1. Il titolo di questo post si compone di tre tematiche che questo blog ha approfondito per anni: risale agli esordi la focalizzazione sulla centrale importanza di Hayek nel paradigma €uropeo, in ogni sua proiezione geo-istituzionale e, in generale, in tutta l'ideologia politica del mondialismo, fin dalle sue prove generali teorico-pratiche, in specie sudamericane, ma che giungono fino ai ben tangibili effetti sul nostro (ex) ordinamento democratico-costituzionale.
Sarebbe un compito quasi impossibile anche solo riassumere, in un'unica rassegna, il materiale pubblicato su questi tre argomenti: non rimane, perciò, che invitare a fare una ricerca mirata e a verificare quello che, proprio su questi tre argomenti topici, potrebbe fondare, riassunto in "lemmi" para-simbolici, il filo conduttore del blog (che poi è l'analisi economica del diritto pubblico e, quindi, l'approccio fenomenologico all'economia istituzionalista concepita nel XX° secolo).
2. Piuttosto in questa sede partiamo da un "curioso", ma non sorprendente, evento della cronaca, in teoria molto importante, ma trascurato dai media italiani mainstream: non lo trascura invece il Financial Times che dedica un "fondo" (giovedì 19 ottobre 2017, pag.20) alla mega-riunione svoltasi a Washington sotto l'egida, niente di popodimeno che, del FMI e della World Bank.
Radunatisi "funzionari" ed espertologi di ben 190 paesi (!) con cosa se ne escono questi sobri eredi del Washington Consensus (trattandosi della più evidente perpetuazione assembleare di quella "catena di comando")?
Con le seguenti indicazioni schematizzate dal FT, che vi riporto. Avremmo, cioè, quattro fattori positivi a favore della crescita mondiale:
- lo slancio della crescita sarebbe più ampio e durevole (di quanto atteso...il che è un po' tautologico e autopromozionale);
- le condizioni finanziario-creditizie favorevoli supportano i consumi, senza preoccupanti aumenti dell'inflazione (il che è auto-rassicurativo sulla stabilità finanziaria del mega-consumo a debito privato);
- la volatilità dei mercati finanziari "molto bassa" consente all'onda di valutazioni più elevate (dei vari titoli scambiati) di proseguire ulteriormente (il che è semplicemente...inquietante);
- la speranza che la crescita economica possa essere ulteriormente rafforzata dai progressi, attesi da lungo tempo, nell'applicare politiche aggiuntive pro-crescita, particolarmente in Europa e negli USA (idem come sopra).
3, Questa elencazione di fattori positivi si regge su un unico comune denominatore: il dominio della finanza sull'economia reale e la giustificazione di questa perdita del normale rapporto strumentale della prima rispetto alla seconda, in un'orgia scientifico-naturalistica che si impernia sulle priorità teologizzate del contenimento dell'inflazione (elemento espressamente enunciato) e della concezione monetarista e (neo)neo-classica della piena occupazione: intesa, ovviamente, come quella, di qualsiasi livello, corrispondente al tasso di inflazione "naturalisticamente idealizzato", e che si affida alla potenza esclusiva del sistema dei prezzi, riguardante anzitutto (in realtà "solamente") i salari sul mercato "perfettamente concorrenziale" del lavoro (tradotto in pratica, delle vostre vite: non esiste disoccupazione involontaria, ma solo gente che non vuole lavorare a certi livelli retributivi perché è choosy).
4. In questa situazione si può notare, sul piano squisitamente comunicativo, una palese contraddizione: a giorni alterni, a seconda del contesto in cui gli espertologi "funzionari" si riuniscono, si paventa la secular stagnation, dovuta alla cattiva digestione dell'innovazione tecnologica da parte di pigri lavoratori corporativisti, se non xenofobo-guerrafondai (p.2), nonché ad un "inspiegabile" calo demografico nei paesi a capitalismo "avanzato", salvo poi dimenticarsene di fronte al presunto slancio della crescita superiore alle attese (che su basi statistiche secolari ed oggettive, non è neppure lontanamente paragonabile alla crescita anteriore all'irrompere del dominio del meraviglioso mondo global-freetrade di Hayek e dello stesso Washington Consensus).
