‘A CORRUZIONE E IL “FOGNO”: LO STRANO CASO DEL DOCTOR PETIOT
1. ANTEFATTO METAFORICO
Il dottor Petiot fu a lungo stimato per le sue conoscenze scientifiche, addirittura lodato per la sua utilità alla comunità come medico, che, dicevano, faceva “avanzare” la scienza medica.
Ma se si fosse analizzata in dettaglio la sua vita precedente, senza pregiudizi e distorsioni, determinate da un “certo tipo di consenso” pubblico (divenne persino sindaco del suo paese), con tutte le abbondanti “tracce” di una crudeltà inumana (o “troppo umana”), sostenuta dall’incrollabile fede nelle sue ragioni, gli stessi benpensanti che lo avevano lodato sarebbero stati terrorizzati…http://www.occhirossi.it/biografie/MarcelPetiot.htm
Leggendo, e facendo i dovuti collegamenti, capirete il “nesso” (“nexus”, per coloro che ricordano i “modelli” dei replicanti in Blade Runner).
Ovviamente la storia si manifesta prima in tragedia e poi si ripete come “farsa”. Ovviamente…
2. MACROECONOMIA E IL LUOGOCOMUNISMO AZIENDALISTA
L’essenza di ciò che consente di “prosperare” all’azione dei doctor Petiot del nostro tempo, è un’idea alterata e manipolativa dell’economia politica, della macroeconomia applicata all’esistenza dello Stato come soggetto “insopprimibile” delle dinamiche socio-economiche. Per sminuirne la funzione si fa passare l’idea che lo Stato, cioè noi in quanto cittadini-elettori, dovrebbe comportarsi come una buona massaia (quella sì che sa far quadrare i conti…peccato che gli stessi che ne esaltano le doti, facciano di tutto per non farglieli quadrare e piuttosto….”girare”…non i conti)
La macroeconomia, infatti, non è la scienza dell'economia "familiare" o “aziendale”. Chi lo sostiene nega, maliziosamente (i “seguaci”, magari per ignoranza), l'essenza del suo presupposto caratterizzante: il fenomeno organizzativo, pre-economico (cioè sociale “generale” e non “aziendale”), costituito dalla presenza di un ente politico comunitario – lo Stato- che garantisce un bene come l'ordinata convivenza civile, promuovendo il benessere (almeno nelle enunciazioni indefettibili delle carte costituzionali democratiche). Questo “ente” non solo non può essere assoggettato alle leggi “micro” per definizione (cioè per sua funzione e finalità), ma la sua azione deve (sempre e comunque) influire sul “caotico” combinarsi seriale delle leggi microeconomiche, che, essendo tendenziali, incorporano la deviazione effettuale dagli equilibri teorici e il loro periodico travolgimento.
Una volta che lo Stato sia concepito come una “società per azioni”, non c’è limite alle distorsioni dell’interesse generale che ciò determina. La prima è che gli Stati sono visti come maxi-imprese in contesa economica tra loro nella logica della “competitività”. Con la compromissione non solo del “fogno” della pace e prosperità universali, ma dello stesso benessere dei rispettivi cittadini. E non lo dico io, lo dice Krugman “Per fare una dura ma non completamente ingiustificata analogia, un governo sposato all'ideologia della competitività è altrettanto improbabile faccia una buona politica economica quanto un governo impegnato nel creazionismo possa fare una buona politica della scienza, anche in aree che non hanno relazione diretta con la teoria dell'evoluzione” (http://documentazione.altervista.org/krugman_competitivita.htm)
Quindi la macroeconomia si trova inevitabilmente a lavorare su presupposti inevitabili di "non esattezza" (non voglio esplicitamente coinvolgere la "indeterminazione"), dovendo osservare fenomeni umani collettivi, organizzati su valori storicamente mutevoli. E' dunque una scienza sociale a carattere (precondizione implicita necessaria) “assiologico” e come tale non univoca per sua stessa ipotesi metodologica (non può prescindere da giudizi di valore, storicamente determinati, data la necessaria restrizione delle variabili considerate rispetto alla complessità). Non di meno tale scienza sociale è "aperta", cioè assume l'arricchimento di dati e analisi come fattore costante di evoluzione e dialettica rafforzativa delle ipotesi (che come sappiamo è quasi impossibile sperimentare).
Ora le analisi e le “soluzioni” che discendono dall’UE risultano inevitabilmente tutte immerse nella politica preconfezionata dalla ideologia UEM, radicalmente concepita come corollario della competitività tra Stati (v. sempre Krugman, sopra citato).
Ciò sarebbe, in coerenza con quanto abbiamo premesso, perfettamente naturale e legittimo, se non fosse per il trascurabile “dettaglio” che i suoi “razionali” sono accuratamente nascosti, dato che si tratta di un'ideologia (Bundesbank’s version del Washington consensus” e Von Hayek come profeta…del darwinismo “sociale”), non soltanto criticata proprio dalla schiacciante maggioranza degli economisti “seri” (premi Nobel e con pubblicistica universalmente accettata), quanto contraria alle Carte costituzionali dei paesi interessati.
Cioè ogni Stato democratico ha già compiuto le sue scelte “assiologiche” ma, senza alcuna armonizzazione tentata o risolta, su queste piomba con tutto il suo peso l’assiologia “occultata” del disegno europeo, su tutte la UEM , che risulta sterilizzare o “annullare” la dinamica realizzazione dei rispettivi valori democratici costituzionalizzati.
Questo è stato descritto “anche” dai costituzionalisti, con vari accenti, ignorati altrettanto quanto il parere degli economisti più autorevoli, cfr., come esempio eloquente, “Il costituzionalismo asimmetrico dell’Unione”, a cura di Antonio Cantaro, Torino, 2010 (notare l’anno, così tragicamente prossimo alla crisi, irreversibile, oggi conclamata e ieri prevista in dettaglio).
3. CONSENSO MEDIATICO E POLITICHE DEI GOVERNI TECNICO-EMERGENZIALI.
Ma che economisti e giuristi specialisti siano stati inascoltati, e lo rimangano contro ogni evidenza, è, in buona sostanza, un problema mediatico (chi legge i libri di economisti e costituzionalisti non “cooptati” nel circo mediatico? Oggi, guarda caso, ne stiamo constatando i “corollari” in modo molto attuale…).
Nel versante mediatico, così cruciale per la formazione della pubblica opinione e del “consenso” anche elettorale, si trova probabilmente il più alto grado di responsabilità per l’attuale situazione.
Non a caso, un incondizionato entusiasmo mediatico, scisso dai fatti che si verificano con manifesta “tragicità” davanti agli occhi di tutti, sorreggono i “governi dei tecnici” (in mezza Europa…debitrice e, perciò, PIGS). E questo dovrebbe condurci a fare utili deduzioni sulla natura dei potenti di turno, sul tratto unificante di questo potere.
Nella situazione attuale, registriamo un fenomeno di tale entusiasmo convergente e assolutizzato verso l'azione del governo (“l’Agenda Monti”…tra un po’ ci si giurerà sopra come sul Vangelo) che, dati i soggetti da cui promana (i giornalisti "sempre-proni" e gli “esperti ufficiali”, officianti il rito della ripetizione degli slogan di “diversione” dalla verità, quale indicata dalla scienza imparziale e libera nei fini), sta ad indicare che attualmente il potere, nella veste governativa, si manifesta al suo stato mistificatorio "quasi puro" (cosa che non si poteva dire rispetto all'era di B. ed alla sua imperfezione, che costringeva gli stessi soggetti mediatici-espertologi, a preoccuparsi delle sue plateali contraddizioni, spesso, al tempo, per giustificarle, lacerando continuamente la legittimazione che il disegno UEM ricercava).
E quale risulta il tratto essenziale di questo potere ora "manifesto"?
L'Europa, la mistica del "ce lo chiede l'Europa", il dogma che tutto quanto sia già "stabilito" in quella sede si connoti automaticamente in un valore operativo incontestabile, tale che intere nazioni e moltitudini di esseri umani, teoricamente dotati di possibilità critiche e di cultura evolvibile, ne "debbano" essere plasmati senza possibilità di mediazione.
L'Europa, la mistica del "ce lo chiede l'Europa", il dogma che tutto quanto sia già "stabilito" in quella sede si connoti automaticamente in un valore operativo incontestabile, tale che intere nazioni e moltitudini di esseri umani, teoricamente dotati di possibilità critiche e di cultura evolvibile, ne "debbano" essere plasmati senza possibilità di mediazione.
L'ordine costituito (abbiamo visto, nebulosamente, e senza alcuna solida chiarezza condivisa) a livello europeo, svolge quindi la funzione assiomatica tipica dei principi rivelati delle religioni monoteiste. Una nuova teologia si esercita in paralogismi per trovare corollari logici che appaiano persuasivi per la Ragione , senza mai mettere in contestazione i presupposti del "nuovo ordine".
Una macchina di condizionamento infernale sta così chiudendo ogni possibile discorso costruttivo sulla realtà in divenire: in nome dell'Europa si preclude la riflessione sugli scopi stessi dell'organizzazione politica umana, sul ruolo evolutivo delle Costituzioni, sulla pervasività di un'economia sovrastata da una finanza regolata da algoritmi che incorporano soltanto il profitto nel breve termine. La dimensione antropologica del benessere e della comunicazione tra individui e popoli viene considerata tutta già definitivamente risolta nel quadro para-etico di questa mistica, che tende ormai al trascendente.Ora, dati gli svariati fattori moltiplicatori dell'incidenza sul PIL dell’austerity “che promuove la vera crescita” (come “vera fede” era quella che portava a scannare gli eretici e a fare le crociate contro di essi, come accadde per i “catari”), cioè di maggiori tasse e minore spesa pubblica, risulta eloquente la vicenda dei “fiscal multiplier” corretti dal FMI e tutt’ora ignorati da Commissione e governi di “commissariamento condizionale”.
Questi elementi, sommati a fattori di contesto legati in termini di “compresenza significativa”, come il credit crunch e la simultanea austerità dei paesi UE (la cui domanda in parte si riflette sulla nostra offerta in esportazione intra-area, e noi siamo sempre, per quanto non piaccia agli autodetrattori, il secondo esportatore dell'area), si scontrano ormai col fatto, puntualmente ignorato dai media (o con un risalto “trascurabile”), che lo stesso FMI HA CALCOLATO L'OUTPUT-GAP, CIOE' LA RECESSIONE CUI ANDREMO INCONTRO NEL PROSSIMO TRIENNIO, SENZA CORREGGERE LE POLITICHE "MONTI-BCCE-BUNDESBANK", NELL'8%. (http://www.consulenza-finanziaria.it/2012-una-recessione-mai-vista-prima/)
Il resto sono chiacchiere e distintivo dell'associazione anime belle (?)-che-pensano-che-l'euro-sia-una-grande-idea-evviva-lagermania-che-la-merkel-è-tanto-brava-e-ci-salverà-dalla-corruzione…
Il resto sono chiacchiere e distintivo dell'associazione anime belle (?)-che-pensano-che-l'euro-sia-una-grande-idea-evviva-lagermania-che-la-merkel-è-tanto-brava-e-ci-salverà-dalla-corruzione…
4. L’ANNIVERSARIO DI TANGENTOPOLI E “IL TRADIMENTO DELLA POLITICA”
La firma di Maastricht e il culmine di “Tangentopoli” si verificarono simultaneamente, esattamente come oggi si ha l’impressione che sia stato “scoperto” il verminaio della corruzione e dei “costi della politica”, e, come abbiamo capito nei circuiti extramediatici della rete, non è un caso.
