lunedì 17 ottobre 2016

L'AGONIA DELLA GLOBALIZZAZIONE: TONNELLATE DI "FIABE" MEDIATICHE E L'ITALIA OSTINATAMENTE IRREALE.


http://image.slidesharecdn.com/fam-141104200944-conversion-gate02/95/medicina-3-638.jpg?cb=1415132010

Da Zerohedge, ricaviamo un'analisi, riportata dalla penna di Raul Ilargi Meijer, un autore che scrive cose sensate come questo "Fascism, Imperialism, Neoliberalism, US Empire"; per la verità, un po' meno rigoroso di quanto abbia sostenuto in queste pagine il nostro Bazaar. 
L'analisi commentata su Zerohedge, - a sua volta meno rigorosa di quella compiuta da Chang, nei Bad Samaritans, con riguardo alla memoria storica degli effetti sulla crescita "globale", dell'imperialismo liberoscambista, in ogni sua precedente e attuale manifestazione- viene sotto il titolo "La fine della crescita. Il Falso Elisir".
Ve ne riporto un brano significativo, traducendolo, confidando che ne sarà facile la comprensione per chi abbia seguito le analisi di questo blog, anche e soprattutto relativamente alla situazione USA e ai riflessi politici di larga portata che derivano dalla restaurazione (persino) in quel grande paese del mercato del lavoro perfettamente flessibile e deflazionistico (Walmartizzato (qui, p.7), col conseguente appiattimento verso il basso dei vari segmenti della middle class e la "fine della mobilità sociale". Da cui anche la ottusa e fanatica ottica con cui ci si accanisce sulla "bassa produttività" senza riuscire a capirne le cause effettive. In USA, come in Italia:





2. Ecco l'estratto da Zerohedge tradotto, con qualche commento (pro-domo orizzonte48, ma più che comprensibile, data la faticaccia che abbiamo fatto da anni per prefigurare e anticipare quello che è un mood solo ora dilagante. Anche se non basta mai...): 
< Raul Ilargi Meijer, il noto commentatore di questioni economiche, ha scritto in modo sintetico e provocatorio: 
"E' finita, L'intero modello su cui si sono basate le nostre società almeno per tutto il tempo della nostra vita (ndr; deve trattarsi di un commentatore relativamente "giovane"..) è finito! Ecco perché c'è Trump."
"Non c'è alcuna crescita, E non c'è stata nessuna reale crescita per anni. Tutto ciò che è rimasto sono vuoti e spenti  numeri "ottimistici" dello S&P stock market, sostenuti da un debito ultra conveniente e dai riacquisti delle proprie azioni (buybacks) e forme di lavoro che nascondono milioni di persone occultamente tagliate fuori dalla forza-lavoro. E soprattuto c'è il debito, pubblico e privato, che serve ad alimentare un'illusione di crescita a adesso non ci riesce più"
2.1. "I falsi numeri sulla crescita hanno un'unico scopo: darli in pasto alla pubblica opinione per mantenere i poteri prevalenti nelle loro poltrone imbottite. 
Ma ESSI (ndr: traduzione enfatica di "They") non possono far altro che tirare il sipario del Mago di OZ davanti agli occhi della gente, anche se l'hanno fatto troppo a lungo.
"Questo è il significato dell'ascesa di Trump, della Brexit, della Le Pen, a di tutti gli altri. E' finita. 
Ciò che ci ha guidato per l'arco delle nostre vite ha perduto sia la sua direzione che la sua energia."
Continua Meijer : “Siamo schiaffeggiati dall'essere nel mezzo del più importante sviluppo globale da decenni, in qualche modo si potrebbe dire da secoli, un'autentica rivoluzione, che continuerà a essere il più importante fattore che darà forma al mondo, e non vedo nessuno che ne parli (ndr; consigliamo a Meijer di leggersi orizzonte48). Questo mi sconcerta".