5. Ma veniamo, proprio per illustrare meglio le grottesche ed autoelogiative contorsioni a sostegno del modello globale di crescita compiute mercoledì scorso a Washington - e mediaticamente diffuse in automatico h.24 in Italia, senza il benché minimo dubbio, in un esercizio di fanatico provincialismo autolesionista- ai punti critici che minaccerebbero la crescita, riportando appunto la seconda "lista" riassunta dal FT:
- una limitata comprensione di relazioni economiche chiave nei paesi avanzati (come quelle sulla produttività, la determinazione dei salari e le dinamiche inflattive; tradotto: non si pensi neppure per un attimo ad attenuare la presa sulla deflazione salariale competitiva sul mercato del lavoro, pensando di poter fare concessioni su tale fronte solo perché si cresce...ma non si esporta mai abbastanza...tutti, contemporaneamente!), così come dell'impatto delle innovazioni tecnologiche (e ci risiamo);
- incertezze sul commercio mondiale e per l'eventuale normalizzazione della politica monetaria da parte di più d'una delle banche centrali sistemiche;
- una crescente reazione contro le compagnie "big tech" nel contesto di un "mettersi al passo" sia da parte dei governi che delle stesse compagnie rispetto all'importanza sistemica del settore;
- la questione geopolitica delle minacce nucleari della Corea del Nord;
- le persistenti diseguaglianze che alimentano le politiche della rabbia, delle divisioni sociali e la polarizzazione dei partiti.
6. Insomma, gli espertologi di 190 paesi, radunati sotto le bandiere di FMI e WB, si lamentano essenzialmente della riottosità, considerata irrazionale, dei substrati sociali che vengono così tanto beneficati da questa crescita superiore alle attese e da questa manna dei titoli finanziari che continuano a crescere indefinitamente, in una pur irreale mancanza di volatilità delle quotazioni.
Con un inviperito disappunto si muovono rilievi ai "governi" che, assurdamente, intendono mantenere il consenso elettorale sacrificando le ulteriori e tanto attese riforme strutturali pro-crescita del mercato del lavoro, dimenticando gli effetti benefici degli aumenti di produttività per unità di lavoro, che gioverebbero al commercio mondiale se la si smettesse di assecondare i lavoratori in quel corporativismo avido e protezionista; avidità che invece, le politiche accomodanti delle banche centrali sistemiche dovrebbero aver già soddisfatto, consentendo, col denaro facile, la creazione di milioni di meravigliosi posti di lavoro e una ripresa degli investimenti su cui, i governi, mostrano, ingrati, tutta la loro arretratezza nel comprendere l'importanza sistemica di una produzione di servizi hi-tech - sostitutivi della manodopera nei servizi, dopo che la stessa è stata sterminata nel manifatturiero- che diventa il nuovo TINA progressista e mondialista.
7. Non c'è nulla da fare: voi siete vecchi, siete il passato, e non volete adeguarvi alla nuova realtà del progresso infinito del mondo della finanza senza frontiere, che è pure attenta all'economia reale purché sia ridotta ai servizi hi-tech delle compagnie big-tech. Un autentico "trionfo" di questa impostazione, basata sul drive praticamente esclusivo dell'investimento nella digital economy, pur punteggiato da qualche lamentela sul calo continuo degli investimenti nei paesi in via di sviluppo (chissà perché: neppure un serio interrogativo viene posto su quale modello di sviluppo e su quali settori merceologici siano rispettivamente spiazzati e privilegiati da questo incontestabile drive), la si può avere nel World Investment Report dell'UNCTAD per il 2017 (dove la considerazione principale è dedicata all'aggregato dell'investimento diretto estero, cioè alla presunta vitalità del free-trade globalizzato, e non al complesso degli investimenti mondiali comunque localizzati).
