domenica 17 luglio 2016

LA RIFORMA COSTITUZIONALE DI ERDOGAN E LO STRANO GOLPE


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1. La Costituzione turca del 1924 (anno 1340 dell'Islam), era una Costituzione tipica di una "democrazia liberale": regolava essenzialmente la forma di governo e l'organizzazione dei tre poteri - legislativo, esecutivo e giudiziario- e affermava alcune "libertà da", cioè le classiche libertà negative dall'interferenza statale, subordinando ogni altro diritto civile, e in particolare alcuni potenziali riconoscimenti di diritti sociali, alla disciplina dettata dalla legge.
La Costituzione in seguito vigente era stata emanata dalla giunta militare a seguito del golpe del 1980 ed era poi rimasta in vigore nel suo impianto essenziale: tale legge fondamentale, peraltro, era caratterizzata da una maggior apertura ai diritti sociali e, abbastanza prevedibilmente, sanciva forti poteri emergenziali, di dichiarazione e enforcement dell'ordine repubblicano, da parte dell'esercito, nonché una forte ingerenza dello Stato nell'attività economica per il perseguimento dell'interesse nazionale.

2. Sullo sfondo di questa costituzione, nel settembre del 2010, è stata approvata, con referendum, una riforma promossa dal ministro Medigoglu, e redatta a seguito dell'accordo parlamentare tra l'AKP e le forze di opposizione: in questa occasione il testo è stato adeguato con una (peculiare) enunciazione della eguaglianza sostanziale e il riconoscimento della libertà sindacale
I nodi che rimanevano aperti riguardavano i sistemi di nomina dei vari organi giurisdizionali, a cominciare dalla Corte costituzionale, per finire alle Corti speciali che giudicavano degli stessi appartenenti ai diversi corpi giudiziari. L'accusa è che tale sistema fosse autorefenziale (improntato alle nomine reciproche fra i vari organi giurisdizionali), inquinato dalla influenza politica nelle nomine, e tale da determinare un insidioso potere di sindacato di merito sulle scelte del potere legislativo-parlamentare. 
Il potere giudiziario, nelle sua complessa articolazione, era dunque accusato sia di poter essere piegato all'influenza dell'esecutivo - ma, per la sfasatura del momento in cui potevano essere avvenute le nomine, potenzialmente risalente a un esecutivo espressione di orientamento politico diverso da quello del governo in carica-, sia, per il complesso dei motivi appena esposti, di giocare un ruolo politico tutto proprio.

3. La riforma del 2010, considerata comunque un avanzamento verso la democrazia sostanziale, sia pur parziale, da parte delle forze democratiche e laiche, non ha risolto, ma anzi è stata accusata di aver acuito, il problema del controllo dell'esecutivo sul giudiziario: in particolare la riforma, (intervenuta già in "era Erdogan"), consente un maggior controllo dell'esecutivo pro-tempore su Corte costituzionale e consiglio superiore della magistratura.
L'adeguamento del 2010 ha determinato l'inserimento di un serie di enunciazioni relative ai diritti sociali, con una certa, almeno formale, ricognizione dei diritti-doveri dei lavoratori (art.49) e col riconoscimento della libertà sindacale e della contrattazione collettiva (art.51); oltre alla già detta enunciazione di un principio simile alla eguaglianza sostanziale (art.5: ma non definita come tale e posta in articolo separato da quello dedicato alla eguaglianza formale, art.10), chiaramente mutuato dalla Costituzione italiana del 1948, si è inserita una clausola che ridisegna, in senso (lievemente) più garantista, le conseguenze della dichiarazione dello stato di guerra e di emergenza, con un'applicazione della "legge marziale" che, pur potendo derogare senza particolari limitazioni diritti e garanzie costituzionali, consente ciò, - curiosamente ma non sorpredentemente- "a condizione che gli obblighi di diritto internazionale, non siano stati violati".

