domenica 23 luglio 2017

UN RIMEDIO SEMPLICE SEMPLICE: IL VETO ASTENSIONISTICO

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1. Come prima cosa invito a rileggere questi due post: 
Nel primo si analizza come la democrazia "liberale", cioè a processo elettorale idraulico e mirata esclusivamente alla instaurazione dell'ordine internazionale del mercato, risulti più efficiente di uno Stato autoritario-dittatoriale nel realizzare lo "Stato minimo", quello che conserva e rafforza il potere sociale e istituzionale di una ristretta oligarchia: nelle attuali condizioni storico-istituzionali, questa maggior efficienza è determinata dal perseguimento implicito di un altro grado di astensionismo (prossimo o superiore al 50%). 
L'astensionismo, nelle democrazie occidentali contemporanee, caratterizzate dal suffragio universale, e dalla difficoltà formale di abolirlo (per lo meno al momento), è la forma (autolesionistica) che assume la reazione, intenzionalmente provocata, alla introduzione di "vincoli", monetari e fiscali, di natura tecnocratica e ad applicazione automatica (imposti normalmente per via di trattati internazionali, quindi vincoli "esterni"). 
Si realizza, cioè, proprio inducendo l'indifferenza del corpo elettorale verso l'esito del voto, quella forma di efficienza del governo delle oligarchie teorizzata proprio da Pareto (qui, p.6): … Lasciando da parte la finzione della “rappresentanza popolare” e badando alla sostanza, tolte poche eccezioni di breve durata, da per tutto si ha una classe governante poco numerosa, che si mantiene al potere, in parte con la forza, in parte con il consenso della classe governata, molto più numerosa…

2. Nel secondo post, sul presupposto che in un regime di democrazia "liberale", a causa della invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire", si evidenzia che il rimedio principale non sia votare "contro le tasse", ma "non votare per chiunque non ponga la questione della inaccettabilità democratica della banca centrale indipendente, da cui deriva la conseguente inaccettabilità di tutti i corollari che, affermatisi a livello europeo, costituiscono il vincolo esterno".
In quella sede, tuttavia, si premetteva che "il problema delle banche centrali indipendenti non è culturalmente percepibile dal cittadino comune
Questi è in grado di registrare l'aumento della pressione fiscale a livelli insostenibili, ma non sa collegare questo effetto al crescente e devastante costo del collocamento del debito pubblico sui "mercati".
Potrà perciò votare "contro" le tasse, ma non evitare che le tasse continuino ad aumentare, magari attraverso patetiche "rimodulazioni" di cui i governi europeizzati e ordoliberisti si servono per attrarre un consenso del tutto ingannevole: cioè basato sulla illusione finanziaria, per cui il costo della copertura dell'onere del debito viene spostato da un titolo di imposizione all'altro, da un tributo a un taglio della spesa pubblica per servizi pubblici essenziali, senza che il cittadino-elettore sia in grado di percepirlo.
Al massimo, sarà (coattivamente) indotto a pensare che sia un rimedio "ridurre il debito" o "tagliare la spesa pubblica", accedendo all'idea - che vedo ripetuta ancora più ossessivamente, in questi giorni- di "aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità"."

3. Adottando quindi il metodo fenomenologico, un rimedio democratico più efficiente non sta tanto nel superare il controllo mediatico che rende impenetrabile all'opinione di massa l'espressione di un voto consapevole, (ciò richiederebbe tempi lunghi e autentiche rivoluzioni sul controllo di vasti settori dell'economia, con esiti molto incerti).
Infatti, il sistema mediatico tende a dissimulare in ogni modo il problema delle banche centrali indipendenti e dell'ideologia sottostante ai vincoli esterni di natura monetaria e fiscale, e quindi all'invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza sarebbe vincolata a perseguire. Si può dire, anzi, che questa opera di dissimulazione degli scopi effettivamente perseguiti col "vincolo €sterno" sia il compito principale del sistema mediatico (che, appunto, come evidenziava Basso, è perciò rigidamente controllato dalle stesse oligarchie timocratiche).
Il rimedio sta nel trasformare il senso della reazione in cui consiste l'astensionismorebus sic stantibus, questa risulta "istintiva" (cioè inevitabilmente non cosciente della cause effettive di questa invariabilità) e finisce addirittura per agevolare il gioco delle oligarchie.
Ma è possibile immaginare un meccanismo istituzionale che attribuisca all'astensionismo il senso di una manifestazione di volontà effettivamente espressiva di un dissenso impeditivo della prosecuzione delle politiche oligarchiche.

