martedì 25 luglio 2017

BERLINGUER, L'INFLAZIONE E LA DEFORMAZIONE NELL'ATTRIBUZIONE DELLE RESPONSABILITA'


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1. Nel 1976, Berlinguer sull'Unità, rilascia un'intervista il cui passaggio fondamentale è la notoria locuzione che l'inflazione colpisce sempre e per primi i ceti più poveri:

2. Berlinguer era in effetti un po' troppo pessimista; come abbiamo più volte visto (qui, p.1), all'inizio degli anni '80, Giavazzi e Spaventa, nell'analizzare l'uscita italiana dalla crisi di c.d. stagflazione, alla fine degli anni '70, parlavano di una ripresa molto più brillante che negli altri paesi:  
"Senza misure supply-side, comunque, l'inflazione sarebbe stata, al meglio, neutrale: grazie (però) a un sistema fiscale non indicizzato (ndr; in Italia: cioè grazie al fiscal drag che appesantiva de facto la tassazione sulle persone fisiche, su redditi aumentati in termini solo nominali, in presenza di inflazione), l'inflazione fornì le entrate per finanziare i sussidi alle imprese che permisero allo stesso tempo un recupero dei profitti e lo stimolo alla domanda proveniente da un deprezzamento reale. Il costo della conseguente disinflazione furono bassi precisamente perché  l'inflazione e la svalutazione della moneta avevano spinto i livelli di profitto dell'industria.  Questo paper sviluppa una comparazione specifica con l'esperienza del Regno Unito (cioè col sistema di tagli dell'intervento pubblico e di liberalizzazioni e privatizzazioni della Thatcher) che prese le mosse da condizioni molto simili a quelle italiane.
Argomentiamo che il successo della stabilizzazione italiana, e il suo evidente risultato superiore paragonato a quello britannico, sia dipeso in modo cruciale dal tempismo e dalla sequenza delle politiche poste in essere: facendo innalzare i margini di profitto e forzando l'aggiustamento solo successivamente a ciò, l'Italia non dovette subir l'ondata di chiusura di impianti osservata in UK.

Tanto che ammettevano "nonostante l'indicizzazione salariale, l'inflazione costituì un efficace strumento di politica economica e la disinflazione risultò relativamente indolore".

3. Indolore, rispetto ai livelli di disoccupazione e al livello della spesa pubblica e del debito rispetto al PIL (sempre qui, pp.1-3). Ciò che invece, Berlinguer mirava a limitare sollevando, poco dopo, la questione morale - contro ogni clientelismo e in favore de "l'economia aperta", suscitando la ormai celebre reazione di Federico Caffè che, nel "Processo a Berlinguer" (1982), stigmatizzò il "frequente indulgere al ricatto allarmistico dell’inflazione, con apparente sottovalutazione delle frustrazioni e delle tragedie ben più gravi della disoccupazione, costituiscono orientamenti che, seguiti da una forza progressista come quella del Partito comunista, anche se in modo occasionale e non univoco, possono contribuire ad allontanare, anziché facilitare, le incisive modifiche di fondo che sono indispensabili al nostro paese". 
Ancor prima, Caffè (nel "fatidico" 1978), aveva contrastato l'idea dell'inflazione come la "più iniqua delle imposte" con un articolo il cui titolo oggi sarebbe più che mai attualissimo: "La vera emergenza non è il “populismo” ma una normalizzazione di tipo moderato". Vi riporto il passaggio fondamentale perché accosta la posizione di Berlinguer a quella di Hayek: e siamo nel 1978 (!):
"La riscoperta del mercato, che non è fenomeno esclusivamente italiano anche se nel nostro paese ha trovato conturbanti consensi perfino nelle forze politicamente progressiste, lascia sconcertati, in quanto appare immune da ogni ripensamento critico che sia frutto della imponente documentazione teorica ed empirica disponibile sui fallimenti del mercato: dalla sua incapacità di tutelare efficacemente il consumatore che dovrebbe esserne il sovrano, al suo assoggettamento alle forze che dovrebbero dipendere dalle sue indicazioni, al riconoscimento delle carenze che esso manifesta nella segnalazione di esigenze vitali,  ma non paganti, della collettività.
I propositi di programmazione, d’altro canto, non si discostano ancora oggi dall’antica riserva mentale, di stampo einaudiano, che esorcizzava, a suo tempo, lo stesso termine di piano, sfumandolo in quello più blando di schema, o svuotandolo di una connotazione specifica, in quanto “tutti fanno piani”.
Questo arretramento culturale si traduce, fatalmente, in una deformazione nell’attribuzione delle responsabilità di una situazione che si conviene definire meramente di emergenza.
Che di arretramento culturale si tratti non dipende meramente dal ritorno all’antico: il ricupero di idee del passato che siano state a torto trascurate o che non siano state adeguatamente comprese a tempo debito, risulta generalmente valido.
Ma allorché Hayek ha, del tutto recentemente, scritto che “la causa della disoccupazione risiede in una deviazione dai prezzi e dai salari di equilibrio che si stabilirebbero automaticamente, in presenza di un mercato libero e di una moneta stabile”, si è di fronte non a una fruttuosa rielaborazione di idee che abbiano radici lontane, ma all’ennesima attestazione dell’atteggiamento del ritorno retrivo di chi non ha saputo niente apprendere e niente dimenticare.
L’informazione maggiormente in grado di influenzare l’opinione pubblica, i messaggi delle persone in posizione di potere e di responsabilità non differiscono da questa, in fondo patetica, incapacità di studiosi indubbiamente eminenti, come Hayek, di riconsiderare in modo nuovo antichi convincimenti".
4. E quanto "antico" è questo convincimento che l'inflazione sia la più iniqua delle imposte a carico dei (soli) poveri? 
Ne troviamo traccia (traiamo dallo studio di Clara Mattei) già nella Conferenza di Genova del 1922, - promossa dalla FED con i banchieri centrali (e non), chiamati a indicare le soluzioni alla crisi di stabilità monetaria e finanziaria (inevitabilmente) susseguente alla prima guerra mondiale, che metteva in pericolo la restituzione soddisfacente delle linee di credito concesse ai paesi indebitatisi con la guerra (tra cui l'Italia) e poi costretti, dalla svalutazione, ad accrescere il debito estero conseguente alle indispensabili importazioni. Specie importazioni alimentari per i paesi agricoli, e non ancora industrializzati, che avevano dovuto mobilitare i contadini come soldati, e non riorganizzarono tempestivamente una produzione agricola auto-sufficiente, e né disponevano di una produzione di beni industriali idonea a sostenere senza danni finanziari e monetari, gli scambi con l'estero. 
4.1. Lo vediamo, in particolare, nella Resolution III (qui p.7), che indica il legame genetico tra gold standard e banche centrali indipendenti:
L'inflazione è una "modalità di tassazione non-scientifica e dissennata" (v. qui, pensiero ripreso da Einaudi, in "addendum") che produce costi della vita più elevati e consequente "malessere del lavoro".
“In secondo luogo le banche, in particolare le banche di emissione, devono essere indipendenti dalla pressione politica al fine di agire esclusivamente “entro le linee di una finanza prudente"(Resolution III, 28). 
Più specificamente, i tassi di interesse devono salire al fine di restringere il volume del credito disponibile. Invero, "se il saggio controllo del credito porta al denaro "caro", questo risultato aiuterà di per sè a promuovere l'economia" (Resolution VII, 29). La commissione è consapevole che queste misure accrescono il costo della restituzione del debito flottante. 
Tuttavia afferma:
“non vediamo ragioni del perché la comunità nella sua capacità collettiva (cioè i Governi) dovrebbero essere soggetti a qualcosa di meno della normale misura di restrizione del credito che riguarda i membri individuali della comunità"  (Resolution IV, 28).”
 
