giovedì 3 maggio 2018

€SSI TORNANO: TRA STATO DI DIRITTO COME CONDIZIONALITA' E (ENNESIMA) "GRANDE RIFORMA" COSTITUZIONALE


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1. Chiunque abbia seguito, o almeno tentato seriamente di seguire, questo blog, si rende conto di quanto lavoro è stato fatto, quanti temi sono stati affrontati e approfonditi, quante strutture di pensiero e "fenomenologie" sono state ricostruite.
Il percorso partito ormai da quasi 6 anni muoveva dall'idea che occorresse una consistente dose di risorse culturali per recuperare la ragione profonda di quell'episodio, unico nella storia italiana e, più ampiamente, dell'intero mondo occidentale, che era culminato nella nascita della Costituzione del 1948.
Crediamo, forse a torto, che tale episodio, lungi dall'essere oggetto di una mitopoiesi, sia stato illustrato per il suo enorme, anzi: insostituibile, valore di testimonianza: la testimonianza della concreta possibilità del verificarsi di circostanze, senza dubbio eccezionali, in cui un popolo tenta di dare una forma democratica all'autoorganizzazione della propria vita civile e in questa forma (intesa in senso storico-sociale), infonda al futuro degli esseri umani che ne sono coinvolti, una sostanza necessitata. E ciò nel senso della condivisione del modo di essere delle proprie istituzioni che persegua l'eguaglianza sostanziale e la giustizia sociale come precondizione, senza alternative, per la realizzazione dello Spirito umano.
E abbiamo creduto, per la stessa necessità sostanziale, che la ricostruzione degli alterni e poi drammatici sviluppi scaturiti "da" (o meglio sovrappostisi "a") quel grande momento storico, - nelle negazioni e nelle aggressioni che l'attuazione della Costituzione ha costantemente subito -, potesse infondere nuova forza all'idea della democrazia sostanziale.

2. Eppure, il dato della cronaca di questi giorni, mostra come qualsiasi tentativo in questa direzione assomigli all'infrangersi su un muro di gomma. 
Vengo ai fatti molto concreti e ve li propongo in versione sintetica (dentro ci sono dei links e ogni lettore assiduo ed appassionato mi pare in grado di trarre le proprie conclusioni, tanto più che i links servono a rinfrescare la memoria):


3. Dunque: lo "Stato di diritto" diviene il presupposto supernormativo, come sempre prevalente sulla Costituzione, per una nuova forma di condizionalità
Una condizionalità particolarmente arbitraria, in quanto ideologica e normativamente vaga, esercitata da parte di istituzioni che predicano l'importanza della soft-law, che impongono le corti sovranazionali che si autocostruiscono i parametri legali di giudizio e, come ci segnala Bazaar, teorizzano la tecnocrazia politicamente irresponsabile in forma di «adhocrazia» (naturalmente facendo a meno di ogni organizzazione statuale e del disprezzatissimo concetto di Nazione che le si connette).
Dunque come volete che sia reinventato ed applicato, come parametro legale addirittura sanzionatorio, lo stesso concetto, imprecisato e indefinito (v. artt. 2 e 7 del TUE), di Stato di diritto da parte di un'istituzione del genere? 
Se lo Stato di diritto "si caratterizza per il fatto che ANCHE I PUBBLICI POTERI, I GOVERNI, DEVONO RISPONDERE DEL LORO OPERATO IN FUNZIONE DELLE NORME VOTATE DAI PARLAMENTI, possibilmente democraticamente eletti", nell'ordinamento Ue non si riscontra una sola delle più elementari condizioni che ne caratterizzano l'essenza e la funzione (come abbiamo visto sopra e come riassumeva il "mitico" discorso di commiato di Barroso).

4. Ma non è finita.
Sempre nella prospettiva della governabilità (qui, Addendum e qui pp. 2-3) e dell'efficiente e pronto adeguamento dell'azione delle istituzioni democratiche nazionali ai vincoli e alle imposizioni derivanti dall'appartenenza all'€uropa, sul fronte interno, si torna alla carica con la riforma della Costituzione. E che riforma!
Il presidenzialismo alla francese con l'introduzione del ballottaggio (p. 8.1.) come regola ipersemplificativa del quadro politico, in modo da prevenire ogni deviazione, derivante dal dilagante malessere sociale, dal controllo del processo elettorale imposto dai centri di irradiazione mediatico-finanziari promananti dai "mercati":

24 commenti:

  1. Grazie Presidente… però è vero anche questo o no?... (mi corregga se sbaglio)

    Lo so….è un commento che ho postato tante volte… (ma per i nuovi lettori):

    “Lo Stato di diritto muore nel momento in cui si nega che legislativo ed esecutivo siano portatori di funzioni democratiche differenziate”

    Quarantotto16 aprile 2015 14:38

    Lo Stato di diritto muore nel momento in cui si nega che legislativo ed esecutivo siano portatori di funzioni democratiche differenziate: l'assoggettamento dell'Esecutivo alla legge aveva il presupposto dell'assoggettamento del Legislativo alla Costituzione.
    Ora siamo al punto che l'indifferenziato "Esecutivo proponente le riforme costituzionali+Legislativo che "deve" votarle" (magari a colpi di fiducia!) sono liberi di attuare...il vincolo esterno. Cioè l'ordo nuovo del liberismo tecnocratico.

