Consulta “… il
dovere inderogabile di solidarietà produce nella materia in parola un effetto
giuridico consistente nel riconoscimento a favore del danneggiato da vaccino
del diritto all’equo ristoro del danno patito (diritto poi riconosciuto
anche per le vaccinazioni raccomandate), ma di per sé non è in grado di legittimare la previsione
legislativa di un trattamento sanitario obbligatorio…” [così
A. A. NEGRONI, Articolo 32 della
Costituzione e superamento delle vaccinazioni obbligatorie, in Forum di Quaderni
Costituzionali, n. 2/2020, 53].
5.3.5. Ci sia consentito,
in ogni caso, di aggiungere solo due notazioni.
Per un verso, in una
democrazia sociale come quella italiana nella quale la “Repubblica” (intesa
qui, in senso stretto, come Parlamento e Governo, Stato-apparato) ha dimostrato
per prima di venir meno ai propri “doveri” inderogabili nei confronti del Popolo,
ogni appello a doveri di solidarietà appare francamente ipocrita; quanti,
per ottusità ideologica, hanno mostrato per primi di sottrarsi ai propri doveri
costituzionali inderogabili non possiedono oggi alcuna autorità morale sull’argomento.
In secondo luogo, in una condizione per cui già
i diritti nella loro dimensione sociale (libertà positive) hanno subito
una duratura ed inaccettabile compressione, indulgere a tesi aperturiste
sul novero dei “doveri costituzionali” in materia di salute equivale a
correre il rischio di
scardinare anche i diritti fondamentali di prima generazione (libertà
negative).
6. Chiarito che il problema dei TSO è da discutere e risolvere con riferimento esclusivo all’articolo
32 Cost., è possibile comprendere gli
approdi ormai granitici della giurisprudenza costituzionale la quale, agli esordi
degli anni ’90, ha delineato una serie di principi-guida ai quali il legislatore deve ispirarsi per realizzare
una equilibrata e severa ponderazione tra i due interessi in gioco, senza che l’uno sia sacrificabile per il
soddisfacimento dell’altro. Ciò – si noti - in base alla
considerazione che “… Nessuno
può essere semplicemente
chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri …” [così Corte Cost., sent. n. 118/1996]. Rinviando al prosieguo sul
tema, per niente secondario, della natura della riserva di legge in materia, bisogna
ora specificare quali sono le condizioni che consentono l’adozione dei TSO.
6.1. Innanzi tutto, un trattamento obbligatorio, ai sensi
dell’art. 32 Cost., può considerarsi legittimo solo se diretto a protegere
l’interesse della collettività alla salute [ex plurimis, Corte
Cost. sent. n. 307/1990; sent. n. 258/1994; sent. n. 18/1996; sent. n. 27/1998] e non può perseguire finalità diverse da quelle sanitarie
(p. es., scopi di giustizia o di sicurezza pubblica) [si veda per tutti, P. BARILE, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali,
Bologna 1984, 386]. In breve, il TSO potrà essere introdotto solo se
indispensabile per evitare una oggettiva situazione di pericolo per la salute
della comunità dei consociati.
