martedì 6 maggio 2014

ONESTA', COMPETENZA, MERITOCRAZIA E CONFLITTO DI INTERESSI (la grande dissimulazione in salsa €urocratica).

 
Interrompiamo le appassionanti "puntate" di "Fortezza Europa" per fare una serie di precisazioni che aiutino a coglierne meglio il senso e, quindi, la grande attualità paradigmatica nel comprendere la nostra situazione.
E veniamo al dunque di una serie di interrogativi che si agitano nel dibattito politico attuale.


1. Onestà e competenza hanno qualcosa a che vedere con la capacità (giuridica, in quanto sia espressamente disciplinata da norme dello Stato) di essere rappresentanti dei cittadini nelle assemblee politiche legislative (di qualunque livello)?
Accostati i due termini la risposta non può che essere positiva, se non altro perchè risponde al senso comune, alla ragionevolezza più elementare, che non può accettare persone, prive di tali requisiti, che siano preposte alle più delicate funzioni di indirizzo politico (problema che dovrebbe però altrettanto valere per la capacità di essere parte del governo, che esercita un segmento di indirizzo politico di crescente importanza).

Tralasciando le enormi complicazioni giuridico-organizzative (della stessa società) che derivano dal voler poi precisare come si debba accertare preventivamente - in termini di incapacità all'elettorato passivo, ineleggibilità, incompatibilità, o, infine, incandidabilità- il possesso di questi requisiti espressi in termini generalissimi, il problema si pone quando si diffonda, nell'opinione pubblica, l'idea che un candidato, un potenziale rappresentante del popolo nelle istituzioni elettorali, debba solo "essere onesto".
2. Cos'è l'onestà e come la si accerta?
Questa idea si accompagna alla precisazione che sarebbe la mancanza di precedenti penali, cioè di sentenze in giudicato che accertino qualunque tipo di reato, ad attestare l'onestà. Si tratta cioè di una presunzione assoluta che avere avuto a che fare con la giustizia penale sia una qualificazione negativa tale da privare il cittadino, avente i requisiti generali di elettorato passivo, della possibilità di farsi eleggere.
Si porrebbero poi gli ulteriori problemi se ciò debba essere esteso non solo ad ogni tipo di reato, ma anche alla mera condizione di imputato e se questa, a tali fini, debba farsi coincidere con il momento del rinvio a giudizio; e, ancora, quanto debba durare questa incandidabilità non solo rispetto a ciascun titolo di reato per cui si è condannati, ma anche rinviati a giudizio.
Vi risparmio quindi le evidenti questioni di eguaglianza e ragionevolezza che deriverebbero da una preclusione indifferenziata e perenne, o comunque scollegata dal titolo di reato e dalla durata della pena, e del processo (nell'ipotesi di condanne nei vari gradi non ancora definitive).

3. La competenza ma anche l'eguaglianza sostanziale, secondo la Costituzione. E scusate se è poco...
Col d.lgs.n.235 del 2012 (che potete provare a leggere) il problema è stato in qualche modo affrontato dal governo Monti, portando alla soluzione di una incandidabilità (aggiuntiva a incapacità, ineleggibilità e incompatibilità) per una durata connessa a quella della pena (moltiplicata per due) e alla individuazione di reati che siano considerati in sè, per tipologia o ammontare della pena inflitta, sintomo di indegnità all'elettorato passivo.
Qui trovate una trattazione dei non indifferenti problemi di costituzionalità che già tale norma porta.

Noterete che stiamo parlando dell'ottica in cui solo l'onestà sia requisito necessario e sufficiente per considerarsi candidabili.
Della "competenza" non abbiamo ancora parlato: mettere insieme competenza e elezioni, cioè captazione di numerosi voti, presuppone a sua volta l'irrisolvibile problema se ciò possa essere stabilito preventivamente per legge
La Costituzione non lo prevede e, a leggere ciò che ne dicono la dottrina e la Corte costituzionale, neppure potrebbe, a pena di precludere l'allargamento della partecipazione alla vita civile e poltica del Paese voluto dall'art.3, comma 2. Tale allargamento, in termini di capacità (generica) all'elettorato passivo, risulta fondamentale per avviare uno Stato democratico pluriclasse e, quindi, redistributivo della stesse capacità di decidere dell'interesse generale in sede politico-istituzionale.