    E' chiaro che in questa ottica, in cui la "governance" modellata (come dice la Venice Commission) sulle istituzioni finanziarie sovranazionali prende il sopravvento sulla rappresentatività democratica, le comunità statali vengono governate come...una banca (privata, naturalmente).

    La retroattività della legge di taglio delle prestazioni sociali previste dalla Costituzione è un passaggio praticamente scontato.
    La "giustizia-ingiustizia" della legge finisce solo per essere parametrata alla logica del pareggio di bilancio e dei creditori degli Stati e non costituisce più un disvalore comunitario.
    Ma non a caso non esiste la società civile ma solo individui...Margaret dixit e l'€uropa lo dimostra senza più alcun argine....

    https://orizzonte48.blogspot.com/2015/04/welfare-spesa-pubblica-pensioni-e.html?showComment=1429187902177#c4939901660880849205

    Aggiungo che lei ci ha provato…..ancora Grazie.

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  2. D'accordo. Da dove bisogna iniziare per insorgere pacificamente a questi abusi?

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  3. "Eppure, il dato della cronaca di questi giorni, mostra come qualsiasi tentativo in questa direzione assomigli all'infrangersi su un muro di gomma."

    Ma anche i tentativi nella direzione opposta assomigliano (specialmente dopo il SI al referendum e dopo il 4 Marzo 2018) all'infrangersi su un muro di gomma.

    La stessa somiglianza però, vista dai due 'schieramenti', conduce a risultati molto diversi.

    Sul 'nostro' fronte sembra prevalere la sottovalutazione dei risultati conseguiti (sia da questo blog che da Goofynomics), sull'altro fronte prevale invece l'odio.

    "L’odio viene dalla somiglianza"
    (Jacques Attali)

    E' così che ragionano i sociopatici.

    Ma i sociopatici, accecati dall'odio, a volte commettono incredibili sottovalutazioni (tipo l'annuncio dei ventimila censori, dimenticando che l'assunzione con selezione EU di così tante persone di lingua diversa in pochi mesi è praticamente impossibile).

    Di sottovalutazione in sottovalutazione, continuando a seminare consapevolezza, chissà...

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    1. « Tutto ciò che ci irrita negli altri può portarci a capire noi stessi » Jung

      Per questo è inutile discutere con le donne (o con le prime donne).

      Se sono insopportabili e ti rinfacciano di essere insopportabile... bè... dicesi proiezione: tempo perso.

      La follia, come la morte, porta la gonna.

      I cattivi sentimenti vanno cordialmente ricambiati: in politica il fine giustifica i mezzi. Machiavelli ricordava l'ovvio.

      Se non fosse così non sarebbero necessarie le leggi. O addirittura le costituzioni.

      Le élite vogliono essere adorate: come finisce 1984? quali sono gli ultimi pensieri di Winston Smith?

      Niente di personale: semplice reciprocità. La lotta di classe presume un antagonismo. Altrimenti diventa banalmente oppressione subita.

      Quando una classe opera costantemente al di sopra delle leggi, si è già di fatto entrati in uno stato meramente politico: uno stato di guerra.

      Quando muoiono certe figure, gioite, festeggiate pubblicamente: non perché mancate di rispetto alle loro famiglie. Ma perché disprezzate le élite come classe. Classe che queste figure rappresentano.

      Lo devono sapere che ricambiate dal profondo il loro disprezzo. Niente di personale: ogni confronto è in primis un confronto psicologico.

      Noi però non li vogliamo morti come persone: per questo ci ha già pensato la loro alienante sociopatia - noi li vogliamo morti come classe.

      Lo Stato nazionale ci difende in quanto classe: e i collaborazionisti odiano più noi di quanto amino se stessi.

      Qual è la morale immorale della storia?

      Che la consapevolezza più importante in guerra è di chi sia il nemico.


      (Immigrazione, austerità e terrorismo sono, ad esempio, il braccio armato delle élite: vallo a spiegare a quelli della quarta teoria politica...)

