martedì 1 maggio 2018

IL 1° MAGGIO 2018: FARE LA F€STA AI WORKING POORS



1. Festa del 1° maggio 2018. 
Fingeranno di chiedersi perché ancora si festeggia, e di indignarsi per la sicurezza sul lavoro, ma non diranno una parola sull'€uropa e sulle riforme strutturali incessanti che distruggono competitivamente l'occupazione, la tutela del lavoro e il salario indiretto (sanità e assistenza pubblica) e differito (sistema previdenziale pubblico). 
Non diranno una parola su quella "macchina di livellamento", verso la neo-povertà dei working-poors. che, come evidenziava Lelio Basso, svuota le istituzioni rappresentative democratiche a favore della sovranità di centri extraistituzionali, privati e esteri, antitetici alla Costituzione fondata sul lavoro e sulla sovranità popolare.

2. Ci limitiamo a fornire un po' di dati sufficientemente aggiornati tratti da uno studio della Fondazione di Vittorio (v. più sotto). Come breve premessa, prendiamo spunto dalla natura di questa fonte per rammentare un intervento di questo illustre sindacalista e membro dell'Assemblea Costituente, che sul nascente federalismo €uropeo dei trattati liberoscambisti, già nel 1952, esponeva le criticità insostenibili che sarebbero poi state acuite nei decenni dai trattati successivi, portando alla restaurazione del mercato del lavoro perfettamente flessibile e deflazionista che oggi rende beffarda la stessa celebrazione del 1° maggio da parte di chi non si è mai opposto a questa stessa deriva, negatoria dei principi inderogabili della Costituzione del 1948:
"Di Vittorio compie una ricognizione dell'interesse nazionale, rispetto al liberoscambismo internazionalista propugnato da subito dal federalismo europeo, che fa leva su un elementare, quanto dimenticato, effetto distruttivo del comune sforzo di tutti i ceti produttivi. Questa perorazione, fatta nel 1952, in occasione dell'adesione italiana alla CECA, è tanto attuale da rivelarsi, oggi, ancor più profetica:
"Non è leale, ha continuato l'oratore, sostenere che solo i comunisti sono contrari al Piano Schuman. In Germania esso è sostenuto solo dai grandi capitalisti direttamente interessati ed è contrastato anche dai socialdemocratici, i quali giustamente lo considerano un ostacolo alla riunificazione del Paese. In Francia gli stessi industriali del complesso del Creusot sono contrari al pool perché minacciati direttamente. In Belgio il pool è avversato da esponenti di tutti i partiti. In Italia si sono dichiarati contro il pool la stragrande maggioranza dei lavoratori e perfino la Confindustria. Il senatore Jannaccone, e cioè un autorevole economista liberale, ha detto che il Piano è sorto da un'idea americana ed è caratterizzato dalle sottigliezze giuridiche francesi e dalla nebulosità tedesca. Il certo è dunque che non ha nulla di italiano! Né vale, ha continuato Di Vittorio, accusarci di "collusione" con gli industriali, giacché è noto che la classe operaia lotta contro gli industriali per la divisione del reddito delle industrie e non per la distruzione delle industrie.
In Italia il Piano Schuman è sostenuto soltanto dal ceto polico dirigente."
(Di Vittorio chiede di sospendere la ratifica del "Piano Schuman", L'Unità, 17 giugno 1952).  
2. E dunque: la crisi da austerità fiscale dell'eurozona, con l'aggiustamento conseguente, consistente in svalutazione interna, salariale, ha portato a questi livelli di diffusione dei lavoratori a termine. E al costante diminuire dei lavoratori indipendenti a causa della costante compressione della domanda interna:


3. I crescenti contratti di lavoro a termine, data anche l'insostenibilità fiscale, dettata dall'€uropa, delle incentivazioni fiscali al lavoro a tempo determinato (definizione eufemistica dopo il Jobs Act), sono anche sempre più "brevi":


4. Dilaga il part-time involontario, fonte principale del fenomeno dei working poors, e strutturazione di una condizione di sottotutela sostanzialmente assimilabile a quella della disoccupazione; nell'ambito della quale tali lavoratori, specie se a termine, andrebbero a rigore conteggiati (v. qui, p.6):