Questo post è la seconda parte (risposte agli ulteriori due quesiti, 3° e 4°), dell'accuratissimo lavoro di Francesco Lenzi.
Il quadro che ne deriva sarebbe sconcertante, se invece che attestarsi sulle equivalenze ricardiane, senza neppure ben conoscerne l'esistenza, i politici nazionali e europei, in generale, fossero in grado di verificarne non solo il difetto di pre-condizioni nella realtà attuale (a livello teorico), ma anche il difetto di...un "attendibile" fondamento teorico.
Mai l'applicazione di questo versante delle teorie macroeconomiche ha condotto non solo ai risultati "programmati", ma neppure ad alcun esito positivo, nè in termini di crescita, nè di equilibrio finanziario e ottimale allocazione delle risorse, nelle realtà socio-economiche considerate.
3 - Perché queste stabilità economica e finanziaria passerebbero necessariamente e "acriticamente" per il pareggio di bilancio?
Il quadro che ne deriva sarebbe sconcertante, se invece che attestarsi sulle equivalenze ricardiane, senza neppure ben conoscerne l'esistenza, i politici nazionali e europei, in generale, fossero in grado di verificarne non solo il difetto di pre-condizioni nella realtà attuale (a livello teorico), ma anche il difetto di...un "attendibile" fondamento teorico.
Mai l'applicazione di questo versante delle teorie macroeconomiche ha condotto non solo ai risultati "programmati", ma neppure ad alcun esito positivo, nè in termini di crescita, nè di equilibrio finanziario e ottimale allocazione delle risorse, nelle realtà socio-economiche considerate.
3 - Perché queste stabilità economica e finanziaria passerebbero necessariamente e "acriticamente" per il pareggio di bilancio?
Riguardo al concetto di stabilità finanziaria ed il ruolo che in esso può rivestire la BCE si fa comunemente riferimento agli strumenti di natura macroprudenziale che debbono essere adottati dalle principali Banche Centrali.
L’esplodere della crisi finanziaria in U.S.A. e successivamente in Europa ha dimostrato che limitare l’operato della Banca Centrale al controllo della stabilità monetaria ed affidare ad un’altra istituzione (centrale e locale) il controllo sulla stabilità finanziaria espone l’intero sistema ad enormi rischi.
L’emergere della crisi dei subprime in U.S.A. ha portato il consenso internazionale a ritenere non più sufficiente la funzione della banca centrale come semplice “guardiano della moneta” che opera in maniera indipendente col solo fine della stabilità dei prezzi.
“I have found a flaw. I don’t know how significant or permanent it is. But I have been very distressed by that fact” così Greenspan sottolinea come le assunzioni che hanno guidato il suo operato per 40 anni si siano rivelate se non sbagliate, almeno fallaci. Concentrare l’operato della Banca Centrale esclusivamente sulla stabilità dei prezzi lasciando il mercato libero di regolarsi autonomamente è stata una delle cause della situazione di enorme instabilità del sistema .
L’esplodere della crisi finanziaria in U.S.A. e successivamente in Europa ha dimostrato che limitare l’operato della Banca Centrale al controllo della stabilità monetaria ed affidare ad un’altra istituzione (centrale e locale) il controllo sulla stabilità finanziaria espone l’intero sistema ad enormi rischi.
L’emergere della crisi dei subprime in U.S.A. ha portato il consenso internazionale a ritenere non più sufficiente la funzione della banca centrale come semplice “guardiano della moneta” che opera in maniera indipendente col solo fine della stabilità dei prezzi.
“I have found a flaw. I don’t know how significant or permanent it is. But I have been very distressed by that fact” così Greenspan sottolinea come le assunzioni che hanno guidato il suo operato per 40 anni si siano rivelate se non sbagliate, almeno fallaci. Concentrare l’operato della Banca Centrale esclusivamente sulla stabilità dei prezzi lasciando il mercato libero di regolarsi autonomamente è stata una delle cause della situazione di enorme instabilità del sistema .
In Europa si è intervenuti pertanto a livello comunitario istituendo un’organizzazione chiamata ESRB, "Consiglio europeo per il rischio sistemico" alla quali sia demandata, in partecipazione con la BCE, le Banche Centrali nazionali, e vari istituti di vigilanza, il controllo sulla stabilità finanziaria.
L’obiettivo è essenzialmente quello di monitorare attraverso una serie di segnali e di relazioni il grado di stabilità (e fiducia tra gli operatori) del sistema finanziario, cercando di porre una certa forma di controllo al rischio sistemico del too big to fail ed al carattere pro ciclico dell’attività svolta dagli intermediari finanziari.
In questo senso si inserisce anche tutta la normativa (e le conseguenti trattative) che riguardano la cosiddetta “vigilanza bancaria”, da esercitare da parte della BCE su tutte le banche dell’Eurozona, secondo quello che viene definito il sistema di vigilanza microprudenziale (Sistema Europeo delle Autorità di Vigilanza Finanziaria-ESFS) per distinguerlo dalla vigilanza macroprudenziale (che compete invece al ESRB).
Per una panoramica sul complesso di interventi che sono stati presi e dovranno essere ancora presi sul tema della vigilanza micro e macroprudenziale si può consultare questo paper.
L’obiettivo è essenzialmente quello di monitorare attraverso una serie di segnali e di relazioni il grado di stabilità (e fiducia tra gli operatori) del sistema finanziario, cercando di porre una certa forma di controllo al rischio sistemico del too big to fail ed al carattere pro ciclico dell’attività svolta dagli intermediari finanziari.
In questo senso si inserisce anche tutta la normativa (e le conseguenti trattative) che riguardano la cosiddetta “vigilanza bancaria”, da esercitare da parte della BCE su tutte le banche dell’Eurozona, secondo quello che viene definito il sistema di vigilanza microprudenziale (Sistema Europeo delle Autorità di Vigilanza Finanziaria-ESFS) per distinguerlo dalla vigilanza macroprudenziale (che compete invece al ESRB).
Per una panoramica sul complesso di interventi che sono stati presi e dovranno essere ancora presi sul tema della vigilanza micro e macroprudenziale si può consultare questo paper.
Nell’ottica di un maggior controllo e supervisione sui bilanci dei singoli Stati si inseriscono le normative introdotte a partire dall’inizio del 2011 che prendono il nome di Euro Plus Pact, Six pack e two pack.
Quanto al six pack “Le misure adottate mirano a rafforzare il Patto di stabilità e crescita, permettendo un controllo più rapido delle politiche fiscali e a innovare il sistema di governance con azioni preventive e azioni correttive. Le nuove misure introducono, inoltre, meccanismi che sorvegliano e prevengono una crescita smisurata dei debiti sovrani e del deficit negli Stati membri”.
Quanto al six pack “Le misure adottate mirano a rafforzare il Patto di stabilità e crescita, permettendo un controllo più rapido delle politiche fiscali e a innovare il sistema di governance con azioni preventive e azioni correttive. Le nuove misure introducono, inoltre, meccanismi che sorvegliano e prevengono una crescita smisurata dei debiti sovrani e del deficit negli Stati membri”.
Il six pack è stato perciò approvato con l’obiettivo di incidere con maggiore rilevanza sul bilancio dei singoli Stati imponendo il rispetto di più gravosi parametri in termini di deficit pubblico (0,5% strutturale, considerato cioè al netto di eventuali misure periodiche dipendenti dal ciclo economico).
Da tale accordo del dicembre 2011 derivano i provvedimenti in materia di controllo della finanza pubblica, Fiscal compact e pareggio di bilancio in primis. Il motivo (ufficiale) della sottoscrizione del six pack è la volontà di dare una risposta comune alla situazione di instabilità finanziaria ed economica che si era determinata a seguito della crisi del debito irlandese e greco, come appunto indicato nella presentazione delle misure adottate. “The economic and financial crisis has revealed a number of weaknesses in the economic governance of the EU's economic and monetary union. The cornerstone of the EU response is the new set of rules on enhanced EU economic governance which entered into force on 13 December 2011”. .
Da tale accordo del dicembre 2011 derivano i provvedimenti in materia di controllo della finanza pubblica, Fiscal compact e pareggio di bilancio in primis. Il motivo (ufficiale) della sottoscrizione del six pack è la volontà di dare una risposta comune alla situazione di instabilità finanziaria ed economica che si era determinata a seguito della crisi del debito irlandese e greco, come appunto indicato nella presentazione delle misure adottate. “The economic and financial crisis has revealed a number of weaknesses in the economic governance of the EU's economic and monetary union. The cornerstone of the EU response is the new set of rules on enhanced EU economic governance which entered into force on 13 December 2011”. .
