domenica 3 luglio 2016

GLOBALIZZAZIONE-DELOCALIZZAZIONE, TERRORISMO ISLAMICO.


http://cursa.ihmc.us/rid=1H117KFM6-MX1DP9-JBT/il%20mondo%20oggi%20(%20Annese%20Marta%203%5Ec).cmap?rid=1H117KFM6-MX1DP9-JBT&partName=htmljpeg

http://itakablog.com/wordpress/wp-content/uploads/2015/11/Terrorismo-e-occidente.jpg

1. Dai commenti sulla ennesima tragedia del terrorismo islamico - che questa volta colpisce 9 italiani, in tutta la sua ripugnante crudeltà, messa in scena come uno show psicopatico- mancano, e probabilmente mancheranno anche poi, due parole: GLOBALIZZAZIONE E DELOCALIZZAZIONE.
Su questi "perni" funziona l'equalizzatore globale dell'ingiustizia causata dal capitalismo sfrenato, imperante e TINA: persino The Economist, pur rivendicando gli enormi vantaggi della globalizzazione (...?), è costretto ad ammettere: "quando le persone sentono di non avere il controllo sulle proprie vite e di non condividere i frutti della globalizzazione, si ribellano". 
Pensate come debbano percepire questa esclusione in Bangladesh...
E invero, l'equalizzatore abbrutente della "competitività", opera dentro "casa" nostra, producendo anche le masse immigrate, multiculturalmente travolte dal paradigma razional-liberista dell'emarginazione (prima sociale e poi etnico-religiosa); e naturalmente opera fuori casa, (nostra, ma...a casa loro), con miliardi di esseri umani ben inquadrati nell'ossessione della "produttività" competitiva del costo del lavoro.

2. E questo ci dovrebbe far capire come possano vedere le cose le masse popolari  nei luoghi  dove la World Bank interviene e"registra", senza battere ciglio, la "crescita inclusiva"; ma senza menzionare le condizioni di lavoro. E, dunque, pare disinteressarsi delle "conseguenze sociali" effettive della globalizzazione, e considerare un'ipotesi impossibile la prevedibile rabbia di un popolo che ha una lunga storia di sfruttamento e dominazione coloniale spietata

The World Bank Working for a World Free of Poverty 
COUNTRY AT A GLANCE
Population 161.0 million 2015
GDP $172.9 billion 2014
GDP growth 6.1% 2014
Inflation 6.2% 2015
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3. GLOBALIZZAZIONE E DELOCALIZZAZIONE, dunque: saranno contenti, i bengalesi, di questi investitori esteri (che persino rispetto alla nostra realtà vengono invocati come l'unica soluzione), sempre arrembanti e visti come "benvenuti", sul presupposto implicito che non ci sia alcun impatto sociale del mercato del lavoro "competitivo"
Saranno soddisfatti i bengalesi, che un tempo erano l'avanguardia del movimento di indipendenza dell'India dal colonialismo, e insorsero poi per la liberazione dalla dominazione politica pakistana?
E perciò, saranno propensi i bengalesi, - che comunque sempre musulmani in prevalenza rimangono-, a rigettare come un corpo estraneo i terroristi integralisti che promettono una vendetta, brutale, umanamente deforme, ma non per questo meno simmetrica a ciò che può essere prevedibilmente percepito come uno spietato sfruttamento straniero?

E per quale motivo lo fanno, se non legato a quelle due magiche parolette che spiegano la presenza degli italiani in "quel" ristorante, senza bisogno di ricorrere a investigazioni che durano decenni e portano quasi sempre al "nulla"?
In questo contesto, cioè in una tensione che durava da alcuni anniun governo che si regge sulla conformazione alle condizionalità World Bank, non si può permettere di premere più di tanto sulla repressione del terrorismo islamico
La pentola a pressione, marca TINA, della globalizzazione e degli investitori esteri, alla ricerca della competitività sul costo del lavoro, non può essere surriscaldata oltre un certo limite. Specialmente svolgendo una (troppo) costosa opera di repressione accurata ed efficace che dovrebbe colpire organizzazioni difficili da "inchiodare", dati i loro ben noti centri strategici e di lauto finanziamento, che certo non trovano origine nel Paese che subisce le ondate di jihadisti, sempre ben reclutabili, manovrabili e sacrificabili in loco.
In fondo, da un lato, qualche sfogo violento, meglio se indirizzato al subconflitto sezionale religioso, arma di distrazione di massa globalizzata, è più gestibile di un'esplosione generalizzata del malcontento sociale. Dall'altro, ogni atto terroristico rafforza il consenso (e la legittimazione geopolitica) del governo nel territorio su cui si verifica... 

5. Sì il mondo va riportato alla ragione; alla dimensione umana della fratellanza (non musulmana; semplicemente umana). Ma come possono fare ciò "i mercati", i dominatori della competitività e della globalizzazione e delocalizzazione?
Certamente non con l'assurdo politically correct, propinato a occhi chiusi sulle cause sociali globaliste della follia islamista. E neppure con una radicalizzazione avversativa svincolata dalla comprensione di queste cause:


ADDENDUM: riteniamo utile, per una migliore focalizzazione dei problemi trattati nel post, incorporare nel testo questo commento (con alcune integrazioni):
"I talebani in Afghanistan e i vigili del fuoco in Arabia saudita (che rifiutano di salvare le studentesse del college femminile), chiunque se ne renderebbe conto, non sono terroristi, ma, anzi, espressione di forze di governo. E anche di una tradizione tribale che, essendo rimasta sempre in pieno controllo politico-territoriale, non ha bisogno di divenire terrorismo: semmai lo esporta...
E lo esporta perché ha mezzi finanziari immensi e la convenienza a farlo: con l'evidente lassez faire del blocco occidentale che considera queste fonti di finanziamento e promozione wahabita "intoccabili". Come si può ben vedere da questo articolo, nella parte finale (che non coglie l'aspetto sociale decisivo, contraddicendo il suo stesso titolo: e cioè che il ricco finanziatore è "controllato ancora oggi al 60 per cento da imprenditori e istituzioni saudite, è diventato il fulcro di un sistema economico, politico e religioso che dà lavoro a 600mila militanti dello Jamiat Islami, il partito dell'opposizione islamista, controlla altri 14 istituti bancari utilizzati per sponsorizzare progetti agricoli e conquistarsi consensi nelle campagne"
Domanda: se nel Bangladesh lo Stato sociale avesse potuto proseguire la sua azione, apprestando uno sviluppo compatibile con un diffuso welfare, invece che seguire le indicazioni della World Bank, l'integralismo islamico, avrebbe avuto questo spazio di penetrazione in campagne che non possono che essere il regno di una vecchia e nuova miseria accresciuta?).

Più ancora, c'è un punto che pare sfuggire totalmente: non è che i terroristi sono proletari oppressi che fanno una confusa lotta di classe. Tutt'altro.
Il terrorismo nasce da due ingredienti: da un lato, l'Islam e le sue strutture sociali feudali, maschiliste e comunitarie, dall'altro, il forte impatto di questo mondo arcaico e rurale con la superiorità tecnologica e sessual-edonistica dell'occidente, ridivenuto neo-liberista e, perciò, liberoscambista e neo-colonialista. Cioè fortemente anti-Stato sociale: come ben sapeva Nasser, v qui, pp. 3 e 4.

I terroristi, a livello "esecutivo", sono piuttosto persone dal profilo psicologico destabilizzato e condizionabile, facilmente reperibili laddove il modello sociale neo-liberista occidentalizzato si imponga brutalmente a suon di condizionalità, creando frustrazioni e vari complessi di "rifiuto": si rifiuta per non essere rifiutati. E ciò sia se tale modello sia esportato (caso del Bangladesh, come dei paesi della primavera araba), sia se sia "da importazione", cioè imposto ai migranti di massa ghettizzati in terra straniera.
A livello ideativo e finanziario, il vertice del terrorismo è invece ben consapevole di questi meccanismi identitari e di frustrazione e li sfrutta abilmente, sapendo che è proprio il sistema occidentale inteso in senso cosmetico (cioè ridotto cialtronamente a questioni sessuali e di costume familiare) ad alimentare la base di reclutamento degli psicotici manipolabili.

Più ancora, il post voleva evidenziare perché:
a) dopo anni di applicazione delle "cure" FMI e WB del Washington Consensus, in un paese a maggioranza musulmana, il comune sentire sociale non produca una forte resistenza all'azione dei terroristi islamici, visti comunque come capaci di una qualche forma di riscatto, quand'anche non condiviso sotto il profilo del'estremismo identitario;




b)
in una situazione di tensione sociale prodotta dalla "modernizzazione" globale (liberista), i governi non hanno interesse, in termini di consenso, e neppure sufficienti risorse finanziarie, per condurre con convinzione un'azione repressiva di tale terrorismo: sanno che, sul piano militare, le forze estere che lo finanziano, fanno reclutamento e addestramento, e lo armano, sono potenti e ben protette (dallo stesso occidente), mentre, d'altra parte, gli stessi governi non sono in grado di mutare l'assetto sociale che produce il substrato ideale per il reclutamento. 

34 commenti:

  1. Ma su, Quarantotto! Non fare il "progressista"! Che sono queste analisi socialiste?

    Non sai che la responsabilità è "individuale"?

    Se non lo sai non sei liberale, QUINDI sei pure fascio-stalinista. L'ha detto Popper e qualche volte anche la Arendt.

