venerdì 28 dicembre 2012

LOBBISMO €UROPEO

Questo è il contributo di kthrcds, che era intervenuto sull'argomento commentando "Aux armes citoyens".
In effetti aveva risposto a me. In un commento al post mi chiedevo se fosse possibile creare una "lobby dei cittadini" in grado di orientare le politiche europee, visto che siamo inascoltati e non contiamo granché, e constatavo che probabilmente sarebbe stata meno onerosa della folle austerity che ci stanno imponendo, visto che, pur non avendo la forza del potere economico che hanno i grandi gruppi abbiamo la forza del numero... Il contributo di kthrcds con gli interessanti links ci illustra come le decisioni europee, le norme che incidono sulle nostre vite, sottostanno alle pressioni dei grandi gruppi, per niente interessati alla democrazia, alla nostra salute, in definitiva ai cittadini. D'altra parte questa Unione Europea nasce dal sogno più nascosto di un "gruppo di banchieri", che sono riusciti a conquistare un intero continente e assoggettarlo al liberismo più sfrenato.  Senza i carri armati come in Cile, senza lo scontro sociale come nella Gran Bretagna della Tatcher, con la sola forza del denaro. Il sogno del "gruppo di banchieri" è diventato l'incubo dei cittadini.

Le lobby, ci spiega kthrcds, potrebbero essere iscritte in un registro, ma si sottraggono per la maggior parte e nello stesso tempo dettano le leggi favorevoli agli interessi delle corporations.
Dovremo "comprarci" la democrazia?
 (sil-viar)

Ecco l'intervento di kthrcds.

Il presidente del Consiglio europeo è Van Rompuy, un democristiano fiammingo belga, eletto non dagli europei – che in maggioranza non sanno nemmeno chi sia -, ma dagli amici suoi.
Van Rompuy non conta nulla e non c'entra nulla con la commissione, ma mi piace ricordarlo nel suo ruolo di ragazzo immagine dell'Ue: recentemente è stato nominato “Mister Euro”.
Il presidente della Commissione europea è Barroso, che da giovane era un leader della sezione giovanile del movimento clandestino maoista MRPP. Diventato adulto, Barroso si è prontamente riciclato nel Partito Social Democratico Portoghese, area centrodestra.
Uno degli otto vicepresidente della Commissione europea, nonché responsabile per l'Industria e l'Imprenditoria, è Antonio Tajani, ex monarchico, fondatore di Forza Italia e fedelissimo di Berlusconi. Una delle figure più incolori nel panorama politico italiano ricopre incarichi di primo piano in un'istituzione importante come la Commissione europea, titolare di un pressoché totale monopolio del potere di iniziativa legislativa.
Potrei andare avanti a lungo, ma era solo per dire che chi pensa che i politici europei siano più affidabili di quelli italiani non è ben informato.
Gli altri esponenti della Commissione per il periodo 2010-2014, quelli che la tv mostra ogni giorno mentre si incontrano spensierati e sorridenti nel corso dei loro inutili summit, mentre mezza Europa sprofonda dolorosamente in una crisi senza apparenti vie d'uscita, sono questi:
Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza; 
Viviane Reding, Lussemburgo, Giustizia, diritti fondamentali e cittadinanza; Joaquín Almunia, Spagna, Concorrenza; 
Siim Kallas, Estonia, Trasporti; Neelie Kroes, Paesi Bassi, Agenda digitale; Maroš Šefčovič, Slovacchia, Relazioni interistituzionali e amministrazione; Janez Potočnik, Slovenia, Ambiente; Olli Rehn, Affari economici e monetari; Andris Piebalgs, Lettonia, Sviluppo; Michel Barnier, Francia, Mercato interno e
servizi; Androulla Vassiliou, Cipro, Istruzione, cultura, multilinguismo e gioventù; Algirdas Šemeta, Lituania, Fiscalità e unione doganale, audit e lotta antifrode; Karel De Gucht, Belgio, Commercio; Máire Geoghegan-Quinn, Irlanda, Ricerca, innovazione e scienza; Janusz Lewandowski, Polonia, Programmazione finanziaria e bilancio; Maria Damanaki, Grecia, Affari marittimi e pesca; Kristalina Georgieva, Bulgaria, Cooperazione internazionale, aiuti umanitari e risposta alle crisi; Günther Oettinger, Germania, Energia; Johannes Hahn, Austria, Politica regionale; Connie Hedegaard, Danimarca, Azione per il clima; Štefan Füle, Repubblica ceca, Allargamento e politica di vicinato; László Andor, Ungheria, Occupazione, affari sociali e integrazione; Cecilia Malmström, Affari interni; Dacian Cioloş, Romania, Agricoltura e sviluppo rurale; Tonio Borg, Malta, Salute e politica dei consumatori.
 

Nessuno li conosce, nessuno li ha mai eletti, e fra di loro, oltre al già citato Tajani, ci sono altre figure singolari. Il finlandese Olli Rehn, ad esempio, è membro del Partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori. Rehn, che si è fatto un'idea della cultura italiana leggendo Guareschi - e se ne vanta pure -, ha studiato negli Usa, al Macalaster di Saint Paul in Minnesota; che è strettamente collegato con la Merril Lynch, ossia una delle grandi banche fallite e salvate dallo Stato. I docenti del Macalaster sono presi dalla Merril
e gli studenti vanno in Merril a fare gli stage. E purtroppo alcuni finiscono alla Commissione europea.

Attorno a loro si muovono i lobbisti.
Nell’Ue i lobbisti, o “consulenti in affari pubblici”, come preferiscono essere definiti, «sono accusati di fare la legislazione europea al posto della stessa Commissione, o di "comprare" i responsabili delle decisioni stesse, sono ora circa 15mila a Bruxelles, generando un fatturato stimabile tra i 60 e i 90 milioni di euro all’anno. Dispersi nei loro 2mila e seicento uffici nella capitale dell’Unione Europea, questi gruppi di pressione hanno un profilo finanziario più eterogeneo di quello dei funzionari europei».

Ovviamente, i lobbisti, promuovono gli intessi delle corporation che rappresentano.
Ad esempio, uno dei casi più recenti, rivelato dal settimanale Der Spiegel riguarda le pressioni esercitate dalla lobby del tabacco sulla Commissione europea. «Alcuni documenti a uso interno a cui Der Spiegel ha avuto accesso rivelano l’opposizione di molti collaboratori del presidente della Commissione a un giro di vite nella regolamentazione dell’uso del tabacco».
In sostanza è accaduto che la decisione di rendere più severa la regolamentazione europea sul tabacco abbia incontrato forti ostacoli ai vertici della commissione stessa, a partire da Catherine Day, segretaria generale della commissione europea, che “si è adoperata di persona a rallentare più volte l’iter in corso”. Ciò ha portato alle dimissioni del commissario alla salute John Dalli, e ha alimentato i dubbi sul ruolo del presidente Barroso e sull'Olaf (Ufficio per la lotta antifrodi) nella vicenda.
Non si tratta di un'eccezione ma della della regola dal momento che la sola «industria del tabacco ha a disposizione a Bruxelles un esercito di circa 100 lobbisti, che lavorano con un budget annuale superiore ai € 5 mln. Almeno secondo i dati ufficiali.
Questi numeri sono però sicuramente parziali perché la Commissione europea non obbliga i lobbisti che hanno rapporti con l’istituzione a registrarsi. [...]
Non a caso il 62% degli incontri con lobbisti, tenuti dal vice-presidente della Commissione responsabile per gli Affari economici e monetari, Olli Rehn, sono avvenuti con persone non presenti nel Registro».

