giovedì 14 settembre 2017

OGM, L€UROPA E I CONTROLIMITI


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http://slideplayer.it/slide/10550365/ 

1. I temi emersi nei commenti seguiti all'ultimo post sono importantissimi. Si tratta di una serie di precisazioni storico-istituzionali che costituiscono le UNICHE armi efficaci per contrapporsi alla  vulgata su cui si fonda lo stravolgimento della democrazia costituzionale (sociale e, quindi, keynesian-kaldoriana) che stiamo subendo
Non a caso, dai commenti è emerso il pensiero autentico e originale di Keynes, Caffè, Basso e, (nel debunking della insopportabile vulgata di Hitler keynesiano), Tooze (cioè, di un'indagine storica basata su una completa rilevazione dei fatti, non selezionata in funzione di una tesi "conveniente" precostituita a fini di autolegittimazione...Come dire: lascienza è "libera" come piaceva a ...Einaudi, qui p.2).
Per i commentatori che hanno inserito lunghi e salienti brani delle fonti organicamente utili, ho perciò inserito l'invito a valorizzare questi contributi in forma di post, con semplici elementi di raccordo e di illustrazione critica essenziale. Ciò consentirebbe (ad es; per l'intera trattazione delle politiche economiche seguite dal nazismo compiuta da Arturo; ma è solo un esempio), di costituire un archivio di post "tematici" (e numerati) disponibile, più agevolmente, per tutti i lettori del blog.
Il lavoro di raccolta e coordinamento di più commenti e fonti, talora, come nel caso di Arturo e Francesco (sempre esemplificativamente), svolti in più occasioni, può forse risultare faticoso (beninteso: anche solo in ottica di "testo unico" meramente compilativo), ma, a questo punto dello svolgimento del discorso complessivo del blog, pare necessario.

2. Dicevamo della democrazia costituzionale. Il post-vademecum era, a sua volta, un tentativo di fornire una serie di argomentazioni e analisi coordinate derivanti da una pluralità di fonti (l'alternativa "migliorativa" sarebbe fare un ulteriore libro: ma non è detto che proprio la raccolta monografica dei temi più importanti non serva ad agevolare notevolmente questa possibilità).
Siccome i fatti non possono che confermare quanto qui cerchiamo da anni di evidenziare, sul problema della sovranità, in quanto inscindibile dai suoi CONTENUTI POSITIVI (cioè dalla sostanza dei poteri e degli obblighi che in base al diritto costituzionale si era assunti la "Repubblica italiana" verso il popolo sovrano che è titolare della sovranità), vorremmo richiamare un punto che è pregiudiziale ad ogni altro e che è portatore di una serie di fondamentali "applicazioni".


In sostanza, il segno di una democrazia compiuta (e non revocabile, in modo assolutamente discrezionale, secondo il capriccio dello "stato di necessità" imposto dai mercati) è il costituzionalismo (non il fatto che si voti ogni 4 o 5 anni, come sottolineava Gramsci, qui, pp. 2-2.2.)
Vale a dire:
a) l'esistenza della Costituzione rigida - cioè al di sopra della "politica" dei rapporti di forza sociali comunque raggiunti, come evidenziò Calamandrei, cioè della politica espressa nelle leggi del Parlamento;
b) la costituzionalizzazione del sistema di garanzia della gerarchia delle fonti, - al cui vertice sia posta sempre la stessa Costituzione nei suoi enunciati inderogabili;
c) il principio di eguaglianza sostanziale legato alla enunciazione del principio supremo di tutela del lavoro, come sistema centrale di risoluzione democratica del conflitto sociale.

3. L'amico Paolo Maddalena, in questa recente intervista, 

ci fornisce una conferma di questa sintesi: che, come dovrebbero aver capito i lettori del blog, consegue a una serie di imponenti evoluzioni politico-internazionali e lotte sociali, che "necessitano" (secondo la lezione di Mortati, qui, p.4.1.) la fissazione di principi normativi di livello costituzionale dai quali NON SI POSSA PIU' PRESCINDERE.
Almeno se la democrazia costituzionale viene assunta in termini di effettività, - come spiegavano Calamandrei e Basso (qui, p.4.2.), realizzando le intuizioni di Gramsci-, e non si abbia, per contro, la chiara riserva mentale di ridiscuterla in funzione del "costituzionalismo politico-filosofico", cioè del neo-liberismo ideologico che si traveste da "scienza sociale", predicando un meta-diritto volto a neutralizzare quello positivo.