Il fenomeno Tangentopoli, così come oggi la levata di scudi “casta-corruzione-debitopubblicobrutto”, sono stati definiti come "tradimento della politica" , che sarebbe cioè venuta meno al suo presunto onere di “auto correggersi”, (idea ridicola e un po’ paradossale che ignora i veri “rapporti di forza”).
Ammettiamo che una legge perfetta contro la corruzione sia fatta: scomparirebbe per questo il "tradimento della politica"?
No, perché, come vedremo in dettaglio più oltre, la corruzione della mazzetta e della malversazione è solo la forma più rozza di consolidamento degli "affari" contrari all'interesse pubblico che alterano la funzione (costituzionale) degli organi di governo democratico.
Con un ordinamento legislativo orientato, nella sua crescente globalità, a consentire questi "affari", si potrebbe avere paradossalmente assenza di corruzione in senso penalistico (o corruzione dei soli rubagalline) e massima ingiustizia e assetto predatorio dell'oligarchia rispetto al popolo (teoricamente) sovrano (e l'euro è, in sé, l'esempio più tragico di ciò).
I migliori affari ormai vengono pianificati nelle istituzioni UE (BCE in testa, con le sue "lettere" su mercato del lavoro e privatizzazioni della ricchezza pubblica, tese a rassicurare, o meglio, “orientare” gli investitori finanziari alla ricerca di una garanzia per il loro crescente credito) e oggi, paventare la sola "restaurazione" berlusconiana finisce per affrontare un problema "minore".
Con un ordinamento legislativo orientato, nella sua crescente globalità, a consentire questi "affari", si potrebbe avere paradossalmente assenza di corruzione in senso penalistico (o corruzione dei soli rubagalline) e massima ingiustizia e assetto predatorio dell'oligarchia rispetto al popolo (teoricamente) sovrano (e l'euro è, in sé, l'esempio più tragico di ciò).
I migliori affari ormai vengono pianificati nelle istituzioni UE (BCE in testa, con le sue "lettere" su mercato del lavoro e privatizzazioni della ricchezza pubblica, tese a rassicurare, o meglio, “orientare” gli investitori finanziari alla ricerca di una garanzia per il loro crescente credito) e oggi, paventare la sola "restaurazione" berlusconiana finisce per affrontare un problema "minore".
Cioè del come esistano ancora le "cricche" di mezze figure, (rispetto ai veri players che ricoprono il ruolo di “incumbent” dell’indirizzo politico continentale), che sgomitano illecitamente, come sostanziali emissari della politica (bipartisan), per sedersi al tavolo degli affari con i potenti, che comunque, e sempre più incontrastati, non hanno bisogno di commettere illeciti per ottenere l'ampliamento delle loro rendite a scapito della generalità, ma "ottengono" leggi e regole, grazie allo strutturale asservimento delle istituzioni, ormai svuotate da organismi sovranazionali e non democraticamente rappresentativi...
Sulla tomba della Costituzione scriveremmo "Ce lo chiede l'Europa"...
5. EUROPA, CORRUZIONE, SPESA PUBBLICA E PRIVATIZZAZIONI.
Sia come sia, ma la narrazione (direbbe Vendola) dell'euro si accompagna fin dall'esordio inscindibilmente all'idea che lo Stato, l'ente pubblico, la cura dell'interesse generale mediante forme pubblicistiche, siano un male in sé, perché sarebbero inefficienti e portatori di corruzione (e, ripetono, lo “capirebbe qualsiasi brava massaia, la stessa che, pensate un po', sarebbe la più colpita dall’inflazione in caso di uscita dall’euro). Cioè non sarebbero stati finora gestiti come un’azienda (rectius una “impresa”, ma tant’è), ovvero come una “famiglia”. Ciò che abbiamo visto al par.1 essere la bufala più amata dal partito unico-mediatico dell’euro…
Questa premessa indimostrata, asseverata, già venti anni fa, dall'ondata emozionale degli anni di tangentopoli -e dall'ignoranza perseguita nell'identificare correttamente le cause della dilatazione, via interessi passivi, del debito pubblico italiano-, ha portato a un assetto di questo tipo (Ndr: buona parte di questa elencazione la ritrovate nel libro “Il tramonto dell’euro” di Alberto Bagnai, di cui il virgolettato riflette una diretta citazione):
a) si è deciso di introdurre la società di capitali come forma prevalente di gestione dei servizi pubblici, specie locali (ma non solo, e non solo servizi).
b) si è introdotta l'idea che ciò avrebbe evitato (non si sa perché) ulteriore corruzione, specialmente se si fosse sviluppato il partenariato pubblico-privato: il privato porterebbe, sempre, non si sa bene perché, un'esperienza “vincente” che avrebbe fatto abbassare i costi e le tariffe;
c) per agevolare la "efficienza", dando la colpa della corruzione (che in sé non è detto che sia legata alla inefficienza, in termini di rapidità decisionale, anzi) alla burocrazia, si sono aboliti i controlli preventivi di legittimità sugli atti principali che comportano una spesa (svolti dalla Corte dei conti, nonché dai co.re.co e dagli organi statali che la esercitavano sugli atti regionali). Così, costituzione di queste società, capitalizzazioni, scelte dei soci e metodi relativi, decisioni di spesa, tipo bandi di gara e susseguenti procedure, sono stati sottratti a controllo preventivo, proprio quando irrompeva la super-regolazione di derivazione UE in materia (regolazione a ondate, sempre più stratificata), cioè quando più forte si poneva l'esigenza di verificare il rispetto delle più complesse regole;
d) tale disciplina europea, anche se in crescente finalizzazione "apparente" alla logica concorrenziale, in realtà, ponendo una serie inestricabile e sempre più complicata di parametri, requisiti, standard, certificazioni legittimanti, forme associative tra imprese, si risolve in generale nel privilegiare le imprese più "grandi" e quelle che già godevano di rapporti pre-instaurati con la pubblica amministrazione (imprese spesso coincidenti tra loro);
e) si è privatizzato il sistema bancario, rigorosamente in nome dell'Europa e dello Stato-cattivo, ma al tempo stesso si è creata una componente fondamentale e spesso decisiva di controllo azionario-bancario mediante il sistema delle fondazioni, “influenzate” a loro volta, in intrecci solidali tra le fondazioni stesse, dagli enti pubblici territoriali mediante i soggetti amministratori da questi nominati; ciò, in aggiunta, senza alcun controllo sulle relative nomine, non solo preventivo, come s'è visto abolito, ma anche sul rispetto di labili parametri legali di individuazione dei "nominati" da parte della politica;
f) si è proceduto (tradendo le roboanti affermazioni iniziali post-tangentopoli) a rendere fortemente dipendenti dalla politica i dirigenti pubblici in posizione decidente della spesa pubblica, e ciò con incidenza, principalmente, a livello locale, per le spesa conseguente a scelte di pianificazione territoriale e di politica industriale, area decisionale che, a sua volta, conduce a costituzione di società, a scelta dei soci, ed all'aggiudicazione di un sistema di appalti proiettati su fronti crescenti di attività in precedenza pubbliche (dalla gestione delle ex aziende pubbliche di servizi, alla "esternalizzazione" di segmenti di attività amministrativa, affidata a "privati" come diretti erogatori di servizi “interni” alla p.a.: informatizzazione, contabilità e gestione del personale, servizi di pulizia ecc.);
g) si è, contemporaneamente, provveduto a amplificare, prima a livello legislativo, poi costituzionale, la sfera operativa e funzionale di regioni e enti locali, trasferendo ad essi il potere di spesa e di assunzione del personale relativo (il tutto sempre nella simultanea abolizione dei controlli preventivi di legittimità sugli atti corrispondenti).
Shakerate il tutto e otterrete, come corollario dell'Europa, cioè della combinazione della “sussidiarietà” e della libertà del mercato - mai ben identificato, stante anche le falle della disciplina antitrust-, un gigantesco spazio di trattativa, libera da effettivi ostacoli nelle regole univoche e stabili del diritto pubblico, tra privati e politica (non propriamente con l’amministrazione pubblica, dato l'asservimento che evidentemente consegue da tale disegno, della prima alla seconda), per poter disporre dei beni, dei servizi e della relativa provvista finanziaria pubblica.
“Il meccanismo è perfetto. Si vuole creare una società per gestire lo studio delle problematiche tecniche di certe opere pubbliche, a livello regionale o di grande comune; si trova il dirigente (politicamente scelto a ampissima discrezionalità) che ne approva lo schema tecnico, la giunta che lo delibera, i capitali forniti dalla banca vicina alla fondazione a sua volta "vicina" alla maggioranza che delibera...e induce nei tecnici pubblici dipendenti le scelte a valle, et voilà...
Avrò capitali, controlli limitatissimi (al massimo a posteriori e in termini di efficienza, ma sprovvisti di vera sanzione ostativa del disegno), libertà di aggiustare – spesso con trattative private determinate da urgenze divenute insindacabili, ovvero con bandi su misura- la scelta dei soci privati, dei destinatari degli appalti (dato che la società tenderà a calibrare studi di fattibilità e bandi sulle caratteristiche, politicamente e inevitabilmente "volute", del soggetto creato ad hoc tra imprese amiche e prestanome dei politici).
I politici saranno soci (azionisti), mediante prestanome o colleghi di secondo piano, o "tecnici" di area (senza selezione che non sia la vicinanza politica) dello stesso ente che forma la società. Soci espressione di grandi imprese diverranno anch'essi parte della compagine e sosterranno quella parte politica: se l'andamento della società è in deficit, gli stessi soci potranno liquidare a condizioni vantaggiose le loro partecipazioni, lasciando ai bilanci, incontrollati nelle forme pubbliche ormai abolite, di aggiustare valori e stime degli assets e delle prospettive di redditività.
I debiti contratti per capitalizzare e i deficit saranno ripianati, indirettamente o direttamente, prima o poi, dal centro (lo Stato), -sotto la pressione del ricatto sul "paventato collasso" dei servizi per anziani e infanzia-, da amministratori centrali parte della stessa cricca politica che controlla le nomine nella società, o a cui viene dato il potere di farne per partecipare alla spartizione, garantendosi comunque anche la continuità del credito effettuato dagli amici banchieri in cordata con le fondazioni bancarie (controllate dalla stessa politica locale e centrale).
Il meccanismo ha applicazioni multiple e variate. L'abilità sta proprio nella convergenza delle leggi verso questo obiettivo di sistema. La corruzione diviene un fatto conforme alle regole: solo gli sprovveduti e gli arroganti incorrono negli strali della magistratura.
