martedì 25 ottobre 2016

LA "LETTERA", IL POST-REFERENDUM E L'INCORPORAZIONE DEL FISCAL COMPACT

http://www.eunews.it/wp-content/uploads/2016/09/Priorita_Juncker.jpg


1. Ci pare sufficientemente esaustivo del contenzioso tra Italia e UE relativo ai saldi della manovra per il 2017, questo articolo tratto da Forexinfo:

"Perché l’UE boccia la Legge di Stabilità di Padoan e Renzi

Nonostante la lettera dell’UE non sia ancora pervenuta, conosciamo già i punti critici della Legge di Stabilità 2017 agli occhi della Commissione. La lettera in questione ha il compito di sottolineare tutti i punti critici previsti dalla finanziaria di Renzi, invitando l’Italia a modificare quanto dovuto allo scopo di raggiungere l’obiettivo della parità dei conti dello Stato.
1 - Le coperture una tantum
Nei 7,6 miliardi di entrate stimate vi è troppo ottimismo secondo l’Unione Europea e le coperture una tantum non assicurano la solidità del bilancio.
2 - Il nodo sulla sicurezza antisismica
L’UE non accetta di scorporare dal deficit la spesa dello Stato per la messa in sicurezza delle zone del Paese a rischio terremoto ma dice Sì allo scorporamento delle uscite con il fine la ristrutturazione delle aree interessati dal sisma del 24 agosto.
3 - Il deficit 2017 non va
L’Italia avrebbe calcolato in modo troppo generoso lo sconto sul deficit concesso dall’UE in caso di circostanze eccezionali.
La Commissione UE non accetta il calcolo del deficit al 2.3% previsto dalla legge di Stabilità 2017: è troppo alto e deve essere tagliato di uno 0.1% - il che corrisponde a 1,6 miliardi di euro.
Renzi, tuttavia, non ha alcuna intenzione di rinunciarci.
4 - Troppa flessibilità
Lo scorso anno sono stati 19 i miliardi di euro concessi dall’UE all’Italia in flessibilità, per la Legge di Stabilità 2017 saranno 15.
5 - Il problema migranti
L’UE riconosce l’aumento del problema migranti ma non giustifica l’aumento del deficit a causa di questo fronte calcolato dalla Legge di Stabilità 2017.
Sotto la lente non solo la manovra dell’Italia ma anche gli sforzi di Spagna, Portogallo, Francia, Belgio e Olanda. Ma sono le tensioni Italia-UE a preoccupare l’Eurozona.

Italia contro UE: i prossimi passaggi sulla Legge di Stabilità
La lettera di “rimprovero” dall’UE deve ancora arrivare. Attendiamo per il 9 novembre le nuove previsioni sull’economia, pochi giorni più tardi una nuova opinioni sul testo della Legge di Stabilità 2017. Una bocciatura vera e propria, scenario che aumenterebbe di molto le tensioni tra Italia e UE e alimenterebbe la forza dell’antieuropeismo, potrebbe arrivare solo dopo Natale".

Bastano queste poche note di commento per capire il grado di "alterazione" che ha raggiunto l'€uropa ordoliberista rispetto alla normale percezione del buon senso minimo: relativamente al concetto macroeconomico di intervento anticiclico, come pure rispetto alle esigenze vitali e ai drammi di un'intera comunità sociale, 

2. Ecco un rapido schema del gioco che abbiamo di fronte nelle prossime settimane:




Tant'è che, infatti, l'Eurogruppo ha stabilito di valutare "definitivamente" la correttezza della manovra di stabilità, il 5 dicembre (!); o, sarebbe meglio dire, di innescare una concreta minaccia di procedura di infrazione, con tanto di trojka "snella" aleggiante, a partire da quella data.

3. Pressocché nelle stesse ore, Steinmeier, possibile successore della Merkel e attuale ministro degli esteri tedesco, ha dichiarato:
“La crisi finanziaria, l’ondata di rifugiati in Europa e lo shock del referendum sulla Brexit hanno portato l’Europa in una grave turbolenza”, ha detto Steinmeier, citando il sempre maggior numero di paesi che mettono in discussione la saggezza delle politiche definite a Bruxelles.
Gli eventi degli ultimi anni hanno reso chiaro che realtà politiche che potevano essere considerate permanenti sono invece oggetto di discussione, ha aggiunto precisando che a trarre vantaggio da queste paure sono i partiti populisti che denunciano anche il fallimento dell’Ue sulle questioni sociali.
“Anche i sostenitori più sfegatati dell’Europa riescono a vedere quello che bisogna fare: convincere di nuovo la gente e farlo fuori dalle torri d’avorio del sostegno incondizionato all’Europa. Se non sappiamo come apprezzare il valore dell’Ue, andrà a rotoli”, ha quindi concluso".

