Questo post di Bazaar è disseminato di notizie, analisi e intuizioni. In un crescendo che culmina nella "requisitoria" finale, ci spiega la genesi stessa del concetto di vincolo esterno: non è una "cosa" italiana, only, è una categoria dello "spirito", puro ed incorrotto, della elite mercatista che, "disinteressatamente", cerca di emendare noi zotici dalla corruttibilità ed incapacità morale di cui siamo per definizione portatori.
Insomma, il vincolo esterno, intessuto di tecnocrazia "etica" che predica duro lavoro e più mercato per tutti, non ha nulla a che vedere con vili interessi materiali: è filantropiCa manifestazione di una trascendente spinta delle elites a far "progredire" la società.
Noterete che il "core" di questa visione, fin dal suo manifestarsi, è bipartisan: cioè si afferma al di là delle contrapposizioni formali che appaiono caratterizzare l'offerta partitico-elettorale. Perchè sono accomunate da questo "grande disegno" (di una "grande società"), che, al di là di piccole differenze sui diritti cosmetici, attesta la sottostante permanenza di GRANDI INTESE.
Queste ultime possono essere dissimulate, in un'apparente contesa partitica sui diritti cosmetici (cito: tema “dell'immigrazione” ci impone di notare come quest'ultimo sia noto
leitmotiv che sposta l'attenzione dell'elettorato dalla lotta tra classi per
l'influenza politica - v. Kalecky - a quelle tra sottoclassi, che non ha reale
impatto politico e funziona bensì da manipolatore del dissenso), oppure apertamente dichiarate.
Proprio come oggi: in Italia e in €uropa.
Top Worldwide Think Tanks e l'ideologia bipartisan alla base
del processo di mondializzazione.
(I) Introduzione
«La libertà non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne
affatto»
Think tank: ma che sono? Ma quanti sono? Da
dove arrivano? Che impatto hanno sull'opinione pubblica, sulle istituzioni e
sul processo di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che
limitano di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini?
Un think tank, o serbatoio del pensiero, nato dal nome degli uffici dove gli
strateghi discutevano i piani in tempo di guerra, consiste in un
istituto di ricerca volto alla produzione di analisi strategiche di profilo
politico, finalizzate alla consulenza a favore di istituzioni pubbliche o
private.
“Profilo politico” inteso in senso ampio, dove le ricerche
sono mediamente volte a realizzare studi impattanti le scienze sociali: dalle
tecnologie, alle questioni militari, dalla cultura, all'economia.
Già, l'economia.
Oikonomia, οἰκονομία...
Questi istituti possono essere
sostenuti da governi, lobby o imprese, oppure si autofinanziano tramite le
attività consulenziali e i lavori di ricerca. L'importante tradizione
angloamericana vuole, almeno in USA e Canada, tali organizzazioni di ricerca
considerate no-profit e, quindi, agevolate fiscalmente.
(II) Storia ed origini
Come antenati prototipi dei think
tank, che hanno cominciato a diffondersi intorno alla seconda guerra
mondiale, vengono considerati, ad esempio, l' Institute for
Defence and Security Studies (RUSI), fondato nel 1831 a Londra e, sempre in
Gran Bretagna la nota Fabian Society: mentre negli USA, nel 1910, nasce la Carnegie Endowment
for International Peace, chiaramente fondata da un filantropo, Andrew
Carnegie, per «accelerare l'abolizione della guerra internazionale, la
più ripugnante macchia sulla nostra civiltà».[1]
Ma dai: il fil rouge pare sempre quello[2].
Chiaramente, da buon filantropo e
pacifista, binomio aggettivale simbolo della neo-aristocrazia apolide[3],
dichiarava di aver come maestro Herbert Spencer[4], «the
single most famous European intellectual in the closing decades of the
nineteenth century»[5].
Ma non mettiamo
troppa carne al fuoco.
È nel corso del
1980 che inizia una una vera e propria proliferazione di think tank in
tutto il mondo, in concomitanza con il fenomeno della globalizzazione,
che potremmo definire come fase del mondialismo neoliberale
filosoficamente e sociopoliticamente ispirata alla Grande Società di von Hayek:
ovvero, con la fine della Guerra Fredda e l'emergere di problemi
transnazionali. Infatti, due terzi di tutti i think tank che esistono
oggi sono stati istituiti dopo il 1970, e più della metà sono stati istituiti a
partire dal 1980[6].
Istituti di ricerca
che inizialmente si trovavano localizzati quasi esclusivamente in America del
nord, Gran Bretagna ed Europa dell'est,
con la globalization il processo mitotico colonizza Africa, Europa
orientale, Asia centrale e Sudest asiatico, dove ci sarebbe stato “uno sforzo
concertato da parte della comunità internazionale per sostenere la creazione di
organizzazioni di ricerca di politica pubblica
indipendenti”... (da che?...). Una recente
indagine effettuata dai think tank Foreign Policy Research Institute e Civil
Societies Program sottolinea l'importanza di questo sforzo e documenta il
fatto che la maggior parte dei think tank in queste regioni sono stati
istituiti nel corso degli ultimi 10 anni. Attualmente ci sono più di 4.500
di queste istituzioni in tutto il mondo.