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  4. Leggendo la relazione illustrativa della proposta di legge presentata al Senato dal PD, che mira a introdurre il sistema presidenziale alla francese, si ha la piena percezione di quanto la cultura oligarchica e anti-parlamentare sia ormai il tratto dominante del gruppo dirigente di questo partito, che ha definitivamente ripudiato la costituzione del 1948 e i suoi principi. Almeno su questo, credo che renziani e antirenziani siano completamente d'accordo. Tutto il discorso è sostanzialmente basato su un presupposto chiaro: che le trasformazioni della società e le cessioni di sovranità all’Europa abbiano reso il Parlamento un ente inutile e anzi dannoso, legato a vecchie concezioni della democrazia, che devono considerarsi superate fin dagli anni ’90, in coincidenza con il tramonto della prima Repubblica. La soluzione è quella di introdurre una democrazia ‘competitiva’ e di ‘personificare’ la politica, come si è fatto in tutta Europa, tranne che da noi:
    “In tutte le democrazie occidentali la personalizzazione della politica agisce da principio di responsabilizzazione dei politici e del sistema, dappertutto tranne che in Italia e in Grecia”.
    “Il presidenzialismo sembra essere dunque quel passaggio che manca e che è necessario per riallineare nella democrazia italiana forma del governo e sostanza del governo, quel passaggio che sembra essere in grado di portare finalmente e definitivamente l'Italia in quella democrazia competitiva, governante e dei cittadini a cui milioni di persone hanno lavorato negli ultimi venti anni e più”.
    “La personificazione della sconfitta ha da contraltare la personificazione della vincita. Il recente confronto tra Macron e Marine Le Pen ha rappresentato il più chiaro esempio di demarcazione nei confronti dell'elettorato di due posizioni contrapposte sulla concezione dell'Europa: da una parte il rafforzamento e rilancio delle istituzioni europee e della zona euro, dall'altra posizioni di stampo più propriamente populiste”.
    Il progetto del PD sembra chiaro, non resterà poi che trovare un Macron italiano, che magari al primo turno prenderà uno scarso 20 %, ma poi al ballottaggio contro il populista di turno, demonizzato adeguatamente da tutto il sistema mediatico, potrà vincere facilmente e ‘fare le riforme’ necessarie all’euro e all’Europa, senza disturbi da parte di un Parlamento ridotto a mero ratificatore.

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  5. È anche vero però che proprio la fedeltà ai vincoli e alle imposizioni €uropee da parte di qualsiasi governo e maggioranza parlamentare, producendo quel malessere sociale inevitabile, inevitabilmente produce anche un effetto boomerang sul tema delle riforme costituzionali se si finisce per dare la parola al Popolo col referendum confermativo. È naturale infatti votare comunque contro la volontà della maggioranza che sta governando, a prescindere dal contenuto della riforma (a meno che non sia molto chiaro e interessi non troppi articoli) e tanto più quanto maggiore sarà stato il tempo trascorso al governo da parte di chi propone la riforma, proprio perché conformandosi al vincolo €sterno sta producendo quel malessere sociale che porta alla protesta al momento del voto. Lo abbiamo visto nel 2006 e nel 2016.. Maxi riforme che tendevano a stravolgere l’intero impianto costituzionale, scritte con lo stesso linguaggio dei trattati, incomprensibile ai più.. ma bocciate comunque dagli italiani che hanno trasformato quel momento (il referendum confermativo) in un’occasione per dare il proprio giudizio negativo sulla maggioranza di governo di turno. Nel 2016 nessuno o quasi aveva capito il reale obiettivo della riforma, che come sappiamo era quello di costituzionalizzare definitivamente l’unione europea e l’obbligo del parlamento italiano di dare attuazione alle sue politiche, con tutte le implicazioni che da ciò derivavano, eppure il Popolo ha detto no. L’introduzione del pareggio di bilancio nel 2012 fu un vero e proprio capolavoro da questo punto di vista per la tecnocrazia europea, perché sapevano benissimo di doversi assicurare immediatamente i 2/3 del Parlamento per non incorrere nel referendum confermativo che avrebbe prodotto un altro NO e infatti l’impegno nel creare le condizioni affinché ci fossero fu massimo, ad ogni livello istituzionale e mediatico: la BCE con la famosa lettera; i media col fate presto e lo spread, Berlusconi con le dimissioni “obbligate” da pdc; Napolitano con la nomina di Monti e dei “tecnici” fatti passare come salvatori della Patria quando invece erano i suoi assassini. E tenuto conto di una massa di parlamentari totalmente privi di una cultura giuridica ed economica adeguata per comprenderne l’assurdità, questo stato di emergenza artificialmente costruito fu idoneo a far passare subito la riforma.

