1. In un momento di riposo dalla formula "casta-cricca-corruzione-gli-italiani-sono-marci", il FQ pubblica un'intervista alla ricercatrice Marta Fana che illustra i dati "reali" sulla presunta ripresa dell'occupazione presuntamente stabile.
Mi limito a segnalare alcuni passaggi salienti di cose che, su questo blog, evidenziamo da alcuni anni, all'interno della illustrazione dell'inevitabile, immancabile e "vincolata", ristrutturazione del mercato del lavoro che è imposta dall'adesione alla moneta unica (ma l'intervista al FQ di questo aspetto naturalmente non tratta):
"Esiste un po’ di ripresa, ma questa non è strutturale: nessuno sforzo in investimenti, in avanzamento tecnologico all’orizzonte. È tutta una questione di ciclo economico, e il mercato del lavoro al netto del ciclo è dopato dagli sgravi...
Con due miliardi regalati alle imprese è
il minimo vedere un segno più, dobbiamo chiederci quanto vale questo
segno più. Quello che i dati dicono è che, al netto delle cessazioni, il numero di contratti netti a tempo indeterminato è di 91.663 tra il primo gennaio e fine agosto di quest’anno e rappresenta circa il 15% dei nuovi contratti totali...
Più lavoro stabile è francamente un eufemismo: il governo ha svenduto i diritti dei lavoratori per una mensilità di indennizzo
per anno lavorato nel caso di licenziamento senza giusta causa. Nel
frattempo ha dato alle imprese quasi due miliardi in un anno per creare
90.000 posti di lavoro...
Ad oggi, ci ritroviamo con un costo relativo agli sgravi intorno a 1,8 miliardi di euro, il che significa che ogni nuovo contratto a tempo indeterminato è costato 20mila euro già solo nel primo anno..."
2. Le analisi anticipative su questo blog di queste valutazioni ragionate sui dati le potete trovare qui e qui e ancora qui (peraltro, ex multis).
Ma parliamo dell'ultimo post citato (LA RIPRESA FANTASMA E LA LINEA DEL PIAVE DELLA COSTITUZIONE. CHIUNQUE VADA AL QUIRINALE).
E' interessante vedere quale seguito di tendenze abbia negli USA la questione del mercato del lavoro, di cui tale post aveva evidenziato gli esiti (gli esiti cioè del mercato perfettamente flessibile che tanto viene propugnato come oggetto delle riforme da parte di BCE, FMI, OCSE e naturalmente Commissione UE).
Questa "celebre" chart:
può essere in parte aggiornata con questa, al 2015 (disoccupazione effettiva USA, U6, all'11,10%):
3. Qualsiasi seria riflessione sulla ripresa economica dovrebbe avere come punti di riferimento aspetti strutturali attinenti alla forza lavoro "attiva" effettiva, alla prospettiva di controllo della traiettoria della domanda, e pertanto degli investimenti, che da ciò deriverebbe, ed al fatto, ovvio, che si eviti il precario "equilibrio della sottoccupazione".
Dal paper da cui è tratto l'ultimo grafico, citiamo una semplice spiegazione del dato di disoccupazione "reale" U6, quello che sarebbe utile misurare in Italia:
"Most of these people don’t want a job because they are retired,
disabled, in school, or other reasons. "But there are a number of people
who aren’t working, say they want a job, are available for work, and
have taken measures within the past year to try to find work. But
because they did not do anything active within the last month, they
aren’t counted as “unemployed” or “in the labor force”. Instead they are
designated by the BLS as “marginally attached to the labor force”.
When
these individuals are added to those counted as unemployed by the
conventional designation, we get a measure of unemployment known as U5.
The “marginally attached” are sometimes further broken down into those
who say they didn’t search within the last month because they were
discouraged about finding a job, and those who give some other reason.
And there are a number of people who say they’re employed, but only
part-time, and are hoping to get a full-time position.
When we add these
to the U5 count, we get the broader unemployment measure known as U6.
Last month the U.S. unemployment rate as measured by U3 was 5.3%, but
when measured by U6, it came in at 10.5%."