Ma questo discorso, un po' inquietante e piuttosto generico, può essere meglio compreso con la complementare posizione assunta dalla nostra vecchia conoscenza Otmar Issing, ordoliberista senza mai troppi peli sulla lingua, certamente meno rispetto a Steinmeier che, da capo della "diplomazia" parla con linguaggio c.d. "felpato", cioè allusivo. E che ci dice il "buon" Otmar?

Photo published for Ex Capo-Economista della BCE: “L’Euro è un Castello di Carte che Crollerà” (da A.E. Pritchard)

Parrebbe dedito alla "causa europea", ma, come correligionario (da ambienti di banca centrale) di Weidman, intende ben altro che un riequilibrio fiscal-federale dell'eurozona e una sua democratizzazione "per" i popoli in essa drammaticamente coinvolti.
Questo il passaggio fondamentale del suo pensiero (che dobbiamo ritenere disciplinatamente allineato alle "allusioni" di Steinmeier):
"L’intero impianto verrà messo quasi certamente alla prova dalla prossima crisi globale, ma questa volta ci sarà già in partenza un elevato livello di debito e di disoccupazione, nonché un maggiore logoramento politico.
Il prof. Issing ha poi sferzato la Commissione Europea, definendola una creatura delle forze politiche che ha ormai rinunciato a ogni tentativo di imporre delle regole in maniera sensata. “L’azzardo morale è schiacciante“, ha detto.
La BCE si trova su una “china scivolosa“, e secondo Issing avrebbe compromesso in modo fatale l’intero sistema salvando paesi in bancarotta, in evidente violazione dei trattati.
Il patto di stabilità e crescita è più o meno fallito. La disciplina di mercato è stata abolita dagli interventi della BCE. Non c’è quindi nessun meccanismo di controllo fiscale da parte dei mercati o della politica. Ci sono tutti gli ingredienti per il disastro dell’unione monetaria.
La clausola di non-salvataggio viene violata quotidianamente“, ha detto, rigettando come ottusa e ideologica l’approvazione della Corte Europea alle misure di salvataggio".

4. Insomma, Issing la mette sul piano della "morale"...dell'azzardo, essendo perciò "immorale" che il "patto di stabilità e crescita" non sia stato fatto rispettare dalla Commissione e dalla compiacenza della BCE, in modo tale che si fosse potuto verificare il "controllo fiscale da parte dei mercati": altro non è, questa, che una querula lamentela di non aver potuto vivere una lunga stagione di "fate presto", preferibilmente a carico dell'Italia, in nome dello "stato di eccezione" degli SPREAD.

Insomma sommando Issing con Steinmeier, i tedeschi ripetono stereofonicamente quello che preannunziava Weidman: l'ordoliberismo, cioè il mercato "sovrano" (imperial-germanico), col "sociale" come "semplice riempitivo", non tollera compromessi e non scorge alcuna ragione per rivedere i trattati, reflazionare e correggere il proprio surplus con l'estero (ammesso che questo sia un limite il cui mancato rispetto sia effettivamente sanzionabile; anche solo sul piano politico, in €uropa).
E dato che tutto questo, cioè le condizioni accettabili di partecipazione della Germania al festino dell'euro, (sempre più divenuto un festino sull'ital-tacchino), non si verifica esattamente come i tedeschi ritengono loro dovuto, inderogabilmente, tanto vale fare una minaccia: "chiudiamo l'UE e poniamo fine all'euro". Senza tanta tanta austerità, e senza altrettanti trasferimenti di redditi finanziari verso la Germania, dai paesi periferici, una moneta sottovalutata rispetto al marco pare non bastargli più.

La minaccia non appare tanto credibile (anche se come tutte le minacce, poi lega le mani a chi le formula, innescando un gioco pericoloso per chi le agita...).
E sappiamo perché; ma serve a tenere sulla corda gli USA, a cui vogliono mostrare che pensare di rimettere nel "corral" la Germania, secondo la loro mera convenienza geo-politica, - quando gli era stata, da decenni, concessa mano libera per "rieducare" il mediterraneo socialistoide, non è così facile come sembra.

5. Da ciò deriva però più o meno questo quadro:
"...Gli USA vogliono che la Germania "faccia qualcosa". Ma non ha modo di imporgli nulla senza contemporaneamente:
a) mettere a repentaglio la propria stabilità finanziaria, che cerca di garantire attenendosi a dottrine che non sa proprio come sottoporre a critica senza rimettere in discussione il precario equilibrio interno determinato dal dominio di Wall Street via Clinton family;
b) mettere in discussione il risultato a cui mira da decenni; cioè l'omogeneizzazione in senso neo-liberista dell'intera €uropa. Un risultato che sono molto vicini ad ottenere e che ha visto il successo dello "strumento" individuato da lungo tempo nella dominanza tedesca.