    Non sai che cercare nelle cause economico-sociali e demografiche il motore della Storia è roba da "materialisti"? Gretti, atei, storici materialisti?

    Non crederai, forse, che la Fenomenologia dello Spirito si manifesti nella dimensione umana come materialismo dialettico? Perché, sai, sono le morali e le religioni il primum agens della Storia delle civiltà. Non lo sapevi? Non vai a messa la domenica?

    I poveri devono, evidentemente 'detti - bene o male se cristiano cattolici o protestanti - a causa dei loro geni, ricevere semplicemente la caritatevole elemosina del ricco.

    Certo, "caritatevole", dalla caritas paolina, dall'ammòre che permette di allargare le crune degli aghi in cui far passar cammelli sempre più grossi e grassi. Come i cammelli multicolor dei Benetton.

    Insomma, è assodato che le teorie esoterico-religiose comprendono anche quelle della razza.

    D'altronde, le sure coraniche sono a dimostrazione zeppe di inviti a far scoppiar bombe contro gli "infedeli". (Che poi sarebbero i veri fedeli... vabbè).

    Voglio dire, se non sei negro o la tua pigmentazione non è tendenzialmente olivastra, mai ti verrebbe in mente di leggere il Corano, no? E, se non fossi particolarmente scuro di pelle, non ti sarebbe mai successo di essere povero e schiavizzato.

    È risaputo, i negri sono il lavoro-merce per antonomasia! Ma leggersi la storia delle Compagnie delle Indie et similia, no?

    Per questo sono i negri ad aver inventato gli spiritual e i canti da lavoro! Perché sono negri!

    Post hoc, ergo propter hoc.

    E i musulmani hanno ovviamente gravi contaminazioni di sangue negroide.

    A lezioni di logica ti dovrei mandare!

    Per forza che poi cadi nella fallacia della logica hegeliana, addirittura - ripeto, a-d-d-i-r-i-TT-ura - basata sulla CONTRADDIZIONE!

    Poi, dai, sappiamo tutti che a sinistra ci stanno Killary Clinton, la nicciana Bestia Bionda, e i Wu Minghià, notoriamente euro-gatekeepers: e sono tutti per il governo globale, multiculturale, e politicamente così "giusto" che viene universalmente definito "corretto". Come la "giusta" soluzione di un'equazione algebrica.

    (Quelle che servono ad allocare in modo paretianamente efficiente le risorse)

    Cosa c'è di più elementare? La globalizzazione ha un'immagine sorosiana di "sinistra", il socialismo storico trovava rappresentanza nella sinistra dell'aula parlamentare, QUINDI tutto ciò che ha il brand "sinistra" è inutile, dannoso, scorretto: sinistre e massonerie spronano ad aprire le frontiere perché "gli uomini son tutti uguali", i diversamente imbecilli che capiscono che essere invasi e ospitare ghetti - ossia fertili vivai in cui crescere deboli di mente da usare nelle strategie della tensione - non è tanto bello, rispondono pavloviani che "bisogna bloccare l'immigrazione perché quelle negroidi sono razze incivili, pericolose: insomma, inferiori".

    Divide et impera.

    (Quelli per cui il "problema è l'Islam" sono gli utili idioti per cui illo tempore sono stati confezionati i neologismi di islamofobia, razzismo, nazionalismo, fascismo, sessismo, e via... a meritarsi il disprezzo che i dominanti riversano loro: proprio quello che nutrono verso i propri lacchè conformisti e intellettualmente deprivati dai media, che gli islamofobi credono di contrastare)

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    1. "Per questo sono i negri ad aver inventato gli spiritual e i canti da lavoro! Perché sono negri!"

      E - vado a memoria - il jazz piace anche all'Eugenio nostro! Lo ha dichiarato nel suo recente sproloquio contro i poveri.

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  2. (E, non sia mai che esista una dialettica tra classi, visto che i rapporti di subalternità non si possono rivoluzionare, il problema non può risiedere nell'oppressione delle classi dominanti: lo ha detto Joseph de Maistre!)

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    1. Io non son bravo come voi a spiegare... e vi leggo sempre...
      ma ho capito almeno due cose nella vita: che quello che avviene ha sempre una causa che avrà delle conseguenze; che chi mi parla (soprattutto massmedia)porta sempre avanti il suo interesse, non il mio.
      Io so che sono proletario e che non sono consentite ai nostri figli le stesse opportunità dei "dominanti".
      Jun

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    2. Sacrosanto: tutta l'elaborazione "teorica" nasce da queste constatazioni che dovrebbero essere autoevidenti.

      Purtroppo, chi straparla di "scontro tra civiltà", soffre di gravi forme di dissonanza cognitiva. Generalmente aggravata - se non del tutto indotta - proprio dai media che sono espressione delle forze sociali dominanti che stanno dietro alle autorità.

      Siamo in piena shock-doctrine e solo gli idioti spostano l'attenzione verso il marchio che i media fanno passare stampato sulle non-guerre dell'Islam.

      Il neoliberismo che sta sbriciolando Europa e Brics porta alla guerra vera: quella per cui sono solo i nostri figli a crepare.

      Ricordo che hanno causato più sofferenza sociale e morti i banchieri che i generali di tutte le guerre messe insieme: queste sono solo la ciliegina sulla torta insanguinata della fine di "un ciclo economico".

      Esiste una certa correlazione, una causazione dinamica, una connessione, un legame tra salute mentale, coscienza, e moralità...

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  3. Small messages from Cuba


    Hyman Roth: Well, we'll see; the doctors would disagree, but what do they know? These are wonderful things that we've achieved in Havana -- and there's no limit to where we can go from here. This kind of Government knows how to help business...to encourage it -- the hotels here are bigger and swankier than any of the rug joints we've put in Vegas -- and we can thank our friends in the Cuban government -- which has put up half of the cash with the Teamsters on a dollar for dollar basis -- has relaxed restrictions on imports. What I am saying now is we have what we have always needed -- real partnership with the government.[...]
    Michael Corleone: I saw an interesting thing happen today. A rebel was being arrested by the military police, and rather than be taken alive, he exploded a grenade he had hidden in his jacket. He killed himself, and took a captain of the command with him.
    Johnny Ola: Those rebels, you know, they're lunatics.
    Michael Corleone: Maybe so -- but it occurred to me. The soldiers are paid to fight -- the rebels aren't.
    Hyman Roth: What does that tell you?
    Michael Corleone: They could win.

    Hyman Roth: This county's had rebels for the last fifty years -- it's in their blood, believe me, I know.

    Hyman Roth: If I could only live to see it, to be there with you. What I wouldn't give for twenty more years! Here we are, protected, free to make our profits without Kefauver, the goddamn Justice Department and the F.B.I. ninety miles away, in partnership with a friendly government. Ninety miles! It's nothing! Just one small step, looking for a man who wants to be President of the United States, and having the cash to make it possible. Michael, we're bigger than U.S. Steel.

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  4. A globalizzazione e delocalizzazione, per la verità, avevo pensato anche io: se impianti ed addetti fossero rimasti in Italia, probabilmente non piangeremmo questi morti. E poi non credo al Daech onnipresente sul globo.
    Ciò detto,ritengo che decontestualizzare la storia sia profondamente sbagliato perché non consente una lettura completa degli avvenimenti attuali.
    Neppure possiamo ricondurre attentati di ogni tipo alla lotta di classe. I talebani che sfregiano con acido maestre e bambine in Afghanistan, i vigili del fuoco che in Arabia Saudita rifiutano di mettere in salvo le studentesse di un college femminile, non sono affatto dei proletari che si ignorano.
    Più semplicemente essi fanno parte di un mondo tribale che non ha mai cessato di esistere e che noi fingiamo di ignorare. E lo ignoriamo anche e soprattutto perché può essere combattuto solo dal di dentro.

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    1. Per fare obiezioni così radicali e pure "esortative", occorrerebbe aver compreso il post utilizzando pure i links.
      I talebani in afghanistan e i vigili del fuoco in Arabia saudita, chiunque se ne renderebbe conto, non sono terroristi, ma, anzi, espressione di forze di governo. E anche di una tradizione tribale che, essendo rimasta sempre in pieno controllo politico-territoriale, non ha bisogno di divenire terrorismo: semmai lo esporta...

      Più ancora, c'è un punto che pare sfuggire totalmente: non è che i terroristi sono proletari oppressi che fanno una confusa lotta di classe. Tutt'altro.
      Il terrorismo nasce da due ingredienti: l'islam e le sue strutture sociali feudali, maschiliste e comunitarie, e il forte impatto con la superiorità tecnologica e sessual-edonistica dell'occidente, ridivenuto neo-liberista e, perciò, liberoscambista e neo-colonialista. Cioè fortemente anti-Stato sociale: come ben sapeva Nasser
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/03/qualcosa-e-cambiato-essi-sono-tornati-e.html pp. 3 e 4.

      I terroristi, a livello "esecutivo", sono piuttosto persone dal profilo psicologico destabilizzato e condizionabile, facilmente reperibili laddove il modello sociale neo-liberista occidentalizzato si imponga brutalmente a suon di condizionalità, creando frustrazioni e vari complessi di "rifiuto" (si rifiuta per non essere rifiutati): e ciò sia se tale modello sia esportato (caso del Bangladesh, come dei paesi della primavera araba), sia se sia "da importazione", cioè imposto ai migranti di massa ghettizzati in terra straniera.