Cioè lo Stato deve mettersi in mano ai mercati finanziari: lo sappiamo benissimo che il senso dell’indipendenza delle banche centrali è questo, ma le conferme fan sempre piacere.
Ovviamente “a  Brussels si è già concordi sul fatto che “E' altamente desiderabile che i paesi che hanno deviato da un effettivo gold standard debbano ritornare ad esso,” [Resolution VIII, 19].”

5. L'originaria formulazione parla semplicemente di "malessere del lavoro" non di "iniquità verso l'orfano e la vedova": la formula è elittica, perché in realtà allude alle rivendicazioni salariali dei lavoratori che si manifestavano in quel dopoguerra, una volta ottenuto il traumatico (per ESSI) diritto di sciopero (o, almeno, la cessazione della sua illiceità penale e repressione militar-poliziesca), . 
Oltretutto, quei lavoratori - inclusi i poliziotti e i militari che, secondo il "vecchio" schema ante-guerra, avrebbero dovuto essere utilizzati nella repressione degli scioperi (dettaglio storico-sociologico da non trascurare)-, erano in gran parte reduci dal massacro della grande guerra e, a fronte di un drastico "taglio" della forza lavoro (sterminata a milioni da gas e mitragliatrici), avevano imparato ad organizzarsi in sindacati che erano sempre più forti, con un'autoorganizzazione che si rifletteva anche nella rappresentanza politica consentita dal suffragio universale (al tempo, ai suoi "esordi").
Ebbene, il contrasto a queste rivendicazioni fu teorizzato in nome del gold standard e delle banche centrali indipendenti e proprio l'accanimento in questo pensiero unico legittimò, appunto, l'avvento in Italia del fascismo e ogni altra deriva autoritaria nel resto d'Europa.
La realizzazione TINA di questo "mondo ideale" giustificò poi l'autoritarismo ben visto e finanziato da ambienti finanziari anglosassoni - come ci testimonia direttamente Benjamin Strong, presidente della Fed e laudatore dell'efficienza del fascismo nel 1927- e industriali, come ci testimonia Basso (qui, p.3).  
Con buona pace della ricostruzione di Berlinguer che "salta" qualche fondamentale passaggio nell'attribuire all'inflazione la generazione "autonoma" del fascismo, ignorando il decisivo "intervento di (ben precise) forze sociali" indicato da Basso.

Questa presa di posizione di Einaudi è perfettamente allineata con le conclusioni delle Conferenze degli anni '20, che include nelle sue premesse ideologico-economiche "naturali" e che, comunque, inserisce anche  in questo famoso passo; ma che vengono abilmente paludate di quella veste morale "preoccupata" dei più deboli, che, evidentemente, dovette poi suggestionare Berlinguer. Da notare che, in una non casuale anticipazione, la versione einaudiana era inserita in uno scritto sui "problemi economici della federazione europea" (!):
Il vantaggio del sistema [di una moneta unica europea] non sarebbe solo di conteggio e di comodità nei pagamenti e nelle transazioni interstatali. Per quanto altissimo, il vantaggio sarebbe piccolo in confronto di un altro, di pregio di gran lunga superiore, che è l’abolizione della sovranità dei singoli stati in materia monetaria
Chi ricorda il malo uso che molti stati avevano fatto e fanno del diritto di battere moneta non può avere dubbio rispetto alla urgenza di togliere ad essi cosiffatto diritto. 
Esso si è ridotto in sostanza al diritto di falsificare la moneta (Dante li avrebbe messi tutti nel suo inferno codesti moderni reggitori di stati e di banche, insieme con maestro Adamo) e cioè al diritto di imporre ai popoli la peggiore delle imposte, peggiore perché inavvertita, gravante assai più sui poveri che sui ricchi, cagione di arricchimento per i pochi e di impoverimento per i più, lievito di malcontento per ogni classe contro ogni altra classe sociale e di disordine sociale. 
La svalutazione della lira italiana e del marco tedesco, che rovinò le classi medie e rese malcontente le classi operaie fu una delle cause da cui nacquero le bande di disoccupati intellettuali e di facinorosi che diedero il potere ai dittatori.  
Se la federazione europea toglierà ai singoli stati federati la possibilità di far fronte alle opere pubbliche col gemere il torchio dei biglietti, e li costringerà a provvedere unicamente colle imposte e con i prestiti volontari, avrà, per ciò solo, compiuto opera grande. 
Opera di democrazia sana ed efficace, perché i governanti degli stati federati non potranno più ingannare i popoli, col miraggio di opere compiute senza costo, grazie al miracolismo dei biglietti, ma dovranno, per ottenere consenso a nuove imposte o credito per nuovi prestiti, dimostrare di rendere servigi effettivi ai cittadini.” (L. Einaudi, I problemi economici della federazione europea, saggio scritto per il Movimento federalista europeo e pubblicato nelle Nuove edizioni di Capolago, Lugano, 1944 ora in La guerra e l’unità europea, Milano, Edizioni di Comunità, 1950, pagg. 81-82)."

7. Con il che il cerchio si chiude, sicché una corretta memoria storica dovrebbe consentire, alla maggior parte degli italiani, di capire perché ci troviamo oggi in questa situazione.

31 commenti:

  1. Del pensiero dell'immenso Federico Caffè è molto significativo anche questo passo: "La vera emergenza non è nell’economia, il cui quadro è molto meno allarmante di quanto lo si prospetti con orchestrata ma deformante abilità; bensì nel tentativo di bloccare ancora una volta l’ascesa, necessariamente convulsa, dei ceti popolari, mediante una normalizzazione di tipo moderato.


    Ma che il fastidio del tutto esplicito per le soluzioni non elitarie e l’artificiosa attribuzione della qualifica di “populismo” a ogni aspirazione di avanzamento sociale avvengano con la tacita acquiescenza delle forze politicamente progressiste è ciò che rende particolarmente amaro il periodo che viviamo...". Il suo ricorso al "particulare" del Guicciardini è solo l'Extrema Ratio per chi, ieri come oggi, si riconosca nelle Sue lezioni...

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  2. Federico Caffe' evidentemente aveva delle remore a criticare con forza il PCI (come invece, col senno del poi, oggi sappiamo che avrebbe dovuto fare).

    Il fatto che non volesse calcare la mano piu' di tanto si percepisce in questo passaggio:

    "...il frequente indulgere al ricatto allarmistico dell’inflazione, con apparente sottovalutazione delle frustrazioni e delle tragedie ben più gravi della disoccupazione, costituiscono orientamenti che, seguiti da una forza progressista come quella del Partito comunista, anche se in modo occasionale e non univoco, possono contribuire ad allontanare, anziché facilitare, le incisive modifiche di fondo che sono indispensabili al nostro paese."

    Detta cosi' la critica di allora suona come un buffetto sulla guancia!