    Oggi secondo me non ci sono le condizioni perché l’introduzione del presidenzialismo e del ballottaggio sul modello francese possa avvenire trovandosi immediatamente i 2/3 del Parlamento e anche in tempi piuttosto rapidi tali da non far percepire al Popolo che nulla stia cambiando (e tutto continui a peggiorare) a causa del rispetto del vincolo esterno, da parte della maggioranza di governo che proponga la riforma. Quindi forse il rischio concreto di una riforma costituzionale in tal senso non è tra i maggiori che l’Italia sta correndo al momento, del resto è più che sufficiente aver già svuotato di sostanza Costituzione e democrazia. Non è un caso che dal ‘92 ad oggi nessuno abbia mai “vinto” le elezioni due volte di fila.. nessuno è stato mai riconfermato alle successive elezioni e i politici di volta in volta nuovi ci hanno messo sempre molto poco a diventare vecchi, essendo vecchie le politiche che portano avanti, vecchie cioè antidemocratiche perché già condannate e superate nel ‘48 con l’approvazione della Costituzione. Insomma il rispetto dei trattati porta malessere e il malessere porta protesta, inevitabilmente, nelle forme in cui il sistema ne consente la manifestazione, e il voto è ancora una di queste. Specialmente un voto raro e importante come quello per un referendum confermativo. (Continua)

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  6. Ciò detto non mi sento per nulla di escludere che il sistema con tutta la sua potenza possa essere comunque in grado come nel 2012 di creare quelle condizioni artificiosamente emergenziali tali per cui anche oggi in qualche modo si arrivi alla realizzazione di un’ulteriore riforma (deforma) costituzionale. Quello che credo però è che questo sia sempre più difficile man mano che andiamo avanti perché le contraddizioni tendono a emergere sempre di più ed è sempre più difficile in termini di mantenimento del consenso riproporre le soluzioni già adottate in passato. Se vogliamo il tallone d’Achille del sistema è proprio questo, mantenere il consenso senza poter rinunciare a politiche antidemocratiche.

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    1. Invece, con un apparente paradosso, è proprio la difficoltà derivante da un sistema tripolare (almeno al momento; ma è quanto basta per innescare lo spin mediatico sul fronte della "governabilità"), che rende possibile il raggiungimento di una maggioranza "revisionista" di 2/3.

      E' evidente che ciò implica il coinvolgimento del m5s; e magari non su questa esatta proposta di riforma. Ma qualcosa che si aggiri su forme di governo che rendano "indispensabile" il ballottaggio potrebbe trovare una convergenza molto ampia.

      Naturalmente nelle preventiva, e prevedibilissima, disinformazione sistematica dell'elettorato (comunque bypassabile con tale maggioranza).

      Anche perché questa soluzione sarebbe molto gradita ai poteri sovranazionali che dettano l'indirizzo politico intangibile in senso supply-side e neo-liberista (cioè, ben oltre l'aspetto della moneta).
      E mi pare sempe più evidente che nello stesso m5s non si affacci (più?) un qualsiasi barlume di contrarietà a questo paradigma, certamente sostenuto dagli altri due poli.
      I quali lo condvidono saldamente, avendo potuto fruire della pura cosmesi contrappositiva destra-sinistra che, nella piscologia delle masse, sarebbe sostituita dall'attrattiva del puro agonismo gladiatorio ("ne resterà soltanto uno"), proposto come palingenetico e instauratore di una "nuova era", insito nel ballottaggio.

      In pratica proprio le vicende attuali segnalano un'evoluzione tale che nel Truman show la rappresentazione si arricchisce di un nuovo personaggio, ma frame e spin sono gli stessi.

      E una volta che si abbia il ballottaggio, poi, l'accesso al "mercato della politica", cioè alle indispensabili risorse finanziarie e mediatiche, di un player non conforme al paradigma diverrebbe irrevocabilmente difficile; per quanto rapida possa divenire la scontata perdita di consenso di chiunque vada al governo...

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    2. Ricapitolando tutto è dato dalla necessità di trovare subito i 2/3 dei parlamentari e dal contenuto specifico della riforma.. ma non anche da chi e come proporrà la riforma? Mi spiego.. Il fatto che ogni polo oggi condivida il paradigma neoliberista è sufficiente a far venir meno quell’odio tra forze politiche apparentemente diverse, che raccontano di essere diverse, che appare ogni giorno dai loro confronti in cui vige l’insulto e il disconoscimento reciproco e che oggi fa si (almeno per ora) che non siano neppure in grado di formare un governo? Questo imbarbarimento culturale dei politici anche sotto questo aspetto, che non è altro che uno degli effetti che le élites hanno prodotto nel loro piano di distruzione della democrazia (in cui le parti dovrebbero invece rispettarsi e mediare tra di loro perché uniti dalla volontà comune di fare il bene del Paese nel rispetto della Costituzione), può venir meno d’un tratto nel nome di una riforma costituzionale seppur in tale direzione? Forse questo è un ulteriore paradosso.. Io non lo vedo il Pd o qualsiasi altro partito mettere sul tavolo una riforma costituzionale che sia votata da almeno i 2/3 (cioè da non 2 ma 3 poli oggi) con doppio passaggio parlamentare, senza che si crei prima uno stato di emergenza tale da far venire meno questo odio tra i partiti affinché si uniscano tutti per la “salvezza del Paese”. È vero che è la volontà delle élites sovranazionali, ma politici “ordinari” che necessitano costantemente di essere eletti sarebbero disposti a tanto per loro senza nulla in cambio? Monti che non era un politico e aveva avuto già il posto di senatore a vita non aveva nulla da perdere nel fare le peggiori riforme impopolari.. le élites dovrebbero prima preoccuparsi di far guidare un nuovo percorso riformatore a un personaggio del genere a mio parere.. ma magari il mio è solo ottimismo, non lo so..