La maggior parte dei think tank
più affermati, con la motivazione di essere stati creati durante la guerra
fredda, si concentrano su questioni internazionali, studi di sicurezza e
politica estera.
(III)
Istituti di ricerca d'oltreoceano: “de destra” e “de sinistra”.
Esemplificativi
possono essere due recenti think tank, come il
Center for American Progress,
indiscutibilmente “progressista” come si evince dal nome, e la Heritage Foundation,
indiscutibilmente “conservatore”, sempre per lapalissianetà nominale.
(Gli
spin doctor devono aver ben presente che “l'abito fa il monaco” come la
cravatta fa il gentleman: la forma è sostanza e la sostanza è forma: sì certo,
a sfogliare i rispettivi siti, uno è tipicamente “socialismo-liberal”, tutto
diritti cosmetici, ecologia e distintivo, mentre nell'altro c'è solo il
distintivo, probabilmente redatto da Clint Eastwood e John Wayne)
Mentre nel think
tank repubblicano, come si legge dalle prime frasi dell'about, non
ci sono dubbi sulla politica economica promossa: «mission is to formulate
and promote conservative public policies based on the principles of free
enterprise, limited government, individual freedom, traditional American
values, and a strong national defense»: notare il neoliberismo dichiarato e
l'antisocialismo direttamente richiamato dalla “strong national
defence”; cioè, gli USA che sono considerati dagli analisti di fatto
“inattaccabili” da nemici esterni, date la semplice geografia e l'incredibile
potenza militare, dovrebbero avere i cittadini “terrorizzati” da eventuali
aggressori quando verosimilmente la mancanza di stato sociale e
la disuguaglianza
cagionano una decina di migliaia di lutti l'anno per violenza tra concittadini. Come da
manuale neocon.
Estimated Global Gini Indices,
1820-2002[7]
Year Gini
1820 43.0
1850 53.2
1870 56.0
1913 61.0
1929 61.6
1950 64.0
1960 63.5
1980 65.7
2002 70.7
Source: Milanovic (2009)
Abbastanza esplicativa l'esplosione
della disuguaglianza quando gli amici reagan-thatcheriani iniziano con T.I.N.A.,
it's time to globalization (notare la tabella 11, pag. 25, con
attenzione agli USA).
La prima osservazione è che a quanto
pare questi think tank “indipendenti” (...da che?) si son
diffusi al pari delle disuguaglianze sociali.
Ma torniamo a noi: quale contrapposto
ideale ci riserverà un fondamentale consultant del “primo partito
progressista” d'occidente?
Il Center for American Progress,
nella sua mission, si dichiara come: «[...]un istituto educativo
apartitico [ndt.: sarebbe interessante chiarire il senso di “apartitico”
per un'organizzazione “progressista” quando esiste uno, e un solo, partito
“progressista”] e indipendente [ndt.:
da che?] dedicato a migliorare la vita degli americani attraverso idee e
azioni progressiste. Come progressisti, crediamo che l'America sia una
terra di opportunità illimitate, dove le persone possono migliorare se stesse,
i loro figli, le loro famiglie e le loro comunità attraverso l'educazione, il duro
lavoro [ndt: perché, per un partito progressista, il lavoro deve essere
e quindi – rimanere, se c'è - “duro”?], e la libertà di salire la scala
della mobilità economico-sociale. [ndt: chiaramente godi di “mobilità”
se, e solo se, ce la fai a vincere la sfida darwiniana – tramite il
“duro” lavoro? - ; se non ce la fai sei benissimo libero di scivolare per terra
e azzopparti per la vita: insomma, gli ammortizzatori sociali, limitando la
libertà di caduta verso il basso, “non paiono una priorità per i progressisti
che ci richiedono consulenze”]
Crediamo
che un governo aperto ed efficace possa propugnare il bene comune sopra agli
interessi particolari [ndt.: tipo gli interessi delle lobby?], sfruttare la forza della nostra
diversità, e garantire i diritti e la sicurezza della sua gente [ndt:
tema della sicurezza sempre ricorrente anche in the “left side”]. E crediamo
che la nostra nazione debba essere sempre un faro di speranza e di forza per il
resto del mondo [ndt: notare l'uso di “speranza”, “hope” in
combinazione con “forza”, “strenght”: “il sogno americano” è messo in
relazione al ruolo economico/militare nel globo]. I progressisti sono
abbastanza idealisti da credere che il cambiamento sia possibile e
sufficientemente praticabile per realizzarlo [ndt: chiaramente il progresso
comporta cambiamento, deduzione tautologica: le proposizioni precedenti però,
che non sembrano rilevare particolari tratti social-progressisti,
vengono ricondotti al frame “de sinistra”, portando a quella logica
programmatica che ispirò Tomasi da Lampedusa].