    A Caffe' era ben noto il pensiero di Keynes, cioe' che l'inflazione non va solo vista come una tassa ma anche come uno strumento di incentivo alla produzione e di distribuzione della ricchezza.

    Keynes osservava gia' dagli anni venti che l'inflazione, specie in paesi con i lavoratori molto sindacalizzati (ed in Italia c'era pure la scala mobile!), favoriva la distribuzione della ricchezza prodotta verso imprenditori e lavoratori (in danno dei 'rentier').

    L'aspettativa di un aumento dei prezzi porta infatti gli imprenditori ad anticipare la produzione, i lavoratori sindacalizzati a spuntare maggiori aumenti di paga ed in generale conduce ad un minimo di disoccupazione (mentre di converso i 'rentier' si vedono svalutare la rendita in quanto tutti i debiti - quota interessi e quota capitale - risultano svalutati in misura dell'inflazione).

    Premesso quindi che, in condizioni di crescita normali, fissare una 'inflazione fisiologica' (diciamo 3-4% l'anno) corrisponde alla volonta' politica di voler perseguire la piena occupazione e di voler favorire imprenditori e lavoratori nella spartizione della ricchezza prodotta ed ad incentivare la produzione della ricchezza stessa, l'inflazione svolge anche un altro importantissimo ruolo: funge da termometro.

    L'eccesso di inflazione rispetto a quella programmata misura infatti l'eccesso di aumento della quota salari rispetto agli aumenti di produttivita'.

    Credo che una critica a Berlinguer fatta in questo modo sarebbe stata immediatamente compresa dalla base del PCI e da tutti gli altri lavoratori e forse, dico forse, nel referendum del 1985 (un anno dopo la morte di Berlinguer) col 'ciufolo' che si sarebbe abrogata la scala mobile!

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    1. Ho forti dubbi che qualsiasi critica avrebbe potuto cambiare una linea politica, filo-€uropea, free-trade e ordoliberista (che poi emerse nella piena "confessione" di aver abbracciato la "terza via").

      Se ci fai caso, argomenti critici nel complesso analoghi a quelli da te suggeriti, sono esattamente contenuti nel paper linkato di Giavazzi e Spaventa; è del 1989, ma proprio tale datazione dimostra, a fortiori, che, prima ancora (cioè certamente alla fine degli anni '70), questi e altri autorevoli economisti facessero criticamente presente l'erroneità dell'approccio deflattivo.

      Quanto a Caffè, occorre tener conto del suo "stile" espositivo e dell'epoca in cui si esprime (con una genuina fede che dovette molto rimpiangere e che forse gli costò la vita): d'altra parte, se vogliamo, pur senza fare nomi, nel 1978, il suo articolo è anche più duro di quello del 1982.

      Ma poi, argomento decisivo sulle motivazioni e intenzioni della svolta deflazionista e europeista fine anni '70: è MAI POSSIBILE CHE I DIRIGENTI DEL PCI DI QUEGLI ANNI, così anagraficamente vicini alla fase Costituente, NON FOSSERO A CONOSCENZA DELLE RAGIONI CHE CONTRAPPOSERO TOGLIATTI A EINAUDI e potessero arrivare, così, inconsapevolmente, ad abbracciare la visione di quest'ultimo (praticamente alla lettera)?

      "Qualcosa" era accaduto: e questo qualcosa non ammetteva meditazioni e critiche. Solo una ferrea realizzazione verso la conquista del potere di governo...

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    2. MAGNIFICO

      "Qualcosa" era accaduto: e questo qualcosa non ammetteva meditazioni e critiche. Solo una ferrea realizzazione verso la conquista del potere di governo ..

      My favourite communist

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    3. « Die rote Rosa nun auch verschwand.
      Wo sie liegt, ist unbekannt.
      Weil sie den Armen die Wahrheit gesagt
      Haben die Reichen sie aus der Welt gejagt »
      (B Brecht, 1919)
      (

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    4. “Perché è essenziale il richiamo a Togliatti” di G. Napolitano da l’Unità 21 agosto 1981, in risposta alla nota intervista di Berlinguer su la Repubblica di Scalfari del 28 luglio 1981 sulla questione morale.

      La nostra critica al modo d’essere, di far politica, di governare, di altri partiti, è animata da una preoccupazione vivissima per lo spazio che si è aperto a tendenze “nettamente reazionarie” – come le definiva Togliatti – rivolte a mettere sotto accusa e liquidare la funzione del partito politico, per sostituirvi “un sistema di gruppi di pressione”.
      Dinanzi alle degenerazioni prodottesi nella vita pubblica, non ci limitiamo a sottolineare la nostra estraneità a quei fenomeni e a quei comportamenti, non ci chiudiamo in un’orgogliosa riaffermazione della nostra “diversità” ma intendiamo far leva sulle “peculiarità” del nostro partito per contribuire ad un corretto rilancio della funzione dei partiti in generale come elemento insostituibile di continuità nella vita democratica. E d’altra parte sappiamo che la crisi dei rapporti tra partiti e società, e la crisi della democrazia, non sono legate solo a fenomeni degenerativi, ma a processi e problemi assai complessi con cui il nostro partito fa fatica a misurarsi.
      L’articolo Napolitano lo pubblicò appunto come risposta alla sortita berlingueriana (lo stesso Natta nei suoi diari la definì “una iniziativa personale, non concordata, non discussa nel partito in nessun organismo). A sua volta Berlinguer il 10 settembre 1981 convocò la direzione per processare Napolitano che accusato di aver corretto “una posizione presa dal segretario del Partito in una intervista. Ha portato un danno obiettivo al Partito nel momento della lotta contro altre forze. Ciò ha fatto crescere il disorientamento e il disagio. Nel partito c’è discussione, disagio. Fuori gli altri speculano”.
      Se volete per intero l’intervento di Giorgio è al seguente link http://dellarepubblica.it.s3.amazonaws.com/Legislature/VIII%20-%20CRONOLOGIA/I-II-%20Spadolini-%20Aggiornamenti/unit%C3%A0-aggiornamenti-I-II-Spadolini/U-08-21-1981-Napolitano.pdf

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    5. Appunto: "qualcosa" è sicuramente accaduto a cavallo tra gli anni 70 e gli '80.
      Il "contrordine compagni" necessitò di un periodo di assestamento (chiamarlo disorientamento e disagio" mi pare un pochino...riduttivo).

      Ma poi si sono adeguati (einaudinizzati) alla grande.

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    6. Infatti. Ma che proprio Giorgio richiamasse Togliatti contro il Berlinguer che si sottometteva (e sottometteva il partito) a quello di Scalfari ed alle sue logiche reazionarie fa il paio con il precedente intervento alla Camera in occasione dell'adesione dell'Italia allo SME.
      Tutti (incluso l'integerrimo Berlinguer) sapevano che il paradigma sarebbe cambiato è ognuno ambiva a divenire mosca cocchiera del cambiamento (dopo aver preso le distanze dall'altra Mosca tramite il famoso strappo).
      Sul famoso viaggio di Napolitano in Usa nel 1978 vi segnalo il testo recente "Brigate Rosse dalle fabbriche alla campagna di primavera" di Clementi, Persichetti, Santalena, Derive approdi Vol 1". E' ricostruita l'intera vicenda. Come all'interno della Direzione del PCI in molti sgomitassero per essere invitati, dei tentativi reiterati di essere accolti a Villa taverna da parte di vari dirigenti PCI, come alla fine la spuntò Napolitano, come lo sblocco del suo visto fu perorato da Andreotti in persona, e come la direzione all'ultimo cercò di dissuadere Napolitano dal partire proprio in coincidenza del sequestro Moro.

