mercoledì 5 marzo 2014

MA L'ITALIA DEVE VERAMENTE "BATTERE I PUGNI SUL TAVOLO"? La "dichiarazione n.49"

 

Anche di questo è tanto che volevo parlavene.
E attenzione, vi parrà complicatissimo e infatti lo è. Una vera discesa all'inferno; quello della "illeggibilità" deliberata dei trattati e protocolli.
Quindi non ve la prendete con me che ho cercato di dipanare la matassa. 
Almeno considerate che nessun altro lo farà per voi. E che è da ritenere, con ogni evidenza, che non lo farà neppure un (qualsiasi) governo italiano impegnato ad ossequiare il "lovuolel'Europa" senza preoccuparsi di identificare tale volontà nei termini giuridico-economici che ci riguardano. 
Il che non è un difetto da poco

I. Anche se ciò oggi appare del tutto trascurato, andrebbe rammentato che occorrerebbe sempre vagliare i trattati internazionali alla luce dell'art.11 Cost. e, quindi, della parte "non negoziabile" della nostra Costituzione.
Come fa, invece, puntualmente, la Germania.
Abbiamo visto, infatti, che la Germania, in tema di OMT (ma già prima sull'ESM), in virtù della dottrina consolidata con il “Lissabon Urteil, sindacando, attraverso la propria Corte, la costituzionalità della "legge di estensione", si sottrarrebbe comunque all'applicazione della OMT, avendo stabilito e riaffermato un diritto "a posteriori" di apporre esenzioni, autoapplicate a se stessa,  equivalenti a riserve unilaterali, che sottomettono i trattati al proprio prevalente interesse nazionale”.

I.1. Va allora richiamato cosa sia una "riserva". Ricorriamo a tal fine a un'esauriente sintesi illustrativa, (tratta dal "classico" manuale di diritto internazionale del Conforti, considerato tra i più completi ed autorevoli):
"Riserve nei trattati internazionali
"La riserva indica la volontà dello stato di non accettare certe clausole del trattato o di accettarle con alcune modifiche, oppure secondo una determinata interpretazione.
Così facendo tra lo Stato autore della riserva e gli altri Stati contraenti, si forma l’accordo solo per la parte non investita dalla riserva.
Ovviamente la riserva ha senso per i soli trattati multilaterali, perché  nei trattati bilaterali, lo Stato che non vuole assumere certi impegni deve solo proporre alla controparte di non includerli nel testo. Perciò, l'istituto della riserva, serve a facilitare la larga partecipazione degli Stati ai trattati multilaterali.
La materia delle riserve nei trattati ha subito una notevole evoluzione nel tempo:
1) Secondo il diritto internazionale  classico, le riserve dovevano essere inserite nel testo di un trattato durante la fase di negoziazione, oppure lo stesso testo doveva prevedere la possibilità di apporre riserve al momento della ratifica. Altrimenti, lo stato autore della riserva veniva escluso dal trattato.
2) Successivamente nel 1951, la Corte cost di Giustizia affermava che:
-una riserva poteva essere formulata al momento della ratifica, anche se ciò non era espressamente previsto dal testo, purché la riserva fosse compatibile con l’oggetto o con lo scopo del trattato;
-l’apposizione della riserva poteva essere contestata dagli altri stati.
3) Accogliendo il parere della Corte, la Convenzione di Vienna, ha stabilito che la contestazione deve essere manifestata entro 12 mesi dalla notifica della riserva. Sull’ammissibilità o meno della riserva si pronuncerà il giudice.
4) La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani ritiene che ogni riserva inammissibile (perché esclusa dal testo del trattato o perché contraria all’oggetto o allo scopo dello stesso)  non comporti più l’esclusione dello Stato dal trattato, ma comporta la solo invalidità della riserva, che si ritiene come non apposta (utile per inutile vitiatur)."
Tralasciamo, per ora se vi sia l'ovvio spazio per una contestazione della predetta  riserva generale in sostanza apposta dalla Germania, contestazione che, essendo già manifestata la determinazione tedesca di non adeguarsi alla eventuale decisione contraria ai propri interessi della stessa Corte della UE, dovrebbe necessariamente sorgere dall'iniziativa degli Stati controparte del Trattato.


II. Andiamo piuttosto a vedere, visto che l'Italia non si sogna neppure di sindacare il diritto UE(M) alla luce dell'art.11 Cost., se via siano "riserve" concernenti l'Italia, magari apposte, legittimamente, secondo il diritto dei trattati, cioè con inserimento nel corpo "complessivo" del trattato stesso. E vediamo pure quali oggetto e finalità esse abbiano in concreto: assumibili secondo buona fede - come impone sempre il diritto dei trattati in sede di interpretazione, art.31 Conv. di Vienna-, in relazione all'oggetto ed allo scopo del trattato stesso.
Queste dichiarazioni sono un compendio di specificazioni applicative del Trattato, cioè tendono a precisare la portata del vincolo che ne deriva, sia in via interpretativa che additiva-specificativa per situazioni particolari di determinati Stati.  Tra cui, come vedremo, la stessa Italia.
E consiglio di leggere le prime due dichiarazioni circa la NON assunzione da parte dell'UE di qualunque competenza a perseguire la tutela dei diritti umani, proprio e dichiaratamente al fine di  preservare  le specificità dell'ordinamento giuridico dell'Unione, asserzione che, per qualunque costituzionalista impegnato in una interpretazione elementare (cioè anche solo letterale) significa che i trattati negano la propria valenza di testo costituzionale in senso pieno
Dunque, per la loro contestualità alla sede di negoziazione queste "dichiarazioni" non potrebbero avere altro senso che quello di integrare il trattato nel suo testo-base con delle riserve (o quantomeno, con l'equivalente strumento di interpretazioni autentiche concordate). Per l'Italia rinveniamo un'unica dichiarazione che, in apparenza, rapportata al testo di Lisbona, e al successivo ed attuale testo consolidato (che lo recepisce e coordina), risulta alquanto "singolare":
49.Dichiarazione concernente l'Italia
La conferenza prende atto del fatto che il protocollo concernente l'Italia, allegato nel 1957 al trattato che istituisce la Comunità economica europea, quale modificato in occasione dell'adozione del trattato sull'Unione europea, precisava quanto segue:
«LE ALTE PARTI CONTRAENTI, DESIDERANDO risolvere taluni problemi particolari che interessano l'Italia,
HANNO CONVENUTO le disposizioni seguenti, che sono allegate al trattato:
GLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ
PRENDONO ATTO del fatto che il governo italiano è impegnato nell'esecuzione di un programma decennale di espansione economica che mira a sanare gli squilibri strutturali dell'economia italiana, in particolare grazie all'attrezzatura delle zone meno sviluppate nel Mezzogiorno e nelle isole e alla creazione di nuovi posti di lavoro per eliminare la disoccupazione;
RICORDANO che tale programma del governo italiano è stato preso in considerazione e approvato nei suoi principi e nei suoi obiettivi da organizzazioni di cooperazione internazionale di cui essi sono membri;
RICONOSCONO che il raggiungimento degli obiettivi del programma italiano risponde al loro interesse comune;
CONVENGONO, onde agevolare il governo italiano nell'adempimento di tale compito, di raccomandare alle istituzioni della Comunità di attuare tutti i mezzi e tutte le procedure previsti dal trattato, ricorrendo in particolare a un adeguato impiego delle risorse della Banca europea per gli investimenti e del Fondo sociale europeo
RITENGONO che le istituzioni della Comunità debbano considerare, ai fini dell'applicazione del trattato, lo sforzo che l'economia italiana dovrà sostenere nei prossimi anni, e l'opportunità di evitare che insorgano pericolose tensioni, in particolare per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti o il livello dell'occupazione, tensioni che potrebbero compromettere l'applicazione del trattato in Italia;
RICONOSCONO in particolare che, in caso di applicazione degli articoli 109 H e 109 I, si dovrà avere cura che le misure richieste al governo italiano salvaguardino il compimento del suo programma di espansione economica e di miglioramento del tenore di vita della popolazione.”