      A livello ideativo e finanziario, il vertice del terrorismo è invece ben consapevole di questi meccanismi identitari e di frustrazione e li sfrutta abilmente, sapendo che è proprio il sistema occidentale inteso in senso cosmetico (cioè ridotto cialtronamente a questioni sessuali e di costume familiare) ad alimentare la base di reclutamento degli psicotici manipolabili.

      Più ancora, il post voleva evidenziare perché:
      a) dopo anni di applicazione delle "cure" FMI e WB del Washington Consensus, in un paese a maggioranza musulmana, il comune sentire sociale non produca una forte resistenza all'azione dei terroristi islamici, visti comunque come capaci di una qualche forma di riscatto, quand'anche non condiviso sotto il profilo del'estremismo identitario;
      b) i governi non hanno interesse, in termini di consenso, in una situazione di tensione sociale prodotta dalla "modernizzazione" globale (liberista), e neppure sufficienti risorse finanziarie, per condurre con convinzione un'azione repressiva di tale terrorismo: sanno che, sul piano militare, le forze estere che lo finanziano, fanno reclutamento e addestramento, e lo armano, sono ben protette (dallo stesso occidente), mentre, d'altra parte, gli stessi governi non sono in grado di mutare l'assetto sociale che produce il substrato ideale per il reclutamento.

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    2. Vabbè, mi impiccio perché sono in debito con l'utente che mi ha spiegato che Gesù era ebreo e non palestinese.

      Utente, tra l'altro, che è parte del "noto club dei polemici" che, da un po' di tempo, movimenta la discussione in questi spazi.

      Oltre alla precisa ed esaustiva spiegazione di Quarantotto sul topic, farei qualche considerazione teorica. (Inutili, purtroppo, perché la "teoria", si sa, è il parlar di sesso degli angeli, è divagar de' massimi sistemi, è far perder tempo a chi ha esperienza, a chi sa la vita vera vissuta, a chi sa perché intuisce e, insomma, "sa")

      1 - Nel conflitto distributivo nel sistema capitalistico e, in generale, nel conflitto tra classi in qualsiasi sistema sociale umano, c'è solo una classe che è cosciente di essere "classe" e che il conflitto lo conduce in modo consapevole e, spesso, ben organizzato: questa astrusa astrazione è quella che viene comunamente chiamata dai socialisti mangia-bambini oppressione. Un Chomsky de' passaggio lo ha appena ribadito. (Ma lui è un intellettuale, QUINDI è come Eco, QUINDI si occupa del sesso degli angeli).

      2 - Il conflitto distributivo è un conflitto politico: denaro == potere, ossia, in regime capitalistico sono un'identità (€$)<-->(Potere): questo "Potere" è il Kratos che sovrastruttura l'Archè (???)

      (Questo è il motivo per cui, se il Potere venisse totalmente socializzato, cioè se non ci fosse più realmente un rapporto di subordinazione politica, ovvero se si arrivasse ad un ordine per cui ogni persona umana fosse formalmente diversa ma sostanzialmente uguale, ossia scomparisse strutturalmente il "kratos", non esisterebbe più "l'Archè", ossia non esisterebbe più lo Stato nella sua accezione classica: la sostanzializzazione della Democrazia stessa porterebbe ad un ordine che non sarebbe più neanche... democratico. Filologi e politologi sfogatevi...)

      3 - le classi subalterne non hanno né le informazioni né gli strumenti cognitivi per comprendere la struttura delle dinamiche politiche, poiché strutturalmente sono subordinati nei rapporti di produzione: il loro frustrato livore viene sfogato - per la gioia dei dominanti - verso altri gruppi sociali subalterni, generalmente riconoscibili per tratti somatici e religione. Nascono la caccia alle streghe, agli "untori", i pogrom, le guerre nazionali, etniche, civili e... religiose.

      Guerre che tendenzialmente rafforzano l'oppressione esercitata dalle classi dominanti su quelle subalterne. Anche le guerre "civili" più "coscienti", come fa notare Orwell ne "La Fattoria degli animali", possono non ristabilire un'ordine sociale più equo.

      4 - il proporre che la brutalità medievale di certi "califfati" (tra l'altro tutt'altro che sorti "spontaneamente") come genetici all'Islam, è un esempio di post hoc, ergo propter hoc. È una fallacia (da Fallaci) logica.

      Il problema è la struttura sociale "medievale", non la cultura religiosa: ti sembra forse che la chiesa cattolica abbia fatto qualcosa di diverso durante il Medioevo? I rapporti feudali sono i rapporti feudali. Di fronte all'evidenza dell'anacronismo di questi incivili assetti sociali, bisognerebbe chiedersi se i vecchi monoteismi sono ancora l'origine dell'inconcepibile abbruttimento dei rapporti umani, oppure se, ad oggi, è la religione neoliberista a rendere l'essere umano una bestia in cattività.

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    3. 5 - La repulsione che si prova di fronte alle notizie propagandate su certi usi islamici, è, appunto, una manipolazione emotiva spinta dalla propaganda.

      Significa che tutto ciò che si dice di questi territori è falso?

      No!

      La propaganda si basa sempre su fattoidi o notizie tendenzialmente vere.

      Non consiglierei mai ad una donna, come potrebbe fare qualche piddino politically correct, di farsi un viaggio in solitaria in Arabia Saudita e nemmeno in Turchia.

      Ma non perché sono Paesi islamici: ma perché son Paesi con assetti sociali para-medievali.

      Conclusioni: non comprendere questa "cronologia" di concause, non è di per sé un problema "morale" come il "terzomondista sorosiano" propaganda, è immorale, ovvero è una patologia cognitiva e comportamentale in quanto controproducente per i propri interessi materiali, ben prima che "spirituali": ovvero è stupido!

      Sul disagio sociale e sullo sfruttamento economico si può agire politicamente in tempi "umani": sugli aspetti "antropologici" invece non si può far nulla. Anzi, peggio: possono essere funzionalmente conformati esclusivamente dalle classi dominanti... (chiedere ai nazisti, ai neocon, o alla premiata ditta Rothschild-Soros)

      E l'oppresso si dà - di nuovo - una zappata su entrambi i piedi.

      (Questo è il senso profondo di "proletari di tutto il mondo unitevi": si parla di coscienza, non sicuramente di cosmopolitismo spinelliano)

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    4. Ehm...non credo che il nostro interlocutore sia orientato ad abbandonare il consolidato armamentario della guerra inevitabilmente dichiarata dall'Islam e dello scontro fra civiltà (includente che il conflitto di classe non c'entra nulla: ma senza chiederlo ai bengalesi che, pure, della questione si erano molto occupati, a studiarne la storia..."decontestualizzata", pare).
      Qualsiasi deviazione dalla vulgata è comunismo: cioè il male assoluto che impedisce la libertà, ecc., ecc.

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  5. Fa piacere ogni tanto trovare un posto dove posso esprimermi ed essere compreso.
    orizzonte48 è uno di questi posti.
    Io mi sento sempre più frustrato ogniqualvolta moralisti e decrescisti parlano di consumismo, finanche il papa.
    Ad esempio, guardate questo video di Diego Parassole che pubblicizza il suo spettacolo "I consumisti mangiano i bambini".
    https://www.youtube.com/watch?v=FFBQ0K4G6eo
    La tesi di fondo è che noi "consumiamo troppo"; il tipo parte in quarta con discorsi qualunquistici e attribuisce a tutti una propensione al consumo che in realtà, in tempi di crisi, non è affatto eguale per tutti; ma come è possibile che, nel mezzo di una crisi economica infinita, con tassi di disoccupazione altissimi, ci siano dei "comici" che ti dicono che il tuo maggior problema è che tu vuoi "una macchina sempre più potente, un televisore più grande, ecc.", e lo vengano a dire a me, che sono disoccupato, non mai avuto una macchina, non ho un televisore, ho difficoltà a pagare affitto e bollette, e temo per il mio futuro in mezzo ad una strada! E poi sempre la tiritera del senso di colpa moralista che se consumassimo di più distruggeremmo il pianeta. Il tutto messo lì senza alcuna base scientifica solida a supporto di tesi così estreme. E della fallacia della tesi della CO2 antropica come causa del global warming ne avevo già parlato.
    Ho ben presente la spiegazione che mi avevate dato tempo fa sul consumismo senza senso:
    http://orizzonte48.blogspot.it/2015/11/la-false-flag-della-tutela-del.html
    E la condivido. Ma c'è tutta una sfilza di poteri reazionari e decrescisti che usano la parola "consumismo" come condanna morale del benessere tout court, del benessere derivante dall'industria e dal lavoro, a partire da Papa:
    http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/papa-angelus-no-consumismo.aspx
    "Basare la propria felicità sull'avere è assurdo mentre i giovani di oggi soffrono per "il veleno" di una società vuota che propone loro "l'illusione" del "consumismo"."
    Ma per avere e consumare, se non si è figli di papà, bisognerebbe lavorare per guadagnare e quindi per spendere; ma come è possibile far ciò per tutti i giovani che non hanno lavoro o ce l'hanno precario e malpagato?
    Lavoro, Istat: “Disoccupazione giovanile su a 39,3%, il massimo da ottobre 2015. Salgono solo gli occupati over 50″
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/01/lavoro-istat-disoccupazione-giovanile-a-gennaio-risalita-al-393-la-piu-alta-da-ottobre-2015/2507845/

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  6. A noi frequentatori del blog è chiaro che quello che si sta costruendo è un gigantesco Frame mediatico per abituare I GIOVANI, cioè le nuove generazioni, ad una vita con ridotte aspettative e fare in modo che gli stessi vedano questi "cambiamenti" come delle cose "naturali" o addirittura "positive" per la loro vita.
    Leggete ad esempio gli estratti di questo articolo in cui si dice che "Solo la crisi ci può salvare":
    http://www.ilcambiamento.it/editoriale/solo_la_crisi_ci_può_salvare_consumismo.html
    "Fanno oggettivamente sbellicare dalle risate questi sedicenti economisti che si ostinano a ricercare le soluzioni alla crisi all’interno degli stessi perimetri concettuali che l’hanno generata, primo fra tutti la crescita del Pil. Le scorie mentali e i retaggi illuministici in cui l’Occidente è ancora invischiato impediscono purtroppo a molti di noi di immaginare ed esplorare soluzioni alternative e realmente risolutive, sia in chiave personale che sistemica. Ed è esattamente per questa ragione che l’unico fenomeno ancora in grado di arginare il fondamentalismo neoliberista, aprendo gli occhi a questi templari della crescita ad ogni costo, è paradossalmente un inasprimento della crisi stessa. Il primo passo da fare è quello di sbarazzarsi della favoletta – rigorosamente destinata al solo pubblico adulto – della crescita infinita in un mondo dalle risorse finite, che alle orecchie di un qualsiasi organismo pensante dovrebbe suonare credibile più o meno come l’esistenza di Babbo Natale.