4. Modeste attenuazioni della disoccupazione, ma con occupazione precaria, part-time indesiderata e con aumento sostanziale (nel medio-lungo periodo) del tasso di inattività della forza lavoro potenziale (gli "scoraggiati") significano out-put gap e minore crescita che, a un certo punto diviene un elemento di squilibrio irreversibile: in una società finanziarizzata, in liberalizzazione dei capitali e impasse prolungata della crescita degli investimenti netti produttivi, significa indebitamento intollerabile, come sappiamo, fatto per drogare la crescita attraverso consumi.
Ora gli USA sono arrivati a un tale punto che persino Marchionne si è trovato in difficoltà a imporre le nuove formule della deflazione salariale strutturata.
E mentre l'autonomia sindacale in USA pare risvegliarsi (su settori industriali dove è stato evidente il peso della spesa pubblica di sostegno: all'occupazione, beninteso), sentite come sta evolvendosi la questione del salario minimo, che è il sistema dirigista neo-liberista per trovare un punto di atterraggio nella deflazione e nella destabilizzazione sociale che consegue al mercato del lavoro-merce:
"Fast-food workers in New York City will be paid a minimum wage of $15 an hour by 2018 with the rate rolling out to the rest of the state by 2021.
The move follows more than a year of campaigning on the issue. San
Francisco, Los Angeles and Seattle have all approved a $15 minimum wage
for all employees in the three cities.
At today’s exchange rate, $15 is a higher minimum wage than any other major jurisdiction in the world."
5. Tutto a posto e inversione di tendenza? Cioè effetto positivo di salario minimo, purchè in crescita e non ulteriormente deflattivo, per risolvere la disoccupazione strutturale?
Non proprio. Quando sale il salario minimo, non significa che gli investimenti e l'economia produttiva siano in ripresa.
Significa che cresceranno proprio quei lavori (nei servizi destinati a consumatori di medio-basso reddito) che sono incentivati dal tipo di domanda aggiuntiva che genera tale aumento salariale "d'autorità"; una domanda orientata ai consumi sui servizi a bassa intensità di capitale, con un evidente spiazzamento degli investimenti, sempre più legati ad un settore che non risolve il problema della competitività e dei conti con l'estero.. Lo si può vedere qui:
Intraprendere la strada del salario minimo, dunque, dati alla mano del mercato del lavoro di riferimento che ci viene proposto come TINA (=TTIP), è un serpente che si morde la coda: si ha, in definitiva, solo un rallentamento degli effetti nefasti dell'equilibrio della sottoccupazione.
Si corre ai ripari, per prevenire una nuova crisi finanziaria da debt deflation.
Ma ce la faranno negli USA a evitarla da qui al 2021 (decorrenza, "a macchia di leopardo", cioè localizzata qui e lì, degli aumenti del minimum wage "più alto del mondo")?
Per non parlare del fatto che probabilmente il minimum wage "più alto del mondo" andrebbe considerato in relazione col costo della vita e col tasso d'inflazione delle rispettive città: in particolare, stiamo parlando di New York City - il distretto finanziario -, Los Angels - la capitale dello spettacolo e dell'immagine, cioè della propaganda a 360 gradi "in and out of the country" -, San Francisco - la città simbolo della Silicon Valley, ossia della speculazione immobiliare da afflusso di capitali esteri che costringe i "nativi" a trasferirsi altrove perché non possono più permettersi il "lusso" di vivere nel luogo dove sono nati (http://www.zerohedge.com/news/2015-10-09/unlivable-350000-shack-cheapest-home-san-francisco) - e Seattle - sede di Amazon e Starbucks. E sono convinto del fatto che questo l'articolo del Guardian non lo dice (non l'ho letto, dunque deduco semplicemente basandomi sull'esperienza maturata in materia, con la speranza di essermi sbagliato).
RispondiEliminawinston smith
Il punto è in realtà irrilevante, stante l'articolo: si sta procedendo verso una gigantesca deflazione salariale su scala mondiale, con l'obiettivo di accompagnare alla miseria l'Occidente senza eccessivi bruschi scossoni, in stile Grecia, ovvero un'eutanasia ospedalizzata.
EliminaÈ voluto ab origine.
Si sta provvedendo ad impoverire e a distruggere psicologicamente le uniche culture che hanno sperimentato il benessere democratico.
È un keynesismo al contrario, dove non si reprime la finanza ma le democrazie fondate sul lavoro.
Siamo di fronte alla totale walmartizzazione della classe lavoratrice, e alla dispersione delle identità nazionali.