III. Ho segnalato in neretto le parti più significative di questa "dichiarazione".
Per comprenderne la sua attuale portata occorre tenere presente il suo "oggetto e scopo": esso viene ritratto nella costante attenzione, in termini di trattamento differenziato dagli altri Stati membri, che l'Italia può reclamare, in base ai trattati, fin da quello del 1957 e ribadito obiettivamente come ancora attuale (altrimenti la dichiarazione perderebbe di qualunque senso e sarebbe nulla per mancanza di oggetto e scopo),  in relazione alla situazione del Mezzogiorno e delle isole, che giustifica la considerazione di ogni programma del governo italiano finalizzato a risanare gli squilibri strutturali e nell'occupazione in tali aree. E questo proprio onde evitare "pericolose tensioni...per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti o il livello dell'occupazione".

IV. Si pone subito un problema: cosa comporta tale dichiarazione, oltre all'adeguato impiego delle risorse della BEI e del Fondo sociale Europeo, situazioni praticamente irrilevanti, rispetto alle quali siamo contribuenti netti e quindi in cui, finanziando l'Europa più di quanto essa non finanzi noi, saremmo tra l’altro in piena violazione di questa "riserva" integrativa del trattato?
Una prima risposta è meramente apparente se la riferiamo alla ipotesi di "applicazione degli art.109 H e 109 I" del Trattato di Maastricht. Quest'ultimo, infatti, proprio col Trattato di Lisbona è stato in tali parti modificato, in modo che tali disposizioni siano ora inapplicabili all'Italia.
Riporto il testo originario di Maastricht, sicuramente interessantissimo per le sue implicazioni, che autorizzerebbero ben altro che "battere i pugni sul tavolo":
Articolo 109 H 
1. In caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro, provocate sia da uno squilibrio globale della sua bilancia dei pagamenti, sia dal tipo di valuta di cui esso dispone, e capaci in particolare di compromettere il funzionamento del mercato comune o la graduale attuazione della politica commerciale comune, la Commissione procede senza indugio a un esame della situazione dello Stato in questione e dell'azione che questo ha intrapreso o può intraprendere conformemente alle disposizioni del presente trattato, facendo appello a tutti i mezzi di cui esso dispone. La Commissione indica le misure di cui raccomanda l'adozione da parte dello Stato interessato. Se l'azione intrapresa da uno Stato membro e le misure consigliate dalla Commissione non appaiono sufficienti ad appianare le difficoltà o minacce di difficoltà incontrate, la Commissione raccomanda al Consiglio, previa consultazione del Comitato di cui all'articolo 109 C, il concorso reciproco e i metodi del caso. La Commissione tiene informato regolarmente il Consiglio della situazione e della sua evoluzione.
 2. Deliberando a maggioranza qualificata, il Consiglio accorda il concorso reciproco; stabilisce le direttive o decisioni fissandone le condizioni e modalità. Il concorso reciproco può assumere in particolare la forma di: 
 a)  un'azione concordata presso altre organizzazioni internazionali, alle quali gli Stati membri possono ricorrere; 
 b)  misure necessarie ad evitare deviazioni di traffico quando il paese in difficoltà mantenga o ristabilisca restrizioni quantitative nei confronti dei paesi terzi;  
c)  concessione di crediti limitati da parte di altri Stati membri, con riserva del consenso di questi. 
3. Quando il concorso reciproco raccomandato dalla Commissione non sia stato accordato dal Consiglio ovvero il concorso reciproco accordato e le misure adottate risultino insufficienti, la Commissione autorizza lo Stato che si trova in difficoltà ad adottare delle misure di salvaguardia di cui essa definisce le condizioni e le modalità. Tale autorizzazione può essere revocata e le condizioni e modalità modificate dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata. 4. Fatto salvo l'articolo 109 K, paragrafo 6, il presente articolo non è più applicabile dall'inizio della terza fase

Articolo 109 I 
1. In caso di improvvisa crisi nella bilancia dei pagamenti e qualora non intervenga immediatamente una decisione ai sensi dell'articolo 109 H paragrafo 2, lo Stato membro interessato può adottare, a titolo conservativo, le misure di salvaguardia necessarie. Tali misure devono provocare il minor turbamento possibile nel funzionamento del mercato comune e non andare oltre la portata strettamente indispensabile a ovviare alle difficoltà improvvise manifestatesi. 
2. La Commissione e gli Stati membri devono essere informati in merito a tali misure di salvaguardia al più tardi al momento della loro entrata in vigore. La Commissione può proporre al Consiglio il concorso reciproco ai termini dell'articolo 109 H. 3. Su parere della Commissione e previa consultazione del Comitato monetario di cui all'articolo 109 C, il Consiglio può, deliberando a maggioranza qualificata, decidere che lo Stato interessato debba modificare, sospendere o abolire le suddette misure di salvaguardia. 
4. Fatto salvo l'articolo 109 K paragrafo 6, il presente articolo non è più applicabile dall'inizio della terza fase".

V. Dunque questa (volutamente) ambigua serie di norme autorizzava esplicitamente restrizioni quantitative verso paesi terzi e, implicitamente ma necessariamente, come si desume dall'art.109 I, par., anche misure più ampie e indeterminate, purché necessariamente tese alla salvaguardia dell'interesse dello Stato dalla crisi di b.d.p.,  fino a includere misure restrittive anche verso i Paesi membri. Ciò è attestato sia dalla confusa parte finale del par.3 dell'art.109 H, sia dal criterio di "proporzionalità" stabilito dalla seconda parte.
Riporto, per maggior immediatezza di comprensione, il testo attuale di tali articoli (divenuti gli artt.143 e 144 del TFUE), quale appare nella versione "consolidata" successiva a Lisbona, che ci dà la misura di cosa significasse la prevista inapplicabilità della precedente versione "dall'inizio della terza fase" (cioè dall'entrare in vigore della moneta unica). In sostanza, si è avuta l'aggiunta al termine "Stato", in un testo sostanzialmente inalterato, delle paroline "membro con deroga":