4. La competenza come monopolio autoproclamato dei tecnocrati che dissimulano la propria ideologia.
Riassumendo sul punto, si può dire che una barriera legale in termini di "competenza" viene a prefigurare una tecnocrazia, cioè una forte limitazione della sovranità popolare esercitata nelle forme democratiche, che implicano il metodo elettorale, a favore di persone che abbiano dei requisiti che sarebbe molto difficile fissare una volta per tutte
Tali requisiti, in termini storici e necessitati, rifletterebbero l'orientamento ideologico di chi avesse, ancor prima che si svolga la competizione elettorale (punto importantissimo), il potere di individuarli
Ciò attribuirebbe un potere costituente anomalo a tali soggetti decidenti, perchè sarebbe un potere, per definizione, in contrasto con la sovranità indifferenziata del popolo e col principio di eguaglianza anche formale.

Non che questo porti a sostenere che la competenza sia irrilevante: ma, certo, un medico o un fisico teorico, pur potendo essere persone di altissimo livello intellettuale, non posseggono la competenza, ad esempio, giuridica od economica per comprendere al meglio gli assetti sociali su cui dovrebbero legiferare, neanche, per motivi intuitivi (relativi ad es; alla sostenibilità finanziaria, o alla interdipendenza tra loro delle politiche di settore,ed ai loro riflessi economici di lungo termine), nei rispettivi settori professionali.
5- Competenza e processo elettorale. La relatività della meritocrazia se non c'è l'eguaglianza sostanziale.
E' chiaro dunque che la competenza può essere legata alla "cultura" di un individuo, intendendola come comprovata (nei fatti "curriculari") espressione di un alto livello intellettuale
Ma questo, a sua volta, nulla può avere a che fare con l'attitudine a comunicare ed a "portare voti". E, punto anche più importante, non può misurarsi il merito in senso oggettivo, legandolo a un metro che consenta valutazioni tali da distinguere il possessore di un prestigioso curriculum da un cittadino meno titolato ma capace di testimoniare, con la sua stessa vita, un grande impegno culturale (si pensi ad es; ad un operaio che riesca a diplomarsi o a laurearsi come studente lavoratore; o anche soltanto a un operaio che sia politicamente attivo e impegnato strenuamente nel cercare di conoscere le dinamiche sociali in cui si trova a vivere).

In questo genere di valutazioni, entra infatti in gioco l'enorme importanza delle "condizioni di partenza" e della relatività della meritocrazia, la quale, se prescinde da questi aspetti, - che fissi o meno requisiti legislativi predeterminati-, diviene pericolosamente un modo per dissimulare, dietro alla "competenza", i rapporti di forza nella società.

6- I padri della Costituzione, Mortati e Basso: meritocrazia come "partecipazione pluriclasse". 
Contro questa minaccia, continua, e particolarmente suggestiva, data la tendenza di ognuno di noi ad acclamare e a delegare chi "ti risolve i problemi" senza farti preoccupare troppo - il che porta dritti agli artifici di chi ha il controllo dei media, che tenderà a presentare la realizzazione dei propri interessi come perseguita da politici encomiabili e ad attaccare chi li osteggia- si è pronunciata la nostra Costituzione.
E lo ha fatto, in un'indispensabile comprensione storico-sistematica, con la formula della democrazia pluriclasse "necessitata", di cui abbiamo tante volte parlato.
Il più evoluto e raffinato interprete di questa formula, a nostro parere, è Lelio Basso, uno dei costituenti più illustri proprio per la sua "competenza", che ci ha dato la formula della "democrazia partecipante", da realizzare progressivamente (certo), ma da subito, senza ritardi frapposti da impossibilità vere o presunte agitate, ovviamente, dalle classi economicamente dominanti.

7. Rawls: la cultura della complessità e della passione civile contro la "doppia verità" e il diritto "naturale" (hayekiano) delle elites liberiste.
Chi si è occupato di "giustizia" sostanziale nell'azione delle istituzioni, evidenziando il "velo di ignoranza" che ostacola la piena partecipazione alla vita pubblica di ogni strato della società - ignoranza non legata solo alle condizioni di miseria e di incultura, ma anche a quelle di "convenienza-utilità" della cultura della classe dominante, tipicamente il liberismo-, è stato John Rawls.
Egli tentò di conciliare pluralisticamente i differenti concetti di "giustizia" che possono formarsi nella società, e, quindi, il socialismo col il liberalismo; un capolavoro su una conciliazione considerata spesso impossibile, dato che i liberisti (la distinzione terminologica è in realtà più italiana che anglo-sassone e possiamo metterla da parte...per ora) sono programmaticamente e irrinunciabilmente ostili alla condivisione del potere politico (e qui si comprende pienamente Spencer: "La funzione del liberalismo in passato fu quella di porre un limite ai poteri del re. La funzione del vero liberalismo in futuro sarà quella di porre un limite ai poteri del Parlamento").

