venerdì 15 marzo 2013

OLTRE IL PUD€-2. OIL AND FINANCE. THAT'S ALL

Proseguiamo con questo post la serie "oltre il PUD€", (iniziata con l'avvertenza metodologica sui web-influencers nella communication technology).
Un servizio di vigilanza democratica a presidio della Costituzione.
Il filo conduttore di "Oltre il PUD€" si può articolare sulle seguenti premesse di scenario:

1) l'asservimento neo-coloniale di  una società organizzata in Stato nazionale, (inteso come massima dimensione storicamente attuata della democrazia "vivente"), può avvenire anzitutto imponendogli un vincolo giuridico, derogatorio della Costituzione democratica, in forma di moneta unica o cambio fisso: cioè creando una necessità permanente di  aggiustamento sociale che procede per via deflattiva-salariale, e pervenendo alla "espropriazione" di offerta e domanda interna (e successivamente anche degli assets-patrimonio nazionali);

2) ma ciò può anche avvenire attraverso l'imposizione di produzione/tecnologia estera proveniente da posizioni di rendita, originata da monopoli o oligopoli relativi a brevetti e know how "codificati": ciò in base a leggi imposte da maggioranze votate dagli stessi corpi elettorali, a tal fine abilmente manipolati in posizione di crescente asimmetria informativa. E, ovviamente, anche concedendo, da parte dei sistemi bancari esteri -compartecipanti delle imprese produttrici delle tecnologie brevettate e imposte per legge - massicci finanziamenti nella fase di set-up del nuovo "sviluppo" eco-compatibile (tanto in Italia le garanzie patrimoniali non mancano);

3) inoltre tale  imposizione sarebbe opportunamente attuata - utilizzando una comunicazione mediatico-politica che prefiguri uno "stato di necessità" permanente-con modi che eccedano, per tempi e per capacità di investimento, le possibilità di reazione culturale e finanziaria di una comunità democratica nazionale;

4) anche questo secondo sistema, perciò, tenderà a manifestarsi attraverso un vincolo giuridico "prevalente" fatto passare, appunto, come "necessità": tale vincolo non sarà imposto, come nel caso della moneta unica, tramite la facciata idealistica della cooperazione internazionale europea trasmutata in super-fonte di diritto. Piuttosto avverrà attraverso la conquista, realizzabile con adeguate strategie di interferenza multimediatica sulla formazione del consenso politico, della maggioranza elettorale e del governo. Ciò condurrà a nuove politiche legislative e a modifiche costituzionali coerenti, onde facilitare il consolidamento del "potere delle rendite tecnologiche";

5) in ogni modo si ha la riprova che "nessun colonialismo possa affermarsi senza la complicità delle elites locali" e la cedevolezza culturale degli stessi "gruppi subalterni" (qui, in specie par.3).
E conseguentemente senza la compresenza, in una società precedentemente "democratica", di nuove e più intense forme di "asimmetria informativa" tra elites e "governati".
Questo "ambiente", in sè (auto)distruttivo della democrazia, tende a instaurare una cultura della "decrescita" in cui la sua realtà di colonizzazione tramite indebitamento strutturale del paese assoggettatosi verso l'estero, sarà dissimulata in una nuova etica coattiva, sanzionata dal costume sociale (accettazione diffusa) affermatosi attraverso il controllo multimediatico.