4. Nella riforma, dunque, traspare l'aspirazione all'accettazione da parte dell'UE, ponendo le basi per un riconoscimento al più alto livello degli "obblighi di diritto internazionale", quasi alludendo, per implicito, alla equazione "unione europea= forma di democrazia incorporata", al di là della oggettiva verifica della compatibilità di questo federalismo atipico (del mercato), con qualsiasi modello coerente di democrazia sostanziale o sociale (democrazia che pure viene definita come "sociale" fin dall'art.2 della costituzione riformata del 2010).
L'Unione europea era parsa dunque moderatamente soddisfatta ("Anche l’Ue ha accolto l’esito del referendum positivamente, definendo per il tramite della relatrice per la Turchia Ria Oomen-Ruijten “dei passi in avanti” il fatto che siano stati approvati miglioramenti quali l’introduzione dell’istituzione dell’ombudsman, il diritto al contratto collettivo, la limitazione del raggio d’azione dei tribunali militari. Resta ancora però molto da fare per l’allargamento dei diritti, e uno dei problemi più gravi resta la forte limitazione del diritto d’espressione"). 

5. Dal novembre 2015, poi, Erdogan, rieletto ma senza la maggioranza che gli avrebbe dato autonomia di decisione in materia costituzionale, preme per mutare la forma di governo in senso semi-presidenziale, riducendo le prerogative del premier (una volta che Erdogan stesso era divenuto presidente e non più primo ministro), mirando, in tal modo, a rendere monocratico non solo il controllo dell'esecutivo e dell'apparato amministrativo e, specialmente, militare, ma anche i poteri di nomina e ingerenza sul potere giudiziario (da parte dell'esecutivo, come abbiamo sopra accennato). 
La stessa riforma ora in gestazione, mira anche a abolire l'immunità parlamentare, in teoria per meglio perseguire la "corruzione", in pratica per poter meglio colpire le opposizioni e, in particolare, il rafforzato partito curdo.
Questo disegno politico, nei suoi aspetti complessivi, aveva visto, nello scorso maggio, il contrasto di Erdogan con il più "moderato" primo ministro Davutoglu, prontamente sostituito dal "fedelissimo" Yildirim. La neo-riforma, comunque, ha ricevuto una prima approvazione parlamentare, incentrando il suo messaggio politico "forte" sull'abolizione dell'immunità parlamentare; con plauso della stampa anglosassone e occidentale in genere.
E siamo così giunti alla vigilia dello "strano golpe".

6. Sullo sfondo di quest'ultimo, dunque, risalta obiettivamente la vicenda della riforma costituzionale
Anche vista nelle sue varie tappe, sotto il contrastato dominio di Erdogan. Nel complesso:
- un certo avanzamento della democrazia sociale pare poco connesso con chiare enunciazioni e procedure introdotte in costituzione: forse è troppo controtendenza in questa epoca di restaurazione della democrazia filosofico-liberale;
- la controtendenza, poi, appare ben bilanciata dallo sforzo in direzione semipresidenzialista e di rafforzamento autocratico dell'esecutivo, che passa, tra l'altro, per un più forte potere di influenzamento su corte costituzionale e organo di autogoverno della magistratura, unito a un depotenziamento delle garanzie di autonomia del potere legislativo;
- in controluce ma neppure tanto, anche la tensione ad accontentare l'Unione europea, la quale appare perfettamente compatibile con le due tendenze appena evidenziate: l'enfasi è posta sui diritti "civili" (un passe-partout delle formulazioni cosmetiche riduzionistiche della democrazia) di prima generazione. cioè, essenzialmente le predette "libertà negative" tradizionali: il rimprovero internazional-europeista, riguarda il fatto che ciò sia compiuto in modo ambiguo e incompleto sulla libertà di stampa. E soprattutto la connessione con l'UE, emerge con l'enunciazione della clausola suprema del rispetto degli obblighi internazionali, posta persino in sede di previsione del potere, massimamente sovrano, di dichiarare lo "stato di eccezione".