Bisogna perciò vedere quale calcolo costi/benefici faranno, circa una eventuale azione di ridimensionamento dell'arroganza tedesca.
Potrebbe essere un obiettivo simbolico ma ben poco pratico: e questo i tedeschi è da supporre che lo scontino nel prendersi i rischi che corrono nei confronti degli USA.

In fondo gli USA, più precisamente la sua elite oligarchico-finanziaria, non è MAI stati propensa ad agire drasticamente contro la Germania: mai.
Specialmente quando la partita in gioco include la tradizionale e preconcetta ostilità verso la Russia.
Quanto potrà contare ancora la Nazione americana, intesa come insieme di forze e di plurimi settori sociali non coincidenti con l'elite?

La partita "italiana" è chiaramente un gioco di rimbalzo in questo ambiguo e incerto scenario: per l'Italia, c'è sempre il conto da regolare per aver adottato una Costituzione "socialista".
Il loro massimo e unico obiettivo, rispetto a ciò, rimane "Constitutio italica delenda est".

E quello appena riportato è il sunto del discorso, che può essere più ampiamente visto qui, nelle sue integrali premesse politico-economiche.

6. Dunque, l'austerità fiscale e quindi il fiscal compact sono condizioni sine qua non affinché la Germania accetti di far parte dell'euro. Ciò, noi sappiamo, è un atteggiamento ben visto e condiviso in ampi ambienti del nostro Paese.
Nel 2017 viene in rilievo la questione della "incorporazione" del fiscal compact nel trattato dell'Unione, a cui naturalmente Dijsselbloem e Juncker sono superfavorevoli. Il nostro governo parrebbe invece, attualmente, intenzionato a svincolarsene.
Si dice pure che la vittoria del sì rafforzerebbe la posizione italiana in questo senso: ma come potrebbe essere ciò se in base al suo art.14, il fiscal compact si applica, allo stato, in pratica solo ai paesi la cui moneta è l'euro e la "riforma" non pone in discussione questa appartenza ma anzi costituzionalizza quella all'UE inclusiva dell'attuazione delle politiche derivanti principalmente...dall'appartenenza all'eurozona?

Alla linea oppositiva sul fiscal compact, peraltro, sul piano interno si muovono obiezioni circa gli effetti pratici di questa limitata "exit": "Brunetta gli ha ricordato però che, anche arrivando a quella conclusione, l’Italia resterebbe comunque vincolata alle altrettanto rigide regole previste dal Six Pack e dal Two Pack. «L’unico vincolo di cui ti libereresti – ha detto l’ex ministro di Forza Italia rivolgendosi al premier – sarebbe quello dell’equilibrio di bilancio, se non fosse che l’abbiamo inserito nella nostra Costituzione»."

7. Il testo allo stato reperibile del fiscal compact fa tuttavia pensare a una cosa diversa, sia da quella che sostiene il governo, sia da quella che obietta Brunetta. La previsione dell'art.16 del trattato FC, infatti, recita:
"Al più tardi entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente trattato, sulla base di una valutazione dell'esperienza maturata in sede di attuazione, sono adottate in conformità del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea le misure necessarie per incorporare il contenuto del presente trattato nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea". 
In pratica, la norma "scommette" che, nei cinque anni di prima applicazione del fiscal compact, l'andamento economico degli Stati aderenti sarebbe divenuto così favorevole, con un solido ritorno alla crescita e all'occupazione, da indurre un'ondata di adesioni all'eurozona, sia da parte dei paesi "non euro" e "in deroga" firmatari dello stesso fiscal compact, sia da parte di tutti gli altri estranei al trattato
Insomma, la previsione era che la trionfale applicazione del FC, avrebbe unificato verso l'adesione all'euro economie sempre più convergenti, e rafforzate dall'adozione dei criteri automatici, ed ordoliberisti (v.p.5), di accresciuta austerità fiscale, al punto da farne l'unica "vera fede" del futuro comune dell'UE!
La cose sono andate, e in un "crescendo", esattamente nel senso opposto (anzi, come abbiamo visto, il fiscal compact è stato praticamente applicato solo all'Italia e nessuno vuole, oggi e meno che mai domani, porsi nei nostri scomodi panni).  