4. Abbiamo già suggerito, in modo più organico e mirato, un insieme di riforme conservative e rafforzative dell'attuale Costituzione, lavoristica e pluriclasse, che quindi costituisce un ostacolo intollerabile alla piena instaurazione del regime oligarchico della democrazia "liberale" (ed infatti si continua, nei media, a voler definitivamente distruggere l'attuale Costituzione attraverso drastiche manomissioni formali). 
Ma queste soluzioni "chirugirche"esigerebbero che chi se ne facesse promotore sul piano legislativo, fosse già una consistente maggioranza politica nel paese. 
Proponiamo invece un rimedio che, anche nell'attuale governo mediatico dei mercati, avrebbero un facile e vasto riscontro nell'opinione pubblica, che comunque, e in qualche modo, ne ha orecchiato le problematiche relative.

4.1. Basterebbe eliminare il quorum del 50% per i referendum (abrogativi delle leggi), con una minima interpolazione dell'art.75 comma 4, della Costituzione, e invece introdurlo per la validità delle elezioni politiche, con una minima modifica dell'art.48 Cost., tesa a salvaguardare in concreto la "effettività" e la "libertà" del voto.
Se l'astensionismo da mera reazione istintiva che, in definitiva, il controllo oligarchico-mediatico ha attualmente il massimo interesse ad incentivare, divenisse  STRUMENTO DI MANIFESTAZIONE DI VOLONTA' CONCRETA DELL'INDIRIZZO POLITICO CHE NON SI VUOLE, avremmo in pratica qualcosa di simile al diritto di veto spettante ai tribuni della plebe nell'ordinamento dell'Antica Roma, solo diretto a contestare,anzicché singole leges, l'assetto dei rapporti di forza instaurati di fatto, e quindi contrari alla Costituzione. 
Ma il meccanismo attualmente ipotizzato, eviterebbe la "personalizzazione" di tale potere in un numero ristretto di aventi diritto, portati alla creazione di clientele distorsive del suo uso, e si atteggerebbe come strumento di democrazia diretta, realizzativo della partecipazione all'indirizzo politico della sovranità popolare.

4.2. In pratica, la contrarietà popolare all'attuale sistema di decisione politica €uro-vincolata, - oggi diffusa e dispersa, e posta, dall'esistenza del sistema mediatico, nella pratica impossibilità di autoorganizzarsi, per evidenti limiti di accesso a risorse finanziarie e a strumenti di comunicazione-,  avrebbe la possibilità di rendere decisivo, e istituzionale, il partito dell'astensionismo.
Ciò consentirebbe di coagulare la convergenza del vasto dissenso popolare su una volontà comune minima, non più ostacolata da reciproche pregiudiziali ideologiche, attentamente alimentate dal sistema mediatico di controllo oligarchico, che impediscono l'unità organizzata del prevalente dissenso. 

4.3. Avendo un'opportunità pratica di questa portata, la tentazione di astenersi dal votare finirebbe di essere generica protesta senza costrutto e sarebbe incentivata come forma di concreto segnale di "cambiamento" reale, e non costruito a tavolino dall'oligarchia mediatica. 
La soglia paralizzante dell'astensionismo "significativo" agirebbe da strumento di dissuasione preventiva, ridisegnando  radicalmente l'atteggiamento delle elites, oggi sprezzante del raggiungimento di un'effettiva maggioranza elettorale. 
La stessa ossessione praeter Constitutionem della "governabilità (qui, p.2.1.4.-2.1.6.) assumerebbe un senso sostanziale molto diverso e svuotato della sua insanabile ipocrisia.

5. La mera esistenza di un meccanismo del genere avrebbe conseguenze di enorme portata per ricalibrare entro l'alveo della legalità costituzionale il comportamento di tutte le forze politiche e delle stesse istituzioni:
- i partiti dovrebbero finalmente porsi il problema di non rendere immutabili le scelte politiche rispetto alla volontà popolare in base al vincolo esterno, perché sarebbero costretti, onde evitare che l'astensionismo paralizzi la loro stessa possibilità di governare,(vincendo elezioni idrauliche "in absencia" della maggioranza dell'elettorato),  a presentare preventivamente programmi impegnativi e che realmente realizzino gli interessi della maggioranza dell'elettorato;
-  poiché il problema della piena occupazione e delle politiche che ne consentirebbero il raggiungimento, che oggi risulta assolutamente prioritario, dovrebbe essere posto realisticamente allo scrutinio del popolo sovrano, coloro che predicassero la sola efficacia di misure sul lato dell'offerta, cioè volte esclusivamente ad abbassare i costi delle imprese in funzione della competitività estera, si troverebbero immediatamente a dover rendere conto del fallimento pluridecennale di questa ideologia che, comunque, è obiettivamente diretta a beneficare delle minoranze;
- i partiti principali, inoltre, dovrebbero inevitabilmente rendere conto del fatto che l'ideologia sottostante a tali politiche economiche può reclamare una legittimità soltanto sulla base di quel "lo vuole L€uropa": che è invece alla base dell'astensionismo. 
Ma l'astensionismo cesserebbe di essere neutrale, cioè indifferente, in termini di perdita di consenso: posti i partiti in condizione di constatare in modo istituzionalmente paralizzante l'effetto delle politiche propugnate per via dell'accettazione, supina e auto-deresponsabilizzante, del vincolo esterno, la gara elettorale non sarebbe più, come avviene nelle democrazie "liberali", mirata a conquistare il consenso del "centro", ma quello delle fasce più colpite dalle politiche finora perseguite.