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    3. Mi piacerebbe poter condividere in pieno questa ben argomentata versione. Ma non dimentichiamo che la riforma Boschi fu votata anche da frange consistenti del cdx. Fu essenzialmente la personalizzazione di Renzi a farla bocciare: già un Gentiloni, per dire, avrebbe indorato meno conflittualmente la pillola e quindi suscitato meno avversione ad personam. E poi c'era stata la questione delle 4 banche.

      Il punto è che una riforma "per la governabilità" non verrebbe connessa al vantaggio di una parte - teoricamente tutti possono sperare di vincere e "fare il cambiamento"- e non dovrebbe conseguire ad un'emergenza in nome dell'€uropa: insomma, potrebbe avvantaggiarsi proprio della faziosità e dei toni inaspriti nella politica e nell'elettorato.
      Mediaticamente, sarebbe sospinta da un vento potente.

      Tutt'oggi, la connessione tra vincolo esterno istituzionalizzato e riforma bocciata dal referendum non è chiara alla grande maggioranza di coloro che hanno votato "no".

      Ma convengo sul fatto che trovare una maggioranza di 2/3 possa risultare difficile; d'altra parte, un po' tutti gli italiani, anche i più sonnolenti, sospettano, a intuitaccio istintivo, che se non c'è un governo non arrivano mazzate; e che se ci fosse, invece, arriverebbero inevitabilmente e in nome dell'€uropa e dei "mercati".

      Magari è proprio la parola d'ordine della governabilità che potrebbe, finalmente, diventare indigesta e riflettersi contro chi la sostiene, affodandolo nel consenso...
      Se così fosse, sarebbe già una mezza vittoria (anche di questo blog) :-)

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    4. Speriamo, anche perché il continuo bombardarci da parte dei media sulla necessità della governabilità al fine di convincercene non sembra per loro un’opzione rinunciabile: continueranno e si assumeranno il rischio di poter produrre l’effetto contrario. Sarebbe una bella mezza vittoria :-)

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    5. Sull’affacciarsi al “mercato politico” però, c’è sempre la possibilità di arrivarci “dal basso”, cominciando dall’amministrazione di enti locali, che può fornire, se non la necessaria pecunia, almeno la visibilità mediatica (M5S, al contrario, è stato pompato dall’alto, grazie alla presenza del già famoso comico e fatica a radicarsi sul territorio: mancano le fondamenta del consenso, il loro è essenzialmente voto di protesta e come tale si disperderà)

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  7. Diciamo che già parlare di «essere» di destra o di sinistra è piuttosto... di sinistra (postmoderna e ZTL).

    (Sembra che l'apostasia "de sinistra" porti a gravi lutti e crisi esistenziali... e ci credo! come si fa per anni a frequentare certa gente!)

    Per i democratici coscienti esisteva solo la prassi, unica manifestazione di etica: la appartenenza per «valori» era considerata moralismo piccolo-borghese. Riferimento ad una classe di cui in realtà era propria «l'invidia» sociale, quel nicciano ressentiment che l'aristocraticismo del filosofo tedesco voleva nell'animo del movimento operaio.

    Dopo lo stalinismo del socialismo pare non sia rimasto più praticamente nulla.

    Quota salari canta.

    In un mondo di imprenditori di se stessi, il progresso e la conservazione non si confrontano sulla struttura sociale, ma sulla conservazione o meno di usi e costumi. Delle tradizioni. Sull'educazione, su galatei e modelli di comportamento da tenere in pubblico. Sulla trasgressione o meno di tabù.

    Si rivendicano o meno tutte le identità tranne quelle di classe.

    Il progressismo non è più «sociale».

    Non ci son classi, non ci son conflitti e al progresso tecnico consegue automaticamente maggior benessere generale.

    Tutto ciò comporta un piccolo problema: l'articolo più importante della Costituzione obbliga la Repubblica a favorire il progresso sociale.

    Si potrebbe sostenere che l'autoritarismo stia strisciando in sempre più aspetti della vita sociale e stia diventando sempre più violento: ma il totalitarismo è già in essere ed opera globalmente da decenni.

    Siamo già ideologicamente tutti americanizzati: il totalitarismo elitista e mercatista desiderato dagli anglosassoni dopo la IIGM è tanto reale quanto difficilmente percepibile.