“Articolo 143
(ex articolo 119 del TCE)
1. In caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro con deroga, provocate sia da uno squilibrio globale della sua bilancia dei pagamenti, sia dal tipo di valuta di cui esso dispone, e capaci in particolare di compromettere il funzionamento del mercato interno o l'attuazione della politica commerciale comune, la Commissione procede senza indugio a un esame della situazione dello Stato in questione e dell'azione che questo ha intrapreso o può intraprendere conformemente alle disposizioni dei trattati, facendo appello a tutti i mezzi di cui esso dispone. La Commissione indica le misure di cui raccomanda l'adozione da parte dello Stato.
 Se l'azione intrapresa da uno Stato membro con deroga e le misure consigliate dalla Commissione non appaiono sufficienti ad appianare le difficoltà o minacce di difficoltà incontrate, la Commissione raccomanda al Consiglio, previa consultazione del comitato economico e finanziario, il concorso reciproco e i metodi del caso.
La Commissione tiene informato regolarmente il Consiglio della situazione e della sua evoluzione.
2. Il Consiglio accorda il concorso reciproco; stabilisce le direttive o decisioni fissandone le condizioni e modalità. Il concorso reciproco può assumere in particolare la forma di:
a) un'azione concordata presso altre organizzazioni internazionali, alle quali gli Stati membri con deroga possono ricorrere;
b) misure necessarie ad evitare deviazioni di traffico quando lo Stato membro con deroga che si trova in difficoltà mantenga o ristabilisca restrizioni quantitative nei confronti dei paesi terzi;
c) concessione di crediti limitati da parte di altri Stati membri, con riserva del consenso di questi.
3. Quando il concorso reciproco raccomandato dalla Commissione non sia stato accordato dal Consiglio ovvero il concorso reciproco accordato e le misure adottate risultino insufficienti, la Commissione autorizza lo Stato membro con deroga che si trova in difficoltà ad adottare delle misure di salvaguardia di cui essa definisce le condizioni e le modalità.
Tale autorizzazione può essere revocata e le condizioni e modalità modificate dal Consiglio.
Articolo 144
(ex articolo 120 del TCE)
1. In caso di improvvisa crisi nella bilancia dei pagamenti e qualora non intervengaimmediatamente una decisione ai sensi dell'articolo 143, paragrafo 2, uno Stato membro con deroga può adottare, a titolo conservativo, le misure di salvaguardia necessarie. Tali misure devono provocare il minor turbamento possibile nel funzionamento del mercato interno e non andare oltre la portata strettamente indispensabile a ovviare alle difficoltà improvvise manifestatesi.
2. La Commissione e gli Stati membri devono essere informati in merito a tali misure di salvaguardia al più tardi al momento della loro entrata in vigore. La Commissione può proporre al Consiglio il concorso reciproco ai termini dell'articolo 143.
3. Su raccomandazione della Commissione e previa consultazione del comitato economico e finanziario, il Consiglio può decidere che lo Stato membro interessato debba modificare, sospendere o abolire le suddette misure di salvaguardia ".

VI. Insomma, se torniamo al possibile significato applicativo sostanziale della "dichiarazione" da cui siamo partiti, esclusa la rilevanza pratica del riferimento alla BEI e al Fondo Sociale, ne risulta che la stessa dichiarazione non opera (più), per quanto concerne la peculiare situazione italiana espressamente considerata, in quanto l'Italia, aderendo all'euro, non è nella condizione di Stato membro con deroga.
E allora? Cosa rimarrebbe della vincolante considerazione dei problemi strutturali italiani, relativi al Mezzogiorno e alle isole, e presi espressamente in esame quanto ai riflessi sulla bilancia dei pagamenti e sul livello di occupazione?
Qualcosa di rilevante e, perciò vincolante, sempre secondo una interpretazione di buona fede, conforme all'oggetto ed allo scopo dell'intero trattato e della stessa "dichiarazione-riserva" – e questi ultimi dovrebbe sicuramente chiarire il senso di quelli del Trattato (oggetto e scopo)- rimane pur dopo la eliminazione di ciò che è inutile o inapplicabile.

Ed infatti, la dichiarazione permane valida ed operante come interpretazione normativa, specifica per l'Italia, laddove GLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ
a) PRENDONO ATTO del fatto che il governo italiano è impegnato nell'esecuzione di un programma decennale di espansione economica che mira a sanare gli squilibri strutturali dell'economia italiana, in particolare grazie all'attrezzatura delle zone meno sviluppate nel Mezzogiorno e nelle isole e alla creazione di nuovi posti di lavoro per eliminare la disoccupazione
b) CONVENGONO, onde agevolare il governo italiano nell'adempimento di tale compito, di raccomandare alle istituzioni della Comunità di attuare tutti i mezzi e tutte le procedure previsti dal trattato; 
c) RITENGONO che le istituzioni della Comunità debbano considerare, ai fini dell'applicazione del trattato, lo sforzo che l'economia italiana dovrà sostenere nei prossimi anni, e l'opportunità di evitare che insorgano pericolose tensioni, in particolare per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti o il livello dell'occupazione, tensioni che potrebbero compromettere l'applicazione del trattato in Italia.

VII. Dunque gli Stati membri "prendono atto" che l'Italia debba sanare i propri squilibri strutturali - che ancora permangono e che si sono addirittura acuiti negli ultimi anni, come non sarebbe difficile rappresentare in base a dati macroeconomici eloquenti in sede UE- , e convengono di raccomandare alle istituzioni europee, ai fini dell'applicazione del trattato, di attuare tutti i mezzi e le procedure previsti dal trattato stesso.
E quale è la procedura principale in cui ciò potrebbe appunto trovare applicazione, proprio dandosi rilievo al problema di evitare, in base all’interpretazione concordata di comune accordo, squilibri occupazionali e della bilancia dei pagamenti connessi alla situazione del Mezzogiorno e delle isole?
La prima cosa che sovviene, data la sua ricorrente prospettiva di applicazione (praticamente solo nei riguardi dell'Italia, mentre per gli altri paesi UEM, in aperta contraddizione con la "dichiarazione n.49" incorporata nel trattato, si utilizza paradossalmente un metro molto più elastico)  è la "procedura per indebitamento eccessivo", così regolata dall'attuale art.126 del trattato sul funzionamento:
 
“Articolo 126
(ex articolo 104 del TCE)
1. Gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi.
2. La Commissione sorveglia l'evoluzione della situazione di bilancio e dell'entità del debito pubblico negli Stati membri, al fine di individuare errori rilevanti. In particolare esamina la conformità alla disciplina di bilancio sulla base dei due criteri seguenti:
a) se il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo superi un valore di riferimento, a meno che
— il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che
si avvicina al valore di riferimento,
— oppure, in alternativa, il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e
temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento;
b) se il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo superi un valore di riferimento, a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato.
I valori di riferimento sono specificati nel protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato ai trattati.
3. Se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione prepara una relazione. La relazione della Commissione tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. La Commissione può inoltre preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo.
4. Il comitato economico e finanziario formula un parere in merito alla relazione della Commissione.
5. La Commissione, se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo, trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.
6. Il Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, dopo una valutazione globale, se esiste un disavanzo eccessivo.
7. Se, ai sensi del paragrafo 6, decide che esiste un disavanzo eccessivo, il Consiglio adotta senza indebito ritardo, su raccomandazione della Commissione, le raccomandazioni allo Stato membro in questione al fine di far cessare tale situazione entro un determinato periodo. Fatto salvo il disposto del paragrafo 8, dette raccomandazioni non sono rese pubbliche.
8. Il Consiglio, qualora determini che nel periodo prestabilito non sia stato dato seguito effettivo alle sue raccomandazioni, può rendere pubbliche dette raccomandazioni.
9. Qualora uno Stato membro persista nel disattendere le raccomandazioni del Consiglio, quest'ultimo può decidere di intimare allo Stato membro di prendere, entro un termine stabilito, le misure volte alla riduzione del disavanzo che il Consiglio ritiene necessaria per correggere la situazione.
In tal caso il Consiglio può chiedere allo Stato membro in questione di presentare relazioni secondo un calendario preciso, al fine di esaminare gli sforzi compiuti da detto Stato membro per rimediare alla situazione.
10. I diritti di esperire le azioni di cui agli articoli 258 e 259 non possono essere esercitati nel quadro dei paragrafi da 1 a 9 del presente articolo.
11. Fintantoché uno Stato membro non ottempera ad una decisione presa in conformità del paragrafo 9, il Consiglio può decidere di applicare o, a seconda dei casi, di rafforzare una o più delle seguenti misure:
— chiedere che lo Stato membro interessato pubblichi informazioni supplementari, che saranno specificate dal Consiglio, prima dell'emissione di obbligazioni o altri titoli,
— invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato membro in questione,
— richiedere che lo Stato membro in questione costituisca un deposito infruttifero di importo adeguato presso l'Unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto,
— infliggere ammende di entità adeguata.
Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo delle decisioni adottate.
12. Il Consiglio abroga alcune o tutte le decisioni o raccomandazioni di cui ai paragrafi da 6 a 9 e 11 nella misura in cui ritiene che il disavanzo eccessivo nello Stato membro in questione sia stato corretto. Se precedentemente aveva reso pubbliche le sue raccomandazioni, il Consiglio dichiara pubblicamente, non appena sia stata abrogata la decisione di cui al paragrafo 8, che non esiste più un disavanzo eccessivo nello Stato membro in questione.
13. Nell'adottare le decisioni o raccomandazioni di cui ai paragrafi 8, 9, 11 e 12, il Consiglio delibera su raccomandazione della Commissione.
Nell'adottare le misure di cui ai paragrafi da 6 a 9, 11 e 12, il Consiglio delibera senza tener conto del voto del membro del Consiglio che rappresenta lo Stato membro in questione.
Per maggioranza qualificata degli altri membri del Consiglio s'intende quella definita conformemente all'articolo 238, paragrafo 3, lettera a).
14. Ulteriori disposizioni concernenti l'attuazione della procedura descritta nel presente articolo sono precisate nel protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato ai trattati.
Il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea, adotta le opportune disposizioni che sostituiscono detto protocollo.
Fatte salve le altre disposizioni del presente paragrafo, il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, precisa le modalità e le definizioni per l'applicazione delle disposizioni di detto protocollo.”