2.2. "Lo sviluppo in questione è la fine della crescita economica globale (ndr; seppure mai ci sia stata...come ci insegnano i dati di Chang), che condurrà inesorabilmente alla fine della centralizzazione (inclusa la globalizzazione). Significherà anche la fine dell'esistenza della maggior parte, e specialmente delle più potenti, istituzioni internazionali (qui, p.9)".
Allo stesso modo sarà la fine, o quasi, di tutti i partiti politici tradizionali, che hanno governato i paesi per decenni e lo fanno tuttora ai minimi del loro consenso (se non avete chiaro cosa stia succedendo, guardate là, guardate in Europa!).
Questa non è una questione di ciò che chiunque, o qualunque gruppo di persone, possa volere o preferire; è questione di "forze" che sono fuori dal nostro controllo, che sono più grandi e di vasta portata delle mere opinioni, anche se queste (forze) sono originate dall'uomo.
Tonnellate di "favole" furbe e meno furbe  si stanno spaccando la testa laddove hanno origine
Trump e la Brexit e la Le Pen e tutte queste cose "nuove" e terrificanti, e ESSI (ndr; v. sopra), se ne escono con piccole ma traballanti teorie sul come si tratti del voto di gente "vecchia", e più povera, razzista e bigotta, gente stupida, che non aveva mai votato. C'è solo da scegliere".

"...Ma nessuno pare veramente sapere o capire di cosa si tratti. Cosa alquanto singolare, perché non è così difficile. Cioè tutto questo accade perché la crescita è finita. E se la crescita è finita, lo sono altrettanto espansione e centralizzazione nelle miriadi di forme che hanno assunto"

3. < Scrive ancora Meijer : “il "globale" è "andato" come forza trainante principale, il pan-europeismo è andato, e persino il "se" gli Stati Uniti rimarranno "uniti" è ben lontano dall'essere un affare concluso.
Ci stiamo muovendo verso un movimento di massa di dozzine di paesi e Stati separati che guardano al proprio interno. E tutti questi si trovano in qualche forma di incombente situazione difficile.
Ciò che rende la situazione così ardua da afferrare è che nessuno vuole riconoscere nulla di tutto ciò. Anche se le testimonianze di dura povertà si accumulano provenienti proprio dai luoghi dove Trump, la Brexit e la Le Pen si manifestano. 
"Che il congegno politico-economico-mediatico miri a far ribollire i messaggi di crescita 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, spiega in qualce modo la mancanza di consapevolezza e di autocritica, ma solo in parte. Il resto è dovuto a ciò che siamo. Pensiamo di meritare una eterna crescita.
...Con la "crescita finita" lo è altrettanto la globalizzazione: persino il Financial Times concorda, come sottolinea Martin Wolf nel suo commento The Tide of Globalisation is Turning: “La globalizzazione è nel migliore dei casi in stallo, Può mai invertire questo corso? Sì. Richiede la pace tra i grandi poteri...E' importante che la globalizzazione sia in stallo? Sì">.

4. Conclusione del commento di Zerohedge: "
< In breve, se la globalizzazione sta cedendo il passo allo scontento, la mancanza di crescita può minare il progetto finanziario globale.
Stiglitz ci dice che questo è stato evidente nei 15 anni scorsi - il mese scorso egli ha rammentato che aveva cercato di avvertire de "la crescente opposizione nel mondo in via di sviluppo alle riforme globalizzatrici". Ciò pareva sorgere misteriosamente: alla gente, nei paesi in via di sviluppo, era stato raccontato che la globalizzazione avrebbe accresciuto il benessere complessivo. Ma allora perché tante persone sono divenute ostili? Come può essere che qualcosa che i nostri leaders politici - e molti "economisti", hanno detto che avrebbe fatto stare tutti meglio, sia così vituperato?
Una risposta occasionalmente sentita dagli economisti neo-liberisti che sostengono queste politiche è che la gente (nei paesi in via di sviluppo) sta meglio. Solo che non lo sanno. Il loro scontento è una questione per psichiatri, non per gli economisti".
Ma Stiglitz ora ci dice che questo scontento si è esteso alle economie avanzate. Forse è questo quello che voleva dire Hadley quando affermava: "la globalizzazione è stato un errore" E ora sta minacciando l'egemonia finanziaria americana, e perciò la sua stessa egemonia politica" >.