1- Prezzi petroliferi e domanda mondiale. Una strana relazione.
Per cominciare, vi inviterei a considerare con occhi attenti e consapevoli questo studio.
Non occorre, tuttavia, leggere tutto-tutto, per chi non abbia il tempo di verificare una testimonianza storica recente di un certo modo di analizzare l'economia: si tratta delle previsioni per il 2012 e sono infarcite di ovvietà funzionali al mainstream, come il paventato default del nostro debito, l'importanza attribuita alla "fiducia", in termini di ripresa produttiva, anzichè all'analisi degli squilibri commerciali all'interno dell'area euro come vere cause della flessione di produzione-occupazione, l'occultamento della natura delle auspicate deflazioni dei salari nominali come tentativo di aggiustare verso il basso i tassi di cambio reale, nella intuile rincorsa impostaci dai "2 Marios"; e infine l'ammissione di un riscaldamento dell'inflazione legato all'aumento dell'IVA senza svelare lo scopo recessivo paraprotezionistico insito in tale aumento. 
Tralasciando questo bailamme di prammatica mainstream, basta partire da questo incipit del capitolo 7.1.
"I presupposti del cambiamento di tenore (dell'inflazione ndr.)si erano materializzati già nella seconda metà del 2010, con la rapida ascesa delle quotazioni delle materie prime alimentari e agricole, del petrolio e dei metalli, che avevano impresso una svolta repentina ai fondamentali di costo e creato le condizioni per una rapida accelerazione dei prezzi ai primi stadi della filiera di produzione, sino al dettaglio finale.
Tale nuovo strappo delle materie prime si è protratto sino alla prima metà del 2011, sostenuto dal recupero del commercio mondiale e in particolare dal vigore della domanda dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica)...
Nel 2011, nonostante l’avvio di un rallentamento del commercio mondiale, sui mercati internazionali le quotazioni delle commodity hanno continuato a salire, sino ad essere scambiate a prezzi prossimi o anche superiori ai precedenti massimi dell’estate 2008. Fattori inizialmente contingenti, quali le instabilità geopolitiche seguite all’avvio della “primavera araba”, il successivo scoppio della guerra in Libia e quindi i timori di interventi militari in Iran e Siria, hanno condotto il prezzo del barile di Brent a stabilizzarsi sopra quota 100 dollari. A fronte della minore spinta dei paesi emergenti, l’entità della correzione al ribasso dei corsi delle altre materie prime è stata assai modesta. La mancata flessione ha interessato tutte le principali materie prime, industriali e alimentari: in questo caso, a sostenere le quotazioni hanno contribuito sia l’incertezza sulle rese agricole, sia l’aumento della liquidità e la pressione speculativa sui mercati finanziari.
Considerato poi il crescente utilizzo di biofuel non si può escludere che un ruolo propulsivo dei prezzi delle materie prime agricole si stato giocato proprio da un contagio dalle elevate quotazioni del greggio".

Sofia, mi suggerisce: anche il prezzo del petrolio non segue più le regole di un tempo, o sbaglio? Ciò per la crescente presenza sul mercato di operatori non appartenenti al mondo dell'energia, ma tipicamente riconducibili al mondo della finanza che hanno accentuato le caratteristiche speculative del mercato del petrolio. In ogni caso è interessante vedere le oscillazioni dell'inflazione rispetto ai prezzi del petrolio (modeste e quasi anelastiche rispetto a tali prezzi...almeno fino al 2009);

Questo grafico (World Bank) è il trend mondiale dei prezzi.

2-La finanziarizzazione del mercato delle commodities.
Assolutamente d'accordo, come ci dice l'UNCTAD, riassumendo i fatti che ha accertato:
•"Financialization of commodities": a process according to which a number of non conventional actors "financial investors", e.g., investment banks, hedge- funds or pension funds, have been investing in commodity-linked instruments;
Note: Financial investors have been long active in commodity markets, but their investment in commodities for purposes of portfolio diversification gained considerable attention following the bursting of the equity market bubble in 2000.
•Strong and sustained increase in primary commodities prices (2002 and mid- 2008) was accompanied by the growing presence of financial investors on commodities futures exchange;
•This "financialization" of commodity markets has caused concerns that most of the recent commodity price developments - and especially the steep increase in 2007- 2008 and subsequent strong reversal – was driven largely by financial investors’ use of commodities as an asset class. 

Di tassello in tassello, rammentiamo questo passaggio intermedio, riferito al nostro scenario di "Italietta" fortemente motorizzata. Ed anche se l'articolo linkato ci diceva che i rialzi di accise e IVA su benzina e gasolio avrebbero portato nelle casse del Fisco, "su base annuale" 9,8 miliardi aggiuntivi di introiti. Ma rimane che, il 24 marzo 2012, il Sole 24 ore ci dava notizia che la Guardia di Finanza aveva avviato un'indagine sui prezzi della benzina per accertare la presenza di eventuali manovre speculative. Ma che fine ha fatto?
In fondo non sarebbe un danno minore per il costo sulle tasche dei clienti-contribuenti di quello provocato dallo scandalo MPS, una volta che si fosse accertata la misura dell'illecita "speculazione su merci" ipotizzata dall'indagine e la conseguente quota di prezzo e di proporzionale tassazione (peso fiscale ormai al 58% del prezzo alla pompa) sottratta indebitamente dalle case petrolifere e di conseguenza anche dallo Stato.