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    7. Sull'inflazione.

      Un giorno di alcuni anni fa, credo fosse il 2012, parlando con Cesaratto al quale avevo dato un passaggio da Pescara a Roma, gli chiesi cosa causasse l'inflazione. La risposta fu lapidaria, e ha fortemente influenzato il mio percorso successivo: "LA CONFLITTUALITA' SOCIALE".

      Capii, in un attimo, che l'inflazione ha due componenti fondamentali: i costi esterni (materie prime e servizi importati) e i costi interni (le richieste salariali). La prima componente è gestibile in un quadro keynesiano, la seconda no perché prelude, se non viene contenuta, a una modifica sostanziale dei rapporti di forza tra le classi.

      Il nocciolo della questione è cummannari, ché tanto E$$I fottono a prescindere.

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  3. Leggere il “Corso di scienze delle finanze” (1914) del Luigino nazionale provoca l’ulcera duodenale, ma è interessante perché L€uropa sembra averlo assunto paro paro come libro di testo.

    Luigino è contrario al corso forzoso perché, “torchiando moneta”, si genera inflazzione (bontà sua). Ed allora, prima di spiegarci che cosa si intenda per “indipendenza finanziaria dello Stato”, ci propone questo pistolotto introduttivo:

    Una certa divisione di lavoro tra branchi pubblici e privati – Il motivo di prediligere i prestiti ad enti pubblici è l’opinione che ai prestiti ai privati provvedano le numerose banche private ed ai prestiti agli enti pubblici debba provvedere il pubblico banco … Si tratterebbe di una innocua ed opportuna divisione di lavoro tra le due specie di banche, ognuna delle quali, specializzandosi in un dato genere di operazioni, acquisterebbe in questa una particolare perizia e lavorerebbe a costi particolarmente bassi.

    Nel quale ragionamento vi ha un fondo di vero. È opportuno che ogni banca si specializzi e conosca ottimamente la sua clientela, in guisa da evitare perdite e lucrare il massimo. Se questo, ossia il desiderio del massimo lucro e della minima perdita, fosse la ragione della specializzazione della cassa depositi nei mutui pubblici, nessuna osservazione vi sarebbe da fare.

    Sebbene forse in tali condizioni la cassa non sarebbe la sola a coltivare il mercato dei prestiti pubblici; ché anche le banche private offrirebbero mutui al tasso corrente agli enti medesimi. Fu detto, ed anche qui vi è qualcosa di vero, che le banche private non conoscono gli impieghi in prestiti ad enti pubblici e non li curano anche quando potrebbero ricavarne frutto conveniente. E può darsi che oggi le banche, sapendo che esistono istituti pubblici, i quali fanno mutui ai comuni, alle provincie, ai consorzi, alle cooperative a tassi inferiori al corrente, non si curano di ricercare siffatta clientela. Sarebbe irragionevole pretenderlo. Sembra però improbabilissimo che le banche rifiutino imprestiti a chi li merita, sia questo un privato od un ente pubblico; od è assurdo che i banchieri, per spirito di classe e per solidarietà capitalistica, rifiutino mutui a comuni perché governanti da democratici o socialisti, od a cooperative composte di operai che danno il voto al deputato estremo.

    Queste sono fole per i comizi popolari. Se un banchiere non fa un prestito ad un comune socialista, ciò accadrà perché è male amministrato, non perché socialista; e l’avrebbe negato anche se fosse stato in mano di conservatori. Sicurezza e frutto sufficiente: ecco le condizioni necessarie e bastevoli per far uscire i risparmi dagli scrigni più reazionari a favore degli impieghi più rivoluzionari. Gli uomini economici – di cui in terra i banchieri sono l’incarnazione più perfetta – fanno astrazione dalle idee e dai partiti politici. Il denaro non ha partito e corre dove l’interesse è più alto.

    La ragione vera della specializzazione è un’altra: costruire un mercato chiuso pei prestiti pubblici, in guisa che questi si facciano ad un tasso minore del corrente colla sola cassa depositi e prestiti, fatta desiderosa di ridurre al minimo i proprii guadagni. E poiché noi sappiamo che questa ambizione è insensata e si può conseguire solo tenendo all’oscuro i contribuenti intorno alla realtà delle cose e confondendo le menti col suono vanno di parola prive di significato, così possiamo concludere non trattarsi di vera specializzazione tecnica ed economica, conseguita con servizi realmente migliori e più a buon mercato, ma di specializzazione politica, OPPORTUNA A TENER SOGGETTI I POPOLI
    ”. (segue)

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  4. Einaudi, quando parla di quella che dovrebbe essere la sovranità monetaria dello Stato, riesce persino ad essere ironico:

    Finalmente e massimamente si udì una dottrina nuovissima intorno ai rapporti fra Stato e banchieri, la quale, quando fu recentemente proferita, venne accolta con gran plauso. Parve invero nuovissima solo a chi s’era dimenticato che quella dottrina era grandemente famigliare ai feudatari medioevali ed ai signorotti del 400 e 500, i quali amavano l’indipendenza finanziaria che essi si procacciavano battendo moneta falsa e si dilettavano assai più nel far rosolare a lento fuoco sulla graticola ebrei, caorsini e lombardi che nel pagar loro i convenuti interessi; e s’era dimenticato altresì che questi metodi «geniali» di conquistare l’indipendenza finanziaria ai principi erano stati causa precipua del rialzo del tasso dell’interesse in quei tempi.

    Le quali disavventure essendo oramai remotissime, ben fecero gli uomini nuovi a plaudire come una rivelazione le parole di chi proclamò essere necessario allo Stato rendersi indipendente, per i proprii prestiti, dal mercato finanziario e dai banchieri; essere opportuno che lo Stato possegga organismi proprii per invitare a sé il risparmio nazionale, sottraendolo alla necessità di chiedere prestiti ai banchieri nazionali e sovratutto stranieri; essere pericoloso alla indipendenza dello Stato dover ricorrere alla banca privata, sottomettendo l’interesse pubblico a non confessabili interessi privati.

    Talché l’ideale di una finanza democratica dovrebbe essere quello di una perfetta autonomia e creditizia: lo Stato provveduto di prestiti, a basso tasso d’interesse, direttamente dai risparmiatori attraverso istituti pubblici di depositi a risparmio, di assicurazione e di previdenza, incaricati di assorbire la massima parte dei risparmi nuovi del paese…
    ”.

    E quindi, l’indipendenza finanziaria dello Stato in cosa consiste e soprattutto come si ottiene?