5. Tutti questi argomenti, compresa la "intenzionalità" attribuibile alla "predicazione €uropea di Stiglitz", li abbiamo già trattati.
Interessante è il timore della fine della centralizzazione, inevitabilmente organizzativa e anch'essa intenzionale, che sottosta alla globalizzazione: questa è un'importante ammissione confessoria. E ne abbiamo parlato proprio nell'ultimo post (p.3), sicché l'articolo di Zerohdge assume la veste di "lupus in fabula" nel discorso che portiamo avanti in questa sede.
Ovviamente, come altrettanto tristemente constatiamo su queste pagine, questa ammissione confessoria è altrettanto ignorata dalla grancassa mediatica spaghetti-liberista dell'Italia avviluppata da sempre nel conformismo del "Quarto Partito" (qui p.2) imperante e "dell'appello allo straniero (qui, p.2)".
Il diritto internazionale privatizzato, cioè l'istituzionalizzazione della globalizzazione, ben lungi dall'essere una contingenza storico-sociale "spontanea", (alla stregua di un cambiamento climatico...!), non porta alla crescita e provoca drammi di povertà e di distruzione della dignità del lavoro, ovunque. 

Il fatto è che non avrebbe mai potuto funzionare. 
Tutto sta nel vedere quale prezzo sia disposta l'America a far pagare al mondo intero per non perdere la propria egemonia politico-finanziaria...

21 commenti:

  1. Scusate se sono monoautorale: ma Schmitt da dipendenza. (E ha una saggistica tascabile che si infila negli angusti spazi delle austere giornate deflattive...)

    A proposito di:

    «la crescente opposizione nel mondo in via di sviluppo alle riforme globalizzatrici» e « questo scontento si è esteso alle economie avanzate »

    Mettiamoci in mano di chi, quando parla di nazismo (finanziario) e arcana imperii, sa di cosa parla (forse più di chi il potere lo detiene):

    « Solo fintanto che ci sono uomini che ubbidiscono ad un altro uomo quest'ultimo detiene, grazie a loro, il potere. Se non gli obbediscono più, ecco che il potere svanisce »

    «Perché gli uomini tributano il loro consenso al potere? In certi casi per fiducia [il gregge, ndr], in altri per paura ["shock doctrine", ndr], a volte per speranza [Trippas, ndr], a volte per disperazione [Trump, Le Pen, ecc., ndr]. Ma hanno comunque bisogno di protezione, e cercano questa protezione nel potere Dal punto di vista umano il legame tra protezione e obbedienza rimane l'unica spiegazione del potere. Chi non ha il potere di proteggere qualcuno non ha nemmeno il diritto di esigerne l'obbedienza.
    »

    « Colui che detiene il potere può creare continuamente efficaci [...] motivi di obbedienza: sia garantendo protezione e sicurezza [per cui si può sognare un'epoca di terrorismo da integrare in una guerra totale permanente..., ndr], sia tramite l'educazione [per cui si può sognare una bella riforma planetaria verso l'istruzione distruttiva, e - l'austera - distruzione istruttiva, ndr] e gli interessi solidali nei confronti di terzi [la Russia cattiva! i nazionalisti-populisti cattivi! i comunis... (e giù a sganasciarsi dalle risate), l'Islam barbuto e virile che prende la donna bianca barbaramente facendole sentire la "durezza del vivere"... facendole scoprire, al contempo, il piacere della brutalità animalesca che il bamboccione-effeminato-un-po'choosy non può più farle provare].