Il complesso di norme, procedure, finalità e settori di intervento che interessano l’Euro Plus Pact è il seguente:
Come si vede l’obiettivo di controllo sulla stabilità finanziaria degli Stati deriva dall’assunzione di stampo neoclassico che maggiori debiti pubblici siano veicolo di maggiore imposizioni fiscali (equivalenza ricardiana) e di minori valori delle attività finanziarie (crowding-out). [la validità scientifica di tale assunto è posta in discussione praticamente d tutti i premi Nobel per l'economia nonchè dai "risultati" ottenuti dagli Stati che hanno tentato finora di applicarlo ndr.]
Questa particolare attenzione da parte della Commissione Europea riguardo la necessità dei singoli Stati di tenere i propri conti in “ordine” attraverso una sostanziale neutralità dello Stato nel sistema economico è però molto singolare se vista alla luce delle condizioni necessarie per il funzionamento di un’area valutaria.
Le caratteristiche principali che esse debbono possedere per resistere a shock asimmetrici come quelli attualmente in essere (che colpiscono le varie zone in maniera differente) sono:
1) la mobilità dei fattori e del lavoro in particolare (favorita attraverso l’uniformità dei trattamenti previdenziali, di istruzione, di sostegno al reddito, ecc…) come sostenuto da Mundell (1961) in A theory of optimum currency areas (parlando a proposito delle versioni in apparente contrasto tra Meade e Scitovsky afferma “In both cases it is implied that an essential ingredient of a common currency, or a single currency area, is a high degree of factor mobility” );
2) la presenza di trasferimenti fiscali tra le aree in surplus verso le aree in deficit (e non di prestiti ad interesse).
La capacità di un’area valutaria di resistere e superare degli shock asimmetrici risiede pertanto nella presenza di questi due importanti fattori, nonché di una banca centrale che faccia ciò che fanno tutte le banche centrali - all’intero sistema finanziario (si veda per esempio Krugman 2012 sulle cause, e le possibili soluzioni, della crisi dell’euro zona).
Il pareggio di bilancio non è MAI nominato come condizione necessaria e sufficiente per la risoluzione della crisi.
Guardando inoltre al caso specifico della zona euro, sembrerebbe che questo shock asimmetrico sia in buona parte dovuto al fenomeno di capital inflow manifestatosi con forza fino al 2007. Secondo il recente studio condotto da Gabrish e Staehr, 2013, l’andamento divergente nei livelli di competitività degli Stati Membri sembra essere stato causato essenzialmente dal rilevante afflusso di capitali che alcuni Paesi (periferici) hanno registrato.
In questo senso viene da chiedersi in che modo le manovre sul bilancio degli Stati e più in particolar modo sul controllo della stabilità economica e finanziaria possono risolvere la crisi se i gap di competitività cumulato dai Paesi periferici rispetto a quelli core ha una relazione evidente con i movimenti di capitali interni all’area?
Le caratteristiche principali che esse debbono possedere per resistere a shock asimmetrici come quelli attualmente in essere (che colpiscono le varie zone in maniera differente) sono:
1) la mobilità dei fattori e del lavoro in particolare (favorita attraverso l’uniformità dei trattamenti previdenziali, di istruzione, di sostegno al reddito, ecc…) come sostenuto da Mundell (1961) in A theory of optimum currency areas (parlando a proposito delle versioni in apparente contrasto tra Meade e Scitovsky afferma “In both cases it is implied that an essential ingredient of a common currency, or a single currency area, is a high degree of factor mobility” );
2) la presenza di trasferimenti fiscali tra le aree in surplus verso le aree in deficit (e non di prestiti ad interesse).
La capacità di un’area valutaria di resistere e superare degli shock asimmetrici risiede pertanto nella presenza di questi due importanti fattori, nonché di una banca centrale che faccia ciò che fanno tutte le banche centrali - all’intero sistema finanziario (si veda per esempio Krugman 2012 sulle cause, e le possibili soluzioni, della crisi dell’euro zona).
Il pareggio di bilancio non è MAI nominato come condizione necessaria e sufficiente per la risoluzione della crisi.
Guardando inoltre al caso specifico della zona euro, sembrerebbe che questo shock asimmetrico sia in buona parte dovuto al fenomeno di capital inflow manifestatosi con forza fino al 2007. Secondo il recente studio condotto da Gabrish e Staehr, 2013, l’andamento divergente nei livelli di competitività degli Stati Membri sembra essere stato causato essenzialmente dal rilevante afflusso di capitali che alcuni Paesi (periferici) hanno registrato.
In questo senso viene da chiedersi in che modo le manovre sul bilancio degli Stati e più in particolar modo sul controllo della stabilità economica e finanziaria possono risolvere la crisi se i gap di competitività cumulato dai Paesi periferici rispetto a quelli core ha una relazione evidente con i movimenti di capitali interni all’area?
4 - Quali sono gli effetti del pareggio di bilancio, come concepito dall’UEM, e che giustifica la “condizionalità”, cioè la disattivazione della sovranità degli Stati e dei diritti fondamentali per tale finalità superiore ad ogni altra nei valori UEM?
Il deficit di bilancio, secondo la consolidata impostazione neoclassica, sarebbe influente sul reddito di una Nazione.
A sostegno di tale affermazione è comunemente riportato il concetto di “equivalenza ricardiana” (J. Buchanan 1976). Secondo i lavori sviluppati da Ricardo (1821) e successivamente da Barro (1974), si è venuta a consolidare l’assunzione secondo la quale il deficit pubblico e di conseguenza il debito pubblico sia, nel migliore dei casi, neutrale rispetto alla capacità del sistema economico di creare reddito nel lungo termine.
Se uno Stato spende più di quanto incassa, sarà costretto prima o poi ad incassare più di quanto spenderà e quindi ad aumentare proporzionalmente le tasse. Per tale ragione il debito pubblico potrebbe essere considerato al pari di un’imposta patrimoniale sui privati, intesa come valore attuale di tutte le tasse che in futuro verranno richieste in più per rimborsare il debito pubblico.
La spesa a deficit dello Stato, quindi, non migliorerebbe la posizione patrimoniale dei privati nel lungo periodo. Inoltre, a causa dell’inevitabile aumento delle imposte che dovrà avvenire in futuro per ripagare tale debito, gli stessi privati vorranno risparmiare oggi una quota maggiore del loro reddito per far fronte al successivo inasprimento fiscale (Barro, 1974) determinando, anche nel breve periodo, un effetto contrario a quello espansivo del deficit pubblico.
La spesa pubblica poi spiazzerebbe quella privata secondo il fenomeno del crowding out e quindi, non aggiungendo niente alla domanda aggregata, verrebbe spiazzata quella privata a favore di quella pubblica (che secondo l’impostazione neoclassica è più inefficiente). L’impossibilità da parte dello Stato di far deficit, secondo questa impostazione, garantirebbe pertanto un maggior accumulo di risorse da parte del settore privato, che è in grado di effettuare un’allocazione in maniera più efficiente delle stesse. (secondo questa impostazione è quindi possibile comprendere lo schema precedente riguardo al controllo sulla dinamica del debito pubblico da realizzarsi attraverso le misure di Euro Plus pact).
A sostegno di tale affermazione è comunemente riportato il concetto di “equivalenza ricardiana” (J. Buchanan 1976). Secondo i lavori sviluppati da Ricardo (1821) e successivamente da Barro (1974), si è venuta a consolidare l’assunzione secondo la quale il deficit pubblico e di conseguenza il debito pubblico sia, nel migliore dei casi, neutrale rispetto alla capacità del sistema economico di creare reddito nel lungo termine.
Se uno Stato spende più di quanto incassa, sarà costretto prima o poi ad incassare più di quanto spenderà e quindi ad aumentare proporzionalmente le tasse. Per tale ragione il debito pubblico potrebbe essere considerato al pari di un’imposta patrimoniale sui privati, intesa come valore attuale di tutte le tasse che in futuro verranno richieste in più per rimborsare il debito pubblico.
La spesa a deficit dello Stato, quindi, non migliorerebbe la posizione patrimoniale dei privati nel lungo periodo. Inoltre, a causa dell’inevitabile aumento delle imposte che dovrà avvenire in futuro per ripagare tale debito, gli stessi privati vorranno risparmiare oggi una quota maggiore del loro reddito per far fronte al successivo inasprimento fiscale (Barro, 1974) determinando, anche nel breve periodo, un effetto contrario a quello espansivo del deficit pubblico.