La conciliazione argomentata da Rawls, spesso geniale - ma che esige una cultura della complessità che coniughi passione civile, cioè un'attitudine psicologica "umanitaria", con profondità intellettuale-, ha dato luogo ad un visione dinamica non dissimile da quella di Lelio Basso.
In entrambi i casi occorre una "tensione morale", nei perseguitori di questa visione, quale implicito presupposto il cui mantenimento è molto difficile: una rarità che contrasta con la dura realtà storico-sociale per cui le elites economiche tenderanno sempre a teorizzare la unicità della "giustizia" da essi propugnata. E ciò avendo per di più i mezzi, finanziari e mediatici, per prevalere, non solo contro i "nemici di classe", ma proprio nel confronto con coloro che sono i portatori di questa tensione morale alla conciliazione di interessi in lotta fra loro, in un modo democraticamente istituzionalizzato.
La "doppia verità" liberista è dunque, in realtà, un modo di proiettare sul piano politico, e quindi del governo della società, la loro supremazia pretesamente "naturale" conquistata con una (più o meno effettiva) dura lotta sul piano economico; sicchè ogni azione strumentale a ciò, compreso il condizionamento mediatico dell'opinione pubblica e la cooptazione di falsi rappresentanti del "popolo" in realtà asserviti ai loro interessi in modo dissimulato (ai propri elettori), viene considerata espressione di una sorta di nuovo "diritto naturale".

8. La meritocrazia senza eguaglianza sostanziale come vulgata di controllo sociale neo-liberista: tra privilegio per nascita e strumenti illeciti di scalata sociale.
Quello che, per ora, ci importa sottolineare, tuttavia, è che il richiamo alla "meritocrazia" è una parte essenziale della vulgata di controllo sociale liberista, una simulazione di "giustizia nella società" che nasconde e contrasta la realtà dei diversi punti di partenza per gli individui, evidenziata dai pensatori pluralisti.
Insomma, la meritocrazia è una negazione del pluralismo ed una implicita affermazione della giustizia basata sui rapporti di forza economica.
Non a caso, infatti è propugnata da coloro i quali si guardano bene dall'evidenziare i criteri di selezione (darwinista) che avrebbero portato alla posizione personale da cui predicano tale sistema!
Mai è evidenziata l'influenza del privilegio per nascita, e meno ancora, ovviamente, la liceità e utilità sociale dei loro strumenti di scalata nelle gerarchie umane: tipica la posizione ereditaria o l'appartenenza a gruppi economici in posizione di monopolio o, ancor più insidiosamente, di oligopolio.

9. I mandatari dell'oligarchia meritocratico-darwinista e la dissimulazione del conflitto di interessi nella "tecnocrazia".
Nei momenti più difficili, di "sollevazione" della base sociale, si servono di appartenenti indiretti a tali posizioni di disutilità o illiceità- cioè di "loro" mandatari con rappresentanza, remunerati a tal fine- da far eleggere, o comunque preporre alle istituzioni di governo. Facendo nascere l'immenso problema del conflitto di interessi; di cui parleremo in seguito, ma la cui caratteristica è sempre quella di essere strategicamente reso non riconoscibile.

Una versione considerata accettabile (sempre mediaticamente) della meritocrazia autoproclamata e strategicamente in conflitto di interessi (occultato) è la tecnocrazia, basata appunto sull'idea che la complessità della società moderna - cosa in parte vera, ma proiettata posticciamente sulle dinamiche dell'invariabile conflitto sociale- possa essere governata solo dai "tecnici". E che questi possano farlo in modo più efficiente e quindi utile per l'interesse generale della democrazia.

Questa è esattamente la forma della governance dell'Unione europea, così esplicitamente teorizzata e praticata nelle parole dello stesso Barroso (The EU is an antidote to democratic governments, argues President Barroso). Che, ovviamente, non è altro che il tipico rappresentante-mandatario delle elites economiche e del loro disegno antidemocratico. Che, condiviso tipicamente dalla schiera degli eurocrati, rende la sua ammissione così "normale", surrogabile dalle dichiarazioni di qualunque altro componente della governance europea e dei governi dei singoli Stati che di essa fanno un punto irrinunciabile.