    Insomma: è vero che il consenso produce il potere, ma è anche vero che il potere produce il consenso
    »

    « Il potere è qualcosa di più sia della somma di tutti i singoli consensi che ottiene, sia del loro prodotto. [Si] pensi solo fino a che punto l'uomo, nell'attuale società basata sulla divisione del lavoro, è prigioniero del conteso sociale! [...] i limiti naturali [clima, malattie, bestie feroci, carestie, ecc, ndr] arretrano rispetto all'uomo, ma in cambio i limiti sociali lo incalzano in modo tanto più forte e pressante. Per produrre il consenso al proprio potere un moderno potente ha mezzi infinitamente più numerosi di quelli posseduti da Carlo Magno o Barbarossa ».

    "Dialogo sul potere", 1954

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    1. Oggi potrebbe persino apparire ingenuo: infatti, non credo immaginasse che una nuova super-organizzazione centralizzata del potere avrebbe riutilizzato di "limiti naturali" come fattori da utilizzare per il rafforzamento del potere in funzione dello "stato di eccezione".

      Del "clima" abbiamo i giornali pieni a ondate periodiche; per le malattie, beh, dall'aids a Zika all'aviaria, alla mucca pazza, fino alla prossima influenza "terrificante", i media trasudano; idem per le carestie (milioni di ragazzoni alti almeno 6 piedi e che pesano sui 90 kg che "fuggono dalla fame"); per le "bestie feroci" provvede, alla grande, l'inarrestabile escalation delle pratiche del terrorismo islamico (puntualmente filmate e diffuse).

      La "protezione" a tali stati eccezionali non poteva altro che corrispondere a "limiti sociali" altrettanto eccezionali.
      Menti elemantari per logiche brutali (senza precedenti).

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    2. Questi purtroppo sono i limiti del pensiero conservatore: accettando ideologicamante l'ingiustizia sociale, la critica al liberalismo è sempre e solo di carattere sovrastrutturale, salvo annotare alcuni concetti elementari - come in questo caso - relativi ai rappporti di produzione.

      Ad approfondire, emerge che nella seconda metà dell'ottocento si innesta globalmente un vero e proprio cambio di paradigma di assoggettamento ed oppressione, ovverosia di gestione del potere.

      Si passa definitivamente - grazie all'oro accumulato dai banchieri con le guerre napoleoniche (Catasonev, 2014) - dalla proprietà dello schiavo o del servo della gleba - che ne comporta la cura - ovverosia la "manutenzione del lavoro-merce" - cioè ne comporta la protezione minima per la sopravvivenza che, in realtà, è l'ammortamento dell'uomo-cespite efficientemente sfruttato sino all'obsolescenza biologica, al controllo aggregato - a peso - della massa dei lavoratori, senza alcuna necessità mantenere delle "protezioni sociali".

      La durezza della cabeza.

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    3. Un essere umano in leasing, grazie per sintesi.

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    4. Infatti, il problema con Schmitt è proprio l'opacità del sociale.

      Quando si proclama la costituzione frutto di una decisione politica totale, "il conflitto sociale scompare dalla storia delle Costituzioni lungo tutto il tempo della loro vigenza, dopo essere stato il fattore determinante della loro instaurazione. Perché nel definire la Costituzione come decisione totale sulla specie e sulla forma dell'unità politica Schmitt considera l'unità politica come un dato acquisito, come conseguenza, risultanza, di qualcosa che misteriosamente si è prodotta in un certo momento storico e non come obiettivo, prospettiva, possibilità e fine della Costituzione". (G. Ferrara, La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica, Feltrinelli, Milano, 2006, pag. 237).

      Se nel liberalismo il politico è "neutralizzato" perché il sociale è naturalizzato, armonia che può reggere finché lo Stato è "monoclasse", in Schmitt, che ritiene la presenza politica delle masse un dato inaggirabile, il politico è addirittura tragicizzato per poter lasciare il sociale nell'ombra e giustificare uno Stato forte, in quanto la giurisdizione costituzionale per Schmitt non garantirebbe efficacemente la preservazione degli assetti economici.

