mercoledì 5 aprile 2017

L'"INVINCIBILE" POST-ELEZIONI E LA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEBITO ECCESSIVO

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1. Ad oggi, (come si suol dire), la situazione delle possibili politiche economiche e fiscali adempitive degli obblighi imposti dall'appartenenza all'unione monetaria, è soggetta a questi problemi politici interni:
"Più che su quel che andrà fatto, la discussione si è concentrata su quel che non si può fare: no all'aumento dell'Iva, nessun ritocco alle accise sulla benzina, altolà alla riforma del Catasto, dubbi sulle privatizzazioni
«Il sentiero stretto» di cui parla spesso il ministro del Tesoro ormai è un pertugio. Da un lato ci sono gli impegni con l' Europa e l' inizio della fine del piano Draghi, dall'altra una maggioranza parlamentare con la testa alle amministrative di giugno e alle successive elezioni politiche....il nodo resta un altro: quale sia la legge di Bilancio possibile senza condannare il Pd alla sconfitta elettorale. I toni di Renzi in televisione sono da campagna elettorale: «Bisogna continuare senza polemica sull' abbattimento delle tasse: se vanno giù l' economia cresce. Noi le risorse le abbiamo trovate con la flessibilità. Penso si possa continuare e Padoan è d' accordo».
...[Padoan] accenna ad una trattativa in due tempi per ottenere più flessibilità, spiega che gran parte delle entrate della manovrina verranno da un aumento della lotta all'evasione, fra cui la rottamazione delle cartelle esattoriali e da tagli alla spesa. Sottolinea che non si va in ginocchio a Bruxelles, ma che «c' è modo e modo» di procedere. Spiega che Def e manovrina di correzione sono una cosa sola, e quest' ultima sarà approvata subito dopo il Def, il 10 aprile".

2. Dunque. Problema numero 1: 
- "quale sia la legge di Bilancio possibile senza condannare il Pd alla sconfitta elettorale". 
Problema numero 2:  
- essendo il Def inscindibile dalla correzione strutturale di bilancio dello 0,2% del PIL e, a loro volta, entrambi inscindibili dalla manovra di stabilità di autunno (le varie voci e dinamiche fiscali sono infatti commisurate in un quadro che la Commissione considera unitariamente nel programma che ritaglia su misura per l'Italia), trovare altra flessibilità, come già nei due anni precedenti.

3. Ebbene, se si legge la lunga Relazione, in data 22 febbraio 2017, della Commissione UE, elaborata a norma dell'art.126, par. 3 del TFUE, - cioè in vista della già attualizzata fase di predecisione e verifica di avvio di procedura di infrazione a carico dell'Italia per "violazione della regola del debito"-, entrambi i problemi, permanendo la nostra appartenenza all'eurozona, sono irrisolvibili; e questo nel senso che già ora,  e questo Padoan lo sa bene, la Commissione non solo esclude la possibilità di ricorrere ad ulteriori margini di flessibilità rispetto a quella riconosciuta con l'ultima legge di stabilità, ma ritiene inderogabile un obbligo italiano di "recuperare" gli scostamenti dai livelli di consolidamento fiscale già imposti all'Italia, e da essa non rispettati; scostamenti che si sono verificati, in misura ritenuta rilevante, anche scontando la misura già concessa di flessibilità per gli anni 2015 e 2016.
La Relazione muove da questa perentoria premessa, che trovate alle pagine 2-4 della Relazione e che può sintetizzarsi in ciò: considerati tutti i "fattori rilevanti", l'Italia ha violato la regola del debito (cioè di riduzione progressiva del debito publbico), non avendo rispettato quella del deficit nella misura di riduzione impostale in funzione della riduzione del debito stesso.

4. Saltando la dettagliata analisi dei vari indicatori (tra cui si ammette il peso della bassa inflazione e della scarsa ripresa dell'occupazione nonché degli investimenti pubblici, effettuati in misura minore rispetto a quanto dichiarato per richiedere la relativa flessibilità), e sapendo che l'aggiustamento strutturale annuale che risulta "dovuto" è di 0,75 punti di PIL, attenuato a 0,6 in ragione delle condizioni congiunturali e "eccezionali", variamente considerate, nonchè del connesso output gap,  la Commissione arriva a delle precise conclusioni (che riposano sul concetto che quando il debito è ben oltre i limiti il "rientro" si deve fare riducendo l'indebitamento annuo...nonostante gli "alti moltiplicatori" di cui, curiosamente, la Relazione dà atto, cadendo in evidente contraddizione): si attenderà il Def 2017 e la correlata manovra di correzione per 0,2 punti di PIL, da compiere mediante misure strutturali (e non una tantum), per attualizzare una procedura di infrazione per la violazione della regola del debito che, tuttavia, già oggi risulta legittimamente avviabile in base ai riscontri e alle proiezioni effettuate dalla stessa Commissione.