Siamo di fronte a puro offertismo autoreferenziale; l'essere umano, ridotto a unità di lavoro a produttività incrementale forzosa, scompare.
8. Non a caso l'Unione europea, quando deve rilanciare la comunicazione sui benefici della globalizzazione ci riporta la crescita del commercio internazionale sul PIL mondiale,
Non la crescita del...PIL mondiale in corrispondenza della 3a ondata di globalizzazione (cioè quella applicativa del WC e post-guerra fredda), che invece, proprio per la finanziarizzazione, cioè per quel processo che inizia dalla fissazione del dogma delle banche centrali indipendenti, è andata in modo molto poco entusiasmante (almeno per il lavoro; non per i profitti, secondo questo paper del 2016 con rilevazioni che arrivano al 2015).
9. Il primo grafico a) mostra che il PIL mondiale reale è andato piuttosto maluccio, a partire dall'era monetarista delle banche centrali indipendenti, cioè specificamente dai primi anni '80, e via via nell'era del Washington Consensus e della "terza" globalizzazione, punteggiata dalle varie crisi finanziarie.
Il secondo grafico b) indica che la variazione del PIL nominale si è convertita tendenzialmente in un aumento dei profitti delle grandi imprese e quindi nella ben nota stagnazione della quota salari "mondiale" (per derivazione di una crescita mondiale quasi del tutto assorbita dai profitti):
a)
b)
10. E tutto ciò, fermo restando che la crescita mondiale registratasi nello stesso periodo è prevalentemente dovuta a quella dei paesi che (fuori dall'OCSE) NON SI SONO ASSOGGETTATI AL WASHINGTON CONSENSUS e al dogma delle banche centrali indipendenti, paesi che, saggiamente, stanno cercando di svincolarsi sempre di più dalla crescita esclusivamente legata al "libero" commercio mondiale; notare (in basso a sinistra nel grafico sottostante) il contributo dell'area euro alla crescita del PIL mondiale dal 2008 ad oggi! Nel grafico susseguente si vede come, dopo l'ultima crisi finanziaria, i paesi asiatici che crescono, tendano a tenersi, cautamente, sempre più a distanza dal puntare sulla crescita del commercio mondiale.
11. Ma per finire, poiché diamo per attendibile che la crescita mondiale sia stata, nel 2016 e nella parte iniziale del 2017, - come ci dicono gli espertologi del meeting FMI e WB- superiore alle attese (in effetti previste come meno rosee secondo il Bloomberg Forecast, v. fig.3), ciò appare dovuto a ragioni esattamente opposte a quelle da loro identificate; in particolare, quanto alle incertezze sul commercio mondiale; infatti, mentre il commercio mondiale "rallenta", si registra una crescita mondiale superiore alle attese proprio grazie a incrementali (e piuttosto generalizzate) barriere non tariffarie. E sono proprio i paesi emergenti ad aver coerentemente tenuto tale razionale linea di (preteso) protezionismo, v.qui, p.6, dopo la crisi finanziaria del 2007-2008:
11.1. Questo ulteriore world growth outlook del 2017 (canadese) ci segnala questa tendenza al dualismo, nella crescita, proprio fra paesi "emergenti" - non conformatisi al Washington Consensus e relativamente liberi dalle condizionalità FMI-, che vedono aumentare sopra-trend il manifatturiero e i consumi, e paesi "sviluppati" che, convinti liberoscambisti, si affidano alle banche centrali indipendenti per far "ripartire investimenti e occupazione" e ottengono, invece, una crescita dell'occupazione in sotto-tendenza - per non parlare dei salari- e una continua perdita nel settore manifatturiero. Quindi, i secondi si devono/vogliono affidare alla speranza dei servizi, cioè all'economia digitale hi-tech e...all'ulteriore perdita strutturale di occupati (popolazione attiva), di domanda domestica e di crescita. Sorprendendosi poi se si ritrovano a perdere le elezioni...(naturalmente si tralasciano le insignificanti risultanze relative ai sondaggi sulle attese delle imprese...):
La deindustrializzazione è di fatto auspicata dall'élite cosmopolita che conta di vivere di rendita finanziaria grazie ai rapporti di proprietà.