6.1.2 Sul punto, e partendo dal presupposto che il
TSO determina il sacrificio o comunque la compressione di un diritto fondamentale
della persona garantito dagli artt. 2, 13 e 32 Cost., è stato fatto notare
come le caratteristiche oggettive
del pericolo alla collettività dovranno essere valutate in maniera
particolarmente stringente [cfr. A. A. NEGRONI, Articolo 32 della Costituzione, cit., 35]. Pertanto, mutuando concetti utilizzati
dalla dottrina penalistica per descrivere un pericolo in grado di
incidere sulla pubblica incolumità (a tutela della quale, si badi, sono non a
caso previsti i delitti di epidemia dolosa e colposa, disciplinati rispettivamente
dagli artt. 438 e 452 Cod. Pen.), è stato affermato che debba trattarsi
di un pericolo “… caratterizzato
dalla dimensione di potenzialità lesiva generalizzata e particolarmente
intensa, tale da mettere a repentaglio TUTTI I MEMBRI DELLA COLLETTIVITÀ, o meglio un NUMERO
INDETERMINATO DI ESSI…” [così A. A. NEGRONI,
Articolo 32 della Costituzione, cit., 37, al quale si rinvia per
i riferimenti bibliografici]. Più in dettaglio, nel “pericolo per l’incolumità
pubblica”:
“…assume
significato e valore concreto non tanto la rilevanza giuridica dell’offesa all’individuo
come tale, quanto quella della comunità societaria intesa come
sicurezza ed incolumità delle persone NELLA FISICA ESISTENZA DELLA COLLETTIVITÀ…sono
proprio quelle offese…che al di là di qualsivoglia
considerazione relativa ai singoli beni colpiti o minacciati si propagano o
possono propagarsi ad
un numero indeterminato di individui …
Quest’orientamento,
del resto, è espresso dalla Relazione ministeriale sul progetto definitivo del
codice penale nella quale appunto si afferma che la nozione di incolumità pubblica è assunto
nel suo preciso significato etimologico, e cioè
come un bene che riguarda la vita e l’integrità delle persone, onde sono in
considerazione nell’apposito titolo solo i fatti che
possono esporre a pericolo un numero indeterminato di persone…” [così G. SAMMARCO, Incolumità
pubblica (reati contro la), in Enc. dir., Milano, 1971, 32].
6.2. In via concorrente, inoltre, il trattamento sanitario può essere
imposto solo se diretto
anche al miglioramento della salute individuale. Il TSO
non è volto, in via esclusiva, a preservare la salute collettiva.
Proprio dal
comma II dell’art. 32 si ricava, anzi, che il rilievo costituzionale alla salute
è idoneo a comprimere l’autodeterminazione del singolo, ma non a permettere
conseguenze dannose per la salute individuale, “… salvo che per quelle sole
conseguenze, che, per la loro temporaneità
e scarsa entità, appaiano normali
di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili…” [così Corte Cost. sent. n. 118/1996].
Oltre a non essere ammissibili “… sacrifici
della salute (del singolo) a vantaggio di quella collettiva…”, se ne ricava l’ulteriore
corollario per cui “… sono da ritenere incompatibili col sistema costituzionale trattamenti obbligatori
volti esclusivamente ad imporre ai singoli un “miglioramento” delle loro
condizioni di benessere psico-fisico, secondo una visione paternalistica
e funzionalistica della tutela del bene-salute non accolta nella Costituzione
italiana…” [così D. MORANA, Diritto alla
salute e vaccinazioni obbligatorie, in Diritto e Salute – Rivista
di sanità e responsabilità medica, Roma, n. 5/2017, 52].
7. Aggiuntivi limiti e garanzie formali e sostanziali in
materia di TSO sono, come anticipato, sanciti ancora dall’art. 32 Cost., il
cui comma secondo avverte come non si possa essere obbligati ad un TSO “se non per disposizione di legge” e che quest’ultima “non può
in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
7.1. Il
TSO deve allora essere introdotto con legge (c.d. riserva di legge),
ritenuta riserva di legge statale, e ciò anche dopo
la riforma del titolo V della Costituzione [in giurisprudenza, tra le tante, si
veda Corte Cost. n. 5/2018]. Seppure sia controverso in dottrina se tale
riserva di legge sia da intendersi come assoluta o relativa, sussistono sufficienti
elementi per ritenere che la stessa debba interpretarsi in senso assoluto.
In primo luogo, infatti, la ratio
della riserva di legge “… adempie una funzione…garantista: serve, cioè, alla tutela dei
diritti fondamentali dei cittadini contro il potere esecutivo (specialmente
contro il potere esecutivo). [Essa adempie altresì] una funzione democratica: serve, cioè, a ricondurre la
disciplina di certi oggetti sotto il dominio degli organi rappresentativi, che sono espressione
della sovranità popolare…” [così R. GUASTINI,
Legge (riserva di), in Dig. disc. pubbl., Torino, 1994,
166-167; nello stesso senso L. CARLASSARE, Legge (riserva di), in Enc. giur. ital.,
XVIII, Roma, 1990, 1 ss.].