Queste sono solo alcune delle implicazioni di questo rimedio "semplice-semplice": molte altre ve ne sono. E sono sicuro che sareste in grado di indicarle (sempre partendo dalle analisi dei due post la cui rilettura è suggerita all'inizio).

23 commenti:

  1. 1) la prima e inderogabile riforma costituzionale è l'abolizione delle parole (Non è ammesso il referendum per le leggi)"di autorizzazione a ratificare trattati internazionali" dal comma 2 dell'art.75, che rende l'Italia una colonia e non uno stato sovrano.
    Non può esistere sovranità popolare senza controllo dei cittadini sui trattati internazionali che sempre più limitano la sovranità stessa.
    La sovranità è DEL POPOLO, quindi è il popolo che vota l'adesione a Nato e UE e ogni trattato internazionale che imponga limitazioni alla sovranità stessa. Ed è quel comma che rende le oligarchie onnipotenti.
    Se non si cancella questo, si parla del nulla.
    2) Non mi sembra coerente parlare di astensione attiva e poi togliere il quorum nel referendum. Se lo si facesse, automaticamente l'astensione non avrebbe più nessun valore, perchè, a prescindere da quanto sia ampia, conteranno esclusivamente i voti espressi. A scanso di equivoci, io sono A FAVORE della cancellazione del quorum, perchè ritengo il referendum la forma di democrazia diretta più alta che esista, e quindi per me chi si astiene a un referendum è peggio di chi non vota alle elezioni politiche, e non merita che il suo non voto conti.
    3) Ancora meno senso ha introdurre il quorum per le elezioni politiche. Per il principio inderogabile della continuità istituzionale, un governo in carica ci deve sempre essere, se si dà potere di veto all'astensione, il risultato reale che si ottiene è di mantenere in carica per sempre all'ultimo governo che ha ricevuto la fiducia, perchè non c'è nessun parlamento che può sostituirlo.
    Per rimanere coi piedi per terra e fare esempi pratici, nel 2013 si votò il 25 febbraio, la nuova legislatura iniziò il 15 marzo e il signor Mario Monti (notorio nemico delle oligarchie) levò le tende solo il 28 aprile. Vogliamo DAVVERO avallare una dittatura di gente come Monti, con le oligarchie che deriderebbero (a questo punto giustamente!) coi loro mass media i cittadini che si lamentassero dicendo "siete voi che non votate, evidentemente Monti vi sta benissimo!"?
    Una riforma che invece avrebbe l'effetto immediato di aprire un conflitto insanabile tra classe politica e oligarchia, in quanto impone obiettivi opposti e inconciliabili (la volontà della seconda di espropriare gli organi elettivi VS la necessità della prima di sopravvivere), potrebbe essere quella di far pesare l'astensione non in senso assoluto invalidando del tutto il voto, ma in senso proporzionale, influendo sul computo dei parlamentari eletti.
    VOta il 50%? Alla camera andranno 315 deputati anzichè 630. In questo modo chiunque voglia campare di politica è COSTRETTO a cercare di alzare l'affluenza ad ogni costo, e quindi a cercare i voti di chi oggi è disgustato da una politica servile nei confronti delle oligarchie.
    Prevengo subito l'obiezione "ma anche l'oligarchia è capace di creare candidati presi direttamente dalle loro fila, come Trump, che vincono le elezioni prendendo i voti delle vittime dell'oligarchia stessa!", rispondendo che
    1) non esiste nessun sistema elettorale o di quorum che possa prevenire i danni di un elettorato ignorante e masochista.
    2) Trump ha vinto prendendo UN QUARTO dei voti disponibili (25% di voti assoluti, che sono il 46% del 55% che ha votato). La mobilitazione dell'elettorato più ignorante e credulone (il Lumpenproletariat di marxiana memoria, e se se ne rendeva conto due secoli fa il Barbuto di quanto fossero pericolose certe classi sociali, che allora nemmeno votavano...) può funzionare solo con l'affluenza bassa, perchè questo, per quanto sia forte l'azione di lavaggio del cervello dei media oligarchici, non è la maggioranza assoluta. L'antenato ideologico di Trump degli anni '60, Goldwater, con un affluenza del 62% fu spazzato via.