La spesa pubblica poi spiazzerebbe quella privata secondo il fenomeno del crowding out e quindi, non aggiungendo niente alla domanda aggregata, verrebbe spiazzata quella privata a favore di quella pubblica (che secondo l’impostazione neoclassica è più inefficiente). L’impossibilità da parte dello Stato di far deficit, secondo questa impostazione, garantirebbe pertanto un maggior accumulo di risorse da parte del settore privato, che è in grado di effettuare un’allocazione in maniera più efficiente delle stesse. (secondo questa impostazione è quindi possibile comprendere lo schema precedente riguardo al controllo sulla dinamica del debito pubblico da realizzarsi attraverso le misure di Euro Plus pact).
La critica principale a questo tipo di ragionamento si incentra sull’assunto di base secondo cui lo Stato non possa aggiungere niente più alla domanda aggregata di pieno impiego (come generalmente era considerata intorno gli anni ’70).
Ma con una disoccupazione che, ormai da 30 anni, è stabilmente sopra la soglia minima del pieno impiego, siamo veramente convinti che il settore privato, autonomamente riesca a raggiungere il pieno impiego?
Inoltre, con la disoccupazione a due cifre e livelli di output ben sotto il pieno impiego ha senso ancora parlare di crowding out e di neutralità della spesa pubblica in deficit?
Ma con una disoccupazione che, ormai da 30 anni, è stabilmente sopra la soglia minima del pieno impiego, siamo veramente convinti che il settore privato, autonomamente riesca a raggiungere il pieno impiego?
Inoltre, con la disoccupazione a due cifre e livelli di output ben sotto il pieno impiego ha senso ancora parlare di crowding out e di neutralità della spesa pubblica in deficit?
L’esistenza e la necessità di un certo margine per la spesa pubblica in deficit era indicata anche nei trattati di Maastricht, fissando al 3% il limite da non oltrepassare. Il deficit pubblico serve appunto per compensare cali di domanda che si possono avere nel settore privato.
Il problema è quindi quanto deficit sia auspicabile e quanto stock di debito sia sostenibile da parte del singolo Stato.
Il limite poi al 60% del rapporto tra debito pubblico e PIL non ha nessun supporto scientifico e non ha niente a che vedere con il concetto di sostenibilità del debito pubblico, che secondo alcuni studi prescinderebbe dal rapporto tra stock del debito e ricchezza prodotta (per una raccolta si veda)
Il problema è quindi quanto deficit sia auspicabile e quanto stock di debito sia sostenibile da parte del singolo Stato.
Il limite poi al 60% del rapporto tra debito pubblico e PIL non ha nessun supporto scientifico e non ha niente a che vedere con il concetto di sostenibilità del debito pubblico, che secondo alcuni studi prescinderebbe dal rapporto tra stock del debito e ricchezza prodotta (per una raccolta si veda)
L’aver voluto restringere notevolmente i margini di manovra degli Stati, imponendo il sostanziale pareggio di bilancio, impedisce ai singoli Paesi di adottare degli interventi anticiclici che permettano di affrontare in maniera più soft crisi nel settore privato (per non parlar poi della attuale situazione di trappola della liquidità). E questo non fa altro che aggravare la crisi, mancando quella funzione di “Big Government” che dovrebbe essere esercitata dallo Stato anche al fine di attutire gli effetti di una crisi economica o finanziaria sulle attività economiche e sulla popolazione (http://digitalcommons.bard.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1231&context=hm_archive ).
Magari però l’obiettivo di imporre il pareggio di bilancio agli Stati membri è un altro, e può piuttosto riguardare l’obiettivo di trasformare l’economia dell’eurozona in modo che possa svolgere una strategia di crescita basata sul beggar-thy-neighbor di tipo tedesco.
Se infatti si parte dall’analisi della relazione dei saldi settoriali, risparmio netto settore privato=deficit pubblico + saldo partite correnti, e si introduce il vincolo deficit pubblico = 0, si ottiene che il risparmio del settore privato debba essere pari al saldo delle partite correnti.
Quindi se il settore privato vuol risparmiare più di quanto consuma o investe, deve farlo all’estero sfruttando la domanda estera di beni nazionali. Quello che da sempre stanno facendo i tedeschi. In questo senso le condizionalità sono comprensibili in un’ottica di miglioramento della competitività esterna dei singoli Stati. I precetti dell’Europa servirebbero quindi per comprimere la domanda interna (e quindi ridurre le importazioni) e migliorare la competitività di prezzo dei prodotti (sfruttando gli effetti da curva di Philips della disoccupazione) in modo da risolvere grazie alla domanda estera i problemi dei singoli Paesi.
E volendo si potrebbe avere una conferma di ciò dalle parole dello stesso governatore della BCE M.Draghi “….if you enhance the competitiveness, you can actually count on your external demand, on your net exports…” ().
Se infatti si parte dall’analisi della relazione dei saldi settoriali, risparmio netto settore privato=deficit pubblico + saldo partite correnti, e si introduce il vincolo deficit pubblico = 0, si ottiene che il risparmio del settore privato debba essere pari al saldo delle partite correnti.
Quindi se il settore privato vuol risparmiare più di quanto consuma o investe, deve farlo all’estero sfruttando la domanda estera di beni nazionali. Quello che da sempre stanno facendo i tedeschi. In questo senso le condizionalità sono comprensibili in un’ottica di miglioramento della competitività esterna dei singoli Stati. I precetti dell’Europa servirebbero quindi per comprimere la domanda interna (e quindi ridurre le importazioni) e migliorare la competitività di prezzo dei prodotti (sfruttando gli effetti da curva di Philips della disoccupazione) in modo da risolvere grazie alla domanda estera i problemi dei singoli Paesi.
E volendo si potrebbe avere una conferma di ciò dalle parole dello stesso governatore della BCE M.Draghi “….if you enhance the competitiveness, you can actually count on your external demand, on your net exports…” ().
A quale domanda estera fa riferimento Mario Draghi?
Non certo quella tedesca che continua a comprimere le importazioni più di quanto non rallentino le esportazioni. Piuttosto quella esterna all’area euro.
Ma con livelli di domanda globale molto sotto il pieno impiego e con inoltre gli effetti del cambio a mitigare l’eventuale aumento di competitività esterna dell’area euro, in che modo sarà possibile farci diventare tutti tedeschi?
E poi, hanno preso in considerazione le attenzioni ormai costanti a cui sono sottoposti comportamenti di free riding internazionali? (“…The Macroeconomic Imbalances Procedure, developed as part of the EU’s increased focus on surveillance, should help increase the amount of attention paid to building external and internal imbalances; however, the procedure is somewhat asymmetric and does not appear to give sufficient attention to countries with large and sustained external surpluses like Germany…” http://www.treasury.gov/resource-center/international/exchange-rate-policies/Documents/Foreign%20Exchange%20Report%20November%202012.pdf )?
Non certo quella tedesca che continua a comprimere le importazioni più di quanto non rallentino le esportazioni. Piuttosto quella esterna all’area euro.
Ma con livelli di domanda globale molto sotto il pieno impiego e con inoltre gli effetti del cambio a mitigare l’eventuale aumento di competitività esterna dell’area euro, in che modo sarà possibile farci diventare tutti tedeschi?
E poi, hanno preso in considerazione le attenzioni ormai costanti a cui sono sottoposti comportamenti di free riding internazionali? (“…The Macroeconomic Imbalances Procedure, developed as part of the EU’s increased focus on surveillance, should help increase the amount of attention paid to building external and internal imbalances; however, the procedure is somewhat asymmetric and does not appear to give sufficient attention to countries with large and sustained external surpluses like Germany…” http://www.treasury.gov/resource-center/international/exchange-rate-policies/Documents/Foreign%20Exchange%20Report%20November%202012.pdf )?
Caro Quarantotto,
RispondiEliminaNon riesco a star sempre dietro a tutte le pubblicazioni del Blog. E mi spiace perché, come più volte sottolineato, risultano molto istruttive e ben articolate da più punti di vista. Ciò sottolineato perdonami il brevissimo fuori tema ma avrei il piacere di riproporre (ove possibile) gli articoli qui presenti, in particolare quello sullo "ius cogens" ultimo pubblicato. Non sia mai riesca a sensibilizzare qualche anima in più sui diritti fondamentali della persona!