I più abili giungono a controllare, tramite profitti da aggiudicazione di appalti e di servizi pubblici locali, vere e proprie holding. Solo la Corte dei conti ogni anno lamenta l'andazzo fallimentare per i soldi pubblici (strutture e finanziamenti immessi nel circuito, ripianamenti delle perdite) e per l'aumento delle tariffe. Intanto, decine di migliaia di consiglieri di amministrazione, direttori generali e figure varie costituiscono una classe paraprivata di gestori e fruitori di emolumenti e potere decisionale che si esprime in pilotaggi di appalti e assunzioni senza concorso nelle strutture di nuova creazione.
La rendita da monopolio "locale" e i patti di liquidazione, soddisfano gruppi privati "partner", e li legano sempre più alla complicità con le parti politiche autrici del disegno.
La rendita da monopolio "locale" e i patti di liquidazione, soddisfano gruppi privati "partner", e li legano sempre più alla complicità con le parti politiche autrici del disegno.
La commistione di forme private e pubbliche, la demenziale complicazione delle regole di scelta europee, consente una facciata impenetrabile di "regolarità" al tutto e le vecchie mazzette vanno in pensione, trasformandosi in decisioni di scambio di favori: il figlio del tizio-dirigente o assessore (in consonanza tra loro) viene assunto di qua, o fa carriera (magari universitaria ) di là, dato che magari un tizio ulteriore, che controlla le decisioni di carriera, è stato nominato nel cda della società stessa in quota "x".
Le holdings, al riparo dalla concorrenza sostanziale, e sotto l'egida della "aggiustata" concorrenza europea, prosperano e si rafforzano; le imprese tagliate fuori vanno sempre più in difficoltà, rimanendo in crescente difficoltà creditizia sia per...l'Europa (euro) sia perché non facenti parte del cerchio magico...delle linee di credito erogate dalle banche (con dentro le fondazioni). Le applicazioni, una volta consolidate le posizioni, sono infinite; soggetti di questo tipo, anche se le gare vengono rese formalmente più rigorose, hanno un vantaggio schiacciante in termini di requisiti di qualificazione e di standards di legittimazione professionale e finanziaria richiesti dai successivi bandi.”
Insomma, se da una parte politica si chiude un occhio su tutto questo, evitando di smontarlo e anzi votandolo quando si presenta in parlamento, dall'altra, si contraccambia lasciando all'altra parte, che so, una situazione di monopolio nel settore dell'informazione televisiva e non.
…“E il cerchio si chiude con l'Italia modernizzata dalle forme europee, tanto che ora si vogliono aggiungere altri elementi di riduzione di questo stato-cattivo e di incremento di questa bella efficienza dei privati, scelti come beneficiari (e magari salvatori della patria) con inappuntabili sistemi europei... e ci mancherebbe!”
6. CONTROLLI E INVESTIMENTI DI SISTEMA. ALCUNI RIMEDI (FORSE) PRATICABILI
Vediamo quanto finora analizzato in termini di possibili soluzioni su vari aspetti applicativi. Che tutti ricercano negli enunciati formali e nessuno pare voler concretamente attuare. A un certo punto, persino su LaVoce.it arriva un'ammissione della erroneità della scelta, dapprima compiuta nel 1997 (d.lgs. n.127 ) poi ratificata nel Tit.V Cost del 2001, di abrogare i controlli preventivi di legittimità.
Si trattò, come si è visto, di un sostanziale "via libera" alla spesa senza verifica preventiva del rispetto delle leggi che la limitavano, per consentire, prima ancora che "libero" appalto a “libera cricca” politica, il presupposto essenziale della creazione del sistema societario partecipato degli enti locali e delle regioni, sistema peraltro adottato anche dai ministeri, che hanno costituito una “congerie” di società per svolgere compiti promozionali e gestionali, prima effettuati a minor costo dalle strutture ordinarie, che però rimanevano prive della libertà di assunzione e di nomina discrezionalissima e politica dei vertici, quelli stessi chiamati poi a bandire e assegnare appalti, fuori bilancio dell'ente creatore. Fenomeno, va ribadito, non solo apportatore di perdite e ricapitalizzazioni a carico pubblico ma anche di diffusi accordi corruttivi e clientelari (gli stessi organismi, infatti, hanno potuto effettuare, fino a tempi recentissimi, assunzioni senza concorso e senza controlli).
Dati i vincoli costituzionali il ripristino di questo minimo argine (specialmente nella fase di bando) è alquanto problematico: si potrebbe cominciare con la “neutralizzazione” della nomina dei vertici politici di queste società-stazioni appaltanti, sottoponendola a stringenti criteri di qualificazione tecnica e di incompatibilità-conflitto di interessi, spostando la verifica del tutto sulle corti dei conti regionali.
Stesso discorso per la verificabilità dei presupposti di economicità-convenienza della stessa creazione di società e partecipazioni pubbliche (dalla cui revisione si potrebbero ricavare risparmi molto superiori di quelli incentrati sugli acquisti in economia delle amministrazioni tradizionali, già abbondantemente spremute da 20 anni di manovre e tagli lineari).
Poi magari, (visto che per il pareggio di bilancio in Costituzione lo si è fatto senza problemi) mettere mano al Titolo V. Cost., ripristinando organi di controllo decentrato a vocazione tecnica: ovviamente, a livello organizzativo, si tratterebbe di investire in nuova spesa pubblica, ma si tratterebbe di soldi ben spesi, con un buon moltiplicatore, anche per i risparmi ottenibili.
Però a tutti questi rimedi- cui fa sempre da sfondo il recupero della separazione tra banche commerciali e banche di investimento- c’è da crederci molto poco, finché esisteranno giornali a opposizioni focalizzati sui costi “diretti” della politica (certo, esagerati, inaccettabili, ma di scarso peso rispetto al volume di soldi pubblici affluenti a questo sistema), cioè finché la “casta” sarà, in modo semplificato e rumoroso, identificata nei costi delle cariche elettive e degli apparati serventi degli organi politici medesimi, esaurendosi in essa e lasciando inalterato, salvo episodiche “cosmesi”, il “grosso” del corpaccione descritto più sopra. Diamo qualche cifra.
Un calcolo approssimativo divulgato dalla stampa ci dice di circa 7500 società a partecipazione pubblica, promosse in varie forme dai soli comuni, province e loro associazioni e consorzi, a cui occorre aggiungere le società regionali, non censite nei costi che di seguito illustriamo. Per tutti questi soggetti si giunge a un “monte” di nomine stimato in circa 50.000, solo per le società partecipate dal livello territoriale minore (quantificazione solo in parte mitigata dalla previsione, in teorico corso di attuazione, della riduzione dei consigli di amministrazione ad un unico amministratore prevista dal d.l.n.78 del 2010 per le entità a totale partecipazione pubblica, che non investe le mere “partecipate”, nonché figure come i direttori generali e altre cariche dirigenziali operative).
Insomma, tra società statali, regionali e comunali, decine e decine di migliaia di amministratori, delegati e componenti dei relativi consigli, direttori generali e dirigenti vari fruiscono di trattamenti economici sostanzialmente allineati con quelli attribuiti agli “executives” del settore privato assommandosi, senza controlli sulla selettività e sull’assenza di conflitti di interessi (principalmente rispetto alle società private operanti nei settori variamente influenzati dall’azione delle società pubbliche), al costo della dirigenza pubblica degli enti territoriali, (già di per sé, sia detto per inciso, sovradimensionata, progressivamente ripoliticizzata e attributaria di trattamenti economici incrementati a livelli senza precedenza nella storia unitaria d’Italia).
Uno studio della UIL (http://www.uil.it/costi-perconferenza.pdf, che peraltro fa un po’ di confusione tra costi della politica e costi, invero alquanto limitati, di organi previsti dalla Costituzione e rientranti nel potere giurisdizionale), condotto in base a dati del Ministero dell’interno, stima in 2,5 miliardi di euro solo i costi per i compensi, le spese di rappresentanza e di funzionamento dei consigli di amministrazione, degli organi collegiali societari, nel solo settore delle “partecipate” dagli enti locali (non è chiaro se ciò includa i maggiori corrispondenti costi delle società analoghe di livello “regionale”: pare di no).
Tale “settore” assorbe inoltre una considerevole quota dei 3 miliardi di spese per “consulenze” e collaborazioni professionali, a vario titolo, utilizzate da tali società nonché un’analoga quota dei 4,4 miliardi di spese per “auto blu”.
Ciò senza contare le spese di personale, assunto, fino alla recente riforma del 2010, senza una predeterminazione delle piante organiche “di diritto” e senza concorso: basti pensare che, in base ai dati OCSE 2007, il 5,4% della popolazione italiana “lavora” per il pubblico in senso proprio (Stato, regioni, ee.ll, enti di diritto pubblico: 3.200.000 unità), dato peraltro riferibile a rilievi effettuati prima dei “blocchi” del turn over ripristinati negli ultimi 3 anni. In questi termini si tratta di un “valore” che non colloca l’Italia in dissonanza rispetto ai maggio paesi dell’area euro (Germania 5,47%, Spagna 5,3%, Francia 7,9%).
Tuttavia il dato italiano non tiene conto di oltre 700.000 dipendenti del settore delle “partecipate” di Stato e degli enti territoriali, che porta il numero complessivo a circa 4 milioni (facendo saltare la formale “virtuosità” della comparazione, nonché il dato contabile nazionale del costo del pubblico impiego, di circa 140 miliardi, in quanto riferito al solo personale a “datore di lavoro” formalmente pubblico).
Insomma, invece del “salvatore unico della patria” Bondi, (quello Parmalat, per capirsi) che, a quanto sembra, deve ancora "capire" la materia, e di una logica emergenziale di “tagli”, bisognerebbe ricreare, (attraverso assunzioni e vere riqualificazioni basate su regole certe ed esplicite, contenute in atti normativi chiari e non neutralizzati dalla clausola “a costo zero”), un “ruolo” di controllori, esperti e qualificati, ovviamente capaci di modulare i loro riscontri anche in funzione delle caratteristiche del territorio e che vadano a ricostituire gli organi di controllo preventivo ai vari livelli. Va poi considerata la funzione finora parzialmente svolta da CONSIP, cioè da un organismo statale centralizzato che, bandendo gare “cornice” possa “fissare” dei prezzi di riferimento, - con risparmi di scala e prezzi “ottimali”, entro limiti di flessibilità ragionevoli e da regolare con norme apposite-, non superabili: tuttavia, non solo questo sistema non copre tutte le possibili categorie di acquisti, ma neppure i lavori pubblici, il che non è poco. Ovviamente occorrerebbe investire nella creazione di una rete telematica generale che consenta di identificare con immediatezza i prezzi di tutti gli acquisti e contratti "passivi" facenti capo a tutti i livelli di “centro di spesa” pubblico, includendo anche le locazioni di immobili, con indicatori adeguatamente modulabili.
Tutto questo, però, non ha nulla a che fare col taglio “lineare”, finora effettuato dai vari “governi della crisi” (euro), cioè con la riduzione tout-court della spesa complessiva, dato che le risorse rese disponibili dai risparmi così ottenibili, dovrebbero essere reimmesse nel circuito della spesa pubblica, in modo da non indurre\aggravare la recessione e migliorare qualità e volume dei servizi. (Su questi temi diamo atto della puntuale e razionale analisi compiuta da Gustavo Piga).