RispondiEliminaE qui sta il punto.
Il malthusianesimo che giustifica i genocidi causati dal WC e dalle truppe cammellate di FMI e WB trova senso solamente nella difesa ultima di sterminate proprietà in poche mani dalle masse di diperati.
La realtà, come il mercato secondo Hayek, è razionale.
Soros è un archetipo di ESSI, ossia di chi fa propria questa volontà tanto razionale quanto impersonale - deresponsabilizante - ed oggettivizza il fatto che l'obiettivo della "società aperta" è semplicemente conservare i rapporti di proprietà.
Rapporti che possono essere messi in discussione esclusivamente dalla sovranità statale e per volontà politica del popolo-nazione.
La proprietà dei mezzi di produzione di beni, servizi e conoscenza, va messa radicalmente in discussione.
L'Unione Europea è la dimostrazione, l'ennesima prova storica ed empirica per cui, da Francesco Ferrara ad Hayek, la "burocratizzazione" e la "pianificazione soffocante" è usata come propaganda ed ideologema parareligioso di genesi elitistico-liberale. La "via versa la schiavitù", come intuiva Orwell, non ha nulla a che fare con la socializzazione del potere economico: ma sul come questo viene socializzato. Se contestualmente non viene socializzato il potere politico, la struttura in classi rimane inalterata. Anche in un regime non strettamente capitalistico.
La proprietà privata va definitivamente desacralizzata.
Se non si espropriano le grandi proprietà saranno le grandi proprietà ad espropriare le piccole.
Questo può essere fatto in qualsiasi contesto politico, a maggior ragione in stato d'eccezione. È solo una questione di coscienza.
"Solo"...
In realtà la democrazia sociale già di per sè la mette "in discussione": il punto è come accada che periodicamente questa sia neutralizzata e possa reiniziare il processo di accumulo oligarchico.
EliminaLa risposta fenomenologica mi pare sia, se riferita al contesto degli ordinamenti costituzionali successivi al 1945: attraverso la sistematica omessa sanzione dell'illecito costituzionale, che, in molti modi, - il primo dei quali è costituito dai trattati istitutivi di organizzazioni economiche-, viene considerato irrilevante, sovrapponendogli di fatto una para-legalità mediatico-culturale.
Questa para-legalità (imposta per via di fatto dalle "sterminate risorse" dei "centri di irradiazione") viene quindi progressivamente istituzionalizzata.
In definitiva, non occorrono "nuove idee", ma nuovi strumenti di garanzia della legalità democratica: l'impegno a difendere la democrazia è infatti un onere troppo pesante da sostenere come impulso spontaneo, all'interno della tendenza irresistibile degli oligopoli PRIVATI a controllare l'opinione pubblica e a minare ogni possibile resistenza delle classi subalterne.
Queste ultime infatti vengono portate a confondere la propria tipologia di proprietà (derivante dal risparmio del lavoro) con la proprietà derivante dall'eversione e dalla rendita.
istituzionalizzate (a livello sovranazionale).
Si tratta, dunque, fenomenologicamente, di tutelare il lavoro in ogni sua forma attraverso una controspinta culturale adeguata alla fase del ciclo attuale.
Un obiettivo arduo da raggiungere senza passare prima per immani sofferenze collettive...gli esseri umani imparano (o re-imparano) solo quando sono messi con le spalle al muro, purtroppo.
In realtà pensavo anche ad una modifica in senso rafforzativo del terzo comma dell'art.42 Cost.
Elimina(Voglio dire, la proprietà dei fattori della produzione è un conto, il risparmio, magari "patrimonializzato", è un altro, certo: penso però che sarebbe necessario esplicitare che non dovrebbe essere proprio possibile "privatizzare" o, addirittura, lasciare in mano a privati qualsiasi grande impresa di interesse nazionale, come potrebbero anche essere le case automobilistiche)
Ma va letto in coordinazione con l'art.43 (ad es; quando una "casa automobilistica" è diventata una "situazione di monopolio").