3- Aspetti speculativi e strategie di "pratiche concordate"nel settore energetico complessivo.
Ma attenzione: l'effetto che interessa non è quello protestatario relativo alla forma attualizzata di imposta sul pane. Quello nostrano è in effetti l'ultimo anello di una catena.
Per ora, dobbiamo prendere atto delle conclusioni del report dell'UNCTAD sopra linkato: un cauto "non liquet" circa l'influenza univoca dalla finanziarizzazione dei mercati "commodities" sui crescenti prezzi del cibo. Cioè su un settore di indagine che riflette ma non coincide integralmente con quello energetico.
Tuttavia, poichè neanche l'UNCTAD esclude la obiettiva rilevanza dei problema, partendo dalle riportate ipotesi iniziali (che comunque riflettono dei fatti storicamente avvenuti, riassunti anche nel citato grafico della World Bank), mi pare giusto citare un ulteriore aspetto che oltrepassa le cautele dell'UNCTAD e da' risposta alla cruciale domanda fatta da Sofia.
Si tratta della rilevazione degli stretti legami tra la finanza e il mondo dei combustibili fossili: "chi siede nel consiglio di amministrazione di chi, l’influenza esercitata da istituzioni politiche e sociali nei consigli di amministrazione di banche e compagnie petrolifere. In una competizione che, come dice George Kirkland, presidente di Chevron Nigeria, non è tra aziende ma col pianeta".
In tal senso andate a vedere nel post appena linkato (al blog "Non con i miei soldi"), la Infografica ricostruita dal Transnational Institute dove viene chiaramente mostrato l'intreccio nei boards (consigli di amministrazione) tra "le maggiori banche e le maggior compagnie petrolifere".
Questa considerazione di un indicatore molto rilevante (come vedremo), se accertata su basi di indagine ufficializzate dagli stessi UNCTAD-FAO, li avrebbe forse condotti a diverse conclusioni; tant'è che lo studio dell'UNCTAD, "nel dubbio", si sente di raccomandare, in sede di G20, l'introduzione di una regulation sulla "trasparenza" anche della governance. Ne avete mai sentito poi parlare in sede di G20?
Non dimentichiamo, però, che la legislazione Antitrust USA - cioè la stessa origine mondiale del concetto normativo: Sherman Act del 1890, e Clayton Act del 1913- nacque proprio dalla rilevazione degli intrecci di consiglieri di amministrazione nei boards dei vari settori che conducono alle pratiche concordate, in conseguenza delle quali le imprese collegatesi agiscono come un unico soggetto, programmando modalità, livelli e ripartizioni dei profitti.
Solo che qui "l'unico soggetto" accumula un potere talmente immenso da non avere alcun limite pratico: può persino pianificare a tavolino l'orientamento mediatico e quindi del consenso in qualsiasi parte del mondo e, più ancora, condizionare i governi, specie se esposti ai mercati nella - "stranamente spontanea", da parte degli stessi governi- collocazione sul mercato dei titoli del debito sovrano.
Ma ciò parrebbe persino scontato e talmente detto che non preoccupa più quasi nessuno! Anzi viene liquidato come complottismo: salvo che l'UNCTAD non liquida certo, irridente, l'ipotesi, auspicando "trasparenza" regolata dai governi G20.
Quello che invece è più inquietante è che questa forza economica soverchiante possa impadronirsi del web e, in generale, di ogni nuova forma di "communication technology", attraverso la creazione di potentissime società ramificate in tutto il mondo, programmando e scansionando lo stesso paradigma culturale di un'epoca.