7. Questo lo stato delle cose: Erdogan, a golpe fallito, arresta non solo i militari, ma anche i giudici, che comunque destituisce in massa.
L'€uropa, allo stato, non pare particolarmente indignata. E in un recente passato, non era neppure stata particolarmente attiva sulla questione dei brogli elettorali.
In compenso, la riforma costituzionale di Erdogan, nelle sue varie tappe, assomiglia a qualcosa...Si ritrova una curiosa omogeneità di soluzioni (stemperate negli stilemi e nelle enunciazioni enfatiche) e persino lessicale tra le varie riforme costituzionali che si affacciano, in funzione delle immancabili "riforme", nell'era dell'ordine internazionale dei mercati

14 commenti:

  1. Non si dovrebbe dimenticare che prima di quello del 2010, ci fu un altro referendum con cui venne cambiata la Costituzione promulgata dai golpisti nel 1982 —che dietro ad un formale assetto di divisione dei poteri assegnava quelli decisivi al Consiglio supremo di difesa, cioè ai militari stessi.

    Con le modifiche del 2007 venne stabilito che il Presidente della Repubblica fosse eletto direttamente per via plebiscitaria, e vennero accresciuti i poteri del Presidente stesso.

    Si dovrebbe quindi affermare che dal 2007 il sistema istituzionale turco divenne semi-presidenziale.
    E' sulla base di quei mutamenti del 2007 che Erdogan è oggi il dominus del sistema, e primeggia sul Primo Ministro e sul Parlamento, ma pure sul potere giudiziario.
    Vero è che Erdogan ha tentato, senza riuscirci, di mutare in senso ancor più autocratico e iper-presidenzialistico il sistema.
    Tutto questo per dire che se si vuole comprendere davvero come vanno le cose in Turchia, va considerato che l'apparenza democratica fa da velo ad un regime sostanzialmente autoritario, per la precisione un sultanato imbellettato di dirittismo occidentale.
    La Turchia, per usare la definizione di Zolo, è uno "Stato penale", non uno Stato di diritto.

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    1. Grazie per il contributo.
      Peraltro, non avevo rinvenuto nulla di diretto, on web, circa la riforma costituzionale del 2007 (cosa che non prova che non ci sia stata: rammento peraltro che l'elezione diretta del Presidente della Repubblica e "l'accrescimento" dei suoi poteri (non sono in grado di determinare quali), non implicherebbe di per sé un presidenzialismo o un semipresidenzialismo.

      L'elemento che contraddistingue tale forma di governo, è la titolarità di poteri, attribuiti all'organo al vertice formale dello Stato, nell'ambito dell'esecutivo, con conseguente preposizione, secondo varie formule organizzative, alla formazione dell'indirizzo politico.
      E ciò sia mediante la nomina della carica di primo ministro, in base ad una scelta improntata alla verifica della sua rispondenza alla investitura elettorale del presidente stesso, sia mediante la diretta titolarità di nomina e coordinamento del c.d. "cabinetto" (l'insieme dei ministri).

      Avevo invece rinvenuto, nei miei limiti, più volte un'affermazione che poneva la riforma del 2010 direttamente in relazione con la Costituzione "militare": es.
      "A seguito del colpo di Stato militare del 1980, il Senato fu sciolto e il Parlamento turco tornò ancora una volta a essere monocamerale, ai sensi della Costituzione tuttora in vigore approvata con referendum nazionale nel 1982".
      https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Assemblea_Nazionale_Turca

      Anche in questo articolo di Limes (http://www.limesonline.com/la-paradossale-vittoria-di-erdogan-in-turchia/24388) non si fa riferimento a una riforma "para-presidenzialista" del 2007, sebbenne alle "storiche elezioni" che si svolsero in quello stesso anno e che confermarono il premierato Erdogan: sia in tali elezioni che in quelle precedenti del 2002, si lamenta il problema della legge elettorale, proporzionale ma con un'anomala soglia del 10%, di cui (e non mi sorprende), la CEDU ha escluso profili di violazione dei diritti politici fondamentali.