Anche in questo caso scopriamo che i tedeschi non sono così virtuosi come vogliono fa credere. Ad esempio, «la tedesca Reemtsma, branca della Imperial Tobacco, uno dei maggiori produttori europei, non si è mai registrata, eppure l’anno scorso, secondo il rapporto del Ceo, ha assunto una lobbista proprio per influenzare la Tobacco Products Directive (Tpd)».

La commissione europea è sostanzialmente un comitato d'affari ai massimi livelli: “Il popolo ha il voto, gli industriali le lobby. Gruppi di pressione che indottrinano gli eletti e influenzano la Commissione europea...”.

Inizia così un articolo del giornalista francese François Ruffin apparso su Le Monde Diplomatique del giugno 2010, che riprende le dichiarazioni del presidente della Commissione europea Jacques Delors nel 1993: "i dirigenti dell'Ert (European Round Table of Industrialists) sono stati all'avanguardia nel sostenere la mia idea".

L'idea di Delors, “padre nobile” di questa Ue che sta dimostrando tutti i suoi difetti e svantaggi, mentre ancora attendiamo di individuarne i benefici, non era altro che quella di affidare ad un pool di “capitani di industria” le sorti dello sviluppo economico europeo, scavalcando i Parlamenti nazionali, e senza curarsi troppo delle conseguenze che avrebbe avuto su centinaia di milioni di
europei.


Circa 20 anni dopo, mentre da ormai 5 anni la crisi che si è abbattuta sull'EZ continua a mietere vittime e non accenna a risolversi, Jacques Delors, in un'intervista al Daily Telegraph del dicembre 2011 ripresa dal Sole24Ore, spiega serafico che «“L'euro è partito male sin dall'inizio” anche per colpa di leader che “hanno fallito”. “Tutti devono farsi un esame di coscienza” perché “i ministri delle Finanze non hanno voluto vedere quello che avrebbe potuto far sorgere dei problemi”. Il colpevole? “La combinazione fra l'ostinazione tedesca sull'idea del controllo monetario e l'assenza di una visione chiara da parte di tutti gli altri Paesi”».
Visto come sono andate le cose, uno dei primi a dover fare un esame di coscienza sarebbe Delors, ma questo è un altro paio di maniche; e comunque non staremo a sottilizzare, visto che la preoccupazione maggiore dei nostri giorni è quella di evitare che il crollo imminente del “sogno” europeo ci travolga tutti, ponendo le premesse per un futuro di incertezze, rancori e voglia di rivalsa su scala continentale.

Nel frattempo occorre rilevare che in Europa i paesi che adottano leggi e regolamenti per disciplinare l'attività di lobbisti sono più l'eccezione che la regola. «Il più recente rapporto OCSE Lobbyists, Governments And Public Trust: Building A Legislative Framework For Enhancing Transparency And Accountability In Lobbying (2008) rileva che solo 5 Paesi membri della UE hanno adottato un regolamento. [Ne consegue che] le lobby restano attori che agiscono sotto il “velo impenetrabile che avvolge la fase di composizione di interessi contrapposti durante i processi decisionali pubblici”».

Con l'avvento della crisi economica il velo si è fatto meno impenetrabile, lasciando intravedere con sempre maggior chiarezza i reali interessi che costituiscono la vera ragion d'essere della Commissione europea, a partire da quelli delle lobby bancarie, che hanno imposto dolorosi piani di salvataggio (della finanza privata) facendoli gravare sui bilanci pubblici, e quindi sull'intera
collettività.
E siccome in Italia si tende a volte ad esagerare, si è fatto di più che adeguarsi al volere delle varie lobby europee, si è messo direttamente al governo uno dei loro maggiori esponenti: Mario Monti. 
Il quale, come si può vedere vedere qui, a pag. 6:
dal dicembre 2005 è stato consigliere internazionale di GS, e membro del Advisory Research Council del Goldman Sachs Global Markets Institute.
Per dieci anni Monti ha rivestito la carica di membro della Commissione europea, responsabile per il mercato interno, servizi finanziari e tributi dal 1995 al 1999, e poi alla concorrenza dal 1999 al 2004. Inoltre è membro del Senior European Advisory Consiglio di Moody's, del Consiglio di Amministrazione della Institute forInternational Economics di Washington, DC, del Comitato direttivo delle riunioni del Bilderberg, della Commissione Trilaterale e del Comitato Esecutivo di Aspen Institute Italia.
Nel 2005 è stato co-fondatore e, fino al 2008, Presidente del Bruegel, un think-tank europeo di economia internazionale, guarda caso con sede a Bruxelles, «il cui gruppo di comando è composto da esponenti di spicco di 28 multinazionali e 16 Stati (per l'Italia oggi vi siede Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro). I loro nomi? Microsoft, Google, Goldman Sachs, Samsung, il gruppo bancario italiano Unicredit, il colosso energetico Gdf, la Borsa di New York (Nyse). Molti coincidono con le poltrone di Bilderberg».
Monti è anche un estimatore di von Hayek, tanto che nel 2005 fu insignito del Premio internazionale assegnato dalla Hayek Foundation per essersi distinto nel promuovere il libero mercato. Può essere utile ricordare che negli anni 80 Friedrich von Hayek era divenuto un “modello” per Margaret Thatcher, con la quale condivideva l'apprezzamento per Pinochet, perché secondo lui il liberalismo non è in contraddizione con l’autocrazia, e quindi considerava liberale anche una dittatura.
Ora, secondo von Hayek il modello di stato sociale si riduce alla necessità di “fornire agli indigenti e agli affamati qualche forma di aiuto, ma solo nell’interesse di coloro che devono essere protetti da eventuali atti di disperazione da parte dei bisognosi”.
Il che spiega meglio di tanti dibattiti in tv quali sono le finalità della famigerata “Agenda Monti”, e perché nella Ue fanno il tifo per il nostro supermario. E spiega anche perché martedì scorso, facendo riferimento alle prossime elezioni politiche in Italia, l'inopinatamente commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn ha dichiarato che “ci sono impegni da rispettare a prescindere da chi le vincerà”.