5. Se si ha la pazienza di leggersi l'intera Relazione, ne emerge chiaramente che la Commissione non considera, neppure per un secondo, l'ipotesi che è proprio perché, unitamente alla flessibilità, non sono stati rispettate le percentuali (di PIL) di "aggiustamento strutturale minimo lineare", volute dall'€uropa, che le condizioni macroeconomiche sfavorevoli" italiane sono ora in "graduale miglioramento"
Leggendo la Relazione, infatti, i miglioramenti non sono attribuiti a misure fiscali meno restrittive del previsto, ma al compimento delle immancabili riforme strutturali, in particolare quella del lavoro. 
Per la Commissione, il miglioramento e la crescita si otterrano se verrà riformata la pubblica amministrazione e la giustizia "civile e commerciale", fermo restando che l'aggiustamento deve essere pari o superiore a 0,6 punti di PIL, e realizzato per via di politiche fiscali di riduzione strutturale dell'indebitamento (cioè non dovuto a misure contingenti e una tantum), in specie con il taglio della spesa pubblica (di cui però, sempre la Relazione, dà atto che essa, specie in materia pensionistica, sia "subdued", cioè, a seguito della decrescita delle retribuzioni e quindi delle prestazioni, sostanzialmente sotto controllo e sostenibile).

6. Dalla Relazione, poi, risulta evidente che le spese per fronteggiare gli eventi sismici, sono alla base della correzione dello 0,2 da apportare entro aprile e che, dunque, ogni intervento in tal senso, deve essere finanziato in pareggio di bilancio. E quindi: se si spende per i terremotati, si deve tagliare la spesa per altre esigenze pubbliche, quali che esse siano, pubblica istruzione o sanità, ordine pubblico o previdenza (anche se si ammette che, essendo quest'ultima, "sostenibile e sotto controllo", una sua ulteriore riduzione avrebbe solo fini di finanziamento in pareggio di bilancio). Il passaggio risulta molto chiaro nella Relazione, a pag.27.

6.1. Dunque, i problemi che si pongono a livello politico in Italia, e precisati più sopra, sono irrisolvibili nel quadro delle regole €uropee, di cui ci si imputa già la pregressa violazione. 
Certo, poi, se fossero recuperate le mancate "correzioni" e "aggiustamenti" per gli anni 2015, 2016 e, come ormai preannuncia la stessa Relazione, anche per il 2017, per un aggiustamento totale di 3,4 punti di PIL, (a quanto pare di capire), tra maggior imposizione - la Commissione non vede di buon occhio nè il rinvio dell'aumento dell'IVA, né la rinunzia all'immediato inasprimento dell'imposizione patrimoniale via rivalutazione delle rendite catastali-  e più "incisivi" tagli della spesa (alla Commissione ci dovrebbero spiegare come si fa a rendere più efficiente la giustizia civile e la p.a. tagliando ancora più intensamente la relativa spesa!), l'Italia rientrerebbe in recessione
E questo anche per l'attesa diminuzione del saldo positivo delle partite correnti nei prossimi due anni, secondo le stime quantificate dalla stessa Commissione (che pare tener conto della fine dell'effetto svalutativo dell'euro legato al QE e della ripresa dei prezzi petroliferi). Vedere infatti i dati relativi al saldo delle partite correnti previsti dalla stessa Commissione per il 2017 e il 2018 (pag.83, tabella II.12.1: dal saldo di 2,7 punti di PIL del 2016, si avrebbe una discesa per gli anni 2017 e 2018, rispettivamente, ad un saldo, di 2,1 e 1,8).

