martedì 22 maggio 2018

COSA PONE VERAMENTE IN PERICOLO L'EUROZONA. IL CONTO CHE LA GERMANIA NON PAGHERA' MAI



1. Quello che dovrebbe farci riflettere, ben al di là del brain (?) storming internazionale (!) sul nome del possibile presidente del consiglio, è l'evoluzione dello scenario all'interno dell'unione monetaria
In pratica, il nostro problema cognitivo (e per nostro intendo il punto di vista riflesso dai media italiani) è che non si riconosce un dato storico fondamentale: l'Italia, nonostante le tattiche dichiarazioni di vari personaggi impegnati a difendere uno status quo ormai traballante (peraltro legittimamente: ma solo se si ammette, senza ipocrisia, che sia legittimo perseguire il rispettivo interesse nazionale), non è e non è mai stata una minaccia per la moneta unica

2. Al contrario, avendo accettato, quali che ne siano le ragioni,- certamente non costituzionalmente giustificabili (come preannunziava Basso, qui: p.7,  e come ammetteva Carli negli anni '70; qui p.7), una profonda ristrutturazione peggiorativa del proprio status politico, industriale e di benessere diffuso, l'ostinazione italiana a voler aderire e permanere nella moneta unica è il più forte collante che salda gli interessi francesi e tedeschi, altrimenti divergenti; e divergenti (ancor più) proprio a causa della moneta unica, creando una comune convenienza a tenere un paese, l'Italia, in una situazione che li avvantaggia a nostro danno.
Ne discende che, proprio perché l'Italia (id est: le sue classi dirigenti) si è dimostrata insensibile a tale esorbitante costo socio-politico, e capace di mantenersi in rotta con l'aggiustamento strutturale imposto dalla moneta unica, fino al punto di sistemare sia uno stabile attivo delle proprie partite correnti che il miglioramento di una posizione netta sull'estero più "sana" di quella di molti altri paesi dell'eurozona (ovviamente eccettuate Germania ed Olanda), che la reciproca convenienza franco-tedesca, in danno dell'interesse italiano, inizi a vacillare.

3. Si spiega così perché oggi Dombrovskys, vice-presidente della Commissione Ue, e persino il ministro degli esteri lussemburghese Jean Asselborn, si affrettino a porre caveat preventivi sulla formazione di un governo italiano che, pure, riflette la maggioranza emersa da un democratico processo elettorale; rispetto al quale, in base a qualsiasi norma dei trattati si voglia considerare, non sono legittimati ad un'interferenza politica preventiva e, peraltro, inedita...salvo il caso della Grecia del "primo" Tsipras.
Ma la differenza tra la situazione della Grecia della primavera del 2015 e quella italiana attuale è troppo evidente per non rendere sospetto questo profluvio di interferenze sulla nostra democrazia interna, e non far ritenere che la verità sta proprio nel fatto che l'Italia "allarma" non per la sua debolezza ma per la sua (potenziale) forza, la cui rivendicazione farebbe crollare la grande costruzione oligarchica del capitalismo finanziario che culmina nell'euro. 
Basti dire che l'Italia non solo è in attivo ormai stabile delle partite correnti, non solo vanta un notevole miglioramento della PNE, ma è contribuente netto nel bilancio dell'intera Ue, nonché pesante contributore dei fondi di salvataggio (ESM e suoi antecedenti), le cui erogazioni sono andate a vantaggio di altri.