VIII. Al di là degli effetti procedurali, deliberativi e sanzionatori, previsti da tale pletorica norma (che ci dà la spiegazione della complessità normativa, antitetica ad ogni semplificazione, che si trasmette dall'Europa all'ordinamento italiano obbligato ad applicarne direttive e regolamenti, con buona pace delle lamentele demagogiche di molti esponenti politici che imputano tale complessità alla "burocrazia" o...all'esistenza del Senato),  quello che ci interessa sono i criteri di rilevazione della "eccessività" dell'indebitamento (per l'appunto rimarcati in neretto).
Ed infatti, una volta che si acceda, sempre secondo buona fede e secondo interpretazione conforme a oggetto e scopo del trattato, alla "residua" ma non irrilevante portata operativa della "dichiarazione n.49", tali criteri dovrebbero tener conto delle difficoltà strutturali italiane e dei loro riflessi su occupazione e bilancia dei pagamenti, al fine di utilizzare i criteri stessi per non ostacolare, ma anzi obbligatoriamente agevolare, lo sforzo del governo italiano connesso a tali finalità.
In sostanza, se la situazione del Mezzogiorno e delle isole segnalasse (come ora, più che mai) difficoltà della bilancia dei pagamenti e livelli di disoccupazione crescenti, la Commissione sarebbe obbligata, a pena di violazione del trattato inteso nel suo complessivo contenuto vincolante,  a considerare come criterio primario il legittimo scostamento dal "valore di riferimento" del deficit connesso alla differenza tra lo stesso e gli investimenti (evidentemente pubblici). 
Cioè, nel caso dell'Italia, la Commissione è attualmente obbligata, dal trattato, - se non dall'esercizio di una discrezionalità comunque conforme al buon senso macroeconomico-,  ad applicare la c.d. golden rule, cioè la esenzione, dal calcolo del valore di riferimento stabilito per il deficit (il famoso 3% del PIL), delle spese pubbliche per investimento effettuate per risanare la situazione strutturale, ed aggravatasi, del Mezzogiorno e delle isole. Ovviamente se ciò sia obiettivamente presentato come funzionale allo scopo di combattere la disoccupazione e di correggere uno squilibrio della bilancia dei pagamenti altrimenti non correggibile.

IX. Questo punto impone molta attenzione.
Investimenti pubblici che portino a “sforare” il tetto dell'indebitamento del fatidico 3%, farebbero salire l'occupazione e anche, con effetti crescenti nel tempo (secondo il moltiplicatore del public investment), la domanda aggregata, cioè il PIL
Ma quest'ultimo crescerebbe anche nei consumi che, a loro volta, data la attuale situazione dei tassi di cambio reale nella moneta unica, avrebbero la forte probabilità di riflettersi in un aumento delle importazioni.
E non solo: l'intervento pubblico che implichi crescita occupazionale, rischia di vanificare l'effetto svalutativo salariale che è in corso attualmente e che pare prioritario nell'attuale indirizzo politico-economico, effetto correlato all'aumento della disoccupazione stessa, vista cioè come strumento utile a deflazionare e a correggere perciò, in base al decisivo elemento del decrescente livello salariale, i rapporti tra tassi di cambio reale, legati ai differenziali di inflazione accumulati dall'Italia (cfr. figura posta in apertura della presente trattazione).
Il punto critico, dunque, è che un programma di investimenti pubblici aggiuntivi a quelli attualmente previsti nel bilancio pubblico - per la verità scarsi e oggetto di tagli pluriennali già programmati- per un volume di 1, o ancor meglio, 2 punti di PIL, rischierebbe di intralciare il sistema di correzione degli squilibri commerciali intra-UEM e di ripristino di un attivo della bilancia dei pagamenti prescelto in Italia, su "suggerimento" tedesco, a partire almeno dal governo Monti. 
E che, a quanto viene frequentemente ribadito, sarebbe completabile con misure patrimoniali straordinarie e con la riforma ulteriore del mercato del lavoro (nel senso della flessibilità in uscita che, determinando disoccupazione aggiuntiva, spinga chi cerca occupazione ad accettare ulteriori diminuzioni salariali).

X. Se si volesse salvare "capra e cavoli" (per davvero, cioè se in realtà la posta in gioco non fosse solo quella della deflazione salariale, delle dismissioni di assets pubblici pro-investitori esteri, e del mercato del lavoro), è chiaro che il richiamo legittimo alla "dichiarazione n.49", potrebbe essere legato alla effettuazione di investimenti aggiuntivi e quindi non finanziati con corrispondenti tagli alla spesa pubblica in altri settori, beninteso: tali investimenti dovrebbero essere, per prevenire l’effetto “aumento dei consumi-aumento delle importazioni”, non solo localizzabili (assetto del territorio, edilizia pubblica, manutenzione strade e infrastrutture, ricerca e istruzione pubbliche), ma anche volti alla produzione di beni che l'industria nazionale non produce più, o produce sempre meno, sul nostro territorio. E parliamo del settore acciaio, come di quello cantieristico, come pure di quello agroalimentare e persino di quello automobilistico. E occorrerebbe anche che i beni strumentali necessari non fossero, almeno in misura prevalente, prodotti all'estero, incidendo anche ciò negativamente sul saldo partite correnti.

Ovviamente l'investimento nei predetti settori dovrebbe essere, com'è preferibile, direttamente controllato da imprese pubbliche o, quantomeno, accompagnarsi a vincoli normativi di decadenza (assistita da preventiva garanzia fidejussoria), da eventuali finanziamenti pubblici, in caso di dismissione-delocalizzazione dell'impianto (creato o riattivato) prima di un  periodo di tempo pari alla stessa programmazione (10 anni o periodo analogo opportunamente stabilito).
Presentando un nuovo piano decennale di incremento mirato degli investimenti pubblici in questi settori, magari ricapitalizzando, rilanciando e anche acquisendo alla mano pubblica, assets e impianti oggi in via di dismissione, e sostenendolo con una spesa aggiuntiva di un paio di punti di PIL all'anno, avremmo in realtà un deficit sicuramente inferiore al 5% (cioè al "contabile" 3+2 che tendono a calcolare oggi gli uffici del tesoro) e nuovo prodotto-domanda che tenderebbe a localizzarsi sulla nostra stessa produzione di beni e servizi.
Ed infatti, seguito di un piano del genere, la crescita del prodotto interno, per effetto del moltiplicatore fiscale, particolarmente “alto” in situazione di recessione prolungata, si amplierebbe la base imponibile, con un conseguente gettito aggiuntivo (ad attenuazione del deficit) pari a circa la metà dell'incremento del prodotto stesso
Cioè, ipotizzando un moltiplicatore, almeno nel medio periodo iniziale, pari a 2 (non particolarmente eccessivo), avremmo una crescita di PIL pari almeno al doppio: cioè di circa 4 punti di PIL  all'anno, e una crescita del gettito fiscale di circa 2 punti, che pareggerebbe quasi interamente la maggiore spesa per investimenti effettuata.
E lo stesso rapporto debito/PIL, a parità di livello del deficit raggiungibile nel breve periodo, tenderebbe a scendere, grazie alla crescita del denominatore PIL, ponendosi fine alla spirale incrementativa determinata dalle attuali politiche di "austerità fiscale".