10- Rawls e il consumismo senza senso come prodotto della tecnocrazia in conflitto di interessi.
Tale è questa realtà, della meritocrazia tecnocratica, che Rawls, come abbiamo visto, riconobbe a prima lettura il disegno di Maastricht e dell'euro (Una domanda che gli Europei dovrebbero porsi, se mi è consentito azzardare un suggerimento, è quanto vincolante dovrà diventare la loro unione. Si perderebbe molto, credo, se l’Unione Europea diventasse un’unione federale, sul modello degli Stati Uniti. Qui esiste un linguaggio politico comune e una certa disponibilità a spostarsi da uno Stato all’altro.
Non vi è conflitto tra un mercato esteso, libero e aperto che comprende l’intera Europa e i singoli Stati-nazione, ognuno con le proprie istituzioni sociali e politiche separate, le proprie memorie storiche, e le proprie forme e tradizioni di politiche sociali. Di sicuro si tratta di valori significativi per i cittadini di questi Paesi, valori che danno un senso alle loro vite.
Il mercato aperto europeo è tra gli obiettivi dei grandi gruppi bancari e dei più grandi gruppi capitalistici, il cui scopo principale non è altro che aumentare il profitto.
L’idea di una crescita economica, continua e marcata, senza alcun obiettivo specifico all’orizzonte, si addice perfettamente a questi gruppi. Se parlano di distribuzione, lo fanno quasi sempre in termini di effetti a cascata o ricadute favorevoli.
Il risultato di lungo periodo di tutto questo – già manifestatosi negli Stati Uniti – è una società civile immersa in un qualche tipo di consumismo privo di senso.
Non posso credere che questo sia quello che volete)
.

11- La "competenza", in democrazia (vera), è saper riconoscere il conflitto di interessi dei tecnocrati che espropriano la democrazia.
Allora, se la società democratica è aperta e pluriclasse, ma è resa praticamente (utilitaristicamente) impraticabile dalla doppia verità della tecnocrazia in uno specifico conflitto di interessi, e se quest'ultimo agisce in quanto non sia riconoscibile programmaticamente dai popoli, a che serve un "onesto", con la fedina penale immacolata che sia concretamente incapace di fare tale riconoscimento, nella complessità delle decisioni da prendere, o, peggio, che sia mandatario delle elites portatrici del conflitto?
Questa domanda ci dà la risposta operativa al perchè sia necessaria la "competenza" e, al tempo stesso, in cosa debba consistere quest'ultima nella tensione alla realizzazione di un'effettiva democrazia.
E ci dà anche un semplice regola pratica: non votare chi non riscuota la nostra fiducia nel saper riconoscere il conflitto di interessi. Sapendo, ovviamente, che tale conflitto esiste e quali ne siano le radici inevitabili, finchè saremo in una società capitalista.

Dei modi e delle multiformi ragioni e manifestazioni del conflitto di interessi "sociale", quello che sospende la democrazia costituzionale (che per fortuna ancora possiamo rivendicare) ci occuperemo prossimamente.


26 commenti:

  1. Ecco, Dopo Rawls, Sen anche 48.
    Apprezzo particolarmente il post, avendo spesso incontrato trinarciuti ai quali, veniva un colpo apoplettico, al solo sentirmi dire: " meritocrazia è solo il termine politicamente corretto, per esprimere il darwinismo sociale".

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    1. Pensa che in UK i (resti dei) sindacati utilizzarono questo argomento per smascerare il lib-lab di Blair, che più liberista-deflazionista salariale non si poteva. Come tutti gli europeisti-ordoliberisti a etichetta "lavoro", sottintendendo la curva di Phillips

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  2. " Il termine "meritocrazia" fu usato la prima volta da Michael Young nel suo libro "Rise of the Meritocracy" (1958). Il termine era destinato a un uso dispregiativo, e il suo libro era lo scenario di un futuro distopico in cui la posizione sociale di un individuo è determinata dal suo quoziente intellettivo e dallo sforzo. Nel libro, l'esistenza di un simile sistema sociale finisce per portare a una rivoluzione in cui le masse rovesciano l'élite, che è divenuta arrogante e scollegata dai sentimenti del popolo" (Wikipedia Italia)

    Piu' che un romanzo, una profezia...