7. SPESA PUBBLICA, CONSULENZE E EUROPA
C’è poi l’attuale caccia alle streghe rispetto alle “consulenze”, assurte, per vari fatti di attualità “scandalosa”, al disonore della cronaca, alimentando l’indistinto vociare dei “livorosi”. Il problema dell'integrazione di expertise mancanti nella p.a. mediante consulenze è ancora più complesso, nelle sue cause, del semplice fatto che finisce talvolta per dissimulare favori e accordi corruttivi. Ancora una volta dobbiamo chiamare in causa l'UE:
- allorché Maastricht impone la sua maggior "integrazione" normativa - e già, a capirlo bene, non era certo un favore, specialmente per un sistema basato sulle PMI-, con l'accelerazione del processo di recepimento di direttive strutturali (specie in tema di ss.pp., standards di gestione e tariffari e tutele tecnico-ambientali), tutte le amministrazioni pubbliche, non solo quella italiana, avrebbero dovuto munirsi di "piani di investimento" per dare risposta adeguata alla crescente complessità dei compiti (non più governati dalla discrezionalità amministrativa pura, opportunità-ragionevolezza, ma quasi esclusivamente da discrezionalità tecnica su parametri non sempre univoci e comunque immediatamente comprensibili (grazie Europa). Ma guai a parlare di “piani di investimento” , aggiuntivo, nell’era del “saldo primario” pubblico! La spesa pubblica è tutta e sempre “brutta” e “improduttiva”…
- allorché Maastricht impone la sua maggior "integrazione" normativa - e già, a capirlo bene, non era certo un favore, specialmente per un sistema basato sulle PMI-, con l'accelerazione del processo di recepimento di direttive strutturali (specie in tema di ss.pp., standards di gestione e tariffari e tutele tecnico-ambientali), tutte le amministrazioni pubbliche, non solo quella italiana, avrebbero dovuto munirsi di "piani di investimento" per dare risposta adeguata alla crescente complessità dei compiti (non più governati dalla discrezionalità amministrativa pura, opportunità-ragionevolezza, ma quasi esclusivamente da discrezionalità tecnica su parametri non sempre univoci e comunque immediatamente comprensibili (grazie Europa). Ma guai a parlare di “piani di investimento” , aggiuntivo, nell’era del “saldo primario” pubblico! La spesa pubblica è tutta e sempre “brutta” e “improduttiva”…
Sta di fatto che da allora questa "complicatezza" (si veda, ancora una volta, la legislazione in tema di appalti, che tra l'altro siamo tra i più solerti a recepire in termini di apertura del mercato degli operatori europei…più solerti degli altri "grandi paesi" membri) contraddistingue oltre l'80% della neo-normativa nazionale, appunto derivante da fonti UE.
Mentre accadeva questo “complicarsi” di compiti e normativa (essenzialmente tecnica) da applicare, al tempo stesso, iniziarono a applicarsi i tagli al personale e agli organici che, per motivi politico-clientelari, invece di riversarsi sui livelli funzionali più bassi (quelli dove l'assunzione "elettorale" era più facile e produttiva di consenso), portarono al "blocco" progressivo dell'acquisizione di expertise nelle carriere direttive (rese sempre più inappetibili retributivamente, mentre invece di provvedeva, alla fine degli anni ’90, a promuovere in una dirigenza riformata a livelli stipendiali elevatissimi, i cooptati politici che dessero garanzie di fedeltà ai vertici elettorali).
Si noti che, contemporaneamente, i livelli corrispondenti a quelli direttivi, i “quadri”, sono stati massicciamente addensati di dipendenti appartenenti, per titolo di studio e qualifica di accesso, alle professionalità più basse, e ciò mediante lo strumento della “riqualificazione” mediante “corso-concorso” (non selettivo ma praticamente a ruolo “aperto”) riservato agli impiegati dei livelli inferiori. Il che ha peraltro anche vanificato buona parte del risparmio che avrebbe potuto realizzarsi mediante i blocchi del turn over, dato che lo stesso numero di dipendenti finiva per costare di più (senza rispondere alle esigenze funzionali e tecniche dell’amministrazione)
Il corto circuito tra crescente "tecnicizzazione" dei compiti e impoverimento "professionale" dei ruoli per esigenze (schizofreniche) di bilancio, hanno così portato al dilatarsi delle consulenze e, ancora una volta, all’allargamento dell’area dell’affare politico “in nome dell’Europa” (che non poteva tollerare investimenti pubblici, meno che mai sul personale, facendo passare la vulgata goebbelsiana che fosse tutto superfluo e parassitario).
Il risultato è che il sistema è in sé distorsivo e costoso, a doppio titolo: i consulenti - ma identicamente gli analoghi "amministratori" delle crescenti società pubbliche- non solo sono scelti a ampia discrezionalità politica, ma sovente, specie a livello locale, rispondono alle logiche dei gruppi di interesse privati che si sono accordati coi vertici politici. Cioè, portano, quando pure sono tecnici e non solo faccendieri, una expertise tendenzialmente e pregiudizialmente al servizio degli assetti pre-concordati tra gruppi imprenditoriali e politici eletti in carica (e nominanti).
Quindi, il fenomeno è la dimostrazione che la spesa pubblica (assunzioni congegnate sui reali fabbisogni della collettività) se compressa meccanicamente -con limiti derivanti dall'UE secondo logiche poco trasparenti-, si riespande a valle a favore non solo delle tasche dei privati, ma anche a scapito della corretta gestione, al punto che non solo il sistema di "esternalizzazione", in generale, alla fine ha costi diretti maggiori dei presunti risparmi da tagli, ma porta pure ad assetti - di pianificazione, autorizzazione, affidamenti, creazione di strutture fuori bilancio ecc.- ulteriormente gravanti sulla spesa pubblica a favore di "alcuni" privati.
8. CONCLUSIONI…PROVVISORIE
Qua, per ora, mi fermerei, (anche se tante e tante cose “appassionanti” sarebbero da aggiungere, nevvero), auspicando di aver fatto comprendere come i meccanismi individuati da Goofynomics, in termini macro e per categorie descrittive di rara efficacia (i “luogo comunisti”, “spesapubblicacastadebitopubblicobrutto”, i “livorosi”) giungono poi, a livello mesoeconomico, a fornire le spiegazioni più attendibili ed efficaci dei fenomeni che più si prestano alla facile propaganda “anti-Stato”. La quale, oggi, ma anche ieri, e da troppo tempo, costituisce il baluardo più solido dietro cui si attestano proprio quelli che gli affari, a spese del “bene pubblico”, li sanno fare molto bene…E intendono proseguire a farlo, nascosti come la follia del doctor Petiot…
Goofy, "tempesta" e vocidall'estero, arriveranno. Non me lo so' inventato.
RispondiEliminaPiuttosto, poichè sarò per il Convegno-festa di ggofy a Pescara fino a domani sera, potrò meno seguire i commenti, per lo meno nella fase iniziale (anche perchè sospetto che la gran parte degli "abituali" commentatori li ritroverà a Pescara anch'essi ad ascoltare il convegno :-) )...
Che dire? Il tuo articolo, interessantissimo, tocca un tasto dolente, almeno per me che nel mio piccolo conosco un po’ il fenomeno delle società pubbliche e degli appalti. Sono anni che di fronte ad una nuova finanziaria, ad una nuova norma che sacrifici sempre ai soliti, continuo a chiedermi perché non si faccia qualcosa di serio per porre fine ad un fenomeno vergognoso che sperpera risorse economiche pubbliche senza ritegno.
EliminaLa verità è che il fenomeno è quasi totalmente sconosciuto ai cittadini, nonostante qualche sporadico servizio sui giornali. E allora, se mi permetti, quarantotto, ti butto giù qualche dato facilmente riscontrabile. Ad esempio il Corriere della Sera dell’8.10.12 (http://www.corriere.it/politica/12_ottobre_08/quelle-societa-in-rosso-finanziate-da-regioni-antonella-baccaro_83723228-110b-11e2-b61f-b7b290547c92.shtml) richiamando una relazione di agosto della Corte dei Conti, pubblicava alcuni dati in base ai quali risulterebbero censiti 394 organismi partecipati di proprietà delle Regioni e per questi le perdite ammonterebbero a 92 milioni di euro solo per le partecipate al 100% delle regioni a fronte di 780 mil versati a titolo di contributo in conto esercizio e corrispettivi (ma l’ultima manovra finanziaria non ammontava forse a 10 milioni di euro?). Il documento n. 237 del 27.5.2011 della Camera dei deputati (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/bi0409.htm#_ftnref2), richiamando una ricerca dell’Assonime, parla addirittura di 5000 società a partecipazione pubblica (probabilmente perché l’indagine riguarda tutte le società pubbliche, statali, regionali, comunali). Dati che sembrerebbero confermati, secondo quanto riporta lo stesso documento, anche dalla corte dei conti (Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di comuni e province - Relazione conclusiva approvata nell’adunanza del 22 giugno 2010) che di società ne ha individuate 5.928. Anche la Corte dei Conti conferma che con riferimento ai risultati economici delle società partecipate, nel triennio 2005-2007, dall’indagine risulta che 568 società, corrispondenti al 22,35% del totale, sono sempre in perdita. L’area di attività prevalente per le società sempre in perdita è quella dei servizi diversi dai servizi pubblici locali (con il 63,32% delle società sempre in perdita).Nell’area dei servizi pubblici locali, il settore che mostra la percentuale più elevata di società in perdita è quello dei trasporti, seguito dal settore dell’ambiente – rifiuti. La Corte conferma che la costituzione e la partecipazione in società da parte degli enti locali risulta essere spesso utilizzata quale strumento per forzare le regole poste a tutela della concorrenza e sovente finalizzato ad eludere i vincoli di finanza pubblica imposti agli enti locali. Dati che sono confermati anche in un documento della camera dei deputati ancor più recente n. 337 del 4.4.12 (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/BI0506.htm).
sempre se ritieni, Quarantotto, aggiungo qualche ulteriore e forse sciocca considerazione.
EliminaQualche intervento normativo per porre in parte rimedio a tale situazione vi è stato. Sin dalla legge finanziaria 2007 almeno, e da ultimo le norme sulla spending review tra cui l’art. 4 del. D.l. 95/2012. Leggendo la norma però ci si avvede che questa è completamente scoordinata dalle precedenti. Ma la cosa più sorprendente è che da una analisi esegetica delle singole disposizioni emerge che molte società pubbliche non sono toccate dalle disposizioni sui tagli alla spesa pubblica. Un esempio? L’art. 2 che attiene ai tagli al personale pur applicandosi ad una molteplicità di enti e amministrazioni pubbliche, non si applica ad una società a totale partecipazione pubblica e allo stesso modo a queste ultime non si applicano neppure le disposizioni (commi da 1 a 4 e da 6 a 14) che attengono allo scioglimento delle società pubbliche quando sono inutili , all’obbligo di acquisire servizi applicando procedure conformi alle norme comunitarie, ossia le gare,al divieto di affidamenti diretti, ai limiti alle assunzioni e alle spese dei dipendenti (tutte disposizioni che si applicano solo agli enti strumentali ed altre amministrazioni). La disciplina delle società pubbliche introdotta negli ultimi anni ha raggiunto livelli di disordine normativo non agevolmente eguagliabili. La parabola dei servizi pubblici locali, si aggiunge a tale stato di cose, con effetti di segno opposto rispetto a quelle rassicurazioni che in questo momento il legislatore vorrebbe dare ai mercati. In merito ai servizi pubblici, infatti, va ricordato (e questo è un altro dato sorprendente) che a distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 il legislatore ripropone una disciplina identica a quella fatta oggetto di referendum del 12 e 13 giugno 2011, costringendo la Corte costituzionale (SENTENZA 20 luglio 2012, n.199) ad intervenire dichiarando l’illegittimità delle nuove norme (art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138) in quanto violative del divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 Cost.