Un grazie in ogni caso.
Un saluto e buon lavoro,
Elmoamf Massimo Paglia
Caro Massimo, per rilanciare un post (o tutti quelli che vuoi, con link o per esteso) non c'è alcun problema. Questo è un "blog" collettivo: nessun culto della personalità e nessuna ostentazione di "diritti morali d'autore". La "ricchezza" di questo blog sta proprio nel suo appartenere a tutti (come dice la sottointitolazione del blog stesso):-)
EliminaMi associo a Elmo, leggere leggo eh...e non solo questo blog.
RispondiEliminaIl vero problema è che servirebbe un trasduttore-trasferitore-subliminale di pensieri e riflessioni dalla corteccia (cerebrale) allo schermo del PC (magari wi-fi :-)), perchè tutti i commenti che vorrei scrivere li faccio in "stream of consciousness" finchè lavoro o faccio altro.
Eh...se ne perde di roba "come lacrime nella pioggia" :-)
Pensavo ultimamente a quanto si siano progressivamente persi o impoveriti nel tempo i cosiddetti "spazi di aggregazione".
Inernet è senz'altro una grande risorsa, ma non può sostituire (al limite dovrebbe essere complementare a..) quello che un tempo erano le assemblee: di fabbrica, di quartiere, di condominio, associazione o bocciofila che dir si voglia.
Insomma la possibilità di scambiarsi idee in tempo reale, facendo parlare tutti e animando discussioni civili guardandosi in faccia.
Questa usanza sembra essersi persa (o ce l'hanno fatta perdere?).
Carlo tu mi dai sempre spunti e sei un redattore de facto a pieno titolo. Quindi non puoi semplicemente rimanere "indietro" :-)
EliminaMa hai ragione: dopo questi 2 post, che ritengo fenomenali (ma Francesco Lenti ndov'è?), rallentiamo il ritmo in modo da consentire letture di "arretrato" a tutti.
Peraltro, anche perchè i 2 post devono portare allo sviluppo naturale della trattazione "funditus" della impostazione dei problemi di costituzionalità su di essi fondabili.
Un lavoraccio, ma qualcuno lo deve pur fare (e pensa che rischia di divenire così "articolato" che pochi lo leggeranno :-)...) Eppure è praticamente l'unica arma "rilevante" che ci rimane a disposizione, come insegna il Portogallo e la denuncia "tedesca" da te segnalata (su cui invito i 4 lettori 4 ad andarsi a vedere le ultime nuove segnalate da Mauro Poggi: http://orizzonte48.blogspot.com/2013/01/essi-vivono-they-live.html?showComment=1358274384889#c8743458728757506044)
Ohi: per gli spazi di aggregazione, hai ragione.
EliminaSe organizzi una "conferenza"-dibattito a Padova ci porto pure Flavio e (mi senti Fla? Padova non è lontana per te :-)). Ci porterei anche Hulk, ma sta veramente lontano. Se poi si vuole andare a Firenze, magari Francesco Lenzi viene a "commentarsi"...sempre che sia in ascolto...)
Te sento, te sento. Per me il Centro Nord va bene. Padova ottimo!!
EliminaEccomi qua. Se dite di passare da queste parti toscane mi aggrego volentieri. Ci dovrebbe esser qualcosa verso il mare, mi ha detto sil-viar. Nel frattempo la cosa fondamentale da far capire è la stupidità delle decisioni che stanno prendendo. Tragicamente simili a quelle che portarono alla grande depressione. Come si possono ripetere gli stessi errori?
EliminaBeh, la ripetizione degli errorii ha una spiegazione abbastanza semplice: le politiche keynesiane (sui cui limiti di condivisione abbiamo visto), furono adottate come risposta "occidentale" all'indomani della Conferenza di Teheran e di Yalta, e già, nel 1942, aveva visto la luce il famoso Beveridge brief.
EliminaLa straordinaria capacità di resistenza dei russi ai nazisti, e la successiva aggressività espansionistica dello stalinismo (che sta al leninismo come il fiskalpakt sta all'euro), avevano infatti convinto gli USA e UK, e la stessa Italia, che non bastava ricostituire la democrazia liberale (col suo sistema variamente censitario di rappresentanza politica e con il liberismo come filosofia politico-economica) per assicurare la sopravvivenza della stessa democrazia, sia di fronte allo spettro del ripetersi della crisi del '29, che tanta parte ebbe nell'affermarsi del nazismo, sia a fronte dell'aggressione ormai conclamata che proveniva dallo stalinismo (la vicenda Cecoslovacca dell'immediato dopoguerra e il "ponte" aereo a salvezza di Berlino-da cui nacque il deutschemark :-), furono episodi contrapposti eloquenti).
Venuta meno la presenza "vitale" del socialismo reale (il collasso è in realtà antecedente al fatidico 1989), il capitalismo finanziario, in particolare, volle riprendersi ciò che, a partire dal New Deal, ha sempre considerato il "maltolto".
Cioè lo Stato redistributivo del welfare: si abbandona la priorità della crescita della ricchezza nazionale (Andreatta è esplicito in tal senso) e si instaura l'ideologia ossessiva dell'anti-inflazionismo (dimenticando il peso dei "prezzi petroliferi", e attribuendo l'inflazione come "male in se" alle pressioni dei lavoratori e al risparmio pubblico, predicando il crowding-out). E si da' via libera alle BC indipendenti.
L'effetto voluto è la crescita dei profitti finanziari, la logica dell'espansione per via di export-domanda estera, cioè a scapito dei "vicini" e la mimesi dell'internazionalismo per dissimulare...l'imperialismo "finanziario", appunto dentro l'UE in Europa, e mediante il FMI comunque nel resto del mondo.
Detto questo: caro Francesco, attendendo tuoi nuovi contributi (liberi) :-), le "riunioni" si possono fare sia in Versilia che a Padova. Se vieni almeno alla prima avremo comunque modo di scambiarci idee e opinioni. Se vieni pure a Padova, facciamo brainstorming con Flavio e ci divertiamo (ovvio che ci sono divertimenti migliori nella vita: ma non si può avere tutto :-)!...)
Grazie molte dell'invito, farò il possibile.
EliminaRiguardo a quello che dici sul modo attraverso il quale l'effetto redistributivo dello Stato è servito a tener abbastanza lontane le spinte verso una deriva ad EST dell'Italia ed in generale dell'Europa, mi trovi d'accordo. C'è però una cosa in più da aggiungere. Proprio nel punto di svolta della storia economica contemporanea (fine anni settanta) si è data prova della superiorità del modello keynesiano (inteso in senso generale come modello di demand-side) rispetto a quello neoclassico o supply-side. Molto istruttiva per me è stata la lettura, al tempo dell'università, di questo articolo in cui viene comparato il modo attraverso il quale Italia e Inghilterra (Paesi che per popolazione e sistema industriale erano sostanzialmente simili) hanno superato quel periodo. La politica economica adottata in Italia (fatta di inflazione e svalutazione del cambio) ha ottenuto risultati di gran lunga superiori rispetto a quella Thatcheriana. Poi, come sappiamo, nel decennio successivo le cose cambiarono perché fu ritenuto impossibile contrastare la deriva inflazionistica (in aumento) senza una serie di riforme monetarie e fiscali. Potremmo discutere se queste manovre deflazionistiche abbiano veramente calmato la deriva dei prezzi oppure se fu soltanto fortuna (come gli studi che ho postato evidenziano, che per ironia del caso son proprio commissionati dall'ECB, la cosiddetta "guardiana della moneta") ma è un fatto empiricamente dimostrato che posporre gli aggiustamenti (se effettivamente si dimostrassero necessari) al momento in cui le condizioni macroeconomiche siano maggiormente favorevoli tende a produrre effetti meno gravi che non reagire in maniera immediata agli shock.
“…variazioni inattese dei prezzi provocano cambiamenti nel valore reale dei debiti, originariamente fissati in termini nominali (in contratto di debito non indicizzato prevede a scadenza una somma fissa nominale). Si comprende allora che la redistribuzione favorevole ai creditori derivante dalla disinflazione dipende da un errore previsionale alla stipula dei contratti, confermato empiricamente dal rigetto della ipotesi di previsione perfetta. Ma la verifica empirica ha rivelato pure un ritardo di adeguamento dei tassi che, come osservato da Modigliani e Papademos, rafforza ulteriormente l’effetto redistributivo protraendolo nel tempo.