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    2. SEGUE: Della riforma del 2007, non v'è traccia neppure nella biografia politica di Erdogan (cosa non necessariamente decisiva)
      https://it.wikipedia.org/wiki/Recep_Tayyip_Erdo%C4%9Fan
      Peraltro, si fa riferimento, in tale sede, a un "emendamento costituzionale" che risulta volto a rimuovere l'impedimento, determinato da precedenti condanne (per incitamento all'odio religioso), a carico dello stesso Erdogan: le vicende seguite a questo frangente confermano che debba esserci stata una modifica del sistema elettorale del PdR turca:
      "In seguito a tale vittoria elettorale, replicata nelle elezioni amministrative del 2004, Erdoğan, escluso dal corpo elettorale fino alla fine del 2002 per via della precedente condanna, ha dapprima appoggiato l'elezione a primo ministro del suo compagno di partito Abdullah Gül, dopodiché - restituito dei suoi pieni diritti elettorali attivi e passivi, anche grazie a un emendamento costituzionale e dopo aver vinto un seggio nella provincia di Siirt in Parlamento grazie a un'elezione suppletiva - ha assunto egli stesso la carica di Primo ministro del 59° governo della Repubblica Turca, carica confermata da successive elezioni. Si è sempre mostrato un leader dinamico, fautore dell'ingresso della Turchia nell'Unione Europea (ingresso approvato in linea di principio dal Parlamento Europeo nel 2004; i successivi negoziati, cominciati nel 2005, stanno procedendo peraltro molto a rilento, anche per l'evidente ostilità di paesi determinanti come Francia e Germania).

      Il 10 agosto 2014, Erdoğan vince le prime elezioni presidenziali, si tratta della prima elezione diretta del Presidente che in precedenza era eletto dal Parlamento. Erdoğan si aggiudica le elezioni, a cui ha partecipato il 76% degli aventi diritto, con il 52% dei consensi davanti agli altri candidati Ekmeleddin İhsanoğlu (38%) e Selahattin Demirtaş (10%).[1]
      L'anno seguente il partito di Erdogan vince ancora le elezioni politiche conquistando 316 seggi su 550 tra gli scontri che si sono verificati nel paese"

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    3. A questo insieme di tracce, è da aggiungere un'altra serie di elementi:
      a) questa intervista del 2007 (http://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Turchia-verso-una-nuova-costituzione-39346) ove il professore autore del progetto-base di riforma, precisa gli scopi della stessa:
      "Portare le libertà ed i diritti fondamentali agli standard universalmente riconosciuti, specialmente a quelli della Convenzione europea sui diritti umani. Questo il primo obbiettivo.
      Il secondo è ridefinire gli equilibri tra i diversi organi dello stato. Nel 1982 la costituzione ha attribuito, in un impianto tipico di una repubblica parlamentare, larghi poteri al presidente della repubblica, senza attribuirgli però alcuna responsabilità politica.
      I costituzionalisti hanno sempre criticato questa deriva perché in un sistema parlamentare il presidente della repubblica deve avere soprattutto un ruolo simbolico, come in Italia o in Germania.
      Nel nostro progetto vengono limitati i poteri eccessivi del presidente della repubblica, riportando le sue prerogative a quelle tipiche di un presidente della repubblica di un sistema parlamentare.
      Inoltre la nostra proposta cerca di garantire un ruolo anche al parlamento nella elezione dei membri della corte costituzionale..."

      b) le prime elezioni presidenziali dirette sono del 2014, quindi compatibili con la riforma del 2010 o, come vedremo, successiva. Il testo del 2010, peraltro, nella fonte linkata nel post, all'art.101 ancora prevedeva:
      "Il Presidente della Repubblica è eletto per un mandato di sette anni dalla Grande Assemblea Nazionale turca tra i propri membri che hanno più di 40 anni di età e che hanno completato la loro istruzione superiore o tra i cittadini turchi che possesso di tali requisiti e sono eleggibili a deputati.
      La nomina di un candidato alla Presidenza della Repubblica al di fuori della Grande Assemblea Nazionale turca, richiedono una proposta scritta da parte di almeno un quinto del numero totale dei membri dell'Assemblea.
      Il Presidente della Repubblica può essere eletto per la seconda volta.
      Il Presidente eletto, se un membro di un partito, deve tagliare i suoi rapporti con il suo partito e il suo status di membro della Grande Assemblea Nazionale turca cessa."

      Dunque, quella del 2007 - a parte la questione misteriosa dell'elezione diretta (non prevista nel 2010)-non parrebbe essere stata una riforma nel senso presidenzialista sopra precisato. Allo stato e salve altre fonti.