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  3. " il concetto di merito sia sinonimo di obbedienza e dovere, perché presuppone una legittimazione discrezionale da parte di qualcuno che occupa una posizione gerarchica superiore, o esercita un potere politico" (Bruno Trentin, )' Unita', 13 luglio 2006.

    "La meritocrazia è (…) l’esatta antitesi della democrazia” ( Cesare Mannucci nella prefazione all’edizione italiana del libro di Young)

    A compendio di questo post consiglio caldamente lettura di:
    http://www.lostraniero.net/archivio-2010/116-aprile-n-118/295-linganno-della-meritocrazia.html

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  4. Dott. 48 ma se il loro intento è fare un sacco di soldi, come si può ottenere ciò con la deflazione salariale ? Mirano a creare una nuova Cina mercantilista ?!! Ma il mercantilismo non credo funzioni con un'area cosi grande .. CHi comprerebbe ?!! O forse vogliono insaurare una guerra al ribasso dei "costi" ?! Se si, come potrebbe beneficiarne il grande capitalista se nel lungo ternime tutti diventeremo più poveri ?!!
    Credo che la risposta la dia la storia ma ahime non sono uno storico, quindi fatico a coglierne le risposte.
    O forse la risposta l'ho colta: inflazione negativa -> impoverimento del popolo nel lungo termine (non solo in europa ma mondiale) e origine a pochi "signori" che potranno permettersi di tutto, vista la dilagante ignoranza e vissuto di stenti.

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  5. IL PRINCIPIO DI PETER

    Uno gruppo variegato di ricercatori della università di Catania s’è aggiudicato nel 2010 ad Harward il premio internazionale IG/NOBEL , quello della Ragione satirica che prima fa sorridere, poi magari anche pensare.

    Il tema era il “management” e con rigorosa applicazione scientifica ebbero a mostrare che, fatto salvo l’apparente paradosso di una organizzazione gerarchica dove i membri salgono la scala delle responsabilità fino a grado massimo grado di incompetenza, la strategia di promozione dei migliori membri conduce alla rapida diminuzione di efficienza del sistema e che le strategie di miglioramento, o almeno di non riduzione, dell’efficienza sono la promozione di un agente “terzo” competente oppure la promozione casuale – ad minchiam – di uno qualsiasi degli “appartenenti” della struttura.

    Il lavoro conseguente dei “4 amici al bar” è sulla efficienza e efficacia dei Parlamenti democratici.
    Giocondando tra i quadranti di Cipolla e con il senso della ragione e saggezza antica – il kleroterion della giovane democrazia di Atene - mostrano con sarcasmo che l’introduzione di elementi casuali potrebbe migliorare l’efficienza dell’istituzione e massimizzare l’efficacia sociale della democrazia.

    Possono risultare banali dissertazioni di una scienza che, definito il postulato, costruisce l’algoritmo che lo dimostra ma in una Storia che propone assiomi paradossali, una risata e un ripensamento ci possono anche stare se non altro per allenare quell’unico “muscolo” importante.

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  6. Ho trovato questo video su youtube con intervista a Mario Monti la presentazione del nuovo libro di Stefano Feltri e Alessandro Barbera "La lunga notte dell'euro" da comprarlo, al limite, solo per capire i retroscena del potere, nulla più.

    Ad un certo punto Monti dichiara, molto candidamente, che per fortuna i politici non assecondano i loro elettori!

    Per il resto tutti i più triti e ritriti luoghi comuni, raccapricciate.

    Si ripete anche che i paesi investi dalla crisi tipo Portogallo Irlanda stanno meglio di prima, la Grecia la considerano caso a parte, persino la Corea del Sud è considerata un successo dopo la crisi degli anni novanta (si dimenticano delle sue svalutazioni però).

    Il succo di questa ora e quaranta minuti di video è pude al 1000%.

    Il link del video:

    https://www.youtube.com/watch?v=XdbScjVaDoc

    Riccardo.