    In questa ottica, la crisi rappresenta una vera e propria benedizione per contrastare il delirio consumistico di esseri umani sempre più nevrotici e disorientati"
    SAPPIAMO TUTTI CHE I GEORGE SOROS NON HANNO CERTO RIDOTTO I LORO CONSUMI A CAUSA DELLA CRISI, Nè LI HANNO RIDOTTI TUTTI COLORO CHE FANNO PARTE DELLA CATEGORIA DEL RENTIER CAPITALISM; MA ALLORA A CHI HA GIOVATO LA CRISI? A TUTTI COLORO CHE, COME ME, SI TROVANO DISPERATI, SENZA LAVORO, SENZA FUTURO, DOPO UNA VITA DI SACRIFICI? A TUTTI COLORO CHE HANNO TENTATO IL SUICIDIO O SI SONO SUICIDATI?
    http://www.crisitaly.org/?s=suicidi

    E INVECE DI COSA CI PARLA ANDREA STROZZI?
    "[…] Le profonde trasformazioni che questa Crisi sta procurando alle nostre abitudini rappresentano un fattore di speranza per un futuro più autentico e naturale. Le frenetiche e paranoiche accelerazioni a cui ci ha costretto un progresso tecnologico privo di scrupoli, gli alienanti stili di vita che costringono sempre più persone al ricorso alla farmacologia chimica, il culto del denaro e del successo a ogni costo, le nefaste violenze procurate al territorio con l’unico scopo di assoggettare l’habitat all’impeto espansionistico umano, sono le principali tendenze e gli effetti collaterali di questo perverso modello di sviluppo, che la Crisi può contribuire a inibire."
    E sarebbero forse questi qua sotto alcuni fattori di speranza per il nostro Strozzi?
    "Sono circa 4 mila (in prevalenza uomini adulti) le persone che ogni anno in Italia decidono (e riescono) a togliersi la vita con i metodi più disparati. Una strage silenziosa e continua che dopo un periodo di assestamento al ribasso (quasi dimezzati i dati che riguardano le donne) ha registrato una nuova accelerazione (colpendo soprattutto gli uomini in età da lavoro) con l’esplosione della crisi economica mondiale nell’agosto del 2007. Una tendenza statistica impressionante che ha portato nel 2013 (ultimo anno di cui sono disponibili i dati Istat) a 4291 il numero di suicidi su tutto il territorio nazionale (352 nella sola regione Lazio)."
    http://www.crisitaly.org/impressionante-mai-cosi-tanti-suicidi-italia-dati-istat-fermi-al-2013/

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  7. QUELLE DI STROZZI A ME SEMBRANO SOLO LE SOLITE PREDICHE MORALISTICHE! QUI SI ATTRIBUISCE ALLA PROFONDA SOFFERENZA IN CUI VERSANO MILIONI DI DISOCCUPATI-SOTTOCUPATI UN EFFETTO CATARTICO DI SALVEZZA; E SI OCCULTANO COSÌ LE VERE CAUSE DELLA SOFFERENZA DELLA NOSTRA SOCIETÀ CONTEMPORANEA, CHE NON SONO DOVUTE AL CONSUMISMO, MA ALLA MANCANZA DI LAVORO, DI REDDITO, ALLA MANCANZA DI CONSUMO, SOVENTE ANCHE PER SODDISFARE I BISOGNI MINIMI PER UNA VITA DIGNITOSA.
    IL CAMBIAMENTO PROFETIZZATO DA ANDREA STROZZI È UN CAMBIAMENTO VOLUTO E INCENTIVATO DALL'ALTO, CON LA CREAZIONE DI UN FRAME COMPORTAMENTALE ADATTO ALL'UOMO NUOVO PRIVO DI DIRITTI E PROSPETTIVE DI UNA VITA DIGNITOSA:
    "[…] La reazione corretta è infatti quella che stanno cominciando a praticare migliaia di cittadini ingegnosi e operosi che – fregandosene dalla politica di Palazzo e lontano dai riflettori – si attrezzano per far fronte ai profondi mutamenti degli stili di vita a cui il nuovo corso necessariamente ci abituerà. Gli esempi sono fortunatamente tantissimi e vanno dall’autosufficienza energetica alla partecipazione ad orti comunitari, dal rifiuto delle mode e delle seduzioni del consumismo al ripudio consapevole di una mentalità del lavoro neoschiavistica, da numerosi esempi di soluzioni abitative comunitarie ad alcune testimonianze di imprenditoria virtuosa e realmente orientata al benessere."
    QUINDI, INCITAMENTO A SOLUZIONI BIOGRAFICHE IN RISPOSTA A CRISI CREATE A LIVELLO SISTEMICO, FREGANDOSENE DELLA POLITICA, PRODUCENDOSI L'ENERGIA IN CASA E RITORNANDO ALL'AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA: ADATTAMENTO ALLE NUOVE CONDIZIONI INVECE DI CONSAPEVOLEZZA E LOTTA POLITICA PER SALARI, LAVORO DIGNITOSO, BENESSERE E DIRITTI, SONO LE REAZIONI VOLUTE, CI DICE IL NOSTRO AUTORE, PER CONTRASTARE IL MALE ASSOLUTO S'INTENDE, CIOÈ IL "CONSUMISMO"....
    MA NON SONO PROPRIO QUESTE DELLE SOLUZIONI NEOSCHIAVISTE, CIOÈ, NEOLIBERISTE? LO STROZZI IN SOSTANZA DICE AI GIOVANI: ARRANGIATEVI SENZA POLITICA, SENZA STATO E SENZA DIRITTI GARANTITI! SE VOLETE MANGIARE COLTIVATEVI UN ORTO!
    "[…] Il Cambiamento sta già avvenendo" CI DICE IL SIGNOR STROZZI, E COME DARGLI TORTO!
    CARI AMICI DEL BLOG, È QUESTO IL VOLTO DEL NUOVO FASCISMO REAZIONARIO CHE SI MASCHERA DIETRO PAROLE COME "FRUGALITÀ" E VIENE INSTILLATO, NELL'ERA DEI LIBERI MERCATI DELLE DELOCALIZZAZIONI E DELLA COMPETIZIONE SUL COSTO DEL LAVORO, NELLE GIOVANI MENTI DA SCRITTORI "ALTERNATIVI" CONTRO IL "CONSUMISMO"

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    1. Come sai, il consumo è una cosa, il consumismo è un'altra cosa.

      Quest'ultimo, nel secondo dopoguerra, si è manifestato come sovrastruttura delle costituzioni materiali - ovvero della struttura sociale reale - in funzione "anti-keynesiana". In che senso: il consumismo, propriamente definito come da Veblen, ovvero come forma di consumo veicolato dall'immagine, dal prestigio, dallo status symbol, ha avuto il ruolo di disintegrare la coscienza di classe in una fase del capitalismo in cui le disuguaglianze dovevano diminuire aumentando i consumi in funzione anti-comunista e anti-russa.

      Le democrazie sociali dovevano rimanere al "guinzaglio": la scarsità delle risorse è la sovrastruttura che cosmetizza il ben più strutturale "vincolo esterno" di cui si è approfondito in questi spazi. (Quello che in Italia è stato rappresentato da Einaudi, dal Quarto Partito, dalla "mano invisibile" del governo sovranazionale dei mercati, dalla moneta unica, dall'europeismo, dal mondialismo, ecc.). I finanzieri non si chiamano "strozzini" per nulla.

      I subalterni dovevano identificarsi con la leisure class, con il suo stile di vita e introiettare la sua morale... fino a che la shock-doctrine neoliberista ha ricordato loro che "non se lo possono permettere".

      Per motivi di classe, non certamente per motivi ecologici: la società dell'immagine o l'ecologismo sono solo altre sovrastrutture, ossia altri mulini a vento contro cui i geni della scuola di Francoforte, ed i Don Chisciotte progressisti in genere, si sono scagliati per decenni.

      E i neo-malthusiani del Club di Roma hanno servito lo sfilatino a tutti... "sfilatino" non solo "sovrastrutturale".

      (Purtroppo il nominalismo, nella comunicazione, non è solo "forma": è sostanza.

