giovedì 31 gennaio 2013

NON DITE CHE NON VI AVEVO AVVERTITO

Fratelli (e sorelle) carissimi, forse l'attesa significa inedia, e forse l'attesa del raccolto destina l'agricoltore alla pigrizia?
E invece io vi dico: leggete e rileggete i post finora pubblicati (lo so: scritti in italiano troppo "denso", mea maxima culpa), mentre ancora il pallido sole dell'inverno invita alla letargia, e no, non riponete i neuroni che abbondano in chi ha la grazia "celeste" e affrettatevi a conquistare la conoscenza...Perchè presto, arriverà la nuova "piena" e chi sarà pronto godrà della gioia della...pienezza!
"Anfatti", con Flavio, stiamo preparando la nuova collezione di "primavera" e cosa c'è di meglio di una perfetta linea per indossare i nuovi capi...di "buona speranza"?
Con un grazie a tutti i lettori che stanno arricchendo il blog e rileggendolo in lungo e in largo :-)

mercoledì 30 gennaio 2013

ASO E ABE...BUONA DIGESTIONE

Aso e Abe...Ma vedete come la storia ci propone strane assonanze e "sincronicità" nei modi più strani (per dire, i due Baggio in nazionale, ma di esempi ce ne sono tanti :-))?
Potevano tranquillamente chiamarsi Kanazawa e Yoshimura e il "richiamo" alla loro irruzione sulla scena avrebbe avuto un diverso "sapore"...
Insomma Aso e Abe, fanno simpatia, per ora. Non voglio dire che assomiglino a "Cip e Ciop", ma mettono una certa allegria (foriera di "risvegli").
Tant'è vero che il post intitolato ai due sta registrando un forte afflusso di lettura.
Siccome però è bello "denso" di teorie e concetti economici, da "incursione dietro le linee nemiche", non metterò, nell'immediato, altra carne al fuoco e lascerò che i gentili lettori e lettrici, del blog, lo digeriscano in pace.

Per oggi mi limito a regalarvi questo link a Dagospia: a rigore, condurrebbe a un articolo (tipico di chi si "sveglia" quando sente di finire all'opposizione).
Ma la chicca non è "dentro" l'articolo, che richiama la questione delle "generalizzate" operazioni sui derivati, bensì nella parte finale del titolo escogitato da Dago (non corrispondente a parti dell'articolo). Si riferisce a "una certa consapevolezza" da parte di  Draghi e della stessa Bankitalia...nonostante siano monetaristi e neo-macroeconomisti-classici.
Cioè il sistema, intero, a causa dell'indebitamento -privato- da asimmetria dell'euro, per reggere la "efficiente allocazione delle risorse" (cioè i profitti e i superstipendi degli a.d. bancari), deve ricorrere a quella stessa finanza di rischio che ha causato la crisi del 2008-2009. Ma "dopo", post litteram L&B, in preda ad una furba disperazione!
Insomma "loro", a qualsiasi obiezione su come prendono le decisioni, potrebbero rispondere "ma mica penserai che a ste cose ce crediamo anche noi?!" : esattamente come padre Pizzarro di Guzzanti...E d'altra parte "questo è un lavoro molto duro ma fa' anche molto ride'"..."loro"

martedì 29 gennaio 2013

LA "FINE DELL'EURO": GIUSTIZIA NEL DIRITTO E "VISIONE" UEM

1- Ma l'euro "non finisce più"? La questione della "giustizia" come essenza del diritto.
 La calma apparente ("prima della tempesta") imposta dalle elezioni, - (giochino degli spread...subsided, revisionismo coccodrillesco sugli eccessi tributari, sottolineatura del "pareggio tecnico", che sconterebbe il ciclo...fino a che la congiuntura perduri, salvo poi deliberatamente prolungarla)- sta dando a molti l'impressione che l'euro possa durare indefinitamente.
E certo come impressione è alquanto deprimente.
Anche parlando con persone stimabili, però, mi accorgo che questa "calma apparente", costituisce uno schermo fondamentale per impedire di "vedere" la situazione per come realmente è.
Si genera cioè l'impressione che insomma, tutto sommato, l'euro sarebbe sostenibile e avrebbe anzi la funzione positiva di mitigare gli eccessi del "costume italico", (corruzzzione, spesa pubblica improduttiva, generica mancanza di "produttività"), e che, quindi, la "colpa" sarebbe della Germania, che ha perseguito delle politiche "mercantilistiche" che, se evitate, avrebbero fatto funzionare la moneta unica per il "meglio".
Questa visione affrettata, ma comunque pericolosamente diffusa, non è altro che l'aggiornamento della teoria del "vincolo esterno" che tante sciagure ha costantemente apportato alla nostra economia.
Per chi avesse la costanza di seguire questo blog, una linea accomodante di questo tipo risulta del tutto risibile. E la top ten dei post più letti lo attesta senza equivoci.
Qui mi limiterei a richiamare la certificazione, limpidamente illustrata da Jacques Sapir, del fatto che la costruzione, comunque tardiva - e dolosamente mancata in origine-, di un federalismo europeo dei "trasferimenti" non è politicamente pensabile, prima di tutto perchè è economicamente impraticabile per gli stessi ideologi del "vincolo" e comunque per la stessa Germania.
Dietro a questo luogo comune (del vincolo "aggiornato" con trasferimenti e..."condizionalità"), però, si annida una delle più convincenti spiegazioni del perchè i "giuristi" non rispondano agli appelli e agli stimoli che da questo blog (come punto di arrivo di una divulgazione che non passa solo per esso), sono stati più volte lanciati.
La cosa non è da poco: in realtà chi ha, a vari eminenti livelli, "in mano" l'interpretazione delle norme, costituzionali e europee in primis, detiene uno strumento "politico" che nessun altro possiede.
L'analisi di un economista, per quanto persuasiva e illuminante, non può giungere a scuotere il "mondo delle decisioni politiche", se l'economista non sia già collocato all'interno della governance (e quindi se non è già "istituzionalizzato" secondo i dettami del mainstream): un bel paradosso, che pone la "verità", per definizione, "in minoranza" e riduce il pensiero economico ad uno "strumento" di conservazione delle ideologie dominanti, cui dà una (pseudo)legittimazione tecnica. Ciò propone un circolo vizioso simile a quello relativo alla "utilità" delle aree valutarie ottimali: sono realizzabili solo se le condizioni delle economie coinvolte sono tali da segnare una convergenza talmente stretta che l'AVO risulti pressoccchè inutile...mentre in ogni altro caso è dannosa.
Questo "mondo delle decisioni", della "governance" de facto, è situato sì nell'empireo dell'informale lotta di potere e della "discrezionalità insindacabile" del legislatore - formula seguita dalla Corte costituzionale quando vuole evitare di assumersi la responsabilità di portare a conseguenza la tutela della Costitizione, di fronte al dubbio delle conseguenze finanziarie che non riesce a stimare correttamente-, ma è sempre filtrato dal "parere dei giuristi", almeno finchè, formalmente, esisterà lo Stato di diritto.
Ai giuristi, dunque, spetterebbe di svolgere un ruolo di difesa dei valori costituzionali che, forse, rimane l'ultima voce istituzionale (non ancora disattivata ufficialmente) rimasta a difesa degli stessi e dell'interesse democratico del Paese.
Il problema è, mi accorgo, che questo non è un tempo per i Calamandrei, i Carnelutti e i Mortati. E forse nasce dal fatto che le ideologie "borghesi" non sono più indotte alla "mediazione", cioè ad una concezione "redistributiva" reale, per assenza della minaccia del marxismo-leninismo-stalinismo, che certamente aveva sospinto le "elites liberali" che avevano combattuto il nazi-fascismo a prevenire la prospettiva di una nuova dittatura. 
Però, rimane il fatto che un diritto "senza valori", intendendoli come qualcosa che si è consolidato e chiarito in conseguenza di lotte e sofferenze che hanno avuto, in forme più estreme, avversari non dissimili da quelli di oggi, rinuncia alla funzione di "giustizia" propria delle sue definizioni più alte.
Definizioni come quelle offerteci da uno dei massimi pensatori giuridici, Thomas Viehweg, nel già menzionato "Topica e giurisprudenza" (cap. VIII, pagg.118 ss.); citando, a sua volta, Josef Esser, uno dei fondatori della "giurisprudenza degli interessi", corrente di reazione al giuspositivismo e alla sua "neutralità" apparente che si era prestata a legittimare persino il nazismo, Viehweg chiarisce:
"...anche dei concetti che in apparenza sono di mera tecnica giuridica. dei semplici "elementi costruttivi", della giurisprudenza, ricevono il loro significato semplicemente dalla questione della giustizia. ...Per esempio nel quadro della determinazione concettuale "dichiarazione di volontà (concetto giuridico fondamentale, che vale per i contratti come per i trattati internazionali ndr.), è comprensibile soltanto se significa "la fissazione dei principi di giustizia nella questione del vincolo negoziale e della lealtà negoziale". E questa giustizia si connota nella tutela dell'affidamento generato nei destinatari della dichiarazione e nella costante tutela della libertà di espressione della "volontà", esente da errori nonchè da raggiri posti in essere dal "dichiarante" .
E' questa la cornice in cui ha senso comprendere la questione del "vincolo esterno", acriticamente accettata dalla comunità dei giuristi italiani: quale libera volontà, esente da errori e raggiri, ha potuto esprimere la comunità nazionale su cui il vincolo è stato imposto? Come si è veramente tenuto conto dell'affidamento in essa creato, cioè il "fogno" di pace e prosperità dei popoli europei, drammaticamente contradetto fino alle più estreme evidenze di sua negazione?
Di questo non ci stancheremo mai di denunciare il verificarsi e il protrarsi...e le "responsabilità" che incombono sui giuristi. Magari, prima o poi, qualcuno si "sveglierà".