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    1. 1) l'art.75 Cost. in tema di trattati, come qui chiarito più volte, è un corollario del pacta sunt servanda e, dunque, dell'art.10 Cost. Sarebbe quindi contrario al diritto internazionale generale e alla Costituzione porre una "riserva" di osservanza degli accordi già ratificati non conforme al diritto generale dei trattati e che elude in partenza anche la clausola dello ius cogens relativa alla nullità dei trattati per violazione manifesta di una norma interna "essenziale": un trattato non può essere efficace o meno in funzione di transeunti valutazioni politico-elettorali di tipo meramente politico ed estranee alle sue clausole di recesso.

      Più corretto sarebbe, semmai, introdurre un referendum approvativo all'interno del procedimento legislativo di ratifica (unitamente a un parere di legittimità costituzionale della Corte, altrettanto preventivo), come qui proposto (e linkato all'interno del post).
      Da questo procedimento complesso di approvazione dei trattati, in concorso tra parlamento e corpo elettorale, rimarrebbero fuori solo gli accordi in forma semplificata (non ratificati in via legislativa, come dovrebbe essere noto).

      2) Il pericolo di una super-permanenza del governo dimissionario, avente la fiducia del precedente parlamento ormai disciolto e in prorogatio, è del tutto contingente e ovviabile:
      a) anzitutto, com'è ragionevolmente implicito, alle elezioni "non valide" dovrebbero seguire nuove elezioni entro un breve termine, previa immediata obbligatoria riconvocazione dei comizi elettorali; va da sè che questa previsione va inserita nella modifica dell'art.48 Cost, come suo complemento naturale (ma è talmente ovvio che non ritenevo di doverlo specificare: mi sono soffermato sul notevole EFFETTO PREVENTIVO che avrebbe la norma, al fine di far ricalibrare in senso democratico e non tecnocratico "esterno" l'intera offerta politica);
      b) un governo dimissionario, in carica solo per gli affari correnti, inoltre, avrebbe solo limitatissime possibilità di legiferare con decreti-legge portati di fronte a camere in prorogatio (art.61 Cost.), le quali, nel caso, avrebbero già di fronte la sconfessione elettorale del loro indirizzo politico e, inevitabilmente, di quello in continuità riproposto dai principali partiti che erano stati maggioranza di governo.
      L'insistenza in questo stesso indirizzo, con eventuali iniziative legislative chiaramente incostituzionali, costituirebbe un autentico suicidio politico per i partiti che appoggiassero un governo ormai privo di qualsiasi riscontrabile consenso; ciò che le elezioni "invalide" avrebbero ormai certificato in forma diretta e conforme alla previsione costituzionale, mentre si prospetterebbe un imminente rinnovo delle elezioni;

      c) lo stesso governo Monti, come qualsiasi altro in fase di transizione-prorogatio, non ebbe modo di svolgere politiche decisive e sostanziali; tanto che Draghi, a quel tempo, parlò proprio del famoso "pilota automatico", con riferimento alla situazione italiana;
      d) infine, un'ipotesi come quella paventata - che comunque non lascia spazio ad alcun golpe bianco del governo ormai dimissionario- varrebbe solo per la "prima applicazione", cioè con riferimento al primo svolgersi delle elezioni con il quorum del 50% degli aventi diritto. Per ogni elezione successiva, agirebbe il sistema di rimodulazione dell'offerta politica in senso inclusivo a non oligarchico che il quorum indurrebbe ad attuare.
      E non mi pare razionale rinunciare a un vantaggio fondamentale "a regime", solo perché si paventi un problema di prima applicazione, tra l'altro in gran parte insussistente e storicamente indimostrato.

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    2. 3) La proposta di assegnazione di seggi in proporzione alla percentuale effettiva dei votanti si confuta da sé: eliminato ogni effetto limitativo dell'astensionismo "significativo" (di non gradimento dell'indirizzo politico offerto dai partiti), pensare che i singoli candidati potrebbero, per la loro convenienza, proporre individualmente politiche più "inclusive" e tali da indurre alla partecipazione al voto, è tanto risibile da non dover essere in particolare confutata.
      Basti osservare che le candidature coincidono con delle mere "nomine" di soggetti che, per definizione non devono interferire con la formazione extraparlamentare dell'indirizzo politico, e che, in ogni modo, il livello culturale e cognitivo della classe politica non è tale da ritenere che, anche volendo, siano in grado di immaginare, a titolo individuale, diverse "politiche" che comunque non potrebbero attuare. I partiti formulerebbero una opportuna legge elettorale privilegiando, in base a sondaggi estesi alla probabile partecipazione elettorale nei vari collegi, coloro che vogliono "nominare" e per il resto metterebbero in lista i sacrificabili (come fanno già oggi).
      L'ipotesi sarebbe inoltre di difficilissima attuazione pratica in relazione alla distribuzione del voto per collegi territoriali, con esiti irrazionali e inammissibili quanto alla distribuzione dei seggi tra i partiti.