Inoltre, il mantenimento degli squilibri delle BdP e l'apparente ottusità con cui si è ormai spinto l'intero pianeta in una spirale deflattiva, sembra volto a ricercare appositamente un conflitto bellico globale.
Lo ius soli è qualcosa che va oltre alle colossali speculazioni a spese delle comunità nazionali, siamo di fronte ad un lucido progetto di vaporizzazione orwelliana della storia democratica.
Siamo in quella fase descritta da Neruda: la violenza ci sarà, o sarà volta contro divise e volti d'altro colore, o verso l'establishment che, tra mandanti e collaborazionisti ha occupato le istituzioni, procedendo poi a vaste politiche di rinazionalizzazione e ripristino della cultura democratica ripubblicizzando i mezzi di comunicazione di massa.
L'unica dinamica che possa fermare il cancro elitista, potrebbe essere il supporto delle sovranità orientali a sostegno delle microscopiche forze democratiche rimaste, a cominciare, magari, da una massiccia campagna di controinformazione...
In effetti ha senso parlare solo in quadro globalizzato: la deflazione è l'obiettivo di fondo di chi governa la globalizzazione intesa, ovviamente, come finanziarizzazione (distinguere i due fenomeni è roba da propaganda che chang ha smentito con dati inconfutabili). Ma ESSI hanno pure la consapevolezza che la deflazione non è sostenibile per i soliti motivi di irrecuperabilità dei crediti (messa terra-terra la globalizzazione è il governo mondiale degli strozzini).
EliminaDa qui espedienti diffusi e patetici per ritardare l'effetto deflagrazione: ovvero per non dover promuovere l'Armageddon anzitempo, prima che l'effetto propaganda lo abbia reso perfettamente accettabile dalle masse del sondaggismo idraulico (in cui consiste la democrazia da espostare).
In tutto questo, non so se le "sovranità orientali" siano in grado di aspettare pazientemente sotto i colpi del governo sovranazionale dei mercati e lasciarli fallire nella loro corsa contro il tempo, promuovendo controstrategie culturali per minare il consenso mediatizzato-manipolatorio delle masse occidentali drogate: possibile ma non linearmente probabile...
In certi ambienti, per descrivere l'effetto ultimo del processo di ingegneria sociale qui analizzato si parla apertamente di ritorno al Medioevo o neofeudalesimo. In realtà, soffermandosi in particolare sull'insistenza martellante nell'ottenere la mobilità al servizio del capitale come obiettivo irrinunciabile, dunque sul ripristino sostanziale del nomadismo (su scala individuale "di massa" e non più tribale, considerata la distruzione delle identità locali e nazionali e dello spirito comunitario tramite inoculazione massiva di ordolivore), a me pare che ci si possa spingere persino oltre: è l'annichilamento della civiltà, il ritorno alla preistoria e ai "bestioni" di Vico.
EliminaÈ da un circa un anno e mezzo che penso che, prima di un nuovo conflitto bellico globale (sfacciatamente ricercato da una certa componente delle élites al comando, oserei dire), si passerà, quantomeno in certi ei furono Stati dell'Europa, al bellum omnium contra omnes, cioè alla guerra civile - da come sarà gestita e dal suo esito dipenderanno molte cose; e il fatto che ora inizino a parlare apertamente di questa eventualità anche intellettuali oltre confine come Jacques Sapir non fa che rinforzare i miei timori.
winston smith
Sull'esito che paventi mi son sempre morso la "lingua digitale": il punto è che è - apparentemente - dimostrabile in modo semplice.
EliminaIl fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini, assolutamente più scolarizzata ed educata rispetto alle masse proletarie anche solo di due generazioni fa, non sia in grado di distinguere "destra da sinistra", ovvero orientarsi in politica, che, certamente, significa saper disnguere il "bene dal male" in senso politico, ovvero far i propri interessi (sociali, di classe, ecc.), è un indice allarmante, inquietante.
Non esiste più neanche una "sovrastruttura" condivisa, né di tipo religioso, né di tipo culturale: esiste solo - e soltanto - relativismo pop.
La mercificazione di qualsiasi attività e funzione umana, in particolare delle scienza e delle arti, ha eliminato qualsiasi carattere assoluto del presente, dell'attuale.