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    1. E' pacifico che vivano in un mondo scisso dai dati e che quelli che utilizzano son letti in modo...singolare. Sollevi il punto che siano fieri che il politico tecno-liberista, che peraltro in sede elettorale aveva invariabilmente promesso la "crescita fenice", sia fiero di andare contro gli interessi dei propri elettori. E te credo! Ha raggiunto lo scopo: ma è atipico il gettare la maschera in questo modo. Contano ormai sulla sindrome di Stoccola indotta dai media.
      (Riccardo se non te l'ho già detto, ti invito a registrare un nick e a togliere "anonimo" perchè rschi di non essere pubblicato)

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  7. Una poderosa bombola di ossigeno (> finalmente) nel mare infinito del...pantano che invece mi/ci circonda..
    E per completare il quadro del bel link consigliato " lo straniero" dal sig. Bargazzino mi chiedo: come virare di rotta da tutto cio?(che allego) https://www.facebook.com/events/1401004553516648/?notif_t=plan_user_invited. Grazie ancora

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    1. Bocconiani e executives in conflitto di interesse strutturale rispetto all'argomento - che implica come curare l'interesse pubblico PER COME COSTITUZIONALIZZATO, in modo imparziale e non relativo a particolari soggetti privati orientati al profitto-, che parlano di qualcosa di cui conoscono a malapena il "sentito dire" e qualche dato alterato di comparazione con altri paesi.
      No Bruna, allo stato attuale, non c'è nulla da fare.
      Dovremmo crescere di numero e molto nella coscienza della democrazia costituzionale. Il giorno che i costituzionalisti e gli economisti democratici parleranno di come il più grande problema è l'inefficienza di monopoli e oligopoli, delle politiche solo monetarie, della distribuzione di reddito disastrosa a favore degli executives che pontificano, VIOLANDO LA LEGALITA' COSTITUZIONALE, e saranno al centro del dibattito mediatico, si sarà avuto il vero "cambiamento" per il benessere generale. E non per ambire alla sola riduzione del costo del lavoro mediante disoccupazione, asservendo la p.a. al solo interesse dei profitti privati: le supply side...

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  8. Post molto bello.
    Io vengo dal mondo della scuola, dove c'è una "singolare" problematica all'applicazione del termine "meritocrazia": quale è il criterio del merito?
    La difficoltà è subito evidente: pensiamo solo a quante sfumature sono comprese nel concetto di "educazione" o anche di "cultura", a quanto ognuno di noi possa dare un peso diverso all'uno o all'altro aspetto: ecco che avremo subito chiaro quanto parlare di "merito", senza chiarire prima come si definisce il merito, non abbia alcun senso.
    Molto interessante anche la questione dei requisiti dell'uomo politico.
    Come si definisce la "competenza" per un politico? Anche qui, possiamo discutere fino alla fine dei tempi. Al contrario "competenza" intesa come "espressione di un alto livello intellettuale" ha un senso vero: perché mando a rappresentarmi chi dimostra di avere le qualità culturali e intellettuali per farlo; non chi, non capendo nulla, si può far fregare facilmente.
    Aggiungerei che onestà e competenza (correttamente intesi) sono requisiti sì indispensabili, ma ancillari rispetto al nodo centrale: il rapporto di fiducia.
    L'elettore dovrebbe votare chi dimostra di sapere, ma soprattutto di voler fare i suoi interessi, per come sono stati definiti in precedenza.
    Invece quasi sempre si parla di merito, onestà e competenza solo per nascondere questa questione principale; per cui si induce le persone a votare chi magari ha in effetti incredibili "qualità" senza però prendere in considerazione a vantaggio di chiqueste qualità vengono usate.

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    1. D'accordo in linea argomentativa; implicitamente, la risposta a cosa sia, a sua volta, la "fiducia" viene data nel finale del post.
      Cioè "non votare chi non riscuota la nostra fiducia nel saper riconoscere il conflitto di interessi".
      Poi ovviamente dipende in quale interesse, preliminarmente, ciascuno impari (pensando e sapendo che i media sono un monoblocco di pensiero unico) a identificare come proprio.

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    2. Vero.
      Diciamo però che importante è, preliminarmente, definire il problema: «chi, una volta eletto, farà quello che io reputo sia vantaggioso per me?»
      Questa domanda, se fosse stata compresa, ci avrebbe evitato molto della logica del vincolo esterno, perché di sicuro esiste il problema successivo: «come distinguo ciò che è nel mio interesse?», ma è anche vero che è abbastanza facile stabilire, innanzitutto, che stare male non è affatto nel mio interesse...
      Colpevolizzare i governi e la democrazia perché non farebbero ciò che «è giusto» è tipico dell'élite tecnocratica europea. Ma la realtà è che la democrazia è il luogo della definizione degli interessi, non della "Verità". Ecco perché la politica non è questione, in senso stretto, di “ciò che è giusto”, “competenza” o “onestà”.
      Questo almeno è quello che, quando andavo all'università, stava scritto sul testo di un liberale quale Giuseppe Bedeschi. E mi piacerebbe sapere che fine hanno tutti questi per i quali il PCI era “illiberale”, ma l'EURSS invece porta la pace nel mondo...