      Il Custode della Costituzione (Giuffrè, Milano, 1981) secondo me è l'opera fondamentale per chiarire il punto: "In ogni Stato moderno il rapporto dello Stato con l’economia forma il vero oggetto delle questioni di politica interna direttamente attuali. Esse non possono più essere risolte con il vecchio principio liberale di un’incondizionata non-confusione, di un assoluto non-intervento. […] In una situazione simile la richiesta di non­ intervento diventa un’utopia, anzi, un’autocontraddizione. Giacché il non-intervento negli antagonismi e nei conflitti sociali ed economici, che oggi non sono affatto combattuti con mezzi puramente economici, significherebbe lasciare via libera ai diversi gruppi di potere. […] Nella svolta verso lo Stato economico si ha il più appariscente mutamento rispetto alle concezioni ottocentesche dello Stato. […] Non è strano che la difesa da questa espansione dello Stato appaia in primo luogo come difesa da quella partecipazione statale che in questo momento determina per l’appunto la forma dello Stato, quindi come difesa dallo Stato legislativo. Perciò è fatto appello in primo luogo a salvaguardia contro il legislatore. […] La svolta verso lo Stato economico e assistenziale significava per lo Stato legislativo tradizionale un momento critico, doveva e però non poteva portare senza altro nuova forza e energia politica ai tribunali. In una situazione così mutata e considerando una simile estensione dei compiti e dei problemi statali può forse trovare dei rimedi il governo, ma non certo la giurisdizione.”

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    5. Qui (pp. 146-7) cristallino: ”Solo si mostra più chiaramente che devono essere esaminate diverse linee di ricerca, perché sia possibile una esatta descrizione dell'odierna concreta situazione costituzionale e perché possano essere portate alla luce le numerose negazioni e le minacce a quell’unità politica del popolo che è presupposta in una democrazia. La policrazia dell’economia pubblica assume il suo vero e proprio significato per il fatto che essa coincide con la dissoluzione pluralistica di uno Stato legislativo parlamentaristico in un contemporaneo intensissimo sviluppo dello Stato in direzione dello Stato economico. […]
      Ed il punto estremo più critico nella formulazione della domanda è toccato quando un simile Stato economico per continuare ad esistere insieme con un siffatto parlamento pluralisticamente determinato, in grandi difficoltà economiche ed in una situazione economica abnorme, è costretto ad elaborare direttive unitarie e grandi piani economici e finanziari, vasti tanto per àmbito oggettivo quanto per durata nel tempo. La domanda in questo modo concretamente precisata, se parlamentarismo pluralistico e moderno Stato economico sono conciliabili l’uno con l’altro, dovrà avere oggi una risposta negativa


      Faccio notare che “i piani economico-finanziari” (che, lo ricordo, volevano dire l’austerità) lo Stato si trova “costretto” a elaborarli. Ovvero anche la politica di Schmitt ha i suoi molto convenienti angoli ciechi. E con ciò credo che analogie e differenze con Hayek siano più chiare.

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    6. Bravo: ma che te lo dico a fare? Il "Custode..." è il libro che obiettivamente riflette la parte più attuale del pensiero di Schmitt. Pensa che Luciano ne ha fatto addirittura un riassunto come testo d'esame
      http://www.quaestiones.com/appunti/8498-riassunto-il-custode-della-costituzione-schmitt.htm

      Inutile precisare che Schmitt non sapeva di economia ( e tantomeno di moneta!).

      (Rimane pur sempre preferibile, sul piano dogmatico, all'eloquio elegantemente cinico e brutale di Hayek...)

      Solo a questa condizione si può comprendere dove attaccare l'altrimenti straordinario rigore delle sue implicazioni ordinamentali.
      Un difetto che i costituzionalisti italiani continuano a trascinarsi...