Sulla
base dei risultati conseguiti da pionieri progressisti, come Teddy Roosevelt e
Martin Luther King, il nostro lavoro affronta le sfide del 21 ° secolo, quali
l'energia, la sicurezza nazionale [ndt: il solito tema dell'americano terrorizzato dal nemico
esterno], la crescita economica e di opportunità, l'immigrazione,
l'istruzione e la sanità. Sviluppiamo nuove idee politiche, critichiamo la
politica che deriva da valori conservatori [ndt.: ovvio, l'antitesi di
“conservatorismo” è “progressismo”: si “certifica” il frame, creando
tesi e antitesi che, nell'immaginario pubblico, dovrebbe portare ad una qualche
sintesi democratica e ad un nuovo “ottimo paretiano”], spingiamo i media a
coprire le questioni che veramente importano [ndt.: sospetta antifrasi, a
pensar male...], e modellare il dibattito nazionale. Fondata nel 2003 da
John Podesta [ndt.: ovviamente potente lobbista di Chicago] per fornire una
leadership a lungo termine e il sostegno al movimento progressista, il CAP è
diretto da Neera Tanden e ha sede a Washington, DC [ndt.: dove ci
stanno le “pubbliche hall” più famose al mondo]».
Insomma, si potrebbe già ipotizzare che,
poiché non esiste nessun conflitto distributivo e, di conseguenza, nessun
conflitto sociale, gli unici “conflitti” sono quelli causati da aggressioni
dall'esterno: d'altronde, gli USA sono «faro di speranza e di forza per il
resto del mondo».
(Mentre il tema della “sanità” può
apparire a primo acchito un tema prettamente socialista, l'altrettanta evidenza
data al tema “dell'immigrazione” ci impone di notare come quest'ultimo sia noto
leitmotiv che sposta l'attenzione dell'elettorato dalla lotta tra classi per
l'influenza politica - v. Kalecky - a quelle tra sottoclassi, che non ha reale
impatto politico e funziona bensì da manipolatore del dissenso - v. Orwell, “I
due minuti di odio” -, cioè puntella il sistema di gatekeeping)
La contrapposizione che si può quindi
evincere, sembra proprio essere quella che abbiamo da vent'anni in Italia:
diversa sensibilità sui diritti cosmetici, sui temi ecologici e su
“lateralizzazioni” nominali.
(IV) Sintesi e tentativo di
ermeneutica dei principali tratti ideologici
Da due dei più importanti think
tank che forniscono supporto agli spin doctor delle sinistre e delle
destre delle nazioni occidentali, si apprende che la prima e più importante
grande democrazia moderna
(ovvero, la cui “sovranità” dovrebbe appartenere a tutti i cittadini,
indipendentemente da classe sociale, lingua, razza o religione), promuove un ordine
sociale per cui “essere indipendenti” significa proporre “tecnicamente” (la techné, πρᾶξις,
è “strumentale” alla prassi politica, πρᾶξις)[8]
soluzioni che non siano “condizionate dai partiti politici democraticamente
eletti” (nonpartisan) e siano
indipendenti dalle istituzioni democratiche.
(Supercazzola ermeneutica: se ne
deduce una visione per cui l'ethos, ἦθος, è un aspetto immanente della
condizione sociale, esterno al locus dell'arbitrio umano, in quanto l'uomo è
ontologicamente corruttibile e la società - somma di identici, non relazionati
e inanimati individui che, essendo appunto disonesti e corrotti, sono inabili
ad avere relazioni affettive ed effettive -
è intrinsecamente anch'essa corrotta e incapace di darsi – democraticamente
– un ordine: quindi l'entropia, la
naturale tendenza al disordine - ovvero la condizione umana di “morte” - è
l'unica etica che genera la “pace eterna”: il disordine diventa ordine. Il
regno di Thanatos.
Libero il
mercato di agire secondo le proprie leggi supreme, svincolandosi quindi dal
nostro Art. 41 Cost., un “novus ordo seclorum” nascerà dal disordine.
«Requiem
aeternam dona ei domine et lux perpetua thermodynamicae secundo principio
luceat»
«Amen»
In questa
inversione causativa rispetto al comune sentire, il “mercato” è un'entità
ontologica, incorruttibile indipendentemente dagli attori/agenti stessi che la
compongono, dotata di leggi “naturali” – di tipo spenceriano/darwiniano – che
in un'ottica evolutiva espunge, sterilizzando, l'infezione della dimensione
umana: l'uomo stesso).
Mumble, mumble[9]...
Il bene della società è affidato,
quindi, alle scelte dipendenti dalle lobby private: perché si sa, è il
libero mercato che fa le migliori scelte per l'individuo: individuo che per
antropologia o, meglio, per genoma, ha necessità di essere guidato e
governato da una élite spirituale, nobile e pura, selezionata dalle leggi incorruttibili di oikonomia.