Ci si domanda: ma visto che il legislatore riesce solo ad aumentare il caos, nel frattempo possibile che nessuno sia preordinato al controllo? Si tratta pur sempre di soldi pubblici. Ebbene, e così tocchiamo un altro tasto dolente, la Corte dei Conti, nell’ambito delle funzioni di controllo ad essa delegate dall’articolo 100 Cost , partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti, pubblici o privati - ovvero, aventi forma privatistica - a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e sino a quando permanga inalterato, nella sostanza, l’apporto finanziario dello Stato (v. sentenza della Corte costituzionale 28 dicembre 1993 n. 466). Ma Il controllo esercitato dalla Corte su tali enti è un controllo referente: la Corte, oltre a riferire annualmente al Parlamento, formula, in qualsiasi altro momento, se accerti irregolarità nella gestione di un ente e, comunque, quando lo ritenga opportuno, i suoi rilievi al Ministro dell’economia ed al Ministro competente. Ciò allo scopo di fornire indicazioni per la riqualificazione della spesa pubblica e di riflesso per la migliore ripartizione delle risorse finanziarie complessive. In sostanza: una presa in giro. E anche quando si tenta di contrastare il fenomeno e tutte le sue illegalità/illegittimità, le magistrature si mettono a litigare riducendo tutto a questioni di giurisdizione e competenza (pure legittime, ci mancherebbe), ma che si muovono a volte, a distanza dal dato concreto. Ad esempio ad un certo punto si è pensato bene di controllare l’operato degli amministratori e dipendenti delle società a partecipazione pubblica (e già sarebbe stato uno sforzo apprezzabile), e la Corte di Cassazione ha in un primo tempo ritenuto gli amministratori e i dipendenti delle società a partecipazione pubblica sottoponibili al regime di responsabilità amministrativa tipico delle pubbliche amministrazioni, e conseguentemente passibili di essere sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti. In un secondo tempo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in controtendenza, hanno invece escluso l’adozione di un concetto ampio di ente pubblico ai fini della configurabilità del danno erariale degli amministratori e dei dipendenti di dette società innanzi alla Corte dei Conti, affermando la giurisdizione del giudice ordinario nel caso di responsabilità degli amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico, atteso che tali società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti pubblici. La possibilità per la Corte dei Conti di agire nei confronti dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico è dunque limitata all’ipotesi in cui il medesimo ente pubblico sia stato direttamente danneggiato da un comportamento illegittimo del proprio amministratore (Sezione Unite n. 26806/2009 e n. 519 del 15 gennaio 2010). Così riducendo al lumicino oni possibilità di far pagare a qualcuno le responsabilità della propria mala gestio.
EliminaGrazie Sofia. Ma veramente grazie.
EliminaHai perfettamente compreso lo spirito "cooperativo" e tecnico-informativo del blog.
Data la condivisibile impostazione che hai seguito, legata a fondamentali "arresti" giurisprudenziali, che hai ben illustrato, ti invito a farne un vero e proprio post che pubblicherò anche sotto il tuo "vero" nome, se lo desideri.
Per renderti merito della coraggiosa rassegna di problematiche che ben pochi "specialisti" sono stati finora in grado di fare con questa lucidità.
Anzi, te lo chiedo come cortesia: molti credo ne sarebbero felici (diteglielo anche voi a Sofia :-)!!!).
Brava Sofia: avercene di giuristi come te, di "questi tempi"!
Ottimo intervento Sofia. Le tue riflessioni mi fanno pensare che sia davvero improcrastinabile un profondo ripensamento dell'organizzazione dei servizi pubblici. Se ci troviamo in una situazione in cui gli amministratori sono sostanzialmente deresponsabilizzati dal fatto di non dover rispondere a nessuno del proprio operato, perche' non passibili di giurisdizione da parte della Corte dei Conti - e men che meno ai cittadini indirettamente attraverso i processi elettorali a cui sono teoricamente sottoposti i loro referenti politici - non vedo come uscirne se non attraverso una radicale riorganizzazione attraverso l'istituzione di strutture "dedicate". Per favore, raccogli l'invito di Quarantotto...aspettiamo un tuo post completo!
EliminaMi unisco all'invito! :)
EliminaAggiungo anche i miei ai complimenti già numerosi per il nuovo blog e all'ottimo intervento di Sofia. Inviterei, nel caso in cui accettasse di pubblicare un post completo, a prendere in considerazione lo scontro aspro tra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione sul perimetro del "pubblico" (recentissima una sentenza della prima su cosa debba intendersi per "servizio pubblico").
Eliminacaro 48, anch'io sarò là stasera ven all'esplanade, ci vediamo per l'ape?
RispondiEliminaBruno Brusa 348 22 19 268
Preso nota e spero di farcela...tanto ci becchiamo all'Esplanade in qualche modo
EliminaDevo ancora metabolizzare il post per la sua complessità, ma lo trovo molto importante (tra l'altro non conoscevo l'allucinante dottor Petiot, ma in compenso conosco l'allucinante mondo dell'euro). E trovo anche importantissimo il collegamento e l'articolazione tra i blog citati: le forze non vanno disperse, altrimenti si è del gatto, come si dice dalle parti mie. Non sarò a Pescara, ma non mancheranno altre occasioni se la guerra continua.
RispondiEliminaHei Roberto b. (...fortunatamente perchè "roberto a" era, in precedente versione, un mitico troll pro-boldrin :-)), le altre occasioni le creeremo anche da qui (intanto devo una pizza a tre, dico tre, commentatori "indovinosi")...
Eliminacarissimi Quarantotteschi, avrei tanto voluti essere lì con voi. Purtroppo sono stata in quel di Pescara solo due settimane fa, e un'altra dose ancora non me la posso fare...comunque sarà senz'altro lì il mio Corpo Astrale. per il resto di me...alla prossima occasione!
RispondiElimina"Energy body", I deem (il corpo astrale fa un pò Pauwell e Golden Dawn o guru indiano alla "un sacco bello" o Sordi "sono un fenomeno paranormale") :-)
EliminaBut I do appreciate the "idea", dear contessa...
Devo dire che in quanto a post da maratoneti stai sfidando egregiamente il buon "tempesta".
RispondiEliminaNoto, però, che spunti di riflessione nei hai lanciati diversi.
Il ginepraico nosocomio della corruttela umana accoglie da sempre pazienti, impazienti di farsi ricoverare.
Parimenti come nei sontuosi saloni ovattati e lustrati di neon scintillanti e morbida moquette dei Casinò di Las Vegas,
gli istancabili croupier invitano solerti i faccendieri ad "prestare" le loro puntate sicure: "Faites vos jeux, Monsieur!"
Ammentiamolo, è un labirinto. Un cane che si morde la coda.
La scusa (scure) del debito, l'impossibilità di praticare politiche monetarie autonome, la leva della moneta come bene e non come strumento.
L'accumolo del bene e contestualmente l'aumento del debito. La necessità di ridurre lo spreco inteso come riduzione dei costi.
E pertanto ritorniamo alla valutazione della moneta come bene e non come strumento.
In tutta questa analisi, gli individui e la realtà produttiva e sociale non vi entrano per nulla se non per i maggiori sacrifici da affrontare in termini di:
1) privazione nel libero utilizzo del proprio tempo, causa l'aumento di quello dedicato al lavoro (divenuto "coatto");
2) lavoro gravato dalle necessità di sostentamento del proprio nucleo familiare (salariato/remunerato) come per il funzionamento del sistema sociale (volontariato);
3) riduzione dei servizi ricevuti a fronte del lavoro prestato per la stessa comunità (lo Stato in tal caso);
4) erosione delle risorse reali a disposizione (in tendenziale direzione del così detto "osso" della sopravvivenza);
5) nessun orizzonte di fiducia e speranza per il futuro.
Rispetto, poi, alle tue analisi sulle disfunsioni dell'apparato istituzionale nostrano...
Non v'è dubbio che siano state opportunamente aggravate con l'introduzione sempre più asfissiante delle normative europee.
Gli anni 90, ricordo, furono anche quelli della deregulation da un lato e delle grandi aggregazioni multinazionali dall'altro.
Favorire il mercato globale (altro "specchietto" per "no global" dell'epoca) era il primo punto dell'agenda.
Favorire l'introduzione di procedure più snelle nell'apparato burocratico amministrativo.
Le famose privatizzazioni, la spinta all'azionariato popolare o meglio all'azzardo sul mercato dei capitali come strumento di risparmio per investitori: piccoli, sprovveduti e fatalmente ingenui.
L'introduzione dei fondi comuni come investimento alternativo sicuro, precursori di quelli complementari a scopo previdenziale.
Il successivo scippo del TFR a favore del ciclo speculativo delle corporation assicurative.
Contestualmente alla nascente internazionalizzazione bancaria, al merge tra banche d'affari e commerciali, all'impalcatura sempre più fumosa e pervasiva dell'Idra europea.
Tutto ciò, ritengo, sia stato propedeutico alla commistione sempre più fitta tra politica ed interessi privati.
Tutt'altro che la presunta auspicata efficienza.
Virtù predicata ma sempre abilmente elusa.
Meritocrazie, competenze, sobrietà e sostanza: tutti elementi già prima deficitari, oggi del tutto assenti.
E' necessario, certamente, tornare ad un assetto istituzionale più equilibrato che passi attraverso un maggior controllo (e ponderazione) dei processi decisionali.
Certamente è altresì necessario snellire apparati mastodontici che nulla hanno a che fare con il buon senso.
La cultura dell'etica va però messa in primo piano.
E qui entriamo in una nuvola purtroppo utopica e facilmente evanescente.
Ciò, nondimeno, il faro della determinazione spero sia in grado di illuminarci in questo lungo, peregrino e periglioso viaggio.
Un saluto,
Elmoamf
P.S: Buon Convegno e Buon Fine Settimana in lieta compagnia
Grazie Elmo.
EliminaIl post aveva la finalità di affrontare "a fondo" il problema (almeno nelle linee generali del fenomeno).
Almeno per mettere dei punti fermi e chiarire come troppo facilmente si abbracci "il contrario della verità" e lo si innalzi a slogan agitato da un'opinione pubblica del tutto manipolata...
Ciao Quarantotto letto, riletto e compreso in linea di massima il tuo splendido articolo, però che tristezza provoca questo andazzo da fine impero. Mi dispiace non essere a Pescara, spero ci siano altre occasioni per poter conoscere te e Bagnai.
RispondiEliminaPS, probabilmente dal fondovalle della mia cultura io sono uno dei punti più bassi fra i tuoi lettori, per cui mi scuso anticipatamnete per le domande banali che lungo questo percorso di apprendimento ti farò.