2- Una sintesi del futuro prevedibile e di quello, forse, realisticamente "auspicabile".
Ma tornando all'interrogativo iniziale ("quando finirà?), vorrei per l'ennesima volta richiamare l'ipotesi "frattalica", con tutti i suoi ormai numerosi aggiornamenti.
Questa si può compendiare nella previsione (forse sbagliata ma finora sostenuta da plurimi indizi concordanti) che, come già accadde alla fine della II guerra mondiale, a fronte dell'intervento "soverchiante" di forze esterne all'Italia, costituite dagli USA, insieme a Francia e UK, i sostenitori del "vincolo"-giogo" sulle democrazie, prima si sfaldino, rinnegando, in una parte consistente, la sudditanza verso la Germania, poi si diano globalmente alla fuga e al  "cambio di casacca", nell'arco di un paio di tormentati anni, che vedranno lotte intestine all'Italia, tra "conservatori" e "restauratori" della democrazia costituzionale.
Se un "nuovo ordine democratico" potrà prendere vita, - dalle ceneri di questo conflitto "mondiale" tra "deflazionisti" anti-lavoro  e pro-finanza, da un lato, e "redistributivi" attenti all'economia reale, dall'altro,- coinvolgendo anche l'Italia, dipenderà dalla capacità di legittimazione di un gruppo necessariamente ristretto di persone che avranno avuto la "credibilità" di non schierarsi con i vincitori " a guerra persa", dando vita a una nuova Costituente democratica, che ripristini e integri le regole supreme dello Stato in modo che "tutto ciò non si ripeta più".

3- Non disperate: presto potrebbe andare peggio. Cioè "meglio".
Ma a parziale sostegno morale e psicologico dei "lettori consapevoli", mentre interiormente "stringono i denti", vorrei richiamare questo articolo apparso su The Economist di fine anno, scritto sotto lo pseudonimo di "Charlemagne" (un commentatore non certo euroscettico, ed anzi alquanto moderato).
L'articolo di intitola "All hope is not lost" e, in verità, non si comprende in che direzione sia volta questa "speranza". Il sottotitolo però ci aiuta a..."sperare". "L'euro è sopravvissuto al 2012, ma ci vorrà molto tempo prima che sia risanato".
"Charlemagne" parte dal presupposto, spesso dimenticato (nella sua "gravità" colpevole), che "l'Unione monetaria di Maastricht ha creato una moneta unica senza un corrispondente Stato unico".
Compiuta un'analisi sulla probabile apertura alla ristrutturazione dei debiti PIGS, una volta superate le elezioni tedesche di fine 2013, sottolinea, con un'esposizione contraddittoria, e più rispondente a un "wishful thinking", che "La zona euro sta muovendosi oltre la sua ossessione su regole fiscali sempre più severe. Il prossimo giugno i leaders dibatteranno la proposta che i paesi "bisognosi" sottoscrivano "contratti" che li impegnino a fare riforme strutturali, a seguito delle quali a tali paesi sia offerto denaro per alleviare il percorso verso cambiamenti dolorosi".
Siamo in pieno delirio "nuova macroeconomia classica", dato che non c'è alcun segno di comprensione del problema che le "riforme strutturali" consistono, in realtà, nella privatizzazione di beni e imprese pubblici e nella agevolazione del controllo "estero" delle economie debitrici attaverso ulteriori eliminazioni di "rigidità" dei rispettivi mercati del lavoro...eufemismo che dissimula il perseguimento del livello di disoccupazione "naturale" che consente, secondo "loro", l'aggiustamento, "stile" Friedman e Lucas (dovendo essere i salari, per "loro", infinitamente flessibili).
Ma in tutta la costruzione, abbiamo visto, c'è un non trascurabile dato; la domanda cade, complessivamente e inesorabilmente nell'area UEM, e supplire a questa caduta via domanda esterna (all'area stessa) incontra la resistenza sempre più forte di USA e...Giappone. E di Francia e UK, come presto vedremo.
Cioè la ricetta non può valere quando l'imperialismo mercantilista, da sistema di colonizzazione pro-germania del resto d'Europa, si sposta a preconizzare lo stesso meccanismo verso il..."resto del mondo".
Considerare la domanda interna e l'equilibrio dei saldi settoriali come un "peccato" imperdonabile, porta a stagnazione-recessione e problemi economici internazionali senza fine.
Perciò, alla fine, "Charlemagne", forse cosciente che non tutto potrà andare "liscio", ci dice: "Il destino dell'euro dipenderà altrettanto dalle scelte dei paesi creditori, su tutti la Germania...
La offerta francese di eurobond congiunti è stata respinta mesi fa. Un'idea alternativa francese, quella di creare un bilancio centrale dell'euro zona per compensare gli shock interni all'area, è stata respinta al summit europeo del 13-14 dicembre 2012....Al picco della crisi i leaders UE sentirono come necessario intraprendere una visione di "lungo termine" per rassicurare i mercati. Ora che la pressione è cessata (essenzialmente grazie a mere "dichiarazioni" di Draghi, ancora tutte da verificare, ndr.), si è persa pure la "visione".
"Non è morto. E' solo ibernato (l'euro ndr.) - dice Alexander Stubb, ministro per l'Europa della Finlandia. Ma ammette che le prospettive di una grande modifica dei trattati per riprogettare l'euro sta tramontando. Nel futuro prevedibile, l'euro-zona sarà più basata su un sistema-Maastricht modificato, con regole ancora più rigide, maggior emissione di liquidità, e una BCE più attiva, che su un vero federalismo fiscale.
Cò potrebbe essere abbastanza per consentire all'euro di sopravvivere, ma non di prosperare. 
Nel migliore dei casi, il "recupero" dei paesi periferici sarà lento, anche se avessero intrapreso profonde riforme. Nel peggiore, la mancanza di visione a lungo termine inviterà i mercati a sospingere nuovamente l'euro giù per i gironi dell'inferno finanziario".
Notare che la lenta ripresa dei paesi "periferici", cioè la migliore delle ipotesi, avverrebbe solo a condizione che le loro esportazioni (e con quale sistema produttivo?) vadano in attivo extra-UEM (il vantaggio "area-marco" in termini di tassi di cambio reale è incolmabile e ormai asimmetricamente strutturato): cioè esattamente quello che gli altri players globali "sovrani" hanno iniziato a contrastare...
E volete che questa storiella di mancata crescita e deflazione (salariale) possa andare oltre i prossimi due anni e non sia preceduta da "un certo" sommovimento degli equilibri sociali e internazionali, dato che, nei paesi più importanti, hanno capito benissimo dove la Germania vuole andare a parare?