      E' peraltro del tutto evidente che la riduzione del numero dei parlamentari, in assenza di qualsiasi limite minimo di partecipazione per la validità delle elezioni, è un tipico obiettivo dell'oligarchia. Il controllo mediatico del consenso uscirebbe con ogni evidenza ulteriormente rafforzato da questa stravagante soluzione.

      Infine, sul quorum deliberativo dei referendum: basta la logica binaria per capire che se lo introduco laddove devo manifestare una scelta "in positivo" (onde evitarne la prevedibile manipolazione da parte dei condizionatori dell'opinione di massa), altrettanto, PROPRIO per le stesse ragioni, lo devo sopprimere laddove tale volontà diretta del corpo elettorale sia manifestata non solo "in negativo" ma anche entro una scelta a due sole alternative.

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    3. (@amaryllide
      Vorrei precisare che la leggenda del "poor white for Trump" è, appunto, una leggenda. La vittoria di Trump è frutto di abominevoli Gerrymanderings operati dal 2012 in poi dai Tea-Party-Repubblicans, resi onnipotenti da CitizensUnited vs. Board of Election (e stavolta mi fulmini Benn per l'inglese), che, putacaso, ha liberalizzato l'afflusso di denaro nelle elezioni e nei media - cosa che conferma quanto detto fino alla rottura della tastiera dal Presidente Emerito circa gli oligopoli mediatici.
      I lumpen, semmai, erano per Hillary, considerata la capacità dei NeoDem di organizzare i ghetti etnici delle grandi città (vedi vittoria di Hillary in Illinois, ovvero a South Chicago).
      I poor-whites, ovvero i lavoratori dell'Appalachia, delle labour wars degli anni '20, della New-Deal-coalition e della War on Poverty, ammesso che abbiano votato Trump (basta guardare i rallies di Trump, solo bianchi ricchi) lo hanno votato per disperazione contro il Governo di Wall Street.
      Questo per dire che i colletti blu non sono degli idioti, devo ricordarvi io per chi hanno votato i sobborghi di Torino?)
      Presidente, quando parla di una verifica preventiva della CCost per i trattati la intende come un parere obbligatorio (come il parere obbligatorio del ConsSt e il visto della CConti per i regolamenti governativi) o un potere di piena bocciatura, aggirabile solo con revisione costituzionale? Immagino la prima, ma vorrei essere sicuro.

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    4. Parere obbligatorio, non vincolante, ma difficilmente aggirabile una volta emesso nel senso della illegittimità (totale o parziale).

      Sarebbe una prova, finalmente, per verificare se i controlimiti siano stati enunciati solo per non essere applicati (fino al punto di rinviare alla CGUE per evitare di assumersi responsabilità sul travolgimento dei trattati, una volta che su qualsiasi questione, anche "minore", la formula avesse avuto un'applicazione. Per definizione riproducibile su casi eclatanti e di grande portata...)

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    5. La Corte infetta da Prosperetti darebbe parere positivo ad ogni cosa.
      La Corte presieduta da Lei (per la quale sono prossimo a pregare il Dio da me tanto spesso vilipeso e che credo si stia vendicando) non avrebbe bisogno di simili escamotage.
      Grazie in ogni caso per la risposta, come sempre eccellente.
      E grazie per tutto il resto, che non è poco.

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    6. @amaryllide
      Le seguenti regole sono costantemente osservate IN QUESTA SEDE, da anni e senza eccezioni (il che consente un alto livello del dibattito, con un approfondimento utile ai fini informativi del blog):
      1) non sono consentite repliche illimitate tantomeno a distanza di giorni: ci sono altri blog per fare discussione e polemica;
      2) qui non funziona questo metodo: non sono a disposizione di chiunque desideri mostrare polemicamente le sue opinioni personali sugli argomenti del post: la scienza del diritto può dare a taluni l'impressione di essere solo argomentazioni sviluppabili "permeisticamente".

      3) non è così: discutere di analisi economica del diritto pubblico, e di scienze sociali in generale, presuppone dei processi di studio/apprendimento nonché, di conseguenza, cognitivi, che conducono a un pensiero sistematico e ad un linguaggio condiviso entro un ambito BEN RICONOSCIBILE di studiosi.

      4) Se si vuole ragionare IN QUESTA SEDE occorre dare prova di accostarsi agli argomenti entro questo pensiero sistematico e questo linguaggio: la vistosa carenza di questi indispensabili prerequisiti è evidente nel lungo commento che le è già stato consentito.

      5) Chi dialoga, entro il metodo scientifico così definito, fornisce informazioni e punti di vista oggettivamente utili.