    … Che la indipendenza dello Stato dalla cosidetta alta finanza, ossia dalle banche e dai banchieri, presso cui è cumulata la maggior parte dei depositi disponibili per prestiti, sia opportuna e necessaria è verità incontroversa. Essa equivale a dire che vi debba essere per lo Stato, il quale cerca prestiti, libertà di scegliere il momento più opportuno, il luogo più conveniente ed il mutuante disposto a FARE IL PRESTITO AL MINIMO PREZZO CORRENTE SUL MERCATO. NON PARE CHE L’INDIPENDENZA FINANZIARIA VOGLIA DIRE ALTRA COSA. Il prezzo normale del risparmio si stabilisce sul mercato in condizioni di perfetta concorrenza nell’ipotesi che mutuanti e mutuatari siano ugualmente forti l’uno in confronto all’altro…

    Dunque è certo per l’indipendenza dello Stato da banche e banchieri, intesa nel senso di promuovere il verificarsi di condizioni in cui lo Stato sia sicuro di ottenere prestiti al tasso normale corrente di interesse, è cosa desiderabilissima. Ma come s’ottiene? La risposta non può essere che una sola: CON LA BUONA FINANZA ORDINARIA
    . (segue)

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  5. Se i governanti di uno Stato sanno istituire e conservare un corretto sistema tributario, un sistema cioè che ripartisca le imposte in modo da non danneggiare la produzione del nuovo risparmio, capitalistico e personale, e perciò soddisfi alle esigenze dei contribuenti, secondo il criterio da essi immaginato vero di giustizia; se essi sanno col provento di queste imposte soddifare ai servizi pubblici, che dalla generalità sono ritenuti necessari ed utili, colla massima economia; se essi in passato hanno provveduto a non contrarre debiti se non per spese veramente straordinarie: se quindi il carico degli interessi non è sentito penosamente dai contribuenti, e sempre ad esso si poté soddisfare con puntualità e correttezza, grandissime ai creditori; SE DA ANNI IL BILANCIO SI CHIUDE IN PERFETTO E SINCERO PAREGGIO, quei governanti possono essere sicuri di essere indipendenti di fronte all’alta ed alla bassa finanza...

    Mai non si seppe che gli imprenditori privati, conosciuti per la loro onestà, abilità, ardire e prudenza commerciale, non siano riusciti a scontare le loro cambiali alla banca, anche nei tempi di più acuta crisi. Dovranno pagare a volta a volta il tasso di interesse corrente; ma a questo tasso, banche e banchieri fanno a gara ad arricchire delle loro cambiali il proprio portafoglio. Mentre respingono le cambiali degli imprenditori avventati, che si ingrandirono oltre misura, e s’impelagarono in debiti e difficoltà; e sono di questi ultimi le lagnanze che nei tempi difficili salgano al cielo contro la tirannia esosa delle banche, contro il vassallaggio finanziario verso l’altra banca, contro il prepotere del capitale straniero, ecc. ecc.

    Similmente deve ancora essere raccontato il caso di uno Stato bene amministrato e finanziamento solido, il quale abbia trovato riluttanza in banche e banchieri e fargli mutui al tasso corrente...
    ” [L. EINAUDI, Corso di scienze delle finanze, Tipografia E. Bono, Torino, 1914, pp. 722-799].

    Quindi la vera indipendenza finanziaria di uno Stato consisterebbe … nell’indebitarsi con le banche private. (segue)

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  6. Ma adesso viene il pezzo forte. Infatti, è opportuno – si chiede Einaudi – “che i prestiti godano di una garanzia speciale su certe entrate o su una parte del patrimonio dello Stato? ovvero è preferibile che essi siano garantiti unicamente dall’impegno generale del bilancio e dalla fede pubblica? La differenza tra i due metodi può trovare una analogia con la differenza esistente nel credito privato fra il credito reale garantito con ipoteca su una cosa immobile e con pegno su cosa mobile ed il credito personale garantito dalla parola del debitore, dalla sua onestà e solvibilità patrimoniale complessiva…

    … Alcuni Stati a finanze avariate o dissestate, come la Turchia, l’Egitto, la Cina, il Marocco, la Grecia dovettero venire a concordato coi creditori; e consentirono che talune entrate pubbliche, principalmente le dogane ed alcuni monopoli, come il tabacco ed il sale fossero amministrate da DELEGAZIONI DEI CREDITORI, NOMINATE SIA DIRETTAMENTE DAI CREDITORI, sia e più spesso, dai governi od altri enti pubblici, come le camere di commercio degli Stati a cui appartenevano i più forti gruppi dei loro creditori. A questo estremo si ridussero gli Stati ora detti, anche perché la loro costituzione politica era poco solida o barbarica…Cosicché le commissioni internazionali del debito pubblico istituite in Turchia, in Egitto, al Marocco, in Cina finirono di diventare un vero Stato nello Stato, indipendente dal governo nazionale

    GIOVA NOTARE CHE L’OPERA DI QUESTE COMMISSIONI FU PER LO PIÙ PRATICAMENTE UTILISSIMA, poiché introdussero l’ordine, l’onestà, repressero le frodi e gli abusi nell’amministrazione delle entrate delegate. I creditori della Turchia, dell’Egitto, della Cina ottennero il puntuale pagamento degli interessi loro dovuti, e per la prudente amministrazione europea il reddito delle dogane e dei monopoli ipotecati aumentò per modo che le commissioni dispongono di ingenti sovraredditi, i quali sono versati nelle casse degli Stati posti sotto tutela. Ai quali la perdita parziale della sovranità può sembrare ed essere realmente compensata dai vantaggi economici che sono derivati dalla concessione di garanzie speciali ai creditori pubblici.

    In questi casi però le garanzie speciali non sono un fatto originario ma la conseguenza di una condizione posteriore di insolvenza in cui si trovarono gli Stati debitori. A risollevare i quali, traendo le loro finanze dalle condizioni difficili in cui AMMINISTRAZIONI INCAPACI O CORROTTE le avevano poste, possono essere utili i rimedi estremi, per cui certe entrate pubbliche sono poste nelle mani di commissioni rappresentanti dei creditori. Il metodo vero e proprio delle garanzie speciali concesse per una o parecchie entrate pubbliche al momento della creazione del prestito è seguito soltanto da quegli Stati che già si trovano sottoposti al controllo finanziario dei creditori o che non troverebbero altrimenti credito per le cattive condizioni della loro finanza. I capitalisti richiesti di nuovi mutui, si professano disposti a concederli; ma diffidando dell’amministrazione finanziaria nazionale pretendono che siano ipotecate all’uopo talune speciali entrate e la gestione di queste sia affidata alla già esistente commissione internazionale o ad una amministrazione speciale da crearsi
    ”. [L. EINAUDI, Corso di scienze delle finanze, cit., 835-906]. Mi ricorda vagamente il metodo Trojka.

    Ditemi se non è il manuale del perfetto usuraio €uropeista, ovvero: come far diventare uno Stato l’esattore legalizzato del sistema finanziario internazionale, con a garanzia la pelle dei cittadini. E certi idioti ancora si commuovono pensando ad Enrico…

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    1. Ancora grazie per questo ritrovamento di "perle" nel fondo del mare del liberismo gold standard. La dimostrazione che buone pratiche OCSE-FMI, condizionalità e trojke sono il RISULTATO PROGRAMMATICO ottenuto puntualmente e scientemente dell'unione monetaria.

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    2. A pensarci bene, Presidente, si può dire che Einaudi abbia sistematizzato punto per punto ed in modo “scientifico” la Hazard Circular ; se poi questa trappola la pubblicizzi bene per quarant’anni avendo in mano il potere mediatico e con il Vaticano a benedire tutto, con una buona dose di moralismo d’accatto ed una spruzzata di sincero irenismo, viene fuori un’Italia devastata e credo ormai del tutto indifesa.