      Far capire che i liberali non disquisicono della nostra libertà, che la libera concorrenza è solo quella tra disoccupati, o che il consumismo non si riferisce alla quantità (D) che si "consuma"... è proprio la sfida di chi fa divulgazione

      Per il resto ti capisco perché siamo tutti nella stessa barca)

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    2. Grazie Bazaar per la puntuale precisazione, che mi trova in totale sintonia, e che del resto era già da noi stata discussa e sviscerata in passato sul blog. Si, il liberismo riguarda solo la libertà del padrone di disporre di disoccupati in libera concorrenza mondiale al ribasso sul costo del lavoro; e quelli che non vengono scelti che si arrangino con gli orti urbani o con la carità stracciona; ma anche quelli che verranno scelti avranno sempre più bisogno di integrare il loro reddito con l'elemosina di un pacco di pasta e di tonno proveniente dalla Caritas oppure attraverso l'economia informale dei baratti. Ma anche quelli che andranno a lavorare negli orti siamo proprio sicuri che saranno così liberi da padroni? Non è più probabile che i disoccupati nullatenenti finiscano nelle mani del landowner?
      "Abruzzo: Se volete lavorare dovete leccarmi i piedi. Di negri al posto vostro ne trovo una marea
      ...
      Le premesse del datore di lavoro, imprenditore agricolo impiegato nella raccolta delle olive, non furono delle migliori fin dall’inizio: “Ci disse che avremmo dovuto dare la massima disponibilità, sette giorni se sette, per tutta la durata della raccolta”. Neanche un giorno di riposo settimanale, dunque, ma almeno la prospettiva di guadagnare finalmente qualcosa. Invece il primo giorno si è dimostrato subito un incubo: arrivati nei campi alle 7 del mattino, se ne sono andati alle 20 dopo 13 ore di lavoro: “Il titolare ci ha dato 40 euro in contanti: fanno 3 euro ad ora, una paga da fame”, spiega Aldo.
      I due non sapevano che le cose sarebbero andate anche peggio: il titolare aveva garantito di emettere un regolare contratto di lavoro, ma dopo due giorni non ce n’era nessuna traccia. Non solo: i due avrebbero dovuto conoscere oltre allo sfruttamento anche le umiliazioni e gli insulti. “Senza nessuna ragione, dal secondo giorno il titolare dell’azienda ha cominciato a insultarci. Frasi come ‘Io sono il dittatore. Voi dovete fare quello che dico io come Cristo comanda'”. Ma il repertorio delle ingiurie è ancor più vasto. Come riportano le denunce presentate alla Guardia di Finanza di Giulianova, chiamata ora a indagare e fare piena luce sulla vicenda, il titolare avrebbe pronunciato altre pesanti affermazioni: “Se hai voglia di lavorare domani mattina vieni qua e mi lecchi i piedi”, “voi siete delle merde, non volete lavorare e domani mattina al posto vostro ne trovo altri cinquanta che mi vengono a lavorare per 40 euro zitti e muti”, “i miei insulti per voi devono essere il pane quotidiano”, “voi rappresentate gli italiani paraculi che non si vogliono sporcare le mani. Di negri al posto vostro ne trovo una marea”.
      http://www.crisitaly.org/abruzzo-se-volete-lavorare-dovete-leccarmi-i-piedi-di-negri-al-posto-vostro-ne-trovo-una-marea/

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    3. Sempre ritornando all'odio verso l'umanità tutta che veicola certo ecologismo estremista, vi propongo la lettura del Manifesto del Movimento per l'Estinzione Volontaria:
      "Il VHEMT (che si pronuncia vehement, parola inglese che significa veemente) è un movimento, non un’organizzazione. È un movimento portato avanti da gente che ha a cuore la vita sul pianeta Terra. Non siamo un gruppo di disadattati maltusiani misantropi e asociali che provano un piacere morboso ogni volta che qualche disastro colpisce gli umani. Non potrebbe esserci nulla di più distante dalla realtà. L’estinzione umana volontaria è piuttosto l’alternativa umanitaria ai disastri che colpiscono la gente.

      Non insistiamo sul modo in cui la specie umana si è dimostrata un parassita avido ed amorale su un pianeta che era in buona salute. Una negatività di quel genere non offre soluzioni per gli orrori inesorabili che l’attività umana sta provocando. Piuttosto, il Movimento propone un’alternativa incoraggiante alla distruzione impietosa e completa dell’ecologia della Terra.

      Come sanno bene i Volontari del VHEMT, la speranza che si presenta come alternativa all’estinzione di milioni di specie vegetali ed animali è l’estinzione volontaria di una sola specie: l’Homo sapiens, …la nostra estinzione."
      http://www.vhemt.org/iaboutvhemt.htm
      Direi che si adatta proprio alla nostra realtà:
      "Gli italiani sono un gruppo etnico in via di estinzione. Non spariremo domani, ma spariremo, se le tendenze individuate dalla Population Division del Department of Economic and Social Affairs dell’Onu non verrano invertite."
      http://www.lastampa.it/2015/07/31/economia/italiani-in-via-di-estinzione-9cC2AY3yx2dhB3SNQPRAvN/premium.html;jsessionid=0BF464D52DF62BFE24C6DD44FBAB273A
      Quelli dell'estinzione Volontaria hanno pure un profilo facebook in cui campeggia l'eloquente logo con scritto People=shit, che è in sostanza quello che pensa di noi l'elite appartenente al gruppo del rentier capitalism:
      https://it-it.facebook.com/Movimento-Per-lEstinzione-Umana-Volontaria-336931066326570/

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    4. @stop

      Ti ringrazio sempre per il taglio esistenzialista che dai ai tuoi interventi.

      Due episodi recentissimi, due carissimi amici più o meno della nostra generazione.

      Lavoro, dignità e famiglia

      Il primo, con due figli piccoli, è rimasto disoccupato subito dopo la nascita del primo figlio, a causa di un infarto proprio sul posto di lavoro e che gli ha causato un'invalidità civile.

      Dopo sette anni, la moglie ha fatto carriera e gli ha urlato in faccia che "è solo un mantenuto" e - un forte respiro - "non è al suo livello": gli ha fatto un piccolo bonifico, lo ha sbattuto fuori casa e si è tenuta i figli.

      Lei ha cominciato a viaggiare in tutto il mondo e, probabilmente, frequenta già uomini affascinanti "del suo nuovo livello".

      Schiavismo

      Un altro caro amico, più o meno disoccupato dallo stesso tempo, ovvero dall'inizio della prima ondata di licenziamenti a causa della crisi economica, mi ha raccontato come funziona dopo il prodigioso jobs act.

      Dopo essersi arrangiato in qualche modo per anni, vendendo e comprando oggetti d'arte su ebay e giocando a poker, si è ritrovato a cercare di nuovo un lavoro "normale": non vendeva più i quadri all'estinta "classe media", e non vinceva più a sufficienza al casinò.

      È sveglio, tagliato e ha fatto di tutto nella vita (insomma, è stato a lungo precario...): disperato dal mercato del lavoro, comincia a cercare - giuro - come "lavapiatti".

      Istruito, "senior" già quando perse il lavoro in cui era assunto, e... non lo assumono manco come lavapiatti.

      Motivo: questo segmento di mercato del lavoro è già occupato da... personale del Bangladesh. Troppo, troppo, "competitivi".

      Trova come barista in nero a 35€ al giorno in un locale di un importante capoluogo: lavora dieci ore al giorno e, mi dice, viene costantemente e pesantemente insultato dal proprietario del locale.

      Dopo una settimana finisce a vaffanculi e si licenzia. Pardon, "se ne va".

      Finalmente, sgomitando disperatamente, dopo aver avuto respinto il cv nella selezione per fare il venditore ambulante, si presenta a colloquiare senza invito e, per la caparbietà, viene "assunto" da questa impresa che gestisce vendita al dettaglio.

      Assunto a "chiamata".

      L'imprenditore è un bocconiano neolaureato che incentiva i venditori urlando con vena pulsante tipo Ennio Doris con quei poveri disgraziati dei Family Bankers.

      I carretti sono N, mentre i lavoratori "a chiamata" sono 2*N.

      Chi vende di più si classifica meglio e ha più certezza di occupare un carretto il giorno successivo: sai se vieni chiamato solo dopo le 11 di sera, via "What's up".

      Se vieni chiamato il giorno dopo guadagni,altrimenti a spasso aggratis. Aspettando il messaggino la sera successiva.

      E poi la gente non fa figli e le banche falliscono...

      Siamo in mano ad un branco di bestie ed è immorale lasciarli operare impunemente.

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    5. Ho paura che queste siano diventate storie quasi normali. Ormai questa è la struttura (im)produttiva e finanziaria italiana. Inorridiamo perché facciamo parte dei baby boomers (più o meno) e possiamo avere diverse intensità di ricordo del passato.

      Eppure, ti giuro, quando iniziarono a lodare la legge Treu, cercai di dire, a "esperti" intorno a me, che sarebbe andata a finire così. E tutti mi dicevano che era un progrresso nell'interesse stesso dei lavoratori (vi risparmio i soliti slogan che ci propinano da 20 anni).

      Da allora mi porto dentro questa angoscia e la domanda: quand'è che gli italiani non si faranno più ingannare dallo stesso meccanismo e, ormai tutti coinvolti nella mattanza, reagiranno?

      Ecco: forse, c'è da verificare quel "tutti"...