8. Essendo questa la disciplina della (meramente potenziale) incorporazione del fiscal compact nel TUE e nel TFUE - la questione dipende da dove sono collocate le norme maggiormente incise dall'inserimento delle più stringenti regole fiscali su deficit e indebitamento, nonché sulla legittimazione del relativo sistema sanzionatorio - ne discende che:
a) l'incorporazione nei trattati è adottabile, in base ad una valutazione dell'esperienza attuativa, in conformità del trattato UE e FUE. L'effetto di tale incorporazione è null'altro che il superamento dell'art.14 citato, con la scommessa della volontaria estensione delle regole di bilancio (debito e deficit in pareggio) a tutti gli Stati-membri dell'UE, a quanto parrebbe, a prescindere dalla loro appartenenza all'eurozona.

b) ergo, come abbiamo visto, trattandosi di una modifica (non indifferente) degli stessi trattati, occorre la "ratifica di tutti gli Stati membri", a fortiori dovuta in caso di trattato che non consente neppure la procedura di revisione semplificata, poiché il fiscal compact "estende le competenze assegnate all'Unione" in materia di sovranità o discrezionalità fiscale, che dir si voglia;

c) che una tale unanimità sia raggiungibile, in questo momento storico e proprio alla luce dell'esperienza maturata nell'applicazione del fiscal compact!, è altamente improbabile se non addirittura improponibile, a pena di acuire irreversibilmente le tensioni che già scuotono l'UE, così com'è (cioè  già "sconquassata" da discordie senza ulteriori cessioni di sovranità da parte di tutti, e in assenza di qualsiasi seria politica fiscale federale dotata di un adeguato bilancio).
Diverso discorso, però, è se l'incorporazione fosse limitata "all'ordinamento giuridico" UE senza modificare i trattati, ma ricorrendo ad altra fonte (un regolamento, come quelli del six packs, o una direttiva), sottoposte, tali fonti, alle semplici maggioranze qualificate con cui opera il Consiglio UE;

d) invece, "uscire" dal fiscal compact è un discorso ancora ulteriore e completamente diverso: come per l'Unione bancaria, come per il six pack, è praticabile in modo del tutto autonomo dalla scadenza dell'art.16, che ha la diversa ragion d'essere della incorporazione, (cioè della supposta estensione, non della riduzione delle parti aderenti); l'uscita è, in realtà una scelta politica nell'interesse nazionale, adottabile in qualsiasi momento in cui ne ricorrano i presupposti conformi alle regole del diritto internazionale dei trattati (v. p.3-4) (a fortiori per il fiscal compact che è un trattato non costitutivo dell'UE e ordinariamente concluso tra Stati sovrani secondo tali regole, per quanto in qualità di paese aderenti all'UE).

Non si vede dunque, rispetto alla sovrana decisione di non far parte di questo speciale trattato di diritto internazionale "comune", come possa influire l'essere o meno dotati di una cornice costituzionale monocamerale o bicamerale attenuata, dell'una o dell'altra legge elettorale e via dicendo.
Ammesso che gli effetti dichiarati della riforma siano..."effettivi", cioè rispondenti al vero,-  il che è oggetto di grande disputa tra il fronte del sì e quello del no-, la fiscal compact-exit è completamente indipendente dalla riforma costituzionale: era adottabile, seguendo le opportune procedure, anche ieri, anche oggi e ovviamente in un qualsiasi domani.
Certo, diverrebbe infinitamente più difficile, per le regole internazionali della "buona fede" nell'esecuzione dei trattati se l'Italia, se nel corso del 2017, si trovasse a esprimere un voto favorevole all'incorporazione.
Ma anche questa scelta controproducente sarebbe completamente autonoma dall'approvazione definitiva della riforma costituzionale.
Anzi, è in sé una dimostrazione di indipendenza sovrana e del proprio buon senso.

18 commenti:

  1. "Quanto potrà contare ancora la Nazione americana, intesa come insieme di forze e di plurimi settori sociali non coincidenti con l'elite?".

    Ma quando mai ha contato? Quella (non) democrazia è un obbrobrio ed è stata esplicitamente costruita per esserlo.