domenica 23 dicembre 2012

L'ORIZZONTE DEL FUTURO, I MAYA E UN AUGURIO

1. UNA PAROLA DI SPERANZA. E DI RINASCITA.
Combattiamo un "nemico" implacabile che tenta da decenni di svuotare la Costituzione e la sua democrazia redistributiva. Diciamo da almeno 30 anni. Da 30 anni in un balletto in cui le parole d'ordine, come saprebbe chi avesse la pazienza e la cultura civile di fare un pò di "ricerche", sono sempre le stesse.
Per darvi un'idea di ciò, e per capire come il "treno" sia lanciato ormai a grande velocità, tanto che è un miracolo se stiamo ancora qui "a discuterne", vi riposto un brano di uno splendido post, "Le origini del debito pubblico italiano" tratto dal blog "L'Umanista":
"Per rendersi conto delle motivazioni squisitamente ideologiche dell’attacco alla spesa sociale degli anni Ottanta basta seguire l’iter d’approvazione della legge finanziaria per l’anno 1986.
Le linee guida dell’azione di governo venivano chiarite fin dal mese di settembre dell’85 da Giovanni Goria: la «strategia del rigore» avrebbe dovuto basarsi “essenzialmente su due parole d’ordine: privatizzazione di una parte dei servizi sociali e limitazione delle prestazioni assistenziali ad una fascia realmente bisognosa di cittadini” [20].
D’accordo ovviamente il Presidente del Consiglio Craxi, secondo il quale “il grosso dei sacrifici necessari per risanare la finanza pubblica” doveva “ricadere sulle spese più che sulle entrate” [17].
La chiara presa di posizione del Partito Repubblicano (PRI) era affidata a Giovanni Spadolini: “bisogna subito fare qualcosa per ridurre il deficit pubblico, agendo in misura omogenea e con equi sacrifici su tutte le spese correnti” [17].
Al fronte reazionario costituito dalle correnti liberiste della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, dal Partito Repubblicano e dal Partito Liberale, si contrapponeva il fronte socialdemocratico costituito dalle correnti di sinistra del Partito Socialista e della Democrazia Cristiana e dal Partito Socialdemocratico.
Ma la corrente sociale (o populista, secondo i suoi detrattori) era sempre più isolata: oltre agli interessi di partito che dirottavano la spesa sempre più verso interessi clientelari, agli attacchi della destra italiana, si associavano con sempre maggiore insistenza quelli internazionali.
Il Fondo Monetario Internazionale per esempio che, in una visita lampo proprio nel settembre del 1985, non esitava a «bacchettare» il governo riguardo alla situazione dei conti pubblici italiani. La ricetta, ovviamente, era senza appello: mettere subito sotto controllo la spesa pubblica [21].
Ma anche la Comunità Economica Europea (CEE) per cui “l’unica strategia efficace per invertire la tendenza” del disavanzo pubblico era “decurtare almeno in percentuale del PIL il totale delle spese” che non fossero “produttive o sociali di prima priorità” [22].
Tuttavia la palma del migliore inventore spetta senza dubbio all’Organizzazione di Cooperazione e Sviluppo Economico (
OCSE  ): gli «esperti» dell’OCSE   si impegnavano a trovare le statistiche più esotiche che dessero l’Italia ai primi posti (come la variazione relativa delle entrate fiscali tra il 1974 e il 1982), o ad aggiustare il gruppo dei paesi analizzati per far balzare l’Italia ai primi posti [23].
Tutto ciò non mancava di produrre grossi titoli sui giornali nostrani.
"

La chicca finale del corto circuito tra le "classifiche" dell'OCSE e i titoloni dei "giornali nostrani" è tragicamente esilarante.
E la dice lunga su come i soliti noti, in un ribaltamento kafkiano della verità, tirino da sempre la volata allo stesso "sprinter", doppato dagli interessi reali positivi, redistributivi "al contrario".
Ma siccome il precedente post ha suscitato un grande sgomento (perdonatemi, l'angoscia era prima di tutto mia), e siamo sotto Natale, vi rassicuro: c'è speranza.
C'è speranza perchè punto sull'ipotesi frattalica, con tutti gli aggiornamenti che ho cercato di darvi..e che vi darò.
Forse è troppo poco, ma non è "così poco", considerato che vi parla di un riequilibrio della sproporzione di forze in campo ( :-)...), tra gli amanti della democrazia costituzionale del lavoro e "il fronte reazionario".
In fondo oltre a resistere da 30 anni, siamo scampati alla "profezia dei Maya", versione catastrofe, e quindi possiamo aderire alla sua versione "Rinascita di una nuova umanità".
Tanto per dire, non siamo soli.
Vi segnalo questa intervista del prof. Guarino, dove, tra l'altro, si dice ciò che qui (ve lo ri-linko anche sotto) è stato sostenuto (nell'articolo cui si rinviava), per primi. E cioè che non solo "bisogna prepararsi a uscire dall'euro" ma che "gravi violazioni dei trattati sono state commesse". E si ipotizza (come pure è stato sostenuto, in termini "italiani", in un articolo pubblicato circa un anno fa e di cui parleremo) un "nuovo euro" gestito politicamente da un governo democratico...lasciando soli gli amanti dell'attuale "più europa" a gestirsi austerità e dominio di bundesbank-deutschebank.
Forse l'illustre prof. Guarino ha captato qualcosa anche da queste pubblicazioni qui divulgate? C'è da augurarselo e comunque il "fronte della Liberazione democratica" si arricchisce di forze "consistenti".

2- UNA "VERSIONE" DEI FATTI "RIASSUNTIVA"...DELL'ARTIGLIERIA PESANTE
Per coloro (molti a quanto pare) che avessero gradito il post su "area euro, mercantilismo e violazioni dei trattati" (quello su "google e l'artiglieria pesante"), vi offro una versione ridotta e...più "maneggevole" (con note "incorporate"!), pubblicata sul Foro Italiano, novembre 2012, la più prestigiosa rivista italiana di diritto. La versione è a cura di:
LUCIANO BARRA CARACCIOLO - VITO POLI

"Imperialismo mercantilista
e violazioni del trattato Ue"

venerdì 21 dicembre 2012

AUX ARMES CITOYENS...L'ITALIA (PIU' CHE MAI) CHIAMO'

"Chi avrebbe avuto il coraggio di protestare pubblicamente per quello che stava succedendo ad Akelberg? Carla e Frieda lo avevano visto con i loro occhi...ma ora avevano bisogno di qualcuno che lo sostenesse.
Non c'erano più rappresentanti eletti: tutti i deputati del Reichstag erano nazisti. Non c'erano nemmeno più dei veri giornalisti: solo scribacchini asserviti. I giudici erano tutti nominati dai nazisti e assoggettati al governo. Carla non si era mai resa conto prima di allora di quanto fosse stata protetta dai politici, dai giornalisti e dagli avvocati. Senza di loro, capì ora, il governo poteva fare tutto quello che voleva..."
(Da "L'inverno del mondo", Ken Follet, pag.498-499)

Nel post più letto di questo blog avevo detto:
“Non a caso,  un incondizionato entusiasmo mediatico, scisso dai fatti che si verificano con manifesta “tragicità” davanti agli occhi di tutti, sorregge i “governi dei tecnici” (in mezza europa…debitrice e, perciò, PIGS). E questo dovrebbe condurci a fare utili deduzioni sulla natura dei potenti di turno, sul tratto unificante di questo potere.
Nella situazione attuale, registriamo un fenomeno di tale entusiasmo convergente e assolutizzato verso l'azione del governo (“l’Agenda Monti”…tra un po’ ci si giurerà sopra come sul Vangelo) che, dati i soggetti da cui promana (i giornalisti "sempre-proni" e gli “esperti ufficiali”, officianti il rito della ripetizione degli slogan di “diversione” dalla verità, quale indicata dalla scienza imparziale e libera nei fini), sta ad indicare che attualmente il potere, nella veste governativa, si manifesta al suo stato mistificatorio "quasi puro" (cosa che non si poteva dire rispetto all'era di B. ed alla sua imperfezione, che costringeva gli stessi soggetti mediatici-espertologi,  a preoccuparsi delle sue plateali contraddizioni, spesso, al tempo, per giustificarle, lacerando continuamente la legittimazione che il disegno UEM ricercava).
E quale risulta il tratto essenziale di questo potere ora "manifesto"?
L'Europa, la mistica del "ce lo chiede l'Europa", il dogma che tutto quanto sia già "stabilito" in quella sede si connoti automaticamente in un valore operativo incontestabile, tale che intere nazioni e moltitudini di esseri umani, teoricamente dotati di possibilità critiche e di cultura evolvibile, ne "debbano" essere plasmati senza possibilità di mediazione
.”