4- Obiettivi concordati di lungo periodo e strategie di comunicazione nei "new media".
E sotto questo specifico aspetto, sarebbe "incauto" dimenticare
ciò che, ad esempio, ci dice tranquillamente questo articolo (appunto un esempio: ne potete trovare tantissimi di questi elementari esempi di "comunicazione"). E dice, in via di loro stessa comunicazione, che le compagnie petrolifere -intrecciate con la finanza nei reciproci boards- considerano "come l’investimento “verde” delle IOCs sia più che altro motivato da un obiettivo di rafforzamento del core business inserendolo in un contesto di sviluppo futuro sostenibile".
Pianificare e programmare: ma detenendo, grazie proprio alla associazione col capitale finanziario, la forza finanziaria totalitaria per accentrare e condizionare in pochissime mani private le tecnologie necessarie per questo "futuro sostenibile".
E per imporle, anche sostenendo o creando partiti conformi alle loro esigenze di instaurare, al momento opportuno, un nuovo paradigma "eco-sostenibile", magari decrescista "di governo", in situazione di preventive "pratiche concordate" sulla ripartizione del profitto praticamente monopolistico.
Intanto potendo far aumentare i prezzi del petrolio per capitalizzare; intanto rendendo impotenti gli Stati democratici di fare ricerca autonoma e concepire un adeguato indirizzo degli interessi generali, astretti come sono tra politiche monetarie credibili, cioè deflattive e limitative della crescita, e giudizi dei mercati sul debito pubblico, riverberati dai "moniti" dei governatori delle banche centrali indipendenti.
E senza dimenticare come di un tale scenario, nei termini delineati dall'UNCTAD, occorra tenere conto anche quando si debbano calcolare, scontando tutte le variabili importanti, gli effetti e la misura stabilizzata di una svalutazione conseguente alla fine della moneta unica; e ciò conoscendo la decisiva influenza dei prezzi petroliferi e "energetici" in genere sull'inflazione, come pure, tenendo conto della effettiva ed attuale riespandibilità della capacità produttiva esportativa come guida della crescita (modello di Thirlwall).
La logica della domanda-offerta non funziona del tutto di fronte a pratiche speculative concertate: se la produzione industriale mondiale (domanda di petrolio) diminuisce o comunque si raffredda, il prezzo petrolifero, abbiamo visto, può egualmente aumentare, almeno finchè la prevedibile recessione non raffreddi, con un certo ritardo e solo in parte, i prezzi: oltre al grafico World Bank, si veda, in questo studio Bankitalia, fig.1, l'andamento del prezzo "reale" del petrolio espresso in dollari.
Poi se la produzione industriale-domanda aumenta...il prezzo aumenta secondo strategie varie e nonostante che la domanda nei paesi OCSE (per vari motivi strutturali), nel lungo periodo tenda a una lieve ma stabile diminuzione (si veda qui, grafico 2,  e qui, fonte unione petrolifera, con riferimento all'Italia, grafico 72) e quindi una certa logica della domanda/offerta dovrebbe rendere progressivamente più mite l'andamento dei prezzi.
Dovrebbe. In pratica cioè, il futuro del petrolio, le cui scorte non sono affatto così vicine all'esaurimento, pare caratterizzato da una certa stabilità della domanda mondiale: tanto diminuisce quella OCSE, tanto aumenta quella BRICS (qui figura A): col che i prezzi petroliferi dovrebbero tendere alla stabilità, o addirittura, in caso di probabile riespansione dell'offerta (protagonisti USA e Canada), diminuire persino.

5- Le scelte di imposizione programmata di un nuovo modello "produttivo" e le possibili strategie di "induzione" politica della sua introduzione.
Sì ma fino a quando si potrebbe ammettere una "volatilità verso il basso", magari in concomitanza con lo scemare della cuccagna finanziaria dei debiti sovrani dell'area euro?
Fino a quando, cioè, finanza e petrolieri insieme potranno accettare un ridimensionamento (della certezza) del livello dei profitti? Forse fino a quando non sarà giunto il momento di sfruttare operativamente l'idea politica dello sviluppo&tecnologie "sostenibili", anche, e specialmente, al di fuori di un calcolo economico razionale recepito nelle indispensabili (per Costituzione) scelte pubbliche affidate ai governi. 
Scelte pubbliche, magari, alterate dalla diffusione di nuove pseudo-ideologie  costruite a tavolino e rese adottabili sulla scia di crisi "innescatesi" in varie parti del mondo.
Comunque vada (e il destino dell'euro è praticamente segnato), "loro" sono già pronti a sfruttare la situazione. E il costo del debito pubblico, finchè debba essere collocato sui mercati, rimane un'arma di coercizione intatta nelle mani del "potere unico".