lunedì 28 gennaio 2013

ASO E ABE...LA POLITICA FISCALE "CREATIVA" TRA KEYNES, PATINKIN E FRIEDMAN

1- Giappone e "congiuntura deflattiva".
Si parla in giro del Giappone.
L'analisi sulle "manovre" monetarie del nuovo governo del Sol Levante, può rendere interessante capire come le contraddizioni teoriche che guidano con mano invariabilmente "malferma" (negli effetti) la "fermezza" (nelle "aspettative razionali") delle politiche dei vari governi, abbiano origine nella inattendibilità delle teorie prevalenti, su cui gli economisti "di governo" si sono formati.
E ci consente anche, come vedremo, un'incursione "dietro le linee nemiche" per capire com'è che gli vengono fuori le..."pensate".
In una ridda di ipotesi ibridate dalle varie teorie (neoclassica, monetarista e post-neo-keynesiane, queste ultime solo pallidamente unificabili), i "potentati" economici "nazionali", rimasti sul campo, dopo la "selezione" provocata dalla difficile convivenza con la "super-potenza" della finanza globale, entrano in conflitto tra loro.

E tutti quanti indugiano sulla soglia di qualche nuovo shock finanziario, non avendo praticamente fatto nulla per definire un quadro istituzionale "cooperativo", nelle opportune sedi internazionali, che possa impedirne il ripetersi.
Al di là di questo angosciante e irritante profilo, prendiamo le mosse da ciò che, sul finire del 2012, ci proviene come notizia "innovatrice" dal Giappone.
Il Financial Times del 27 dicembre scorso se ne esce con un articoletto "bomba" (certamente se riferito a quello che sono capaci di concepire nella governance UEM), firmato Michiro Nakamoto, e intitolato (tradurrò il tutto direttamente in italiano) "Aso preannunzia un nuovo "pacchetto" di stimoli":
"Il nuovo ministro delle finanze (appunto Aso ndr.), ha segnalato che il governo contrarrà nuovo debito per sospingere l'economia fuori dalla stagnazione, mentre il primo ministro Shinzo Abe ha dato notizia di un cabinetto riunitosi per "battere la crisi".
A una conferenza stampa susseguente alla sua nomina, Taro Aso ha annunciato che emetterà nuovi bond e alzerà il limite all'indebitamento per l'anno 2012.
"Non ci atterremo al "debt-cap" di 513 miliardi di dollari" (44 trilioni di Yen) [per l'anno 2012 fino a marzo].
Mr Aso ha detto che la limitazione era stata introdotta dal precedente governo democrativo, sconfitto da una valanga di voti a favore del partito liberale di Abe.
Lo Yen è sceso al minimo degli ultimi 2 anni ieri (26 dicembre 2012 ndr.), anticipando i passi "inflazionistici" del governo Abe e il potenziale "monetary easing" della Banca del Giappone.
Aso, già da primo ministro, nel 2008-2009, lanciò un enorme pacchetto di stimoli per combattere la crisi finanziaria prima di perdere il potere.
Il primo ministro Abe ha rivelato di una riunione con gli alleati più stretti e esperti di politica economica per realizzare la sua agenda di risanamento economico, poche ore dopo essere stato nominato come settimo primo ministro del paese in sei anni.
Ha preso l'impegno di dar vita a un governo anti-crisi, per affrontare la deflazione che ha ostacolato il Giappone per oltre un decennio ed anche il problema dello Yen forte.
"Dirigerò le energie del mio intero governo verso l'attuazione di una coraggiosa politica monetaria e una strategia di crescita, e una politica fiscale flessibile the incoraggi gli investimenti privati" Ha detto Mr. Abe.
Si è impegnato a reflazionare l'economia attraverso lo stimolo fiscale e l'espansione monetaria.
Ha anche fatto appello alla Banca centrale affinchè intraprenda una espansione "illimitata" e ha minacciato l'indipendenza della banca centrale - attraverso l'introduzione di cambiamenti legislativi- se essa non perseguirà un obiettivo inflazionistico del 2%.
Ma il ministro delle finanze (Aso), si oppone al tipo di forte stimolo alla sepsa che Abe ritiene necessario per spingere la crescita del PIL, che recentemente è entrato nel suo quinto anno di recessione nell'arco degli ultimi 15, a meno che la spesa aggiuntiva non abbia copertura in una crescita dell'imposizione fiscale. E' preoccupato della situazione fiscale del Giappone,  avendo il FMI avvertito che il debito raggiungerà il 236% del PIL entro marzo..."
2- Aso alla riscossa, oltre la teoria classica.
Allora: Aso comprende che la "trappola" della deflazione si risolve anche e specialmente ricorrendo alla spesa pubblica e rinunciando alla riduzione del deficit di bilancio.
Questo primo "indirizzo" contrasta con la teoria classica in senso "storico", cioè pre-keynesiana (i virgolettati che seguono sono tratti da questo paper):
"Una importante conseguenza del modello classico di piena occupazione è quindi l’assenza di disoccupazione involontaria anche se può esistere disoccupazione frizionale e/o volontaria. L’esistenza di disoccupazione si spiega, all’interno di questa corrente di pensiero, solo ipotizzando l’esistenza di attriti o interferenze nei meccanismi spontanei di riequilibrio.
A queste condizioni l’intervento pubblico per stabilizzare l’economia non è né necessario né desiderabile. Nella teoria della finanza pubblica era infatti dominante l’idea della “finanza ortodossa” per cui, nei periodi di allontanamento temporaneo dal pieno impiego, sarebbe stato preferibile mantenere il pareggio dei bilanci pubblici astenendosi dall’interferire sui meccanismi spontanei di riequilibrio."
Naturalmente intraprendere una linea come quella attuale di Aso, a ben vedere, non significa abbracciare una filosofia keynesiana. Precisa infatti Aso che la deflazione verrà contrastata con una politica monetaria fortemente espansiva.
Il che contraddice un postulato keynesiano sulla scarsa efficacia di politiche monetarie come trainanti lo stimolo:
"Nella interpretazione keynesiana del modello IS-LM, sia la politica fiscale sia la politica monetaria sono in grado di produrre effetti sull’economia reale. Ma...i keynesiani in ordine alle pendenze delle curve IS e LM...ritengono che la LM sia generalmente molto elastica e la IS sostanzialmente rigida. Di conseguenza, politiche fiscali espansive risulterebbero molto efficaci, poiché l’effetto di spiazzamento sarebbe limitato a causa dell’effetto non rilevante di crescita del tasso di interesse. Sarebbe invece ridotta la capacità stabilizzatrice della politica monetaria, poiché una riduzione del tasso di interesse indotta dall’aumento dell’offerta nominale di moneta (spostamento verso il basso della curva LM) non produrrebbe rilevanti effetti di aumento degli investimenti.
Per i keynesiani, inoltre, esiste un certo livello minimo del tasso di interesse nei confronti del quale la politica monetaria diviene chiaramente inefficace. Si tratta della c.d.
trappola della liquidità; quando il tasso di interesse si posiziona ad un dato livello minimo, gli operatori si aspetteranno un suo aumento, e non reagiranno per evitare di incorrere in perdite in conto capitale, qualsiasi sia l’offerta di moneta. In questo caso, nessuno intende acquistare titoli che fruttano un tasso di interesse troppo basso e la preferenza per la liquidità sarà assoluta."