(A questa considerazione potrebbe
essere interessante sottolineare il tema ricorrente della contrapposizione tra purezza e corruzione[10], strettamente correlato a nevrosi e
a disturbi della personalità[11] che hanno la peculiarità dell'egosintonia e dell'adattamento alloplastico: insomma, si potrebbe individuare
l'eziologia di un virulento focolaio di sociopatia politica)[12].
Tutto ciò pare essere primario valore
della società, almeno stando alle mission dei più grandi think tank degli
unici due partiti politici del paese più influente al mondo...
p.s. una buona riflessione ed
autocritica, per chi si propone come democratico e pluralista così come da
Valori costituzionali, è provare a collocarsi come ivi suggerito.
(V) Addendum
Come ci fa notare il mitico poggiopoggiolini
in I’AM A HUMANIST AGAINST THE
POST-DEMOCRACY, un esoterico Schaeuble afferma che per
l'eurozona “il vero problema è l'essere umano”: quod erat demonstrandum.
Schaeuble candidamente esterna il tratto
caratteristico dell'ideologia anti-socialista - e quindi anti-umana -
che il problema non è la disumanità della techné al servizio di una
distopica civiltà inumana: il problema è, appunto – come per inversione di
causazione segnalata nella “supercazzola ermeneutica” - dell'Uomo stesso
che, ontologicamente incapace di “fare la cosa giusta” posto di fronte al libero
arbitrio (ovvero la possibilità di risolvere secondo coscienza una crisi,
κρίσις)[13]
– deve essere tecnicamente vincolato in un ordine che risponde a regole
etiche “esterne”, “imparziali” e “supreme” in quanto individuate da una élite
dello spirito, ad esse congeniale. Unica élite illuminata degna di
occupare le parti alte dell'uomo post-democratico, quelle del logos: le
ignominiose “parti basse” possono essere tranquillamente occupate dagli zotici,
buoni solo di lavorare duramente e di riprodursi. Ovviamente se sono fortunati.
La nevrosi dell'Uomo.
[1] Edmund Jan Osmanczyk and Anthony Mango, Encyclopedia of the United Nations and
International Agreements. London: Routledge, 2004
[2] «Se non fai le “riforme strutturali” si
scatenano – o scateniamo, vedi tu... - una guerra sanguinosa; e ricorda: in
battaglia tendono a morire quasi esclusivamente i “lavoratori”... pardon,
i disoccupati...»
[3] http://orizzonte48.blogspot.it/2014/05/la-grande-societa-pan-europeismo-per-la.html
[4] http://orizzonte48.blogspot.it/2014/04/la-sofferenza-dei-pochi-che-decide-la.html
[5] Thomas Eriksen and FinnNielsen, A history of anthropology (2001) p. 37
[6] http://www.fpri.org
[7] http://www.unicef.org/socialpolicy/files/Global_Inequality.pdf
[8] WARNING: questa banale parentesi, è
fondamentale per sottolineare che chi «mente sulla techné, anche
semplicemente marginalizzandone l'importanza, mente implicitamente rispetto
agli ideali che professa di perseguire.
[9] Diego e Velo di Maya, se ci siete
intervenite... e fermatemi... :-)
[10] http://www.ascoltopsicologico.it/site/articolo.asp?id_area=27&id_rubrica=88&id_articolo=485
[11] https://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_antisociale_di_personalit%C3%A0
[12] In vulgaris: «poiché il malato non si
riconosce tale, e tende ad avere un “locus of control esterno” - cioè “è
sempre colpa degli altri” - pretende di alleviare le proprie sofferenze
cambiando il mondo esterno, ovvero cambiando “gli altri”».
[13] Vincolare un uomo e costringerlo “a fare la
cosa giusta“ tramite la sofferenza
psico-fisica come quella “sociale” generata da una crisi economica, è puro
distillato di ciò che G. Orwell descriveva come l'essenza del potere: la
facoltà di infliggere dolore a terzi. (Con buona pace di Aldous Huxley che
sosteneva fosse sufficiente “l'ipnosi delle masse”...)
Migliorare, o modellare, gli "zotici" col dolore, in modo eterodiretto attraverso uno o più vincoli esterni...
RispondiEliminaTema ricorrente, filo rosso della storia dell'umanità.
Che sia attraverso la religione o le politiche economiche, fa lo stesso, c'è sempre una minoranza che vuole fottere il resto della comunità.
Vengono perfezionati gli strumenti, articolati i fini, ma la sostanza resta immutata: la sopraffazione.
Seguendo da tempo ciò che accade in quasta parte di mondi che è l'europa, conoscevo benissimo le parole di schaeuble, e le trovai abominevoli.
Alla fin fine il male è una cosa banale.
E' peraltro interessante (eufemisticamente parlando) constatare come si sia sviluppata, storicamente e concettualmente, questa "rimonta" del pensiero liberista e di sottostante drawinismo (gerarchizzante ex post le posizioni economiche comunque acquisite): dagli anni '80, in particolare, parte l'ideologia del tecnicismo pop col suo contorno ossessivo di diritti cosmetici.