    (La sinistra moderna occupa il posto che ha sempre avuto il cristianesimo nella conservazione dell'ordine sociale volto allo sfruttamento: è Soros la coscienza nel mondo)

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    1. Sì e ti rinvio alla risposta data poco sopra a Dario.

      Peraltro, mi chiedo in quale paese al mondo (occidentale e non solo) permanga una dialettica politica, ovviamente influente sull'assetto istituzionale, ove sia coscientemente considerato il conflitto di classe come presupposto per una dialettica costitutiva della formazione dell'indirizzo politico (i banchieri, di certo lo considerano ma solo per cristallizzarne la "soluzione finale", a sè favorevole).

      Forse, di recente, questa dialettica si sta riorganizzando proprio negli Stati Uniti (v. Reich e la fine della praticabilità della narrazione della frontiera, nei termini che abbiamo affrontato con Arturo qualche post fa).
      Il che, se è del tutto razionale, cioè reale, fornisce delle speranze sempre subordinate a meccanismi di cambiamento esogeni.

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    2. Non a caso il "riflusso" in Italia inizia subito dopo la fase di trasformazione dell'industria in senso post-fordista. La fine delle grandi fabbriche, più che per ragioni produttive, va vista a mio avviso anche nell'ottica di eliminare pericolose... concentrazioni operaie: in un certo senso, la fabbrica è la caserma in cui vengono a esprimersi plasticamente tutte le contraddizioni feroci del capitalismo e, a un tempo, dove si creano le condizioni oggettive per la trasformazione per sé della classe operaia.

      Distrutte queste cittadelle creatrici di coscienza di classe, s'è avuto buon gioco a frantumare tutto: lavorare 9 ore davanti a uno schermo non crea le stesse condizioni di socialità e di solidarietà di un turno in catena di montaggio. Nè, tantomeno, determina nell'operaio quell'alienazione fisica e mentale che fa scattare, se ben indirizzata, la rabbia verso la coscienza e la partecipazione politica.

      E' credibile uno yuppie che predica la lotta di classe? O uno startupparo?

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  8. @Antonio Martino: Toyota Production System.
    I piccoli lotti efficienti.
    Un mio professore spiegò che alla Toyota, oltre all'efficienza, pensavano pure agli scioperi degli operai. Mmm...

    Alla "FCA" ci sono arrivati più tardi, ma un po' di Toyota si vede anche a Pomigliano.

    Il Giappone l'ho sempre trovato un Paese interessante.
    E inquietante.

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  9. Nella Commissione e nell'Assemblea si e escluso, per la nostra Costituzione, il tipo di regime presidenziale (americano) e di regime a direttorio (elvetico)… Poche voci si sono alzate per il sistema presidenziale; e più per un'aspirazione nel futuro che per un'adozione immediata. È un sistema che va bene nel Nord-America e male nell'America meridionale. Il vecchio continente europeo si è messo sopra un'altra strada, del governo di Gabinetto; e - se sente il dovere di svilupparlo più democraticamente - teme di abbandonarlo d'un tratto e di correre l'avventura di Presidenti che si facciano dittatori.

    La figura di un capo di Stato che sia nello stesso tempo capo del governo e che si presenti costituzionalmente in un dualismo con il Parlamento ripugna ad una democrazia europea.

    Come d'altra parte, debbo confessarlo, ripugna alla mia coscienza di democratico e di europeo la figura di un capo, dello Stato, ieri il Re, oggi il Presidente, cinto dall'aureola della irresponsabilità.

    Se il Presidente della Repubblica rischia di diventare un Re fainéant, è per la sua irresponsabilità, che meglio si addiceva alla tradizione sacrale e maiestatica del capo ereditario; ed io credo che, pur distinguendo la presidenza dello Stato e quella del governo, si possa andare e si andrà verso forme nuove, e forse intermedie; ma non mi sono sentito di farne ora un'improvvisata proposta e di correre il pericolo di salti nel buio, da evitare come l'altro eccesso di un conservatorismo nostalgico della figura del Re
    ” [M. RUINI, Il Parlamento nella nuova Costituzione, in Il centenario del nuovo Parlamento 8 maggio 1848 - 8 maggio 1948, Biblioteca Camera dei Deputati, 27 luglio 1948, 405-406].