      6) Anche a chi fa osservazioni "libere", ma in spirito cooperativo e, consapevolmente, senza la pretesa che siano tecnicamente rigorose, è dato spazio perché comunque la sua intenzione è volta a comporre un processo di informazione e di apprendimento: giova ad una consapevolezza diffusa.

      7) Ma chi permeisticamente insiste a postare repliche su punti relativamente ai quali, - ove possedesse le competenze necessarie-, si renderebbe conto di aver già avuto risposte, e lo fa, per di più ignorando, il contenuto del post, non fornisce un contributo apprezzabile di alcun tipo.

      La situazione del nostro paese è critica: il mio tempo è limitato e lo utilizzo con spirito di servizio in una sede in cui metto a disposizione informazioni ed analisi altrimenti non disponibili, o difficilmente disponibili, per l'opinione pubblica.
      Per questo non c'è tempo da perdere in soggettive e sterili polemiche. IN QUESTA SEDE.
      Altrove si possono impiegare il proprio tempo e le proprie energie come meglio si crede...

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  2. Non sono d'accordo per due motivi.
    In primo luogo per modificare la Costituzione (sia pure in modo minimale) è necessaria una maggioranza parlamentare già acquisita. Quindi, dato che l'attuale sistema di potere non si darà la zappa sui piedi, stiamo parlando di una favola.
    Inoltre, anche nell'ipotesi che tale modifica venisse applicata, finiremmo nel paradosso di una situazione ancora peggiore dell'attuale. Mancando l'obiettivo del 50% le elezioni vengono invalidate; il parlamento precedente è stato già sciolto per cui tutto è nelle mani del governo e del PdR; che senza parlamento avrebbero le mani ancor più libere di operare.
    Sinceramente non mi pare granché come proposta.

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    1. Sulla seconda obiezione rinvio alle due risposte precedenti (cioè l'effetto dissuasivo delle politiche neo-liberiste è preventivo e in re ipsa: si tratta solo di passare per una fase di transizione iniziale di riaggiustamento dell'offerta politica...).

      Sulla mancanza di un'attuale maggioranza parlamentare per introdurre tale meccanismo, parliamo di una revisione costituzionale di portata minima e apparentemente diretta a contrastare aspetti di "disaffezione" dell'elettorato che, da anni, tutte le forze politiche dicono di voler correggere.
      Dunque, rispetto ad altre e più vaste riforme, sarebbe certamente più fattibile; anche perché chi non la volesse dovrebbe tirarsi indietro e contraddirsi, mentre gli effetti sistemici della modifica, se apertamente contrastati, obbligherebbero le forze politiche avverse a dichiarare apertamente la loro considerazione dell'elettorato (aprendogli gli occhi e facendo emergere nel pubblico dibattito ciò che è qui ipotizzato come soluzione fenomenologica tecnico-istituzionale).

      Comunque, non è in questa sede che va opposta la fattibiltà politica di questa o quella soluzione tecnico-giuridico-istituzionale avanzabile a livello divulgativo. La funzione dell'elaborazione delle scienze sociali è proprio quella di introdurre nuove idee e nuove prospettive.
      E "non mi pare granchè" criticare senza sapere in che contesto ci si sta esprimendo e senza neanche aver ben compreso il post.

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  3. Per quanto mi riguarda, in linea di principio mi pare un’idea bellissima, con profonde radici nella scienza giuridica romanistica e nel pensiero democratico, particolarmente italiano. Non posso che richiarmarmi al libro di Giovanni Lobrano, Res publica res populi (Giappichelli, Torino, 1996): l’autore chiarisce che nei pensatori moderni che hanno ripreso l’istituto romano (da Rousseau a Fichte) il fine era proprio quello di contrapporre la sovranità al governo a tutto vantaggio della prima. E così fu inteso dalla miglior giuspubblicistica romanista italiana, di là delle distorsioni di Mommsen: Bonfante considerava l’istituto il “lato negativo della sovranità” (pag. 348); nel vecchio Giuseppe Grosso, celebre romanista, membro del CNL e sindaco di Torino, come dice Lobrano (pag. 350), “la riflessione sul tribunato romano si connette – con reciproca illuminazione e incidenza – alla interpretazione della Costituzione repubblicana italiana”, conducendolo a ritenere legittimo lo sciopero politico proprio attraverso l’attribuzione di una possibile funzione “tribunizia” ai sindacati. Che cosa può esserci di più logico di una sua diretta riconduzione, in forma diffusa, a quella che ne è la fonte, cioè il popolo?