XI. Ripetiamo: dal punto di vista della tenuta del nostro attuale attivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, presenta dei forti rischi, finché avremo la valuta unica, e cioè in quanto l'aumento del PIL indurrebbe comunque alla ripresa di consumi riversati su beni essenzialmente importati (mentre la deindustrializzazione già avvenuta renderebbe difficile persino il rilancio della produzione nazionale di beni strumentali).
Ma almeno non ci venissero a dire che dobbiamo "battere i pugni sul tavolo" chiedendo, come "graziosa concessione", ciò che invece già ci spetta e che impegna tutti i partner UE, senza dover trattare con alcuno, meno che mai con la stessa Germania. 
Alla quale, dunque, non pare legittimo rivolgersi per "chiedere il permesso", né dal punto di vista costituzionale né da quello dello stesso diritto europeo, senza aver prima almeno tentato di far osservare le regole del trattato che concernono l'Italia: queste già prevedono la nostra situazione e  consentirebbero quello che, ora, i nostri governanti dicono sì di voler fare, ma sempre finanziando qualsiasi spesa ulteriore o sgravio fiscale con la fatidica "copertura" per rispettare i limiti di indebitamento imposti dal Trattato (e dai “patti” più o meno attuativi dello stesso). 
Proprio quei limiti che, invece, avremmo il diritto, in base ai trattati, di superare per degli scopi "strutturali" che, tutt'ora, risultano essenziali al benessere della comunità nazionale


52 commenti:

  1. Non trovo veramente le parole per commentare la retorica con la quale tutti i giorni ci sommergono politici di tutti gli schieramenti, giornali e televisioni, quando con una normale lettura di ciò che viene sottoscritto nei trattati potrebbe ( nel caso italiano vista la riserva accettata dagli altri contraenti ) modificare almeno in parte il dissesto economico provocato dalla scelta deliberata di ricorrere alla svalutazione interna.
    La ringrazio per avermi dato la possibilità tramite le sue letture, di conoscere e distinguere i reali problemi dalle vuote retoriche propagandistiche utili allo svuotamento dei nostri principi Costituzionali.

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  2. Ma pensate che qualsiasi ministro del nuovo Governo sia solo in grado di comprendere il ragionamento qui formulato?

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    1. Ma come, la Boschi è "avvocatessa", "colta", "preparata", "donna", "gggiovane" e perfino col CV (così Minosse è contento): possibile che, con tutta questa "superiorità intrinseca" su noi comuni mortali, non capisca???? :-)

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  3. si conosce dai retroscena della stesura dei trattati chi insistette per inserire questa riserva?

    e perchè dopo gli sforzi che sicuramente ci saranno voluti poi i governanti che si sono succeduti non si sono avvalsi di questa possibilità?

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    1. Ti confesso che è già un rompicapo tentare di ricostruire ciò che è scritto in atti ufficiali.
      L'interrogativo che poni, in effetti, è quello che mi ha mosso nell'analisi. Perchè far reinserire una tale clausola se essa non avesse avuto effetti pratici sulla nostra posizione già all'interno della moneta unica?
      Se la dich fosse stata riferita a situaz passata esaurita sarebbe stata nulla per mancanza di oggetto e di scopo. Ma questo non supera la terminologia utilizzata nel riconoscere comunque in termini attuali una specialità italiana in funzione della situazione del Mezzogiorno.

      Quanto al perchè non sia mai stata richiamata è possibile ipotizzare una mancanza di interesse politico dei governi succedutisi, anche perchè un Piano del Mezzogiorno sarebbe attaccato dalla stampa livorosa.
      Meglio distruggere la domanda interna!
      Altre spiegazioni non riesco a formularle; ma "loro" sono più intelligenti di me, probabilmente

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    2. Un indizio: dr ACED il "sottile" alla guida dei "prodi", sotto il semestre di Angelina Jolie .... ???
      Non mi dire che sono ancora loro .....!!!

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    3. Il riferimento è alla "commissione Amato" (ACED) per la scrittura nel Lisbona 2007 della dic. 49 riconfermando quella scritta nel Roma 1957 tra il "dialogo del Prodi II e della Merkel nel semestre UE.
      Se si conosci, potresti sapere cosa potrebbero ancora pensare e conosciutoli hanno già preso "distanza" e, gloria in excelsis deo et in suburbia pacem, un ruolo lo assumeranno ancora.

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  4. Altro che "battere i pugni sul tavolo", è scritto nero su bianco sui documenti del trattato che si deve salvaguardare il programma di espansione economica italiano e il miglioramento del tenore di vita della popolazione italiana.

    Grazie

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    1. In situaz di voluta illeggibilità tutto diviene (orchestratamente) opinabile, tranne le certezze di...Olli.
      Ma certo, una normale diligenza interpretativa imponeva almeno di tentare e farne una battaglia da subito

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    2. A proposito di certezze di Olli........ siamo di nuovo (putacaso) tra i cattivi????

      http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2014/03/05/Ue-avverte-Italia-Squilibri-eccessivi-Italia-sotto-monitoraggio-_10182849.html

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    3. meno male che nel semestre europeo si doveva andare a sbattere i pugni sul tavolo :D rido per non piangere

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    4. Il semestre deve ancora cominciare, in realtà: però la complessiva cultura (si fa per dire) della nostra classe politica e della stessa nostra espertologia "accademica" (prevalente), lo renderà un'inutile fase di ulteriore autoflagellazione (auto)antiitaliana

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    5. In tutta onestà, nutro forti dubbi sulla rilevanza attribuita al semestre di presidenza europea. Basta vedere quante volte, in questi giorni, sta "sbattendo i pugni sul tavolo" la Grecia. Ammesso e non concesso che lo stia facendo, di certo i rumori non si sentono......

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/19/grecia-caos-sanita-la-troika-chiude-i-poliambulatori-della-mutua-i-medici-li-occupano-per-protesta/884377/

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    6. E' scontato che sia così; purtroppo è stato finora il pretesto, utilizzato da un partito specialmente, per imporre politiche restrittive e legittimarne di nuove, raccontando che così al semestre ci si sarebbe presentati con le carte per negoziare (de che?).

      E' nel frattempo la Commissione gli dice pure che queste politiche restrittive erano sbagliate: dovevano essere altre. Ovviamente più distruttive, tornandosi alla questione del super saldo primario; il quale serve a garantire gli interessi sul debito estero-detenuto, oggi, e ai livelli che vorrebbe imporre la Commissione a imporre una patrimoniale per garantire il capitale del nostro sistema bancario (indebitato sempre con l'estero)

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  5. Grazie Quarantotto, articolo che andrebbe studiato in tutte le facoltà di giurisprudenza, e non solo, ma anche in tutti i Consigli Comunali, Provinciali e Regionali, nonchè alla Camera dei deputati e al Senato.

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  6. ma con il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economichea a firma Mario Monti quanto previsto dai trattati è stato volutamente superato. La moneta unica che aveva un significato associata ai trattati ratificati , ha assunto un diverso significato e funzione associata a tale regolamento. Ad oggi tale regolamento malefico è stato rivisto con il REGOLAMENTO (UE) N. 1175/2011 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 novembre 2011, che permette deroghe in casi di particolari condizioni congiunturali in cambio di cessioni di sovranità attraverso riforme strutturali !!!