      Ciò che mi manda in bestia è che il giochetto, allorché parla del debito pubblico, lo aveva già denunciato in maniera cristallina Marx nel Capitale (che i liberisti, ovviamente, hanno letto bene). Ora, come è possibile, invece, che i comunisti non si siano mai accorti di nulla?

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    3. Se ne erano accorti (v. Togliatti che ridicolizza Einaudi in Costituente); ma poi hanno perso sia il libro che la maestra :-)

      Questo peraltro dimostra peraltro l'importanza della sdrucciolevole e formale resa dei liberisti sull'art.47 Cost., evitando la costituzionalizzazione esplicita della mission della Banca centrale secondo i canoni condivisi dalla schiacciante maggioranza in Costituente.

      Sulla base della mancata esplicitazione di quel che per i Costituenti era fin tropo evidente, nella complessiva formulazione approvata dello stesso art.47 Cost., si potè poi sfruttare questo silenzio per forzare l'intera previsione fino a trasformarla, in modo asistemativo e estratestuale, nel suo esatto opposto precettivo.

      Data l'ostinata "incomprensione" della Corte del modello economico positivamente costituzionalizzato, questa inversione di senso è, in un certo senso, il capolavoro, tutto italiano, del neo-liberismo: grazie al controllo mediatico e cultural-accademico sono riusciti de facto, a fondare un processo "contro-costituente".

      Da qui l'urgenza continua, oggi, di una ratifica di ciò mediante la riformulazione ufficiale della Costituzione, per consolidare questa consuetudo contra legem fondamentale, finché "sono in tempo": cioè finché l'elettorato non rigetti gli effetti devastanti del modello di Stato reso debitore di diritto comune e desovranizzato, visto che i nodi stanno venendo al pettine con un'accelerazione preoccupante (per ESSI)...

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    4. Secondo me un elemento fondamentale della truffa einaudiana sta proprio in quest’ultimo passo: “In questi casi però le garanzie speciali non sono un fatto originario ma la conseguenza di una condizione posteriore di insolvenza in cui si trovarono gli Stati debitori.”.

      Scusate un attimo, cari creditori: noi saremo inapaci e corrotti, ma voi forse non lo sapevate e non lo avevate scontato nel tasso di interesse? Dov’è finita l’incertezza e quindi il rischio di credito? La pretesa di eliminare l’incertezza del credito significa assegnare un potere assoluto al creditore. La vendita come schiavo, e finanche lo squartamento, del debitore erano sì previsti dall’antico diritto romano, ma non vennero applicati oltre il IV secolo a.C.. Se il credito nei rapporti internazionali funziona ancora in questo modo barbaro, vorrà dire che ne prenderemo atto, però, vivaddio, non si parli di “mercato”!

      La questione ovviamente non si presenta solo nei rapporti internazionali. Come spiegano Amato e Fantacci nei loro pregevolissimi lavori di ricostruzione storica, solidamente fondati sui classici, la finanza moderna è stata *istituita* dallo Stato!

      Contro ogni vulgata, Stato e mercato sono inestricabilmente connessi proprio nella nascita del mercato finanziario. A differenza di ogni altro mercato, che può chiedere allo Stato di fornirgli il quadro normativo in cui far operare i suoi partecipanti, ma che può, proprio per questo, chiedergli di non fare nient’altro, il mercato finanziario è l’unico mercato che non può esistere senza che lo Stato non continui a presidiarlo, e per di più nella forma ambigua di un controllore che è anche debitore, e, al contempo, di un sovvenzionatore che dipende dai suoi sovvenzionati.”. (Amato e Fantacci, La fine della finanza, Donzelli, 2009, Roma, pag. 259)

      Quindi ben si può capire perché il giustamente richiamato Marx scrivesse (Il Capitale, vol. I, UTET, pagg. 942-3) che “con la nascita dell’indebitamento di Stato, la mancanza di fede [la famosa “fiducia”] nel debito pubblico pende il posto del peccato contro lo spirito santo, per il quale non esiste perdono”. Ovvero la Bank of England fu creata nel 1694; “during the summer of 1710 [!!], as Queen Anne was removing Whig ministers, a delegation of directors from the Bank of England visited the Queen to warn her that further dismissals would do irreparable harm to public credit (De Krey 1985).” (Stasavages, Public debt and the birth of the democratic State, Cambridge U. P., Cambridge, 2003, pag. 124).

      Non entro in ulteriori dettagli storici (che pure sono molto interessanti), ma è evidente che parlare di “mercato”, con riferimento al credito e alla moneta, come se fosse quello delle patate, come dice sempre Flassbeck, è una truffa vergognosa per nascondere e naturalizzare il potere politico dei creditori privati.

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    5. "A delegation of directors from the Bank of England visited the Queen"

      Probabilmente volevano rammentare il patto con Guglielmo d'Orange (quando i futuri azionisti della Banca d'Inghilterra gli proposero di guidare la Glorious Revolution e finanziarono la guerra) in funzione antifrancese.

      Re Guglielmo II d'Inghilterra si affretto' in cambio ad autorizzare la nascita della Banca d'Inghilterra e mori' improvvisamente.

      L'avo di Winston Churcill che comandava l'esercito di Re Giacomo tradi' e passo' dalla parte di Guglielmo d'Orange, ricevendo in ricompensa il titolo che permise al discendente di diventare primo ministro nel XX secolo.

      Il Re Sole invece mori' alla fine del suo lunghissimo regno senza mai aver capito perché tutti i suoi figli e nipoti morivano in maniera improvvisa e da dove venivano le apparentemente inesauribili risorse finanziarie di quel piccolo regno inglese.

      È sempre meglio ricevere certi "direttori' ed i vertici del PCI a fine anni 70 conoscevano molto bene la storia....

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    6. Precisazione lucidissima, caro Arturo; viene eliminata qualsivoglia alea (che è normale in ogni contratto) per il creditore, il quale si trova ad avere un guadagno praticamente blindato.

      Sicuro di ricevere indietro il tantundem : “… Perché uno Stato possa contrarre prestiti con stranieri, occorre soddisfi consuetamente a talune esigenze tecniche; di cui la principalissima è quella relativa al tipo monetario in cui capitale ed interessi debbono essere pagati. I capitalisti stranieri non vorranno certamente acconciarsi a ricevere pagamenti in valuta cartacea, la quale potrebbe deprezzare; e perciò stipulano che il pagamento debba farsi in talune monete aventi corso internazionale e non soggette a fluttuazioni di aggi o cambi. Così i capitalisti francesi, svizzeri o belgi stipuleranno che il pagamento debba essere fatto in franchi oro nelle piazze di Parigi, Zurigo, Ginevra, Bruxelles ecc.; i capitalisti inglesi esigeranno il pagamento in lire sterline a Londra, quelli tedeschi in marchi oro a Berlino o Francoforte…”.