EliminaLa direzione degli effetti distributivi dipenderà dall’andamento crescente o decrescente del tasso d’inflazione: in particolare, i creditori sono avvantaggiati in caso di disinflazione, la quale, nel caso dell’Italia, si è verificata in misura massiccia dal 1980 al 1985, e quasi senza interruzioni nel corso degli anni’90. Quanto alla dimensione di tali effetti redistributivi, per avere un’idea della loro rilevanza possiamo trarre spunto ancora una volta da Modigliani e Papademos, i quali affermano che, sotto date ipotesi, una variazione non prevista del tasso d’inflazione pari all’1% provoca una redistribuzione della ricchezza tra creditori e debitori pari all’1% del valore totale delle attività nette.
Ciò significa che, se prendiamo come riferimento la ricchezza finanziaria netta delle sole famiglie registrata nel 1993 (2.657.111miliardi di lire), la riduzione di oltre un punto nel tasso d’inflazione verificatasi tra il 1992 e 1993 (posto per semplicità che sia stata del tutto inattesa), avrebbe generato un effetto distributivo non inferiore a 26.000 miliardi di lire, pari all’incirca all’1% del PIL. Ripetendo il calcolo per il periodo che va dal 1992 al 1998 si scopre che, anche limitando l’analisi all’effetto redistributivo generato dagli errori nelle attese (cioè senza considerare i ritardi di aggiustamento), i creditori avrebbero goduto di un incremento nel valore reale della loro ricchezza netta all’incirca pari al 5% del prodotto interno lordo.”.
Ecco a cosa servì la lotta all’inflazione, lo studio è qui. Il bello è che, come appare da questa serie storica dell’inflazione in Italia dal 1960 al 2012, i picchi si hanno proprio negli anni a cavallo dei due shock petroliferi. E’ palese. Si prende a pretesto uno shock esogeno da costi di produzione per scaricarlo sui lavoratori. Poi, la butto là, ma si parla ad esempio sempre di CLUP, ma mai del margine di profitto…quanto pesa, ecc… Voi che ne pensate? 48, Francesco? Sil-viar e Sofia (grazie a proposito!)? Tutti? Oh, se c’è qualcosa che non sembra logico e che ho sbagliato, fatemi sapere… Thanks.
Flavietto e che c'è da aggiungere? E' chiaro però che negli anni 70 i creditori (e a rigore nel sistema tali sono) erano costituiti dai LAVORATORI, creditori verso le imprese delle retribuzioni, e l'inflazione registrata in modo ritardato sulla dimensione degli "accessori" al credito (cioè la famosa scala mobile), avvantaggiava anche loro. E dunque la redistribuzione era verso il basso.
EliminaSe invece il ritardo nell'adeguamento dei tassi al calo dell'inflazione (interessi reali positivi) avviene in situazione in cui è abolita la scala mobile e i creditori sono le banche-grandi imprese detentrici della schiacciante maggioranza del debito pubblico (incrementato via accumulo degli interessi, tra l'altro), dopo il divorzio tesoro-bankitalia, è chiaro che la redistribuzione cambia segno. In due mosse, (divorzio e abolizione scala mobile) scacco matto.
Insomma bisogna sempre individuare sociologicamente chie è in posizione di "creditore" tutelato da meccanismi antiinflattivi
@Francesco.
EliminaIn effetti, allorchè fu dimostrata la superiorità delle politiche keynesiane su quelle deflazionistriche e sul lato dell'offerta, furono...abbandonate!
Logico no?
Per questo, la demonizzazione dell'inflazione, e la falsificazione (monetarista) delle sue cause (spesso evidenziata da Flavio), sono armi essenzialmente politiche."Essi vivono" ma prima della caduta della cortina di ferro, erano un pò più "quiescenti": anche dracula, di giorno, riposa nella bara...e esce nella "vera" notte della Repubblica
Si certamente, ho dato per scontato questa cosa ma era giusto fare la distinzione come hai ben illustrato!
EliminaMa noi siamo maestri in questo. Abbiamo visto che non è possibile controllare la quantità di moneta, te lo dice pure il padre del monetarismo, e poi che facciamo? .......BCE che opera secondo il "doppio pilastro", controllo tasso di interesse e quantità di moneta. Come se si potessero erogare prestiti quando nessuno te li chiede.
EliminaCiao Quarantotto se vieni a Padova ci sono pure io con consorte.
RispondiEliminaBene così ci aggiorniamo sul tuo frattale borsistico (ma perchè non senti sil-viar per mettere a punto una pubblicabilità che il pezzo senz'altro merita?) Please...così a Padova possiamo anche andare "oltre" la siepe :-)
EliminaA proposito di speranza nella democrazia, avete letto di questa nuova iniziativa della nostra democratica mamma?
RispondiEliminahttp://www.presseurop.eu/it/content/news-brief/3270271-spagnolo-la-seconda-lingua-del-mondo?xtor=RSS-9
Mauro (altro redattore de facto), ma come c'entra la "mamma" con lo spagnolo come seconda lingua più parlata? O forse ti riferisci all'UE che lascia la Francia da sola a far la guerra nel Mali (ma già si stanno muovendo, visto che nel Saheel c'è l'estensione del vincolo UEM, non sia mai)
EliminaAzz, che figura... SCUSATEEE!!!
EliminaIl link che mi era rimasto come copia incolla è quello che avevo passato a mia moglie per informazione (lei è spagnola, contavo lusingare il suo ego per farle preparare una paella):( :(
E meno male che non era rimasto in memoria quello precedente, sugli migliori locali scambisti di Genova :D :D
Ecco il link esatto:
http://www.marx21.it/internazionale/europa/21610-lunione-europea-si-vuol-comprare-la-democrazia.html
Mauro, scusa il mio sarcasmo, ma "sono notizie meravigliose!"
EliminaE pensare che un tedesco (storico) ha persino voluto istituire un parallelo tra UE e S.Romano Impero asburgico, evidenziando i supposti parallelismi di invidievole "libertà" dei popoli assoggettati...Mi sa che ne parlerò alla luce di questa "meravigliosa notizia" :-)
Un incontro a Padova non sarebbe male. Non so se riuscirò a dargli il rango di una "conferenza", ma ci proverò! Non aspettatevi tempi brevi però. Il che magari è meglio, così intanto la comunità cresce ;-)
RispondiElimina@Carlo
RispondiEliminaAbbiamo perso gli spazi di democrazia, e con questi l'abitudine al confronto che la democrazia stessa implica.
Come saprete faccio parte di un comitato genitori. Questi comitati sono una palestra per il confronto delle idee tra cittadini, e per la democrazia e le sue regole, nonostante sorgano su rivendicazioni particolari.
Vorrei ringraziare Flavio e Francesco per questo post.
Flavio per la chiarezza e la semplicità. La sua introduzione potrebbe essere stampata e diffusa, magari proprio per alimentare un confronto in una assemblea.
Francesco per la completezza e la documentazione, un gran lavoro.
Anche io trovo gli articoli davvero molto chiari. Grazie
RispondiEliminaNel frattempo continua a stupirmi, ma in effetti non ve ne ė ragione, che dall'estero sono in molti a non condividere la linea del nostro Draghi. Voci dall'estero riporta la traduzione di un articolo di ambrosie Evans Pritchards che ripropone indegni paragoni tra tale nostrana politica e quella che in senso opposto del Giappone e della stessa America, Di inflazionare e agire sulle politiche del lavoro per aumentare l'occupazione. L'articolo fa riferimento alla recente relazione della Commissione CE, al contegno immorale della Germania, all'evidente impossibilità di uscire dalla crisi nei tempi preannunciati da Draghi! Alla "crudeltà" della politica della BCE. Il commento finale nell,articolo, riferito a draghi è che se sinora ha salvato i ricchi ora dovrebbe pensare a salvare i poveri. Insomma niente di nuovo sotto il sole ma è incoraggiante sapere che sono sempre più in tanti a pensarla nello stesso modo
Sì, ho visto l'articolo di vans-Pritchards: sono cose che dice da tempo. MA è uno di quegli autori che continua a non dire che queste politiche, senza molte varianti, sono insite nell'operatività sturtturale dell'euro di maastricht.
EliminaCome se Draghi potesse con una politica monetaria, comunque antinflazionistica, per di più centralizzata, correggere gli squilibri commerciali e i differenziali dei tassi di inflazione tra i paesi core e tutti gli altri...Draghi non solo vuole fare poco, ma può fare poco
Ma ne riparleremo
Riporto un link che ho preso da un commento di Bagnai e che mi ha letteralmente fatto venire i brividi.