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    4. Un'ultima traccia ricavabile dalla Costituzione del 2010 (in senso non presidenzialista, sia pure anomalo nelle enunciazioni complessive):
      art.8
      "Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato, rappresenta l'unità della Nazione, egli è eletto dall'Assemblea Nazionale. Il Presidente del Consiglio dei Ministri è il capo del Governo, egli è eletto dai cittadini, seguendo i dettami della legge elettorale".
      Parrebbe dunque l'elezione plebiscitaria e diretta, almeno al 2010, fosse prevista per il "presidente del consiglio dei ministri", nel senso di un presidenzialismo, in un primo tempo, portato sul c.d. premierato" (ed infatti, art.109, i ministri sono nominati da tale premier e v. pure l'art.112 sui suoi poteri).
      E potrebbe ipotizzarsi pure che, probabilmente, Erdogan abbia promosso l'elezione diretta del PdR, sottraendola al parlamento, forse perché non poteva, in base alla legge elettorale, ripresentarsi all'elezione diretta come premier (dopo aver ricoperto tale carica praticamente per tre legislature).

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  2. Cose turche.



    (Ossia, cose della globalizzazione: una pantomima per far fuori le ultime "opposizioni" costituzionalmente previste, ed essere sufficientemente tirannici per essere accettati in UE e nel resto dell'Occidente.

    Occidente sempre più espressione delle elites, quindi sempre meno "occidentale"....)

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    1. Dall Corriere di oggi, un possibile contributo esplicativo la cui attendibilità e fondatezza non saprei valutare, ma che nel merito pone la questione in modo interessante, soprattutto in rapporto al tipo di riflessioni qui tante volte sviluppate:

      "«Nel mondo si dimentica che almeno il 51 per cento di oltre 80 milioni di turchi sta con lui», ci racconta Hurichan Islamoglu, docente di storia economica all’Università del Bosforo. «E il segreto del suo successo resta soprattutto economico. In 13 anni Erdogan ha rivoluzionato il Paese. Ha creato una nuova classe media di ex contadini urbanizzati che lo adora. Lo posso paragonare alla Democrazia Cristiana italiana tra il 1950 e il 1980: era popolare perché aveva garantito il boom economico, non per il fatto che era cristiana. Il nostro reddito pro-capite medio è passato con lui da 2.000 dollari annuali a 11.000. Se non si comprende questo non si capisce come mai è sopravvissuto al golpe»"

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    2. Golpe all'ora di cena, senza oscuramento social ed "incarcerazione" presidente/ primo ministro (ho seguito via TG la cosa, e vedere i giornalisti dire che i social erano bloccati, e poi vedere Erdogan parlare via Facetime ha reso bene l'idea al momento) sa molto di farsa per poter poi "togliersi qualche sassolino dalla scarpa" sia a livello interno (purga) che a livello estero (chiusa Incirlik senza colpo ferire).

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  3. A proposito di cose turche http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2016/7/18/J-ACCUSE-Perche-l-Italia-consegna-le-sue-spiagge-all-Ue-/715325/

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  4. Gli altri non le hanno cedute, le spiagge https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=0ahUKEwjhjqzuvvfNAhWpAsAKHUM8AtkQFggeMAA&url=http%3A%2F%2Fwww.ilsole24ore.com%2Fart%2Fimpresa-e-territori%2F2016-03-04%2Fspiagge-si-studia-modello-spagna-063755.shtml%3Fuuid%3DACsltOhC&usg=AFQjCNHPd8PleSdTfi0NWPuBwbC4U0eyyQ&sig2=jLxJx9ln98grk7DafPc4mQ