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  9. A leggere questo, Barroso pare aver proprio ragione:

    http://sopravvivereingrecia.blogspot.it/2014/05/ecco-come-passano-tante-leggi-nel_5.html

    Un antidoto contro la democrazia di provata efficacia. Sarà questo, il futuro ed efficiente parlamento monocamerale tanto auspicato da Renzi & Co?

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    1. Tanto finchè non cambi il panorama formale delle forze politiche se non sarà questo sarà un altro governo a tentare di realizzare questo disegno. Che è in fondo solo la ratifica in sanatoria di un risultato di disattivazione costituzionale già in atto...
      Insomma, quale che sia il governo esprimibile da questo panorama mediatico-politico, sempre e comunque dovremo, si spera prima che poi, rimboccarci le mani per ricostruire la democrazia "sospesa"

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  10. chiedo scusa ma ho una domanda . se la mia interazione , anzi , se ogni mia interazione con qualunque altro cittadino deve necessariamente ottenere una abilitazione e mi viene in mente la guida di un'auto , l'esercizio di una professione ecc perche l'interazione con il massimo numero di cittadini , intendo il voto ,non necessita di nessuna abilitazione ? cordialmente , luigi silvio

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    1. Onestamente le problematiche relative alla disciplina del voto e della candidabilità mi sembrano poco assimilabili a quelle relative al conseguimento della patente di guida.....

      A voler comunque usare la metafora da lei prescelta, immagino non le sfugga che le cronache locali ci parlano quotidianamente di cattivi guidatori i quali -ancorché dotati di patente di guida regolarmente conseguita- provocano (con comportamenti criminali e irresponsabili), incidenti gravi ed evitabili che spesso costano la vita agli altri utenti della strada.
      Quindi, la "abilitazione", come la chiama lei, non mi sembra una soluzione così efficace, anche a voler ragionare per paragoni semplici........

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    2. Tuttavia, a pensarci bene..questo è un mio vecchio pallino. Attualmente ci sarebbero insormontabili problemi pratici, dovuti al rigido controllo culturale PUDE per cui si abiliterebbe al "più €uropa" a spese dello Stato Italiano). Ma il giorno che si fosse riconquistata la sovranità democratica...Chissà

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    3. Anche io sarei disponibile, in un clima più sereno, ad approfondire la questione.

      Però mi domando: il sistema delle autorizzazioni a procedere non dovrebbe proprio servire a "purificare" il Parlamento dall'interno? Una buona politica recuperata a se stessa potrebbe da sola, allora, fare un buon uso dell'istituto..... ma allora, perché demandare alla legge elettorale una sorta di "selezione morale" che potrebbe, in casi degenerativi, prestarsi ad un uso strumentale?

      Secondo la mia personalissima opinione, a voler proprio procedere in questa direzione, si dovrebbe elencare tassativamente un ristretto numero di fattispecie di reato, e limitare l'applicazione della norma esclusivamente al caso di condanne passate in giudicato (in ossequio al principio contenuto nell'articolo 27 cost. sulla presunzione di non colpevolezza).

      Da approfondire....... anche in relazione, a questo punto, ad una più puntuale disciplina dei cosiddetti "reati ministeriali", che sono, in fondo, la più concreta estrinsecazione della cosiddetta "mala politica" (uso distorto del potere sovrano delegato dal popolo nell'esercizio delle funzioni).

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    4. 48
      Allora, se il vincolo fosse l' osservanza ( e la conoscienza) del vincolo interno (costituzione) anche l' elezione dei parlamentarari su base di un sorteggio non sarebbe mica male, e tra l' latro sarebbe anche molto grillesca.


      Se vogliamo trascendere i giusti precetti democratici che richiami nel tuo post, questa idea non sarebbe mica male...
      Lo dico dopo aver parlato con un mio carississimo amico di infanzia che ha fatto il giudice popolare. A suo modo di dire una esperienza che lo ha entusiasmato, da un punto di vista civico.