4. Piuttosto, una volta abbracciata questa chiave di lettura si può meglio decodificare il "messaggio" lanciato da un recente (ed ennesimo) "appello" di 154 economisti tedeschi: vederlo semplicemente come l'ennesima reprimenda (indiretta) contro l'Italia sprecona e irriconoscente, (nel modo in cui comunque si sono espressi Gros, Fuest, Sinn & co; qui, p.3), risulterebbe miope o, più esattamente, molto fuorviante. 
L'appello è un vero e proprio cannoneggiamento preventivo non diretto all'Italia, ma alle riforme dell'eurozona che vorrebbero proporre Macron, in prima battuta, e Juncker (nei limiti di un ruolo che si avvia al suo termine e in vista di problematiche risultanze delle prossime elezioni europee).
Basta vedere come il medesimo appello sia percepito da una fonte USA notoriamente vicina ai repubblicani; il titolo del commento di Politico è già "tutto un programma":
SURPRISE! 154 GERMAN ECONOMISTS AGAINST EUROZONE REFORM Per gli economisti tedeschi, non certo dei provocatori-disturbatori, un'unione di "condivisione dei rischi" è da evitare. Le idee di riforma di Juncker e Macron sono pericolose perché finirebbero per "socializzare" quelli che gli economisti prevedono che saranno i futuri errori di gestione dell'eurozona da parte dei non-German.
5. Rammentiamo che questa ansia tedesca rispetto all'eurozona, e proprio in quanto scientemente congegnata in termini antisolidaristici nei trattati, e quindi destinata a portare un conto "politico" crescente al paese che tale antisolidarismo ha imposto e sfruttato, non è nuova: avevamo già visto che sullo Spiegel, con più moderazione (da interpretare, peraltro), si era riportata "l'idea...di far valere il tetto del 3% di deficit per l'insieme della zona euro, affinché diventi meno importante il suo rispetto da parte dei singoli Stati. 
Perché - è il ragionamento dello Spiegel - quelli in pareggio, o in surplus, compenserebbero i deficit elevati.
Far rispettare la regola del 3% solo all'intera Eurozona, scrive lo Spiegel, "avrebbe dei vantaggi per i Governi che non vogliono risparmiare", cioè che non vogliono tagliare la spesa pubblica. Perché "più alcuni Paesi portano i bilanci in pareggio o accumulano surplus, più altri possono avere deficit alti", visto che il 3% non va superato nell'insieme."
6. Rinviamo al post linkato per gli aspetti relativi a come questo escamotage potesse evitare alla Germania qualsiasi aggiustamento reflattivo e, in pratica, re-indurre in indebitamento da (modesta) espansione i paesi "debitori" dell'eurozona. Da calcolare, tra l'altro, che dato il suo peso ponderale nell'economia dell'eurozona, l'Italia sarebbe risultata tra i paesi avvantaggiati, poiché i suoi attuali percorsi verso l'obiettivo di pareggio strutturale di bilancio l'hanno portata, per prima e con un vantaggio di un numero considerevole di anni, a rispettare il 3% e anche a registrare un dato inferiore. A differenza di Francia e Spagna.
Ma il vero nodo della questione è sempre identico a quello che ora, senza mezzi termini, sollevano i 154 economisti tedeschi: la Germania non ha alcuna intenzione di mutare le proprie politiche di competizione mercantilista all'interno dell'eurozona, e dell'intera Ue, e non ha alcuna intenzione di condurre politiche fiscali espansive e reflattive.
Eppure, secondo la stessa Commissione, persino in applicazione del fiscal compact, i cui parametri rispetto infatti con "eccesso" (di zelo), la Germania dovrebbe intraprendere un aggiustamento fiscale che la porti a un deficit di bilancio aggiuntivo di 0,8 punti di PIL (v. qui tabella al p.2)

7. La sintesi che se ne poteva ricavare - e che viene confermata dall'uscita dei 154 economisti- è che le riforme di Macron, per quanto riguarda l'interesse tedesco (che gli stessi privilegiano sopra ogni altra considerazione), sono fuori questione; cioè sono esse stesse a porre in pericolo l'eurozona, non certamente gli sviluppi della situazione politica italiana.
Beninteso: il presunto solidarismo dell'impostazione macroniana non ha nulla a che vedere con "l'unione di trasferimenti" che dovrebbe completare la moneta unica già nelle pallide intenzioni del rapporto Werner; si tratta, come abbiamo più volte visto, di un mero meccanismo assicurativo (qui, p.4), in cui non solo si paga un premio esoso e fiscalmente insopportabile, ma in cui le prestazioni dell'€uropa-assicuratrice sono soggette alla pesante "franchigia" di condizionalità che segnerebbero il dominio politico del paese, o dei paesi, che avessero il controllo delle rafforzate istituzioni dell'eurozona. Cioè cessione integrale e definitiva di sovranità in cambio di cieca obbedienza agli interessi stimati dai paesi dominanti.