3- Aso neo-classico?
Ma il mix, ibridato (e già foriero di contrasti tra Abe e Aso), si può ritrarre, in buona parte, da altre dottrine economiche, in specie quella neo-classica di Patinkin:
In particolare, la sintesi neoclassica individua tre casi principali a cui si può ricondurre la validità della tesi keynesiana:
a) se gli investimenti sono poco sensibili al tasso di interesse, cioè nel caso di IS particolarmente rigida;
b) se esiste una trappola della liquidità, nel senso sopra osservato;
c) se i salari monetari sono rigidi verso il basso, cioè se il processo classico di aggiustamento, in presenza di disoccupazione, fosse bloccato nella sua fase  iniziale.
...Per la sintesi neoclassica sono questi gli unici elementi in grado di interrompere i nessi causali di aggiustamento sostenuti dalla teoria classica e quindi in grado di spiegare l’esistenza di un equilibrio non di piena occupazione.
Sulla base di queste analisi, si sviluppa, in questo periodo e nell’ambito dello schema IS-LM, la  contrapposizione tra attivisti e non attivisti della politica fiscale e della politica monetaria in ordine alla capacità del mercato di dirigersi spontaneamente verso l’equilibrio di piena occupazione. Poiché per la sintesi neoclassica la validità della tesi keynesiana (attivisti della politica fiscale) è da ricondursi ai tre casi speciali sopra evidenziati, c’è da attendersi che i non attivisti abbiano, sulle inclinazioni delle curve IS e LM, opinioni  diverse.
Essi, infatti, ritengono che la IS sia alquanto piatta e la LM piuttosto rigida; il primo caso segnala un elevato valore della elasticità degli investimenti al tasso di interesse; il secondo, invece, riflette la scarsa elasticità della domanda di moneta al tasso di interesse.
In tale contesto la politica monetaria risulta più efficace di quella fiscale, dal momento che l’elevata elasticità della IS rispetto a  i, combinata con una LM rigida, amplificherebbe l’effetto di spiazzamento e ridurrebbe l’effetto globale di una manovra di bilancio espansiva; mentre la ridotta elasticità della LM rispetto a  i, combinata con la elasticità della IS, è in grado di amplificare l’effetto su Y di una variazione dell’offerta di moneta (il che spiega perchè si tenda correntemente a trascurare il moltiplicatore fiscale e ad avere fiducia illimitata nella...BCE, ndr.).
Il culmine della sintesi neoclassica, ma per certi versi anche il suo superamento, si raggiunge dopo la pubblicazione, nel 1956, di un fondamentale contributo di D. Patinkin e l’elaborazione teorica del concetto di “effetto saldi reali”(real balance effect).
L’effetto saldi reali è, nella concezione di Patinkin, l’effetto potenziale che sulla domanda aggregata potrebbe essere esercitato dall’accrescimento delle disponibilità monetarie reali detenute dagli individui a seguito di una caduta del livello dei prezzi, a partire da una situazione di pieno impiego. Maggiori disponibilità monetarie reali, afferma Patinkin, potrebbero generare un aumento della domanda aggregata e un conseguente aumento della produzione e dell’occupazione, sino a che l’equilibrio di pieno impiego non sia ristabilito.
...Il contributo di Patinkin tende a riaffermare la neutralità della moneta, cioè l’assenza di effetti reali a seguito di modificazioni delle variabili monetarie. In secondo luogo, l’utilità della politica fiscale sembrerebbe venire meno: con le ipotesi di Patinkin e la capacità dell’effetto saldi reali di far fronte a due dei tre casi speciali identificati dalla sintesi neoclassica, la necessità di politiche fiscali espansive sarebbe limitata ai casi di rigidità dei salari, cioè alla rimozione di una delle ipotesi sulle quali si regge lo schema di Patinkin.
Tuttavia, lo stesso Patinkin afferma che l’effetto saldi reali potrebbe essere in realtà troppo debole per garantire il raggiungimento di una situazione di pieno impiego; ne consegue che le politiche keynesiane potrebbero mantenere un ruolo importante nella misura in cui possano accelerare il naturale manifestarsi dell’effetto saldi reali o supplire al loro mancato verificarsi."
Pertanto, a ben vedere, Aso e Abe sono alquanto "neo-classici" laddove parrebbero proprio ritenere che ci si trovi di fronte a un caso di "rigidità dei salari" giapponesi (o anche di investimenti privati rigidi di fronte all'abbassamento del tasso di interesse) e torni l'esigenza di seguire, nell'unico caso "lecito", politiche di stimolo fiscale.

4- Aso e il "canone inverso" di Friedman.
Ma se accoppiano il "quantitative easing" e l'idea inflazionistica dell'offerta di moneta, si rivelano pure creativi e capaci di usare strumenti che, invece, fanno capo ad un'altra scuola...antikeynesiana, quella monetarista:
"A partire dalla fine degli anni sessanta, la teoria monetarista si contrappone alla visione keynesiana del funzionamento del sistema economico corrente; a questo riguardo, si possono individuare due momenti fondamentali della critica monetarista alla impostazione keynesiana.

sabato 26 gennaio 2013

APPELLO AI GIURISTI...SE CREDONO ANCORA NELLA COSTITUZIONE

Flavio ci propone un quadro socio-economico italiano che lascerebbe sgomenti...se non fosse esattamente rispondente a quanto, in effetti, "ideologicamente" si "vuole" provocare. Ma per ottenere ciò hanno dovuto "rimuovere" i principi e i diritti fondamentali affermati nella Costituzione.

"Von Hayek" e, quindi, "più europa" NO LIMITS. Meno che mai, tutto ciò, trova, oggi, i pur dovuti "limiti" nel dettato costituzionale. E dire che un "grido di dolore" ai giuristi e ai costituzionalisti da queste "pagine" è stato più volte lanciato.

...Trattandosi di Flavio :-), i "links" inseriti nel post vale la pena di guardarseli tutti: una rassegna ragionata di ciò che, nell'informazione "ufficiale" sarebbe "affogato" in un mare di melassa sempre più stantìa...Il suo punto di vista è quello di un giovane "consapevole": ma non dovrebbe restare a gridare nel deserto o a pensare a "come andarsene"...E l'Italia "muore" se perderà sistematicamente l'occasione di "includere" i giovani più in gamba. Sicuramente ha più probabilità di essere ascoltato da...Obama!