EliminaLa tragica esperienza attuale, tuttavia, ci insegna che nella Costituzione non basta scriverci tante belle cose, se non si assicurano degli strumenti di garanzia, all'interno della stessa Costituzione, che rendano EFFETTIVAMENTE SANZIONABILE non solo la sua violazione diretta, ma anche la sua omessa attuazione.
"La deindustrializzazione è di fatto auspicata dall'élite cosmopolita che conta di vivere di rendita finanziaria grazie ai rapporti di proprietà."
RispondiEliminaMi sembra un altro modo di dire che l'ordoliberismo persegue solo l'aumento della quota profitti ma non del PIL (e quindi nemmeno della popolazione).
Se immaginiamo in un grafico cartesiano di porre sull'asse delle ascisse la percentuale di aumento della quota profitti e sull'asse delle ordinate la percentuale di crescita della quota salari mi viene da pensare che il segmento di traiettoria della curva percorsa negli anni (tra una guerra mondiale e l'altra) approssima una spirale con polo nell'origine (l'origine coincide con un PIL minimo, come nella società castale e schiavista, con zero crescita della quota salari e zero crescita della quota profitti).
https://it.wikipedia.org/wiki/Spirale_logaritmica
Lascio al lettore interessato di capire dalla figura in quale quadrante ci troviamo a viv ere e quali quadranti corrispondano alla guerra.
Si parva licet, soprattutto in relazione all'ultimo capoverso di Orizzonte, il fenomeno che personalmente trovo più sconcertante, nelle ultime settimane, è la trasformazione del M5S in partito ordoliberale. O meglio, la decisione sfacciata dei vertici di gettare la maschera senza alcuna remora. Ieri l'articolo francamente delirante di Grillo sul Fatto, in cui nemmeno un sovietologo ci avrebbe potuto capire granché, se non rilevare che le due citazioni sono di Tocqueville e... Fichte! E poi l'annuncio, che mi era sfuggito, del sostegno dei 5S veneti al referendum con l'invito ai propri elettori a votare sì "perché le regioni sono il luogo ideale in cui risolvere i problemi dei cittadini". Per non parlare dell'astensione prossima ventura sullo ius soli e il contenuto pratico del famigerato "reddito di cittadinanza", che sarà assegnabile, a dispetto del nome, anche, se non soprattutto, agli immigrati, con le prevedibili conseguenze. Tra l'altro, sono sicuro che la Lega si tenga in caldo questo siluro per le fasi culminanti della campagna elettorale, quando il suo squadernamento davanti all'opinione pubblica potrà fare (giustamente) più danni.
RispondiEliminaPoiché una parte molto consistente delle forze popolari è "intrappolata" nei 5S, che purtroppo mostrano una forte vischiosità elettorale, l'orizzonte tracciato da Orizzonte temo sia credibile, ahinoi...
L'idea guida è che "la vicinanza" delle istituzioni di governo ai cittadini consista in un assemblearismo territorialmente localizzato; suggestione che vale per i seguaci 5s quanto per qualsiasi altra forza politica che non ammetta rilevanza al conflitto sociale IN QUANTO tutto risolvibile, alla Hayek, nell'economia di mercato ed in cui, perciò, le regole morali coincidono con la Legge unica metapositiva: e che si riduce a 2 regole: la proprietà e il contratto. Cfr;http://orizzonte48.blogspot.it/2015/01/te-lo-do-io-il-qe-teoria-e-pratica.html
EliminaL'idea implicita è che, localizzandosi IN UN'IDENTITA' CONTRAPPOSITIVA formata su basi etnico-territoriali (cioè, secondo Schmitt quale apprezzato da Miglio, gruppo di "amici" in lotta contro gruppi tutti di "nemici"), l'istituzione possa essere solo assoggettata agli interessi del MERCATO, SENZA ALCUNA MEDIAZIONE DI UNA LEGITTIMITA' SUPERIORE:
"Miglio riuscì quindi a "fabbricarsi" gli strumenti per costruire una parte importante del suo modello sociologico. Nel Begriff des Politischen, Schmitt aveva infatti scoperto che l'essenza del politico è fondata sul conflitto tra amico e nemico: è uno scontro all'ultimo sangue perché la guerra politica porta normalmente all'eliminazione fisica dell'avversario. Non a caso il giurista tedesco sostenne che l'esempio più emblematico di scontro politico fosse la guerra civile (Bürgerkrieg) tra fazioni partigiane: qui il tasso di conflittualità tra amico e nemico è sempre stato altissimo. Chi ha gli stessi amici non può che avere gli stessi nemici del proprio compagno di lotta. Si crea in altre parole un clima di solidarietà tra i membri del gruppo che è decisivo nella guerra contro i nemici. Il rapporto politico è sempre esclusivo, volto a marcare l'identità del gruppo in opposizione a quella degli altri."