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  2. Salve, stavo cercando di approfondire la questione del referendum, o meglio di come esso venisse visto dalla piddinitas. Nel farlo sono stato investito dal fuoco di fila piddino che ci tiene a puntualizzare che la riforma del 2011 del titolo V aveva già modificato l'articolo 117, quindi non esiste il pericolo di consegnare l'italia ai tecnocrati di Bruxelles, visto che questa operazione è stata già fatta anni or sono. Ormai (sic) abbiamo intrapreso la strada quindi... solito elenco di retorica europeista: ormai è fatta non dobbiamo essere codardi ( il "paura della paura" del Pedante ) e proseguire oltre no matter what. La linea editoriale è diventata: la sovranità l'abbiamo già ceduta, in realtà. Votando si, per l'italia non accadrebbe nulla di nuovo, se non un risparmio (di "sti du euri") ed il "rinnovamento di una costituzione ormai logora" (ho davvero letto questa bestemmia). riporto testualmente l'analisi di una neolaureata in legge, fortemente europeista (non per cattiveria o per "mal comune mezzo gaudio", ma per evidenziare l'evoluzione degli intellettuali piddini sul tema): "3. Uno dei principi fondamentali che regge il funzionamento dell'Unione è quello del PRIMATO del diritto comunitario (ora unitario anche se in italia è una parola poco usata) sui diritti nazionali; in particolare, il diritto UE prevale sempre ed in ogni caso sul diritto nazionale e, laddove esista un conflitto, il giudice italiano è TENUTO a disapplicare la norma italiana e ad applicare DI DIRITTO quella europea.
    4. Questo principio non era previsto direttamente nella Costituzione, per il semplice fatto che quando quest'ultima venne scritta NON ESISTEVA L'UNIONE EUROPEA. Questo ha creato non pochi casini negli anni e ha favorito una serie di teorie fantiasiose che hanno consentito alla nostra Corte Costituzionale di far comunque valere (già dai primi anni '80) il principio di supremazia del diritto UE grazie ad un complesso sistema di leve e cavilli (sostanzialmente facendo rientrare nel vecchio 117 cost., alla voce “nel rispetto degli obblighi internazionali” anche quelli derivanti dall'adesione al Trattato).
    5. Finalmente, nel 2001 mettono mano alla Costituzione, riformando il titolo V. Ben pensano, allora, di cogliere la palla al balzo e costituzionalizzare il principio del primato del diritto comunitario (RIPETO: GIA' AMPIAMENTE APPLICATO DALLA CORTE COSTITUZIONALE), inserendo l'incauta formulazione di “ordinamento comunitario” nel testo del 117 (quando già sapevano che eravamo passati all'UE, ma vabbeh)
    6. Ora colgono la palla al balzo per correggere l'errore nominale e dare alle cose il nome corretto. "
    segue un ragionamento in cui si identifica il fronte del no con quello dell'estrema destra... A questo punto mi sorge un dubbio da profano delle discipline giuridiche: posto che le ragioni della riforma sono chiare e scritte a chiare lettere, è possibile trovare nel testo della riforma un punto in cui è evidente lo svilimento della costituzione in termini di diritti nazionali "subordinati", rispetto alle modifiche del 2001? il mio occhio poco allenato non riesce a trovare un articolo incriminato (anche se il disegno generale mi è ben chiaro). Scusate se abbasso un po' l'asticella del dibattito ma mi sembrava opportuno chiarire questo punto.

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    1. Una semplice ricerca sui post degli ultimi mesi (inclusivi di ricchi links), consente di ritrovare, con ampi approfondimenti in sede di commenti, le risposte a tutte le questioni sollevate nelle dispute da lei intraprese.

      Basta seguire orizzonte48 con una certa costanza, e muniti di un'indispensabile passione civile, e si può verificare come tutti i vari nodi del dibattito costituzionale siano stati trattati con largo anticipo sulle prevedibili argomentazioni che sarebbero in effetti state utilizzate...

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    2. In realtà sono un suo lettore da parecchio tempo e quando posso, compatibilmente al poco tempo libero che mi lascia la mia professione, cerco di approfondire il più possibile. Evidentemente mi è sfuggito qualche snodo fondamentale, quindi accetto volentieri il suggerimento di riprendere la lettura. Colgo l'occasione per ringraziarla per il suo eccellente ed illuminante lavoro.

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  3. Presidente mi permetta, ma il piddino fascista non lo reggo.

    @ Craven New World
    La neolaureata in giurisprudenza ha poche idee, ma sufficientemente confuse. Ormai l’improvissazione del diritto patafisico regna sovrana tra le file dei piddini:

    1) La Costituzione italiana prevede principi supremi (tra cui quello della sovranità, art. 1, comma II, da leggere IN NECESSARIO COMBINATO DISPOSTO con gli artt. 3, comma II, e 4 Cost) – perché di questi stiamo parlando - che costituiscono “… un «limite all’ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione» (sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale…”

    Ergo, “… Se quanto così affermato vale rispetto al diritto internazionale generale di cui all'art.10 Cost, a maggior ragione opera come limite al diritto internazionale "da trattato", ancorchè "europeo", che è fonte di rango inferiore, in Costituzione e nel diritto internazionale, rispetto al d.i. "generale" (così http://orizzonte48.blogspot.it/2014/10/corte-costituzionale-sentn238-del.html, con la giurisprudenza ivi richiamata).