Avrei voluto iniziare con un "Fate Presto", alla “Sole24Ore, - titolone apparso sull’influente giornale confindustriale un anno e due mesi fa, nel momento forse di maggior pressione dei “mercati” nei confronti dell’Italia-, per tentare di smuovere le coscienze di chi ancora non ha inteso, o non ha visto fino in fondo, i pericoli a cui è esposta la nostra democrazia.
Tuttavia inizierò con un’altra notizia, forse più viscerale, forse meno d’impatto, ma altrettanto forte nei contenuti e nelle intenzioni. Poi proseguirò con qualche dato a sostegno delle tesi che da diversi mesi vengono riproposte sia qui che su altri blog. L’intento finale di questo post è chiaro: cercare di capire cosa ancora la popolazione, perché sono i cittadini a subire in prima persona quest’ingiustizia, debbano sopportare in nome di un’Europa guidata in questo modo ed a cui i prossimi partiti al governo vogliono rispondere così (cliccate sul resoconto incontro PD). Cosa, e lo scrivente si mette in prima persona nel novero dei cittadini, dobbiamo ancora patire per conto di un progetto nato morto? A voi, in coscienza, la scelta.
Una coppia di fidanzati originari di Fontaniva (Padova) ha perso la vita in un incidente stradale avvenuto a Manjimup, nella zona ovest dell'Australia…I due si erano trasferiti nel nuovo continente ad ottobre ed erano occupati nella raccolta delle mele. Si trovavano con altre persone su un'automobile che e' uscita di strada. Feriti gravemente gli altri tre passeggeri.”. La notizia apparsa sull’Ansa qualche giorno fa lascia difficilmente indifferente il lettore “consapevole”. Protagonisti due ragazzi, emigrati in cerca di una nuova opportunità, travolti dal fato mentre andavano a lavorare. A raccogliere mele, dall’altra parte dell’oceano. Mele!!! Cos’altro c’è da aggiungere – per pensare, per riflettere, per capire – se non commuoversi di fronte a due ragazzi deceduti inseguendo un sogno, il loro personale “sogno” di vita, di migliorare e raggiungere nuovi traguardi.
Leggere questo scarno annuncio fa’, come accennato, riflettere. Riporta alla mente il disastro di Marcinelle, o l’emigrazione di massa che “sfogava” l’eccedenza di manodopera italiana dei secoli scorsi. Italiani, un popolo di migratori. Capaci di soffrire, di lottare, di andarsene se necessario. Per scelta o per necessità? A pensarci bene, il nostro “ritorno al passato” non si discosta da quanto accade attualmente in Spagna , devastata da una disoccupazione del 26% che ha dato luogo ad un fuggi fuggi generale verso i paesi esteri di lingua latina, o in Grecia (destino migranti è la Germania  oppure l’Australia) o all’Italia stessa.
Non siamo certo ai livelli del primo Novecento, sia chiaro, ma questa nuova (o vecchia) condizione di popolo “migrante” ritorna prepotentemente alla ribalta. Ma perché ce ne andiamo? E perché, soprattutto, a farlo sono i più giovani? Dice bene il Sole24Ore che all’estero essi trovano qualcosa in più. Che cosa? Stipendi, riconoscimenti, meritocrazia. Certo, non tutto è oro ciò che luccica (Deutschland docet), ma questo è il resoconto: “salari in media più alti, posizioni di responsabilità nonostante la giovane età, selezioni trasparenti e meritocratiche (senza bisogno di “spintarelle”), prospettive di carriera chiare e definite, welfare state più attento ai giovani, soprattutto se disoccupati (grazie al salario minimo).Senza contare la minor presenza di un sistema gerontocratico. La situazione italiana appare un po’ come uno specchio rovesciato: stupisce, in particolare, come molti di questi giovani espatriati, quando provano a rientrare con un curriculum internazionale di tutto rispetto, trovino le porte sprangate.”. Con tutte le eccezioni del caso (there are no free lunches) ecco perché si emigra: per cercare un futuro migliore al di fuori della propria nazione. Via dagli amici, via dalla famiglia, via dalle proprie radici, perché il tuo paese non ti concede un’opportunità.
Il contesto italiano, da anni in stato comatoso, infatti non ti concede una mano.
Lo certifica, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, l’Istat: : “Nel 2011 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono l’11,1 per cento; si tratta di 8,2 milioni di individui poveri, il 13,6 per cento della popolazione residente. La povertà assoluta coinvolge il 5,2 per cento delle famiglie, per un totale di 3,4 milioni di individui. Nel 2010 circa il 57 per cento delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore all’importo medio annuo (29.786 euro, circa 2.482 euro al mese). In Sicilia si osserva la più elevata diseguaglianza nella distribuzione del reddito e il reddito medio annuo più basso (il 28,6 per cento in meno del dato medio italiano); inoltre, in tale regione, in base al reddito mediano, il 50 per cento delle famiglie si colloca al di sotto di 17.459 euro annui (circa 1.455 euro al mese).
Nel 2011 il 22,4 per cento delle famiglie residenti in Italia presenta almeno tre delle difficoltà considerate nel calcolo dell’indice sintetico di deprivazione, con un aumento rispetto all’anno precedente di quasi sette punti percentuali. Il panorama regionale mette in evidenza il forte svantaggio dell’Italia meridionale e insulare, con un valore dell’indicatore pari al 37,5 per cento (dal 25,8 per cento del 2010).”
8,2 milioni di poveri, e più della metà delle famiglie italiane che percepiscono un reddito inferiore a quello dell’anno precedente, con picchi verso il basso nel meridione. Sarebbe sufficiente solo questo dato, o rileggere la notizia dei due ragazzi deceduti in Australia, per “smuovere” una coscienza. Ma procediamo, con ordine, aggiungendo tassello su tassello i numeri del disastro a cui i burocrati imposti dall’alto stanno portando l’Italia. E che non danno la certezza di un futuro migliore a nessuno di noi.

venerdì 25 gennaio 2013

RECESSIONE E DEFICIT 2013. GUIDA PRATICA PER..."PRATICONI".

Dunque, dunque, Visco dichiara (tra "leggere" contestazioni di cui si sorprende) che "le regole (europee) di contenimento del debito non impongono necessariamente misure restrittive".
Bankitalia, però, quasi contemporaneamente, determina la recessione 2013 nell'1% del PIL.
La prima affermazione di Visco si bassa sul fatto che...ignora il moltiplicatore, e che, sostanzialmente, pare ritenere che le misure di "crescita" siano, in presenza di austerity "espansiva", le famose "riforme strutturali" sul lato dell'offerta che tanto beneficio danno e daranno al PIL italiano. Insomma, "egli" continua a credere nel crowding-out: tagli alle spese, dunque "meno Stato", fanno "crescere", perchè si ottiene ("dicono") aspettativa di minori tasse da parte degli "operatori razionali" a trazione "equivalente ricardiana" e comunque si ottiene una più, (indovinate), razionale allocazione delle risorse.
Ma se si sbaglia su questo può essersi sbagliato pure sulla misura della recessione.