Ne consegue
che “… solo l’Assemblea
rappresentativa può intervenire sui diritti (fondamentali)
del cittadino” [così L. CARLASSARE, Fonti
del diritto (diritto costituzionale), in Enc. dir., Milano,
2008, 561].
7.1.2. Vi sarebbero anche ragioni di carattere testuale che
militerebbero a sostegno di detto assunto: “… Tavolta (la Cost.) usa formule
del tipo : “nei soli casi e modi previsti dalla legge” (art. 13, 2° co.,
Cost.), “in casi [...] indicati tassativamente dalla legge” (art. 13, 3° co.,
Cost.), “nei soli casi e modi stabiliti dalla legge” (art. 14, 2° co., Cost.), “se
non in forza di una legge” (art. 25, 2° co., Cost.), “se non per disposizione di legge” (art. 32, 2° co., Cost.)… e simili…(in tali casi) si ritiene generalmente che la riserva di
legge abbia carattere “assoluto”…” [R. GUASTINI, Legge (riserva di), cit.,
169, il quale sottolinea tuttavia come la distinzione tra riserva assoluta e relativa
è applicata dalla Corte Cost. in modo incostante “… nel senso che la
Corte mostra la tendenza inquietante a degradare a riserve relative anche certe
riserve che in precedenza erano considerate assolute…”].
7.1.3. Non è mancato chi, inoltre, da un punto di vista
sistematico, ha fatto notare che “… se si ammette…che la previsione di
trattamenti sanitari obbligatori sottragga alla disciplina generale sull’imposizione
delle prestazioni personali di cui all’art. 23 (garantite dalla sola
riserva relativa di legge) quelle particolari prestazioni che limitano la
libertà di salute, accordando ad esse una maggiore garanzia, risulta allora ragionevole dedurne che tale rafforzato intento garantistico
trovi espressione, nell’art. 32, anche in una riserva di legge che abbia
il carattere dell’assolutezza…” [così D. MORANA, La salute come diritto costituzionale:
lezioni, Torino, 2015, 48]. Dal carattere assoluto della riserva dovrebbe conseguirne
che solo una legge formale potrebbe
disciplinare i TSO, dovendosi parimenti
escludere qualsiasi equiparazione tra “legge” e “decreto legge” (e, più in
generale, con atti aventi forza di legge), dal momento che tale nozione non riguarda
la distribuzione delle competenze normative, ma riguarda esclusivamente la
gerarchia delle fonti [R. GUASTINI, Legge (riserva di), cit.,
anche se di tale avviso non sembra essere stata Corte Cost. sent. n. 5/2018
e sent. n. 258/1994]. Nell’attuale clima emergenzialista, l’opzione potrebbe configurarsi quindi pressoché scontata.
7.2. La riserva di legge in questione, comunque, oltre a poter
introdurre solo un TSO “determinato”, risulta aggravata dal limite di
chiusura (c.d. “riserva di legge rafforzata) del “rispetto della persona umana”.
In detta
clausola devono annoverarsi, secondo l’evoluzione storica, limiti attinenti gli
aspetti relativi al rapporto tra medico e paziente, come l’obbligo di riservatezza
sulla salute di quest’ultimo,
nonché quello di informazione inteso come valorizzazione del
principio di autodeterminazione che ha trovato espresso riconoscimento nell’art. 5
della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina (Oviedo 1997), nell’art. 3
della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (Nizza, 2000), ma che ancor prima è fondato sugli
artt. 2, 13 e 32 Cost. secondo quanto confermato dalla Corte
Cost. con sent. n. 438/2008 [conf. Corte Cost. sent. n. 253/2009].
Ciò comporta che, se in caso di TSO possa prescindersi dal “consenso” (in
quanto l’intervento sanitario è, per antonomasia, limitativo della libertà),
tuttavia debba comunque continuare a parlarsi di diritto all’informazione (come
autonomo diritto soggettivo): “… Detto altrimenti, è necessario tenere
distinta la liberta di scegliere a quali prestazioni sanitarie sottoporsi dal diritto ad essere informato sulle medesime:
l’obbligatorieta del trattamento va a limitare soltanto la prima, ma lascia del tutto integro il secondo…” [D. MORANA, Diritto
alla salute, cit., 59].
