mercoledì 27 luglio 2016

HAYEK, MONNET, ROBBINS: LE RAGIONI INCOMPRESE DI UN SUCCESSO E LA (NON) MODIFICABILIA' DEI TRATTATI**



1. Mi è capitato di constatare, confrontandomi con interlocutori di varie appartenenze politiche, che l'approfondimento storico-economico e storico-istituzionale circa le ragioni e le finalità del federalismo europeo, pur in un momento così drammatico, che appare di "transizione" forzata verso...qualcos'altro, sia tutt'ora trascurato: e ciò in favore di una vulgata semplificata che, più o meno, si incentra sull'esigenza di "tornare alle origini", allo "spirito" iniziale, della costruzione europea che sarebbe stata caratterizzata non solo da alti ideali - la pace e la prosperità dei popoli - ma da una solidarietà e da una volontà di democrazia condivisa che oggi sarebbero andate perse. E che, perciò, andrebbero recuperate. (Ecco il più recente esempio:
«Tutti nel M5S si sentono europei, noi non siamo mai stati una forza che voleva uscire dall' Unione europea pur criticandola molto duramente». D' altra parte l' Europa ha smesso di essere comunità, in nome dell' austerità ha penalizzato i più deboli. Questa Europa della moneta unica, del centralismo burocratico ha tradito i suoi valori fondativi e deve cambiare». Tante citazioni di Jean Monnet, di don Sturzo. Nessuna dell' euroscettico Nigel Farage con cui i 5Stelle hanno avuto un certo feeling.)

In realtà ci siamo già occupati di questa presunta precedente presenza di alti ideali democratici e di solidarietà, mostrando come, nel corso del processo normativo dei trattati, non ve ne sia traccia, né nella fase fondativa, né nella fase evolutiva e tantomeno in quella culminata in Maastricht e sue successive modifiche.

2. Ma sostenere una riformabilità dell'€uropa, cioè una rivedibilità dei trattati, nelle condizioni attuali, per ovviare ad una sua "crisi" (cioè alla radicale avversione e diffusissima impopolarità), significa ignorarne la coerenza costante, solo mitigata dalla progressiva gradualità di cui parlano esponenti eccellenti della costruzione europea come Jean Monnet e, più tardi con parole quasi identiche, Giuliano Amato.


Questa coerenza risale alle stesse origini dell'idea di federalismo sovranazionale, quale concepita da von Hayek, e di cui abbiamo tentato una ricostruzione, a suo tempo, che è stata poi trasposta in "Euro e(o?) democrazia costituzionale".
Al tempo di tale prima ricostruzione, nata da una curiosa polemica, generata a sua volta da un approccio alle teorie economiche avulso da una prospettiva storica e istituzionalistica estesa oltre gli ultimi 20 anni, avevo prescelto un metodo confutativo diretto, al fine di evidenziare la contrarietà, alla Costituzione italiana, della visione restaurativa del capitalismo anteriore alla crisi del 1929, sostenuta in nome del federalismo neo-liberista europeo e, possibilmente, mondiale.
Con la "Costituzione nella palude", ho preferito abbandonare questa dialettica immediata, lasciando spazio a fonti che riflettano una diretta espressione di questa visione che ha caratterizzato, appunto in modo totalmente coerente e dall'inizio, la costruzione europea. In ogni ricostruzione fattuale, la migliore fedeltà si ottiene acquisendo la "ammissione" dei fatti da parte di chi ne è protagonista mediante intenzioni enunciate, e conseguenti azioni ed omissioni...

3. Per una ricostruzione del pensiero di Hayek in tema di federazione europea, con le sue connessioni antecedenti alla visione del "maestro" Mises, del "funzionalista" Monnet, consiglio quindi di andare a questa ulteriore fonte diretta, cioè proveniente dalla stessa corrente di pensiero che ha costantemente alimentato, con successo - è importantissimo capire che, aderendo a questo punto di vista ideologico, si tratti di un successo da difendere, non certo di un fallimento che richieda radicali aggiustamenti-, il disegno che ha condotto all'attuale assetto dei trattati.  
Di quest'ultima fonte - significativamente intitolata "La riflessione federalista in Friedrich von Hayek"- non farò un commento per brani selezionati, semplicemente perchè tutta l'esposizione risulta integralmente significativa e riassuntiva dei momenti e dei concetti salienti della visione hayekiana, che tanto hanno influenzato la costruzione europea, direttamente nella sua fase fondativa, indirettamente attraverso l'alimentazione di un pensiero che ha sempre trovato chi lo evolvesse e lo adattasse ai vari svolgimenti storici (specialmente alla situazione del venir meno della contrapposizione, in Europa, del blocco Nato al blocco "sovietico", nelle forme durate all'incirca fino agli anni '80). 
E questa esauriente significatività della fonte citata, include anche la questione della moneta così come già esposta in questa sede, in tutte le sue varie e tormentate articolazioni, sia parlando dell'influenza di Hayek in generale, sia ricostruendo come, attraverso l'Unione bancaria, questi abbia avuto, in definitiva, una sua rivincita rispetto alle ragioni per cui considerava troppo "compromissoria" (e quindi moderata rispetto alle esigenze dell'ordine sovranazionale dei mercati), la stessa moneta unica.

4. Senza pretesa di aver esaurito un argomento così diramato e profondamente penetrato nella "cultura" delle classi di governo oggi, e da almeno 30 anni, al potere in €uropa, al riassunto tratteggiato finora dobbiamo aggiungere altre due fonti.
La prima, come spesso capita, ci viene fornita da Arturo in questa citazione di un passaggio tratto da un libro di Streeck, coevo a "Euro e(o') democrazia costituzionale":  
“Dato che i problemi di legittimazione del capitalismo democratico presso il capitale divennero problemi di accumulazione, fu necessaria la liberazione dell'economia capitalistica dall'intervento democratico quale condizione per la loro risoluzione. In questo modo si trasferì dalla politica al mercato il luogo dove assicurare una base di massa a sostegno del moderno capitalismo nelle sue motivazioni più profonde, generate dall'avidità e dalla paura (greed and fear), nel contesto del processo di immunizzazione avanzata dell'economia rispetto alla democrazia di massa. Descriverò questo sviluppo come il passaggio da un sistema di istituzioni politiche ed economiche di orientamento keynesiano, tipico della fase fondativa del capitalismo postbellico, a un regime economico neo-hayekiano.”
A "greed and fear" c’è una nota: ”Greed and fear, avidità e paura sono, secondo l'autodescrizione del capitalismo finanziario fornita dall’economia finanziaria, spinte decisive al funzionamento dei mercati azionari e dell'economia capitalistica in generale (Shefrin 2002).” (W. Streeck, Tempo guadagnato, Feltrinelli, Milano, 2013, pagg. 25 e 221).
La seconda fonte aggiuntiva, riguarda invece un recente libro scritto da uno storico dell'economia americano, Angus Burgin, che ci piace citare sia perché, fin dal titolo, preannuncia il carattere di rigido controllo dell'informazione e della cultura che ha assunto l'opera restaurativa dell'ordine dei mercati (neo-liberista), come forma di governo oligarchica e sovranazionale, predicata da Hayek; sempre nell'ottica della restaurazione del paradigma economico anteriore alla crisi del 1929. 
Infatti, il libro di Burgin  si intitola proprio "The Great Persuasion - Reinventing Free Markets since the Depression" (da leggere le recensioni sintetiche riportate nel link, che confermano come ben presenti, all'interno della cultura statunitense, le acquisizioni che tre anni fa avevamo anticipato in questa sede).