Vediamo com'è andata nel 2012. Alla fine del 2011, si registra "crescita zero" e un indebitamento netto pubblico, (deficit/PIL) pari al 4%.
L'obiettivo era, allora, ("lo vuole l'Europa: un impegno per tutti") di portare il deficit annuale al -1,6%: indicazione della Commissione UE, per consentire la sostenibilità del debito italiano, tranne poi dire che non era vero niente.
Insomma, Monti "mette insieme", per l'appunto, nuove tasse e tagli di spesa per complessivi 2,4 punti di PIL (guarda caso 4-1,6=2,4), e ciò anche scontando gli effetti sul 2012 delle manovre di Tremonti (star dietro alle imputazioni pro-anno degli effetti finanziari delle manovre è un lavoraccio praticamente inutile, anche perchè sono fatte su stime rivelatesi...errate). Risultato: recessione al 2,4% del PIL.
Diciamo che, nel mix tra tasse e tagli ingegnato e complessivamente riportato nei suoi effetti nel 2012, si può individuare un moltiplicatore "a spanne" e mediato ("ponderando" a "occhio", tra le differenti tipologie di intervento finanziario= "tasse e tagli") pari a esattamente 1 (2,4x1=...2,4).
E ciò perchè, come più volte si è  lamentato, ci si è "sbilanciati" sulle entrate tributarie, altrimenti il moltiplicatore sarebbe stato maggiore (Il FMI lo indica, per i "tagli-spesa" intorno a 1,5).
Attenzione: il deficit effettivo 2012, previsto a 1,6, è poi risultato essere del 2,6, (si sono proprio sbagliati, come direbbe Sofia), dato che, siccome la pressione fiscale è al 45,2% del PIL, in media, durante l'anno, la base imponibile è caduta in misura corrispondente portando a minori entrate di circa un punto rispetto alle stime (2,4x0,452=1,08)

Per il 2013, il deficit/PIL "programmato" (con un certo understatement, per...non perdere "credibilità"!), più prudentemente ("strano": ma vedremo il motivo) è ora stimato, dal FMI, in -1,8. Questo perchè la Ragioneria sullo specifico 2013 è stata un pò...reticente, per non fare ulteriori brutte figure. In effetti, in origine, avevano "sparato" il pareggio di bilancio direttamente al 2013!

Ma insomma: per portare l'indebitamento netto/PIL dal 2,6 del 2012 (fonte: Istat nel "Bollettino di notifica dell'indebitamento netto...secondo il trattato di Maastricht") a questo 1,8 (ma a me pareva che nell'agosto 2011 avessero detto 1,5, ma tant'è, prendiamo per più "oggettivo" il FMI), ci saranno tagli e tassi, non già applicati nel 2012, per 0,8 punti di PIL.
Ma....0,8x1=0,8, mentre invece Bankitalia ha calcolato una recessione all'1%.
Che siano diventati più realistici (...del "Re-FMI")?

In realtà, a legislazione vigente, i tagli di spesa della manovra estiva 2011 e della spending review saranno, (a legislazione vigente) proiettati in larga parte proprio sul 2013.
Perciò, il moltiplicatore, (quello "attendibile" rideterminato dal FMI in un range tra 0,9 e 1,7) sarà più prossimo, mediando e ponderando a "occhio e a spanne", a 1,5.
Sicchè: 0.8x1,5= 1,2. E già, un pò, è superiore a quanto dice Bankitalia. "Ora": poi vedremo...si aggiornano sempre a cose fatte.
Solo che l'Italia, nel corso del 2013 entra, a pieno regime, nell'ESM che prevede, (su 650-700 miliardi totali, che però scontano i residui del Fondo europeo transitorio" per 250-300 miliardi) a "carico nostro", una contribuzione pari al 17,9%, da corrispondersi entro il 2015 a partire appunto da quest'anno. L'onere complessivo si aggira sui 72 miliardi. Facciamo una media di 24 miliardi all'anno.
Chiaro che, per esigenze di cassa, immediate e dovute alla relativa lontananza delle principali scadenze tributarie 2013, cercheranno una copertura immediata a questo esborso, finanziato da debito pubblico aggiuntivo. Per non inasprire anche la situazione del livello di interessi. D'altra parte è probabile che una prima rata in vicina scadenza sia proprio di 7/8 miliardi.
Ecco allora che, già adesso, parlano di una manovra post-elettorale, immediata, di 7 miliardi (a fine tregua).
Diamo per buono che facciano "solo" questo (se l'hanno detto in periodo elettorale, vuol dire proprio che stanno mettendo le mani avanti). E quindi potrei essere di gran lunga ottimista negli attuali calcoli (sottostimando "l'europeismo" di Bersani-Monti e la questione degli "esodati non garantiti", circa 150.000, per risolvere la quale dovrebbero spendere, secondo i giornali, qualche imprecisato "miliardo". E poi non sia mai che si registri qualche emergenza bancaria "interna", tipo MPS).
Dunque, assumendo un moltiplicatore medio-ponderato da "mix" di ulteriori tagli e tasse (cioè di poco superiore a 1), si dovrebbe avere, almeno, un altro mezzo punto circa di PIL di ulteriore recessione (ma è per una buona causa: tutelare i crediti delle banche tedesche verso i PIGS, specie la Spagna e magari...Cipro. Insomma, "più europa" è sempre una soluzione "buona" per...vivere al di sopra delle nostre possibilità).
Quindi la recessione 2013, si collocherà in un "range" tra (0,8+0,5) e...(1,2+0,5), cioè tra 1,3 e 1,7 (sarei più propenso alla seconda cifra, ma ammetto che, mediando, potrei puntare su 1,5). Questo se li lasciamo fare e pur sempre valutando "ottimisticamente" il "loro" europesimo...
A questo punto, poichè la pressione fiscale rimane QUANTOMENO (ma probabilmente aumenterà, in pratica) a 45,2% del PIL, avremo anche una corrispondente caduta della base imponibile e, quindi, un ulteriore aggravamento del deficit/PIL rispetto al previsto: da 1,8 dovrebbe incrementarsi, diciamo "prudenzialmente", di  un ulteriore 0,6-0,7, punti di PIL, (moltiplicando, appunto, il minor PIL per la pressione fiscale). Quindi l'indebitamento netto sarà ancora maggiore dell'1,8 e intorno a 2,4/2,5 del PIL.
Se li lasciamo fare. (Se li lasciamo giocare agli "equivalenti ricardiani"...attendendosi ottimisticamente una certa moderazione).
Naturalmente la colpa sarà nostra e del fatto che non siamo abbastanza produttivi. E che viviamo al di sopra delle nostre possibilità). Naturalmente.

UN DOVEROSO OMAGGIO AL "VATE"...LA "BEFFA DEL PUDE"

A proposito, ci corre l'obbligo di rammentarlo (se ce ne fosse stato bisogno). Alberto Bagnai è l'autore dell'opera dell'ingegno, "PUDE".
Come pure di tante altre indimenticabili invenzioni neo-logistiche e "metonimiche": luogocomunismo, "livorosi"(in condominio con Mr. Livore guzzantesco), e...ma invito voi stessi a indicarne di ulteriori, onde mostrare come si collochi, in un percorso geograficamente "allusivo", tra il Vate D'Annunzio e il "magico" Petrolini (per chi fosse "all'oscuro" dei...dettagli, tra Pescara e Roma).
Ovviamente senza negargli le indubbie ricadute scientifiche di economista "che accende la luce" (peraltro in continuazione, visto che quasi tutti gli altri, in Italia, si affrettano a "rispegnerla").

giovedì 24 gennaio 2013

€-CARNIVAL IN VIAREGGIO

Molti di voi ormai conosceranno Sil-viar, e molti se ne saranno fatti un'idea. Invariabilmente positiva: un misto di "toscanaggine" (o "toscanità"), in senso verace, entusiasmo travolgente, e impegno civile: ma di quelli veri, senza calcoli e concretamente vicino alla gente.
Siccome si avvicina il Carnevale, e lei vive a Viareggio, ha deciso di "redigere" un volantino (tragicamente) scherzoso, ma ricco di informazione veritiera.
Eccolo:

Tanto va lo schiavo alle urne che si crede cittadino!