7.2.1. Per completezza, oltre che per organicità
riassuntiva, bisogna infine segnalare l’opinione di chi, correttamente, ritiene
che la clausola del rispetto della persona umana riassuma in generale i diritti di libertà riconosciuti
dalla Cost. ed ha lo
scopo di impedire che il legislatore possa violarli.
Difatti “…
la “dignità”, di cui all’art. 3 Cost. ... si concretizza e si specifica
in tutta la serie di situazioni soggettive che la nostra Costituzione chiama “diritti
inviolabili dell’uomo…come singolo” (art. 2) e, quindi, tra di essi, anche
storicamente antonomastica e preminente, la libertà di coscienza o religiosa (art. 19),
di cui la libertà
di manifestazione del pensiero (art. 21) è la
versione laica. Il
rispetto della persona umana si sostanzia dunque (anche) nel rispetto delle opinioni, delle
credenze, dei convincimenti dei singoli, che, più di ogni altro valore … rappresentano
il patrimonio più geloso ed autentico del singolo e il contenuto della sua dignità…” [così F. MODUGNO, Trattamenti
sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 314;]. Rientra pertanto nel “… contenuto
minimo del rispetto della persona (anche) L’INSIEME DELLE CONVINZIONI ETICHE,
RELIGIOSE, CULTURALI E FILOSOFICHE CHE ORIENTANO IL SINGOLO…”, restando esclusi i meri convincimenti
personali non fondati su dati scientifici [così, richiamando
Corte Cost. sent.
n. 134/1988, P. FALZEA, Forum:
Vaccini obbligatori: le questioni aperte, (risposte
di) in BioLaw Journal – Rivista
di BioDiritto, n. 2/2017, 47]. Perciò
anche solo l’auspicio di voler tacitare ragionati dissenzi o di imporre “impedimenti
meccanici” costituisce attualmente la vera e più grave manifestazione di negazionismo
(costituzionale).
8 Bisogna aggiungere, infine, che l’interesse della
collettività che può legittimare un TSO non deve essere evitabile con misure alternative, “… in quanto in caso contrario lo Stato sarà tenuto a porre
in essere le misure, diverse dai trattamenti sanitari obbligatori, in
grado di evitare il pericolo per la salute collettiva senza il sacrificio della
libertà dei cittadini …” [A. A. NEGRONI, Articolo
32 della Costituzione, cit., 812].
Tale assunto, ad avviso di chi scrive, può evincersi anche dalla menzionata sent. n. 438/2008 allorché la Corte, delineando le caratteristiche che deve possedere l’informazione in materia di cure mediche, ha parlato di “… diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui (l’individuo) puo essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative…”. Un trattamento sanitario che venisse imposto in vista della tutela di un interesse collettivo, in quanto limitativo di un diritto fondamentale, dovrebbe quindi essere utilizzato solo come extrema ratio.
Bellissimo post (chiarificatore) che però chiude con quello che secondo me avrebbe dovuto essere l'incipit (extrema ratio).
RispondiEliminaCome si possa pensare di infliggere un TSO in presenza di una malattia con meno dello 0,4% di letalità per me è un mistero.
Nella mia famiglia si sono ammalati (con certezza) mio figlio, mia sorella e mia madre. Sono tutti guariti.
Nel caso di mia madre (91 anni) il medico premeva insistentemente per il ricovero (nella sua mente visto come una specie di TSO) ma la legge del contrappasso ha voluto invece che alla fine fosse ricoverato lui.
Consultati i fratelli, siamo stati tutti d'accordo sul fatto che ricoverare la mamma, isolata in un reparto ospedaliero, circondata da personale in tuta NBC, senza nessuna possibilità di visita, sarebbe stato (questo si) una inammissibile violazione della sua persona.
Nella nostra famiglia anche la morte, che è un evento naturale, impone il rispetto della persona.
Ho deciso quindi di isolarmi con lei per un mese e di assisterla (lasciando moglie e figli ed esponendomi volontariamente al contagio).
Questa si che per me è stata una decisione presa come extrema ratio!