4. Ora, il fatto è che, a un lettore ormai sprovveduto (altrimenti non sarebbe un lettore...), potrebbe sembrare che il problema di diritto, inteso come "giustizia" perseguita nelle regole giuridiche, sia quello della corretta applicazione del "principio di precauzione": ma quest'ultimo, è di derivazione dai trattati €uropei (art.191 TFUE), e ciò significa qualcosa che va capito a fondo. 
Questo principio non può dunque essere altro che un precetto ordoliberista, e, quindi, neo-liberista istituzionalizzato a livello sovranazionale. In particolare, come emerge dalla fonte L€uropea linkata, un tale precetto serve strutturalmente a contenere una "doppia verità" intrinseca e, "tatticamente", come in tutta la costruzione ordoliberista, questa "duplicità" dissimulata si manifesta in una doppia proiezione:
a) compendia assunti simultanei ad applicazione congiunta impossibile, in modo tale che solo uno di essi, quello più conveniente al sistema oligopolistico concentrato dei mercati, sia de facto concretamente applicabile (qui, p.1);
b) trascende in forma esplicitamente "corporativa" - (in senso stretto: lo dice lo stesso Eichengreen proprio parlando delle politiche economiche della Germania nell'ambito della progressiva costruzione europea, qui, p.2)- ogni rilevanza del problema della tutela del lavoro, inteso come attività di TUTTI  i ceti estranei al circuito della struttura oligopolistica sopranazionale dei mercati.  Nel campo degli OGM quest'ultimo aspetto sarebbe infatti quello prevalente.
La tecnica è sempre quella di ridurre ogni aspetto conflittuale sociale alla categoria della tutela dei consumatori, in modo da coinvolgere la classi subalterne in una paradossale convergenza di interessi con il capitale industriale finanziarizzato, risolvendo ogni questione sul piano del "sistema dei prezzi", limitabile solo in funzione di eventuali tutele dell'ambiente, derivanti dalla pericolosità dei prodotti per la salute dei "consumatori". 
Si tratta quindi di una logica assicurativa, per cui il rischio di impresa viene delimitato preventivamente dall'intervento precauzionale che dovrebbe, in realtà, prevenire l'effetto di uscita dal mercato dell'impresa lesiva e garantirne la sopravvivenza.

5. La conferma di questo paradigma la si può chiaramente e direttamente ritrarre da questo passaggio della (sintesi della) Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione:

"L'onere della prova
Nella maggior parte dei casi, i consumatori europei e le associazioni che li rappresentano devono dimostrare il pericolo associato a un processo o a un prodotto messo sul mercato, eccezione fatta per i medicinali, i pesticidi o gli adittivi alimentari.
Tuttavia, nel caso di un'azione presa a titolo del principio di precauzione, si può pretendere che sia il produttore, il fabbricante o l’importatore a dimostrare l’assenza di pericolo. Questa possibilità deve essere esaminata caso per caso; non può essere estesa a livello generale all’insieme dei prodotti e dei processi messi sul mercato".
6. E' chiaro il punto: anzitutto occorre "scientificamente" provare l'incertezza sulla "salubrità" di un prodotto o processo produttivo, e ciò incombe sui consumatori (cioè sulle loro associazioni, private e...forse dotate di mezzi finanziari sufficienti? E da chi?). 
Ma l'azione presa dalle istituzioni UE - e che impone eventualmente al fabbricante o produttore un qualche onere della prova- potrebbe eventualmente avvenire sulla base di presupposti ASSOLUTAMENTE INDEFINITI E TOTALMENTE DISCREZIONALI, per di più accertabili solo con "la partecipazione di tutte le parti interessate allo studio delle misure di precauzione" (specialmente le parti industrial-finanziarie, che irrompono nel processo di verifica dell'accertamento con le loro risorse praticamente illimitate), e soltanto "non appena i risultati dalla valutazione scientifica e/o della valutazione del rischio sono disponibili".

7. Quindi la pregiudiziale valutazione "scientifica" e del rischio - che possa, in modo imprevedibilmente discrezionale indurre la Commissione "all'azione" e a "invertire" l'onere della prova normalmente incombente sui "consumatori-", proviene anzitutto da imprecisati accertamenti, che sono pregiudiziali al coinvolgimento di "tutte le parti interessate" e che sono, necessariamente, relegati  alla "fase pregiuridica della politica allo stato puro" (quella cui si riferisce Calamandrei sopra linkato): cioè si svolgono in una "spontanea" auto-organizzazione di interessi (deboli), che viene lasciata inevitabilmente ai "rapporti di forza", in una società in cui è giuridicamente esclusa l'iniziativa OBBLIGATORIA di un qualsiasi ente pubblico esponenziale degli interessi dei consociati.