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  8. Sulla strage in Bangla Desh, ci siamo sorbiti e solite trombonate istituzionali: "non ci arrendiamo", "dobbiamo rimanere uniti", "siamo vicini alle famiglie" e via sbrodolando. Ma le uniche parole sensate, degne di essere pronunciate, le ha dette il marito (disoccupato) di una delle vittime, madre di una bimba di 3 anni: "Perché dobbiamo fabbricare la magliette in bangla Desh? non siamo più capaci di fabbricarle in Italia? Qui c'è qualcosa che non va…"

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  9. "Sì il mondo va riportato alla ragione; alla dimensione umana della fratellanza (non musulmana; semplicemente umana). Ma come possono fare ciò "i mercati", i dominatori della competitività e della globalizzazione e delocalizzazione?
    Certamente non con l'assurdo politically correct, propinato a occhi chiusi sulle cause sociali globaliste della follia islamista. E neppure con una radicalizzazione avversativa svincolata dalla comprensione di queste cause"

    Buongiorno. Ed ancora un volta La ringrazio per questo ultimo scritto . Che resta un faro di riferimento per non cadere vittime delle due sole "visioni" propinate da media vari alle persone.D'altronde che sia ( come riportato dal sig. Anton Bruno Clerici) un padre ( disoccupato ed ora pure disperato) di una bimba di tre anni ed ora pure vedovo di una vittima ad avere avuto la lucidità di inquadrare il nodo della questione ""Perché dobbiamo fabbricare la magliette in bangla Desh? non siamo più capaci di fabbricarle in Italia? Qui c'è qualcosa che non va…" la dice lunga rispetto alle politiche di INTERNALIZZAZIONE E DELOCALIZZAZIONE operate, sposate, finanziate , pubblicizzate ( non da ora) dal Ns. paese , in piena sintonia ovviamente con le politiche di stampo UE. http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/pubblicazione-mincomes-fondi.pdf

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    1. Quello che mi colpisce è la facilità con cui, ovunque, l'integralismo islamico avanzi, prospettando forme di assistenza solidaristica du base (naturalmente caritatevole), in un raggelante trade-off col reclutamento di psicolabili resi sanguinari assassini.

      Se li si volesse veramente sconfiggere, data questa premessa strategica, non sarebbe quindi molto difficile: basterebbe restituire, ovunque, agli Stati la loro superiore capacità di creare e realizzare diritti sociali, invece che assetti in danno della tutela del lavoro.
      Ma la religione dei "mercati" non può negoziare questo cambiamento: in fondo, a rimetterci, sono pur sempre esseri umani considerati sacrificabili a un bene superiore e "razionale"...

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    2. Ora ci provano con gli elevati status e livello d'istruzione degli attentatori, a intorbidare le acque dell'analisi politica.

      Mentre è evidente che i due fattori (status e cultura) corroborano la tesi di questo post.

      Serve spiegare? No, né a noi né ai disinformatori, che sanno benissimo cosa scrivono e che perciò lo scrivono.

      Poi ci sono i Feltri (utili idioti del divide et impera), ma non ci si può far molto, non essendo legittima l'abolizione dei bar sport.

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  10. Globalizzazione=neo imperialismo del capitale internazionale.
    Da un precedente post di Bazaar (http://orizzonte48.blogspot.it/2016/03/imperialismo-sistema-monetario.html) ho recuperato il testo di Ernesto Screpanti “…Oltre ai paesi opportunisti, ce ne sono altri ancora più cattivi: quelli che hanno reagito allo sfruttamento globale con una fuga regressiva dal capitalismo. Hanno rifiutato la cultura “occidentale” e si sono chiusi nell’esaltazione integralista di valori religiosi tradizionali, nella tipica reazione della volpe di fronte all’uva. Questi sono i paesi recalcitranti. Il termine scientifico è “stati canaglia”. Diverso è il meccanismo disciplinare che si prende cura di questi paesi. In essi la speculazione e l’OMC possono poco, visto che i “valori” capitalisti sono scarsamente efficaci. Qui allora viene attivata la disciplina del terrore, la guerra, la devastazione del paese. Si deve capire che i soggetti decisionali agiscono all’interno di un processo politico piuttosto complesso alla base del quale sta una sorta di feed back positivo della psicologia collettiva. La repressione politica e l’impoverimento economico inducono consistenti strati delle popolazioni recalcitranti a scivolare nel sostegno a gruppi politici integralisti e anticapitalisti, alcuni dei quali praticano il terrorismo. Il che, a sua volta, spinge i paesi “civili” a reagire col terrore bellico per lo più in contrasto, ma talvolta in alleanza, con quegli stessi gruppi integralisti. Poi l’invadenza americana e occidentale suscita a sua volta la reazione terroristica (Layne, 2009). TRATTANDOSI DI UN FEED BACK POSITIVO, L’EFFETTO È DESTABILIZZANTE, COME INFATTI DEVE ESSERE. IL PROCESSO DEVE CONDURRE A UNA RESA DEI CONTI FINALE IN CUI IL BENE TRIONFA SUL MALE. DOPO SI POTRANNO RITIRARE I CARRI ARMATI, APRIRE I MERCATI, COSTRUIRE GLI OLEODOTTI…[E. SCREPANTI, L’imperialismo globale e la grande crisi, Collana del Dipartimento di Economia Politica e Statistica n. 14, Siena, Luglio 2013, 100-101].
    E’ andata sempre così e sta andando anche peggio. Bisognerebbe veramente piantarla, perché siamo esattamente sulla stessa barca dello sfruttamento dei neri e di quei musulmani del Bengala; certo, con qualche Ifone in più a friggerci il cervello (quello che resta) e con un fogno €uropeo in più nel cassetto. Che meraviglia. Questi marxisti mangia preti sono proprio fortunati: non hanno mai capito niente, eppure chissà perché nelle analisi ci azzeccano sempre: (segue)

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  11. “…In questa breve rassegna vogliamo soltanto sgombrare preliminarmente il terreno da alcuni luoghi comuni…IL PRIMO LUOGO COMUNE è quello che si riferisce alla condanna del “nazionalismo” arabo, “come di ogni altro nazionalismo”. È sorprendente che si debba ancora perder tempo a confutare delle argomentazioni che si basano su analogie astratte fra fenomeni storici profondamente diversi. È evidente infatti che non si possono mettere sullo stesso piano il “nazionalismo” di popoli che sono stati fino a ieri, e in parte sono tuttora, sotto il dominio coloniale di altri paesi, e sono ancor oggi oggetto dello sfruttamento imperialistico, con il “nazionalismo” imperialista di paesi che mirano a conquistare ed assoggettare terre straniere. Nel primo caso, che è quello dei popoli arabi, si tratta essenzialmente di un’aspirazione all’indipendenza e all’unità, quale quella che animò il moto risorgimentale italiano, si tratta cioè di un profondo sentimento nazionale, esasperato dalle oppressioni antiche e recenti…
    Ciò posto, non si vuol dire che il rivestimento ideologico che assume il moto di emancipazione dei popoli arabi, quel che va comunemente sotto il nome di “nazionalismo”, sia da ritenersi da parte socialista interamente valido. In realtà si tratta di un unico rivestimento che copre contenuti sostanzialmente diversi, cioè spinte sociali e politiche che hanno fra di loro diversa origine e diversa ispirazione. Accade attualmente nel Medio Oriente quel che è caratteristico di paesi rimasti arretrati nello sviluppo economico-sociale-politico-culturale, ma aperti alle influenze di paesi più avanzati e quindi suscettibili di ricevere dall’esterno impulsi e stimoli sotto forma di metodi di vita, di dottrine, di tecniche, elaborate all’estero e capaci di mettere rapidamente in movimento delle situazioni rimaste arretrate. Si verifica spesso in questi casi che lotte di classe, movimenti politici, trasformazioni sociali, che nei paesi più sviluppati si sono svolte in tempi successivi, in quanto ogni nuova fase era condizionata dalla soluzione dei problemi posti nella fase precedente, trovano invece nelle situazioni ora descritte la possibilità di esplodere quasi contemporaneamente e quindi di accavallarsi l’una sull’altra...(segue)

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  12. Così accade che nei paesi medio-orientali coesistano in generale e si accavallino una serie di spinte rivoluzionarie diverse nelle loro origini ma convergenti oggi verso un unico obiettivo: la lotta contro lo straniero. L’imperialismo occidentale infatti si è in generale opposto allo sviluppo in senso moderno di questi paesi, alleandosi alle monarchie assolute, ai ceti feudali, o, dove c’era, a un capitalismo di rapina, in genere comunque a ceti parassitari, ma d’altra parte non ha potuto impedire, e talora anzi ha dovuto favorire, per le stesse esigenze, la formazione di un sottile strato di piccola borghesia istruita. Ne è derivata la presenza concomitante di diverse situazioni, o stratificazioni storiche, e la permanenza di problemi insoluti, che oggi urgono verso la soluzione, determinando contemporaneamente la spinta rivoluzionaria liberale-borghese contro l’assolutismo, quella nazionale contro le dominazioni straniere e l’imperialismo, quella contadina per la riforma agraria e contro le sopravvivenze feudali, quella della piccola borghesia colta per la democratizzazione e per la più larga e responsabile partecipazione agli affari pubblici, quella delle esigue minoranze operaie, dove sussistono, contro lo sfruttamento capitalistico. Tutte queste spinte mirano in sostanza all’indipendenza nazionale e alla modernizzazione delle strutture sociali, e lottano a un tempo contro la ristretta retriva e quasi sempre corrotta classe dominante e contro l’imperialismo straniero, la cui presenza ha consentito e consente a questa ristretta classe di sopravvivere e conservare i propri privilegi. Che gli imperialisti si siano appoggiati ovunque sui ceti più retrivi si comprende, anche se si rivela un calcolo miope: solo mantenendo al potere queste vecchie classi feudali si può impedire lo sviluppo moderno del paese e solo impedendo lo sviluppo moderno si può assicurare il massimo profitto agli investimenti di capitale di tipo imperialistico. (segue)