VOTA   PUD€
Partito Unico Dell'€uro


Meno Lavoro - Meno Salario - Meno Pensioni
Meno Ospedali - Meno Scuole - Meno Stato Sociale
Meno Giustizia - Meno Uguaglianza - Meno Libertà
Meno Diritti - Meno Democrazia

Più tasse, Più soldi alle banche, Più privatizzazioni,
Più ricchezza ai più ricchi, Più €uropa per tutti...

IL PUD€ DICE LA VERITÀ! (in inglese, intervistato dal Financial Times)


Per mantenere l'€uro dobbiamo impoverirvi, come facciamo a trasferire la ricchezza dalle vostre alle nostre tasche? Non possiamo dirvi che il PROBLEMA non è il debito pubblico  ma è il  DEBITO PRIVATO ESTERO causato dall'€uro, che necessita della svalutazione del salario per sanare gli squilibri della bilancia dei pagamenti (importazioni/esportazioni) tra i paesi €uropei dato che non si possono svalutare/rivalutare le monete nazionali... secondo la legge della domanda e dell'offerta, legge che ci piace finché svalutiamo il vostro lavoro, non i nostri profitti. Non possiamo dirvi che è e sarà necessaria una maggiore disoccupazione, altrimenti non diventerete come i tedeschi, che grazie alla riforma Hartz del lavoro (2001) e alla successiva disoccupazione accettano in 7,5 milioni salari di 400 €. Non possiamo dirvelo ma noi lo sapevamo già da più di 50 anni, c'è chi ha preso il Nobel su questo...
Non possiamo dirvelo perché potreste “pensare” e informarvi e scoprire che abbiamo creato l'€uro apposta e che sul web, e negli altri paesi, ne parlano e dicono che l'Italia rinascerebbe senza €uro, perché è uno dei paesi più ricchi, più virtuosi nei conti pubblici, più ricchi nel tessuto produttivo, p. es. gran parte della meccanica di precisione viene fatta in Italia, ma noi vogliamo comprarci le vostre aziende ai saldi.
Non possiamo dirvi che il debito pubblico si è accumulato per pagare gli interessi alla finanza privata da cui da 30 anni prendete a prestito i soldi perché sono 30 anni che lo Stato (voi-il popolo) non ha la sovranità sulla moneta... Bravi, gridate corruzione, MENO STATO, che noi vi  accontentiamo subito, lo privatizziamo e voi dovrete pagarvi scuola, sanità, pensioni, ricostruzione dopo disastri naturali, e tutto quello che vogliamo, tramite le nostre assicurazioni.
Non dovete sapere che la vostra Costituzione grazie al fiscal compact, al MES, al pareggio di bilancio, è di fatto sospesa, ...vi servirebbe...
Non possiamo dirvelo, dovete sentirvi in colpa, preferiamo parlare di Cina, di dollaro che ha paura (infatti noi ci teniamo i dollari e vi lasciamo l'€uro), di politici corrotti, come se ci fossero solo da voi ma noi lo chiamiamo lobbismo, mentre noi ci intaschiamo miliardi, ci compriamo gli stati interi e mettiamo i nostri dipendenti a governarvi. Bravi.
                                                                                                     I (veri) FINANZIATORI DEL  PUD€

VOTA PUDE E NON LEGGERE I SEGUENTI BLOG... (potresti informarti e pensare):
- orizzonte48                                     - goofynomics                                   - vocidallagermania
- il-main-stream                                - vocidallestero                                 - tempestaperfetta

mercoledì 23 gennaio 2013

CON QUESTO FA "48"...CON FESTA EQUINOZIALE


"Carlos Castaneda: «Allora che cosa deve fare un uomo per diventare un uomo di conoscenza?»
Don Juan: «Deve sfidare e sconfiggere i suoi quattro nemici naturali. Un uomo va alla conoscenza come va alla guerra, vigile, con timore, con rispetto e con assoluta sicurezza. Andare verso la conoscenza o verso la guerra in qualunque altro modo è un errore, e chi lo commette potrebbe non vivere abbastanza a lungo per rimpiangerlo. Quando un uomo ha soddisfatto questi quattro requisiti - essere perfettamente vigile, provare timore, rispetto e un'assoluta sicurezza - non dovrà rendere conto di alcun errore; quando è in questa condizione, le sue azioni perdono la fallibilità delle azioni di uno stupido. Se l'uomo sbaglia, o subisce una sconfitta, avrà perso soltanto una battaglia e non dovrà pentirsene amaramente.»

Il 48° post -e sul significato di 48 ne sapete molto, e ne avete dette molte- lo voglio riservare alla poesia...

Dedicato a voi, ""Knights nella notte" della democrazia, dervisci rotanti della Verità, Warriors della conoscenza. 
...e non mi venite a dire che siccome sono in inglese (le ho ricevute così from USA), non si capiscono.

"The Indian Warrior"
If the American Indian Warrior
taught us anything at all,
it was the delirious feeling
of seeking the battle field
and burning up in a puff of air,
young and strong
away forever
from the feebleness of age.
(Carlos Castaneda)

....Dear friend,
Your heart is a polished mirror. You must wipe it clean of the
veil of dust that has gathered upon it, because it is destined to
reflect the light of divine secrets.
(Abu Hāmid Mohammad ibn Mohammad al-Ghazzālī)


If you could get rid
of yourself just once,
the secret of secrets
would open to you.
The face of the unknown,
hidden beyond the universe
would appear on the
mirror of your perception.
(Jalāl al-Dīn Rūmī)


Per i lettori "motivati": ci vediamo il 16 marzo, organizzazione in concreto da definire in base al numero delle adesioni, da far pervenire entro la fine di febbraio (adesioni da ufficializzare a sil-viar@virgilio.it, per semplicità). Salvo ulteriori comunicati sui dettagli :-)

martedì 22 gennaio 2013

NO, NON E' UNA QUESTIONE DI NUMERI. DIRITTO, GIUSTIZIA E LEGITTIMAZIONE DEMOCRATICA.

Allora: questo è il post n.47. Nell'ordine dei segni dell'I-Ching corrisponde a "Kkunn-L'Oppressione, l'Esaurimento" o, anche, "l'Assillo". La "sentenza" del segno N.47 recita qualcosa che vale la pena di riportarvi:
"L'oppressione. Riuscita. Perseveranza.
Il grand'uomo opera salute. Nessuna macchia.
Se si ha qualcosa da dire non si viene creduti".
Sarà un caso (ma con l'I-Ching non lo è mai) ma pare attagliarsi ai problemi sollevati col precedente post.
E preciso che "il grand'uomo" è, per me, l'insieme delle magnifiche persone che hanno contribuito con post e commenti alla redazione "collettiva" di questo blog.