EliminaL'importante, non finirò mai di sottolinearlo, è riprendere e vincere definitivamente il "conflitto distributivo", dissimulando la lotta di classe verso contrasti artificialmente creati di scontri tra "sottoclassi" opportunamente trasversali (incluso il dissidio sulla parità di genere, sulla identità sessuale, sulla cultura dell'integrazione razziale: tutte nozze coi fichi secchi, per tutti, e banchetti autocelebrativi per i molto pochi)
Notizie di ora...Renzi avrebbe detto alla camera che (wall streeet italia) banche straniere fallite e salvate con i soldi degli italiani si permettono di dare giudizi negativi dell'Italia....e poi ancora http://finanza-mercati.ilsole24ore.com/azioni/analisi-e-news/tutte-le-news/news-radiocor/news-radiocor.php?PNAC=nRC_16.09.2014_11.19_22250180
RispondiEliminasugli avvisi di garanzia....Renzi, bene le analisi e le parole , ma non servono senza trarne le URGENTI connseguenze politiche! Comunque vediamo i commenti degli organi di regime....
Conosco la tua propensione ad attribuirgli il 25 luglio: ma rimango scettico :-).
EliminaSi tratta solo di fiuto politico in chiave di un possibile cimento elettorale. D'altra parte, occorrerebbe una esplicita "contemplazione" dell'euro e del modello economico ultraventennale dei trattati (e del vincolo esterno). Impensabile, da quel fronte e considerate le forze varie che lo sostengono.
Prendere effettive decisioni di tipo istituzionale per por fine ad un assetto di governance in Italia, è tutt'altra cosa.
Addirittura intraprendere passi sostanziali - e non meramente di composizione dei vertici- è lontanamente da venire da quella direzione: se non altro perchè, proprio sul piano elettorale, l'autocontraddizione della schiacciante maggioranza degli esponenti di tutte le formazioni politiche sarebbe "suicida; inclusa la "governance" del m5s, che segna obiettivamente il limite oltre il quale i media non potrebbero accettare una rimessa in discussione del modello di (sotto)sviluppo a cui i loro stessi slogan ci hanno condannato.
Un riddle irrisolvibile per chiunque sia stato comunque coinvolto in politiche di governo negli ultimi 22 anni...
No, ma sono d'accordo che sono dichiarazioni interlocutorie ad uso politica interna piu' che estera....in pratica, cosi' rinnuova un po' di smalto e si mantiene ancora a galla...e tiene a bada iniziative come i forconi, che infatti sono spariti, l'hanno messo per quello...prima o poi pero' verra' il momento che parlare solamente non bastera' piu', e comunque dovra' spararle sempre piu' grosse....qualche conseguenza ci dovra' pur essere (speriamo)...
Eliminaas I poveri parlano continuamente di denaro, gli altri badano a non farselo sottrarre.
RispondiEliminaCito: "... il problema non è la disumanità della techné al servizio di una distopica civiltà inumana: il problema è, appunto – come per inversione di causazione segnalata nella “supercazzola ermeneutica” - dell'Uomo stesso che, ontologicamente incapace di “fare la cosa giusta” posto di fronte al libero arbitrio (ovvero la possibilità di risolvere secondo coscienza una crisi, κρίσις)[13] – deve essere tecnicamente vincolato in un ordine che risponde a regole etiche “esterne”, “imparziali” e “supreme” in quanto individuate da una élite dello spirito, ad esse congeniale. Unica élite illuminata degna di occupare le parti alte dell'uomo post-democratico, quelle del logos ..."
Poiché l'ottimo Bazaar non intende, palesemente, concorrere all'ambita pennanera di tranchant del giorno mi faccio avanti!
La questione si risolve tutta nei seguenti grafici:
1)- The Top Decile Income Share in the United States, 1917-2006 , (fonte)
2)- Evolution of the Gini Index for the US, 1913-2009 (fonte nel grafico)
3)- Average tax rate for each income group (fonte nel grafico).
In unità con:
4)- Growth of financial and nonfinancial profits relative to GDP (1970 = 100) fonte:Economic Report of the President, 2008 (ivi)
Ti ringrazio per il "supporto grafico" :-)
EliminaVedi, quando penso alla locuzione «affinché ciò non si ripeta mai più» - e al profondo e doloroso umano senso che ha fatto sì che in Europa, e non altrove, si siano sviluppate oltremodo le scienze sociali, fondamentalmente a sostegno della politica e, per gli umanisti, a sostegno della Democrazia e dell'uguaglianza sostanziale - penso di riflesso al motivo, alla causa, ad una eventuale scelta primigenia che può essere stata fatta dall'Uomo, per la quale il dolore e la sofferenza tornano a diventare l'archetipo vitale della stragrande maggioranza degli esseri umani.
Quei grafici spiegano perché il mondo è così oggi: ma non spiegano "se stessi".