5. A chiosa finale di questa rassegna di fonti, consideriamo importante ri-citare due passi che possono apparire in contrasto con l'idea "libertaria" di Hayek (sempre da assumere nei suoi termini istituzionali effettivi, cioè di concreta gerarchia delle fonti normative che egli propugna, una volta che si guardi alle soluzioni che discendono dal senso concreto delle sue enunciazioni di principio). 
Tuttavia, nel primo passo che citiamo, questo contrasto è in realtà apparente, dato che il suo autore, Lionel Robbins, non solo ebbe un'influenza non minore di Hayek sul federalismo "reale" attuato in €uropa, in particolare sulla stessa redazione del "Manifesto di Ventotene", ma la sua visione, notoriamente, è caratterizzata da una pragmatica esplicitazione che discende dall'appartenenza alla cultura britannica, ove la indicazione di soluzioni "nette", non postula la complessità della serie di antecedenti teorici e di giustificazioni "tradizionaliste" che caratterizza Hayek: 
«La scelta – scriveva Robbins non è fra un piano o l’assenza di piano, ma fra differenti tipi di piano». Correttamente si deve parlare dell’esistenza di un piano liberale, così come si parla di un piano socialista o nazionale.  «La ‘pianificazione’, nel suo significato moderno, comporta il controllo pubblico della produzione in una forma o in un’altra. L’intento del piano liberale era quello di creare un insieme di istituzioni in cui i piani dei privati potessero armonizzarsi. Lo scopo della moderna (pianificazione) è quello di sostituire i piani privati con quello pubblico – o in ogni caso di relegarli in una posizione di subordinazione».
Su questa base, Robbins fu allora in grado di denunciare il difetto della posizione liberale (e socialista) al livello internazionale. 
I liberali classici avevano sostenuto la necessità di introdurre una serie di istituzioni, come la moneta, la regolamentazione degli scambi e della proprietà, ecc. al fine di consentire il funzionamento del mercato: la mano invisibile è in verità, scriveva Robbins, la mano del legislatore Ma gli economisti classici, mentre ritenevano indispensabili queste misure di governo all’interno dello Stato, avevano ingenuamente creduto che potesse spontaneamente crearsi un mercato ben ordinato e funzionante anche al livello internazionale, in una situazione di anarchia politica."
5.1. La seconda citazione di "chiosa", invece, riguarda il maestro von Mises, e segna non tanto un (inconscio) maggior pragmatismo di quest'ultimo (dato che, pur paludata da altisonanti enunciazioni "filosofiche", la vena pragmatica di Hayek fu non minore, nei tempi successivi alla seconda guerra mondiale e, segnatamente, riguardo alla dittatura cilena), quanto una maggior "intransigenza" ed esplicitazione delle enunciazioni di Mises, rispetto a un contesto storico, quello dell'era dei fascismi, in cui i protagonisti del "Colloque Lippmann", e poi dell'associazione di "Mont Pelerin" (di cui abbiamo parlato estesamente ne "La Costituzione della palude", e secondo un tracciato ben ricostruito nel libro di Burgin), mantennero invece un atteggiamento molto più cauto e neutrale. Ecco la citazione di Mises:
«Non si può negare che fascismo e movimenti simili, finalizzati ad imporre delle dittature, siano pieni delle migliori intenzioni e che il loro intervento abbia, per il momento, salvato la civiltà europea. Il merito che il fascismo ha così ottenuto per sé, continuerà a vivere in eterno nella storia. Ma se la sua politica ha portato la salvezza, per il momento, non è della specie che potrebbe promettere di continuare ad avere successo. Il fascismo è stato un ripiego d'emergenza. Vederlo come qualcosa di più sarebbe un errore fatale.»

lunedì 25 luglio 2016

PERCHE' HILLARY HA GIA' PERSO

Hillary Clinton Campaigns With Tim Kaine In Virginia 
Feel the Kaine. Photo: Alex Wong/Getty Images

1. Il tassametro del terrore e dell'infusione di paura corre sempre e facciamo fatica a stare aggiornati: si va dall'iniziale frame del disastro della svalutazione in caso di uscita dall'euro (salvo poi registrare, tra secondo semestre 2014 e primavera 2015, un svalutazione del 25% della moneta unica verso il dollaro e definirla un vantaggio; tanto più che del quasi 20% di svalutazione euro/dollaro subito dopo l'introduzione del primo, nessuno pare ricordarsi più), si passa (vado per sommi capi) per il terrorismo di ogni tipo sulla Brexit, e si finisce con l'emergenza terrorismo islamico, sulla quale non ha neppure senso insistere (specie per chi non comprende l'importanza della tecnica di controllo dei, vari e variegati, "confitti sezionali", ex multis v. qui p.4, sulla teorizzazione di Rodrik al riguardo).
E non ha senso, perché date le "risorse culturali" lasciate in campo da 30 anni almeno - a seconda di quando si individua il "punto zero"- di propaganda mediatica a sostegno del neo-ordo-liberismo a trazione federalista-€uropea, gli eventi avranno il loro corso incanalato, per molti versi deja-vù, con l'unica variabile fuori controllo dell'errore di calcolo (a carattere psicotico).

2. Ma sempre in tema di infusione di paura, cioè terrorismo mediatico, e errori di calcolo, non possiamo trascurare il tema "Trump"
Il rubicondo tycoon non è certamente un modello di democrazia sostanziale (d'altra parte nessuno statunitense potrebbe veramente esserlo) e neppure di politically correctness (e questo non è necessariamente un difetto); ma la sua irruzione sulla scena politica, ha creato un certo panico nelle fila di Wall Street e dei suoi fedeli mandatari.
L'opera di neutralizzazione dello "spettro" Trump, l'aveva cominciata Wolf, anticipando il mood, sprezzante verso le scelte dell'elettorato laddove si rivelino idraulicamente non controllabili, che avrebbe poi caratterizzato la valutazione dell'esito del referendum Brexit da parte dell'establishment mediatico-oligarchico.