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    1. Guarda date, contenuti e livello delle fonti: reg 1997 è ANTERIORE AL 2007 (anno di reinserimento della dic 49), reg 2011 espressamente si dich applicabile "in quanto compatibile coi trattati", fonte superiore inderogabile, come ha evidenziato Guarino, predicandone inefficacia/nullità.
      Si conferma che il diritto non è "leggibile" da chiunque lo "legga"; esige conoscere tante altre cosine e avere pure grande pazienza

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    2. In analogia al reg 1466 del 1997 ha stravolto quanto concordato nel trattato di Mastricht , eliminando la parte solidaristica, modificando di fatto l'euro in un altra moneta rispetto a quanto inizialmente ipotizzato.
      Così il reg 1175 del 16/11/2011 che è certamente successivo alla dichiarazione 49 al TRATTATO DI LISBONA firmato il 13 dicembre 2007 , nonostante in premessa riporta :
      visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 121, paragrafo 6 .... considerando quanto segue:
      (1) Il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri all’interno dell’Unione, come previsto dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dovrebbe implicare il rispetto dei seguenti principi direttivi: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane, nonché una bilancia dei pagamenti sostenibile.
      (2) Il patto di stabilità e crescita (PSC), nella sua versione iniziale, era composto dal regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche ( 3 ), dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi ....
      però in pratica è stato recepito dal parlamento italiano che ha votato il fiscal compact il 19 Luglio 2012, di fatto ratificando quanto richiesto dal regolamento 1175 del 2011 in maniera più restrittiva di quanto richiesto nel trattato di lisbona + dichiarazione 49

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  7. tra l'altro secondo il TFUE Articolo 126 (ex articolo 104 del TCE)
    1. Gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi
    2. La Commissione sorveglia l'evoluzione della situazione di bilancio e dell'entità del debito pubblico negli Stati membri, al fine di individuare errori rilevanti. In particolare esamina la conformità alla disciplina di bilancio sulla base dei due criteri seguenti:
    a) se il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo superi un valore di riferimento ..... questi valori sono quelli indicati nel reg 1466 / 97 e successivamento 1175/2011 e recepiti nel fiscal compact e su quello interviene l'unione europea e in maniera decisa http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/05/ue-italia-ha-squilibri-eccessivi-serve-monitoraggio-paese-retrocesso-in-serie-c/903072/

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    1. a) non hai letto il post che riporta puntualmente l'art.126 e il concetto di riserva (che definisce in apice il vincolo negoziale, fonte prevalente del vincolo e equiparata a principi costituzionali non "fondamentali", tra i quali anche l'art.81 Cost, tanto per capirsi);
      b) quello che riporti non c'entra dato che si tratta del regime generale che nulla toglie alla eventuale configurazione della "norma speciale" della riserva;
      c) non hai nemmeno letto la mia prima risposta;
      d) la questione del pareggio di bilancio in Costituzione, recettiva del FC, non è attualmente considerata nè dai nostri governanti nè da Olli, persino nella odierna dichiarazione; PIU' ANCORA LA GOLDEN RULE E' COMUNQUE APPLICABILE ANCHE ANCHE AL CRITERIO DEL PAREGGIO E ANCHE ALLA LUCE DELLO STESSO TESTO DEL NUOVO ART.81 COST, NUOVO COMMA 2.;
      e) ripassa quando sei preparato

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    2. :) comunque sia i nostri rappresentanti politici non fanno nemmeno il minimo sindacale, altro che "golden rule" e dichiarazione n49.
      Per non parlare della possibilità di passare da "Stato membro partecipante" alla EUM a "Stato membro non partecipante" , date le mutate condizioni economiche.

      In pratica i parametri di riferimento del "ce lo chiede l'europa" sono e rimangono 3% e 60% ... in attesa del fiscal compact pv

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    3. Sì ma il post è prooprio diretto a evidenziare l'assurdità di atteggiamento politico, non a propugnare una soluzione irrealistica. Qui non è il m5s (che comunque non avrebbe mai potuto arrivarci)

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  8. Il buon Piga, con l'aiuto di tre ricercatori del FMI, aveva già dimostrato che era possibile fare spesa pubblica espansiva per investimenti, a saldo primario invariato (e quindi con un effetto positivo sul rapporto deficit/PIL) con riduzione del rapporto debito/PIL (grazie ad Haavelmo, anche se non lo nomina) e con un probabile limitato impatto sulla bilancia dei pagamenti ("anche se i tedeschi dovessero rifiutarsi di farlo [l'aggiustamento simmetrico], vedo pochi problemi. Perché questi 16 miliardi di spesa l’anno per 5 anni consecutivi che noi Viaggiatori chiediamo sono veri e propri investimenti per riportare, come dicevo a Sergio De Nardis, il potenziale di crescita italiano a livelli a cui non siamo più abituati ma che sappiamo raggiungere. Sono cioè manovre che hanno effetto sia sulla curva di domanda che sull’offerta ovvero sui costi delle aziende grazie alla migliore produttività che genereranno [...]). Non saprei dire quanto sia plausibile, soprattutto in termini temporali, quest'ultima previsione, ma comunque è chiaro che è una strada che non è stata mai neanche presa in considerazione.

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    1. Mi conforta e mi inquieta al tempo stesso (e infatti avevo dubbi sull'opportunità di aprire all'argomento) :-)
      Da sottolineare come sicuramente Piga non ha considerato la base giuridica in questione: lo attesta la sua iniziativa per referendum abr del FC (inconfigurabile). La differenza sostanziale è che qui la radice della correzione ciclica deve, com'è giusto, investire propriamente il Mezzofiorno e le Isole.
      Sull'incremento di produttività che dire? Se si nega (ostinatamente) l'effetto dei tassi di cambio reale sul CLUP si spera nella mitica IRS.
      Un miglioramento ci sarebbe, ma come ricorderai in nostra precedente discussione, l'offerta nel sud può sopravvivere solo se spesa per investimenti netti accoppiata a spesa pubblica in strutture di pubblica sicurezza, giustizia e presidio-tutela del territorio. Il che porta il volume finanziario dello sforzo ragionevolmente al di sopra della soglia da lui indicata

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  9. Non vorrei andare troppo fuori tema ma vedo delle analogie tra la questione meridionale e quella moneta unica.
    In tutte e due abbiamo la spoliazione di un sud industrializzato a favore di un nord conquistatore.

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    1. http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/2014-le-luci-della-verita-fra-le-ombre.html (da vedere i commenti che ne sono seguiti)

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  10. strano che la germania non abbia addotto riserve simili per tutelarsi in caso di sforamento dei parametri per sussidiare l'ex DDR...

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    1. Sarà perché la Germania sapeva di guadagnarci enormemente "aiutando" la cara sorella DDR...
      Per approfondimenti "Anschluss" dell'ottimo Giacché.

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    2. Colpito, centrato e affondato i "fondamentali" dell'EU/EUM franco tedeschi, rimane da "comprendere" - se qualcuno piaceri sado-maso - i ruoli dei "nostri" tanti, troppi, Quisling.