La mercificazione totale ha portato al relativismo globale: ideologia sovrastrutturata al totalitarismo globalizzato della "grande società" finanziarizzata e militarizzata.
Il "relativismo globale" porta al "nichilismo globale": i "nichilisti attivi" (coloro che fanno della loro psicopatologia il loro punto di forza) sono i padroni, i "nichilisti passivi" sono gli schiavi, al limite i "gladiatori".
La deindustrializzazione, la privatizzazione dei beni pubblici, la desertificazione e l'imposizione di brevetti sulle sementi, conducono ovviamente ad uno stato in cui "homo homini lupus": di fronte alla sopravvivenza vera, ovvero alla lotta per non crepare di stenti, si impone lo smantellamento di ogni struttura etica, quella che sta realmente alla base di qualsiasi civiltà umana.
Poiché già non esiste un'etica condivisa - ovvero le Costituzioni sono solo formali, "carta immobile", stando con Calamandrei - e poiché questo viene miscelato col "nomadismo" globale, è evidente che il caos verso cui siamo catapultati è di tipo "pre-hobbesiano".
Ma ESSI pare contino di fermare "l'annichilimento" giusto poco prima, per garantire la loro stessa sopravvivenza nei loro feudi fortificati, che necessita una forma offuscata, ma strutturata, di organizzazione sociale... insomma, stile "Grande Fratello".
(I signori hanno armato
l'Uomo - perché
non è riuscito a girare
le armi contro di loro?
Gli diedero una baionetta e dei proiettili
polvere da sparo - davvero
non sapeva cosa fare?
Gli si sono indebolite le mani?
Dicono i Signori che la guerra
è la cosa più importante, necessaria -
Perché non farli saltare
con un coraggiosa colpo?)
Jan Neruda
p.s.
EliminaFaccio notare che il disorientamento destra/sinistra, e la mal lateralizzazione politica della cultura moderna, sono oggetto di discussione in questi giorni da "due de passaggio" d'oltreoceano: Paul Krugman e Corey Robin.
«Ronald Reagan embraced supply-side economics, which was not only a radical doctrine but one rejected by virtually the entire economics profession», cazzia Kruggie i conservatori, che, sempre più in coro, cominciano a rendersi conto di dove porterà anche le loro natiche libertarie il radicalismo della controrivoluzione hayekiana...
Dibattito che sintetizza povertà imbarazzante (dato che pure Krugman non può cavarserla con teorie generali economiche..senza nominare l'innominabile: il conflitto sociale): il conservatore è un tipo umile e ragionevole che fa...LE RIFORME!
EliminaDetta la parola magica, accertare fini, strumenti e obiettivi realizzati (ciò che accade sula pelle della gggente) diviene un dettaglio, un sommesso borbottio autodimostrativo, ragionevole "a prescindere".
Come, oggi in Italia, il richiamo passepartouy a Einaudi.
Ma neanche Totò avrebbe immaginato...(ai suoi tempi signori si nasceva...)
Passepartout (mannaggia alla fretta)
Elimina@Quarantotto
EliminaCredo proprio tu abbia centrato il problema: il conflitto sociale (o peggio ancora, di classe) è l'innominabile per eccellenza. Deve diventare impensabile (finestra di Overton).
Ci stanno lavorando alacremente, ma la realtà non è dalla loro... ed è tanto maleducata.
"... il che significa che ogni nuovo contratto a tempo indeterminato è costato 20mila euro già solo nel primo anno..."
RispondiEliminaIl" quarto partito " colpisce ancora :)
SCARPE GROSSE & CERVELLO FINO: semine tardive
RispondiElimina(otc)
Gustavo (dal gustare, v. tr. e intr. - lat. gustare, der. di gustus -us «gusto»), guardando il cielo e le stagioni, i sapori e gli odori dei raccolti coltivati poi, distratti, ci si affida alle precoci primizie per giungere infine – come nell’alfabeto becedario - alle ultime raccolte delle quali la fricativa alveolare della ventunesima lettera “zeta”è l’ultima.
Zabetta (s.f., pettegola), zabro (s.m., coleottero infestante il cereale), zampogna (s.f., strumento a fiato a più canne in un otre di pelle) .. zuccone (s.m., grossa zucca).
Una fortuna andare scalzi senza scarpe da lustrare.
Tht’s all, folks .. !