Ora mi rendo conto che “l’incondizionato entusiasmo mediatico” che “sorregge” i governi tecnici” che, a loro volta, posseggono il “tratto essenziale” della “mistica” del “ce lo chiede l’Europa”, è molto peggio di quello che credevo: perché si basa sulla ignoranza.
Mi spiego: finchè di parla di “precomprensione”, siamo di fronte a persone che “alterano” il senso di un testo ma, pur sempre, si pongono il problema di conoscerlo in un certo grado. Cioè si tratta di una “colpa” in “procedendo”, del risultato sbagliato di una operazione complessa.
Ma quando ci si trova di fronte al diretto e ufficiale “verbo” dell’Europa-istituzione, nella sua parte più, teoricamente, autorevole, vengono i brividi, ma veramente uno sgomento profondo e disperante. E due cose vengono da dire:
a)      i mistici italiani del “ce lo chiede l’Europa” (partiti politici che agitano lo slogan in ogni momento, giornali e trasmissioni TV che ammiccano a questi partiti come se fossero “seri”, “sobri”, “democratici”) NON CONOSCONO e COMUNQUE NON HANNO CAPITO, E NON SONO IN GRADO DI CAPIRE, COSA CI CHIEDA VERAMENTE L’EUROPA;
b)     escludendo ogni forma di addebito di “dolo”, non posso credere infatti che questi soggetti, nel loro complesso, abbiano letto e capito cosa ci sia VERAMENTE scritto nella sentenza della Corte di giustizia europea, in seduta plenaria (vuol dire che hanno cercato di dare veramente il “meglio”) del 27 novembre 2012, nella causa C-370/12.

In questo lungo comunicato stampa trovate una versione divulgativa del “decisum”: e già fa accapponare la pelle.
Ma solo leggendo tutto il testo della sentenza (il link lo trovate alla fine del già lungo e auto elogiativo comunicato stampa: è diviso in varie parti perché ha la lunghezza di un libro), si può capire fino a che punto la voluta oscurità dei trattati (grazie Amato!) porti a una iperbolica elusività (democratica) della normativa europea che si manifesta a “valle” e che, nel suo insieme, contribuisce a vincolare, svuotare, “buttare in caciara”, coinvolgere in un devastante “gioco delle tre carte”, castrare, la sovranità dei popoli (art.1 Cost.) e tutti i diritti fondamentali che ne costituiscono il tessuto vivo…e ormai massacrato in esperimenti degni del doctor Petiot.
Nell’indifferenza generale dei media e della politica italiana è stata messa quella che si potrebbe chiamare la pietra tombale della Costituzione. E a questo punto, potrei anche chiudere il blog, per venir meno della sua “ragione sociale”.

Vi riporto uno dei passaggi di uno dei, pochi, commenti critici che trovate qui:
Tenendo conto che:
1.                            Le sentenze emesse dalla Corte sono definitive e soggette a revisione soltanto in casi eccezionali
2.                           Per prassi la Corte mantiene nelle diverse materie una giurisprudenza costante e un continuo riferimento alle precedenti sentenze emesse
3.                           Le sentenze hanno efficacia vincolante per le parti in causa e hanno forza esecutiva all’interno degli Stati membri,
si capisce quanto questo caso diventi vitale per il futuro dell’Unione Europea.
È giusto modificare l’Art.136 TFUE, creare un Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) volto a sottrarre il flusso di denaro pubblico dei Paesi membri, per poi essere in parte ridistribuito a seconda della volontà del Consiglio Europeo?
È giusto che uno Stato Sovrano sottoscriva un Trattato incompatibile con la propria Costituzione e con il diritto su cui si fonda l’Europa, ridimensionando drasticamente la sua sovranità?
La Corte di Giustizia Europea, riunita martedì in Seduta Plenaria, dichiara che:
Gli Artt. Dei Trattati TUE e TFUE sottoposti a pronunciamento, “nonché il principio generale di tutela giurisdizionale effettiva non impedisce la conclusione tra gli Stati membri la cui moneta è l’euro di un accordo come il Trattato ESM, né alla sua ratifica da parte di tali membri. Il diritto di uno Stato membro di concludere e di ratificare detto Trattato non è subordinato all’entrata in vigore della decisione 2011/199.
La sentenza è così chiara quanto agghiacciante.
Secondo la Corte non si esiste nemmeno un punto, una virgola della questione posta in essere da Thomas Pringle che possano essere ritenuti validi.
Se ti chiami Consiglio Europeo, Commissione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, Sistema Europeo delle Banche Centrali, tutto ti viene concesso.
Diventa possibile imporre modifiche alla Costituzione di uno Stato, creare istituti ad hoc per la supervisione delle Banche Nazionali, lasciare che privati facciano i conti in tasca ai membri. Svendere i beni di questo o quel Paese, obbligarlo ad acquistare armamenti e imporre il pagamento dei debiti altrui.
Decidere chi vincerà le elezioni politiche di uno Stato, qualora si dovesse decidere di lasciare i suoi cittadini liberi di esprimersi alle urne.
Essere invisibili, inoltre, grazie a diversi strati di totale immunità.

Quello che posso dirvi è che il termine che mi era venuto, per definire meglio l’orrendo “fogno” degli irresponsabili anti-democratici che ne cianciano senza remora alcuna nella loro deliberata ignoranza, era “allucinante”…un incubo che più reale ormai non si può.
Non si può vincolare la sovranità economica, e privare uno Stato della relativa “politica” prevista dalle sue disposizioni costituzionali, a una serie di fonti così pletorica, verbosa, lessicalmente e, sopra a tutto, logicamente incontrollabile.
Ciò non consente in radice la verifica del rispetto delle condizioni dell’art.11 Cost. (seppure di tale rispetto gliene freghi qualcosa), dando una “licenza di uccidere”, un “mandato in bianco” per derogare tutti i principi fondamentali e persino il rispetto dei limiti dell’art.139 Cost.
Pensate: le “fonti”, 5 regolamenti del Parlamento  e del Consiglio UE più una direttiva del Consiglio, emanati in unico anno il 2011, e densissimi di migliaia e migliaia di parole a significato incerto e volutamente ambiguo, non hanno avuto nemmeno bisogno di legge di ratifica: ma allora diventa ancor più evidente che, ai sensi dell’art.11 Cost., è costituzionalmente illegittima, ai sensi dell’art.11 Cost. (e di tutte le norme fondamentali rese incondizionatamente derogabili) la ratifica stessa dei trattati, in quanto consentono tali fonti “europee” a impatto illimitato sulla Costituzione e sulla certezza del diritto costituzionale.
E scusate se è poco.
E pensate che la stessa decisione europea esclude che la “certezza del diritto” possa essere messa in pericolo! Ma non si capisce perché: nella sua “furia” di respingere le obiezioni del tutto logiche fatte dal giudice irlandese remittente, la corte europea scrive proposizioni incomprensibili…almeno io non sono in grado di comprenderne il senso, senza una dose massiccia di “precomprensione”, come quella di alcuni miei colleghi (“dato che il fine ultimo è arrivare agli Stati Uniti d’Europa, la Corte fa bene a prendere posizione”…mi è venuto da piangere).