8. Solo che, poiché alla Germania le cose vanno bene così come stanno, nella sostanziale impunità del suo supersurplus estero di 8,5 punti di PIL e con un saldo di bilancio pubblico ormai in attivo, anche questa prospettiva di condivisione del potere, sostanzialmente coi francesi, non li alletta e la vedono come un'intrusione intollerabile.
Al punto da lasciar appunto intendere che potrebbero lasciare l'eurozona, accettando che gli altri mantengano l'euro con regole fiscali meno asfissianti in modo da poter contare ancora sulla domanda dei paesi dell'eurozona, pur reimpossessandosi del proprio marco alquanto rivalutato (v. qui, pp.6-8).

9. Ed allora, oggi più che mai il richiamo alla insostituibilità della moneta unica e a far coincidere (paradossalmente dal punto di vista storico ed economico) un qualche "interesse nazionale" con il suo mantenimento ad ogni costo (qui, p.4), rischia di diventare una valutazione imprudente e viziata da una rigidità di linea politico-economica priva di un realistico "timing"
Se proprio si volesse considerare razionalmente la situazione politica che si sta profilando nell'eurozona, senza farsi obnubilare dai condizionamenti autodenigratori e dai sensi di colpa (infondati), le nostre istituzioni dovrebbero essere molto, ma molto, più attente all'effettivo intreccio e contrasto di interessi che (come previsto) avrebbe indotto la moneta unica; una situazione da considerare senza provincialismo ed in cui non c'è solo in gioco la nostra credibilità in forma di pacifismo scollato dalla coscienza informata delle scelte che si subiscono.
E, sempre prudentemente e saggiamente, sarebbe da considerare l'idea di un Piano B
La Germania il conto non lo vuole pagare: lo si sappia perché è un suo comportamento abituale.

21 commenti:

  1. Eppure, i numeri, quelli semplici, dicono che hanno sbagliato ben due volte i calcoli strategici. Perché dovrebbero dare forza al noto proverbio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ci sono numeri e numeri.
      Non tutti i numeri sono uguali.
      Alcuni numeri sono piu' uguali degli altri, altri non interessano proprio.

      http://mondoweiss.net/2018/05/military-palestinians-protests/

      Elimina
  2. Non se ne esce; la Germania non ha alcuna intenzione di "sciogliersi" in un altro Stato, in conformita' ai loro dettami Costituzionali se non erro. Ergo non avremo MAI un altro Stato, ERGO una moneta unica e' semplicemente un modo per trasferire ricchezza dai paesi debitori a quelli creditori. ERGO dobbiamo filarcela alla svelta, cosa impossibile visto che le piu' alte cariche dello Stato (di quale Stato?) sono ormai degli amministratori di una colonia per conto dei padroni.
    Forse la nostra Costituzione dovrebbe essere ancora piu' stringente in merito alle prerogative di un Presidente della Repubblica; non sono un esperto in materia, ma non penso proprio che oggi un Presidente possa bocciare Ministri scelti dal PM in pectore, e bocciare programmi a lui sgraditi. Dopo Cossiga secondo me i Presidenti sono usciti dall'alveo .....
    Ma non essendo un esperto posso sbagliare

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Premesso che non sono un esperto, e che quindi la mia risposta al tuo commento è da considerarsi un pourparler, credo che il potere che ha il PdR di nominare il PdC e i ministri abbia a che fare con la sua prerogativa principale, e cioè quella di custode della nostra Costituzione. Seguendo questo ragionamento, non vedo quale ragione Mattarella possa addurre nel bocciare il Prof. Conte, il programma di governo, o altri nomi di ministri che sono stati fatti a livello di gossip. Mi chiedo come si giustificherebbe, almeno formalmente, il prolungamento di questa crisi di governo.