7.1. Ed infatti, il grande assente, nello schema L€uropeo del "principio di precauzione" è proprio uno Stato, attivo con le sue funzioni pubbliche, doverose e caratterizzate dalla continuità e dalla irrinunciabilità, volte alla limitazione delle forze del mercato in ragione del prevalente interesse dei cittadini: in quanto tali, come titolari collettivi della sovranità, e non come meri consumatori, (ordoliberisticamente) co-interessati (cosmetici) al libero esplicarsi delle forze del mercato.

8. La differenza di questo paradigma dal nostro sistema costituzionale salta agli occhi: l'interesse generale, della comunità sovrana dei lavoratori (art.1 Cost.), non è recessivo fino a prova contraria (!) da parte delle associazioni di consumatori. 
Ed infatti le previsioni fondamentali della nostra Costituzione dispongono in senso esattamente opposto:
Art. 32

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.


Art. 41

L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
9. E accenniamo appena all'aspetto della compatibilità degli OGM con la tutela del lavoro (in agricoltura) rispetto alla dubbia "utilità sociale" di una posizione di monopolio, neppure di fatto, ma proprio "di diritto" (di privativa industriale) sul lato dell'offerta, che contrasterebbe frontalmente l'effettività del diritto al lavoro stesso (art.4 Cost.) e il connesso favor costituzionale per la  proprietà diretta coltivatrice (art.47, comma 2, Cost.).
Sotto questo profilo, tra l'altro, non si tratta di "rischio" ma di certezza: un siffatto monopolio tenderà inevitabilmente ad espellere i piccoli coltivatori diretti dal mercato per via di crescenti e insostenibili pressioni sui costi e sui prezzi.
10. Si pone allora un non piccolo e consueto problema: si arriverà o meno, anche in questo campo, all'applicazione dei "controlimiti" (pur tante volte enunciati dalla Corte costituzionale, sebbene sempre e solo in astratto), rispetto alle fonti €uropee di qualsiasi tipo, incluse le decisioni della CGUE, cioè opponendo la non vincolatività di assetti imposti da una "organizzazione internazionale" in quanto contrari ai principi non revisionabili della nostra Costituzione ed in quanto estranei alla "pace e alla giustizia tra le Nazioni" e alle minime "condizioni di parità" (art.11 Cost.)?
Paolo pare rendersi conto di ciò nella parte finale dell'intervista. Ma occorre rammentare che il "la giurisprudenza costituzionale può ricorrere alla teoria dei controlimiti" costituisce il vero "baco" della tutela dei principi costituzionali che ci troveremo sempre di più inevitabilmente a fronteggiare.
11. Sicché mi pare giusto concludere con queste acute osservazioni tratte da un paper di Massimo Luciani (riprese da un commento di Arturo):  
"Mi pare significativo, oltre al saggio che hai poi linkato tu, questo sui controlimiti. E' piuttosto evidente che da un lato ritiene che i controlimiti siano stati superati, o comunque siamo ormai fuori dalla copertura dell'art. 11, dall'altra non intende dichiararlo "globalmente" (l'occasione del saggio è infatti una questione in materia penale): 
"Solo il più inguaribile degli euro-ottimisti potrebbe non avvedersi che siamo di fronte a una costruzione sbilenca. Nessuno ha ancora risposto all’interrogativo su come possa reggere un sistema con moneta unica e debiti plurimi. Nessuno ha mai spiegato come possa darsi uno spazio senza frontiere quando la sicurezza nazionale è riservata agli Stati (art. 4.2 TUE) e ci sono forze armate e sistemi di intelligence separati (la recente catastrofe della sicurezza pubblica belga, se qualcuno si fosse distratto, sta lì a ricordarcelo). 
Nessuno ha ben compreso quanto sia inaccettabile il prezzo che in termini di certezza del diritto si paga alla continua in-decisione sulle fonti di tutela dei diritti. Personalmente, penso che da questo ginepraio si possa venir fuori meglio in avanti (con una forte iniziativa politica che ridia sangue all’idea di Europa) che all’indietro (con una progressiva chiusura degli Stati membri), ma è ben ora di uscire dall’equivoco di una situazione in cui gli interessi egoistici degli Stati (di quelli più forti, ovviamente) sono spacciati per interesse generale." (pag. 6).
Se è ben difficile sostenere che un quadro del genere sia compatibile con l'art. 11, è ovvio che non si tratta di esprimere augurii su più o meno realistiche soluzioni politiche, ma una valutazione giuridica sull'attuale compatibilità del quadro dei Trattati con la Costituzione. E Luciani lascia cadere en passant: "Si sa che l’attenzione della dottrina è costantemente rivolta alla garanzia giurisdizionale del rispetto dei controlimiti. È evidente, invece, che l’opposizione dei controlimiti può spettare (sempre secondo le regole costituzionali di ciascun ordinamento, ribadisco) anche a organi diversi (in primis al capo dello Stato, ma anche al Parlamento e allo stesso Governo)."