Nel processo di "causazione circolare e cumulativa", un "tecnico" può essere appagato dall'aver identificato le variabili "difettose" della "macchina sociale".
Un umanista, credo, dovrebbe invece chiedersi: "come mai" quei grafici? Cosa è successo nel '68? Perché, conveniamo o no che nel '68, ad iniziare dal Paese "spin doctor", successe qualcosa? Insieme a peace & love, buddismo e femminismo, Beatles & Rolling Stones e i radicalissimi (?) diritti di ennesima generazione?
Si impone una scelta di "carattere culturale", una "idea" prima e un'ideologia dopo, per cui quei grafici che descrivono dei comportamenti sociali, sono condotti da un driver di carattere endogeno all'Uomo stesso? O sono variabili esogene, che possono essere semplicemente descritte dall'irrazionale esito di scoordinate scelte individuali? Scelte scorrelate di individui mossi solo dalla massimizzazione della loro ebbrezza o dalla immediata minimizzazione del loro dispiacere?
Perché a ben vedere, se quelle variabili fossero "esogene", potrebbero anche aver ragione i neoliberali, e le distopiche conclusioni di Orwell essere corrette.
Esogene? In senso antropologico e filogenetico, certamente.
EliminaIn senso culturale, non necessariamente cosciente nel punto di vista delle scienze sociali, è un po' diverso. Bisognerebbe sempre chiedersi perchè per la maggior parte della sua storia evolutiva l'Homo Sapiens abbia vissuto senza questa cupa autodescrizione esistenziale, arrivando poi a riscrivere persino i propri drives fondamentali in pieno 800 (Spencer, Bentham ecc.), con una sicurezza pari alla debolezza dei presupposti cognitivi.
In precedenza, questa legittimazione morale delle gerarchizzazioni umane, come tale inappellabile, era il connotato di tutto il periodo seguito alla furiosa cancellazione dell'universo "classico" (nel senso di ellenistico). NOn a caso la prima reazione a noi storicamente vicina fu chiamata "umanesimo".
Il guaio è che in una società secolarizzata e WASP-led (per ora) nonchè a inclinazioni monoteiste bibliche individualizzate, è ancora più difficile denunciare la ipocrita mistificazione.
Addirittura viene messo in contestazione l'illuminismo ovvero si cerca di inglobarlo nel fondamento liberista.
Una vera imprecisione: la logica cartesiana e la fissazione del "metodo", escluderebbero per definizione un mondo in cui si proclamano, quali categorie classificatorie assolute, traendone granitiche convinzioni assiomatiche, mutevoli vicende di affermazione sociale, autorilevate da un numero ristretto di individui dediti con frequenza ad illeciti e comportamenti antisociali...
Stessa "frequenza d'onda": esattamente: "esogene" nel senso di "out of lucus of control", ovvero non oggetto di (libera) scelta dell'Uomo e, quindi, non esclusivamente connesse all'antropologia, alla "materia-genetica". "Genoma" che dovrebbe essere, per un umanista, neutrale al libero arbitrio.
Elimina(Non vorrei - ulteriormente - sbilanciarmi ma, per come ho capito l'ultimo Hegel, «lo spirito dell'Uomo cerca nella Storia di "liberarsi" nonostante i vincoli naturali in cui è costretto»... e quindi la "dialettica", la coscienza di sé, ecc...
Le mostruosità etiche che si evincono sembrano paradossalmente nascere contestualmente alle grandi rivoluzioni liberali (il primo UE/TTIP è del 1787): come se da quei "big bang" fossero nate come necessità storiche, sotto forma di tesi ed antitesi, due "ideologie formalmente contrapposte" che fino a Marx e, dopo il '68, marciano prepotentemente insieme facendo una "da guardiana" all'altra... vabbé, giusto per discettare...)
Penso che questa considerazione sia fondamentale per poter aver le premesse etico-fondative della Dichiarazione universale dei diritti umani e, di conseguenza, costituzionalizzare l'uguaglianza sostanziale.
(Guarda a caso, poi, la WASP-leadership si sostanzializza, si trasforma, ma MAI si riduce dal 1786/1787...)
@Bazaar
EliminaPerché, conveniamo o no che nel '68, ad iniziare dal Paese "spin doctor", successe qualcosa?
Certo che é successo qualcosa: i propugnatori di Utopia hanno preso il potere.
@ Bazaar 16 settembre 2014 14:20
EliminaCercherò di argomentare sulla metà che tu non citi a proposito del '68. E cioè: cosa è successo prima. Sul durante e dopo a cui facevi riferimento credo che potresti trovare qualche spunto dalla lettura di Costanzo Preve di cui accludo un primo link come contributo personale.
Sarò schematico.
Premessa
Per tutti gli anni '50 del secolo scorso ci furono scontri tra cittadini e forze preposte al mantenimento dell'ordine pubblico (o come potrebbe venire in mente: per mantenere lo stato di fatto cristallizzato dopo la fine della guerra). Un sostanziale anche se precario equilibrio fu mantenuto per la comunione d'intenti fra cittadini e partiti e sindacati.
