1. Ad oggi, (come si suol dire), la situazione delle
possibili politiche economiche e fiscali adempitive degli obblighi imposti
dall'appartenenza all'unione monetaria, è soggetta a questi problemi politici interni:
"Più che su quel che andrà fatto, la discussione
si è concentrata su quel che non si può fare: no all'aumento dell'Iva,
nessun ritocco alle accise sulla benzina, altolà alla riforma del Catasto,
dubbi sulle privatizzazioni.
«Il sentiero stretto» di cui parla spesso il ministro
del Tesoro ormai è un pertugio. Da un lato ci sono gli impegni con l' Europa
e l' inizio della fine del piano Draghi, dall'altra una maggioranza
parlamentare con la testa alle amministrative di giugno e alle successive
elezioni politiche....il nodo resta un altro: quale sia la legge di Bilancio
possibile senza condannare il Pd alla sconfitta elettorale. I toni di Renzi in
televisione sono da campagna elettorale: «Bisogna continuare senza polemica
sull' abbattimento delle tasse: se vanno giù l' economia cresce. Noi le risorse
le abbiamo trovate con la flessibilità. Penso si possa continuare e Padoan è d'
accordo».
...[Padoan] accenna ad una trattativa in due tempi per
ottenere più flessibilità, spiega che gran parte delle entrate della manovrina
verranno da un aumento della lotta all'evasione, fra cui la rottamazione delle
cartelle esattoriali e da tagli alla spesa. Sottolinea che non si va in
ginocchio a Bruxelles, ma che «c' è modo e modo» di procedere. Spiega che Def e
manovrina di correzione sono una cosa sola, e quest' ultima sarà approvata
subito dopo il Def, il 10 aprile".
2. Dunque. Problema numero 1:
- "quale sia la legge di Bilancio possibile
senza condannare il Pd alla sconfitta elettorale".
Problema numero 2:
- essendo il Def inscindibile dalla correzione
strutturale di bilancio dello 0,2% del PIL e, a loro volta, entrambi
inscindibili dalla manovra di stabilità di autunno (le varie voci e dinamiche fiscali
sono infatti commisurate in un quadro che la Commissione considera
unitariamente nel programma che ritaglia su misura per l'Italia), trovare
altra flessibilità, come già nei due anni precedenti.
3. Ebbene, se si legge la lunga Relazione, in data 22 febbraio 2017, della
Commissione UE, elaborata a norma dell'art.126, par. 3 del TFUE, -
cioè in vista della già attualizzata fase di predecisione e verifica di avvio
di procedura di infrazione a carico dell'Italia per "violazione della
regola del debito"-, entrambi i problemi, permanendo la nostra
appartenenza all'eurozona, sono irrisolvibili; e questo nel senso che
già ora, e questo Padoan lo sa bene, la Commissione non solo esclude la possibilità
di ricorrere ad ulteriori margini di flessibilità rispetto a quella
riconosciuta con l'ultima legge di stabilità, ma ritiene inderogabile un
obbligo italiano di "recuperare" gli scostamenti dai livelli di
consolidamento fiscale già imposti all'Italia, e da essa non rispettati;
scostamenti che si sono verificati, in misura ritenuta rilevante, anche
scontando la misura già concessa di flessibilità per gli anni 2015 e 2016.
La Relazione muove da questa perentoria premessa,
che trovate alle pagine 2-4 della Relazione e che può sintetizzarsi in ciò:
considerati tutti i "fattori rilevanti", l'Italia ha violato la
regola del debito (cioè di riduzione progressiva del debito publbico), non
avendo rispettato quella del deficit nella misura di riduzione impostale in
funzione della riduzione del debito stesso.