3. Più di recente, a primarie vinte da Trump, (tralasciando le fonti italo-€uropee del "panico da prestazione"...di Hillary, non di Bill), persino Michael Moore si esibisce sconsolato in una lunga analisi sul perché vincerà Trump - o perderebbe la Clinton-, rifacendosi ad un'analisti sbilanciata sul sovrastrutturale (dando per scontato che il melting-pot, visto come epopea positiva, abbia prodotto una maggioranza benpensante di poveri&gggiovani-ma buoni, multirazziale e culturalmente ricca di consapevole buon senso progressista) e toccando solo tangenzialmente l'aspetto strutturale (quando parla degli effetti del NAFTA su Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin: naturalmente le famiglie operaie bombardate a zero dalla globalizzazione forzata sono grette e irriconoscenti).
Ora l'errore di calcolo deriva da un atteggiamento di eccessiva confidenza nel "metodo" che caratterizza questa eccezionale, per forza e durata, concentrazione di potere oligarchico-finanziario.

4. Nel caso della Clinton, l'errore che forse può rivelarsi decisivo è la designazione come vice-presidente, in ticket di candidatura, di Tim Kaine; una designazione che si rivela motivo di polemica, proprio nel marasma che si preannuncia essere la Convention democratica di proclamazione della sua candidatura, caratterizzata, da subito, dallo scontento dei sostenitori di Sanders ("aiutato" dall'ennesimo mailing-leak) per la "strana conduzione" del voto delle primarie nonché per l'intransigenza della Clinton nell'accettare, nella sua piattaforma programmatica, elementi diversi da quelli della cosmesi instillata dai suoi ricchi sponsor.

Diciamo subito che sarei stato stupito - e, in un certo senso, anche deluso- se la Clinton avesse scelto come candidata-vice Elizabeth Warren, una delle più illuminate figure politiche prodotte, quasi a sorpresa, dal sistema USA: la senatrice Warren, ph.d in law e insegnante di diritto, ma versata in studi economico-finanziari, è forse la più efficace avversatrice dell'establishment politico prostrato dinnanzi al potere di finanziamento politico-elettorale di Wall-Street e dintorni, ma anche dello stesso Trump (v.qui, infine), che con lei, attenta ai fatti e con una limpida conduzione politica e professionale, non ha vita facile. 

5. Elizabeth, presenta un generale profilo del tutto opposto alla Clinton: ha avversato con solide argomentazioni (applicabili in toto al TTIP), il TTP, evidenziandone in un epico discorso al Senato, il carattere di "privilegio speciale" per le multinazionali, dannoso per lavoratori, consumatori e diritti umani, e, soprattutto, è la più eminente e autorevole sostenitrice del Glass-Steagall Act del 21° secolo (questione spiegata in una sintesi di esemplare chiarezza).
Ce n'è abbastanza per spiegare la sua mancata candidatura a vice della Clinton, nonostante la sua tiepida apertura in tal senso in occasione delle (chiacchierate) primarie in California.
Di tutt'altra pasta è Kaine: come emerge da una vox populi piuttosto ben informata, e attenta ad aspetti molto concreti e tecnici, dunque ben diversa da quella che immagina Moore quando dipinge il dissenziente dalla linea Clinton-progressismo cosmetico, Kaine è stato un acceso sostenitore del TTP, come pure propugna ovviamente il TTIP e, addirittura, si spende per un'ulteriore deregulation bancaria, ritenendo alcuni grossi istituti "regionali", troppo gravati da oneri di informazione, fino a entrare in polemica con la Yellen (alla faccia dell'indipendenza della BC che, quando intralcia il lavorone del capitalismo finanziario, può essere tranquillamente bypassata).

6. La linea Clinton, dunque, non soffre di tentennamento alcuno: e questo non potrebbe essere che segno o di una certezza di vittoria per motivi che ancora non risultano noti nel contesto politico, e che agli attuali comentatori, così come ai sostenitori di Sanders, paiono sfuggire, o di una miopia dettata dall'arroganza di credere che, avere i più forti dalla propria parte, garantirebbe sempre e comunque la capacità di condizionare l'elettorato.
Naturalmente, la Clinton, a questo giro, potrebbe pure prevalere: ma in prospettiva a che prezzo
Sarebbe solo un ritardare la ormai inarrestabile sollevazione della ignorata e, sostanzialmente disprezzata, ex-middle class. 
In una linea di tendenza che lascerebbe sul fronte interno, solo macerie e un futuro crescente malcontento, tale da travolgere entrambi i partiti tradizionali, passando per una recessione nel 2018, come previsto, scherzando ma non troppo, da un grande economista come Reich...

sabato 23 luglio 2016

IL PATTERN: BRAINWASHING, CARITA', DISAGIO SOCIALE NELL'ERA DEI MERCATI.



1. Dall'Huffington post traiamo questa traduzione del dialogo, ricavato da un video e diffuso da varie fonti, tra il presunto "terrorista" di Monaco e un "uomo sul balcone":
I media tedeschi continuano a diffondere le frasi pronunciate in dialetto bavarese dall'attentatore di Monaco di Baviera nel video girato dall'uomo sul balcone, che insulta più volte il 18enne chiamandolo "stronzo" e "coglione". "Sono stato in cura" e "a causa tua sono stato vittima di bullismo per 7 anni" e "ora ho dovuto comprarmi una pistola per spararti", dice l'autore della strage, secondo la Frankurter Allgemeine Zeitung, che ha pubblicato alcuni passaggi della conversazione.
Il quotidiano britannico The Guardian pubblica un link con la traduzione in inglese del dialogo fra l'attentatore e un uomo che lo filmava a distanza. Le parole "maledetti stranieri" sembrano essere pronunciate dall'uomo sul balcone, mentre il killer armato urla "maledetti turchi". Questa la traduzione del dialogo pubblicata dal giornale:
- Uomo sul balcone: "maledetto stronzo..."
- Sparatore: "grazie a te (incomprensibile)..."
- Uomo sul balcone: "sei un coglione"
- Sparatore: "...E ora ho comprato una pistola per spararvi"
- Uomo sul balcone: "una fottuta pistola, la tua testa non è a posto"
- Uomo sul balcone, apparentemente rivolto a un'altra persona che sta filmando: "ha una pistola, il ragazzo ha una pistola"
- Sparatore: "merda. Maledetti turchi!"
- Uomo sul balcone: "merda. Maledetti stranieri!"
- Uomo sul balcone rivolto a qualcun'altro: "hey! ha una pistola! l'ha caricata! chiama la polizia!"
- Sparatore: "io sono tedesco!"
- Uomo sul balcone: "sei un coglione, ecco cosa sei"
- Sparatore: "smettila di filmare!"
- Uomo sul balcone: "sei uno stronzo! ecco cosa sei"
- Sparatore: "sì, sono nato qui!"
- Uomo sul balcone: "si, e cosa c...o pensi di fare?"
- Sparatore: "sono cresciuto qui nell'area hartz 4", un riferimento al sussidio sociale
- Sparatore dice qualcosa a proposito di un "trattamento". Non è chiaro se si riferisca a un trattamento medico o a un modo di trattare le persone.
- Uomo sul balcone dice qualcosa del tipo "sì, un trattamento è ciò che ti serve".
- Sparatore: "non ho fatto nulla ancora (incomprensibile)..."
L'uomo sul balcone e lo sparatore continuano a insultarsi. Poi il giovane comincia a sparare. L'uomo sul balcone lo chiama ancora "stronzo".
L'uomo sul balcone poi si mette al riparo e gli urla qualcosa a proposito di "sparare qui".
- Sparatore risponde: "sì, hai ragione! sì, hai ragione! sì, hai ragione!". Il giovane lo minaccia.
Il video termina.