7. E se l'Italia entrasse di nuovo in recessione, e sempre per via di austerità espansiva €uropea, e non certo per mancate riforme strutturali, forse, poi, sarebbe concessa, con plateale contraddizione che travalica in ottusa cecità, una "nuova" maggior elasticità sulla misura dell'aggiustamento fiscale, appunto (nuovamente) in ragione delle condizioni estremamente sfavorevoli dell'economia...causate invariabilmente dall'applicazione delle politiche fiscali imposte dalla Commissione!
Dunque, di fronte al preannunzio della procedura di infrazione, che si rivelerebbe particolarmente insidiosa per i prezzi di collocamento del nostro debito pubblico in vista del tapering e della fine del QE della BCE, la costrizione che ne discende al pronto adeguamento, ("fate presto!"), ai vincoli relativi alla riduzione del parametro del debito pubblico, dovrebbe condurre a manovre di stabilità, per il 2018 e per il 2019, “lacrime e sangue” insieme con massicce privatizzazioni: e queste misure sarebbero presumibilmente adottabili solo da un governo tecnico. Cioè da un centro decisionale esecutivo dei desiderata €uropei che non si debba preoccupare del consenso elettorale: questa, dunque, in chiave di appartenenza all'eurozona, risulta essere l'unica soluzione praticabile in termini di consenso. 

8. Certo, poi, potrebbe vincere le elezioni una forza politica che si porrebbe come prioritario non tanto il (solo) concedere il "reddito di cittadinanza" quanto, piuttosto, il come finanziarlo.
Ma il fatto è che anche questa forza politica dovrebbe riconoscere come funziona il finanziamento di qualsiasi forma di spesa in "pareggio di bilancio": ai tagli imponenti dei restanti diritti di prestazione sociale (sanitaria, educativa e pensionistica, su tutte) necessari, come nel caso dei terremotati, a coprire le spese del reddito di cittadinanza, si dovrebbe comunque e immancabilmente aggiungere - ripetiamo aggiungere- l'onere della correzione già preannunciata, sotto minaccia molto attuale di procedura di infrazione, dalla Commissione. E quest'ultima correzione già da sola, abbiamo visto, basterebbe a far saltare il consenso a qualsiasi maggioranza di governo (e Renzi è quello che, attualmente, lo ha meglio compreso). 
Anche perché un unico e "sfrenato" processo di accelerazione delle privatizzazioni per abbattere in un colpo solo il debito pubblico, dalle partecipazioni pubbliche alle società di servizio pubblico locali, avrebbe come effetto una svendita dai più che incerti risultati sulla convenienza dei prezzi e la certezza di aumenti tariffari e contrazione dell'occupazione secondo il più classico copione dell'arrivo degli "investitori esteri", immancabili acquirenti delle "aste al ribasso" (in cui gli advisor finanziari privati sono gli unici che incassano lauti compensi a carico pubblico).
Decisamente, nessuno, ma proprio nessuno, può vincere il dopo-elezioni. Rimanendo dentro l'eurozona, almeno...

12 commenti:

  1. Dalla lettura dei post concludo che il "fate presto" dovrebbe essere il modo di procedere di coloro che vogliono evitare la colonizzazione definitiva ,ribaltando la consuetudine per la quale questa locuzione è in bocca alle elite locali.Il rimandare l'elezioni a metà 2018 attraverso il rinvio della discussione e della approvazione della nuova legge elettorale, il probabile un governo "tecnico"conseguente allo stallo elettorale sarebbe l' esito congeniale perchè si realizzi lo scenario favorevole per infliggere il trattamento del pignorato nei confronti della nostra comunità da parte dei paesi "forti" del' unione .Ho in mente il post "L'ERF CI ATTENDE ALLA FINE DEL QE? E SE ARRIVA PRIMA IL BAIL-IN CON L'ESM? O ANCHE ENTRAMBI":il 2018 sarebbe oltre la fine del quantitave easing ,abbiamo il tentativo di mettere un rating sui titoli di stato,denunciato da Marco Zanni,abbiamo l' incombere della crisi bancaria che sarebbe inasprita da rating sui nostri buoni del tesoro e d' impossibile soluzione attraverso le nazionalizzazioni ,visto che l' ue pretende correzioni per decimali di punto di pil.Non so come si sia evoluta la realizzazione dell' erf,ma il fatto stesso che ci prospettavano ,dopo il referendun del 4 dicembre di ricorrere al mes(lo diceva un tale Volker Wieland)mi fa pensare che i colonizzatori abbiano sempre un piano B.La cosa più sconfortante è la mancanza di strumenti culturali che permettano di reagire a questa "manovra a tenaglia"specie tra coloro che vorrebbero rappresentare il "dissenso" :parlo ,in qualità d' "ortottero smarrito" dei miei amici del Movimento che derubricano a complottismo gli scenari che si profilano e sono invischiati nella "carta moschicida"(letale pure per gli "ortotteri)del pareggiodibilanciospesapubblicacattivacriccacastacorruzioneeurosolounamoneta .Vorrei che emergesse una forza politica che facesse della Costituzione e della sua attuazione per tutti e verso tutti( unione europea compresa) la sua ragione d' essere non solo per il principio di legalità ma anche per la sua intrinseca validità nel risolvere i problemi attuali ,simili a quelli del 1948. Ma non la vedo per la difficoltà ad accedere al circuito mediatico che governa la creazione del consenso,dopo la scomparsa dei partiti di massa