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    3. La Germania in realtà ha fatto molto di più che una semplice "dichiarazione": ha ottenuto di mettere direttamente nel trattato l'autorizzazione alla deroga al divieto di aiuti di Stato per la Germania est; v.art.107 par.2, lett. c) Trattato.
      E lo ha dunque fatto in modo diretto e inequivoco al massimo livello delle fonti.
      Chi negoziò per noi non ci ha pensato neppure un attimo a far apporre clausola analoga.
      D'altra parte, poi, la Lega chi al sentiva? Aveva appena ottenuto il Porcellum ai tempi di Lisbona e strepitava per il federalismo fiscale e demaniale (aspetti regolati poi in modo ingovernabile).
      Anche se avessimo tentato di far apporre una clausola dell'art.107 analoga probabilmente al tempo si pensò che sarebbe strata politicamente ingestibile

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  11. A margine delle fondamentali considerazioni riportate da '48 sulla Dich. n. 49, un poco di cronachistica raccontata dagli stessi protagonisti delle vicende potrebbe interessare:

    Giuliano Amato, Londra 12 luglio del 2007, discorso al Centro per la Riforma Europea

    intervista di Giuliano Amato su RSPI - N° 297, 1/2008

    I fatti, i nomi, i cognomi, le residenze (confido nei prossimi domiciliari) sono scolpiti a chiare lettere tra le righe delle dichiarazioni del dottor "sottile".

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  12. Se ho capito bene la Germania rifiuta a se stessa l'applicazione di alcune norme (come il fiscal compact) motivando che tali previsioni sarebbero in contrasto con il dettato e le finalità della loro Carta Fondamentale, considerata fonte primaria non comprimibile, né superabile.
    Perché, senza tanta necessità di trovare deroghe fondanti, non facciamo lo stesso, visto che la nostra Costituzione affida obbligatoriamente dei compiti allo Stato che il "sistema euro" impedisce (art. 3 comma II, art. 4 comma I, art 35, art.36, ecc.)?

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    1. La GEr non accetta l'OMT (v. apposito post) richiamando la generale dottrina della propria Corte cost. per cui qualsiasi determinazione UE deve passare per il vaglio del proprio parlamento che deve prestare il proprio consento o può ritenerla contraria all'interesse nazionale sancito nella loro Costituzione e rimetterla alla Corte.

      La cosa che dici poi, in realtà è quanto sostenuto in tutto questo blog. Ed è anche il motivo per cui inserisco i links (cioè per consentire di andare a vedere come e perchè si possa e si debba fare il filtro di Costituzionalità dei trattati e diritto UE alla luce di artt.11 e 139 Cost.).
      LA stessa questione è ampiamente trattata in "Euro e(o?) democrazia costituzionale".

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  13. Mi permetto per una sola volta, però, di "provare" a vedere il bicchiere mezzo pieno (o almeno con una goccia dentro...).
    In che senso? Beh, bisogna, lo riconosco, accontentarsi di poco. Tuttavia, mi sembra che, a partire dalla fine dello scorso anno, almeno alla Camera dei deputati, sia in corso -in maniera molto nascosta, in ogni caso non pubblicizzata a dovere- quello che potremmo definire un abbozzo di attività conoscitiva sulla materia ed in particolare sugli squilibri indotti dall'euro.
    Rientrano in questo ambito sia le audizioni informali di Bagnai e Zingales presso la commissione finanze, sia due incontri sicuramente significativi: quello del 7 marzo, tenuto da una prospettiva più squisitamente di sinistra (citato da Bagnai, che vi parteciperà), e quello dell'11 marzo, patrocinato dalla Presidenza dell'organo e che dovrebbe avere natura più "neutra" (citato da Manasse, che vi parteciperà, e dove la controparte dovrebbe essere rappresentata da Lidia Undiemi).
    Ora, quello che sconforta è il carattere nascosto di questa attività, che, anche grazie al diaframma mediatico, difficilmente raggiunge il cosiddetto italiano medio, che, quand'anche non vittima del digital divide, difficilmente sarebbe a conoscenza della cosa se non legge i blog di Bagnai o Manasse. A livello politico, personalmente, penso che un'indagine conoscitiva in piena regola avrebbe avuto un minimo di risonanza in più, anche se posso rendermi conto di quanto avrebbe "urtato" i sommi capi del regime €uropeo. Forse è per questo che si procede alla chetichella. Io, al posto "loro", avrei invece "osato": l'indagine non di per sè indice di un mutamento di indirizzo, ma allo stesso tempo, rivela pubblicamente un Parlamento cosciente di certe problematiche e rappresenterebbe un gentile invito a Bruxelles a "non esagerare" nel puntarci il dito contro.......
    Quello che conforta, è che, per quanto nascosta, questa attività per lo meno c'è. Forse, troppo concentrata sull'euro, che, pur essendo un nodo fondamentale del problema, non lo esaurisce. Forse troppo circorscritta. Ma c'è. Poca cosa, per carità.
    Sarebbe forse fonte di maggiore speranza vedere l'avvio di dibattito parallelo sui riflessi giuridici di determinate politiche economiche e impostazioni ideologiche, in particolare sui rischi di involuzione autoritaria del sistema e sui rapporti tra costituzione sociale ed europa "Von Hayek". Anche "alla chetichella", sarebbe già qualcosa. Sotto questo aspetto, tuttavia temo che la cosa possa apparire, paradossalmente più difficile. Un discorso del genere sarebbe infatti concorrente alla retorica Renziana sulle riforme istituzionali, che in questo momento "deve farla da padrone" per catalizzare l'attenzione della pubblica opinione, e, per ciò solo, potrebbe incontrare delle barriere all'entrata.
    Però, "un minimo" di sussulto sembra che cominci -tardivamente ed insufficientemente- a manifestarsi........

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    1. Intanto che indagano e conoscono, DOPO AVER VOTATO TUTTO IL VOTABILE, incassano la dichiarazione di Olli e si adeguano; cioè voteranno qualsiasi ulteriore manovra e se faranno problemi sarà solo per lotte di potere interne. E senza mai mettere in discussione il moltiplicatore e la sostenibilità di taglio delle tasse in pareggio di bilancio in situazione recessiva prolungata.
      Così l'Italia muore in pochi mesi di "indagine conoscitiva"...

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    2. In effetti, il problema è proprio questo. La loro inerzia ha fatto sì che la realtà gli stia tremendamente davanti.
      Siamo davvero al punto di non ritorno? Perché se è così, l'unico modo per cambiare rotta è l'implosione del vecchio regime, ormai insostenibile. Implosione che avverrà, ahimè, solo dopo la totale devastazione del tessuto produttivo, sociale e politico del paese (come fu con il fascismo, del resto: alla fine del ventennio cosa restavano? Le macerie e l'occupazione). E' davvero l'unica via percorribile (e la percorreranno non loro, ma la Storia)?

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  14. Ciao Quarantotto, infatti i mercati stanno festeggiando la nostra spoliazione. In altri tempi le dichiarazione della Commissione sui nostri squilibri eccessivi avrebbe fatto precipitare la borsa di Milano, invece ieri era la migliore d'Europa. Incredibile, siamo contribuenti netti nei confronti dell'europa per 6 miliardi all'anno, abbiamo una disoccupazione del 12/13% contro il 27% di Spagna e Grecia, abbiamo versato 55 miliardi ai vari fondi salva Stati, siamo con la Germania l'unico paese dell'Unione che rispetta il 3% di defcit, contro il 7% della Spagna e l'indice accusatore è puntato contro di noi. Ragazzi siamo sul menù, ( vero Piga), inizia la stagione delle svendite, e dei tagli in nome del Lo vuole l'Europa. Fino a che non nasce un nuovo soggetto politico in grado di imporre un nuovo paradigma socio-economico-giuridico, non abbiamo nulla di cui essere ottimisti, e chi rema contro questo soggetto ch mai nascerà, non fa un grande servizio al paese, perchè io non so che farmene di avere capito come funziona una unione monetaria se poi non ho gli strumenti per incidere sulla realtà quotidiana. Se fossi ricco lo fonderei io il nuovo partito, lo farei io il gesto ecclatante, ma non sono ricco e non sono nessuno, al massimo potrei andare ad affigere i manifesti e lo avrei fatto volentieri con animo gioioso, senza nessun tornaconto personale.
    Scusate lo sfogo.