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    7. Scusa: intendevo Luciani, il prof...ovviamente

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  2. A proposito di stato di eccezione, tanto per continuare a farci del male:

    “… UNA GIURISPRUDENZA ORIENTATA ALLE QUESTIONI DELLA VITA DI OGNI GIORNO E DEGLI AFFARI ORDINARI NON HA ALCUN INTERESSE AL CONCETTO DI SOVRANITÀ. Per essa è normale solo ciò che è conoscibile e tutto il resto è disordine. Di fronte al caso estremo, essa rimane senza parole. Infatti, non ogni competenza inconsueta, non ogni misura o ordinanza poliziesca di emergenza è già una sistuazione di eccezione: a questa pertiene piuttosto una competenza illimitata in via di principio, cioè LA SOSPENSIONE DELL’INTERO ORDINAMENTO VIGENTE. Se si verifica tale situazione, allora è chiaro che lo Stato continua a sussistere, mentre il diritto viene meno. Poiché lo stato di eccezione è ancora qualcosa di diverso dall’anarchia o dal caos, dal punto di vista giuridico esiste ancora in esso un ordinamento, ANCHE SE NON SI TRATTA PIÙ DI UN ORDINAMENTO GIURIDICO.

    … Il sovrano crea e garantisce la situazione come un tutto nella sua totalità. EGLI HA IL MONOPOLIO DELLA DECISIONE ULTIMA. In ciò sta l’essenza della sovranità statale, che quindi non deve essere definita giuridicamente come monopolio della sanzione o del potere, ma come monopolio della decisione, dove il termine decisione viene usato in un significato generale che deve essere ancora sviluppato. Il caso di eccezione rende palese nel modo più chiaro l’essenza dell’autorità statale. Qui la decisione si distingue dalla norma giuridica, e (per formulare un paradosso) l’autorità dimostra di non aver bisogno di diritto per creare diritto. (segue)

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  3. … Sarebbe razionalismo conseguente dire che l’eccezione non dimostra nulla e che solo la normalità può essere oggetto di interesse scientifico. L’eccezione confonde l’unità e l’ordine dello schema razionalistico. Nella dottrina dello Stato positivistica si incontrano spesso argomenti del genere. Così Anschutz, alla questione di come ci si debba comportare in mancanza di una legge dello stato, risponde che non si tratta di una questione giuridica. “Qui non vi è tanto una lacuna nella legge, cioè nel testo costituzionale, quanto piuttosto una lacuna nel diritto, che non può essere ovviata da nessuna operazione concettuale di scienza giuridica. Il diritto statale qui viene meno”. Solo una filosofia della vita concreta non può ritrarsi davanti all’eccezione e al caso estremo, ANZI DEVE INTERESSARSI AD ESSO AL PIU’ ALTO GRADO. Per essa l’eccezione può essere più importante della regola, e non in base ad una ironia romantica per il paradosso, ma con tutta la serietà di un punto di vista che va più a fondo delle palesi generalizzazioni di ciò che comunemente si ripete. L’ECCEZIONE E’ PIU’ INTERESSANTE DEL CASO NORMALE. Quest’ultimo non prova nulla, l’ECCEZIONE PROVA TUTTO; non solo essa conferma la regola: LA REGOLA STESSA VIVE SOLO DELL’ECCEZIONE.

    Nell’eccezione, la forza della vita reale rompe la crosta di una meccanica irrigidita nella ripetizione. Un teologo protestante che ha dimostrato di quale vitale intensità può essere capace la riflessione teologica anche nel XIX secolo, ha detto “l’eccezione spiega il generale e se stessa. E se si vuole studiare correttamente il generale, bisogna darsi da fare solo intorno ad una reale eccezione. Essa porta alla luce tutto molto più chiaramente del generale stesso. ALLA LUNGA SI RIMARRÀ DISGUSTATI DELL’ETERNO LUOGO COMUNE DEL GENERALE; VI SONO ECCEZIONI. SE NON SI POSSONO SPIEGARE, NEPPURE IL GENERALE È POSSIBILE SPIEGARLO. Abitualmente non ci si accorge della difficoltà poiché si pensa al generale non con passione ma con tranquilla superficialità. L’eccezione al contrario pensa il generale con energica passionalità …” [C. SCHMITT, Teologia politica, in Le categorie del politico, Bologna, 1972, 38-39].