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  5. Oggi ho incontrato per strada i raccoglitori di fondi dell'associazione Unchr che mi hanno raccontato la favoletta dell'Onu sui profughi scampati da guerre e disastri naturali che noi tutti bisogna accogliere nei nostri paesi ex ricchi donando anche fondi che permettano loro di reinserirsi lavorativamente.
    Quel genere di iniziative che quando guardi in faccia il promotore per strada, costui ti fa sentire in colpa solo di respirare e di riuscire "ancora" a fare tre pasti al giorno! E siccome tu te la spassi per il momento ancora meglio di un profugo senza casa e senza paese, il senso di colpa ti assale e ti fa sentire un privilegiato, e per sfuggire all'intensa vergogna di poterti ancora permettere un gelato ogni tanto, sarai spinto a donare tutto il tuo "superfluo" a queste organizzazioni SOVRANAZIONALI non statali che si impegnano a risolvere i PROBLEMI GLOBALI, mica quelli del tuo paese.
    E se non ci sono loro a farti sentire in colpa per il tuo gelato, ci sono i decrescisti, per i quali il tuo gelato è uno spreco di risorse globali che porteranno il pianeta alla catastrofe. Il tutto per colpa di quei diabolici frigoriferi e della catena del freddo!
    Poi però vieni a sapere che questi promotori, che in gergo si chiamano DIALOGATORI, non sono dipendenti dell'organizzazione umanitaria sovranazionale di turno, ma sono lavoratori precari sfruttati assunti da agenzie di marketing d'assalto.
    “Ma se il metodo indubbiamente funziona, il rovescio della medaglia è formato da un esercito di ragazzi, quasi sempre precari e senza tutele. Spesso giovanissimi, lavorano nella maggior parte dei casi a cottimo (retribuzione commisurata al raggiungimento degli obiettivi) attraverso agenzie di comunicazione specializzate, che li formano sui principi del marketing. E così i dialogatori in strada, venditori ambulanti di donazioni, passano giornate intere a battere le città per portare a casa uno stipendio mensile che sia minimamente commisurato allo sforzo fatto
    ...
    Noi mercenari del non profit, paghe da fame nell’indifferenza delle organizzazioni umanitarie che rappresentiamo”. Sul fronte dell’impiego, però, quello del face to face è un mondo molto variegato e non esente da sistemi di precariato. La maggior parte dei dialogatori viene reclutata, infatti, attraverso apposite agenzie di comunicazioni e direct marketing, che li impiegano con contratti a cottimo o a provvigione. Anche parte della formazione è svolta dalle agenzie e spesso, più che sui temi umanitari, i ragazzi vengono istruiti sulle tecniche di vendita più efficaci. “Siamo dei mercenari, mercenari del non profit sì, ma pur sempre mercenari. Il nostro unico obiettivo è beccare la preda giusta, di sociale c’è ben poco”, spiega Marianna che a Roma ha lavorato per Unhcr, Save the children e Unicef. La sua testimonianza, insieme a quella di altri ragazzi, racconta un mondo di giovani precari, senza tutele e paghe da fame."
    http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/467507/Raccolta-fondi-face-to-face-il-lato-nascosto-di-un-metodo-che-funziona

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  6. Ed è questo un vero e proprio fecciume, che rappresenta veramente il vero volto di queste organizzazioni "umanitarie" sovranazionali.
    Questi ragazzi sono istruiti come dei robot per estorcerti dei soldi.
    Quando gli ho detto che questo non è il genere di iniziative che condivido e che inoltre non ho soldi perché sono disoccupato, il dialogatore d'assalto, servo inconsapevole del sistema al quale vorrebbe donare fondi col suo lavoro da precario asservito, mi ha detto: "ah sì, allora se sei disoccupato di procuro un colloquio col mio superiore della mia agenzia di marketing che ti farà diventare promotore Onu sui rifugiati". Ho declinato gentilmente l'invito, perchè oggettivamente sono stanco di questo tipo di lavori da fame e senza diritti, lavori offerti, per lo più, dalle agenzie "umanitarie" che i diritti umani dovrebbero difenderli, a partire del diritto fondamentale ad un lavoro sicuro con una paga dignitosa.
    Lo sapevo già come funziona la baracca, avevo già indagato prima, ed ho declinato consapevolmante. Chissà, nella mente dello schiavo precario di strada promotore dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, io sarò stato il classico "bamboccione" che si permette il lusso di rifiutare le prime opportunità che gli vengono concesse, di LAVORARE. Magari fosse così: nella mia vita ho fatto praticamente di tutto: assistenza handicappati a 400 euro al mese, venitore di contratti telefonoci porta a porta e negli stand, venditore di assicurazioni porta a porta, sempre con paghe da fame; me le hanno insegnate le tecniche di marketing per accalappiare i pover cristi. Me le ricordo le feste e le ubriacature organizzate dall'agenzia per premiare quelli che vendevano più contratti. Avete presente l'etica di coloro che vengono a suonarvi alla porta per farvi cambiare gestore "privato" di gas e luce?