4. Saltando la dettagliata analisi dei vari indicatori
(tra cui si ammette il peso della bassa inflazione e della scarsa ripresa
dell'occupazione nonché degli investimenti pubblici, effettuati in misura
minore rispetto a quanto dichiarato per richiedere la relativa flessibilità), e
sapendo che l'aggiustamento strutturale annuale che risulta "dovuto" è di 0,75 punti di PIL,
attenuato a 0,6 in ragione delle condizioni congiunturali e
"eccezionali", variamente considerate, nonchè del connesso output
gap, la Commissione arriva a delle precise conclusioni (che
riposano sul concetto che quando il debito è ben oltre i limiti il
"rientro" si deve fare riducendo l'indebitamento annuo...nonostante
gli "alti moltiplicatori" di cui, curiosamente, la Relazione dà atto,
cadendo in evidente contraddizione): si attenderà il Def 2017 e la correlata
manovra di correzione per 0,2 punti di PIL, da compiere mediante misure
strutturali (e non una tantum), per attualizzare una procedura di infrazione
per la violazione della regola del debito che, tuttavia, già oggi risulta
legittimamente avviabile in base ai riscontri e alle proiezioni effettuate
dalla stessa Commissione.
5. Se si ha la pazienza di leggersi l'intera
Relazione, ne emerge chiaramente che la Commissione non considera, neppure
per un secondo, l'ipotesi che è proprio perché, unitamente alla flessibilità,
non sono stati rispettate le percentuali (di PIL) di "aggiustamento
strutturale minimo lineare", volute dall'€uropa, che le condizioni macroeconomiche
sfavorevoli" italiane sono ora in "graduale miglioramento".
Leggendo la Relazione, infatti, i miglioramenti non
sono attribuiti a misure fiscali meno restrittive del previsto, ma al
compimento delle immancabili riforme strutturali, in particolare quella del
lavoro.
Per la Commissione, il miglioramento e la crescita si
otterrano se verrà riformata la pubblica amministrazione e la giustizia
"civile e commerciale", fermo restando che l'aggiustamento deve
essere pari o superiore a 0,6 punti di PIL, e realizzato per via di politiche
fiscali di riduzione strutturale dell'indebitamento (cioè non dovuto a misure
contingenti e una tantum), in specie con il taglio della spesa pubblica (di cui
però, sempre la Relazione, dà atto che essa, specie in materia pensionistica,
sia "subdued", cioè, a seguito della decrescita delle retribuzioni e
quindi delle prestazioni, sostanzialmente sotto controllo e sostenibile).
6. Dalla Relazione, poi, risulta evidente che le
spese per fronteggiare gli eventi sismici, sono alla base della correzione
dello 0,2 da apportare entro aprile e che, dunque, ogni intervento in tal
senso, deve essere finanziato in pareggio di bilancio. E quindi: se si
spende per i terremotati, si deve tagliare la spesa per altre esigenze
pubbliche, quali che esse siano, pubblica istruzione o sanità, ordine pubblico
o previdenza (anche se si ammette che, essendo quest'ultima,
"sostenibile e sotto controllo", una sua ulteriore riduzione avrebbe
solo fini di finanziamento in pareggio di bilancio). Il passaggio risulta molto
chiaro nella Relazione, a pag.27.
6.1. Dunque, i problemi che si pongono a livello
politico in Italia, e precisati più sopra, sono irrisolvibili nel quadro delle
regole €uropee, di cui ci si imputa già la pregressa violazione.
Certo, poi, se fossero recuperate le mancate
"correzioni" e "aggiustamenti" per gli anni 2015, 2016 e,
come ormai preannuncia la stessa Relazione, anche per il 2017, per un
aggiustamento totale di 3,4 punti di PIL, (a quanto pare di capire), tra
maggior imposizione - la Commissione non vede di buon occhio nè il rinvio
dell'aumento dell'IVA, né la rinunzia all'immediato inasprimento
dell'imposizione patrimoniale via rivalutazione delle rendite catastali- e
più "incisivi" tagli della spesa (alla Commissione ci dovrebbero
spiegare come si fa a rendere più efficiente la giustizia civile e la p.a.
tagliando ancora più intensamente la relativa spesa!), l'Italia rientrerebbe
in recessione.