18 commenti:

  1. "L'onere della prova
    Nella maggior parte dei casi, i consumatori europei e le associazioni che li rappresentano devono dimostrare il pericolo associato a un processo o a un prodotto messo sul mercato, eccezione fatta per i medicinali, i pesticidi o gli adittivi alimentari."

    Come negli USA. onere della prova ribaltato a danno dei cittadini.
    questa tendenza continuerà ad allargarsi...lentamente ma costantemente. anche i medicinali ne verranno coinvolti senza dubbio.

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  2. Dopo i tanti documentari sui danni del fumo temo che fra 50 anni sara' prodotto anche un documentario come questo, con protagonisti le vittime prossime venture degli alimenti OGM.

    Sembra infatti che non riusciremo proprio ad evitare di fare da cavie per questo ennesimo insensato esperimento OGM.

    https://www.youtube.com/watch?v=vMp1tef4lg4

    Il documentario sopra indicato lo avevo anche segnalato in un commento su goofynomics (ante post 'lascienza').

    Alle vittime di quell'esperimento coatto di stato (spacciato per profilassi della scabbia) per valutare gli effetti della forte esposizione alle radiazioni ionizzanti (raggi X) fu negato per decenni il riconoscimento della relazione causale tra la abnorme esposizione subita da bambini ed i danni alla salute patiti per tutto il resto della loro vita.

    In quell'episodio (accaduto nel giovane stato di Israele) invece della Monsanto fu protagonista l'apparato militar-industriale degli armamenti nucleari USA, che concesse ingenti prestiti in cambio dei risultati della sperimentazione.

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  3. ma se in qualche modo approvano i TTIP? (non so se è commento OT)

    L'obiettivo di medio termine USA è evitare di perdere il ruolo (politico-dominante) del dollaro come moneta di riserva.
    La fissazione di un peg, sul $ stesso, di monete dell'area UE eventualmente ripristinate (per gli scambi interni) consentirebbe di rafforzarne il ruolo internazionale negli scambi di merci e stabilizzerebbe il suo ruolo prevalente nelle transazioni finanziarie.

    Per rendere appetibile ciò, un iniziale riallineamento valutario in Europa, accompagnato da regolazioni in dollari dei crediti/debiti interni all'UEM, potrebbe svolgersi ordinatamente: in cambio gli USA potrebbero ottenere la totale omogeneizzazione del sistema europeo del welfare (privatizzato e finanziarizzato).

    Poi la gente verrebbe distratta dagli OGM e dagli standards ambientali e di tutela dei consumatori. E facendo concessioni (magari cosmetiche) su aspetti come questi - che potrebbero risolversi in opportune barriere ai prodotti del resto del mondo ed essere proposti come una vittoria agli elettorati europei- si potrebbe lasciare intatto il sistema arbitrale privato di applicazione del TTIP (in danno degli Stati che non privatizzano il welfare).

    Insomma , una maxi area governata dal diritto internazionale privatizzato, cioè dalla finanza, con deflazione strutturale in funzione di una competitività sui servizi (finanziari, ICT e turistici) e sulle tecnologie: rendendo così sostenibili (nelle previsioni di ESSI, beninteso) massicce delocalizzazioni manifatturiere.

    Non si tiene conto che l'impoverimento stabile del 99%, rispetto agli standards del XX secolo, ad un certo punto sarebbe talmente elevato che la destabilizzazione sociale renderebbe obbligatorio un regime stile Grande Fratello.
    Ma anche un capillare sistema repressivo e di controllo ad alta tecnologia mass-mediatica, sarebbe costosissimo.