2. Aggiungiamo, sempre dall'Huffington questo commento adiacente:
Il capo della polizia ha sostenuto che al momento non vi sono elementi che indichino una matrice islamica dell'attacco o un "parallelismo" con il recente attacco a colpi di ascia e coltello sul treno a Wuerzburg, anche se una testimone ha riferito alla Cnn che il killer, prima di sparare su bambini seduti al tavolo, ha gridato Allah Akbar. Saranno comunque indagini su contatti e parenti del giovane a dare elementi più certi, ha detto Andrae che in nottata si è limitato a parlare di "sparatoria".
Se questa è una guerra...
Inutilmente, dato lo stato "culturale" dell'opinione di massa, ho cercato di segnalare come il concetto di guerra debba rispondere a precisi presupposti, sul piano del diritto internazionale - il quale, a sua volta, corrisponde a modalità consuetudinarie di intendere, razionalmente, gli accadimenti fondamentali che si verificano nella comunità internazionale degli Stati e, quindi, l'esperienza storico-sociale fondamentale dispiegatasi nel corso di secoli.

3. Piuttosto, segnalai come il terrorismo, sempre in base all'esperienza storico-sociale della comunità internazionale, corrisponda, con grande frequenza (sempre qui, p.5), alla violazione del c.d. principio di non ingerenza.
"Come chiarisce l'art3, lett. g) della dichiarazione dell'Assemblea generale della Nazioni Unite del 14-2-1974...che fa un'importante precisazione: non costituisce...aggressione armata, e quindi vero "atto di guerra", la sola assistenza data (da uno Stato determinato) a forze ribelli che agiscono sul territorio di un altro Stato, sotto forma di fornitura di armi, di assistenza logistica e simili; siffatta assistenza infatti concreterebbe soltanto un'ipotesi di violazione del divieto di ingerirsi negli affari altrui e, sempre riportando quanto affermato dalla suddetta dichiarazione dell'Assemblea del 14-2-1974, "al contempo un'ipotesi di violazione minoris generis del divieto della minaccia o dell'uso della forza come tali non giustificanti una risposta armata"."

Tralasceremo quello che abbiamo aggiunto sulla possibile rilevanza della "reciprocità" (v. ibidem, p.7) nell'invocare il divieto di ingerirsi negli affari altrui, quale invocabile per vari eventi storico-politici da alcuni paesi mediorientali in particolare rispetto al c.d. Occidente (la controingerenza sarebbe in astratto scriminabile come ritorsione nell'ambito del controverso principio della "legittima difesa").

4. Quello che, invece, gli eventi di Monaco possono segnalare è come, di fronte ad ogni atto di follia omicida che possa presentare caratteri ricorrenti e riconducibili al terrorismo "islamico", occorra sempre un'accurata indagine, che riguardi gli antecedenti di vita e la vicenda psicologica di coloro che sono, nell'immediato, identificati come autori delle stragi.
Con riferimento alla identificazione di una matrice islamica, questi antecedenti possono, con una certa attendibilità, essere ricondotti ad un pattern, che, a sua volta, segna un percorso caratterizzato da elementi finanziari, anzitutto, organizzativi e di condizionamento religioso-psicologico, identificabili in modo alquanto costante.
Per comprendere quali siano tali elementi organizzativi e di condizionamento, andiamo ad attingere alla testimonianza di un giornalista del New York Times, Nicholas Kristof, esperto di rapporti internazionali e affari islamici.  

5. In un recente articolo, ci fornisce, attraverso dirette testimonianze, gli elementi che contraddistinguono il "pattern":
"Ogni qualvolta si ha un attacco di estremisti islamici, guardiamo ai nostri nemici come lo Stato islamico o Al Qaeda. Ma forse dovremmo anche guardare a nostri "amici", come l'Arabia Saudita.
Per decenni, l'Arabia Saudita ha spericolatamente finanziato e promosso una dura e intollerante versione dell'Islam in tutto il mondo, in un modo che, piuttosto prevedibilmente, sta producendo terroristi. E non c'è miglior esempio di questa spericolatezza saudita di quello dei Balcani.
...L'Arabia Saudita e altri paesi del Golfo hanno riversato denaro nelle nuove nazioni del Kosovo e dell'Albania durante gli ultimi 17 anni e hanno nutrito l'estremismo religioso in una terra dove, originariamente, ce n'era poco.
Il risultato è che, secondo il governo del Kosovo, 300 kosovari sono andati a combattere in Siria e in Iraq, per lo più per unirsi allo Stato islamico...il denaro saudita ha trasformato una società islamica un tempo tollerante in una pipeline di jihadisti
Nel segno dei tempi, il governo, l'anno scorso, ha dovuto sospendere temporaneamente la fornitura d'acqua nella capitale per il timore di un avvelenamento delle condotte ispirato dallo Stato islamico.
...Hajzeri (ndr. un imam moderato dell'antica moschea nella città di Peja) e altri moderati hanno risposto con un sito web, che critica la interpretazione saudita Wahabita dell'Islam. Ma dice che sono stati travolti dal flusso di denaro proveniente da Arabia Saudita, Kuweit, Qatar, Emirati Uniti e Barhain, versato in supporto delle varianti estreme dell'Islam attraverso una "bufera" (blizzard) di pubblicazioni, video e altro materiale.
"I sauditi hanno completamente cambiato l'Islam col loro denaro", dice Visar Duriqi, un ex-imam in Kosovo che è diventato giornalista che scrive delle influenze degli estremisti. 
Lo stesso Duriqi...dice di essere stato sottoposto a lavaggio del cervello e di essere passato per una fase estremista in cui esigeva l'imposizione della Shariah e scusava le violenze...
Questo non è un problema del Kosovo ma globale.
Ho dapprima incontrato l'influenza perniciosa dei sauditi in Pakistan, dove il sistema scolastico è in stato pietoso e i sauditi riempiono il vuoto finanziando madrasse estremiste che attirano gli studenti con rette gratuite, pasti gratis e borse di studio che coprono interamente studi oltremare per gli studenti migliori.
Allo stesso modo, in paesi tradizionalmente moderati, come Mali, Burkina Faso e Niger, ho visto madrasse finanziate da stranieri introdurre l'interpretazione radicale dell'Islam. Nei balcani, la Bosnia, è particolarmente influenzata dal supporto del "Golfo" agli estremisti.
Non voglio esagerare. Ho visto meno veli nel mio viaggio attraverso la Macedonia, il Kosovo e l'Albania che a New York City, e qualunque jihadista si strapperebbe i capelli nel vedere donne con teste e spalle scoperte, per non parlare degli "shorts"...Inoltre, dopo una serie di arresti di imam radicali in Kosovo e Albania, la situazione può essersi stabilizzata, e i jihadisti non paiono più recarsi da qui in Siria.
...
Ma il mondo ha bisogno di un duro confronto con l'Arabia saudita sul suo ruolo. Non è che intenzionalmente stia diffondendo la devastazione (havoc); è più che sta comportandosi in modo incauto. Ha compiuto qualche doloroso progresso nel ridurre il finanziamento degli estremisti, ma troppo lentamente.
Risulta particolarmente scoraggiante perché molta parte dei fondi paiono provenire dalla carità. 
Uno degli aspetti ammirevoli dell'Islam è la sua enfasi sulla carità; tuttavia nei paesi come l'Arabia Saudita, questo denaro è diretto non a combattere la malnutrizione o la mortalità infantile, ma a compiere il lavaggio del cervello dei bambini e a seminare il conflitto in paesi poveri e instabili."