      E sicuro perché nelle “garanzie speciali” postume, oltre alle entrate fiscali degli Stati, sono annoverati (dimenticavo) anche i beni pubblici, che vanno venduti-privatizzati per via della “inopportunità della esistenza di un demanio fiscale…si aggiungono ragioni economiche per condurre alla dimostrazione delle necessità della scomparsa progressiva dei beni del demanio fiscale. In Russia il demanio fiscale è ancora grande, e così pure nei paesi nuovi come negli Stati Uniti, nel Canadà, nell’Australia, ma in tutti questi paesi i rispettivi governi cercano di vendere ogni anno larghe distese ai terreni.

      La ragione di questa alienazione sta nel fatto che, coll’andar del tempo, gli Stati si sono mostrati sempre più incapaci di utilizzare utilmente i beni del demanio fiscale puro: essi non possono averne la cura necessaria, non possono sorvegliarne l’amministrazione; onde stimano assai più opportuno realizzarne il valor capitale…

      Di qui nasce l’opportunità per parte dello Stato, di vendere i beni del suo demanio fiscale puro, perché, essendo incapace di amministrarli così bene come i privati, reca un danno grave a tutta l’economia nazionale, mentre fa il danno proprio, non realizzando tutto il valor capitale potenziale del suo fondo

      E in tal guisa, oltre che arrecare un vantaggio alla nazione, il governo aumenterà i suoi cespiti d’entrata impiegando il capitale ricavato, di 200.000 a cagione d’esempio, al tasso corrente di interesse del 4% …; ovvero, il che fa lo stesso, IMPIEGANDO LE 200.000 LIRE AD ESTINGUERE ALTRETTANTA PARTE DEI DEBITI, DI CHE GLI STATI SONO SEMPRE GRAVATI…
      ” [L. EINAUDI, Corso, cit., 835-906].

      Einaudi è il vero “poeta water” di tutta l’asinistra, da Prodi a Monti

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    7. L'eliminazione dell'alea insita in qualsiasi negozio giuridico bilaterale (altrimenti non esisterebbero, da millenni, le norme sulla responsabilità per inadempimento) è esattamente la negazione dell'astratta e truffaldina teoria del libero mercato.

      Di più: la negazione, per i detentori della ricchezza, della stessa possibilità del rischio è predicare l'eliminazione della stessa eguaglianza formale.

      Il fatto è che l'alea dell'inadempimento viene predicata come inaccettabile SOLO contro lo Stato, ma DOPO averlo costretto a divenire un soggetto debitore di diritto comune. Cioè avendogli negato la sovranità (attribuendola ai banchieri).

      Attaccando lo Stato in quanto creatore di valore distribuito a tutti coloro che esso dovrebbe rappresentare, non fanno che affermare il loro potere politico. ESSI.

      Per questo Einaudi in Costituente andò per negare ogni fondamento della sovranità popolare.

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  7. Nell'edificante raccontino di Berlinguer c’è appunto una contraddizione logica di fondo: se l’inflazione colpisse effettivamente il povero lavoratore, e nel dopoguerra l’inflazione era infatti relativamente alta, che bisogno mai ci sarebbe stato di una “reazione” fascista? Reazione a cosa, se i lavoratori stavano arretrando? Ma allora perché mai parleremmo di biennio “rosso”? In effetti forse qualche buona ragione c’è: “Ho avuto occasione di soffermarmi in passato sulle peculiarità di questi due anni, in cui si ha un’esplosione di conflittualità intensa. Già nel primo anno (1919) si arrivò a recuperare abbondantemente i livelli salariali prebellici, in presenza di un ROE insoddisfacente. Nel secondo anno (1920), poi, si registrò uno sproporzionato aumento dei livelli salariali reali attorno al 30%, in presenza di un ROE ancora positivo, ma con un trend in diminuzione.”. (V. Zamagni, Salari e profitti nell’industria italiana tra decollo industriale e anni ’30 in S. Zaninelli e M. Taccolini (a cura di), Il lavoro come fattore produttivo e come risorsa. Atti del convegno di studi della Società italiana di storici dell’economia, Vita e Pensiero, Milano, 2002, pag. 245).

    Ovvero, ancora una volta, alla faccia dell’imposta più iniqua!

    L’unico problema è che un partito che si propone la deflazione senza l'impiego di mezzi apertamente autoritari non è comunista, ma liberale. Stai a veder che dopotutto il PCI la rivoluzione l’ha fatta. Liberale, però.

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    1. "Liberale" finché tiene la propaganda del controllo totalitario dell'informazione, dell'istruzione e della percezione.

      (liberismo, gold standard, e malthusianesimo sono prerogative di tutti i regimi che non sono costituiti dall'afflato umanistico del socialismo marxiano; ossia, a discapito della comune vulgata della "terza via ezrapoundiana", il nazifascismo è stato il prodotto storico del liberalismo usuraro e poliedricamente ierocratico dei rentiers)

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  8. Ciao Quarantotto così non vale, avevo deciso di non postare più ( non sono poi una grande perdita per il futuro movimento sovranista che aspetta di nascere) ma tu con questo articolo è come se agitassi un drappo rosso davanti ad un toro infuriato.
    Cosa può dire al popolo quell’articolo del mitico Enrico? La prima lezione ch’esso dovrebbe apprendere è che la propria classe dirigente dovrebbe essere selezionata fra la propria base e non fra le fila avverse. Ma si sa il popolo è dormiente e preferisce essere guidato dal nemico. D’altronde non è sempre il pastore che porta al macello il proprio gregge?
    Volevo soffermarmi un attimo prima delle mie considerazioni, sulla statura morale di questo uomo che fa piangere ancora alcuni sciocchi che dalla storia non hanno nulla imparato e per questo sono destinati a subirla.
    “Nel 1973 il personaggio in questione subì un attentato in Bulgaria. In piena campagna un camion che veniva dalla parte opposta centrò in pieno la macchina dove stava viaggiando, uccidendo sul colpo l’autista e l’interprete. Dopo pochi secondi sul luogo c’erano già le ambulanze . Berlinguer memore che nei regimi comunisti l’ospedale era l’anticamera della morte rifiutò di farsi ricoverare e chiese di fare una telefonata in Italia. A chi telefonò? Ad un Signore che di nome faceva Aldo e di cognome Moro ministro degli esteri in carica, il quale fece subito rimpatriare, con un aereo di Stato, l’On Berlinguer, salvandogli di fatto la vita. Il favore fu” contraccambiato” nei 55 giorni di terribile prigionia del Presidente Moro. Telefonata intercorsa tra Cossiga ministro degli interni e Spadolini: “ Ho sempre agito di concerto con l’ On. Pecchioli, responsabile degli interni per il PCI , per loro Moro era morto in via Fani.” Fonte:
    https://www.youtube.com/watch?v=q-sK2Z4lt1w
    segue..