Ma vi pongo delle domande (a tutti gli uomini e le donne che sentono "suonare la campana): non dovete rispondere ora, avete tutto il tempo delle vacanze, si fa per dire, per rifletterci e inviare il vostro eventuale contributo, con risposte non lunghe ma possibilmente chiare e sostenute da rigorose indicazioni di fonti e autorevoli economisti da cui avete tratto le risposte stesse. SAPETE E’ “PER LA CAUSA”, PER FINI PRATICI, per non cadere nella disperazione. Inviate le risposte in files.doc allegati alle mail, da spedire a sil-viar@virgilio.it... Scusate ma stiamo veramente combattendo una battaglia forse “finale” e disperata.
Allora, dal punto di vista economico-scientifico:
- cos’è la “stabilità economica”, ovvero la stabilità “finanziaria”, in contrapposizione alla più comprensibile “stabilità dei prezzi”?
- perché si dà per scontato che l’aumento della massa monetaria influirebbe direttamente sull’inflazione? E’ scientificamente accettabile questa conclusione?
- perché queste stabilità economica e finanziaria passerebbero necessariamente e acriticamente per il pareggio di bilancio?
- quali sono gli effetti del pareggio di bilancio, come concepito dall’UEM, e che giustifica la “condizionalità”, cioè la disattivazione della sovranità degli Stati e dei diritti fondamentali per tale finalità superiore ad ogni altra nei valori UEM?
Oh, non è che io non ci lavorerò, eh, se ci lavorerò: ma il fatto è che abbiamo bisogno di tutti i patrioti democratici per resistere e per affinare le “armi della Costituzione del ‘48” contro questo mostro che ci sta divorando vivi.



giovedì 20 dicembre 2012

RIASSUMENDO IL DISCORSO- FOCUS 2

Riassumendo il percorso che abbiamo svolto fino ad adesso, e che, devo dire, tante risposte positive e "attive"sta suscitando in molti di voi, vi butto lì una breve guida panoramica.
"The bulk" dei concetti messi in circolo dai post parlano:
-  1) di come esista un potere/dovere di uscire dal trattato UEM (il "potere-dovere" è una tipica formula descrittiva delle funzioni pubbliche, tra cui, anche quella di governo, che è nel complesso una funzione pubblica, soggetta alla legge e prima di tutto alla Costituzione). Ciò a causa di squilibri socio-economici non correggibili insiti inevitabilmente nella moneta unica e acuiti dalla strategia di deflazione intenzionale intrapresa da altri paesi, contraria alle norme e alla "causa" cooperativa dei trattati, con il concorde, e quantomeno "omissivo", contributo della Commissione UE (su questo torneremo perchè forse è....peggio di così);
- 2) di come l'UE, consistendo in un sistema socio-economico in cui una governance "fondatrice" e "prevalente" di estrazione "bancario-finanziaria" ha imposto come valori "fondamentali" e a realizzazione prevalente, e, anzi, ormai esclusiva, "stabilità dei prezzi" e "libero mercato", ha comunque plasmato il nostro ordinamento creando, per via di "riforme" legislative nell'arco di due decenni, uno spazio dove una nuova forma di vasta "corruzione" si appropria della ricchezza comune e diminuisce il benessere collettivo, in un corto-circuito "multilivello" tra politica e imprenditoria-affaristica, riottose a controlli e regole di tutela del pubblico interesse (che infatti sono state abrogate e sostituite da "non regole" congeniali a tale disegno);
- 3) di come questo sbandierato "inglobamento" (cannibalizzazione della democrazia?) della nostra tradizione di "Costituzione democratica del lavoro" (che non era stata comunque a pieno realizzata!), non possa essere consentito dalle norme fondamentali della Costituzione stessa, correttamente intese;
- 4) di come questo corretto "intendimento" della Costituzione si possa accoppiare anche a un corretto intendimento dei trattati europei, nell'intento almeno di limitare i danni devastanti per la nostra democrazia e la sua scala di valori che pone al centro alcuni diritti fondamentali, "calpestati e derisi", nei fatti, dalle inarrestabili politiche di austerity. Sia la corretta "lezione" della Costituzione, che dei trattati, sono state infatti piegate alla "precomprensione" della governance UE, che con la suggestione della "parola del più forte", ha trasmesso tale "precomprensione" alla nostra stessa classe dirigente.
- 5) di come tutto questo rammenti uno schema del recente (tragico) passato dell'Europa, riallacciandosi alle più oscure forze antidemocratiche che hanno già devastato il continente -anche se oggi lo chiamano "sogno"-  e di come, (allegria!), la situazione si stia evolvendo verso un esito che comunque portò alla sconfitta delle forze anti-democratiche e a una difficile ma esaltante "Liberazione". Ma non certo e non solo ottenuta con le sole "forze" espresse dagli "italiani".

Siccome sono un rompino con la "fissa" degli indovinelli (peraltro "a premio", come ricordo a Flavio, Oscar Dabbagno e a sil-viar), lascio a voi, nelle risposte (se ci saranno :-)...) dirmi quali siano, secondo voi, i vari post che si connettono ai vari punti che ho appena esposto.
Anche perchè per andare avanti, occorre ogni tanto "fare il punto", per capire se tutti hanno avuto il tempo di gradire e di "digerire" il discorso fatto a gran ritmo fino ad adesso.
Come contrappunto a questa esigenza, credo comune, devo farvi i complimenti, a tutti voi, perchè la risposta è stata pronta, vivace e interessantissima: uno "spettacolo" che mi conforta, anche nell'ottica della creazione collettiva del discorso che svolgeremo insieme (chi mi ha mandato dei post, li vedrà quanto prima pubblicati, anche risolvendo alcuni...problemini tecnici: Gosmin, fatti sentire con sil-viar!).
Tra le "risposte" vi offro un contributo, dato da uno di voi, di informazione "di servizio", che fa capire come il discorso che svolgiamo qui sia "distante" anni luce, effettivamente, dalla ideologia dominante e apparentemente irremovibile della governance UE-UEM:
una lunga dissertazione sulle cui capacità profetiche (...al contrario) vi riporto, a titolo esemplificativo, questo eloquente passaggio:
"I critici dell’unione monetaria si richiamano ancor oggi al modello di Mundell, e in particolare agli urti (shock) asimmetrici, per profetare il suo insuccesso. La critica - si pensi, oltre che a Krugman (2), a Feldstein - ha punti di forza e punti deboli.
Pare a me debole il richiamo agli urti asimmetrici. Gli urti economici sono sempre asimmetrici, nel senso che colpiscono l’economia in modo ineguale. Solo quando l’asimmetria abbia carattere non settoriale o regionale, bensì nazionale, la fissità del cambio priverebbe la politica economica dello strumento adatto. Ebbene, questi casi sono rari e, quando avvengono, la cura del cambio è sempre difficile da applicare e spesso inefficace. Sono casi rari perché, in paesi con strutture economiche abbastanza simili come quelli dell’Unione, urti asimmetrici nazionali possono essere determinati quasi soltanto dalla politica economica; e la probabilità che essi avvengano è stata grandemente ridotta proprio dall’unione monetaria e dal processo di convergenza preventivamente richiesto. Ma se davvero l’urto asimmetrico si manifestasse, non è detto che, in assenza d’unione monetaria, la variazione del cambio sarebbe praticabile ed efficace. Avrebbe forse dovuto ricorrervi la Germania dopo la riunificazione, ma essa venne respinta. E quand’anche le resistenze fossero superate, non è detto che la modifica della parità servirebbe, perché molto spesso gli effetti secondari sui prezzi e sui costi ne vanificano l’efficacia. ".
"Rari casi"!? "Urti asimmetrci possono essere determinati quasi soltanto dalla politica economica"? E di quali paesi, tanto per fare previsioni "diligenti"? Il "processo di convergenza" che riduce grandemente le probabilità di "urti asimmetrici"? E' quasi ingeneroso evidenziare questi passaggi, ma non siamo noi che abbiamo gestito questo processo, fatte queste previsioni, liquidato come "deboli" gli avvertimenti di Feldstein, Krugman e Wynne Godley...
Anche qui riportiamo un significativo passaggio:
"I mandati di Tommaso Padoa-Schioppa alla Banca d’Italia e alla Commissione europea sono stati contrassegnati da riallineamenti nell’ambito degli Accordi europei di cambio del Sistema monetario europeo. È risaputo che per Tommaso il problema cruciale risiedeva nel “quartetto inconciliabile”, ossia tassi di cambio fissi, libero scambio, mobilità dei capitali e politiche monetarie nazionali.
La soluzione è stata trovata nella moneta unica.
Oggi vediamo che questa soluzione è incompleta. La crisi ha messo in luce la necessità di portare a compimento l’Unione economica e monetaria.
Insieme ai presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea e dell’Eurogruppo, abbiamo individuato quattro pilastri su cui edificare un’Europa stabile e prospera: un’unione bancaria con un’unica autorità di vigilanza; un’unione fiscale in grado di prevenire e correggere bilanci non sostenibili; un’unione economica in grado di garantire una competitività atta a favorire un’occupazione elevata e, infine, un’unione politica in grado di coinvolgere profondamente i cittadini dell’area dell’euro".
Non traspare un certo..."panico" di aver intenzionalmente commesso qualche erroruccio e di non poterlo più nascondere?
In definitiva, Draghi "sogna": una "unione fiscale"!? "La soluzione (!?) è stata trovata nella moneta unica"? Ma come, quando simultaneamente ci addita tutto un programma di cose che andavano fatte prima e che non c'erano e non ci sono (tranne che in "sogno") le condizioni politiche per fare tutt'ora?