6. Di molti di questi aspetti, così sconsolatamente testimoniati, abbiamo parlato, anche indicando l'analogia con quanto sta accadendo in Bangladesh
Abbiamo pure visto come il ruolo della carità, quale che ne sia la direzione dei relativi benefici, possa essere ben visto in un mondo che si pretende debba essere governato dall'ordine sovranazionale dei mercati, assunto a regola morale incontestabile. 
Carità che tempera la spinta al profitto (punto 7), conciliando entrambi in una "teoria del tutto", quindi totalitaria, che nega implicitamente, e in modo molto pratico, il ruolo degli Stati sociali e democratici, la loro sovranità: e ciò si sposa perfettamente con l'idea neo-liberista del welfare come mera azione compassionevole.

7. Da questo intreccio di tendenze e idee dominanti, discende prevedibilmente una grossa difficoltà non solo a determinare il pattern che caratterizza i precedenti identificativi del terrorista, per di più "dopo" che questi abbia agito, ma anche a comprendere le cause prime della capacità dell'estremismo islamico, e dei suoi seminatori finanziari, di attecchire in ogni parte del mondo globalizzato.
Tanto più che, se il riferimento alla "area Hartz 4" fosse confermato - e quindi, nel caso di Monaco, non ci si trovasse di fronte a un estremista islamizzato- sarebbe egualmente difficile, se non impossibile, per gli inquirenti, data la cornice di responsabilità dei governi €uropei nella distruzione ostinata del welfare inclusivo delle ex-democrazie sociali, cogliere il collegamento tra carità finanziaria e disagio sociale generato dalla restaurazione del modello neo-liberista di economia "competitiva".
La depressione nei giovani, date certe circostanze in altri tempi considerate prevedibili, è una ben precisa malattia sociale.

giovedì 21 luglio 2016

I DUE EPICENTRI DEL CONFLITTO GLOBALE: SIRIA E...ITALIA

http://www.informarexresistere.fr/wp-content/uploads/2015/02/606x341_255170-1-2-4-680x365.jpg
1. Per completezza di informazioni su alcuni temi di attualità che abbiano recentemente trattato, vi propongo, dei brani selezionati dell'ultimo bollettino, datato 21 luglio, dell'Executive Intelligence Review- EIR, "Strategic Alert" (a cura dell'associazione, fondata da Lyndon Larouche, che periodicamente mi invia tale interessante mail).
Come già in altri casi in cui abbiamo citato tale fonte, premettiamo che si tratta di annotazioni valutative che esprimono un punto di vista, nell'ambito di una visione che, inevitabilmente, muove dagli USA, pur avendo con lo Schiller Institute, radicazione anche in altri paesi, in particolare europei, ove si diffonde il pensiero di Larouche e di sua moglie Helga.
Avevamo accennato, in più occasioni, al tema del paradigma liberoscambista mondializzatore: perseguite rigide politiche deflazioniste in tutto il mondo, tramite una serie di istituzioni "sovranazionali" capaci di imporre agli Stati delle forti condizionalità, sul piano delle politiche economiche, e l'insorgere di  conflitti sezionali, quanto alle politiche interne, questa strategia mondialista nutre ora la tentazione di risolvere la crisi economico-finanziaria globale, a cui inevitabilmente avrebbe condotto, innescando una escalation di conflitti guerreggiati. 
2. Da ultimo, in relazione alla connessione tra dilagare del terrorismo islamico e apparenti svolte politiche nei principali paesi occidentali, avevamo sunteggiato la finalità di tale scenario: "...per portare a livello di stabilità istituzionalizzata lo stato di eccezione che consegue a tale guerra civile permanente, in modo che, analogamente a quanto avvenne in Italia ai tempi della strategia della tensione, sia resa incontestabile la prosecuzione delle politiche economico-sociale attuali; l'idea della "israelizzazione" delle ex-democrazie sociali sottintende di raccogliere il consenso intorno a una "Autorità" salvifica e "protettiva", che possa rivendicare la sua legittimazione in termini polizieschi e di militarizzazione, anche esterna e in funzione di spesa "keynesiana", di ogni residua funzione dello Stato. O del super-Stato €uropeo". 
3. L'EIR denomina tale strategia geo-politica come "il partito della guerra":  
Il partito della guerra è sulla difensiva ma non sconfitto. Il quadro strategico è cambiato significativamente nel corso della settimana scorsa. La strage di Nizza, il golpe fallito in Turchia, gli incontri di Kerry a Mosca e il rilascio delle 28 pagine (v. infra), hanno ridefinito lo scacchiere della guerra globale sullo sfondo del crollo progressivo del sistema finanziario internazionale.