Tale pericolo incomberebbe anche se si uscisse dall'euro, cioè dall'ossessione deflazionista e "imperialista commerciale", e quindi reflazionando a livello mondiale, laddove nessuna decisione politica nazionale corregga la vulnerabilità degli Stati ai mercati e la legislazione del mercato del lavoro nel frattempo affermatasi. Innescandosi una nuova colossale concentrazione di ricchezza (chiamandola non più "politiche credibili" ma decrescismo felice).

4 commenti:

  1. COMMODITIES & DISSODATORI

    Nella pratica dell’agricoltura autarchica, pala&picco e zappa&vanga sono stati i primi attrezzi usati per preparare i “terreni”, anche i più impervi, alla “semina”.

    Poi qualche vomere a traino ”animale” a rivoltar le “zolle” fino agli avvenieristici versoi a “disco” rotativo e a profilo “variabile” in solida struttura “scatolata”.

    Ma la buona pratica di preparazione degli “incolti” (ovviamente i terreni, gli altri sono definiti ’gnoranti) prevede la dissodatura profonda: pratica energica e impegnativa di “arieggiamento” e “frantumazione” di suoli asfittici, per renderli atti alla “semina”, preludio del meritato riposo di fine giornata dopo duro dei campi.

    Nuovi modelli di “dissodatori” sono presentati oggi alla fiera del “sabato del villaggio” nel Bel Paese: gli eco&solidali Boldrini e agli storici Grasso.

    Moderni attrezzi polifunzionali, oltre le grida dei “dissidenti” dell’ultimo banco, a render fertile l’ “incolto” dopo Francesco che rifiuta “l’oro e l’ermellino”.

    Rimane ora la (solo&sola) scelta della SEMENTE, del CONCIME, della quantità d’ACQUA.

    I COMMODITIES, conoscendo poco la fatica del campo ma molto del RACCOLTO, oggi festeggiano la DOMENICA del riposo.

    Potrebbe, nella stanchitudine di un “atlante” (ndr OTC,: tu, Knight, non mi manchi ... e so che lo sai !!) RINASCERE la consapevolezza collettiva della SCELTA DELLA SEMENZA.

    That’s all, folks!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "A posteriori", mentre, a distanza di tempo da questo post, alti papaveri dei "giornaloni" teorizzano il superamento dei problemi di asimmetria dell'euro, come provocati dall'applicazione del paradigma tedesco, nel più ampio scenario dell'accordo interatlantico di libero scambio, i frutti della semenza qui indicata, iniziano a originare il "legno storto" della nuova colonizzazione allargata...

      Elimina
    2. Questo post è fondamentale.

      Mette bene in risalto la forma del progetto mondialista: la gestione delle risorse scarse in mano a pochissime mani.

      Il "vincolismo" è qualcosa di ben conosciuto in altri ambiti: ad esempio quello della sicurezza.

      Un sistema è "sicuro" non grazie a regole e normative (necessarie ma assolutamente insufficienti), ma poiché è soggetto a "vincoli di carattere ingegneristico".

      Gli umani si dimenticano di rispettare le norme, le leggi naturali no.

      Un sistema è sicuro, quindi, solo per costruzione.

      Uno dei vincoli più temibili è proprio quello del know-how e del potere imposto tramite asimmetria informativa assurta a norma di legge: la proprietà intellettuale.

      Le licenze e i brevetti trovano nella mostruosità degli OGM la loro ragion d'essere. Il "vincolo alimentare" trova suo completamento tramite la deregulation finanziaria sui prodotti di prima necessità oppure tramite la coltivazione di biodiesel. Agghiacciante.

      (E' estremamente proccupante il momento in cui si dovesse venire al redde rationem tra la super classe atlantica - che tramanda la propria fortuna per via di sangue - e il blocco orientale, che può contare ancora su un vivaio come quello dei vari "politburo")

      Elimina
    3. Sì in effetti, dato l'orientamento macroeconomico a quel tempo fortemente "formato" sulla questione del cambio flessibile, questo post, non entrò nel vivo del dibattito.
      Probabilmente, sempre rapportato ai tempi di sua pubblicazione, era troppo anticipatore.
      Chissà, forse lo ripubblico per dargli una collocazione di attualità che oggi susciterebbe più attenzione :-)

      Elimina