RispondiEliminaForse lo avrete già letto tutti, ma meglio arrotondare sempre per eccesso nella diffusione di certe notizie.
Ditemi voi se non sembra l'inizio del Programma T4
Dovrebbe essere schiaffato in faccia a tutti quelli che sperano in una salvifica dominazione da parte degli "alti belli e biondi".
Se sono in grado di fare questo ai loro connazionali, cosa potranno fare agli Untermensch delle colonie del sud?
Per farmi male, me lo son letto proprio prima di andar a dormire. Ho avuto un po' difficoltà a prender sonno.
EliminaMa anche in Italia ci stiamo organizzando.
Eliminahttp://www.blogger.com/blogger.g?blogID=7138099619226908681#editor/target=post;postID=2873360201936933355. Cito:
"Ben dettagliato - e diverso dalla versione precedente - il meccanismo di calcolo dei posti letto per mille abitanti. Si calcola il costo medio per posto letto a livello nazionale, dividendo il costo complessivo nazionale dell'assistenza ospedaliera 2011 e il numero dei posti letto effettivi attivi nei reparti ospedalieri al 1° gennaio 2012 e rilevati nei modelli che riguardano i posti letto per disciplina delle strutture di ricovero pubbliche ed equiparate e i posti letto per disciplina delle case di cura private. Si divide il costo medio per posto letto a livello nazionale per il valore finanziario del saldo di mobilità attiva e passiva riferito al flusso dei ricoveri di ciascuna Regione secondo la mobilità economica 2012 per individuare il numero dei posti letto equivalenti utilizzati per la mobilità dei pazienti tra le regioni. Il numero di posti letto equivalenti è moltiplicato per un coefficiente di 0,80 . Il suddetto coefficiente di 0,80 è ridotto a 0,65 dal 2015."
Cioè i posti letto sono destinati, nel tempo, a diminuire sempre più. Cioè è sicuro, programmato normativamente.
Ma, scusate ma non si era detto che "pero' nel 2050, e cioe' dopodomani, i dati ci dicono ci sarà anche un cospicuo invecchiamento della popolazione, gli investimenti da fare nel settore aumenteranno del 150% ed e' su queste basi che dobbiamo ragionare perche' allora si' che sara' difficile garantire il sistema"?
E i "vecchietti" dove "li metti"?
Scusa il link di cui alla citazione è il seguente:
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/la-storia-si-ripete-prima-come-tragedia.html
Li mettiamo nelle case di riposo private a 1200euro al mese...
EliminaCosì poco? Ma tu non vuoi aiutare il "supply side"! Mi diventi stalinista! :-)
EliminaDici? ;)
EliminaMi unisco anche io nei ringraziamenti a Francesco e Flavio per i notevoli contributi forniti.
RispondiEliminaPer il resto, ho avuto diverse cose da sbrigare e sono indietro nella lettura e metabolizzazione.
Oh, "Hulk" se tu parli di metabolizzazione, capirai, che fai una certa "paura"...
EliminaAnzi, sapere che anche lui ha bisogno di metabolizzare per me è un conforto!
EliminaEh, eh... si tratta solo dell'effetto secondario della malcelata soddisfazione per l'allargamento della valida compagine dei "redattori" in materie "economiche".
EliminaQuella del "bue" me l'hai tolta di...tastiera :-)
RispondiEliminaSolo che gli USA hanno intimato a UK di "rimanere" perchè vogliono che si facciano i trasferimenti a carico del bilancio federale. Esattamente ciò che Schultz non amerebbe, se operato nella quantità indispensabile per "riequilibrare" gli squilibri fiscali -e sociali (dannate Costituzioni!)- determinati dagli squilibri commerciali.
Quando gli USA vedranno che non c'è modo di convincere la Merkel a fare il tutto nella misura ben quantificata da Sapir, e che gli Schulz non sono molto diversi (tranne che vogliono caricarsi sulle camionette l'oro di bankitalia), apriranno definitivamente gli occhi sull'euro.
Ma secondo me l'hanno già fatto e lasciano parlare Schulz perchè vogliono "sbarcare" solo quando sarà evidente al mondo che nessun partito tedesco può accettare la "resa", e che quindi nessun tedesco considererà gli "interessi delle nazioni" che non siano la "sua", accettando che la crescita possa passare per una reflazione "asimmetrica" (se l'alziamo tutti insieme nella stessa misura non avrebbe senso sui mercati UE ma solo nei confronti del $, ideona-monetarista/quantitativa, coltivata con la "salvezza" via BCE).
La crescita passa solo per un effettivo riequilibrio dei (reciproci) tassi di cambio reale UEM e, per di più, per servire a rilanciare la domanda mondiale, CIOE' QUELLO CHE VOGLIONO GLI USA,dovrebbe essere fatto in fretta (non tra 20 anni, forse).
Insomma, qua le parole sono "strumentalizzate" apposta per far finta di non capire. Hai capito lo Schulz? Ma quelli che mi preoccupano sono gli Schulz de noantri
Una domanda: ma l'oro di bankitalia di chi è? E' sempre nostro? dello Stato e dei cittadini? (così per sentirmi un po' ricca)
RispondiElimina(non so dove mettere questo, scusate)
Ci sono i cantori della post-democrazia (lo sapevate?), l'ode a monti, ci hanno fatto un film:
http://girlfriendinacoma.eu/?lang=it
Leggete questa recensione:
http://blogs.euobserver.com/phillips/2013/01/16/this-charming-man-the-dapper-cosmopolitan-face-of-post-democracy/
I registi?
http://piras.blogautore.espresso.repubblica.it/
annalisa piras. giornalista. Ha ritirato il premio pen/pinter per roberto saviano
http://it.wikipedia.org/wiki/Bill_Emmott
bill emmott. l'ex direttore economist antib.
Vi rendete conto? Ci hanno fatto un film, lo hanno presentano a bruxelles, lì immagino tutti contenti... dopo il neorealismo, la postdemocrazia...
L'oro della banca d'Italia...bella domanda: non si sa e non si sa non tanto perchè non esistano solidi principi giuridici che consentano di affermare ciò che è perfettamente logico e conforme a Costituzione -cioè che è DI PROPRIETA' DELLA REPUBBLICA ITALIANA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO- quanto perchè non esiste più il rispetto e il senso della Costituzione, la cultura diffusa della democrazia nei cittadini (proprietari dell'oro), il coraggio civile di resistere e di tener fede al giuramento fatto sulla Costituzione da parte di tutti quelli investiti di posizione di vertice nell istituzioni...
RispondiEliminaPoi te credo che fanno film come quelo che citi: se la Costituzione è morta - e nessuno va neppure al funerale, che si celebra praaticamente tutti i giorni- i propagandisti di regime sono ben vivi
Molto emetici, sia il film che il blog omonimo.
RispondiEliminaCirca l'oro alla Banca d'Italia, bisognerebbe capire a che titolo sta lì. E' un deposito dello Stato oppure è un attivo della Banca? Nello Stato Patrimoniale 2010, troviamo alla prima voce dell'attivo: "Oro e crediti in oro" per 83 mld. (che attualizzati al 2012 potrebbero corrispondere alle 2452 tonn indicate qui:
http://www.wallstreetitalia.com/article/145507 )
In questo caso, trattandosi di Spa per il 94% in mano a banche e assicurazioni, temo che solo il rimanente 6% di quell'oro apparterebbe allo Stato (tramite INPS e INAIL, mi pare).
Notare che fuori bilancio, in calce, la voce "Conti d'Ordine" indica un valore di 284 mld. I conti d'ordine sono attivi di vario tipo, che si trovano temporaneamente nell'azienda ma che non sono nelle disponibilità diretta della stessa, e per questo vengono iscritte fuori bilancio. Tipicamente: se io ho una fidejussione che un cliente mi ha lasciato a garanzia, il valore della fidejussione viene iscritto fuori bilancio nei conti d'ordine. Il dettaglio di questi 284 mld non è riportato, ma dalla nota integrativa al bilancio non mi pare si possa presumere che parte di quel valore possa essere per un deposito in oro di proprietà dello Stato. Sembrerebbe quindi valida la prima che ho detto :(
Però sto ragionando secondo criteri strettamente contabili, che nel caso specifico non so se hanno validità...