Può piacere questo anche ai 5s?
Come illusione (indotta dai centri di irradiazione anglosassoni) di democrazia diretta interna a comunità corporative, certamente sì:
"La fine degli stati moderni porterà secondo Miglio alla costituzione di comunità neofederali dominate non più dal rapporto politico di comando-obbedienza, bensì da quello mercantile del contratto e della mediazione continua tra centri di potere diversi: sono i nuovi gruppi in cui sarà articolato il mondo di domani, corporazioni dotate di potere politico ed economico al cui interno saranno inseriti gruppi di cittadini accomunati dagli stessi interessi.
Secondo il professore, il mondo sarà costituito da una società pluricentrica, ove le associazioni territoriali e categoriali vedranno riconosciuto giuridicamente il loro peso politico non diversamente da quanto avveniva nel medioevo.
Di qui l'appello a riscoprire i sistemi politici anteriori allo stato, a riscoprire quel variegato mosaico medievale costituito dai diritti dei ceti, delle corporazioni e, in particolar modo, delle libere città germaniche.
Il professore studiò a fondo gli antichi sistemi federali esistiti tra il medioevo e l'età moderna: le repubbliche urbane dell'Europa germanica tra il XII e il XIII secolo, gli ordinamenti elvetici d'antico regime, la Repubblica delle Province Unite e, da ultimo, gli Stati Uniti tra il 1776 e il 1787. Ai suoi occhi, il punto di forza risiedeva precisamente nel ruolo che quei poteri pubblici avevano saputo riconoscere alla società nelle sue articolazioni corporative e territoriali. Miglio dedicò i suoi ultimi anni allo studio approfondito di questi temi, progettando di scrivere un volume intitolato l'Europa degli Stati contro l'Europa delle città..."
https://it.wikipedia.org/wiki/Gianfranco_Miglio
Vabbè…. Cosa aggiungere?
EliminaArturo19 settembre 2016 16:39
Questa per quelli che vogliono riscrivere la Costituzione secondo gli insegnamenti del "geniale" Miglio (Introduzione a "Gruppo di Milano", Verso una nuova Costituzione, vol. I, Milano, Giuffrè, 1983, pagg. 82-83):
"La terza condizione è che si sappia preventivamente che cosa costeranno i servizi dello ‘Stato sociale’, e — sopra tutto — che poi si spendano risorse realmente esistenti. Il metodo che consiste nell’autorizzare spese al buio, e quindi nel colmare i disavanzi con il debito pubblico, o con segni monetari ai quali non corrisponde alcuna ricchezza — e quindi con l’inflazione — si traduce in una spogliazione clandestina ed incontrollata dei cittadini, distruttiva, nonché dei principi dello Stato costituzionale, dei più elementari diritti individuali.