Il tema del collasso è al centro della proposta di Lyndon ed Helga LaRouche per un intervento urgente su Deutsche Bank, da usare come leva per una svolta in Germania e in Europa. Allo stesso tempo, l'alleanza anglo-saudita e il partito della guerra USA/NATO sono stati messi sulla difensiva da tre documenti incriminanti: le ventotto pagine sull'Arabia Saudita, il rapporto Chilcot sulla guerra in Iraq e il rapporto del Congresso sulla HSBC (vedi sotto e SAS 28/16). I colloqui sulla Siria e gli sviluppi in Turchia potrebbero condurre a una svolta nel Sud-Ovest asiatico [Ndr: la situazione in realtà non consente allo stato letture eccessivamente ottimistiche]. Tuttavia, il partito della guerra non è sconfitto, come mostra la strage di Nizza e gli episodi di terrorismo razzista negli Stati Uniti. Siamo in una guerra globale e non esiste alternativa alla vittoria.

Il fianco debole del nemico è il sistema finanziario, la cui bancarotta si concentra sulla crisi dell'euro, che si avvicina a un punto di soglia attorno alle decisioni sul sistema bancario italiano. La crisi delle banche italiane è in larga parte risultato dell'austerità imposta dall'UE e le sue dimensioni sono relativamente modeste, ma la legge europea - e il governo tedesco - ammette solo la soluzione del bail-in.

Messo alle strette, il governo italiano potrebbe decidere di scaricare l'euro piuttosto che commettere un suicidio politico. Anche la Germania è di fronte a una scelta per Deutsche Bank, il cui capitale si è talmente eroso da minacciare l'insolvenza. Altre banche, come Crédit Suisse, sono in una situazione simile. Mentre è necessaria una riorganizzazione bancaria globale, basata sui principii della Legge Glass-Steagall, un intervento urgente su Deutsche Bank, se eseguito nel modo che Helga Zepp-LaRouche descrive qui sotto, potrebbe ribaltare la situazione.
4. In correlazione a tale analisi, vien poi svolta una focalizzazione sulla situazione Deutsche Bank, che fornisce una prospettiva un po' diversa, del problema delle conseguenze demenziali delle regole, a larga e insindacabile discrezionalità, imposte con l'Unione Bancaria
La Deutsche Bank va salvata, ma a certe condizioni!

La seguente dichiarazione è stata rilasciata da Helga Zepp-LaRouche, presidente del Movimento per i Diritti Civili Solidarietà tedesco (BüSo), il 12 luglio 2016.

L'imminente rischio di bancarotta di Deutsche Bank certamente non è l'unica causa potenziale di una nuova crisi sistemica del sistema bancario transatlantico, che sarebbe di diversi ordini di grandezza più letale della crisi del 2008, ma offre una leva unica per impedire che il collasso si traduca in caos.

Dietro all'SOS lanciato dall'economista capo di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, per un programma europeo di 150 miliardi di Euro per ricapitalizzare le banche, si intravede il pericolo, apertamente discusso nei media finanziari internazionali, di insolvenza dell'intero sistema bancario europeo, poggiato su una montagna di almeno 2000 miliardi di Euro di prestiti inesigibili ("NPL"). Deutsche Bank, con un totale di 55.000 miliardi di Euro di valore nozionale di contratti derivati e un fattore di leva di 40:1, che supera quello di Lehman Brothers ai tempi del suo collasso, rappresenta il tallone d'Achille più pericoloso del sistema. La metà del bilancio di Deutsche Bank, il cui titolo è crollato del 48% negli ultimi 12 mesi ed è ora solo all'8% del suo valore di picco, è fatto di derivati cosiddetti Level 3, quasi 800 miliardi di Euro di titoli senza una valutazione di mercato.

Forse molti sono rimasti sorpresi dalla proposta fatta da Lyndon LaRouche il 12 luglio, che Deutsche Bank sia salvata attraverso un'iniezione di capitale una tantum, in ragione delle implicazioni sistemiche della sua minacciata insolvenza. Né il governo tedesco con il suo PIL di 4 bilioni di Euro, né l'Unione Europea con un PIL di 18 bilioni di Euro, sarebbero capaci di controllare l'effetto domino di una bancarotta disordinata.

L'iniezione di capitale una tantum, ha spiegato LaRouche, è una mera misura d'emergenza che deve essere contestuale a un immediato riorientamento della banca, nel senso della sua tradizione prevalente fino al 1989, sotto la guida di Alfred Herrhausen. Per sovraintendere a questa operazione, dovrà essere istituito un comitato di gestione che verifichi la legittimità e le implicazioni delle passività, e completi il suo lavoro entro un dato periodo di tempo. Tale comitato dovrà anche redigere un nuovo business plan, basato sulla filosofia bancaria di Herrhausen, ed esclusivamente orientato agli interessi dell'economia reale della Germania.
5. Altrettanto interessante, è il chiarimento sullo status della proposta di reintroduzione del Glass-Stegall Act, cioè della "separazione bancaria", nell'ambito dell'attuale campagna per le elezioni presidenziali negli USA: 

Presidenziali USA: il ripristino della legge Glass-Steagall incluso in entrambe le piattaforme. Dalla crisi finanziaria del 2008, gli interessi di Wall Street e della City di Londra a Washington hanno fatto ricorso a misure sempre più disperate per preservare il loro sistema in bancarotta, dal salvataggio delle banche Too Big to Fail, al Quantitative Easing, per poi arrivare al "bail-in", e ora ai tassi d'interesse negativi, con l'"helicopter money" pronto a entrare in azione.

L'alternativa a questa follia è quella che fu proposta prima del crac del 2008 da Lyndon LaRouche, che l'aveva previsto in una videoconferenza del luglio 2007. Per porre fine all'implosione del sistema, LaRouche chiese il ritorno alla politica della separazione bancaria di Franklin Roosevelt e della legge Glass-Steagall, seguita da una cancellazione del debito impagabile, e la creazione di un sistema creditizio per l'infusione di credito pubblico all'attività produttiva fisica, a partire da massicci investimenti nelle infrastrutture.

...Il tema è tornato alla ribalta durante la campagna presidenziale americana, soprattutto quando il Senatore Bernie Sanders ha sostenuto, anche se in ritardo, il disegno di legge per la Glass-Steagall del XXI secolo presentato dalla Sen. Elizabeth Warren. Ora la legge Glass-Steagall è entrata sia nella piattaforma democratica sia in quella repubblicana.

I democratici denunciano il "gioco d'azzardo" di Wall Street e "l'idea (tra gli speculatori) che i contribuenti continueranno a rifinanziarli". Tuttavia la probabile candidata, Hillary Clinton, ha dichiarato spesso di non sostenere il ritorno alle regole della Glass-Steagall, e la piattaforma parla anche di "difendere ed espandere la legge Dodd-Frank," benché tale legge sia stata scritta dai banchieri Too Big to Fail, e difenda lo stesso sistema speculativo che ha portato al crac del 2008.

Quanto ai repubblicani, nessuno sa per certo che cosa ne pensi Donald Trump. Resoconti dalla battaglia per la piattaforma indicano, come ci ha riferito un insider della Georgia, che i sostenitori di Trump insisterebbero sul ripristino della Glass-Steagall, anche se Trump stesso non si è pronunciato su questo.