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  13. Ma è anche evidente che in queste condizioni la liberazione dallo sfruttamento imperialista debba apparire come il denominatore comune di tutte le spinte rivoluzionarie e fornisca perciò il cemento unitario che collega tante diverse energie e tanti ceti diversi e rende assolutamente irresistibile il moto di emancipazione, cui partecipa, salvo la piccolissima frazione dei servi e dei protetti dell’imperialismo, la totalità del popolo. Ciò non esclude naturalmente che vi sia, nell’ideologia nazionale, un certo semplicismo, essendo evidente che la cacciata dello straniero è ben lungi dal risolvere i complessi e terribili problemi sociali, che derivano dall’arretratezza… Ma la cacciata dello straniero e dei suoi protetti e la conquista di un’effettiva indipendenza costituiscono la premessa alla soluzione di ogni altro problema: in questo senso l’unanimità che si realizza sul problema nazionale, e la preminenza che esso assume su ogni altro problema, è pienamente giustificata…
    UN SECONDO LUOGO COMUNE DA CUI DOBBIAMO GUARDARCI CONSISTE NELL’ESULTARE LA FUNZIONE “CIVILIZZATRICE” DELL’OCCIDENTE, E NEL CONSIDERARE GLI INVESTIMENTI DI CAPITALE OCCIDENTALE COME UN “AIUTO” ALLO SVILUPPO ECONOMICO DI QUESTI PAESI. IN REALTÀ, COME È ORMAI CHIARAMENTE DIMOSTRATO DALLA SCIENZA ECONOMICA e confermato dall’esperienza, gli investimenti di tipo imperialistico, destinati in generale alla produzione di materie prime, sono ben lungi dall’offrire un contributo allo sviluppo dei paesi in cui vengono effettuati. UNO SVILUPPO ECONOMICO, PER ESSERE VERAMENTE TALE E NON CAUSA DI PAUROSI SQUILIBRI, DEVE ESSERE REALIZZATO CON UN DETERMINATO EQUILIBRIO FRA AGRICOLTURA E INDUSTRIA, FRA BENI DI CONSUMO E STRUMENTI DI PRODUZIONE, FRA ESIGENZE TECNICHE E FORMAZIONE DEI QUADRI ALL’UOPO NECESSARI, ECC. NULLA DI TUTTO QUESTO INVECE SI REALIZZA CON GLI INVESTIMENTI DI TIPO IMPERIALISTICO… Si tratta infatti di investimenti i cui profitti vengono spesi…nei paesi esportatori di capitale, e che producono quindi in questi paesi, e non in quelli dove sono investiti, quasi tutti gli effetti secondari, che dovrebbero essere connessi con lo sviluppo industriale. Non solo perciò non sorgono nei paesi soggetti allo sfruttamento imperialistico altre industrie … ma neppure si ha una qualificazione di personale tecnico o amministrativo, come comunemente avviene per lo sviluppo di ogni industria, perché in questo tipo di industrie i quadri appartengono sempre al paese esportatore di capitali. (segue)

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  14. … Gli Stati Uniti si sono rivelati maestri nell’arte di assoggettarsi economicamente i paesi sottosviluppati … ed ha sapore di amara ironia presentare queste tipico rapporto di sfruttamento e asservimento, ben conosciuto dai popoli dell’America Latina, come un “aiuto” economico. È superfluo aggiungere che anche la parte di profitti che viene versata ai governi locali a titolo di “royalty”, non serve a un programma di sviluppo, dato che i governi filo-occidentali sono in generale governi feudali e corrotti, che si preoccupano di arricchire soltanto il sovrano e la piccola casta dirigente e si sforzano di mantenere il popolo in condizioni di arretratezza…
    Quanto agli “aiuti” militari, ognuno sa che essi adempiono ad una duplice funzione: da un lato fornire all’esercito e alla polizia dei traballanti regimi filo-occidentali dei mezzi di repressione contro la popolazione, e dall’altro prepararsi truppe mercenarie per un’eventuale futura guerra. Che questi diversi tipi di “aiuti” servano in realtà soltanto a far odiare coloro che li danno, che organizzano lo sfruttamento economico e forniscono mezzi repressivi alle polizie di questi regimi detestati, può stupire soltanto gli ingenui. Già parecchi anni fa il rapporto degli esperti delle Nazioni Unite sulle “Misure per lo sviluppo economico dei paesi sottosviluppati” osservava che “alcuni paesi sono governati da cricche corrotte o reazionarie il cui dominio potrebbe essere rovesciato dalle popolazioni se non esistessero aiuti dall’estero”…
    E così affrontiamo UN TERZO LUOGO COMUNE, QUELLO CARO ANCHE ALLA PUBBLICISTICA NOSTRANA, che tende a presentare le dittature militari del Medio Oriente, in particolare quella egiziana, come un regime fascista o nazista. È possibile che Nasser abbia nutrito e magari nutra sentimenti filonazisti, ed è certo che taluni fra i dirigenti della recente rivoluzione irakena parteciparono già durante la guerra mondiale, d’intesa con i tedeschi, a un colpo di stato contro il governo filo-inglese dell’epoca. Che nella loro lotta contro gli imperialisti occidentali, gli arabi abbiano fatto ricorso agli aiuti di tutti i nemici dei loro nemici, non è cosa che possa recare scandalo. Ciò non significa che siano stati e tanto meno siano oggi nazisti…Con tutto ciò non si vuol dire certo che i regimi che stanno sorgendo nei paesi arabi siano già oggi regimi democratici né che tutto sia accettabile quanto avviene nella RAU o avverrà domani nell’Irak. Ma parlare di nazismo o di fascismo significa ignorare che cosa storicamente hanno rappresentato questi regimi, e cioè a dittatura scoperta del capitale monopolistico, vale a dire di una forza economica ancora praticamente sconosciuta a questi paesi. CHE LA NOSTRA STORIOGRAFIA IDEALISTICA SI SIA COMPIACIUTA DI QUESTI PARAGONI DIMOSTRA SOLTANTO LA SUA INCAPACITÀ A COMPRENDERE LA REALTÀ STORICA NELLE SUE ESPRESSIONI CONCRETE.
    L’aspirazione unitaria degli arabi non può perciò essere soffocata in nome di un preteso rispetto di uno status quo, che sarebbe soltanto il rispetto di un’arbitraria divisione fatta a scopi imperialistici. Sarebbe stato come pretendere un secolo fa che gli italiani rispettassero l’esistenza di tanti piccoli stati, che avevano peraltro tradizioni storiche molto più solide, perché ciò poteva per avventura piacere al concerto delle potenze europee. Che gli arabi di Siria e quelli di Giordania, che sono e si sentono un popolo solo, non possano unirsi perché l’Inghilterra e la Francia han deciso diversamente quarant’anni fa, alla fine della prima guerra mondiale, o magari dieci anni fa, all’epoca della guerra israeliana, significa soltanto voler ricoprire con una vernice di legalità un atto palese di arbitrio…(segue)

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  15. Quanto agli “aiuti” economici, essi si risolveranno quasi certamente in un ennesimo inganno. Le somme che occorrono ai paesi sottosviluppati per affrettare le tappe del proprio sviluppo economico sono incommensurabilmente più grosse degli “aiuti” che fino ad oggi l’occidente si sia mostrato disposto a concedere. E ciò è naturale. IL MONDO OCCIDENTALE POGGIA SUL PRINCIPIO CAPITALISTICO DEL PROFITTO E DELL’INIZIATIVA PRIVATA, E I SUOI INVESTIMENTI ALL’ESTERO SONO IN GENERALE INVESTIMENTI PRIVATI. Salvo casi eccezionali, GLI “AIUTI” ECONOMICI … sono sempre di proporzioni limitate, assolutamente insufficienti ai bisogni di industrializzazione e di ammodernamento dei paesi afro-asiatici, senza contare che sono quasi sempre soggetti a condizioni politiche inaccettabili per dei paesi che vogliono lottare contro l’imperialismo. NÉ SI PUÒ PENSARE AD INVESTIMENTI PRIVATI PER FAR FRONTE A QUESTE ESIGENZE, PERCHÉ I PRIVATI INVESTONO SOLO LÀ DOVE TROVANO LA LORO CONVENIENZA, CIOÈ LARGO PROFITTO E SICUREZZA, E QUESTO SI VERIFICA IN MISURA SEMPRE MAGGIORE NEI PAESI GIÀ SVILUPPATI CHE IN QUELLI SOTTOSVILUPPATI: i capitalisti investono infatti sempre più volentieri in Canada o in Europa che nei paesi afro-asiatici. SE FANNO INVESTIMENTI IN QUESTI PAESI, SI TRATTA PRECISAMENTE DI QUEGLI INVESTIMENTI DI NATURA IMPERIALISTICA, CHE ASSORBONO LE RICCHEZZE DEL SOTTOSUOLO DEI PAESI SOTTOSVILUPPATI, SENZA FAVORIRE IL LORO SVILUPPO ECONOMICO, E CHE SI ACCOMPAGNANO SEMPRE AL TENTATIVO DI LIMITARE E MORTIFICARE L’INDIPENDENZA DEI PAESI IN CUI SON FATTI. IN ENTRAMBI I SENSI QUINDI PRECISAMENTE L’OPPOSTO DI QUANTO VOGLIONO I POPOLI [L. BASSO, Note sul “nazionalismo arabo”, in Problemi del socialismo, luglio 1958, n. 7, 559-564].
    Era il 1973 ed io era appena nato quanto veniva affermato:
    “…Io veramente considero che il mondo in cui viviamo è il più invivibile. Consentitemi. Se c’è qualche purista, mi dirà che la parola invivibile è un aggettivo che non esiste nei dizionari, comunque, creiamolo per la circostanza. Credo che la vita di oggi sia invivibile per il grado di alienazione profonda a cui conduce ognuno di noi, per l’assoluta disumanizzazione. Non mi riferisco alla condizione dei popoli sottosviluppati soltanto, mi riferisco alla condizione di ciascuno di noi che veramente viene strappato ad ogni possibilità di vita comunitaria (non mi riferisco alla Comunità europea, ma alla comunità in cui viviamo). I rapporti in cui viviamo sono anonimi, ognuno è depauperato della sua personalità. Questa è la situazione peggiore, più grave dello sfruttamento economico. Più grave di qualsiasi cosa è il sentirsi privato di qualche cosa che è intimo alla sua persona...” [L. BASSO, Consensi e riserve sul federalismo, in L'Europa, 15-30 giugno 1973, n. 10/11, 109-118].