    Si parla in continuazione di riforma costituzionale, ragioni del sì, ragioni del no e – alla luce delle potenti argomentazioni schmittiane - mi rendo conto di quanto si ricada veramente nel “generale”. Là fuori nessuno hai mai lontanamente sfiorato il problema dello “stato di eccezione” manu aliena in cui versiamo. Si ragiona dell’essenziale esclusivamente in questo blog. E’ incredibile. Ma se fuori non si parla dello stato di eccezione, a volte mi chiedo che senso abbia parlare di tutto il resto. Siamo banalmente immersi nell’”ordinario” di cui parla Schmitt.

    A volte veramente diventa tutto così squallido ed insopportabile

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    1. Acuto sviluppo concreto di quanto sopra segnalato da Bazaar: indubbiamente è un grave problema, molto grave e molto poco...serio.
      Mi dai spunto per una riflessione più ampia cui vorrei dedicare un post...

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  4. Il colpo di grazia l'ho avuto oggi da un collega il quale mi ha riferito che, dopo alcune letture, è sempre più orientato a votare sì

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  5. Che prezzo è disposto a pagare l'America?

    Credo che la risposta sia in questa notizia ANSA: Obama fa campagna esplicita per il sì al referendum, concretizzando un'ingerenza politica molto marcata (per non dire inopportuna).

    http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2016/10/18/matteo-renzi-alla-casa-bianca-lincontro-con-barack-obama_0e0cd4a5-648e-4c55-b72b-115212948cc1.html

    Sorprende invece, a prima vista, anche se con argomentazioni non di merito ma solo "tattiche" in funzione anti-renziana, trovare schierato per il "no" niente meno che..... Mario Monti.

    http://www.corriere.it/politica/16_ottobre_18/mario-monti-perche-votero-no-referendum-costituzionale-8546db02-94b6-11e6-97ea-135c48b91681.shtml

    Ma in fondo, a ben vedere, Monti stesso è la dimostrazione concreta che non c'è bisogno di queste "riforme" per neutralizzare la Costituzione.......

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    1. Anticipi il prossimo post :-)
      Tra l'altro, questo ordine di questioni e circostanze ci racconta di un'€uropa che dà per scontata l'umiliazione della democrazia costituzionale come se fosse un atto dovuto, neanche troppo urgente...
      Sai una "ratifica", perché di questo si tratta, non è poi così urgente se, nel frattempo, sei riuscito ad affermare "lo stato di eccezione" in modo permanente.

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    2. Vado sul pratico, sul "terra terra" che più "terra terra" non si può: convince, con la sua "credibilità", a votare no qualche piddino antropologico indeciso? Mi basta. E' già qualcosa...... :-)

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    3. Penso piuttosto il contrario, purtroppo: che con la sua (consapevole) impopolarità - e sostenendo in modo noncurante la sua scelta- convinca più d'uno a votare Sì. Per naturale reazione (prevista)

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  6. Penso che la scelta del no di Monti abbia come obiettivo preminente quello di privare anticipatamente in caso di vittoria del No ogni connotato anti UE/UEM al voto contrario alla deforma Costituzionale. Poi certamente con la sua impopolarità toglierà di sicuro qualche voto al fronte del No.