Chiedi pure. Siamo qui per questo (tanto se seguirai l'informazione sui blog con l'impegno civile che ti ha portato fin qui, vedrai che esprimerai sempre maggiore consapevolezza dei problemi :-))
EliminaGentile quarantotto - qualche tempo fa hai citato su voci dalla Germania . un mio lavoro (grazie a proposito) avrei bisogno di comunicare con te perché forse ho dei documenti (anni cinquanta- sessanta di archivio che potrebbero interessarti). Immagino tu sia molto occupato ma qui non c'è uno straccio di mail per contattarti, anche una cosa orizzontequarantotto@pincopallo.com.
RispondiEliminaCome faccio?
barbara raggi
Scusa il clamoroso OT e bello bellissimo blog
grazie alle illuminanti chiaccherate questi concetti sono ormai familiari. tuttavia ritrovarseli ordinati e spiegati con chiarezza lascia ancor di più sgomenti. specie dopo che oggi una persona che tu conosci da tanti anni e da me considerato molto in gamba se ne è uscito con un "ma siete per un vero liberismo?". son rimasto senza parole. ma forse l'invito alla lettura di questo post mi aiuterà nel cercare di aprire una mente cmq valida. educarne uno per...?
RispondiEliminaPOi mi spieghi chi è :-)
EliminaMagari il post je farebbe bene da "leggeselo" il sullodato...
Ti riferisci probabilmente a un articolo di FQ che parlava di uno studio sulla continuità del mondo accademico col fascismo, grazie all'abilità nel voltare la "casacca" e riciclarsi nel nuovo "ambiente" democratico...?
RispondiEliminaE per la mail, mi sto attrezzando...Sempre che non ti arrischi a inserirne una tua, diciamo, di "riserva" :-)
EliminaQueste risposte erano destinate @Barbara Raggi
Eliminaper discutere proficuamente con i piddini sempre in agguato sarebbe utile conoscere bene le leggi europee che hanno favorito la contaminazione reciproca tra politica e interessi privati. ne parlerai nei prossimi post? Oppure...dove posso trovarle? Non vorrei trovarmi nel bel mezzo di una tenzone a corto di munizione...
RispondiEliminaGuarda che tutto il post è basato sui meccanismi di derivazione UE, a partire da Maastricht (almeno) e di cui la sussidiarietà e la "privatizzazione" sono principi fondamentali. Da cui direttive in materia di appalti, direttiva "servizi", direttive sui ss.pp., direttive in materia di beni e imprese pubbliche e via dicendo.
EliminaPiù che sui singoli provvedimenti - direttive e normativa nazionale di recepimento- mi sono soffermato sulla "tendenza di scenario" e sugli effetti di sistema.
Di elencazioni positive di "fonti" puoi trovarne quante vuoi, (ad es; in qualsiasi trattato o manuale di diritto pubblico dell'economia): ma se non hai il "decodificatore" che spero di aver fornito, una esegesi e indicazione delle singole fonti positive servirebbe a ben poco (come in effetti è poi accaduto sia a livello giornalistico che giuridico-specialistico).
L'intervento di uno che sta roba la conosce molto bene, come grumpy1893 :-), te lo può confermare...
aa. s. decisione non facile di aprire questo luogo : secondo me hai fatto bene (quest'altro corno della questione UE, UEM si presenterà presto in tutta la sua rilevanza)
RispondiEliminaa. s. citerei cinesi che mi hanno spesso convinto di saperla lunga (sono un po' scivolosi ma, dato che ci si aspetta di assistere a un bel capitombolo ... ) :
Non è bene limitare (il popolo) nelle sue dimore, né di stancarlo nei suoi mezzi di sussistenza.
Quando il popolo non riconosce (più) l'autorità, raggiunge un'autorità ancora maggiore.
Caro Quarantotto,
hai intenzione di farmi (farci?) sudare in cotal guisa di frequente ?
"Or chi sa da qual man la costa cala",
disse ’l maestro mio fermando ’l passo,
"sì che possa salir chi va sanz’ala?".
Al "Quindi la macroeconomia ..." capoverso del paragrafo 2 ero già perso tra facili (!) roccette.
Evidentemente mi sentivo un po' solo. Ritirate fuori certe definizioni di base.
«Il sistema economico, secondo la visione dell'economia di mercato nella moderna società occidentale, è la rete di interdipendenze ed interconnessioni tra operatori o soggetti economici che svolgono le attività di produzione, consumo, scambio, lavoro, risparmio e investimento per soddisfare i bisogni individuali e realizzare il benessere materiale o sviluppo economico o crescita del PIL o aumento della ricchezza sociale, massimizzando i guadagni, ottimizzando l'uso delle risorse, evitando sprechi e migliorando la qualità delle condizioni di vita medie della popolazione in termini di progresso sociale, scientifico e tecnologico.» E :
«Nell'ambito delle scienze sociali, l'economia politica è «la scienza che studia il comportamento umano come relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi alternativi»[1]; è quindi la disciplina che studia il funzionamento dei sistemi economici. » o anche Economics is the social science that analyzes the production, distribution, and consumption of goods and services. The term economics comes from the Ancient Greek (oikonomia, "management of a household, administration") from (oikos, "house") + (nomos, "custom" or "law"), hence "rules of the house(hold)".
Mi sono servito anche delle seguenti :
«La macroeconomia è un ramo dell'economia politica che studia il sistema economico nel suo complesso; essa analizza le cosiddette variabili economiche aggregate e le loro interdipendenze. A differenza della microeconomia, che studia i comportamenti dei singoli operatori economici, la macroeconomia considera dunque le interazioni tra macro-variabili (Famiglie, Imprese, Stato, resto del Mondo), ciascuna delle quali è il risultato della "somma" di singoli comportamenti individuali ...» o anche
Macroeconomics (from Greek prefix "makros-" meaning "large" + "economics") is a branch of economics dealing with the performance, structure, behavior, and decision-making of an economy as a whole, rather than individual markets. This includes national, regional, and global economies.[1][2] With microeconomics, macroeconomics is one of the two most general
fields in economics ... »
Spero tu accetti commenti a puntate (non credevo mai di essere stato così verboso : sorry)
RispondiEliminaLo Stato come azienda (o come famiglia) non ha il benchè minimo senso perchè :
«La Microeconomia è quella branca della teoria economica che studia il comportamento dei singoli agenti economici, come i consumatori (Teoria del consumatore), i produttori (Teoria dell'impresa), la Teoria dei giochi, e gli effetti dello Stato e dell'intervento pubblico in generale per il benessere sociale (esternalità, efficienze e collettività): individui o
entità che giocano un qualche ruolo nel funzionamento delle nostre economie ...» o anche
«Microeconomics (from Greek prefix micro- meaning "small" + "economics"-) is a branch of economics that studies the behavior of individual households and firms in making decisions on the allocation of limited resources.[1] Typically, it applies to markets where goods or services are bought and sold. Microeconomics examines how these decisions and behaviors affect the supply and demand for goods and services, which determines prices, and how prices, in turn, determine the quantity supplied and quantity demanded of goods and services...»
e poi, oltre che i motivi presentati nel post, anche per quello più banale che lo Stato impone tasse e le aziende (e anche le famiglie) no.
A me pare ovvio che si tratta di cose diverse.
Vorrei ricordare ai familisti che dovrebbero almeno pretendere il pieno impiego della forza lavoro : «... ... ... ovvero guardare che nessuno resti inoperoso e ordinare ogni cosa per il meglio.»
Per il paragrafo 5 ho usato la "roba" che segue (che mi è parsa interessante : ma sono troppo ignorante per dire la mia)
e cioè questo
e questaltro
Ho avuto modo di verificare proprio oggi, che le quistioni presentate nel paragrafo 6 sono ben presenti (e fonte di ... notevole disagio) agli operatori.
ps commento in riferimento alla mie difficoltà non per megalomania (o, al contrario, timore dell'inadeguatezza) ma solo perchè, nel caso tu ritenga che questo commento possa, verosimilmente, essere scarsamente rappresentativo, ti senta libero di ignorarlo : aa. s. continua comunque a valere
2a risposta al 2° intervento.
EliminaSul par.5. Letteratura nota: descrittiva e (lo puoi vedere tu stesso) estranea al fenomeno analizzato. E non certo le uniche, e le prime di analisi di questo genere.
Sul par.6: mmmm...gli "operatori" quali? Se ti riferisci ai funzionari variamente coinvolti, in parte qualche "barlume" del sistema specifico in cui sono stati coinvolti, c'è. Ma non dello scenario complessivo "messo in scena" e qui descritto. Il par.6 è uno sviluppo , uno degli epifenomeni connessi a quanto detto in precedenza.
Preso in sè è una diramazione nota del problema, ma non credo mai formulata in questi esatti termini (ancorchè sintetici): comunque ammetterai che, per quanto si tratti di materia complessivamente "ostica", l'intento divulgativo si manifesta come quantomeno opportuno per mostrare il lato del problema "burocrazia" ignorato da media e livorosi vari. O no?
Ma se vuoi e ritieni di poter compiere una trattazione organica più efficace, come dico a tutti, sono sempre disponibile a pubblicare i contributi dei "lettori".
Mi accontento anche solo di aver stimolato un approfondimento, purchè aumenti al consapevolezza diffusa :-)
Hai ragione. La (auto)definizione "operativa" di campo di indagine e finalità è quella che dici. Ma il principio di efficienza nell'allocazione delle risorse collettive, cioè la relazione tra fini e mezzi scarsi suscettibili di usi alternativi, è un autentico florilegio di presupposte scelte assiologiche, storicamente (e politicamente) mutevoli.
RispondiEliminaNon volevo quindi definirla, ma spiegare sul piano fenomenologico e cognitivo generale in che modo la metodologia, apparentemente neutra, che viene applicata a tale finalità e campo di indagine, possa condurre a esiti così mutevoli e a "consensi" così saldi, eppure evidentemente contraddittori, nel giro di pochi decenni.
Per il resto (a parte il punto controvertibile), quello che viene descritto e analizzato "poi", spero invece ti abbia chiarito, piuttosto che fatto vanamente "sudare" alla ricerca di più esatte definizioni.
Ciao Quarantotto.Hai informazioni,anche indirizzi brevi,su chi come quando e perche,negli anni 90,si e'deciso di internazionalizzare il debito pubblico(insomma le origini del debito estero italiano.Grazie comunque e buon proseguimento per il Blog.
RispondiEliminaGeorgej.
CHI? Beh, diciamo chi ha deciso il divorzio Tesoro-banca d'Italia e ha proseguito verso Atto unico europeo e liberalizzazione capitali.
EliminaQUANDO "negli anni '90? Mah, in realtà dipendendo dalla fissazione degli interessi ad opera dei mercati (che dipendeva dai tassi di sconto che dipendevano dal vincolo SME, che dipendeva dal divozio :-)...), il tutto, internazionalizzazione compresa, inizia sul fare degli anni 80. Certo ci manca l'ingrediente fondamentale della liberalizzazione dei capitali, ma i sistemi si trovavano...