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  4. Mi verrebbe di proporre di aggiungere, su ogni scheda elettorale, la voce "NESSUNO di QUESTI" riferito alle Liste presenti. Forse così il Dissenso Democratico avrebbe un volto attivo

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  5. UN consigliere comunale pd di Ancona ,tale urbisaglia ha scritto su fb una sciocchezza riguardo a Giuliani del tipo"Se il carabiniere fosse stato mio figlio gli avrei detto di mirare meglio" altro non che è un "sintomo lieve" :"il male incurabile" viene da persone di ben altro spessore vedi l' editoriale ,non il commento su fb ma un editoriale sul Corriere della Sera del 17 luglio di angelo panebianco (vedi chi è qui https://it.wikipedia.org/wiki/Angelo_Panebianco)
    .http://www.corriere.it/.../costituzione-2ba03ff2-6d83... roba da art.290 del codice penale"Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo, o la Corte costituzionale, o l’ordine giudiziario è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
    La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato o quelle della liberazione.

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  6. "Non può esistere sovranità popolare senza controllo dei cittadini sui trattati internazionali che sempre più limitano la sovranità stessa."

    Nell'antica Grecia tutti i trattati (inclusi i trattati di pace) fissavano una durata (da alcuni mesi fino a 50 anni).

    La durata pattuita era tanto piu' lunga quanto piu' una delle due parti pensava di violare i termini del trattato in breve tempo, in quanto la pace veniva universalmente considerata come un semplice periodo di pausa tra le guerre, guerre che dovevano periodicamente e necessariamente essere scatenate dal piu' forte per continuare ad imporre il suo dominio.

    Non mi risulta che nulla sia cambiato da allora.

    Forse e' un bene che i trattati non siano soggetti a referendum popolare ma e' certamente insensato non fissare in costituzione una durata massima di validita' dei trattati.

    Probabilmente la durata massima di un trattato (prima della sua eventuale rinegoziazione) non dovrebbe eccedere 25 anni (una generazione circa).

    Ogni trattato riflette sempre i termini imposti dal piu' forte e a nessuno stato (o alleanza di stati) dovrebbe essere permesso di tentare di congelare 'per sempre' i rapporti di forza validi al momento della sottoscrizione.

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    1. Se si è avuta la bontà di seguire il blog dal suo inizio, si è più volte parlato della contrarietà allo ius cogens (inteso, specialmente in tal caso, come ius commune naturale) del trattato economico "eterno"; il diritto internazionale generale, esclude la validità, in astratto, di qualsiasi vincolo sine die e "perenne".

      Ma tutto questo non ha neppure bisogno di essere scritto in Costituzione. Tutta la pretesa della durata "illimitata" vantata dagli attuali €urotrattati, è in realtà una costruzione che riposa su un solo presupposto: far passare abbastanza tempo e generare una consuetudine abrogatrice (inammissibile per le Costituzioni scritte), ad un livello di condizionamento psicologico e culturale così profondo da non generare prima o poi alcuna resistenza...prima o poi.

      Ma di certo non possono reclamare, né ora né probabilmente mai, alla luce dei principi sia costituzionali nazionali che del diritto internazionale generale e "civile", ALCUNA LEGITTIMITA' di un vincolo perpetuo e ineludibile che si sovrapponga alla sovranità democratica prevista in Costituzione.

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    2. "Ma di certo non possono reclamare, né ora né probabilmente mai, alla luce dei principi sia costituzionali nazionali che del diritto internazionale generale e "civile", ALCUNA LEGITTIMITA' di un vincolo perpetuo e ineludibile che si sovrapponga alla sovranità democratica prevista in Costituzione."

      Mi domando allora: se non fu legittimo sottoscrivere i trattati di istituzione della CEE (in quanto 'perpetui') perche' non sollevare una eccezione nella sede piu' opportuna?

      E ancora: una pattuizione illeggittima (durata perpetua) invalida tutto il resto o magari puo' essere sanata con un nuovo trattato in cui sia indicata la durata?

      Si legge infatti presso il sito EU:

      "I trattati che istituivano la Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità europea dell'energia atomica (CEEA o «Euratom»), o trattati di Roma, firmati il 25 marzo 1957, sono entrati in vigore il 1° gennaio 1958. Contrariamente al trattato CECA, i trattati di Roma sono stati stipulati «per una durata illimitata» (articoli 240 CEE e 208 CEEA) che ha conferito loro un carattere quasi costituzionale."

      Quindi, nella mente degli estensori dei trattati CEE, l'equivalenza truffaldina "durata illimitata = in perpetuo = costituzionale" era ben nota ed e' stata razionalmente perseguita.

      Infatti, a differenza della CEE/EU, la CECA si e' dissolta nel 2002 allo scadere dei 50 anni pattuiti.

      Se si riuscisse a far introdurre una durata nei trattati CEE/EU, anche molto lunga di 60-80 anni (per la CECA furono ben 50), sarebbe gia' un grandissimo risultato.