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  7. E i vari rappresentanti di Greenpeace, Save the children, Onu, Unicef che vedete per la strada non sono nulla di diverso, compresa la paga; ma ciò che fa di loro dei paradossi viventi è che vorrebbero farti diventare consapevole di diritti dei quali loro stessi sono inconsapevoli, a partire dal diritto ad un lavoro ed una paga dignitosa per se stessi. Poi io ho sempre più il sentore che questo marketing d'assalto sponsorizzato da queste organizzazioni globali abbia, tra i suoi scopi, quello della diversione e dell'occultamento dei reali problemi della gente: questi qui per strada ti fanno sentire in colpa solo di fare colazione al mattino, perchè, ti dicono, milioni e milioni di profughi non possono permettersi un pasto caldo, una casa, dei vestiti, e devi donarli TU, DISOCCUPATO OCCIDENTALE, CHE A MALAPENA SOPRAVVIVI COI RISPARMI E SENZA PIÙ ALCUN WELAFRE CHE TI SOSTIENE; SE NON DONI LORO I TUOI ULTIMI SPICCIOLI SEI UN EGOISTA, E SE NON ACCETTI DI LAVORARE CON LORO CON PAGHE DA FAME E SENZA DIRITTI (MA PER RISOLVERE I "PROBLEMI GLOBALI", TI DICONO)SEI UN BAMBOCCIONE; E' QUESTO IL NUOVO DIS-ORDDINE MONADIALE. E' TROPPO OTTIMISTICO PENSARE CHE, PRIMA O POI, ANCHE QUESTI DIALOGATORI DI STRADA SI ACCORGERANNO LORO STESSI DI ESSERE DIVENTATI, PER VIA DELLA COMPETITIVITA' INTERNAZIONALE SUL COSTO DEL LAVORO ALL'INTERNO DELL'ORDINE INTERNAZIONALE DEI MERCATI, PROFUGHI NEI LORO STESSI PAESI? E PERCHÈ MAI IL NOSTRO PAESE DOVREBBE STANZIARE FONDI E FONDI, IPOTIZZANDO PER GIUNTA DI ALLENTARE IL PATTO DI STABILITÀ, UNICAMENTE PER REINSERIRE TUTTI I PROFUGHI DI STO MONDO, DISINTERESSANDOSI DEL DESTINO TRAGICO DEGLI AUTOCTONI?
    "Al vaglio del Governo c'è un allentamento del patto di stabilità che consenta ai Comuni di favorire l'accesso allo Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, attivabile solo su base volontaria.
    ...
    D'altra parte, il piano dovrebbe articolarsi anche con misure di tipo economico. Come incentivo all'accoglienza, i Comuni aderenti allo Sprar potranno fare nuove assunzioni in deroga al divieto imposto dalla legge di stabilità, ma solo per figure da impiegare in progetti di assistenza a migranti e richiedenti asilo."
    http://www.primocanale.it/notizie/migranti-sparsi-ma-con-pi-soldi-ecco-il-nuovo-piano-di-alfano-174013.html

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    1. L'accoglienza è il nuovo delirio che sta sostituendo la mistica dell'euro, che pare non funzionare più tanto bene.
      All'accoglienza non possono rinunciare: deve funzionare da equalizzatore in modo da rendere indifferente, in termini di livello di vita e di dignità del lavoro, la situazione di emigrante rispetto a quella di autoctono e, nel tempo, anche rispetto alla stessa condizione di abitante di un paese "di provenienza".

      In fondo i dialoganti non sono altro che dei propagatori di sensi di colpa "sedativi" in questa crudele e cinica fase transitoria: la loro funzione effettiva di raccolta fondi è del tutto secondaria.

      Un abbraccio a un vero combattente :-)

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