      Elimina
    2. Articolo 92 Costituzione:
      "Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.

      Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.". Una volta quindi che le due forze politiche che andranno a formare il governo hanno il nome del candidato PdC come richiesto dal PdR, questi lo "deve" accettare. Sarà poi il PdC a presentare i Ministri che il PdR dovrà nominare. Se li "dovesse decidere" il PdR si creerebbe un vulnus non da poco... vedremo stasera ore 17:30. Savona all'Economia è sostanzialmente il nodo del contendere.

      Elimina
    3. Come giustificherebbe Mattarella di fronte all'Italia non nominando ministro Savona? È un pericoloso eversivo? Intende ricostituire il partito fascista? Essere "no euro", (tra l'altro da poco) non mi risulta essere una ragione di conflitto con la Costituzione, anzi su questo blog abbiamo imparato che è vero il contrario.

      Elimina
  3. Quando gli stessi liberali si scontrano con la realtà dei dati: i più fasci sono i moderati.

    Si poteva stupire solo un americano cresciuto a liberty, freedom e statocattivonemicodellesocietàaperte...

    (Tra l'estrema destra liberale e l'estrema sinistra liberale, i moderati liberali si rivelano la storica colonna portante del totalitarismo del mercato)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come ben sappiamo (li riaccenno per i nuovi lettori), non è possibile definire destra-sinistra senza prima determinare la posizione ideologica comune di un gruppo sociale (e delle sue preferenze politiche) rispetto al capitalismo del "libero mercato" ed al ruolo che, rispetto ad esso, debba svolgere lo Stato (Robbins docet).
      Come appunto ci insegnano gli scritti di Einaudi dei primi anni '20.

      Chiaro che questa classificazione è tanto più significativa in quanto si comprendano le ragioni per cui, a un certo punto della traiettoria del capitalismo-liberale (sia pure in diversi momenti nella storia di aree geopolitiche a diverso e sfasato sviluppo), si affermi il suffragio universale (anteriormente al quale l'autoritarismo governativo non aveva bisogno di ricorrere a sovrastrutture come il fascismo).

      Elimina
    2. Mi sembra infatti giunto il primo 'pizzino' al nascente governo.

      L'incidente ferroviario di Torino presenta infatti inquietanti analogie con l'incidente ferroviario occorso al treno speciale che trasportava i senatori GOP (sostenitori Trump) con le famiglie.

      Anche in quel caso un mezzo pesante si poneva di traverso sui binari con un così preciso tempismo da rendere impossibile la frenata al macchinista.

      Elimina
    3. Un po' come dice in queste ore il mio filosofo americano preferito....

      (aveva già asfaltato Musk su come gli anarcocapitalisti facciano i miliardi grazie allo Stato, privatizzando gli utili e socializzando le perdide... a proposito di Robbins e dello statalismo liberista)

      Elimina
  4. Ho appena finito di leggere il libro inchiesta di Paolo Cucchiarelli "L'Ultima notte di Aldo Moro" - Ponte alle Grazie, 2018.

    Un'attenta e coraggiosa ricostruzione della strage, del rapimento, dell'epilogo: l'ultima notte di Aldo Moro.

    Una storia di vincolo esterno che i lettori di Orizzonte48 possono facilmente collegare ai giorni nostri (vedi post di Quarantotto "1978 E 1992").

    Una storia di mancata reazione al vincolo esterno, una storia di sottomissione, di accettazione, tacita ed ipocrita, della violenza del vincolo esterno. Con alcune, poche, voci e azioni contrarie in favore dell'umanità, della verità, del bene, a partire da quella di Aldo Moro, che aveva capito tutto, e di Sciascia.