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    1. Caro Mauro, parole sante. Forse bisognerebbe far capire ai residui "ricchi", non espatriati finanziariamente, ciò che gli converrebbe veramente, prima che si ritrovino a emigrare o a chiedere il fallimento...

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    2. In effetti, quello che servirebbe adesso è un partito trasversale di resistenza, che catalizzasse tutti gli interessi di chi opera nel mercato interno, alla luce di una nuova visione dell'economia. Potrebbe sembrare eterogeneo, perché avrebbe una base di lavoratori dipendenti pubblici e privati nonché di tutti gli operatori economici che operano sul mercato interno, commercianti, artigiani, imprenditori...... financo aziende importanti, ma non lo è, se si matura la coscienza che la spesa del lavoratore dipendente è il reddito del negoziante, e le tasse del negoziante sono il reddito del dipendente pubblico. Tutti dipendiamo da tutti e non siamo nemici.
      Sarebbe un polo di interessi notrevole. Non credo di dire una castroneria se affermo che, in un mercato interno che non tira e nella genrale disaffezione uno stesso giornale come Repubblica vede diminuire il valore degli spazi pubblicitari che offre, ossia del suo.... reddito!!!! Dovrebbe stare dalla parte nostra, e non lo capisce!!!!
      Effettivamente il nodo è il vuoto di rappresentanza politica di larga parte della popolazione. Favorito anche da una campagna mediatica fondata sul parassitismo e sull'autorazzismo che mette tutti contro tutti (fatta dai giornali che poi perdono lettori e denaro e devono stringere la cinta!!!). E la cosa grave è che la politica rimane tremendamente indietro, ancora allo stadio di attività conoscitiva fatta sottbanco.

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    3. Ma i giornalisti perdono il lavoro (e imparano, FORSE, che non c'è una parte giusta, con cui schierarsi sempre, che possa garantire a tutti la salvezza); la proprietà finanziaria che sta dietro mantiene comunque saldo il controllo, molto più importante dei profitti ai loro occhi. Kalecky docet

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  15. Caro 48, ma in tutto questo la nostra Corte costituzionale non sarebbe tenuta a un ruolo un pochino più attivo? Voglio dire: la Corte costituzionale tedesca difende la centralità del proprio parlamento rispetto all'UE; quella portoghese dichiara incostituzionali, per manifesta iniquità, alcuni provvedimenti varati in ossequio alle direttive troiko-comunitarie... Qui da noi apatia assoluta.
    Come lo spieghi?
    E come spieghi il fatto che a parte tu stesso e Guarino nessun giurista/costituzionalista - penso ai Rodotà, agli Onida, agli Zagrebelsky - non senta il dovere di denunciare questo stato di cose? Non è una domanda retorica, è che proprio non riesco a capacitarmi.
    (A Zagrebelsky in particolare, avevo scritto una lettera l'anno scorso alla vigilia della manifestazione "La via maestra" per la difesa dell'art.138 - dove gli facevo notare che la modifica al 138 che tanto li preoccupava era solo la formalizzazione di un sostanziale svuotamento della Costituzione iniziato con Maastricht, e che l'iniziativa - se non si teneva conto di questo - equivaleva a voler presidiare la finestra con i ladri che entravano dalla porta. Nessuna risposta, ovvio).
    Grazie

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    1. Sono anche io senza parole. Sul ruolo della Corte incide il prevalente sindacato incidentale che, come abbiamo visto sulla legge elettorale, arriva troppo tardi...se arriva e non viene dichiarata l'inammissibilità. Oltre che un approccio culturale insufficiente (come sai che espongo nel libro).

      Per quel (poco) che si può attivare, apprezzando quel che si può allo stato sfruttare, sentiti con Gian Luca...

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    2. Nel senso che ci siamo appena parlati e abbiamo fatto il punto :-)

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    3. Lo vedo stasera, riunione L.I.R.E. :-)

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  16. Ottima analisi; e, si, nessun altro l'avrebbe neanche potuta ne saputa fare...

    Devo dire inoltre che riuscire ad appassionare alla materia è indice di forte passione, competenza e grande garbo.

    Complimenti!

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  17. AMOR, CH’A NULLA AMATO AMAR PERDONA
    (Dante, Inferno c. V, v. 103)

    Che, noi del Belpaese, fossimo conosciuti come santi, poeti e navigatori è storia antica e, anche se la Storia contemporanea ci condurrebbe verso il gusto della china, il Sommo dei poeti pronone la sublime musica dell’ “amare”, inteso invece come manifestazione di procurare un bene e di ricercarne la sua compagnia, sempre con un retrogusto meno piacevole.
    Così come il 'coup de théâtre' proposto dal sempre immaginifico ’48 sulla “anomalia” contenuta nel trattato di Lisbona: la “dichiarazione n. 49, Dichiarazione concernente l’italia”.
    Ma si sa che è giurista e, come i giuristi, vive di finezze, di sottili distinzioni tra transitorio e provvisorio e quando qualche affermazione assume i toni della scienza vengono presto mitigati da un “provvisorio tendenziale”, quelli proposti dal “participio passato” della manifestazione del bene.
    Un vero peccato che oggi queste “piccole” sottigliezze non siano apprezzate e colte da coloro i quali del bene del Belpaese ne dovrebbero essere custodi e amministratori.
    Un’altra picco chicca del “participio passato” che, esautorato nel 2007 dalla trascrizione della costituzione UE bocciata dal referendario francese e olandese invece affidata dalla presidenza tedesca all’IGC 2007 con la prescrizione dell’intelleggibilità di “trattato di riforma” a trazione tedesco che precludeva ogni ricorso referendario, scrive la sua vendetta, inascoltato qualche qualche tempo prima dalle insidie nascoste per ora affermare che “non sappiamo ancora come ne usciremo. Una cosa sappiamo: se il senno di poi venisse usato prima, quanti guai ci sarebbero risparmiati”.
    Ma i guai di chi? Quelli dei “participi passati” o di quelli cui è stata data e viene somministrato l'amaro della china?
    Cari “participi passati”, è ora che dalla strana “china” assunta dal sogno che avete sognato si comincino a unire forze e consapevolezze, pena il rischio di fare più male a questo Belpaese di quello finora procurato senza, poi, neppure il perdono “amaro”.

    ps: come sempre io abuso ma, forse, fa bene anche così ....

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  18. l'abilità di "sottile" di gestire ma non essere responsabile, di passare le "ere" senza la pesantezza di nessuna colpa, trasforma in participio passato il futuro dell'italia e dei suoi cittadini. In questo video dal minuto 6 viene mutata la passata responsabilità di chi ci ha governato in una minaccia per chi si azzarda a dire qualcosa di diverso ... :( https://www.youtube.com/watch?v=NwnSrp1yMdU

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    1. Come si sa, son socratico e irriverente che abusa di simmetrie improponibili per vedere, non troppo di nascosto, l'effetto che fa .. fin tanto che resto lontano dalla cicuta.
      La questione posta è sul tavolo da tempo di molti Pensanti troppo più acuti e sottili delle mono-neuroniche possibilità che la Natura m’ha concesso.
      Solo per ricordare qualcuno dei “moderni”, un K Popper, fondatore della libera società aperta, che si interroga non tanto su "chi deve comandare", quanto su "come controllare chi comanda" oppure da un maestro del sospetto, F Nietzsche, che ricorda che "chi lotta contro i mostri deve guardarsi a non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo nell’abisso anche l’abisso ti guarda dentro”.
      Tutto il resto E' NOIA – per qualcun altro gioia fin quando gli “altri non capiscono - LUOGO COMUNE e .. HORROR VACUI.
      In altri termini, la questione del "sottile" che gestisce senza essere responsabile risiede in coloro che ne hanno concesso, con delega, la possibilità di gestione senza esserne responsabili del controllo.

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