Ma vorrei soffermarmi su un altro aspetto.
I post più letti, cioè quelli che hanno registrato oltre mille lettori, (e talora svariate migliaia di essi), sono, come è possibile constatare dalla "classifica" sulla homepage, anche i più tecnici. I più "ardui" concettualmente, proprio per le questioni complesse, in essi sollevate, sul piano del "diritto" e della legittimità costituzionale.
In questo post ho posto una questione, credo, fondamentale.
Chi oggi interpreta, vincolativamente per gli altri,le norme, in particolare dei trattati europei, è un economista, cioè un qualcuno che quasi nulla sa, e mostra di sapere, delle ragioni storiche, sociali e, comunque, logico-giuridiche delle Costituzioni.
E non solo. Ma all'interno della classe degli "economisti" si tratta di banchieri e economisti "finanziari" o, in ogni modo, formati a una Scuola che nasce proprio in contrapposizione con quelle ragioni storiche, sociali e logico-giuridiche.
Da qui quella "precomprensione" che, prima che problematica in termini inevitabilmente "generali" (anche per i giuristi), diviene così un errore proprio "tecnico" di interpretazione, che porta alla incapacità di lettura sistematica (cfr; parr. 5 e 6), e quindi alla negazione delle gerarchie dei valori costituzionali affermati con tante lotte, sofferenze e difficoltà a seguito della Resistenza al nazismo.

Il discorso potrebbe farsi lungo e complesso, ma lo riassumo in un unico interrogativo: come si può bilanciare uno squilibrio culturale-interpretativo così grave, che porta alla morte delle Costituzioni per "damnatio memoriae", dato che, come ben evidenzia Paolo Giusti, si perpetua persino, e ormai specialmente, nelle università che insegnano il diritto?

Siamo al paradosso: le norme vengono interpretate da chi non è, tecnicamente e ideologicamente, nè predisposto a farlo, nè, come conseguenza, a preservare i valori democratici costituzionali moderni (proprio perchè questi, nella "intentio" di grandi giuristi come Mortati, risultano in essenza "keynesiani"), ed è anzi organicamente in conflitto di interessi con tali valori...
E la "accademia" si conforma a queste interpretazioni "economicistiche" e ideologiche, rinunciando alla autonoma funzione di "giustizia", ordinativa degli interessi dei popoli, che il diritto dovrebbe perseguire, se assunto nel suo senso più alto e nobile nascente dalle conquiste costituzionali moderne.
Altrimenti, purtroppo, e occorre veramente ricordarlo, il diritto tende a essere la "ratifica" dei rapporti di forza, a favore invariabilmente del più forte.
Anzi, le Costituzioni moderne nascono proprio da questa posizione critica al giuspositivismo che accetta di considerare come "diritto" proprio sempre e solo quello che viene, per forza di autorità, affermato formalmente come tale, anche se tale "autorità" non ha legittimazione democratica..
E' paradossale che, oggi, il "sogno europeo" segni un così "brutale" arretramento della concezione stessa del diritto, azzerando le conquiste democratiche del '900, e scindendo di nuovo i "precetti", dalla legittimazione democratica di chi ha il potere di imporli e dallo scrutinio sui fini effettivamente perseguiti da tale "autorità"!

In ultima analisi, e proprio per meglio spiegare quanto da me detto in termini interrogativi nel precedente post, l'aspetto che mi fa dubitare della stessa "funzione", e utilità, del blog, si ritrova nella mancata risposta all'appello formulato alla fine del post "Giuristi e economisti...", al paragrafo 5, laddove richiamavo l'attenzione di illustri giuristi sul seguente punto:
"La precomprensione [dei "giuristi", ndr.], che ripeto non è una colpa, di fronte all'enorme sforzo che impone una effettiva conoscenza interdisciplinare, che qui auspichiamo, risiede nel fatto che si dia per scontato che "le risorse economiche scarseggiano" anche se si vede la consapevolezza che ciò sia collegato a un ordinamento multilivello.
Ma il punto è allora questo: è legittimo, alla luce dell'art.11 Cost., che un "ordinamento multilivello" conduca a una situazione per cui, IN ASSENZA DEL SUO INFLUIRE SULL'ASSETTO DEL NOSTRO STATO, le risorse NON scarseggerebbero?"

Spero ora di essermi spiegato meglio, grazie anche alle riflessioni cui mi hanno indotto i vostri preziosi commenti.
No. Non è una questione di numeri: ma di "solidarietà".  Di coscienza collettiva dell'emergenza democratica "finale" in cui siamo precipitati.
Ma chissà che usando la pazienza che voi stessi mi consigliate, di fronte all'imminente drammatizzarsi degli eventi (v. par.9, post cit.), l'appello non trovi una risposta "significativa".

lunedì 21 gennaio 2013

VARCATA LA "SOGLIOLA" DEI 48.000...

Questo (46°) breve post è solo per dire che  è stata "varcata" la fatidica "soglia" dei 48.000 contatti, prevista infatti in questo periodo di gennaio (un pò prima dei due mesi di vita del blog).
Che sia un risultato buono o cattivo, dal punto di vista quantitativo, non importa. In 50 giorni circa si poteva fare di più, forse, ma anche molto meno. Considerato poi, che, invece, il risultato qualitativo è di tutto riguardo.
Non solo per i contributi diretti in termini di "post", che hanno contrassegnato un lavoro collettivo di oggettivo livello, ma per la qualità stessa dei commenti.
Su tutti, si vedano quelli al post "Risposte per una speranza nella democrazia- 2a parte", dove le questioni Banca d'Italia e "che fine ha fatto l'oro?" sono state scandagliate a un livello che non ha pari, se si pensa a quello che sono capaci di dire sia i giuspubblicisti (ormai in evidente "rimozione" confusionale) che gli stessi economisti, in materia. E, ancora più, sedi di grande richiamo, come il blog del FQ (dove bloggers più o meno supponenti continuano ad alimentare commenti luogomunisti deliranti).
Questo, pur nell'inevitabile carattere "elitario", è l'obiettivo che ci eravamo prefissi: il blog, a questo punto potrebbe pure chiudere, così, al culmine della sua forza "culturale".
Ma avevo promesso una "festa" per i 48.000 contatti e, data la "sottointitolazione" dell'orizzonte48 (grazie Sil-viar), collegato allo zenith solare equinoziale alla latitudine di Roma, la festa potrebbe ben svolgersi in coincidenza, (più o meno) con tale equinozio.
Quest'anno l'equinozio di primavera cade al 20 marzo, che è un mercoledì. I week-end più prossimi sono quello che inizia il 15 marzo e quello che inizia il 22 marzo (cioè i venerdì antecedente e successivo).
Ma su ciò mi rimetto ai lettori. Che facciamo? Idee, proposte, o (come diceva il Conte Max) lasciam perdere?
Diciamo che la prosecuzione del blog e la stessa "festa" dipendono in fondo dalla quantità, non solo dal livello, (per questa volta), delle risposte.

Questo, anche in tale occasione, è, e rimane, un lavoro "collettivo": perciò esprimetevi liberamente.
Proprio perchè è un lavoro collettivo "include" tutta la rete dei "consapevoli", nessuno escluso, perchè tutti svolgono il loro meritorio compito. Nell'ambito della propria libertà di espressione...che comunque tende al fine "nobile" (in quanto non individuale, e cioè "altruista"), di servire la verità e la "salvezza" della comunità democratica nazionale (ben oltre l'orizzonte segnato da queste elezioni).
Quindi quella che propongo è solo un'occasione, come se ne possono "escogitare" altre, per "trovarsi" e compiere un gesto di "civiltà della Costituzione".
Se riterrete, proprio come comunità dei "consapevoli" della rete, che abbia un senso collettivo utile, si potrà fare, organizzandola insieme, altrimenti le varie attività rispettive potranno comunque proseguire...in libertà.
Ma non vi preoccupate troppo - seppure qualcuno si preoccupasse-, anche senza blog e senza "festa", il mio impegno non verrebbe meno. Solo sarebbe un pò meno "pubblico" (e meno faticoso...)