Un'altra indicazione della rivolta popolare contro Wall Street, cui si è agganciato Sanders, e cui tenta di agganciarsi anche Trump, viene dall'Illinois, lo stato di Obama e la sua base politica. Il 30 giugno il Parlamento dello Stato ha approvato una mozione che chiede al Congresso federale di adottare un programma di "ripresa americana" ripristinando le disposizioni della legge Glass-Steagall, tornando a un sistema creditizio federale e alle banche nazionali, sul modello di Alexander Hamilton, per investire nell'economia reale e nelle infrastrutture.
6. Riprendendo il tema sempre più globale del terrorismo, sono anche valutate le rivelazioni sulla connessione tra Arabia Saudita e attentato dell'11 settembre , e la connessa implicazione di come fermare il terrorismo "alla fonte", almeno per quanto riguarda il suo attuale epicentro nella crisi siriana:
Il 15 luglio l'amministrazione Obama ha finalmente reso pubblico (anche se lievemente oscurato) il capitolo di 28 pagine del rapporto originale della Commissione d'inchiesta congiunta del Congresso sull'11 settembre, poche ore prima che Capitol Hill chiudesse per le vacanze estive. Leggendo attentamente il capitolo si comprende che il congressista Thomas Massie aveva assolutamente ragione quando dichiarò che queste informazioni avrebbero imposto un totale ripensamento su ciò che è accaduto negli ultimi 15 anni.
Contrariamente alla narrazione promossa dal Presidente Obama, dai servizi di intelligence e dai soliti media, il livello di prove sul coinvolgimento saudita negli attacchi dell'11 settembre contenute nelle ventotto pagine va ben oltre quello noto pubblicamente. Esse dimostrano infatti che funzionari sauditi e membri della famiglia reale erano coinvolti intimamente con Al Qaeda e molti di loro avevano legami diretti coi dirottatori. Benché l'FBI e la CIA avessero le prove dei finanziamenti sauditi ad Al Qaeda prima ancora del 2001, fu soppressa qualsiasi azione repressiva e gli investigatori furono licenziati o trasferiti per aver sollevato troppe domande.
Il Presidente Obama, James Clapper del DNI e il direttore della CIA John Brennan sostengono che le piste contenute nelle 28 pagine sono state successivamente smentite dall'inchiesta condotta dall'altra Commissione sull'11 settembre. Tuttavia, in realtà, il direttore di tale inchiesta, Philip Zelikow, ha espressamente bloccato qualsiasi inchiesta sui sauditi, e ha perfino licenziato il membro dello staff a cui era stato assegnato il compito di seguire la vicenda, come hanno ammesso altri membri della commissione.
Il rapporto di inchiesta congiunto sull'11 settembre fu completato e reso pubblico nel dicembre 2002, meno quelle 28 pagine che riguardavano il coinvolgimento saudita. Chiaramente, quel capitolo cruciale fu soppresso perché l'amministrazione Bush-Cheney si stava preparando per la guerra contro l'Iraq, per il cambiamento di regime contro Saddam Hussein, accusato di essere l'architetto dei mortali attacchi terroristici e di possedere un arsenale di armi di distruzione di massa. Tutte menzogne, come sappiamo ora.
È quindi urgente una nuova inchiesta dall'inizio alla fine, che indaghi su tutte le atrocità e le guerre che ne conseguirono, come la guerra in Iraq e in Libia, i tentativi di cambiamento di regime in Siria e molto di più.
La pubblicazione delle 28 pagine, che giunge pochi giorni dopo la pubblicazione del rapporto della Commissione Chilcot nel Regno Unito sulla guerra illegittima in Iraq (vedi SAS 28/16) è un colpo mortale al cuore dell'impero anglo-saudita. È prevedibile che ora aumenti al Congresso il sostegno per l'approvazione della legge JASTA, che consente di citare in giudizio i funzionari sauditi per aver sponsorizzato il terrorismo.
Il congressista Walter Jones, che ha condotto la battaglia al Congresso per desecretare le ventotto pagine, ha espresso il suo ringraziamento e le sue congratulazioni al movimento di LaRouche per il suo ruolo chiave nell'ottenerne la pubblicazione.

Dopo la strage di Nizza dove hanno perso la vita 84 persone e molte altre sono state ferite, il governo ha espresso il proprio cordoglio e rinnovato l'impegno nella lotta contro il terrorismo, senza tuttavia attaccare le vere cause di questa barbarie, denuncia Jacques Cheminade.
La causa principale è la complicità del governo "con le formazioni jihadiste usate per provocare la caduta del regime di Assad, elaborata dagli Stati Uniti, dal Regno Unito, dall'Arabia Saudita, dal Qatar e dalla Turchia", che ora si ritorce contro la Francia.
Infatti, è noto dal 2014 che Nizza è divenuta centro di reclutamento dei guerriglieri diretti in Siria. Un rapporto della Direzione Generale per la Sicurezza Interna (DGSI) notava che Nizza è divenuta una "città-laboratorio" per identificare e gestire la "radicalizzazione".
È da Nizza che Omar Osman, un franco-senegalese convertito all'islam, reclutò la sua brigata di 50-80 francesi, ora combattenti in Siria con il gruppo al-Nusra (ovvero al-Qaeda), dei quali il ministro degli Esteri Laurent Fabius affermò nel 2012, con un entusiasmo davvero improprio, che stavano "facendo un bel lavoro" contro Assad.
È a Nizza, inoltre, che sono stati identificati gli arrivi e le partenze di potenziali jihadisti, in viaggio come missione diplomatica saudita. Lo scorso 7 aprile il sindaco nizzardo Christian Estrosi, intervistato da Olivier Mazerolle per RTL, ha dichiarato che due persone nel dossier delle persone "radicalizzate" e in necessità di stretta sorveglianza, erano entrate in Francia con la copertura diplomatica saudita e che "esse hanno beneficiato di un'esenzione totale dai controlli" presso l'aeroporto internazionale di Nizza. "Sì", ha risposto il sindaco alla domanda se la polizia fosse stata costretta a proteggere i due, "e so che alcuni di loro erano sconvolti, ne parlarono e ne subirono le conseguenze".
"Il governo non può continuare a menare il can per l'aia su questo punto", dichiara Cheminade, "rischiando di trovarsi presto o tardi in un posizione simile a quella di Tony Blair", e cioè davanti a una commissione d'inchiesta o direttamente in tribunale.
"È venuto il momento di ristabilire i rapporti con Assad al fine di rifondare e ricostruire la Siria; di agire in armonia con la Russia per combattere assieme questa minaccia; di incitare con decisione gli Stati Uniti a fare altrettanto", incalza Cheminade. 

martedì 19 luglio 2016

LA TRATTATIVA: "STABILITA' FINANZIARIA E RISULTATI SPROPORZIONATI" TRA CORTE UE E LA DISCREZIONALITA' DELLA VESTAGER


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ARI-FATE PRESTO: HABEMUS ITAL-TACCHINO DA SPENNARE!