E questo anche per l'attesa diminuzione del saldo positivo delle partite correnti nei prossimi due anni, secondo le stime quantificate dalla stessa Commissione (che pare tener conto della fine dell'effetto svalutativo dell'euro legato al QE e della ripresa dei prezzi petroliferi). Vedere infatti i dati relativi al saldo delle partite correnti previsti dalla stessa Commissione per il 2017 e il 2018 (pag.83, tabella II.12.1: dal saldo di 2,7 punti di PIL del 2016, si avrebbe una discesa per gli anni 2017 e 2018, rispettivamente, ad un saldo, di 2,1 e 1,8).
E questo anche per l'attesa diminuzione del saldo positivo delle partite correnti nei prossimi due anni, secondo le stime quantificate dalla stessa Commissione (che pare tener conto della fine dell'effetto svalutativo dell'euro legato al QE e della ripresa dei prezzi petroliferi). Vedere infatti i dati relativi al saldo delle partite correnti previsti dalla stessa Commissione per il 2017 e il 2018 (pag.83, tabella II.12.1: dal saldo di 2,7 punti di PIL del 2016, si avrebbe una discesa per gli anni 2017 e 2018, rispettivamente, ad un saldo, di 2,1 e 1,8).
7. E se l'Italia entrasse di nuovo in recessione,
e sempre per via di austerità espansiva €uropea, e non certo per mancate
riforme strutturali, forse, poi, sarebbe concessa, con plateale
contraddizione che travalica in ottusa cecità, una "nuova" maggior
elasticità sulla misura dell'aggiustamento fiscale, appunto (nuovamente) in
ragione delle condizioni estremamente sfavorevoli dell'economia...causate
invariabilmente dall'applicazione delle politiche fiscali imposte dalla
Commissione!
Dunque, di
fronte al preannunzio della procedura di infrazione, che si rivelerebbe
particolarmente insidiosa per i prezzi di collocamento del nostro debito
pubblico in vista del tapering e
della fine del QE della BCE, la costrizione che ne discende al pronto
adeguamento, ("fate presto!"), ai vincoli relativi alla riduzione del
parametro del debito pubblico, dovrebbe condurre a manovre di stabilità, per
il 2018 e per il 2019, “lacrime e sangue” insieme con massicce privatizzazioni:
e queste misure sarebbero presumibilmente adottabili solo da un governo
tecnico. Cioè da un centro decisionale esecutivo dei desiderata €uropei che
non si debba preoccupare del consenso elettorale: questa, dunque, in chiave di
appartenenza all'eurozona, risulta essere l'unica soluzione praticabile in
termini di consenso.
8. Certo, poi, potrebbe vincere le elezioni una forza
politica che si porrebbe come prioritario non tanto il (solo) concedere il
"reddito di cittadinanza" quanto, piuttosto, il come finanziarlo.
Ma il fatto è che anche questa forza politica
dovrebbe riconoscere come funziona il finanziamento di qualsiasi forma di spesa
in "pareggio di bilancio": ai tagli imponenti dei restanti
diritti di prestazione sociale (sanitaria, educativa e pensionistica, su tutte)
necessari, come nel caso dei terremotati, a coprire le spese del reddito di
cittadinanza, si dovrebbe comunque e immancabilmente aggiungere - ripetiamo
aggiungere- l'onere della correzione già preannunciata, sotto minaccia molto
attuale di procedura di infrazione, dalla Commissione. E quest'ultima correzione
già da sola, abbiamo visto, basterebbe a far saltare il consenso a qualsiasi
maggioranza di governo (e Renzi è quello che, attualmente, lo ha meglio
compreso).
Anche perché un unico e "sfrenato"
processo di accelerazione delle privatizzazioni per abbattere in un colpo solo
il debito pubblico, dalle partecipazioni pubbliche alle società di servizio
pubblico locali, avrebbe come effetto una svendita dai più che incerti
risultati sulla convenienza dei prezzi e la certezza di aumenti tariffari e
contrazione dell'occupazione secondo il più classico copione dell'arrivo
degli "investitori esteri", immancabili acquirenti delle "aste
al ribasso" (in cui gli advisor
finanziari privati sono gli unici che incassano lauti compensi a carico
pubblico).
Decisamente, nessuno, ma proprio nessuno, può vincere
il dopo-elezioni. Rimanendo dentro l'eurozona, almeno...