Ma sì, continuiamo così, "facciamoci del male" (tanto il dolore lo avvertiamo noi costantemente, a una parte del corpo che non ci consente di sederci...confortevolmente)

martedì 18 dicembre 2012

BENIGNI, LA "PRECOMPRENSIONE", IL TASSISTA, BERNANKE E DRAGHI.

Non ho voluto vederlo ieri sera. E non solo perchè ormai guardo la TV solo se ci sono bei film (l'intossicazione mediatica pro-euro/pareggio di bilancio, stucchevomente ripetitiva, "fa male anche a te...digli di smettere").
E non solo perchè "il partito unico dell'euro" sta recitando a reti unificate la più stucchevole delle pantomime (speriamo, anzi, la comica "involontaria" finale). Ma proprio perchè è lui, Benigni, intendo dire.
Una voce "ufficiale" che più ufficiale non si può. Il "volto umano" del partito unico dell'euro. E quindi me lo aspettavo. E "anfatti"...
Dunque, è capitato che prendessi un taxi e che il tassista mi riconoscesse (prendo spesso il taxi su un certo tragitto di lavoro...costa meno delle multe nel centro storico): e naturalmente si ricorda che gli avevo parlato del "più europa" e di come a loro, come categoria, a tutti noi, come italiani, ci avesse messo in questa condizione "leggermente fastidiosa".
E lui stesso mi fa: "Ma ha visto quel... (termine, non romanesco, ma indicativo di persona non amante degli altri connazionali e connivente con regime straniero inviso) che ha detto dell'art.11 della Costituzione?Che dobbiamo cedere la sovranità!" .
E mi fa una serie di considerazioni che implicano, in sostanza, che la "cessione di sovranità" deve avere un limite nei nostri diritti, perchè non può essere che l'art.11 sia usato come una clava per smontarli (eufemisticamente, trattandosi di una clava)
La cosa mi ha colpito, perchè, come ben sapete, noi ne abbiamo ampiamente discusso, dei limiti che pone l'art.11 Cost., molto più "stringenti"di quelli che ci vogliono far credere, nel consentire deroghe e compressioni della "Costituzione democratica del lavoro" (v.paragrafo 2), come la definisce Mortati.
Mentre, qui, al paragrafo 4, abbiamo parlato di come oggi, nel quadro delle vicende che si sono già verificate, a nostro danno (ma per la verità a danno di quasi tutti i paesi aderenti all'UEM), l'art.11 non solo non consentirebbe ulteriori cessioni di sovranità, ma anzi imporrebbe una serie di iniziative delle nostre istituzioni per por fine alla vigenza del trattato UEM.

Quindi, tornato a casa, con la fastidiosa sensazione che "il partito unico dell'euro" ha una propaganda così potente che, in qualche modo, diretto o indiretto, arriva dove vuole (il tassista mi dice: "Ma ci pensa alle persone anziane che così si sono convinte che l'euro è una cosa buona?" Ecco, appunto), mi metto a cercare in rete qualche testimonianza delle "performance" dell'aedo dell'Europa, nonchè "esegeta" della Costituzione.
E qui trovo il filmato e una specie di "verbale" dell'esegeta...che vi riporto. Ora il filmato proprio non ce l'ho fatta a guardarlo fino al punto della "cessione di sovranità": ma quello che è sintetizzato nel "verbale" (dovesse sfuggire a qualcuno la predica!), mi basta, e avanza, per svolgere alcune osservazioni. Dunque:

<<Ore 23.00: Un emozionato Roberto Benigni tributa personalmente un applauso al celebre incipit dell’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra è un verso famoso in tutto il mondo, è una sorta di parola biblica“. L’accento va sulla lungimiranza dei Costituenti italiani, che “ci hanno avvicinato al mondo con questo articolo, allontanando lo spettro del nazionalismo e regalandoci 60 anni di pace“.
Ore 23,08: “L’Unione Europea è un sogno (EVVVAI! ndr), al di là delle opinioni politiche che possono essere diverse” aggiunge Benigni a chiusura del discorso sul respiro internazionale dei redattori della Costituzione>>

Ora, a parte che proprio in pace non ci siamo stati, anche perchè l'ombrello dell'ONU pare essere diventato moooolto grande (include la NATO...e in più "piove" veramente tanto, signora mia!), a parte che essere la parte soccombente di una guerra economica e commerciale (sempre qui, paragrafi 1 e 2) scatenata dall'euro (rectius: Germania) proprio tra i paesi aderenti all'UEM, non è esattamente un concetto "intelligente" di pace...
A parte ciò, che già non è poco, quel “L’Unione Europea è un sogno, al di là delle opinioni politiche che possono essere diverse” può essere "ipostatizzato" (ma sì, "digiamolo") come il MANIFESTO DEL PARTITO UNICO DELL'EURO.
Insomma, nella sua bonaria apparenza di allegrone, tanto irriverente e così "satirico", Benigni butta là una serie di gravi inesattezze; gravi perchè la gente che guarda la TV non ha, in genere, gli anticorpi per smascherarle: sicuramente lui non lo farà "apposta" (si sa, è un allegrone, irriverente e satirico, proprio una sagoma!), sicuramente tutto ciò è dovuto a "ignoranza", ma certo fa comodo...a chi "decide che può andare in onda". E proprio adesso, poi; e quanto fa comodo!

Solo che nella sua "ignoranza", dell'economia e del diritto costituzionale (ma allora perchè deve essere lui a parlare, per ore, di queste cose?), Benigni non sa che rischia di finire in retroguardia, di appoggiare una costruzione, "il fogno", che mostra già delle gravi crepe. Anche "dentro" al sistema che lui in definitiva sostiene e simpaticamente puntella, proprio laddove le voci "contano" e fanno capire che "aria tira", si incomincia a prendere le distanze.