PERCHE'? I creditori (istituti bancari-finanza in generale..tutte le "mani forti" entrarono nel mucchio) inziarono a essere trattati coi guanti: cioè la risposta è "INTERESSI REALI POSITIVI E CRESCENTI"
Dati e inferenze, oltre che su "Il tramonto dell'euro":
http://leprechaun.altervista.org/debito_pubblico_italiano.shtml
Grazie,alcune cose le so,mi intendevo comunque il fatto (sentivo tempo addietro ma non mi ricordo la fonte,e neppure so se e' esatto)che fino agli anni 90 circa il 90 e oltre per cento del debito era comunque internamente contratto,come il giappone insomma.Avevo anche letto che in quegli anni furono anche emanate leggi che permisero la aquisizione estera piu facilmente a differenza di prima.Ora comunque analizzo bene il link che hai lasciato.Di nuovo grazie
RispondiEliminaBeh in effetti, comunque, poichè il tasso reale è eroso dallo spread (che è un costo corrispodente all'assicurazione-cds sul probabile euro-break), il debito sta tornando all'ovile e l'internazionalizzazione ormai è ridotta a circa 1\3 del totale...Ulteriore segno del rompete le righe prossimo venturo (non per l'austerity che fino all'ultimo corroderà l'economia reale italiana e, se non "si" svegliano in tempo,rischia di proseguire anche dopo, m5s incluso nel rischio...)
EliminaProprio con i "funzionari variamente coinvolti" ha avuto modo di parlare (ma ero a un incontro a proposito di bilanci economici e la conversazione era puramente casuale).
RispondiEliminaE può darsi che non siano del tutto consapevoli dello scenario complessivo ma devo ammettere di aver usato un eufemismo quando dicevo del notevole disagio : sono proprio incazzati.
Perché si stanno rendendo conto che, tutte le volte che usano più risorse di quanto sarebbe strettamente necessario (ad es. passando attraverso CONSIP), la loro cassa diminuisce e si troveranno a "non arrivare alla fine del mese".
A buon conto gli ho dato l'indirizzo del blog.
ps poiché mi avevano detto (prima che gli scrivessi l'indirizzo web) che l'avrebbero cercato con goooooooooogle sono andato a vedere come ci si arriva. potrebbe non essere ancora stato "recensito" dato che il rinvenimento mi è stato difficoltoso.
Purtroppo in effetti, per accedere al blog vale solo avere l'indirizzo preciso, (ovvero il link inserito dai grandi Piero Valerio e Carmen "Voci", che ringrazio ancora).
EliminaL'argomento merita approfondimento specifico. Ma siamo qui per questo; cioè no per fornire consulenza normativa, in verità :-), ma linee di interpretazione che la orientino per il bene di chi deve subire leggi che sono frutto di una inutile follia ("lo vuole the fucken europe")
Caro 48, e' stato un vero piacere conoscerti e poter conversare con te! Spero davvero che ci saranno altre occasioni in futuro.
RispondiEliminaGrazie mille per il consiglio di lettura, ho gia' provveduto a recuperare il documento del Bruegel del 2006 e lo stavo leggendo giusto ora. A dimostrazione del fatto che "alcuni" sapevano benissimo gia' da anni che saremmo andati a sbattere contro un muro. Credo che sarebbe molto utile poter leggere i tuoi commenti a quel documento in un post dedicato.
Grazie anche per aver proseguito la trattazione della tematica dei costi della politica e della pubblica amministrazione. I dati che riporti sono senz'altro utili a potersi fare un'idea del giro di affari di cui stiamo parlando. E mi sembra molto appropriata la definizione di vere e proprie "holding" che mantengono il controllo di ampie fette di economia reale in vaste parti di territorio della nostra nazione.
Dato il taglio "costituzionale" e potenzialmente "costituente" che stai proponendo qui, mi sembra interessante proporre ai frequentatori del blog una possibile strategia: una "costituzione" dei servizi pubblici. Abbiamo un modello da cui poterci ispirare: la costituzione del NHS presentata nel 2009 e revisionata nel 2012. IMHO potrebbe diventare una utile piattaforma di riflessione per un futuro lavoro di riflessione sulle tematiche relative alla sanita', e potenzialmente anche ad altri campi della pubblica amministrazione. ecco il link.
Cosa ne pensi?
Chicco
Grazie a te Chicco...
Elimina1.Guarderò il link.
Il Bruegel brief l'ho già commentato su goofy e su FQ-blog. Ma appena trovo il tempo lo ricmmento qui. Ok?
2. Avrai forse, inoltre, visto i commenti interessantissimi di Sofia, che spero ci farà un bel post su. Che verrà qui pubblicato.
3. Allora, poichè le forze/tempo sono limitate, diciamo che stiamo affrontando, per ora:
I).Riforma costituzionale delle regioni-enti locali. Obiettivo: rendere gestibile il livello ammninistrativo sul territorio, privilegiando la accountability tecnica e obiettivata, anche mediante partecipazione, e "restringendo" l'influenza politica quando risulti disfunzionale;
II) Organizzazione della funzione e dei servizi pubblici, agendo sulle sue forme in modo da rendere di nuovo trasparenti costi e coerenza con gli obiettivi pubblici. E anche al fine di incrementare la necessaria expertise di una p.a. che controlli e fronteggi la "complessità".
4. Anche qui: se, in linea con queste linee direttrici "costituenti", ti senti di organizzare il pensiero in un post organico che sviluppi i temi "abbozzati", sei il benvenuto.
Sul piano pratico: se hai lasciato la tua mail a Sil-viar, le scrivi, o, se non hai la sua mail, ti scrive dopo che me lo hai qui segnalato, e me lo fai avere. Il procedimento porterà naturalmente che avrai la mia mail :-) )
Parto dal fondo: Sil-Viar ha la mia email, attendo un suo messaggio. La mia casella "pubblica" comunque e' chiccodm@hotmail.com.
RispondiEliminaL'approccio inglese mi sembra potenzialmente adatto al discorso che si vuole portare avanti. I principi base della NHS Constitution sono: un testo breve e facile da comprendere, accompagnato da un manuale pratico per gli utenti del servizio; la definizione dei criteri di accesso alle cure, dei servizi, dei trattamenti approvati; la necessita' di coinvolgere gli utenti-pazienti, definendo i meccanismi di feedback sia positivo che negativo, con l'identificazione di organismi dedicati a raccogliere commenti ed eventuali reclami da parte dei pazienti. Sottraendo in questo modo il razionale per il "controllo" dei processi decisionali (l'amministratore risponde al politico che lo ha nominato, e il politico a sua volta risponde al cittadino attraverso il processo elettorale) dalle mani della cosiddetta "politica" e trasferendolo ad una struttura autonoma in grado di rispondere direttamente agli input dell'utenza e di interfacciarsi con la p.a. (anche a livello penale) senza dover passare attraverso la mediazione del politico di turno. Struttura che a quel punto sarebbe direttamente responsabile di promozioni/sanzioni a carico del personale, e delle nomine degli amministratori.
Il vantaggio di questo tipo di approccio potrebbe essere quello di poter andare in parallelo con un discorso maggiormente "tecnico" attraverso il coinvolgimento di un pubblico piu' ampio. In una fase in cui la mannaia dell'austerita' espansiva sta per abbattersi sul welfare, e i vari fermatori di declino predicano il taglio della spesa pubblica e le virtu' della privatizzazione, il coinvolgimento dei cittadini-utenti nella proposta di riorganizzazione dei servizi pubblici potrebbe risultare particolarmente interessante (pensa anche al successo dei recenti referendum).
Se ritieni utile, posso provare ad analizzare l'approccio inglese e scrivere due righe. A presto!
Allora: ho la tua mail e questo risolve il grsso della faccenda.
EliminaL'approccio inglese è quello un pò alla base delle "carte dei servizi" italiane: ovviamente la differenza sta nel linguaggio, più "user friendly" e nella "buona fede" di fondo (non prometto ciò che so che non posso mantenere a causa di tagli e processi di riduzione in corso; non chiedo un feedback e istituisco- in Italia- garanti e diritti dei malati, di cui me ne fregherò altamente, a partire dai fatidici primari soci, diretti o indiretti, di cliniche private, ecc.).
Per il post, integrando le tue riflessioni e le tue fonti con il discorso qui intrapreso, possiamo procedere non appena ti sentirai pronto. Basta che lo comunichi a Sil-viar. Take your time...e poi eventualmente subentro con integrazioni opportune se sei d'accordo
Caro Quarantotto,
RispondiEliminaMi son permesso di pubblicizzarti sul mio sito (insieme al buon Tempesta naturalmente) poiché ritengo che lo spessore vada valorizzato e soprattutto lasciato conoscere e valorizzare. Pur essendo il mio sito una nicchia della nicchia della nicchia delle nicchie del web, quantomeno quelle 2 o 3 visite al giorno le ottiene. Ti lascio qui il link: http://piccolocardo.webnode.it/
Giusto per chiarezza.
Un saluto,
Elmoamf
Caro Elmo, grazie. E spero che il link al tuo pubblicizzi a sua volta la tua opera :-)
Elimina(ovviamente metterò prima o poi il classico elenco blog "amici")
En attendant le jour de gloire: è stato bello far parte di questo gruppo di avanguardisti (un saluto a tutti.)
RispondiEliminaComplimenti per il post, ho apprezzato molto.
per quanto riguarda Spinoza non è che mi sono inventata la marranaggine varie fonti lo riportano (male in effetti), però tu sei andato a scovare la chicca e vabbè.. I marrani (per imposizione e non per scelta) furono i genitori.
Se ti interessa il suo contributo " esegetico " e politico ( se ancora non lo hai fatto) ti consiglio la lettura del " Trattato teologico politico".
http://www.parodos.it/books/pensiero%20filosofico/spinosa.htm
P.s.: il carattere verdana non ti piace? Siccome sono cecata (Chicco DM può capire..)a me garba un sacco:).
...ammazza quanto parli!:)
Sintetico: :-)...Grazie e a presto!!!
EliminaConciso direi:)A bientôt, e saluti a tutti, soprattutto alle goofygirl:))
EliminaTi ho condiviso su faccialibro: spargiamo il seme della conoscenza e aspettiamo i frutti:)
(cir)-breve (parlando d Spinoza...), You're welcome
Eliminalo avrei dovuto dire io you're welcome:) sembrava melenso:)
EliminaA proposito della gioiosa macchina delle privatizzazioni, c'è l'illuminante rapporto della Corte dei Conti del 2010 in cui si fa esplicito riferimento all'aumento di efficienza delle aziende privatizzate che in gran parte è stato ottenuto semplicemente con l'aumento delle tariffe con sommo gaudio del consumatore a cui avevano raccontato la favoletta di pubblico/brutto & privato/bello. Si scarica direttamente sull'ultimo anello debole il costo dell'operazione avendogli fatto credere di poeter essere il beneficiario esattamente come si scarica sul lavoratore il costo di un aggiustamento macroeconomico nell'attuale sistema mercantilista.
RispondiEliminaQui il rapporto della CdC.
Ottimo Xabax!
EliminaNon per vantarci (nevvero, poffarbacco!), ma il rapporto in questione fu diffuso dal sottoscritto con più (probabilmente) inutili links sul blog di FQ da oltre un anno (e pure dall'ineffabile Poggio Poggiolini).