La differenza di fondo, fra il così detto ‘Stato sociale’ e il così detto ‘Stato assistenziale’ (le parole hanno il significato che si vuole loro attribuire: tutto dipende dall’intendersi) ridotta all’osso, sembra stare proprio in questa diversità di metodo: nel primo le risorse vengono distribuite (o redistribuite) soltanto dopo che se ne è accertata la disponibilità e programmato l’uso; nel secondo la regola dominante è quella di soddisfare le richieste avanzate, e poi cercare le risorse necessarie a coprire la spesa fatta. La chiarezza ed il controllo della spesa pubblica non sono funzionali allo ‘Stato assistenziale’. Perciò, mentre quello ‘sociale’ è un «tipo di Stato», quello ‘assistenziale’ ne è soltanto un caso patologico.
È significativo che l’età dello ‘Stato sociale’ sia diventata anche l’età dell’alta inflazione. Certo quest’ultima è stata innescata dal repentino ed impietoso uso delle regole del mercato, da parte dei detentori delle materie prime; ma è anche vero che ormai il deprezzamento massiccio della moneta è diventato (almeno in alcuni paesi, fra i quali il nostro) un comodo strumento di governo: esso infatti consente di sottrarre risorse ai cittadini (‘trasferendole’ ad altri, speculatori compresi) senza che emerga la responsabilità di chi, detenendo il potere, quanto meno consente una tale vasta e illegittima espropriazione.”
Come ho detto, necessaria ma non sufficiente.
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/09/lincivilta-al-potere-di-certi-politici.html?showComment=1474295942562#c147974652214235925
ah…giusto bazaar:
“L'identità liberalismo, liberismo, e federalismo, rimane confermata.”
Bazaar19 settembre 2016 18:11
Più o meno le critiche di Ernesto Rossi che belava dietro al pastore Einaudi le invettive contro l'introduzione dei principi del Rapporto Beveridge in Italia.
Posso assicurare - per esperienza diretta - che i suoi "allievi" sono ancora peggio: da Schmitt hanno preso solo quel rancore sordo verso l'umanità dei conservatori: ovvero di chi non comprende - non la questione morale - ma la più materiale ed etica questione sociale.
L'identità liberalismo, liberismo, e federalismo, rimane confermata.
Identitarismo e federalismo macroregionale e secessionista sono naturali figli legittimi dell'ordoliberismo teutonico.
Non è un caso che il prof. Miglio fosse un teutomane.
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/09/lincivilta-al-potere-di-certi-politici.html?showComment=1474301513460#c6894487185270923108
Oramai anche il sangue e gli emoderivati devono sottostare, secondo il Consiglio di Stato, alle regole del mercato. Perchè? Ma perchè ciò:"..(sempre che sia garantita la tutela della salute dal rischio di contaminazione del sangue raccolto in Italia - ) un sistema più aperto al mercato europeo è strumento essenziale per assicurare il contenimento della spesa sanitaria e, al contempo, migliorare i livelli di sicurezza del plasma e di efficacia dei farmaci prodotti (condizioni che un sistema tendenzialmente monopolistico non è in grado di assicurare)..". Et voilà, ora Amazon si metterà a commerciare pure sacche di sangue...
RispondiEliminaPotenza del sistema dei prezzi in...concorrenza perfetta. Perfettissima direi!
EliminaForse puoi meglio capire perché esiste questo blog...
E qui mi pare caschi, come si dice, a fagiolo questo passo della Proposal for an International Clearing Union di Keynes (reperibile qui, pag. 21):
RispondiElimina“More generally, we need a means of reassurance to a troubled world, by which any country whose own affairs are conducted with due prudence is relieved of anxiety for causes which are not of its own making, concerning its ability to meet its international liabilities; and which will, therefore, make unnecessary those methods of restriction and discrimination which countries have adopted hitherto, not on their merits, but as measures of self-protection from disruptive outside forces.”
Una volta in più Keynes prende i free traders in trappola coi loro stessi argomenti: se l’unico scopo fosse effettivamente una pacifica espansione dei commerci, allora dovrebbero essere i primi a convenire con una proposta volta ad abolire la moneta merce lasciando spazio a politiche nazionali di piena occupazione; visto che questa disponibilità manca, altri sono gli scopi e fuori luogo le lamentele sul rallentamento del commercio mondiale.