Mi chiedo: se l'oro non appartenesse allo Stato, possibile che a fronte delle tante proposte avanzate di utilizzarlo per ridurre il debito, nessuno abbia ancora alzato il ditino a dire che non è mica nostro? Ma anche: non è che nessuno alza il dito perché "meglio evitare" che la gente venga a conoscenza di certi dettagli? (ricordiamoci che il 99% delle persone, incluso alcuni miei conoscenti che lavorano in banca, si meravigliano quando gli dici che la Banca d'Italia è un'istituzione privata).
Per il bilancio, vedere qui:
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel10/rel10it/bilancio/rel10_22_relazione_bilancio.pdf
Ma in un normale rapporto tra Stato (ente esponenziale della comunità nazionale), e banca centrale, la seconda è nulla più che un ente strumentale. Cioè una figura soggettiva separata per motivi di decentramento burocratico di funzioni altamente tecniche che, in apice, cioè in base alla Costituzione, sono naturalmente nella titolarità dell'organo costituzionale di gestione, attuativa della legge, dell'interesse nazionale, cioè il governo.
EliminaQuindi la titalarità di bankitalia è "derivata" , o delegata (lo Stato-governo, per Costituzione, può riappropriarsene in ogni momento). Se anche, il divorzio, che non è neppure passato per il consiglio dei ministri, e meno che mai per una legge, avesse privatizzato (insieme con le successive privatizzazioni degli azionisti) la BC, quell'oro non ha cambiato titolarità. Sarebbe affidato in deposito, che è una specificazione del "mandato d custodia). E non risulta nemmeno che ci sia stata un conferimento di procura: cosa che avrebb richiesto una legge, o un atto espresso, del tesoro. Quindi l'oro è detenuto solo "per conto" dello Stato, ma neppure la BC può spenderne il nome. COme mandatario dovrebbe attenersi alle "sitruzioni" previste dal mandato. In ogni momento lo Stato può disporne e solo il non poter ammettere questo (ciò che intaccherebbe alla base la stessa teoria econoica deflazinista-indipendentista) fa arrovellare in diverse soluzioni. Ma insomma, una banca se cambia di proprietà (in qualunque senso) non per questo diviene proprietaria dei valori depositati: si ha un normale caso di successione nei rapporti di deposito e il depositante rimane proprietario...Criteri contabili o meno. Sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se fosse instaurata una causa tra Stato e bankitalia per la rivendicazione dell'oro.
Ah, ma mi sovviene: anche per questo vogliono fare la riforma del sistema giudiziario, per assicurarsi che lo Stato-democrtico non poss mai più vincere una causa nell'interesse del popolo sovrano
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/01/lart18-e-all-that-jazz-la-colpa-e-dei.html
Credo che trattandosi di riserve della Banca d'Italia e non specificamente di passività (riserve delle banche o depositi del Tesoro) siano formalmente nella disponibilità della banca centrale e non dello Stato Italiano, così come viene classificato dal FMI. Ovvio poi che, essendo lo Stato a decidere il divorzio, decidendo di risposarsi rientrerebbe nella "disponibilità" delle riserve.
EliminaPiccolo particolare: lo Stato non ha mai deciso il divorzio. Con un atto giuridicamente imputabile ad esso nel modo previsto dalla Costituzione (il divorzio rimane un atto "ultra vires", giuridicamente de facto e irrilevante).
EliminaCiò in quanto, in base all'art.97 Cost. non è mai stato deliberato (meno che mai sull'oro) CON LEGGE. Una letterina, come fonte di diritto, non è "molto" conforme al sistema delle fonti, non basta a dirimere una questione di proprietà di bene pubblico (patrimoniale, disponibile a determinate condizioni legali che non si sa più bene quali siano).
Il mandato dello Stato proprietario permane: probabilmente bankitalia non è "mera" depositante ma ha anche (risalenti) istruzioni (bisognerebbe vedere) di "disponibilità" in base a discrezionalità tecnica. Forse, allora, è un mandato con procura "ope legis" ex lege del 1929.
Ciò giustificherebbe, quanto ritiene il FMI (che dal punto di vista giuridico ha un valore meramente ricognitivo, - peraltro della sola disponibilità- e non costitutivo della proprietà/titolarità del diritto: ci mancherebbe).
Sul punto, infine, non influisce, a mio modesto parere, il TFUE, poichè il divieto di accettare istruzioni a carico delle BC del SEBC, non dirime neppure esso, in mancanza di esplicita previsione, la questione della proprietà dell'oro (dopo che, abbandonata la moneta valore "convertibile", non si può sostenere che le competenze monetarie implichino un legame necessario e implicito con la proprietà dell'oro. Quell'oro, tecnicamente, vale come...il Colosseo, in quanto cioè convertibile in liquidità, ma sempre alle condizioni che deve poter stabilire chi ne è proprietario. Lo Stato.
Ho verificato un pò di norme: l'art.7 dlgs 43 del 1998, dispone il passaggio al SEBC delle "riserve ufficiali", ma, come si desume dall'art.4, comma 1 del TU "valutario" (n.148 del 1988), tali riserve sarebbero quelle, appunto,in valuta, (cioè in divise non nazionali).
EliminaDell'oro non si parla e le norme in questione sono volte a adeguare l'ordinamento italiano al SEBC (maastricht e poi TFUE).
A meno che i concetto tecnico-giuridico delle "riserve ufficiali" non abbracci anche l'oro, cosa da cui deriverebbe che l'oro è, in base a tale sequenza di norme UE, divenuto di proprietà del SEBC e bankitalia ne ha la "gestione" (nell'ambito del SEBC). Ma su questo chiedo lumi a Hulk...o a chiunque.
Fermo restando che si pone il fortissimo dubbio che, intendendo le norme UEM in tal senso, sia violato a piè pari l'art.11 Cost. Se mai ce ne fosse stato bisogno...
OGGI
Eliminahttp://it.wikipedia.org/wiki/Banca_d%27Italia
IN ORIGINE...
La Banca d'Italia, creata con L. 10 agosto 1893, n. 449, è dichiarata Istituto di diritto pubblico.
(Regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375 - Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 1936, convertito in legge 7 marzo 1938, n. 141 s.o. - Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 1938, n. 61. Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia - TITOLO III - L'istituto di emissione, Articolo 20, comma 1. ANCORA IN VIGORE
Regio decreto-legge ABROGATO, salvo gli articoli riportati,dall’art. art. 161, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385:
...il regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, e successive modificazioni e integrazioni, fatta eccezione per il Titolo III e per gli articoli 32, primo comma, lettere d) e f) e 35, secondo comma, lettera b);)
RICONFERMATO NEL 2005
dall'art.19 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262 "Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari":
1. La Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali ed agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea.
2. La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.
CONTABILMENTE
L'oro e le altre riserve sono componenti attive del bilancio.
C'è dunque un apparente conflitto di norme: se è istituto di diritto pubblico, è un ente strumentale dello Stato. Ciò finchè si ammette che la titolarità "originaria" della politica e della disciplina primaria regolatoria, in materia monetaria, siano proprie dello Stato.
EliminaCioè l'attribuzione in "gestione" (?) dell'oro è, al più, in nome proprio ma per conto dello Stato-governo, a cui è imputabile ogni atto di gestione (schema dell'organo o organo-ente, tipico degli enti strumentali).
L'oro dunque è proprio dello Stato-governo, in quanto organo costituzionale titolare dei beni pubblici a titolarità necessaria (le riserve aurifere si creano motivi di pubblico interesse erariale, con applicazioni "finanziarie" tra le più varie, che risalgono alla tradizione monetaria degli Stati pre-democratici. La stessa amministrazione demaniale non è contrapposta al governo, ma fa capo a un organo con personalità giuridica "esterna", cioè l'Agenzia).
L'iscrizione all'attivo di bilancio, come abbiamo visto non è costitutiva del diritto di proprietà in generale e, nello specifico, considerando che è e rimane un ente (istituto) di diritto pubblico. Originariamente strumentale, proprio perchè i compiti sono "immanenti" allo Stato, cioè inerenti e inscindibili dalla Sovranità: ad es; l'INPS diviene ente strumentale solo perchè la previdenza diviene funzione "NECESSARIA" per Costituzione. Altimenti sarebbe stato, ante Cost., ente "ausiliario".
Anche la mancata previsione della BC in Costituzione conferma questa lettura.
La confusione, guarda caso, nasce con l'UEM e l'inserimento nel SEBC; ma ciò riguarda la collocazione della BC nell'ambito della sua veste "politico-monetaria" (e non già se di "tesoriere" ad es.).