Qui ovviamente è "patrimonio comune" della ggente "giusta"; tant'è che la prima risposta della prima commentatrice l'ha subito citato :-)
Ma se non hai avuto modo di leggere tutto il suo splendido commento in 3 puntate (non sono censore di ciò...per ora), vedrai pure che l'ho invitata a fare un post in cui sia contenuta pure l'ulteriore serie di fonti preziose che ci ha segnalato.
E ci conto.
A presto :-)!
Chiedo venia XD
EliminaAggiungo soltanto che il discorso "privatizzazioni problematiche" non è monopolio da vizio italico, bensì una costante dell'attuale visione pubblico/inefficiente privato/virtuoso.
Paradigmatico a questo proposito il caso britannico analizzato da Massimo Florio di cui segnalo anche questo paper
Grazie, stavolta contributo originale DOC :-)
EliminaHai un caffè pagato o un post di riassunto e commento (idee tue) sullo studio suddetto a disposizione (anzi magari lo possiamo integrare col post che spero faccia Sofia come apposita sezione "comparativa": se ti va)
Grande intervento!! Corposo,preciso, ampio....
RispondiEliminaAvevo già notato i tuoi interventi su Goofy (che seguo perlopiù silenziosamente da mesi), e il vederti qui mi riempie di gioia e speranza. Speranza perchè constato uno spessore culturale davvero notevole, ...che siano i semi della nuova classe dirigente italiana?
La gioia è perchè accumulo (nel mio piccolo) argomentazioni e contributi che mi serviranno nei giorni successivi al D-day eheeheh
Ma una domanda generale mi assilla. Perchè solo adesso ci rendiamo conto? Insomma, questo malefico sistema, iniziato nell'81 con il divorzio, e poi proseguito di crisi in crisi fino ad oggi, ha dovuto mettere in atto una gigantesca, mastodontica rete di leggi e ordinamenti TUTTI (o la maggior parte) conformi al funzionamento del sistema stesso, come tu descrivi magistralmente, che ha permeato nel profondo la nostra società.
10 anni fa era più semplice capire. 20 anni fa ancora di più...
Perchè allora non capimmo?
Vittorio
Credo risieda nel fatto che più o meno tutti abbiamo voluto fare una semplice, tranquilla e spensierata "vita normale".
EliminaUna colpa? non so. Se, finchè sono in villeggiatura, un ladro entra e mi svaliga la casa non credo mi sentirei in colpa...e, tantomeno, smetterei di andare in ferie per questo motivo (ecco, magari, un allarmino lo metto).
Queste dinamiche nella storia sono sempre esistite e non credo noi si sia stati più fessi di chi ci ha preceduto, così come non reputo chi ci ha fregato meno criminale di chi un tempo soggiogava i popoli a suon di spada, fucile o ius primae nocti.
NO...voler fare una vita normale non è una colpa, ma lo è se si vuol fare una vita più "normale" degli (e a scapito degli) altri.
Molte cose erano difficili da sapere. E non solo prima di internet che uso per informarmi dal lontano 1998, avendo abolito giornali da vent'anni e tv da 10.
EliminaSi sapeva che la principale voce di bilancio era la spesa per interessi, lo sentii alla radio prima di tangentopoli, e quindi avevo capito che se c'erano sempre meno fondi per la cultura (settore in cui allora lavoravo) era perché dovevamo pagare ai privati gli interessi sul debito. Si vedeva già la precarizzazione del lavoro, ma ci avevano convinto che rigurdava chi non ce l'aveva fatta o chi doveva fare "la gavetta". Da quanto tempo sentiamo parlare di competizione? Perfino a scuola i nostri figli vengono allenati alla competizione invece che alla solidarietà.
Da 30 anni l'egoismo, l'egocentrismo, la bellezza (stereotipata), la giovinezza (eterna), la ricchezza, il successo sono i "valori" sociali, trasmessi come modelli attraverso i media.
Poi di crisi in crisi, di attentato in attentato, più le varie emergenze, grazie ai media che hanno smesso di fare "informazione" per fare intrattenimento, hanno sviato la nostra attenzione, ci hanno convinto che lo Stato fosse una entità astratta, nemica e opposta al cittadino, quindi da dare via. A suon di retorica e di slogan martellanti hanno affossato i valori e i principi sui quali si fonda la comunità, hanno ristretto i nostri diritti. Hanno finto conflitti e hanno creato "paure" per ammansirci, ci hanno diviso in buoni e cattivi.
Abbiamo continuato a fidarci dei soliti, come mi dicono sgomenti i miei amici "di sinistra".
Abbiamo lasciato così agire indisturbati gli esecutori della shock economy a piccole dosi, i Chicago boys europei dei piccoli passi e dei golpe "giuridici", che hanno congegnato, come bene ci spiega 48, ma anche Sofia, un sistema legale, aggiustato volta volta in un crescendo ineluttabile, di appropriazione della ricchezza che esclude i cittadini (Stato) dal controllo democratico e ci stritola (noi sì).
Hanno sepolto le regole della comunità e la Costituzione sotto una montagna di leggi e norme (moderne! europee!) nelle quali un cittadino non può capirci nulla.
Ci vuole un navigatore esperto (48!) per tracciare la rotta, ma tutti insieme cerchiamo di riprenderci la nave.
Questo post lo invierò (per lettera) a tutte le liste che si presentano alle elezioni comunali nella mia città, e poi a tutti i candidati...sappiano che qualcuno "sa".
Si, probabilmente negli ultimi anni siamo stati distratti (in generale). Ma l'interrogativo mio presupponeva un "evento" che per forza dev'essere accaduto in passato..., e senza il quale rischiamo di dare man forte a teorie complottiste (cui non credo, e che cmq sono implicitamente negate scientificamente nel post) oppure a vere e proprie ideologie: il liberismo economico più sfrenato? Si, probabilmente ha inciso e non poco. Ma la logica del profitto a tutti i costi, se l'analizziamo rudemente ma in maniera razionale, non avrebbe dovuto portare, ad es., al fallimento della Leman o allo scempio della Grecia; in questa ottica sono esempi di fallimenti. Ed in ogni caso una ideologia così egoistica, così di rapina avrebbe avuto una resistenza di una qualche parte politica (soprattutto in Italia, stante una polverizzazione da sempre esistente). Voglio dire, poniamo pure che la "sinistra ortodossa" si fosse convertita (o venduta); ma che diamine!, un partito radicale, o uno fascista o quell'altro ipercattolico, insomma una voce fuori dal coro, anche inconsapevole (di quelli che sbraitano "contro" per partito preso) ci sarebbe dovuta essere.
EliminaE invece no. Tutto è "scivolato" liscio.
Ora, dal momento che sia le argomentazioni economiche di Goofynomics che quelle giuridico/sociali di Orizzonte48 convergono in un'unica direzione (più Europa, meno Stato, zero democrazia), mi vien da pensare che sia stato messo in atto un meccanismo che..., come dire, si autoalimenta; cioè (semplifico rozzamente), mediante il vincolo esterno (ce lo chiede l'europa e minuscola) io classe dirigente modifico a mio piacimento norme e leggi (scempio istituzionale) per arrivare a determinati risultati economici ('na rapina, un mastodontico furto). Il tutto presentandolo per il nostro bene, per essere più belli, bravi, ecc..
Quindi di nascosto, furbescamente.
Di nascosto????? Ma se tutti sapevano fin dal 1978!!! Mi riferisco alla seduta parlamentare del 13 dicembre '78 in cui si discuteva dell'ingresso dell'Italia nello SME, così come ben descritto nel libro Il Tramonto dell'Euro (che chi non ha letto, DEVE fare).
E quindi? Tra il 1978 e il 1999 chi (ma soprattutto come) ha piantato il semino avvelenato di questa non più pianta ma oramai selva carnivora?
Credo che il miglior modo di prevenire un "sistema" sia quello di capirne a fondo il meccanismo, non solo in virtù dei risultati (qui scientificamente descritti) ma anche studiandone ingegneristicamente i componenti.
Per distruggerli definitivamente.
La corruzione è niente altro che il prezzo della mediazione svolta dal decidente pubblico per attribuire a un richiedente una risorsa pubblica (non appartanente nè al decidente nè al richiedente)-
EliminaL'europa di maastricht tende a trasformare questo compenso di mediazione trasformandolo in "rendita oligo-monopolistica" propria del beneficiario della erogazione pubblica che si associa stabilmente col decidente.
Il tutto mediante la formalizzazione legale dello scambio che viene così stabilizzato mediante leggi (incentrate sul partenariato pubblico-privato...in forma privata= società pubblica o mista).
Il concetto chiave è "privatizzazione-liberalizzazione", col passaggio al "mercato regolamentato in funzione di restrizione dell'intervento pubblico".
Tutto ciò è stato pianificato? certamente sì, è la ragione stessa di maastricht, che consegue alla teorizzazione per cui venuta meno la Cortina di ferro occorreva riprendersi i beni accumulati in mano pubblica a seguito dele politiche di "redistribuzione"...
Praticamente, le generazioni precedenti hanno beneficiato, da questa parte, del socialismo reale instaurato dall'altra parte della cortina e della ...guerra fredda.
EliminaA dire il vero qualcosa ha raccolto anche la generazione mia (45), almeno nel senso di aver potuto conoscere, da ragazzi, un mondo più equo e maturare consapevolezza civile e democratica
Che, senza il diritto allo studio, il destino sarebbe stato segnato dal precariato anche per me e tanti altri di modeste origini. Allo Stato bruttoecattivo, quello della spesapubblicaimproduttiva, devo tutto, il lavoro (improduttivo), la formazione della famiglia, e anche il richiamo che mi porta a seguire appassionatamente questo blog (e goofy dalla prima ora).
E se vuoi prendere parte attiva alla riconquista della democrazia "nelle proprie mani", guarda la mia risposta a Chicco DM in fondo ai commenti del post ultimo su "mercantilismo e violazioni del trattato".
EliminaCredo di aver offerto (grazie anche a Gian Luca Menti) un sistema operativo di "active action" immediata. La portata della possibile "vostra" iniziativa emerge da tutto il dibattito tra commentatori.
STA A VOI ORA ATTIVARVI SE LA COSA VI INTERESSA...
@Vittorio
EliminaIo capii, o meglio intuii che il le cose andavano decisamente a peggiorare quando da giovane dipendente di un istituto di diritto pubblico (banca) mi ritrovai in carico a una Spa. Contrariamente a quanto avevo appreso nel primo anno di formazione, il nuovo indirizzo d'impresa richiedeva che mi adoperassi per rifilare "sole" alle vecchiette. Poiché questo contrastava con i miei principi etici ho cambiato mestiere, alla ricerca del "pubblico" che pensavo (e tuttora penso) buono.
Ma, sulla base delle sole intuizioni non è possibile convincere il prossimo, continuamente bombardato dal messaggio mediatico e sollecitato dalle ambizioni di avanzamenti di carriera. Ad approcciare discorsi controcorrente finivo per sembrare un alieno ai loro occhi (ma oggi non più). Non rimaneva che attendere nel buen retiro fino a quando non ho incontrato in rete validi punti di riferimento.
Bellissimo Post Sil viar
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