Di quei lunghi giorni lei non ricorda nulla (ora che sta bene ha anche ripreso d usare la sua macchina da cucire Necchi del 1950) ed io, a parte una breve febbriciattola, sono per fortuna rimasto asintomatico.
Chiudo queste brevi considerazioni dichiarando pubblicamente che, con la stessa determinazione con cui ho agito verso mia madre, sarei disposto ad oppormi, anche con la violenza dettata da quella che considero legittima difesa, a qualunque TSO legiferato in connessione con una qualunque malattia con un tasso di letalità ridicolo come lo 0,4%.
Ciao Luca,
EliminaRagioni di trattazione sistematica impedivano che io esordissi parlando del problema delle cure alternative (TSO come extrema ratio). Non a caso anche tu stesso hai sottolineato il fatto che una malattia con un tasso di mortalità così basso (ammesso che in tutte le persone il decesso sia stato causato dal virus) non può costituire motivo per imporre un trattamento. Questo significa che non c’è alcun pericolo per l’incolumità pubblica, ovvero che non esiste quell’interesse collettivo rettamente inteso (e di cui parla l’art. 32 Cost.) in grado giustificare la compressione del diritto alla salute individuale. In merito, ti rimando quindi alla seconda parte.
In sostanza, l’esposizione parte dai presupposti costituzionali e poi, in una sorta di climax discendente e per ordine di importanza, analizza tutti gli altri profili che sarebbero ostativi all’adozione di un TSO.
Piuttosto, caro Luca, ci ostiniamo a parlare ancora di diritto e di legalità costituzionale (finché ce lo permetteranno), forse in modo che qualcuno potrebbe ritenere anacronistico e persino masochistico. Lo scenario in cui siamo immersi, infatti, corrisponde più ad una scena delle Baccanti di Euripide, ovvero di follia generalizzata, in cui sembra che la ragione non possa più albergare. Tutto il fastidioso chiacchiericcio di sottofondo, poi, è costruito ad arte proprio per non far capire nulla. Tuttavia continuiamo a ritenere che il rispetto della Costituzione, la sua corretta interpretazione e soprattutto la sua attuazione continuino a rappresentare la via maestra. Anche questa, a nostro modo, è un atto di resistenza
Francesco, nel ringraziarLa per la chiarificatrice disamina, Le chiedo se, ad altro livello, si possa parlare di TSO "immotivato" anche l'imposizione dell'utilizzo delle mascherine di qualsivoglia natura, sul luogo di lavoro (inteso fuori da un contesto ospedaliero), ad esempio un normale ufficio di impiegati. Anche in questo caso, vista la penuria di prove a favore dell'efficacia e il contemporaneo sorgere di ricerche che indicano una nocività nell'uso prolungato, sembra un misura "sproporzionata" rispetto alla natura della minaccia e non rispettosa della salute individuale. Ne conviene?
EliminaGrazie
Fabio
Grazie per questo post, attendo il seguito.
RispondiEliminaSono lieto per questo post.Temo alla luce dei reiterati Dpcm dell' ultimo anno che la riserva di legge ,indicata per la materia dalla Costituzione,da come ho appreso ,sia considerata dalla maggioranza parlamentare un sofisma da liquidare spicciativamente ,a dimostrazione che la lotta politica sia caduta ad uno stato pregiuridico
RispondiEliminaÈ ovvio. Già l'adozione del decreto-legge Lorenzin era passata liscia, pur difettando palesemente qualunque necessità ed urgenza. Figuriamoci ora in pieno clima emergenzialista. Quindi DL convertito a tamburo battente. Meglio se a colpi di fiducia e per "il bene comune"
EliminaCarissimo Francesco,
RispondiEliminaa.) parrebbe che tu abbia omesso il punto 5.1.1 .. vabbè ce ne faremo ragione
b.) mi verrebbe anche qualche declinazione - oltre le sublimi significanti valenze guiridico-costituzionaliste copiosamente esposte - sulle valenze politiche, economiche, sociali, mentali .. delle "SUGGESTIONI PANSALUTISTICHE"
c.) nel NON-STATO suggestionato la GENTE MUORE di COVID e di FAME
PUNTO