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  2. 48 avrei una domanda un po' collaterale al problema del post. Perché il debito pubblico italiano pre 2007, diciamo dagli anni'80 fino alle politiche di avanzo primario, cresce - molto - più di quello di altri paesi in cui la banca centrale diventa comunque indipendente e che hanno un livello di welfare, quindi presumibilmente di spesa, più elevato del nostro (vedi Francia)? Grazie.

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    1. Domanda difficile perchè si presta a varie interpretazioni. Se può aiutare posto questo grafico che potrebbe aiutare a capire l'evoluzione nel tempo del debito (lasciando perdere ciò che dice l’articolo da cui è ripreso). Si vede come fino agli anni '80 il disavanzo pubblico ricalchi sostanzialmente, nonostante una crescita media del PIL italiano del periodo di circa il 3,2%, l'andamento delle uscite. A fine anni '70 inizio anni '80, l'effetto combinato della volta monetarista in USA con Volcker e la sua cura disinflazionista con FED fund rates a doppia cifra, accompagnata da SME (marzo '79), divorzio Bankitalia/ Tesoro (1981), fanno esplodere il rapporto debito/ PIL. Il debito, ragionando in euro, dai 142 miliardi del 1981 (58% del Pil) dopo tre anni raddoppia; dopo quattro, triplica (429 miliardi), superando quota 1000 nel 1994, pari al 121% del Pil... mentre il PIL registra tassi di crescita sempre più bassi (1983-2000= 1,6% / 2001-2008= 0,9%). Quindi debito in aumento, PIL in ritirata = rapporto debito PIL in crescita.

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    2. Tra i molti, ti consiglio due post: questo (merita attenta lettura anche il saggio di Barba linkato); e questo, di meticoloso commento al rapporto Giarda, documento ricco di ammissioni e omissioni (un po' lunghetto ma vale davvero la pena). Je t'en souhaite une bonne lecture! :-)

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    3. In effetti la questione è cruciale e anche per quanto mi riguarda di non semplicissima comprensione.

      In linea molto generale la risposta dovrebbe essere nella maggiore idiosincrasia del modello di crescita italiana rispetto a quei vincoli 'disciplinanti' che avrebbero dovuto al contrario generare convergenza verso gli standard euroatlantici.

      Più nello specifico: per un sistema economico che storicamente, per esprimere sufficiente dinamismo (in primo luogo in termini di crescita della produttività), ha più di altri bisogno di una moderata 'leva' inflattiva, la riduzione/eliminazione della possibilità di compensare questa tendenza riallineando periodicamente il cambio e monetizzando (o 'minacciando' di monetizzare) all'occorrenza il debito, lungi dal forzare illusori (a voler pensare bene) adeguamenti strutturali, può risultare esiziale.

      Che poi, se lo schema esplicativo regge, gira che ti rigira sempre lì si torna: al teorema della piscina.

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    4. Credo che la migliore spiegazione stia come sempre nei maestri, ed in questo caso in Augusto Graziani, che ben spiega il perchè di questo crescente "debito" con parole semplici e chiare: "Quando gli imprenditori si lamentano di questi oneri finanziari eccessivi, la Banca d’Italia risponde inflessibile che questo è necessario per evitare fughe di capitali, ed ha ragione, perché sostiene la manovra di importazione di capitali. Ma il risultato è, evidentemente, che gli oneri finanziari sono diventati un grosso peso per le imprese.