    Quindi è falso che il diritto €uropeo prevale sempre su quello interno. Sui principi supremi della Costituzione il diritto europeo non prevale per niente e non può prevalere (anche se nelle facoltà di giurisprudenza purtroppo si insegnano queste bufale);

    2) l’art. 117 Cost. (così come riformato nel 2001, e non nel 2011) prevede che che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”;

    Trattasi di un articolo generico, pletorico e praticamente superfluo, dal momento che vige già l’art. 11 Cost. (sul diritto internazionale pattizio) ed il relativo principio “pacta sunt servanda”. Il legislatore costituzionale evidentemente se n’era dimenticato o era distratto;

    3) Se anche l’art. 117 fosse stato ritenuto sufficiente (nel ragionamento di €SSI, che fanno sempre i conti senza l’oste), non sarebbe stato necessario proporre questa ulteriore riforma costituzionale (segue)

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  4. Oggi il problema è un tantino diverso: l’obiettivo della deforma è ALTERARE LA MISSIONE DEL PARLAMENTO, CHE DIVENTA QUELLA DI RECEPIRE de plano TUTTA LA SPAZZATURA €URISTA.

    In sostanza, l’Italia, come il tacchino che si mette in forno da solo, si rifiuta in futuro di verificare se il Trattato (e norme derivate) sia compatibile con la Costituzione, ovvero la compatibilità la si dà per scontata una volta per tutte. In sostanza ci inchiodiamo da soli all’€uropa per sempre. Le politiche che il Parlamento attuerà esuleranno dal voto popolare, che sarà del tutto inutile (praticamente si tratterà di democrazia idraulica-sanitaria con il fiocco blu).

    In realtà, come chiarito già da Quarantotto, bisogna spiegare alla neolaureata che le leggi di revisione costituzionale (derivanti dal “potere costituito”) sono sempre di rango inferiore alle norme della Costituzione primigenia frutto di “potere originario costituente” (segnalo anche Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Milano, 1969, II, 1107 e ss.; Corte Cost. 1146/1988).

    Ne consegue che la Corte Costituzionale potrebbe sempre operare un sindacato di costituzionalità interna della legge di revisione per contrarietà della stessa ai principi fondamentalissimi in base alla “teoria dei controlimiti” (vale per l’art. 81 così come per le ulteriori norme qualora malauguratamente vincesse il sì). Il problema è che difficilmente lo farà.

    4) Il fronte del no – certamente quello di Orizzonte48 – si schiera a favore dei principi fondamentali previsti in Costituzione e della democrazia sostanziale (si vedano gli artt. sopra citati), principi calpestati da almeno quarant’anni dai signori ai quali la neolaureata (abbastanza ignorante) gioiosamente si accompagna facendo la maestrina.

    Questo il succo concentratissimo del discorso che merita altri approfondimenti

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    1. Grazie per il vitale chiarimento riguardo al primato dei principi fondamentali che dovrebbero (anche se da 40 anni l'elefante nella stanza resta inosservato) prevalere su qualsiasi revisione. Come dicevo, mi sono chiari gli obiettivi delle "riforme", ma non riesco ancora ad identificare la parte del testo di QUESTA riforma, nello specifico, che "altera la missione del parlamento". Leggendone il corpo, la mia attenzione (da profano) cade principalmente sulla sostanziale scomparsa del senato e sulla composizione della Corte, cose che impattano fortemente sulle funzioni di controllo ma immagino che non costituiscano "la pistola fumante" della consegna delle "chiavi di casa" a Bruxelles (o Berlino che dir si voglia). Lo scopo della mia ricerca non è quello di persuadermi nel votare NO (cosa che comunque farò a prescindere) ma di cercare di rendere evidente a quante più persone possibile l'operazione di dissimulazione e di "disarmo" della costituzione primigenia. Per fare ciò è molto efficace il confronto che propone Orizzonte48 tra il testo della riforma e la costituzione originale del '48. Non risulta molto utile invece, a mio avviso, il confronto con la versione già revisionata del 2001 (quindi quella attuale), confronto che viene proposto dalle forze pro-deforma appositamente per tentare di disinnescare (a torto?) questo tipo di critica. So bene che sono questioni di lana caprina, visto che comunque sia tutti questi passaggi (dalle precedenti revisioni al vincolo di bilancio e chi più ne ha più ne metta), essendo in contrasto con i principi fondamentali, sarebbero da rigettare senza se e senza ma. E' un paradosso, ma il piddino, pur credendo fideisticamente, per convincersi della falsità del suo credo ha bisogno di evidenze a prova di idiota. Ad ogni modo grazie infinitamente per il vostro tempo.

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  5. Del resto, se anche dei non giuristi hanno letto con profitto
    Euro e (o?) democrazia costituzionale
    , che tratta in dettaglio di questi temi, a maggior ragione potrebbe farlo un neolaureato in giurisprudenza.