Nel 1960 l'equilibrio si incrina (fine luglio a Genova): piazza De Ferrari è piena di cittadini tra cui moltissimi studenti allo loro prima uscita di massa.
La rottura dell'equilibrio avviene più tardi.
Su questo non so se potrò contare su vasti appoggi o reprimende stizzite perché non c'è unanimità.
A Torino si dipanava il rinnovo dei contratti. E' ancora luglio, del 1962. In piazza Statuto e nei dintorni si combatte una vera e propria battaglia tra le forze preposte al mantenimento dell'ordine pubblico e i cittadini. Dopo il silenzio assordante degli anni '50 si presentano in piazza anche gli immigrati a Torino dal Sud Italia. Sono cittadini lavoratori dequalificati e spoliticizzati: operaiomassa è una delle definizioni coniate.
Dico subito: a mio avviso. Tutto ciò che segue è tale.
Ci sono parecchie analogie tra la quei prodromi e la situazione attuale. Ne indicherò alcune.
Attenendosi al succo ristretto della questione, il punto di partenza del '68 è che lo scollamento tra la realtà e la narrazione dei media e delle organizzazioni sindacali e di partito è troppo evidente e deve per forza di cose schiantarsi contro la quotidianità .
Nel momento in cui la disciplina di partito e di sindacato somigliano troppo al collaborazionismo, i cittadini vacillano nelle loro certezze politiche. L'intervento dei cittadini rimasti in silenzio a sopportare il peso della realtà (operaiomassa) o improvvisamente consci che la promessa della scuola di Gentile non basta più per restare a guardare aspettando i dividendi futuri (studenti), rovescia i piatti della bilancia: è il '68.
@Neri
EliminaTi ringrazio per il focus sull'Italia e per gli spunti: ti sottolineo però che la data "1968" che metto in evidenza come "milestone", è in riferimento ai grafici che tu stesso riporti sulla "disuguaglianza sociale". Grafici che credo tu abbia postato a supporto degli stessi studi che riporto nel post.
Bene.
Qual è il punto di minimo messo ben in evidenza da diversi dei grafici che anche tu stesso riporti? Di che nazione si tratta? Proprio quella che da dal dopo guerra lo spin economico-culturale all'Occidente?
Credo che il "punto di minimo" in Italia sia intorno al 1975, con il PCI al 35%, mi pare: quindi la disuguaglianza torna a crescere anche da noi con le impennate delle milestones SME+divorzio fino ai giorni nostri...
In Italia il '68, o meglio il '69, fu ben diverso a quello originale made in USA. Giusto? Noi lo celebrammo con Piazza Fontana, se ben ricordo... e lo chiudemmo, credo, nel '78 con via Fano, poco prima di votare per lo SME...
Siamo d'accordo che il '68 europeo, ed in particolare quello italiano, fu ben diverso da quello americano? Lo stesso '68 parigino fu un po' diverso da quello "romano".
Ma certi frame, certi slogan hanno poi etichettato e creato gli stessi "tag emotivi" nel resto del mondo. I gggiovani, la ddroga, l'ammòre, vietato vietare (lo slogan preferito di von freedom Hayek), ecc.
Insomma, sembra che i grafici (ovvero, i dati!) che tu stesso riporti siano ben indicativi della "rivoluzione culturale" degli anni a cavallo tra i '60 e i '70, che parte dagli USA e, come da struttura, investe l'Europa.
(Traiettoria culturale che, a differenza dei vari "rivoluzionari" che poi finirono a lavorare in banca, fu ben identificata da... Pasolini.)
Mi son perso un link.... a differenza dei vari "rivoluzionari" che poi finirono a lavorare in banca
Elimina:-)
Un altro modo di definire il "punto di minimo" è la quota salari, e vedi che l'anno è lo stesso.
EliminaSono molto d'accordo su quanto dici "sul" '68: converrebbe perfino usare il plurale, tanto fu diverso nei vari paesi e tanto rapidamente cambiò molte pelli in dieci anni.
Quando parli del maggio francese mi fai scattare un ricordo: aveva gli slogan più "creativi" e "poetici" (l'immaginazione al potere, sotto il selciato c'è la spiaggia...) che da noi attecchirono meno, ma piacevano tanto all'Espresso, e non capivo perché.
Im ITA partorì SdL e indicizzaz salariale, per dire (ancora nel 1976 la delibera CICCR sulla monetizzazione del deficit). Eravamo sfasati rispetto agli USA: e ora ce lo fanno pagare con gli interessi (in tutti i sensi)...
EliminaCaro Bazaar, interloquire con il tuo commento Bazaar 16 settembre 2014 14:20 comporta l'uso dell'artiglieria pesante. Infatti Quarantotto 16 settembre 2014 14:53 ne fa uso senza patemi ("Il guaio è che in una società secolarizzata e WASP-led (per ora) nonchè a inclinazioni monoteiste bibliche individualizzate, è ancora più difficile denunciare la ipocrita mistificazione") e di ciò non dubitavo.