      Ma le nostre autorità monetarie hanno pensato anche a questo. Noi tutti ricordiamo che, anni addietro, quando vi era un’inflazione ancora più elevata e vi erano tassi d’interesse assai elevati, gli oneri finanziari avevano quasi annullato i profitti industriali...

      Però, negli anni successivi, dopo il ‘79, si è fatto qualche cosa di più per aiutare il settore industriale a ripareggiare i propri conti con le banche, per ovviare al fatto che, ridottasi l’inflazione, i tassi d’interesse non sono caduti in maniera proporzionale.

      Dal punto di vista finanziario avremmo dovuto aspettarci un peggioramento della posizione delle imprese industriali, perché, appunto, i tassi d’interesse reali sono molto più alti oggi di quello che non fossero dieci anni fa. E allora come si spiega il fatto che, invece, l’industria italiana ha ripareggiato i propri conti e non è più gravemente indebitata verso il settore bancario? Lo si spiega proprio con il disavanzo del settore pubblico.

      Se il settore pubblico viene gestito in pareggio, e cioè la spesa pubblica è coperta con le imposte, il settore pubblico non aggiunge e non toglie una lira di liquidità, si limita a prendere da una parte e a spendere dall’altra; le imprese ottengono liquidità aggiuntiva soltanto dal settore bancario con il conseguente indebitamento. Quando invece c’è un disavanzo nel settore pubblico, finalmente è lo Stato che s’indebita verso la Banca Centrale, con un allargamento della base monetaria, o si indebita verso i risparmiatori, aumentando la velocità di circolazione della moneta.

      Ma in entrambi i casi le imprese ottengono flussi di liquidità che per loro non sono un debito, liquidità sulla quale non devono pagare interessi. È stato proprio il disavanzo del settore pubblico che ha riequilibrato i conti del settore industriale verso il settore finanziario.".

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    5. Ovvero: se per combattere l’inflazione (o meglio, certe sue implicazioni distributive rispetto a cui l’Italia costituiva il più ingombrante cattivo esempio) senza rinunciare a un certo ritmo di crescita, ti costringi a sostenere contemporaneamente sia il cambio esterno che la domanda interna - per di più in regime di free trade finanziario e commerciale e, a fortiori, senza margini di monetizzabilità del debito - il circolo vizioso tra accumulo dei disavanzi primari e decollo del costo di servizio del debito non te lo scampa nessuno.

      In effetti si può vedere la cosa come un corollario abbastanza diretto del cosiddetto ‘trio - per Padoa, quartetto - inconciliabile’.

      In questo quadro esplicativo, la specificità italiana risiederebbe dunque nel carattere implicitamente ‘eversivo’ del suo modello di sviluppo, che andava pertanto adeguatamente sanzionato (della serie: delitto e castigo, con la fattiva partecipazione di un Super Io non esattamente del tutto disinteressato).

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    6. Grazie mille a tutti, vado a studiare.

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  3. Grazie, post come sempre utilissimo a capire cosa accadrà. Nel frattempo Draghi afferma: "La bassa crescita dei salari, che sono "ben al di sotto delle medie storiche", è uno degli elementi che rallentano l'inflazione nonostante l'azione della Bce. Lo ha detto a Francoforte il presidente della Bce Mario Draghi, spiegando che sulla bassa crescita salariale pesa il sottoutilizzo di capacità produttiva e il fatto che in molti Paesi le contrattazioni si sono già concluse per l'anno in corso: "è per questo che rimane essenziale continuare a sostenere la domanda", ha detto Draghi". Dovrebbe spiegarci però come si fa a sostenere i salari in questa congiuntura economica e storica con Euro e free trade di mezzo. I suoi studi con Caffè dovrebbero essergli d'aiuto...

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    1. Bella faccia di bronzo. Dopo tutto quello che stanno facendo per comprimere i salari ci viene a parlare di bassa creescita dei salari.

      Come dire... non riesco a dimagrire eppure (come ha ordinato il dottore) mangio solo salami e formaggi in quantità industriale!

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    2. Come, come? L'inflazione dipende...dai salari?? Ma non dipendeva solo dall'offerta di moneta? :-)

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    3. Istruirli da piccoli contro il mostro dell'inflazione...

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