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  9. Quando il segretario del Pci nel 1976 rilasciava all’Unità quell’intervista i salari reali dei dipendenti stavano crescendo del 6%, in pratica nei famigerati anni 70 il potere d’acquisto dei dipendenti con un inflazione media che veleggiava al 12%, con punte del 20%, il potere d’acquisto dei salariati quasi raddoppiò. Aggiungo inoltre che avendo vissuto gli anni 70 come lavoratore/studente , molti operai in quegli anni iniziarono ad acquistare la prima casa, magari attraverso programmi d’edilizia popolare con mutuo agevolato. All’inizio la rata da pagare pesava sul bilancio familiare , ma poi grazie all’inflazione , questa “tassa iniqua” che gravava, sull’orfano , sulla vedova e sull’operaio, diveniva sempre più leggera, ogni anno sempre più leggera.
    Inoltre il discorso di Berlinguer andrebbe contestualizzato. Mentre lui si preoccupava per noi, senza bisogno, ogni anno stavamo meglio di quello prima, si andava in vacanza sia d’estate che d’inverno, il Paese si trovava ad avere una classe dirigente: Vertici dell’Esercito, Vertici della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza , della Polizia, Alti Magistrati, Giornalisti di grido quasi tutti cooptati in logge segrete. Sostanzialmente erano vertici deviati, nel senso che rispondevano ad interessi di centri esteri contro il proprio Paese. I dirigenti del PCI, Berlinguer in testa non vedevano nulla? Erano troppo preoccupati per l’inflazione che danneggiava noi lavoratori? Essi erano i nostri nemici. E qual è stato l’esito finale di queste trame segrete: il barbaro omicidio del Presidente Moro, l’adesione allo Sme con il suo cadavere ancora caldo, il lento declino di questo disgraziato Paese a favore di competitori esteri, fino a giungere ai giorni nostri.
    Ma mi chiedo ancora perché sono state possibili queste devianze da parte di quelle forze Popolari di Sinistra? Forse dobbiamo tornare indietro ai giorni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, al grande tradimento a danno della Resistenza; quando i partigiani comunisti si videro subito defraudati , loro disoccupati, o costretti ad accettare il lavori peggiori, i fascisti reintegrati nei loro posti, ma vi lascio alle parole del Partigiano Enrico Mattei futuro Presidente dell’Eni anche lui ucciso per aver difeso l’Interesse Nazionale. Era un Piazzaloretista anche Lui?
    “ Non fu giustizia, non fu rapida, non fu serena. Fu una fastidiosa tela di Penelope, in perpetuo disfacimento e rifacimento un palleggiarsi d’accuse lamentevoli e di giustificazioni puerili, una successione di incaute riforme e di avventate controriforme, col risultato unico e solo di imbrogliare le carte, di complicare le cose, favorendo i furbi a danno dei soliti fessi (…..) L’indomani della liberazione l’Italia si trovava (……) alle prese con problemi davvero formidabili. Quello dell’epurazione e della punizione dei delitti fascisti era il più semplice di tutti. A risolverlo non si chiedevano materie prime né finanziamenti esteri. Sarebbero bastati senso giuridico nell’impostare le leggi e onesta coscienza nell’applicarle. Abbiamo fatto delle leggi giuridicamente assurde e le abbiamo applicate con criteri sfacciatamente camorristici”
    Dal Libro … e Abele uccise Caino di Ezio Maria Simini (pag 54/55)
    Se dovesse nascere un futuro Movimento Sovranista, dovremmo partire da lì, dalla Resistenza Tradita, dalla morte di Enrico Mattei ai 55 giorni di Calvario del Presidente Moro abbandonato da tutti, li finisce la nostra Costituzione, li finisce la Storia della Repubblica democratica Italiana.

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    1. Non so se nascerà mai un movimento sovranista come tu lo sottintendi; come lo imporrebbe la coerenza con lo Spirito della nostra Costituzione.
      Ma non smettere di postare. QUI.
      Un abbraccio

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    2. Non sentite i vagiti? Che siete sordi? E' già nato, si sta tagliando il cordone ombelicale... bisogna allattarlo.

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    3. OMBRE DI JALTA (la spartizione)

      Da sincretico dislessico, sarebbe interessante raffigurare – oltre alla fondamentale riesumazione filologica svolta da '48 che trova i migliori ricercatori galattici – le traiettorie assunte successivamente alla conferenza di Jalta del 1945 degli Stati vincittori della II guerra mondiale (gli alleati UK, USA, URSS) nella ridefinizione delle aree di rispettiva inflenza che - tra cinquanta più una tonalità dei grigi - hanno permesso la rinascita di un “ben dell'essere”.

      Verrebbero da considerare, nel travaglio geo-politico ed economico della “guerra fredda” (NATO vs Patto di Varsavia), i movimenti del '68 (libertari, libertini, libericidi .. liberi tutti), l'operazione Condor (politica estera USA anti-comunista della presidenza Nixon), la primavera di Praga (1968), il Smithsonian Agreement (1971, fine del Bretton Wood), la “sospensione” della converibilità US$ / oro (Camp Derby, 1971), il “serpente monetario europeo” (1972), il golpe in Cile (1973) e, nelle tonalità del biancofiore e del forte braccio, l'organizzazione Gladio, il piano Solo (1964), la strategia della tensione (1969), l'autunno caldo (1969), gli “anni di piombo” e il percorso del partito comunista più significativo dell'occidente (PCI) con il segretariato Longo/ Berlinguer che progressivamente si allontana dall'area sovietica (i “sacchi” di US$ trasportati dal Secchia da Mosca a Botteghe Oscure divenivano troppo “pesanti e ingombranti”) con le dichiarazioni di indipendenza ed autonomia rivendicate dopo la “primavera di Praga” (1968), la nascita dell'eurocomunismo (Italia, Francia e Spagna), l'apertura alle teorie liberistiche e la dichiarazione della centralità dell'impresa privata.

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    4. Eh, sì, terribili ‘sti anni Settanta. Però, però…sentite un po’ cosa ci raccontano sui Quaderni Storici di Bankitalia (pag. 25 del paper): "The findings of the paper also lead to an interesting reappraisal of the 1970s. Despite the complexity of those years – afflicted by harsh social conflicts, terrorism, political turbulence, two major oil crises, and high international instability – economic growth remained well above 3 per cent per year and was distinctly "pro-poor", particularly in the Northern regions (Lombardo 2011): both inflation and unemployment rose considerably, but income inequality and absolute poverty fell considerably, in line with Rossi's (2007) analysis of the functional distributional of income.".

      Interesting but hardly surprising.

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  10. Il periodo nel quale uscì l' articolo riprodotto era lo stesso nel quale carli (che avrebbe trattato per l' Italia Maastricht) maturava l' idea d' una sovranità dei "singoli"nella veste di risparmiatori detentori del debito pubblico sostitutiva di quella popolare della Costituzione,che s' esprimeva con lo strumento dei partiti(la crisi dei partiti sostituiti da "gruppi di pressione" di cui scriveva nell' 81 napolitano).L' argomento della "tassa più iniqua"era cosmesi che mimetizzava la scelta deflattiva che favoriva il nuovo soggetto della sovranità(il creditore)a danno del vecchio soggetto ,(il lavoratore)che con l' inflazione aveva maggiori possibilità d' occupazione (curva di Phillips ?non sono molto ferrato in materia),

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  11. In pratica uno strisciante ritorno a una democrazia censitaria dell'ottocento

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  12. Credo che Berlinguer fosse uno dei primi esperimenti di uomini politici di sinistra "consigliati" in materia economica da qualcun'altro. Che al tempo stesso si frapponeva fra loro e la comprensione del pensiero di Caffè e altri veri "progressisti" dell'epoca.

    Difficile credere che foose malafede. Qui è piuttosto esplicito https://www.youtube.com/watch?v=r5blRM3b0zE: sostiene la tesi raccontatagli da qualcuno (per cui l'inflazione è un nemico da combattere) ma ci mette del suo, secondo la sua ideologia, i suoi valori.

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