    Lo "Stato minimo" non sarebbe realizzabile nei costi complessivi idealizzati dai liberisti: sarebbe piuttosto un neofeudalesimo, asettico nella alte sfere e ossessivo in quella di massa.
    E "l'effetto pretoriani" incomberebbe continuamente come degenerazione.
    http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/la-concessione-beveridge-o-leffetto.html

    Ma la percezione di questa prospettiva è ancora troppo lontana per chi la sta subendo. E che, anzi, finirà per invocarne la sostanza come "unico cambiamento possibile".
    La percezione sarà semmai riservata a quei pochissimi che conserveranno sufficienti "risorse culturali" per percepirla.
    Per tutti gli altri, l'accecamento della "guerra tra poveri" (su accuse di miserabili privilegi, allineati verso il basso), funzionerà da "collante" del regime tecni-pop e non sarà mai percepita la manovra.

    http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/ipotesi-frattalica-2-anni-dopo.html?showComment=1418975714454#c4671353245125071477

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    1. No, anzi: memento azzeccatissimo :-)

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    2. "Ma se in qualche modo approvano i TTIP?"

      Con o senza TTIP le direttive imperiali si eseguono e basta, anche senza salvare la forma.

      E' di poche ore fa questa notizia:

      "US Department of Homeland Security issued a statement in which it called for American state entities to abandon products of the Russian software producer Kaspersky Lab"

      http://tass.com/politics/965668

      Capisco che il nome Kaspersky Lab non dica niente a nessuno ma nell'ambiente informatico gode di una certa notorieta', in quanto ha avuto il coraggio di rendere noto il connubio infame ultraventennale tra (TUTTI I) produttori HW/SW USA e la CIA (insieme a tutta la pletora di 'alphabet agencies' private di spionaggio).

      Per esempio senza Kaspersky Lab non si sarebbe mai saputo nulla di Stuxnet.... cioe' di come si sia scientemente studiato ed impiantato un virus per il sabotagio degli impianti industriali....

      https://spectrum.ieee.org/telecom/security/the-real-story-of-stuxnet

      Che usare Intel e/o software e/o applicativi delle multinazionali USA implichi implicitamente la accettazione di 'backdoors' in presa diretta con le varie agenzie USA e' un segreto di pulcinella.

      Kaspersky Lab (che produce ottimi antivirus e sw per comunicazioni sicure) ha dato anche la notizia che c'e' un gruppo in Microsoft che si occupa in permanenza di tenere aperte le 'backdoor' a seguito dei nuovi aggiornamenti.

      "La percezione sarà semmai riservata a quei pochissimi che conserveranno sufficienti "risorse culturali" per percepirla."

      E che (aggiungo io) oltre alla percezione avranno la fede del granello di senape della parabola evangelica.


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    3. Interessantissimo aspetto applicativo dell'ordine internazionale (anglosassone) del mercato. Vedrai che, scavando, si può rinvenire anche un coinvolgimento tedesco...

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    4. Quarantotto: il coinvolgimento tedesco è assodato in quanto l'obbiettivo di Stuxnet erano sistemi elettronici, di marca Siemens, per il controllo di apparecchiature industriali impiegate nel programma nucleare iraniano (e pare che Stuxnet fosse molto più "vecchio" di quanto si pensasse).

      Non è ben chiaro che ruolo abbia avuto Siemens: gli iraniani li accusarono di aver collaborato con statiunitensi e israeliani, fornendo loro informazioni, sul software che serve a programmare i loro apparati elettronici, essenziali alla messa a punto di Stuxnet (non entro nei dettagli tecnici conosciuti, a chi fosse interessato faccio presente che circolano informazioni non corrette).

      Sulla versione internazionale del quotidiano israeliano Haaretz, Anshel Pfeffer sottolineava che le relazioni commerciali nel settore nucleare fra Siemens ed Iran risalgono a prima della rivoluzione e anche se ufficialmente avrebbero dovuto interrompersi gli apparati Siemens sono sempre in qualche modo arrivati in Iran. Concludeva ipotizzando che o i tedeschi avessero reciso ogni rapporto con gli iraniani o che questi ultimi stessero cercando di ingannare il nemico.

      C'è da aggiungere che è emerso di cittadini svizzeri che fecero il doppio gioco, lautamente foraggiati dalla CIA, all'interno di una presunta rete per il traffico di tecnologia nucleare, che avrebbe avuto rapporti con Iran, Libia e Corea del Nord.