      Oh, peggio dei parlamentari degli ultimi 20 anni non avrebbero fatto, dei parlamentari estratti a sorte. Il mio amico gli atti proessuali se li e' letti, i "nostri", il fiscal compact, quando lo hanno votato....be', non credo proprio che avessero idee molto chiare...

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    5. In effetti se si introducesse un'abilitazione per l'elettorato attivo, in condizioni fisiolgiche di democrazia costituzionale e sovrana, anche il sorteggio potrebbe essere preso in esame come soluzione per l'elettorato passivo: intendo che le liste potrebbero essere sorteggiate all'interno di tutti gli iscritti a dei partiti (che ci devono essere sia per previsione costituzionale che per sostanziale funzione di evoluzione delle visioni del mondo).
      Ma rimarrebbe un'ipotesi un pò forzata che premierebbe poco l'impegno civile all'interno dei partiti stessi. Certo garantirebbe che non ci sarebbero traffici di tessere e clientelismo concentrato; ma il partito nel suo complesso sarebbe sempre portato a farlo massicciamente come gruppo di potere tout court (più posti nella lotteria).
      Insomma, se ci rifletti bene ci sono più problemi che vantaggi

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    6. Certo, 48.
      La mia era una provocazione.
      Starei piu' ai dettami che il tuo post richiama, ovviamente.
      Anche se la depravazione parlamentare a cui abbiamo assistito in quesri anni....

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  11. L'utilizzo del concorso nella repubblica italiana era mirato a dare a tutti la medesima possibilita' di accedere ad un determinato lavoro anche di livello dirigenziale (uguaglianza del cittadino di fronte allo Stato). Oltretutto, il futuro lavoratore non avrebbe avuto nessuna "riconoscenza" verso qualcun'altro (tipico omaggio feudale dell'Italia), perche' il posto sarebbe stato vinto per bravura, dato che merito non vi piace.
    Puo' anche non piacervi il merito per vostri motivi personali, ma il caso italico odierno mostra tutto il suo squallore ed ingiustizia quando imponi una serie di inetti e mascalzoni nei posti dirigenziali.

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    1. Il concorso, concepito dalla Costituzione all'art.97, comma 3, come strumento egalitario (art.51 Cost), è esattamente l'opposto della meritocrazia agitata dai neo-liberisti, che mai vi parteciperebbero, reclamando la ricchezza (meglio se "misteriosamente" acquisita) come titolo di legittimazione.
      Se talora i loro mandatari o sicofanti vi si sottopongono, è allorchè sono sicuri che la "parte forte" (e disonesta) gli assicura un risultato positivo. Tipica è la fenomenologia dei concorsi universitari, che dà luogo da anni a continui scandali con processi penali e ad infiniti contenziosi impugnatori.

      E' chiaro che, invece, il concorso in una società autenticamente democratica che persegue l'eguaglianza sostanziale, servendo ad accertare il merito nell'accezione particolare di "expertise-competenza", è uno strumento positivo e che, anzi, corregge le disparità (sul presupposto che il sistema di formazione corrisponda, però, a quello dell'art.34, comma 3, Cost sull'incentivazione, con spesa pubblica, dei "capaci e meritevoli").

      Qui però, a dimostrazione che non hai letto bene il post, prima di formulare un acido commento, si sta parlando della preposizione a cariche elettive, in cui il pubblico concorso è chiaramente escluso dall'art.51 Cost. e si segue il metodo dell'art.48, cioè il voto: cioè il problema è "come scegliere chi votare" sul piano sostanziale del merito? E che tipo di merito stiamo considerando?
      Ne deduco che il diritto pubblico non è decisamente la tua materia "di merito"...

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    2. Come non e' la mia materia di merito?! ho vinto un concorso dello stato come avvocato!
      Scherzi a parte, e' vero ho letto tardi il tuo articolo e non con la necessaria concentrazione che "meritava". L'avevo confuso con la solita apologia egualitarista sinistroide anni 70 (comunque sempre meglio di quelli di oggi, sinistri neoclassici).
      Il merito nel voto deve risiedere nella rappresentativita' del candidato e non nella delega. Un saluto

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  12. Soprattutto, parlare di "meritocrazia", è implicitamente sovversivo.

    Il "potere" appartiene ad un "demos oggettivo", non ad un "merito soggettivo": merito che per la classe ordo-calvinista e neoliberal-WASP coincide con la quantità di plut... (le due desinenze sono entrambe valide ed equivalenti).

    Non c'è peggior collaborazionista del liberista autorazzista.

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