      Le parole "durata illimitata" in generale mi fanno tornare in mente l'intestazione del foglio di congedo che mi fu dato alla fine della naia:

      "Foglio di congedo illimitato PROVVISORIO".

      Chi escogito' la formula del congedo militare la sapeva lunga.

      Nella storia umana infatti nulla e' mai stato 'perpetuo' (cioe' di durata illimitata, se mai solo di durata indeterminata), proprio perche' come dice il diavolo nel romanzo "Il maestro e Margherita" di Bulgakov:

      "Il vero problema dell'uomo non e' che e' mortale, ma che e' IMPROVVISAMENTE mortale".

      Siccome tutto e' provvisorio, tanto vale cercare di pattuire anche la provvisorieta', quindi indicare la durata nei trattati internazionali.

      Quando occorre discutere del'ovvio (cioe' che ogni pattuizione DEVE indicare un termine di durata) vuol dire che tanto ovvio non e'.

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    3. In linea logica avresti pure ragione...
      Ma siccome "rigore è quando arbitro fischia", e pure "illegittimità costituzionale" è quando la Corte la dichiara, ben ci vorrebbe che i trattati, nell'insieme delle loro previsioni, e in particolare circa la natura esplicitamente politica che intendono assumere, fossero finalmente chiari alla Corte stessa (ex multis):
      1) http://orizzonte48.blogspot.it/2016/05/lantica-incomprensione-delluropa-e.html
      2) http://orizzonte48.blogspot.it/2016/08/lincomprensione-delluropa-alla-corte.html

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  7. Premetto di essere assalito dai cinque minuti del PERMEISTA (pertanto sentitevi tutti liberi di lapidarmi) ma a livello di legislazione ordinaria si dovrebbe ristabilire l'esclusività del finanziamento pubblico dei partiti, con divieto assoluto di finanziamento da parte dei privati. Il sistema politico riacquisterebbe autonomia (anche da iniziative giudiziarie ad oggi molto più ispisate da moralismo demagogico che da un'analisi laica della legislazione vigente). In difetto è illusorio sperare che qualsiasi attuale ed improvvisato comitato elettorale (questo sono oggi i partiti)faccia politica e si arrischi a interpretare e difendere l'interesse nazionale.

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    1. Ahi, non hai più seguito il blog...

      1) http://orizzonte48.blogspot.it/2015/09/riforma-costituzionale-e-finanziamento.html
      2) http://orizzonte48.blogspot.it/2015/03/democrazia-partiti-di-massa-e.html (p.2)

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    2. Vabbè ammetto che negli ultimi tempi son stato distratto... La consapevolezza acquisita qui e da Bagnai mi aveva sprofondato in un pessimismo cosmico che ha messo in serio pericolo le relazioni affettive, anche le più basilari. Per cui confesso di essermi un pochino distaccato per coltivarmi false speranze ed illusioni che sebbene caduche ed effimere, mi hanno consentito di tirare innanz, e di riprendere fiato. Se anzi qualche volta si potesse riproporre qualche post di aggiornamento frattalico la mia compagna gliene sarebbe davvero grata. L'illusione dell'arrivo della V Armata (o se preferisce del settimo cavalleggeri o ancora l'inaspettato ribrillare nel cupo firmamento dello Stellone Italiano) mi faciliterebbe le relazioni personali e la quotidiana acquisizione della consapevolezza sullo stato delle cose presenti. Parafrasando Massimo Troisi:" Che vi ho fatto di male? Perchè siete tutti così sinceri con me?".

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    3. Fratello (perché tale ti considero) capisco benissimo come ti senti, ma forse ho avuto la fortuna di avere accanto non chi capisce, ma chi per prima mi ha aperto gli occhi.
      Per questo ti dico: non sei solo.

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  8. Visto ad esempio questo editoriale di Panebianco, non posso che essere d'accordo con quanto si afferma nel passo: "Basterebbe eliminare il quorum del 50% per i referendum (abrogativi delle leggi), con una minima interpolazione dell'art.75 comma 4, della Costituzione, e invece introdurlo per la validità delle elezioni politiche, con una minima modifica dell'art.48 Cost., tesa a salvaguardare in concreto la "effettività" e la "libertà" del voto...". Certo, si andrebbe incontro in caso di elezioni ad un impasse in stile Belgio, ma almeno la democrazia avrebbe un non indifferente puntello. Sul fatto del "mancato" raggiungimento del quorum alle politiche però soprassiederei, visto che a quanto pare, quando conta, degli italiani ci si può fidare stando a questo grafico sullo storico affluenza alle politiche... chissà perchè il declino parte dal 1979... chissà perchè...

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    1. Considera però che quelle affluenze sono avulse dalla possibilità effettiva e istituzionale di rendere significativa l'astensione: lo strumento suggerito avrebbe, come illustra la parte finale, una forte capacità preventiva...

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