Notare: la riforma Amato, a Maastricht già ratificata (inizio 1993) non incorpora e "sana", a livello legislativo, nel diritto interno, il "divorzio", tutto ormai impostato sulle regole di Maastricht.
Quindi, la questione dell'oro dovrebbe rimanere disciplinata dai principi anteriori a Maastricht e alla riforma Amato, posto che, come evidenziato, l'art.4 del TU valutario (n.148/88) e l'art.7 del d.lgs. 43/98 fanno riferimento al passaggio al SEBC(senza spostamento fisico peraltro) delle sole "riserve" in moneta (e dato che l'euro è pur sempre una moneta fiat, ciò ha un senso,. in quanto l'oro in sè non è ancorabile al valore della moneta, ma è mero asset "liquidabile")
Quindi in quanto istituto di diritto pubblico ha il diritto di iscrivere a bilancio assets di cui non ha la titolarità? Da un punto di vista contabile non riesco a vederne il senso, ma io ho dimestichezza solo con la contabilità dei privati.
RispondiEliminaLa Relazione sulla Gestione e Bilancio dell'Esercizio, a pagina 291 del Pdf che ho linkato sopra, dice, commentando la voce risorse finanziarie:
L’Istituto detiene le riserve ufficiali del Paese (oro e attività in valuta verso non residenti nell’area dell’euro), la cui proprietà è assegnata per legge alla Banca d’Italia. La gestione
delle riserve consente di effettuare il servizio del debito in valuta della Repubblica, nonché di adempiere a impegni nei confronti di organismi internazionali, come il Fondo monetario
internazionale (FMI). Inoltre, essendo le riserve nazionali parte integrante di quelle dell’Eurosistema, il loro livello complessivo e la loro corretta gestione contribuiscono alla
salvaguardia della credibilità del SEBC. La Banca gestisce altresì una parte delle riserve conferite alla BCE, sulla base delle linee guida definite dal Consiglio direttivo. Le riserve
valutarie sono gestite con l’obiettivo di garantire elevati livelli di liquidità e di sicurezza, avendo anche riguardo alla massimizzazione del rendimento atteso nel lungo periodo.
Nell’aggregato Oro e attività nette in valuta, la cui composizione è riportata nella tavola 22.2, sono comprese le riserve ufficiali nonché le altre attività in valuta detenute
dalla Banca verso residenti nell’area dell’euro e le passività in valuta.
No Mauro, sostengo una cosa che questa stessa discussione mi ha aiutato a focalizzare.
EliminaQuale sia la legge che assegna "in proprietà" a bankitalia l'oro non è chiaro.
Ma se, anche con la legge attuale, rimane un ente strumentale dello Stato (sebbene dotato di "autonomia tecnica", in posizione mai ben giustificata!!!) in realtà questa "nozione" di proprietà rimane quella propria dell'"organo dello Stato con personalità giuridica".
Cioè non è possibile giuridicamente (costituzionalmente) distinguere tra proprietà dello Stato-governo (titolare del potere sovrano esecutivo e quindi anche di quello monetario a titolo orginario) e proprietà dell'organo-PG: infatti l'organo imputa direttamente all'ente "eminente" di cui è un'articolazione (ho fatto per analogia l'esempio della proprietà demaniale rispetto al governo: l'agenzia è mero organo con PG, e la proprietà statale, riassuntiva, non è contestabile).
La assegnazione in proprietà è in realtà, quindi, "strumentale" (tecnica e non distinguibile dalla proprietà statale), come l'ente stesso.
Più precisamente, si tratterebbe di proprietà in nome e per conto del popolo sovrano e quindi di una mera attribuzione di competenza (art.97 Cost.) a BI.
Nessun principio costituzionale impedisce alla legge (sempre ex art.97 Cost.) di prevedere che questa competenza sia attribuita ad altro organo, compreso naturalmente un ministero.
Ma la famosa "legge" che attribuisca in proprietà a BI tale oro, per adesso, non l'ho trovata (Hulk potrebbe aiutarci e credo sia...al lavoro). Ma dubito che, ove esista, sia esattamente in questo senso.
Il problema è la trasmissione delle riserve al SEBC: a rigore non ha senso che riguardi, come ho detto, anche l'oro, dato che abbiamo una moneta fiat e non una moneta "valore convertibile". E comunque non tutte le riserve sono trasmesse al SEBC (per cui una precisa "destinazione" dell'oro non si rinviene nella disciplina UEM).
E comunque, come ho già detto, ammesso che l'oro rientri nella disponibilità SEBC, ciò non avrebbe senso rispetto alla moneta unica, il cui cambio verso l'esterno è flessibile, avendo senso solo eventualmente "manovrare" su riserve SEBC in "altre divise".
Ciò rafforza l'idea che non solo l'oro, a rigore, sia estraneo al sistema SEBC, ma anche che il suo eventuale coinvolgimento sia contrario radicalmente all'art.11 Cost., essendo un conferimento di un bene patrimoniale pubblico in misura e provenienza tali da non correlarsi in nessun modo razionale con la pace e la giustizia tra le nazioni e con chiare condizioni di reciprocità.
Mi "ho" spiegato meglio?
Va da sè che quanto enunciato nella relazione non può, per sua natura, dirimere la questione della "proprietà" e i criteri FMI neppure (come detto anche a Francesco)
"art.19 comma 10 Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici."
EliminaIl problema è che manca ancora il regolamento attuativo che disciplini il modo con cui lo Stato possa rientrare nel totale controllo della Banca d'Italia. Fino ad allora, sebbene la banca centrale sia soggetto di diritto pubblico, l'oro può veramente essere nella "completa" disponibilità dello Stato? Secondo l'impostazione favorevole(proprietà del popolo italiano) venne deciso nel 2009 di tassarlo, salvo poi incontrare il parere negativo della BCE, che contestando la norma, la riteneva lesiva della indipendenza della Banca Centrale.
Rimane comunque il "piccolo" problema di costituzionalità dell'aver conferito , con la sottoscrizione dello statuto del SEBC, una parte del patrimonio dello Stato (sia esso direttamente disponibile o indirettamente tramite società di diritto pubblico) ad un'istituzione esterna.
Ecco appunto: i 3 anni sono scaduti e il regolamento non potrebbe più operare sulla sua base legislativa primaria.
EliminaI pareri della BCE non sono sentenze della CGE: ma c'è poco da dubitare di un organo giurisdizionale come quello. Avallerebbe ogni cosa (come il parlamento UE secondo Juncker).
Stiamo approfondendo la cosa con Hulk e magari ti farò avere l'elaborato in modo da "concertare" le possibili soluzioni alle varie problematiche...Ok?
perfect.
EliminaSempre che sopravviviamo alla manovra post elezioni. Strano che riescano a parlarne sui giornali ma non in televisione
EliminaSì ho capito, caro 48, ti "hai" spiegato "più" meglio :) Ho citato l'enunciato come elemento ulteriore di informazione, chiaro che in sé non certifica nulla.
RispondiEliminaI criteri di contabilizzazione continuano comunque a sfuggirmi... Per esempio, la relazione parla di una incremento rispetto al 2009 di 23 mld per effetto dell'aumento della quotazione. Questo dovrebbe riflettersi in una pari plusvalenza sul conto economico, ma non ne trovo traccia.
Chissà se Hulk sa dare una risposta anche a questo?
Per quanto ne so le bcn aderenti al sebc adottano criteri di redazione del bilancio - dettati dalla bce - che derogano in parte ai principi contabili internazionali
RispondiElimina...ma non possono sfuggire alla rigida "partita doppia",
se non ritrovi l'incremento fra le plusvalenze del conto economico dovrebbe essere stato aumentato un altro fondo del passivo (tipo, che so, fondo "oscillazione" riserve ufficiali) o una imputazione diretta a patrimonio.
Grazie Hulk, è come dici tu.
EliminaMi era sfuggita nel passivo la voce "Conti di Rivalutazione" che ha un incremento di 25 mld, la maggior parte dei quali evidentemente sono da imputare alla riserva in oro.
Iscrivendo la rivalutazione nel passivo ne viene neutralizzato l'effetto sul risultato d'esercizio. Un modo più corretto dal punto di vista della leggibilità avrebbe suggerito un uguale passaggio dare/avere nel conto economico (che so: Rivalutazioni @ Accantonamenti per rivalutazioni), ma evidentemente i principi contabili in deroga consentono la scorciatoia.