Mi riferisco a questo articolo del corriere della sera, dove Massimo Gaggi formula una "critica comparativa" tra BCE e FED, focalizza la connessione tra politiche monetarie e occupazione (finalmente!) e, poi, incorre, nella lettura della mission BCE che conferma quanto qui illustrato circa la strana rimozione di una parte essenziale della formulazione delle norme sulla "mission" stessa; rimozione, come ricorderete, imputata alla precomprensione, cioè all'anticipazione del senso di un testo, ancor prima di leggerlo, in modo da piegarlo ai propri presupposti e pregiudizi non "affrontati" (una sorta di distonia psicanalitica, e in effetti, studiata da Lacan con riferimento ai fenomeni linguistico-testuali). Ma questo noi ormai lo sappiamo bene come e perchè si è sviluppato.

Ecco il "corsera":
"Titoli del Tesoro e obbligazioni immobiliari per complessivi 85 miliardi di dollari acquistati ogni mese sul mercato e costo del denaro che resterà a zero (o quasi) fino a quando la disoccupazione Usa non scenderà sotto il 6,5 per cento. Ben Bernanke ha le sue buone ragioni per sostenere che le decisioni prese mercoledì dalla Federal Reserve non costituiscono un cambio di rotta della Banca centrale Usa: la Fed aveva già comunicato che non avrebbe aumentato il costo del denaro almeno fino alla fine del 2015 e le previsioni attuali sono che il numero dei senza-lavoro non calerà sotto la soglia del 6,5 per cento prima di quella data. Quanto all'acquisto di titoli, era ampiamente previsto che quello introdotto con «Operation Twist» sarebbe stato sostituito da un altro strumento almeno altrettanto efficace alla sua scadenza, a fine dicembre."
E qui si vede come si inizi a dare per acquisito che una certa correlazione tra politiche monetarie e occupazione c'è.
Eh sì perchè l'occupazione dipende essenzialmente dalla domanda aggregata, che dipende da consumi e investimenti, che dipendono non certo dalla mera stabilità dei prezzi, quanto piuttosto anche da politiche fiscali che consentano il rilancio della domanda stessa. E quindi occorre "non comprimere" la spesa pubblica a suo sostegno, come sta cercando di fare Obama, e come dovrebbe sapere chiunque sapesse esattamente calcolare il moltiplicatore fiscale della spesa, cosa di cui abbiamo già parlato (a proposito dell'accertamento di impatto regolatorio).
Ma con l'euro non si può.
Perchè? Non si può, non si può e non si può ("lo vuole l'europa" e per Benigni questo è un "sogno"...per lui). Tre ottime buone ragioni che riempiono le tasche dei creditori finanziari, of course.
E il "corsera" ce lo dice, che non si può. Solo per le stesse ragioni, giuridicamente sbagliate che abbiamo evidenziato nel post che vi è molto piaciuto (la "precomprensione"):
"Diventa, quindi, sempre più stridente la differenza tra l'America e un'Europa che - con alcuni Paesi che crescono assai meno degli Usa, altri addirittura in recessione - continua a seguire politiche monetarie più severe di quella di Washington: niente stimoli fiscali all'economia mentre la politica per l'euro resta ancorata alla priorità della lotta all'inflazione. Le preoccupazioni per il possibile, ulteriore rallentamento delle economie e per un problema occupazionale che potrebbe aggravarsi trovano spazio nei discorsi allarmati del capo della Bce, Mario Draghi, non nelle politiche dell'Istituto.
Il motivo lo conosciamo fin troppo bene: il diverso Dna delle due banche centrali i cui statuti divergono in modo sostanziale nella definizione dei rispettivi obiettivi. Laddove l'unica bussola della Banca centrale europea è quella del raffreddamento dei prezzi che non devono crescere più del 2 per cento - retaggio dell'influenza tedesca, un Paese che non ha mai superato il trauma dell'iperinflazione degli anni della Repubblica di Weimar - la Fed ha la missione di garantire insieme prezzi stabili e massima occupazione.
Ecco il "motivo lo conosciamo fin troppo bene": un caso eloquente di "precomprensione", consolidata, conformistica, rinunciataria, a far valere ciò che nella mission BCE è comunque espresso e che deve (dovrebbe) trovare, invece, un obbligatorio balancing, bilanciamento, secondo i canoni cui giuridicamente si è tenuti a ricorrere. Quel "bilanciamento" che sta facendo la FED.
Il problema, però è che la interpretazione esclusiva e vincolante ("autentica") dei trattati è lasciata ai "banchieri", quelli che siedono nella BCE e quelli che, in "gruppo", hanno scritto Maastricht.

E come se ne esce, povera Europa, checchè ne "sogni" Benigni?
Riflettendo su quanto abbiamo scritto appena ieri: E noi aggiungiamo e anticipiamo che comunque il mito della "indipendenza della banca centrale" è il presupposto implicito (sintetizzato in Italia dal famoso "divorzio") di questa fanatica ideologia anti-Stato costituzionale democratico. "
Ma questo principio "correttivo", di efficienza (democratica?) del sistema economico, vale nel caso in cui ogni Stato, riacquistata sovranità monetaria e la essenziale "protezione" della flessibità dei cambi, sia già fuori dall'euro.
Se però ci rimaniamo dentro, sognando e facendoci due risate con Benigni, e accettiamo la "interpretazione giuridica autentica" e incontestabile dei "banchieri" e dei tecnici (non del diritto), caro Benigni, abbiamo (c'è arrivato persino il "corsera")...la disoccupazione come priorità delle politiche di governo, perchè di questo in sostanza si tratta. 
E dunque, non l'attuazione ma la violazione dell'art.11 Cost., che non consente mai di abrogare e derogare i principi fondamentali quali indicati da Mortati, tra cui, appunto, la "promozione del lavoro" (non della disoccupazione), art.4 Cost., e la sua "tutela", art.35 Cost.

Ma poi, noi sappiamo anche che, quando pure si accedesse alla tesi sulla mission BCE più "occupazionale", come pare nella logica naturale di qualsiasi governo, negli USA, in un'area valutaria ottimale, si finisce comunque per avere differenze (cumulative) di inflazione, e quindi tassi di cambio reale svalutati, competitivamente, a favore di quelli che vincono, attraverso la intenzionale repressione della domanda interna e delle dinamiche salariali, la relativa guerra preventiva della deflazione (v. riforme Hartz). Guerra economica che è molto difficile far passare per "pace".

E sappiamo anche che, per "sedare" queste differenze, una volta che si siano riflesse in profondi e strutturali squilibri commerciali interni all'area, l'unico strumento di correzione degli stessi, "sarebbe" la deflazione salariale dei paesi indebitati (privatamente). Questo in assenza di un governo federale che, come evidenziò sempre Winne Godley, si è deciso di non costituire, precludendosi organicamente e deliberatamente, l'alternativa correttiva dei "trasferimenti" fiscali all'interno dell'area (a favore dei paesi rimasti in affanno di liquidità). Ma sappiamo ormai che la Germania questo tipo di trasferimenti non li accetta proprio, anche se incomincia a rendersi conto che l'Italia contribuisce, in percentuale del PIL , più di lei allo scarno bilancio UE. 
E se anche la Germania accettasse di fare qualche concessione, è impensabile che voglia contribuire ai trasferimenti nella effettiva misura necessaria, così come calcolata da Sapir. Bel problemino di "pace" e cooperazione tra europei, no, Benigni?