    I lettori di Orizzonte48 possono aggiungere altre consapevolezze a quelle raggiunte con grande merito da Cucchiarelli che, qui, ringrazio di cuore.

    RispondiElimina
  5. Chi ha letto "L'Affaire Moro" di Sciascia, trova nel libro di Cucchiarelli le conferme di quello che ciò che Sciascia, subito dopo i fatti, aveva intuito e indagato e che ancora oggi si vuole ignorare e fare ignorare.

    "La verità è una cosa che si sente" scriveva Sciascia, ricorda oggi Cucchiarelli.

    RispondiElimina
  6. Ora: a me Savona non convince, non mi convince la sua storia, non mi convincono i suoi amici lontani, non mi convince il PdC incaricato. Non mi convince la politica del programma di governo, nei punti che accennavo qui qualche post fa. Non mi convincono (per usare un eufemismo) alcuni commenatori del blog e alcune idee espresse dal blogger: l'ho sempre detto e ci ho anche discusso veementemente.

    Questo preambolo per dire che non son una sostenitrice assoluta e incondizionata di quanto viene esposto qui come in altri blog vicini a questo. Da molti sono anzi ben lontana e non sono vicina a cambiare idea.

    Ma tutto questo scompare annientato come neve dalla folgore davanti all'idea, anzi alla realtà, che per formare il governo italiano in seguito a elezioni si suppone regolari (attendiamo la comparsa di Putin il matto dei tarocchi da un momento all'altro) un PdC incaricato, debba andare a farsi mettere sotto esame da un banchiere di un organismo cosiddetto indipendente! Spiegassero i personaggi coinvolti da quale articolo costituzionale discende una simile scelta, o da quale consuetudine prassi o altra qualsivoglia fonte giuridica una banca debba esprimersi in modo pregiudiziale e ufficiale sulla formazione di un governo, chiedendogli magari impegni e dichiarazioni pubblici. Spiegassero coloro che cianciano di supremazia del diritto EUropeo dove mai anche li' si stabilisce che sia una banca, dove si arriva per nomina, a decidere di ministri o non ministri o altre cariche dell'unione designati in seguito a risultati elettorali.

    I banchieri centrali vicini e lontani nel 2011 hanno già messo bocca nelle sorti del luogo ove sono casualmente nata, ordinando al Parlamento di legiferare pur senza aver alcuna autorità per farlo, gettandoci con le loro pretese in un disastro economico e sociale senza precedenti in tempo di pace. Sarebbe sufficiente per rifiutare di dar loro ascolto per sempre, se essi stessi non hanno la decenza di capire quando è meglio tacere, altro che dover passare a chiedere la loro sovraistituzionale benedizione legibus soluta. Ci sarà tempo dopo, a governo insediato, per esporre lo stato dell'economia italiana, compito che toccherebbe ad ogni modo se mai anzitutto al ministro dell'economia uscente.

    O forse si vuol far comprendere a suon di schiaffi a tutti i cittadini che l'esautorazione di tutti gli organi costituzionali è oramai completa?

    A volte sembra rimanere solo il diritto di respingere il sopruso e l'invadenza. Non importa a fianco di chi.
    Vogliono davvero spingerci a questo?

    RispondiElimina
  7. Presidente domani mi tocca andare a sentir parlare di costituzione.
    Giornata organizzata per le scuole medie dal distretto scolastico.
    Spero di non dover tirare fuori i pomodori ma ho il sospetto che mi toccherà sentire la propaganda in azione.

    RispondiElimina
  8. Sarà la Storia a "convincere"... e la realtà si scontrerà con forza contro chi non ha altro rifugio che falsa coscienza.

    RispondiElimina
  9. ...sono in vena di cellaismo. Sto sognando che si stiano facendo i conti per una maggioranza diversa. In fondo si sapeva che bisognava pur realizzare lo scenario Citigroup...

    RispondiElimina
  10. Accordi commerciali tra Macron e Putin? Sempre più paura che ci dicano di sì, e che si proceda con il Piano A.

    RispondiElimina