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  4. Ciao Quarantotto, riporto un passo di Massimo Luciani:

    " Da questo punto di vista, trovo illuminante
    l’evoluzione della posizione tedesca sul debito pubblico. Nell’art. 135 del Grundgesetz, nel
    1969, viene inserita la c.d. clausola d’oro, e cioè il principio della neutralizzazione delle spese
    d’investimento ai fini del computo del debito. Per quarant’anni le cose restano così, sin
    quando nel 2009 si abroga l’ultimo periodo dell’art. 135, par. 3, finendo per computare nel
    debito anche quelle spese. A fare questa operazione, che poi pretenderà di estendere a tutta
    l’Europa, è un Paese che aveva vissuto la riunificazione, si era pesantemente infrastrutturato,
    aveva recuperato il ritardo dei Länder dell’Est. È evidente che trasferire, oggi, questo regime
    ai Paesi che di infrastrutturazione hanno ancora bisogno (Italia in primis) determina
    conseguenze molto gravi e cagiona palesi svantaggi competitivi. Che in questa temperie i
    controlimiti vivano una stagione fortunata non è, davvero, sorprendente"
    Rivista N°: 2/2016
    DATA PUBBLICAZIONE: 15/04/2016

    Anche in Italia venivano neutralizzate le spese d'investimento ai fini del computo del debito pubblico? oppure noi le abbiamo sempre conteggiate? Certo che fare questa mossa in piena crisi recessiva, come gli aumenti dei tassi d'interessi della BCE in quel periodo mentre la Fed li abbassava, significava la chiara volontà politica di far sprofondare questo Continente nella più brutale deflazione, distruggendo il futuro di decine di milioni d'Europei.
    Grazie in anticipo della risposta.

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    1. Sempre conteggiate (anzi: direi che a Luciani sfugga che persino i tedeschi hanno bisogno di fare quantomeno investimenti "lordi" sulle loro infrastrutture pubbliche).

      L'arretratezza infrastrutturale italiana, poi, se considerata nella sua proiezione di fruizione comunitaria e generale (cioè non in ottica supply side), non è un PRIUS ma una CONSEGUENZA delle politiche di riduzione forzata del deficit (e infatti come "piove" crolla tutto il territorio).

      Effetto concomitante di questo consolidamento fiscale, peraltro, è la riduzione della capacità industriale, conseguente alla privatizzazione delle grandi imprese pubbliche: ora culminante nell'ACQUISIZIONE AL CONTRARIO dei cantieri francesi: noi forniamo la ricapitalizzazione di salvataggio dei LORO cantieri, comprando un pacchetto azionario (di larga maggioranza), e, in cambio, ne ricaviamo, - non si sa come-, la cessione gratuita del controllo della nostra cantieristica militare, e più altamente tecnologica, alla mano pubblica francese!!!
      Roba da non credere...

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  5. Presidente …. per il prossimo libro :):

    Arturo24 dicembre 2015 21:45

    Per restare al Dickens evocato da Winston, una citazione del fantasma dei Natali passati: "Ciò che l’art. in esame [l'art. 11] esige è che in linea di principio l’Italia non si trovi in una posizione di disparità; esso richiede in particolare che, se il trattato cui aderiamo opera delle differenziazioni di trat¬tamento, queste siano in modo netto ed inequivoco giustificate dall'assoluta esigenza di promuovere o attuare la pace e la giustizia. In altri termini, la sola ipotesi in cui possono essere ammissibili diseguaglianze di trattamento che sfavoriscano l’Italia, è che esse siano rese indispensabili dalla necessità di attuare le due istanze testé accennate.”

    "È da escludere invece che l’art. in questione [sempre l'art. 11], autorizzi gli organi detti rispettivamente a concludere e a dare esecuzione — con legge ordinaria — a trattati internazionali che siano bensì conformi allo stesso, ma contengano tuttavia disposizioni contrastanti con norme costituzionali diverse da esso.
    Se così non fosse, poiché il numero dei trattati suscettibili di ricadere sotto il disposto dell’art. in esame è cospicuo, ove siffatti trattati contenessero norme comportanti deviazioni rispetto alla Costituzione si verrebbe ad am¬mettere che attraverso leggi ordinarie (di esecuzione di quei trattati) ven¬gano derogate norme costituzionali: il che equivarrebbe ad una palese e siste¬matica elusione dell'art. 138, il quale richiede, per la modifica della Costi¬tuzione, un procedimento aggravato rispetto a quello contemplato per la legge ordinaria."