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    1. Grazie mille, Francesco, per l'ennesima citazione di Lelio Basso.

      È proprio dal suo intervento in Costituente riportato da Quarantotto che ho compreso - nel profondo - il senso laburista e sociale dei princìpi costituzionali e dei valori democratici divulgati da Quarantotto.

      Questa ultima citazione è fondamentale: è fondamentale proprio perché spiccatamente esistenzialista.

      Orbene.

      Basso ha una particolarità: non ha semplicemente una erudizione sconfinata, tanto da portarsi - mentre fuggiva a Varese con la moglie Lisli e i tre figli poco prima dell'inizio dell'ennesima guerra mondiale - gran parte dei più preziosi volumi della sua biblioteca personale. Non solo è stato uno scienziato sociale di grande acume ed un giurista di fama internazionale.

      Egli è stato universalmente noto per la tensione morale di cui vibravano i suoi argomenti, scritti e parlati.

      Grandi economisti ed eccellenti scienziati sociali possono pure fare brillanti analisi essenzialiste come quelle che, in precedenza, hai citato di Basso.

      Ma pochi - veramente pochi - possono contestualmente vantare quella "tensione morale" con cui vengono comunicati i pensieri.

      Che non sono solo "pensieri": sono un "equilibrio armonico" tra ragione e passione. Quella che si potrebbe definire "intelligenza totale", logica ed emotiva. Quella in cui si radicano solidi i valori: che non si possono dimostrare "razionalmente", ma che si "sentono".

      E, quando si possiedono, "si trasmettono". Le parole acquistano un significato che trascende il segno, il significante, l'etimo, la semantica, la grammatica, la sintassi, la costruzione logica del periodo: diventano "sostanza" comunicata in modo immediato, diretto, "sincronico".

      È "l'esistenzialismo" a dare un senso, un significato, e, in definitiva, a far vivere una coscienza morale nelle complesse e se vuoi, grige, analisi essenzialiste.

      Un approccio fenomenologico può essere illuminante per cogliere questo aspetto.

      Anche le citazioni di Caffè riportate da Arturo, per quanto tipicamente rigorose come quelle che si addicono a chi ricopre il prestigioso ruolo di docente universitario, sono profondamente intrise di una solitudine senza fine.

      La solitudine del riformista.

      In definitiva, la solitudine di chi ha coscienza morale e civile: umani in mezzo ad un branco di bestie.

      In cattività.

      (E, paradossalmente, è lo stesso Nietzsche a supportare, in qualche modo, quest'approccio... alla filosofia morale)

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    2. Attenzione, perché nel testo del 1973 - in realtà un discorso a braccio, ma vado a memoria - di cui Francesco ha citato l'incipit, vale a dire "Consensi e riserve sul federalismo", se letto nella sua interezza, si palesano con evidenza anche i limiti della visione di Lelio Basso e i suoi errori di giudizio nel valutare la portata reale di una costruzione sovranazionale e, nel caso concreto, del complesso di trattati e istituzioni che diedero la luce alle originarie Comunità Europee, seppure egli riconosca correttamente l'intrinseco antiparlamentarismo, dunque l'antidemocratricità, degli organi costituiti fino a quel momento allo scopo. Insomma, si tratta certamente di una lettura istruttiva per noi, che siamo davvero dei nani sulle spalle di giganti, ma che, proprio per questo, abbiamo la possibilità di migliorare la loro opera tramutandola nella nostra opera, chiaramente dopo aver con cura e ponderazione separato il grano dal loglio.

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    3. Non ho avuto occasione di leggere quell'intervento di Basso. Inoltre, in quel periodo egli era impegnato sul Vietnam e sulla shock-doctrine sudamericana (Tribunale Russell).

      Per quello che però ho potuto leggere di Caffè, sempre in quel periodo, anche la sua posizione era molto cauta.

      Ricordiamoci, inoltre, che i federalisti europei erano in polemica sulla storica posizione anti-euoropeista di Basso, i cui pilastri fondamentali erano già ben chiari dagli anni '40.

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  16. Dettaglio: fu la polizia religiosa speciale (controllo del vizio e promozione della virtù) a fermare nel 2002 i vigili accorsi alla scuola femminile della Mecca per spegnere l'incendio. Da li' il passaggio al ministero dell'Istruzione delle scuole femminili, prima sotto il controllo di quello degli Affari religiosi. La polizia per la promozione della virtù esiste tuttora.

    Cosa faranno i nostri bravi imprenditori fiore all'occhiello della inventività italiana? Rientreranno? Probabilmente pagheranno scorte armate, protezioni in alto loco da ogni lato, e continueranno dritti come un sol uomo. Come qui: "Ci vorranno due anni per uscire dalla UE" per l'UK, e al termine la cosa più probabile sarà un nuovo referendum o niente del tutto. Nel frattempo Farage si è dimesso, il che, qualunque sia il giudizio sul personaggio, è quantomeno curioso per un leader che ha portato le sue posizioni alla vittoria.
    Che mondo mostruoso abbiamo permesso che (ri)costruissero.

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  17. Qualche ulteriore conferma e riflessione: Sapir sull'integralismo musulmano: "Un deuxième point, tout aussi important, est que la montée d’un intégrisme militant musulman répond à la destruction, elle aussi organisée et voulue par les Etats-Unis, des nationalismes arabes. Non que ces nationalismes, qu’il s’agisse du Nassérisme ou des partis se réclamant du parti Baas aient été exempts de défauts. Les régimes issus du nationalisme arabe ont été corrompus et souvent despotiques, mais en un sens pas plus que les nôtres. Le temps de leur nécessaire maturation ne leur fut jamais accordé. Rappelons que le discours de Michel Aflak, l’idéologue de ce nationalisme, correspondait à une véritable introduction de la modernité dans cette région du monde. La devise initiale du mouvement Baas, Wahdah, Hurriyah, Ishtirrakiyah, ce qui signifie « Unité, Liberté, Socialisme », fait référence à une idéologie reconnaissant le statut individuel de la personne humaine. Aflak d’ailleurs, tout en reconnaissant la présence dominante de la culture musulmane, affirme la nécessité de construire un Etat laïc.

    Les Etats-Unis n’ont eu de cesse depuis maintenant une vingtaine d’années, de détruire ce qui aurait pu être l’embryon d’une modernité. Ceci a profité exclusivement aux courants les plus rétrogrades, et a engendré le développement d’un fanatisme religieux qui, désormais, s’attaque aussi aux Etats-Unis"


    E queste considerazioni, tutt'altro che obsolete e molto pertinenti, di Caffè (Condizioni di lavoro e assenteismo, «Sinistra ’79», n. 10-11 (aprile 1979), pp. 31-39, ora in La dignità del lavoro) sul rapporto società-impresa: "Non è osservazione recente né dovuta a uno stravagante eversore, bensì a un distinto e coscienzioso economista [Karl William Knapp], la constatazione che se, al posto di ventimila operai, vi fossero ventimila capi di bestiame, esposti a morte sicura dovuta a una malattia epidemica e ricorrente, si determinerebbe un incentivo agevolmente calcolabile ad adottare le necessarie misure preventive. Per il fatto di non costituire un valore in linea capitale il fattore umano della produzione viene invece a trovarsi, in una economia di mercato, in condizioni meno favorevoli dei mezzi non umani del processo produttivo.
    Sono troppo attuali e presenti, nel ricordo di tutti, episodi estremamente dolorosi che rendono valida e ammonitrice questa considerazione, espressa nel 1950. A chi sostiene che il sistema basato sull’economia di mercato è inceppato da un «eccesso» di garantismo, di cui sarebbe espressione anche il fenomeno dell’assenteismo, può correttamente replicarsi, a mio avviso, che questo affermato garantismo non impedisce che l’economia di mercato continui purtroppo a operare con una persistente disseminazione di «costi sociali non pagati»."

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