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  7. Intanto bell'articolo del quasi "affondato" Sole24Ore: "I numeri snocciolati dagli analisti dell’agenzia di rating sono inquietanti. Le 5 Landesbank più esposte hanno prestiti al solo settore dello shipping per il 350% del loro Tie1 (il capitale di base). Con punte da far venire i brividi. La sola Dvb Bank ha concesso prestiti all’industria dei container via mare per 14,2 miliardi a fronte di un capitale di base di solo 1,1 miliardi: l’esposizione inquesto caso è addirittura di 12,4 volte il suo patrimonio. La Bremer Landesbank vanta un rapporto di ben 4,7 volte il suo capitale (esposizione per 6,9 miliardi con un Tier1 di 1,5 miliardi). La Hsh, che ha già trasferito nella prima metà del 2016 ben 5 miliardi di sofferenze nello shipping a un veicolo speciale fuori bilancio, ha comunque ancora 23,9 miliardi di prestiti verso il settore con un capitale di soli 6,1 miliardi... Come si vede l’esposizione è gigantesca su un settore quello dello shipping che ha da poco visto il fallimento della prima compagnia coreana e settima a livello mondiale, la HanJin, che è crollata sotto il peso di una montagna di debiti che non era in grado di ripagare.". Però, pure la Kfw Ipex GmbH branca "privata" della IRI (eh si, la loro l'hanno mantenuta in piedi) tedesca: "Valori più “fisiologici” si riscontrano per Kfw Ipex (i crediti al settore dei trasporti navali valgono 2,7 volte il patrimonio) e la NordDeutsche Landesbank Girozentral (2,3 volte il capitale).".

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    1. Caro Flavio, questa è roba che notiamo da anni: in effetti è un "crescendo" rossiniano.

      Ma ti pare che vogliano far crollare ora il castello di carte (e di bilanci taroccati)?
      Il crepuscolo del liberoscambismo globalizzato è un fatto (economico): l'ostinazione suicida a non correre ai ripari un incubo politico (mondialista).

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    2. Si, hai ragione, visto anche quanto accade in giro per il mondo...

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  8. Chiedo delucidazioni sulla chiusa dell'articolo: non si sosteneva, nei passi precedenti, che il centralismo globalizzatore sembra dimostrarsi destabilizzante per la stessa leadership USA, ancorchè perseguito dagli stessi USA? Nel Regno Unito, il Brexit non è in parte frutto di questa consapevolezza? Se questa ipotesi è vera, far pagare un prezzo ai popoli significa farlo pagare anche alla classe egemone USA in termini di stabilità della sua leadership. Provo a ipotizzare: il problema è che non ne hanno consapevolezza o comunque non tutti i leader( vedi anche le diverse idee strategiche politiche e militari in seno agli opionion leader USA da lei richiamate)?

    Se non ricordo male, nel suo libro "Euro e (o) democrazia costituzionale..." lei, Quarantotto, sosteneva che uno dei paradossi e contraddizioni del neoliberismo è che la classe dominante potrebbe benissimo prosperare (rinunciando però al piacere sadico derivante dalle abnormi sperequazioni sociali ed economiche e dell'abolizione della mobilità sociale ) anche in un assetto istituzionale e politico più sano, governato dall'applicazione dei principi delle democrazie costituzionali come quella italiana.

    Alcuni pensieri di Shmitt qui su richiamati mi fanno pensare ad alcuni scritti di Nietzsche, laddove si sostiene che il potere e la nobiltà si legittimano con la capacità di offrire protezione e di rischiare la vita abbracciando le armi, che sembra un assetto comunque preferibile a quello attuale, come è stato detto ( nelle guerre moderne, già dalla prima mondiale, questa idea sembra essere stata messa profondamente in crisi).

    L'orizzonte al quale porterebbe l'applicazione della Costituzione credo sia quello in cui anche un ferroviere ( però non cooptato dalla classe dominante - ma continuerebbe ad esistere una vera classe dominante mi chiedo? ndr) può davvero diventare primo ministro ( quest'ultima mi sembra fosse una citazione, riportata qui da me liberamente, fatta da Luciano Canfora di un pensatore che non ricordo).

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