    Il fantasma in questione è Antonio Cassese, nel suo commento all'art. 11 nel celebre Commentario Branca (Bologna, Zanichelli, 1975, pagg. 582 e 584).

    Questa chicca, (che nell'ottica "originaria" dello studioso di dritto internazionale ci dà un ambito dei controlimiti allargato quanto quello originariamente precisato da Mortati), l'avrei messa ne "La Costituzione nella palude" ad averla rinvenuta prima.

    http://orizzonte48.blogspot.it/2015/12/il-rispetto-della-dignita-umana-e-della.html?showComment=1450989940167#c7205241037409506092

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  6. Il punto è che purtroppo non si vuole ancora capire che i Trattati (e tutte le fonti di rititto eurunitario derivate), dietro una vernice umanistica dagli enunciati accattivanti, non sono altro che Trattati commerciali, ovvero il mercato è il fine e la persona è il mezzo per la realizzazione del mercato. Se la dignità e la sicurezza della persona umana fossero posti in posizione verticistica nella scala degli interessi da tutelare, il mercato – nel caso in cui vi fosse il dubbio che lo stesso possa nuocere– dovrebbe retrocedere. Ed invece avviene il contrario.

    Nella fonte linkata da Quarantotto, la Commissione, al paragrafo 2, si preoccupa di salvaguardare il processo di integrazione dei mercati che potrebbe risultare compromesso da un “ricorso ingiustificato al principio di precauzione, che in alcuni casi potrebbe fungere da giustificazione per un protezionismo mascherato”. Ecco perché la stessa ribadisce l’obbligo di rispettare i principi di proporzionalità e di non discriminazione che impongono di scegliere “le misure di riduzione del rischio che comportano effetti meno restrittivi per gli scambi” (paragrafo 6.3.1). E la Corte di Giustizia, ovviamente, ha un ruolo fondamentale nel precisare i limiti e la portata del principio precauzionale.

    Questo consente “di mettere a fuoco un aspetto che incide in maniera spesso determinante sull’interpretazione del principio di precauzione nell’Unione europea, vale a dire L’ESIGENZA DI SALVAGUARDARE LE LIBERTÀ SU CUI SI FONDA IL MERCATO INTERNO, sanzionando l’adozione di quei provvedimenti che…possano limitare gli scambi e creare surrettiziamente vantaggi e svantaggi competitivi per gli operatori e i Paesi membri che applicano diversi standard di tutela…” [A. ZEI, Principio di precauzione, in Dig. Disc.Giuridiche, 2008].
    Le istituzioni comunitarie (cioè le lobby), di conseguenza, esercitano “… una SORTA DI MONOPOLIO (DEL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE) discendente dall’imperativo dell’unicità del mercato interno e del connesso dovere di leale cooperazione dei Paesi membri…” [R. PAVONI, Biodiversità e biotecnologie nel diritto internazionale e comunitario, Milano, 2004, 448]. Esagerazioni nazional-protezionistiche e stataliste brutte? Vediamolo.

    La sentenza della CGE in argomento (3 settembre 2017, Causa C-111/16) conferma tutto quanto sopra, allorchè la stessa, a più riprese, nel richiamare il principio di precauzione, afferma che le norme comunitarie prese in rassegna nel giudizio (Regolamento n. 1829/2003 e Regolamento n. 178/2002) sono tese ad assicurare “per quanto concerne gli alimenti, un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, garantendo al contempo (cioè esclusivamente, NdF) l’efficace funzionamento del mercato interno”.

    Il principio generale, in questa materia, è riassunto dalla CGE: “un divieto o una limitazione della coltivazione di OGM autorizzati … e iscritti nel catalogo comune … possono essere decisi da uno Stato membro nei casi espressamente previsti dal diritto dell’Unione”.

    E un’eccezione (una presunta “clausola di salvaguardia” per gli Stati) è dettata dall’art. 34 Reg. n. 1829/2003 (scritto apposta per le lobby), il quale prevede che “Quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso “possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente (...), sono adottate misure conformemente alle procedure previste agli articoli 53 e 54 del regolamento” [n. 178/2002]”. (segue)

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  7. Ora, l’Italia aveva chiesto alla Commissione di adottare misure urgenti per vietare la coltivazione del mais MON 810 (già iscritto nel catalogo comune, la cui coltivazione era stata cioè già autorizzata dalla Commissione!!) producendo studi scientifici realizzati dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). La Commissione si era consultata con l’EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) che – ma guarda un po' - aveva emesso l’opinione scientifica n. 3371, nella quale si affermava che il gruppo di lavoro sugli organismi geneticamente modificati “non aveva identificato, nella documentazione fornita dal governo italiano a supporto delle misure di emergenza relative al mais MON 810, alcuna nuova evidenza basata sulla scienza che giustificasse le misure di emergenza richieste”.