 

1. Vale la pena di riportare, fresco di giornata, il sunto, finora disponibile, della decisione della Corte di giustizia UE su presupposti e limiti del bail-in, con riguardo alla regola del preventivo burden-sharing (cioè condivisione delle perdite) a carico dei risparmiatori, prima della possibilità di un intervento pubblico che, in tal modo, non sia vietato dalle regole UE sugli aiuti di Stato (in ogni modo, estremamente problematici da autorizzare nei confronti dell'Italia: v. qui p. 7-9). 

I risparmiatori, com'è noto, sono coinvolti nel meccanismo unico di risoluzione, dopo la "escussione" in prima battuta degli azionisti, in una graduazione che coinvolge obbligazionisti subordinati, obbligazionisti senior e correntisti per l'ammontare oltre i 100.000 euro
Quest'ultima soglia di garanzia, allo stato delle possibilità di intervento dei fondi "privati" di garanzia, è in concreto, molto teorica (v.qui, p.4), non solo in assenza di un fondo di garanzia €uropeo, che dovrebbe essere attivato solo dal 2024, non solo perché la Germania è fieramente contraria (v. qui, p.6) anche a questa lontana (e quindi tardiva) misura, ma anche perché le dimensioni comunque raggiungibili da tale fondo di garanzia "comune", non sarebbero sufficienti a fronteggiare un contagio sistemico di insolvenze bancarie a catena, in un settore di mercato che presenta complessivamente il volume di capitalizzazioni e attivi strutturalmente presenti nell'eurozona (sempre rammentando che la c.d. unione bancaria si applica solo ai paesi della stessa eurozona).

2. La decisione della CGUE, occasionata da un proto-bail-in avvenuto in Slovenia, era stata preceduta da "grandi aspettative", dovute alla posizione assunta, in sede di conclusioni, dall'avvocato generale presso la stessa Corte, che aveva eccitato gli animi, nel senso di una maggior elasticità di intervento statale, preventivo rispetto al burden-sharing. 
Infatti, "L'avvocato generale, nelle conclusioni rassegnate a febbraio, ha sostenuto che la Commissione non ha poteri inderogabilmente vincolati (binding) in tale questione, e le perdite imposte agli investitori privati, non sono una precondizione necessaria per accordare l'aiuto pubblico alle banche (in difficoltà)"
Sostanzialmente, l'avvocato generale ha ipotizzato una "Broad discretion" della Commissione, fondabile sulla regola di "eccezione" emergenziale, contenuta nella direttiva sulla "Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD)", per cui il bail-in preventivo può essere evitato, per adire direttamente gli aiuti di Stato, quando la sua imposizione "porrebbe in pericolo la stabilità finanziaria o condurre a risultati sproporzionati".

3. Com'è accaduto anche in passato (sulla diversa questione dell'OMT), la Corte ha grosso modo accolto tali conclusioni - con perfetto tempismo rispetto agli esiti degli stress test bancari che, per quanto riguarda l'Italia, erano tetramente incombenti (per il prossimo 29 luglio) sulla situazione del Monte dei Paschi- ma lo ha fatto seguendo un percorso che risulta più sfumato e indiretto nelle affermazioni compiute.
La Corte, infatti, ha ribadito principalmente l'assunto della centralità della "ampia discrezionalità" della Commissione e, significativamente, ha anzitutto riaffermato il principio del burden-sharing preventivo:  
“Il burden-sharing da parte degli azionisti e dei creditori subordinati, come prerequisito per l'autorizzazione, da parte della Commissione, degli aiuti di Stato a una banca in stato di insolvenza, non è contrario alla legge UE".
Ha poi temperato questa affermazione di principio rinviando alle "banking communications" (anticipatorie e poi specificative della direttiva BRRD, v.p.45, da parte della stessa Commissione), in quanto l'ultima di esse, stabilisce i casi in cui il burden-sharing "debba" essere applicato ad azionisti e creditori subordinati, e quando, invece, possa essere evitato. L'ipotesi, appunto, è quella per cui, in esito alle perdite imposte ai risparmiatori, il bail-in potrebbe porre "in pericolo la stabilità finanziaria o condurre a risultati sproporzionati".

4. Va anche detto che la Competition Commissioner Margrethe Vestager, preposta alla direzione antitrust che vigila anche sugli aiuti di Stato, aveva preannunziato, il 14 luglio, una posizione alquanto problematica  e poco incline a eccessive concessioni all'Italia:
“Le regole sono tali che, se c'è rischio di instabilità finanziaria, allora sono contemplate eccezioni al burden-sharing e al bail-in.  Ciò è certamente chiaro. Ne consegue che la cosa importante è comprendere cosa sia la instabilità finanziaria e finora, nel corso di circostanze molto serie in Spagna, Grecia e Slovenia, le eccezioni non sono state applicate."
Come, appunto, sul caso insorto in Slovenia, conferma la pedissequa decisione appena emessa dalla CGUE, che ha escluso la illegittimità della mancata applicazione della regola di eccezione, trincerandosi dietro una vasta, e quindi insindacabile, discrezionalità della Commissione, nonchè sulla inconfigurabilità di una retroattività delle norme sul burden-sharing, rispetto al momento di sottoscrizione dei titoli, quando vigevano, pro-Germania e Francia, diverse "comunicazioni" ampiamente derogatorie del divieto di aiuti di Stato (v.qui, p.4).

5. In sostanza, la palla è rimessa nel campo di Margrethe Vestager che, però, ha già anticipato un certo restrittivo scetticismo. 
La trattativa, dunque, continua in vista della data fatidica del 29 luglio: ciò che è certo è che la Commissione dispone di un'ampia discrezionalità e tergiversa sulla riconoscibilità della "instabilità finanziaria" (e dei "risultati sproporzionati"), non mostrandosi eccessivamente sensibile sulla difficoltà politica in cui incorrerebbe il governo italiano, come ci dice lo stesso Bloomberg, dovendo conciliare un bail-in su MPS (e, in prospettiva, non solo), con effetti devastanti sul consenso, con le esigenze di raccogliere una maggioranza favorevole al referendum sulla riforma costituzionale.

Da oggi, in più, abbiamo che la Corte europea ha riconosciuto in modo praticamente incondizionato questa grandissima discrezionalità e non sarà certo propensa a sindacare nel merito un'eventuale negatoria dell'autorizzazione, all'Italia, ad applicare la clausola di eccezione sugli "aiuti di Stato" preventivi al sistema bancario.