    A distanza di 70 anni le pulsioni autoritarie assumono contorni sempre più definiti. E non sono nemmeno velate, ma vengono sbattute in faccia alla gente con un discorso che fotografa la totale frattura fra Popolo e tecnocrazia istituzionale. Basta leggere la breve relazione al segnalato DDL S. 90 . La beffa consiste nel fatto che, ancora una volta, si utilizza niente meno che Mortati per suonare la carica: la “costituzione materiale”, in un discorso che riflette nella sostanza le argomentazioni della Commissione di Venezia. Con annessa colpevolizzazione dei Costituenti:

    …Possiamo quindi riconoscere, usando le categorie del costituzionalista e costituente Costantino Mortati, la trasformazione della Costituzione materiale della nostra Repubblica democratica e parimenti riscontrare che, a detta trasformazione, non ha corrisposto alcun intervento di modifica della Costituzione formale

    La crisi istituzionale che deriva dalla crisi fiscale e morale costituisce un terzo pezzo che va ad ingrossare la «grande slavina» descritta da Luciano Cafagna…. La crisi istituzionale è rappresentata dall'incapacità dei partiti di rimediare al peccato originale dei padri costituenti e cioè all'insoddisfacente assetto costituzionale della forma di governo, alla partitocrazia assembleare che è all'origine della coabitazione generale e dello smembramento della sovranità, e dunque della cedevolezza dei governi di fronte a domande sociali che in altri Paesi venivano controllate e indirizzate in modo più efficace
    ”. (segue)

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  10. Bisogna capirli, è necessaria la dittatura, con la metodologia adatta allo scopo: “in questi casi, la strategia preferibile non è quella del gradualismo, ma piuttosto una terapia d'urto. Insomma, le probabilità di riuscita sono minori nella direzione del semi-parlamentarismo, e maggiori se si esalta il semi-presidenzialismo”. E la terapia d’urto, appunto, questa volta escluderà qualsiasi referendum sulla modifica.

    … rispetto alle generazioni del periodo postbellico, l'autoespressione, la qualità della vita, la scelta individuale sono diventate centrali. E questa nuova visione del mondo si accompagna a una de-enfatizzazione di tutte le forme di autorità. In pratica, invece di essere diretti dall'élite, tutti s'impegnano in attività dirette a sfidare l’élite. Quello che è avvenuto in questo trentennio non può ascriversi ad una mera parentesi antistorica, un'invasione degli Hyksos, ma rappresenta una trasformazione non reversibile. Per tutte queste ragioni è oggi opportuno che la nostra Repubblica democratica e il nostro Parlamento valutino con serietà l'ipotesi di trasformazione del sistema politico istituzionale, dalla forma di governo parlamentare alla forma di governo presidenziale o semi-presidenziale sul modello della Francia”.

    Il governo sopranazionale dei mercati è ormai TINA, anche se necessita di strutture idonee e snelle. Dobbiamo farci piacere l’élite (Mosca, Einaudi e compagni) e la loro autorità. La lotta di classe.

    (con l’ottimismo della volontà, direi che i satrapi sono fin troppo sicuri di sé e qualcosa potrebbe andar storto, anche a causa di una estemporanea variante esogena indicata da Quarantotto; con l’ottimismo della ragione, ritengo che dovremo berci il calice amaro e che le contraddizioni dovranno essere portate alle estreme conseguenze. Affinché poi si compia, hegelianamente, la negazione della negazione. Ma il tempo della rivoluzione è “l’epoca”)

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    1. Le élite citano Mortati: come usano da secoli vilipendono i morti. La necrofilia del potere. Soprattutto se i soggetti da alienare post-mortem sono il simbolo della loro stessa inanità.

      Quando scorro questi testi mi sembra di essere Neo che, invece di vedere le immagini, "inverte ghematricamente" la percezione del reale.

      Finanza, morale e crisi; debito, colpa e alienazione.

      Peccato originale.

      Mi fanno schifo.

      Sono i pedofili dell'umanità.

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    2. La mia impressione è che l’uso strumentale del concetto di costituzione in senso materiale fatto dagli aspiranti padri ricostituenti si collochi entro un orizzonte teorico talmente estraneo a quello di Mortati che per smontarlo completamente occorre un approccio di carattere storico.

      Alla bisogna c’è il solito Maurizio Fioravanti (che dell’attualità capisce quel che capisce, ma come storico del diritto è sempre affidabilissimo) col suo magistrale Dottrina dello Stato-persona e dottrina della costituzione. Costantino Mortati e la tradizione giuspubblicistica italiana, ora pubblicato nel suo La scienza del diritto pubblico, tomo II, Giuffrè, Milano, 2001, pagg. 657 e ss.

      Detto molto in sintesi, Fioravanti individua un parallelismo fra la teoria della costituzione in senso materiale e il lavoro di Polanyi: si tratta insomma di una categoria analitica volta a inquadrare la “fase più recente della esperienza dello Stato moderno, tendente a dissolvere la vecchia forma dualistica, ed a sostituirvi una più coerente ed unitaria forma di Stato” (Fioravanti, op. cit., pag. 733).