    Mancando quindi la prova “manifesta” della pericolosità del prodotto, l’Italia non poteva vietare la coltivazione. D’altronde: cosa ci si poteva aspettare dall’EFSA che, come detto, già prima aveva autorizzato la coltivazione del mais transgenico? Inoltre, dice la CGE, mancando detta prova manifesta, la Commissione non è tenuta ad adottare misure urgenti, poiché “la circostanza che l’adozione di tali misure sia stata richiesta da uno Stato membro non incide sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione a tale riguardo”. Fine della trasmissione, e conferma che l’ultima parola spetta IN OGNII CASO alle tecnocrazie lobbistiche sovranazionali, anche se i risultati scientifici presentati dagli Stati dimostrassero, per ipotesi, la pericolosità del prodotto.

    Risulta (ovviamente) per tabulas quanto affermato da Quarantotto, ovvero che il principio di precauzione è un’ennesima cosmesi ordoliberista (come quella dei diritti fondamentali enunciati nella Carta di Nizza).

    E la domanda a questo punto è sempre la solita e sempre più inquietante: quanta voglia (o possibilità) avrà la Consulta di andare contro gli oligopoli sovranazionali (il mais transgenico è marchiato Monsanto)?

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    1. E come poteva l'EFSA ammettere in qualsiasi modo una propria negligenza per un'istruttoria "scientifica" incompleta o inattendibile?

      Avrebbe potuto persino configurarsi un'azione risarcitoria in favore delle stesse lobbies megalitiche dei produttori (a carico di EFSA e Commissione).

      E' evidente che affidare alla Commissione e all'EFSA l'ultima parola PROBATORIA sul merito "scientifico" di una questione manifestamente controvertibile (proprio sul piano del merito), è un classico "comma 22" da regime ordoliberista:

      a) da un lato, si pone una gerarchia tra fonti e ricerche scientifiche nazionali e L€uropee, subordinando de jure le prime alle seconde (un po' come la gerarchia delle fonti testimoniali ratione personarum nel Medio Evo);

      b) dall'altro, in sede di decisione giudiziale, si considera insindacabile questo "opinio" qualificata, ratificando l'ennesima rinunzia a rilevare ogni minimo conflitto di interessi.
      Con ciò la Commissione risulta automaticamente essere "parte privilegiata" in qualsiasi giudizio e il giudice L€uropeo ratifica un inedito concetto di imparzialità e terzietà (sì, lo so: questo aspetto è ontologico e risalente, e sollevarlo ormai li può solo far sorridere).

      Ma tutte queste "curiose" circostanze relative all'azione delle istituzioni UE, dovrebbe aver allarmato già da un pezzo la nostra Corte costituzionale.
      O no?

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    2. Se posso permettermi, alla dotta citazione delle testimonianze ratione personarum al punto a), aggiungerei al punto b) l'equivalenza tra l'opinione della Commissione e l'opinio Bartoli.

      Il medioevo del diritto si conferma per ESSI il migliore dei mondi possibili.

      E poi ci si stupisce che abbiano fatto Paolo Grossi, storico del diritto, presidente della Corte Costituzionale!

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  8. E' veramente incredibile quello che sta succedendo.
    Non posso credere che la Consulta non si sia mai accorta di tutto cio'. Principi basilari asfaltati senza ritegno.

    E poi notavo che, quando ci sono di mezzo interessi veramente stra-miliardari, l€uropa adotta...regolamenti, e non direttive. Furbi loro!

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    1. e perciò ti rinvio per la prosecuzione al prossimo post (denghiu)

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  9. non vorrei essere fuori tema ma anche questa questione(http://www.inuovivespri.it/2016/10/01/il-grano-canadese-che-arriva-in-europa-e-un-rifiuto-speciale-che-finisce-sulle-nostre-tavole/) rientra in queste dinamiche europeiste? grazie per l'attenzione e sinceri complimenti per l'ottimo blog.
    Stefano Poletto

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    1. Dal fatto che dovrebbe aver letto l'articolo prima di linkarlo, deduco che la sua è una domanda retorica.
      Si segnala un fenomeno preoccupante ma non sorprendente (di sicuro per chi segue questo blog).

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