E allora, caro Benigni, rimane solo che l'Europa, e la limitazione di sovranità che essa implica, oggi significa disoccupazione per agevolare la cedevolezza del fronte salariale, cioè dei lavoratori, e quindi la deflazione "competitiva", tutelando la posizione dei creditori...che possano infine rivalersi sul "patrimonio", pubblico e privato, delle comunità statali "perdenti", esauste per la tenaglia disoccupazione-recessione. Perchè a tale meccanismo si sta riducendo oggi il "sogno" dell'europa, caro Benigni.
E questo, ancor più, l'art.11 Cost. non lo consente. Anzi lo vieterebbe.
Ma perchè si capisse che lo vieta, Benigni, avresti dovuto dire altre cose. O tacere (non potevi limitarti all'originalissimo repertorio anti-berlusconiano?)

Ma dico, a Benigni, non gli viene in mente che qualcosa non va intorno a lui? E che tutto questo "sogno" europeo è intessuto di "frutti" che non possono proprio nascere sull'albero democratico della Costituzione?
No, non gli viene in mente, perchè "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Di chi non si vuole informare.
E insomma, Benigni, Benigni, "non lo sa"...ma ormai "quando passa piange tutta la città"  

lunedì 17 dicembre 2012

UNA VIA DI USCITA RAGIONEVOLE NELLA FOLLIA DELL'UEM E DELLA CRESCITA...DA AUSTERITY

Da Umanesimo48 ci giunge questo nuovo contributo, che ha il pregio della chiarezza e di sollevare, senza troppi giri di parole, i problemi di "assetto istituzionale" che affliggono l'attuale insostenibile situazione UE-UEM.
E addita una semplice soluzione che è perfettamente compatibile con l'art.11 Cost., col recupero della sovranità fiscale e, prima ancora monetaria (la sottrazione di quest'ultima ci ha ormai privato anche della prima).
Insomma, è importante che i Delors e gli Attali (ormai sconfessati dai fatti anche in casa propria, la Francia) siano sostituiti da rappresentanti e negoziatori che non pensino a utopie post-costituzioni "democratiche e siano nel solco della logica.
E noi dobbiamo sperare che tra questi "negoziatori" e rappresentanti ci sia gente come Umanesimo48.
Perchè lui si rende conto, e ci dice, che prima si costruiscono le fondamenta (politica comune per difesa e affari esteri), poi, quando il mercato unico e la indispensabile integrazione culturale, avranno portato a una effettiva omogeneità tra le economie e il "sentire" dei popoli si potrà affrontare l'eventuale, ma solo eventuale, impegno verso una moneta comune. Cioè il "tetto".
Ma solo lungo il "processo" di costruire l'intera struttura potranno forse svilupparsi le indispensabili solidarietà e "appartenenza" comune (la Germania ha confermato in questa occasione che se ne possa seriamente dubitare), che possano consentire il completamento del progetto.
Le utopie dei Delors e degli Attali, (e dei Prodi e degli Amato), poi, in realtà sono risultate essere "violenze" sui popoli, male informati e ancor peggio "condizionati", perchè obiettivamente hanno favorito la prevalenza degli interessi dei "gruppi finanziari" sui diritti fondamentali, portando alle estreme conseguenze quel disprezzo per i "diritti sociali", il lavoro in testa, che animava il "gruppo di banchieri" che ci ha imposto Maastricht, come una festa...mentre era una tragedia della democrazia.

Nel commentare il trattato di Maastricht, a conferma delle nostre parole introduttive, il grande Winne Godley (nell'articolo dove parla del "gruppo di banchieri") affermò, profeticamente, nel 1992:
"I am driven to the conclusion that such a view – that economies are self-righting organisms which never under any circumstances need management at all – did indeed determine the way in which the Maastricht Treaty was framed. It is a crude and extreme version of the view which for some time now has constituted Europe’s conventional wisdom (though not that of the US or Japan) that governments are unable, and therefore should not try, to achieve any of the traditional goals of economic policy, such as growth and full employment.
All that can legitimately be done, according to this view, is to control the money supply and balance the budget. It took a group largely composed of bankers (the Delors Committee) to reach the conclusion that an independent central bank was the only supra-national institution necessary to run an integrated, supra-national Europe."

E noi aggiungiamo e anticipiamo che comunque il mito della "indipendenza della banca centrale" è il presupposto implicito (sintetizzato in Italia dal famoso "divorzio") di questa fanatica ideologia anti-Stato costituzionale democratico.

Ecco l'intervento di Umanesimo:
"Oggi stiamo vivendo in un limbo o, probabilmente, in uno pseudo-limbo, atteso che appare lontana la prospettiva federale per l'Unione europea.
Quando è iniziato - come avrebbe detto, sul piano generale, Friedrich - il "federalizing process", partendo da forme d'integrazione settoriali, si è passati a forme più estese, protese, almeno virtualmente, alla realizzazione di uno Stato federale di senso compiuto, in cui la Costituzione (europea ndr) si sarebbe sostituita al Trattato.
In effetti, ancora siamo in presenza di un sistema che non è una confederazione di tipo classico né uno Stato federale, ma - come qualche anno fa suggeriva una certa dottrina (in partic., La Pergola) - una forma di Confederazione di tipo nuovo, basato su un Trattato, e dunque retto da norme di diritto internazionale, in cui si decide per le questioni più significative all'unanimità (per garantire la sovranità dei singoli membri) ma che, per altri versi, richiama il modello federale.
Non c'è una sola assemblea rappresentativa degli Stati membri (tipo assemblea confederale) ma più centri decisionali (Parlamento, Commissione, Consiglio dell'Unione, Banca centrale, e da Lisbona, il Consiglio europeo, ormai entrato tra le istituzioni, la Corte di giustizia).
Peraltro, la resistenza nei confronti dell'approdo "federale" si è manifestata quando non è stata adottata la Costituzione europea, quale naturale conseguenza del passaggio da una confederazione (sebbene di tipo nuovo) ad una federazione.
La scelta, in qualche misura, "ibrida" della forma di Stato adottata e mantenuta ha determinato l'anomalia comunitaria, in cui il Parlamento (almeno fino ad Amsterdam e poi Lisbona) pativa il c.d. "deficit democratico", lasciando interamente al Consiglio dell'Unione il potere normativo, su iniziativa della Commissione, la quale assume anche la funzione di governo, senza alcuna responsabilità politica nei confronti del Parlamento.
Inoltre, ma non meno problematico, il ruolo e la funzione affidati alla Banca centrale europea, la cui istituzione ha determinato la rinuncia alla funzione originaria delle singole Banche centrali nazionali, senza sostituirsi a queste ultime nel potere di regolare il sistema attraverso una politica monetaria di livello europeo.
Infine, una moneta unica di nome ma non di fatto.
Pertanto, il guado in cui si trova il sistema europeo può essere, oggettivamente, superato andando avanti con il processo federale o indietro con il processo confederale di tipo classico.
Ma, probabilmente, oggi, in considerazione della situazione che si è manifestata, la via più costruttiva potrebbe essere una retromarcia, verso una confederazione di tipo classico, la cui Unione sia rappresentata da un'assemblea confederale, che decida all'unanimità sulla difesa e sulla politica estera comune, quale segno del ripristino delle sovranità nazionali e anche del dettato dell'art. 11 della nostra Costituzione: "l'Italia ripudia la guerra (...); consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo", atteso che ogni imposizione che oggi proviene dall'Europa ci viene giustificata dalla finalità di pace.
Ma è proprio la pace (sociale e civile) che oggi è  messa a dura prova".