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  6. La butto li. Se fossimo prossimi a Brindisi?
    Renzi per la prima volta sembra battere i pugni sul serio spalleggiato da un'elite americana che lui stesso ha sostenuto con i soldi pubblici (senza però che gli scarafaggi sempre attenti alla corruzzzionebrutta abbiano detto mezza parola).
    La vittoria del no non pare impossibile, e, a sentire le dichiarazioni dei membri del gran consiglio piddino (D'Alema ma anche l'esterno Monti), sembra che la mozione Grandi se non approvata almeno sia stata messa all'ordine del giorno.
    Resa incondizionata agli Stati Uniti (e al Regno Unito), dissoluzione dell'UE e una crescita italiana finalizzata a contrastare la Germania (e a liberare la Francia).

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    1. C'è un "fumus"...ma il problema rimane sempre che l'evento principale (apertura effettiva delle ostilità non solo da parte UK ma anche da parte USA, verso la Germania=> sbarco in Nord Africa, poi in Sicilia e bombardamento di Roma), non è nitidamente identificabile.
      Ma ci si può riflettere su... (specialmente dopo il referendum) :-)

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    2. @Valerio: Renzi secondo me non è "backed" da nessuno. E' solo una strategia degli USA, quella del parlare a nuora (Renzi) perchè suocera (Merkel) intenda. Se ricordate l'avevano fatto anche in Grecia lo scorso anno...

      Gli USA fanno i loro interessi, come tutti d'altro canto. Il loro interesse è avere un interlocutore unico in Europa (non 28 diversi), così come loro interesse è il controllo delle fonti di energia fossile (Iraq, Siria ecc.). Ricordiamoci che la guerra in Siria nasce a "causa" del bacino più grande al mondo di gas naturale South Pars e del suo gasdotto (disputa se farlo passare attraverso Siria e Turchia, voluto da Qatar, o attraverso Iran e Siria voluto dai persiani), mentre la produzione irachena di petrolio si aggira intorno ai 3mln di barili al giorno. Quindi sostanzialmente le loro guerre sono per puri fini economici, punto. Così come ammoniscono e “multano” i tedeschi negli ultimi tempi. Li toccano dove il dente duole, cioè nel portafogli. Se non è Renzi, è un altro… a loro dell’Italia, come vorremmo o forse ci piace alle volte intendere importasse loro, in realtà interessa poco… siamo (o eravamo) però il grimaldello giusto da usare quando serve. Chi si è beccato i soldi del governo americano, tanto per dire, è FCA grazie a Chrysler, non il contrario. Intanto poi bruciano il giardino della Germania, acquisendo aziende italiane (Indesit da Whirlpool per fare un esempio) a saldo, ed intanto appioppano ai tedeschi super multe sui loro mutui o sulle auto acquistate da loro (ma… controllare prima no?).

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    3. Gli USA sono si una potenza in declino, ma sanno ancora il fatto loro. Non ricorro, anzi lo faccio, ai due tipici esempi che molti di noi dovrebbero avere in mente: Olivetti (e Mario Tchou) ed Enrico Mattei. Chi tocca i fili, muore. E così è stato per loro, che avevano osato per primi arrivare in campo elettronico (il primo personal computer arriva, dieci anni prima di Jobs, in Italia non nel garage dello sfortunato inventore) ed energetico (rompendo il dominio delle allora sette sorelle ed intessendo intensi rapporti con URSS, Cina ed Algeria).
      Primi degli italiani? Non sia mai… E ben sappiamo che fine abbiano fatto i nostri connazionali. Tutto questo pippone (e mi scusi il Presidente) per dire che dobbiamo guardare con disincanto a quanto succede davanti a noi in questi tempi. Gli Americani non sono i buoni. Fanno i loro interessi. Gli USA non appoggiano Renzi. Lo usano a loro piacimento. Renzi non sbatte i pugni sul tavolo (al massimo la testa). Fa il doppio gioco (come fanno tutti d’altro canto) parlando comunque di uno 0,1% di PIL. Ciò che vorrei dire è che non esiste una potenza straniera che fa il “libera tutti”, così come non esisteva il cosiddetto “stellone” per il Duce.

      Esistono dei rapporti di forza. Alle volte ben definiti, altre meno. Ora siamo in un mondo multipolare che si gioca su fragilissimi equilibri. Ed ogni forza in campo cerca continuamente di raggiungere un accordo con altre parti in scenari “liquidi” e mutevoli. Mi piacerebbe vedere finalmente noi italiani orgogliosi di un paese che non segue nessuno, ma percorre la SUA via, già tracciata all’interno della Sua Carta (che la banche d’affari americane sostengono essere un “intralcio”). E’ chiedere troppo? Per qualcuno si, per me no. Spero che un giorno ciò accada. Molto presto.

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    4. Grazie Flavio, finalmente fuori dai denti.

      Se non si dice niente, questi non solo vanno avanti, ma ti umiliano in modo totale e radicale...