      Il fatto che sia stata elaborata in sede di analisi del fascismo non fuorvii: “Ciò significa anche — sia detto per inciso — superamento, non solo del liberalismo individualistico, ma anche dello stesso rapporto rigidamente oppositivo tra Stato e società che quel medesimo liberalismo aveva costruito come immagine dominante nella impostazione del rapporto tra pubblico e privato, tra politico ed economico; ed ancor più significativo è il fatto che Mortati ponga questo problema ancora una volta nei termini generali di una grande trasformazione costituzionale, con il connesso prodursi di questioni analoghe «in un regime democratico, in uno socialista, o finalmente in uno corporativo»” (Ibid., pag. 758. Il virgolettato interno è di Mortati stesso).

      Vale in effetti qui ricordare l’osservazione di Marcuse, dallo stesso saggio che ho citato di recente (pagg. 38-9): “E’ da quando Aristotele nell’ultimo libro dell’Etica a Nicomaco ha legato in maniera inseparabile il problema della «felicità» dell’uomo con quello dello «Stato migliore» fondando essenzialmente l’una sull’altra «politica» ed «etica» (la prima in quanto compimento della seconda), sappiamo che la libertà è un concetto eminentemente politico. La libertà effettiva dell’esistenza singola […] è possibile solo in una polis ordinata in una certa maniera, in una società organizzata «in maniera conforme alla ragione». Nella consapevole politicizzazione dei concetti riguardanti l’esistenza, nella de-privatizzazione e de-interiorizzazione della concezione idealistico-liberale dell’uomo, la teoria totalitaria dello Stato compie un passo avanti, da cui essa viene sospinta al di là del suo proprio terreno, al di là dell’ordine sociale da essa statuito.” Ovviamente “Se essa rimane nel suo terreno, il passo in avanti ha l’effetto di un passo indietro: la deprivatizzazione annienta l’esistenza singola invece di conservarla realmente nell’«universalità», come mostra chiaramente il concetto antiliberale di libertà.

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    3. La ri-politicizzazione del rapporto fra Stato e società civile rappresenta quindi un passo avanti molto importante e un prerequisito per la reintroduzione del concetto di potere costituente nell’ambito della giuspubblicistica: “Con Mortati si assiste al recupero della vocazione prescrittiva della costituzione, che si era eclissata nel corso dell’Ottocento — come sappiamo, a partire da Orlando —, perché ritenuta espressione del distruttivo, e poco ‘scientifico’, principio giacobino di sovranità popolare. È d’incalcolabile importanza il fatto che questo recupero sia stato, grazie a Mortati, opera di giuristi, si sia prodotto all’interno del campo della giuspubblicistica.” (Fioravanti, op. cit., pag. 750).

      Beninteso: “Il rapporto tra quella costituzione e questo diritto, non deve quindi porsi come relazione tra ‘sostanza’ e ‘forma’, ma come rapporto fra due forme: « fra una norma di ordine superiore, più generale, e norme di ordine subordinato, cioè fra norme da cui si desume l’obbligo di perseguire date finalità e norme che concretano quest’obbligo attraverso la determinazione degli interessi la cui tutela appare la più idonea, in relazione alla valutazione di concrete situazioni, al raggiungimento delle medesime»” (Ibid., pag. 764).

      Se ricordate cosa avevo scritto qui (n. 5.1), capite bene perché dico il richiamo a Mortati da parte dei leuropeisti mi pare ben poco sensato: semmai dovrebbero dire che quello di “costituzione in senso materiale” è un concetto superato, perché siamo tornati allo “spontaneistico” organicismo liberale.

      (Potremmo anche riflettere sul fatto che, di fronte all’aumento dell’interventismo statale e all’improponibilità dei vecchi dogmi, la dottrina liberale, come alternativa all’approccio mortatiano, puntava su un rafforzamento dall'amministrazione come sede di decisioni “neutrali” rispetto alla patologiche spinte del politico…)

      Banalmente mi pare solo una formula usata senza alcuna consapevolezza teorica per razionalizzare l’ennesimo esempio di quello che Gramsci chiamava “sovversivismo delle classi dirigenti”.

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    4. Ma la "costituzione materiale" è appunto il naturalismo organicista del mercato, tutto tecnocrazia e distintivo.

      È una definizione ad hoc supportata da una citazione ad hoc.

      La certezza del diritto ad hoc.

      Ai tempi di Aristotele una costituzione adhocratica veniva chiamata tirannia.

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  11. 200 anni fa nasceva il capoverso del terzo articolo della Costituzione del '48

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  12. OT - Gli USA sembra stiano per diventare il maggior produttore di petrolio.

    https://oilprice.com/Energy/Energy-General/Citi-US-To-Become-Worlds-Top-Oil-Exporter.html

    Ci saranno prevedibilmente notevoli conseguenze per la maggiore moneta di riserva mondiale e per il nascente petroyuan.

    Tra l'altro, se l'Europa cominciasse a consumare petrolio USA in grande quantità, si otterrebbe una naturale compensazione del disavanzo commerciale.

    Vedremo.

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