EliminaDici che i grafici del mio commento precedente non spiegano se stessi? Io credo di sì e la spiegazione ti è ben nota dato che chiudi il post: "La nevrosi dell'Uomo."
Mode IMHO on.
Di questo, più o meno banalmente, si tratta.
Chiedi: "Cosa è successo nel '68?". Non solo allora. La stragrande maggioranza (per non dire la totalità) degli eventi epocali iniziano in un modo e si attestano diversamente. La rivoluzione francese, quella d'ottobre, perfino al worldwideweb è toccato un tale destino.
Considero il Freud storico-sociologo una specie di coltellino svizzero. A partire da "Totem e tabù" che fa specialmente al caso nostro ("... penso di riflesso al motivo, alla causa, ad una eventuale scelta primigenia che può essere stata fatta dall'Uomo ...").
Non per nulla Freud non andava assolutamente a genio a vonH ("Freud, attraverso i suoi profondi effetti sull'istruzione (...) è forse diventato il maggiore distruttore culturale del nostro secolo"). Perché? Forse perché "non c'è modo di mostrare che il risultato generale delle analisi non potrebbe essere "inganno"" di quell'altro compagno di merende, nonché parente, di vonH: Wittgenstein. O forse perché "su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere", sfolgorante peeeeeerla del medesimo.
Siamo tornati al punto di partenza. Quando è troppo evidente la differenza tra la narrazione dei media e la realtà si deve scendere a patti o aspettarsi l'inevitabile schianto. (non siamo tutti qui per cercare favorire la prima ipotesi vedendo che la seconda è assai probabile?)
Pertanto, non c'è da stupire:
"Ma certi frame, certi slogan hanno poi etichettato e creato gli stessi "tag emotivi" nel resto del mondo. I gggiovani, la ddroga, l'ammòre, vietato vietare (lo slogan preferito di von freedom Hayek), ecc."
Mode IMHO off
Sono invece in completo disaccordo con te a proposito di:
"Perché a ben vedere, se quelle variabili fossero "esogene", potrebbero anche aver ragione i neoliberali, e le distopiche conclusioni di Orwell essere corrette."
Il difetto maggiore della costruzione nevrotica (lato sensu) consiste nell'uso pressoché univoco di attività insostenibili: prima o poi è necessario venire a patti o aspettarsi lo schianto.
«[...]prima o poi è necessario venire a patti o aspettarsi lo schianto[...]»
EliminaSperiamo che in caso di "patto" non sia compreso lo "schianto" stesso. Un patto con la realtà si chiama spesso "impatto con la realtà".
In realtà - mode IMHO on - io "spero" che esista una lucida volontà di creare "schianti" nella Storia, magari in funzione di fini indicibili: perché se c'è una volontà verso il "male", ci può essere anche una volontà verso il "bene".
Se esiste una "finalità", questa volontà non ci può non essere. Vedi Hegel come accennato sopra.
Se così non fosse, e la Storia prosegue secondo leggi deterministiche che non lasciano scelte all'ecumene globale, è difficile trovare un senso alle libere scelte individuali e quindi trovare fondamenti valoriali che assolutizzino l'ethos.
In quest'ultimo caso, se l'Uomo è destinato a "schiantarsi" - "irrimediabilmente" data l'attuale tecnologia - in quanto incapace di esercitare una libera scelta, poiché gli istinti passionali non possono portare ad un Ordine, una microscopica minoranza che si autoproclama "illuminata" potrebbe pretendere pari dignità etica nel momento in cui propone un'eugenetica che porti:
1 - al dispotismo (illuminato) sulla moltitudine irresponsabile, immonda e indegna della libertà e dell'autodeterminazione
2 - alla sopravvivenza e alla perpetuazione della (loro) specie (illuminata)
praticamente Schauble viene dal periodo medioevale o quanto meno preilluminista.
RispondiEliminaè venuto qui dal passato per cambiare il futuro: per fare in modo che la società feudale non termini mai.
Non proprio feudale: tecnocratica neo-imperialista. Che poi, nei rapporti sociali di gerarchia, "mima" la concentrazione di ricchezza di un passato S.Romano Impero (basato però sul dominio ripartito del territorio, limitatore della sovranità indistinta delle comunità più tardi incarnate dai sovrani "unificatori"...Ma Westfalia di certo non rileva, oggi, solo per questo)
EliminaBe'...se pensiamo che, nel feudalesimo, la piramide feudale esistette solo nei testi giuridici (che tentavano una giustificazione "a posteriori"), ma i rapporti furono piuttosto di tipo reticolare, il neoimperialismo potrebbe essere neofeudale.
RispondiEliminaCon tanto di possibilità per l' (auto)valvassore di ribellarsi al sovrano.
Firmato: Yuridieffe
Mi permetto di segnalarti wuesto sito i cui articoli ho trovato assai interessanti http://aurorasito.wordpress.com/
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