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    5. Naturalmente concordo con Flavio.
      Però faccio anche sommessamente rilevare che la questione è stata trattata quasi esattamente in questi termini nel p.5 del post (con links). Infatti, si conclude dicendo:
      "La partita "italiana" è chiaramente un gioco di rimbalzo in questo ambiguo e incerto scenario: per l'Italia, c'è sempre il conto da regolare per aver adottato una Costituzione "socialista"."

      La svolta "frattalica" preconizzata da Valerio, in realtà, è potenzialmente compatibile col quadro su cui concordiamo: in altri termini, anche se non sanno bene "come" (a quanto risulta finora evidente), gli USA potrebbero doversene "uscire" con qualche soluzione per la Germania.

      Vedremo se, trattandosi di una ripetizione "farsesca" della Storia, si avrà una forma di (pur tradizionalmente riluttante) aperta ostilità verso la Germania. Magari per interposti Stati membri UE (Italia e Francia sono frattalicamente i candidati).

      Il dopo referendum del 4 dicembre, come ci dà spunto di desumere anche il post odierno (scritto successivamente, ma con ampie fonti "anglosassoni") diventa in tal senso uno snodo decisivo: forse "storico" (come nel 1943...)

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    6. 48 si, sul referendum son in accordo sul fatto che sia uno snodo decisivo e sono conscio che, rispetto alla "frattalica", potrebbe essere un punto di rottura. Mi son fatto un po' calcare la mano andando un pochino OT per la frase: "...Renzi per la prima volta sembra battere i pugni sul serio spalleggiato da un'elite americana che lui stesso ha sostenuto con i soldi pubblici...". Mi ha fatto saltare in piedi ma con questo non sono affatto in disaccordo con Valerio nel complesso del suo commento, mi era sembrato giusto fare una digressione, seppur lunga lo riconosco, su quella parte del suo discorso, e spero che Valerio mi scusi nel caso in cui fosse sembrato un "attacco frontale" ma non è così. Mi urta solo questa figura (da pagliaccio) che in qualche ambiente si vuole far passare di Renzi.

      E sottolineo anche che, per opportunismo o che, ma la mossa di Grillo di proporre il DDL in Parlamento ieri mi è sembrata una fine mossa tattica. Ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ha tagliato le gambe, almeno al mio punto di vista, alla farsa del "referendum che taglia i costi della politica". Una farsa divenuta reale con quanto accaduto in aula http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2016/10/24/in-aula-alla-camera-il-ddl-per-dimezzare-gli-stipendi-dei-parlamentari_5c8c25ca-3601-4837-8998-e57623265261.html . Aldilà della retorica ideologica, questa mossa a mio parere, nel caso ce ne fosse bisogno, smaschera definitivamente il giochetto PD. E ne ho visti di pubblicità appese ai muri per il SI al referendum per "tagliari gli stipendi dei politici" a bizzeffe dalle mie parti. E ora che c'era il DDL il PD che fa? Vota contro. Che risate...

      Grazie Bazaar, onorato! :)

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  7. Non vedo in Italia una classe politica in grado di fare gli interessi del Paese e anche i propri. Già Berlusconi mi era parso una marionetta (ma almeno curava anche i suoi interessi e credeva veramente di essere uno statista), Renzi invece sembra proprio tirare a campare cercando di accontentare chi lo ha messo li.
    La mossa dei cinque stelle di tirare fuori in questo momento la questione dei parlamentari mi fa pensare due cose: 1) parlano la stessa lingua di Renzi "tagli, agli sprechi e efficienza tutto a vantaggio dei grossi potentati finanziari (a Torino l'aziendalista Appendino vuole fare cassa con la società dell'acqua); 2) vogliono distrarre l'attenzione dai veri temi del referendum (come stanno facendo anche Monti, D'Alema e tutta la fronda PD).
    Resta da capire la situazione internazionale che è molto calda.
    La Russia, che non può sostenere una battaglia campale con gli USA sta mostrando i muscoli in una maniera incredibile. Il messaggio è chiaro: guarda che siamo più deboli ma ci attaccate non esiteremo ad usare la bomba per rispondere.
    Magari è solo un bluff, ma non credo che negli Stati Uniti (chiunque vinca le elezioni) saranno così pazzi da andare a vederlo e continueranno in questo conflitto strisciante per interposte nazioni, logorando e logorandosi.
    Per sostenere quanto sopra hanno bisogno di un vasto bacino di alleanze e non è vero che l'UE costituisce per loro un interlocutore unico (la Francia in politica estera non ragiona come la Gran Bretagna o come la Germania).
    Secondo me hanno quindi bisogno di ridimensionare la Germania e in questo contesto l'Italia potrebbe tornargli utile.

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    1. https://aurorasito.wordpress.com/2015/08/17/lesercito-degli-usa-non-puo-combattere-contro-la-russia/

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