Il discorso che proveremo a svolgere è assai complesso. Proverò a farlo semplice ma risulterà alla fine complicato.
Almeno proverò a farlo sinteticamente, ma questo potrebbe essere un inconveniente, dato che aumenta il rischio di semplificazioni "imprecise" e di rinvio a dati da esaminare attentamente: cosa che economisti in gamba saprebbero fare meglio di me, tranne che però, a quanto è dato diffusamente di constatare, non avrebbero la mimima idea di quali elementi rilevanti considerare per fare un'analisi attendibile (non che finora ciò sia stato una grande preoccupazione)..a meno che non fossero degli istituzionalisti stile USA anni '30 che, in Italia, almeno, sono praticamente una razza estinta...o mai attecchita.
Dunque il problema è la vexata quaestio della lentezza della giustizia civile. Che scoraggerebbe gli investitori esteri: il che, a ben vedere, non dovrebbe essere il motivo per cui ci dovremmo lamentare di questa disfunzionalità del sistema di garanzia contenziosa, necessariamente pubblico: quest'ultimo connotato, però, a meno che non si voglia superare persino la versione (compromissoria) prevalente della Scuola austriaca - e del meraviglioso mondo di von Hayek-, moderatamente statalista almeno sul "law and order" contro i pericolosi "indigenti", aderendo alla vulgata anglosassone, e quindi privatizzare la giustizia.
Cosa del tutto incombente secondo lo schema TTIP e TISA (e lo stesso Hayekianesimo più duro e puro, quello dello Stato che "costruisce strade e fissa, e vigila su, pesi e misure") che, a sua volta, presuppone una certa struttura, peraltro a controllo estero, della produzione. Ma, dati i tempi, questa forma di colonizzazione non è detto che non "maturi" (dategli tempo e modo...).
Cosa del tutto incombente secondo lo schema TTIP e TISA (e lo stesso Hayekianesimo più duro e puro, quello dello Stato che "costruisce strade e fissa, e vigila su, pesi e misure") che, a sua volta, presuppone una certa struttura, peraltro a controllo estero, della produzione. Ma, dati i tempi, questa forma di colonizzazione non è detto che non "maturi" (dategli tempo e modo...).
Oggi, con la riforma governativa della giustizia, preannunziata a fine agosto, peraltro, una consistente fetta di controversie dovrebbe finire alla giustizia privatizzata (le chiamano "misure urgenti di degiurisdizionalizzazione"), ritenendosi che questo sia il rimedio alla eccessiva lentezza della giustizia civile; a sua volta causata dall'arretrato, a sua volta imputato ai "giudici fannulloni", cosa che per l'opinione pubblica e nelle dichiarazioni ufficiali di un "certo" mondo degli avvocati viene data accuratamente come scontata.
Insomma il discorso è complicato. Sicuramente, a causa dell'accumularsi dei luoghi comuni livorosi, che fanno tanto comodo alle forze del mercato colonizzatrici, ehm, volevo dire, IDE-centriche (v.qui, palese recente conferma), e quindi mediatico-ordoliberiste, purchè ci si sia è accorti di questa fondamentale caratteristica della formazione della "opinione di massa": se non ve ne foste accorti, è inutile che leggiate ancora.
Ma la complicatezza non toglie che alcuni punti fermi possano essere messi a punto
1) la giustizia italiana non è affatto scarsamente produttiva: anzi, è quella più produttiva (output=numero cause definite in rapporto alle unità di lavoro-giudici) tra i grandi paesi UE. Sorpresa? Solo per chi - specie al governo e commentando a ruota libera nei "giornaloni"- parla per inerzia luogocomunista e si rifiuta di esaminare i dati: che potete trovare qui, dal CEPEJ, in questo studio che non ha paralleli per accuratezza. Peraltro, di tentativi di portare all'opinione pubblica questi dati ce ne sono stati vari: ma in genere sono risultati vani. O più o meno "estrapolatori" dei soli dati che interessavano e che normalmente non sono tarati sull'output, cioè non correlati con il numero di cause in entrata e quello dei "casi" smaltiti: in particolare si è enfatizzata la eccessività, comparata, dei costi "organizzativi" (presunto eccessivo numero degli "addetti" per magistrato, costo degli affitti delle sedi ovvero di forniture: nulla che abbia minimamente a che vedere con la produttività dei giudici o possa spiegare l'accumulo dell'arretrato. Ma, poi, essenzialmente, trattasi della materia organizzativa devoluta, per Costituzione (art.110 Cost.) al "Ministro della giustizia" e dunque completamente estranea a decisioni in cui siano coinvolte le funzioni esercitate dai magistrati (che infatti trovano l'organizzazione così com'è e sono travolti dai fascicoli appena entrano in servizio, subendo per l'intera carriera lo stato delle cose).
Da un articolo che coglie questa distinzione (e non ha "dovuto" perciò sparare un attacco alla magistratura basato sulle...competenze ministeriali), ad es.; traiamo questi eloquenti dati con grafici:
Da un articolo che coglie questa distinzione (e non ha "dovuto" perciò sparare un attacco alla magistratura basato sulle...competenze ministeriali), ad es.; traiamo questi eloquenti dati con grafici:
Commento: la tabella (3) compilata
dalla Commissione europea e che mette in risalto gli affari civili
sopravvenuti, insomma la richiesta di giustizia, davanti ai tribunali di
primo grado per centomila abitanti nel 2006. In questo modo si vede
chiaramente che i giudici italiani devono dare risposta ad una domanda
di giustizia civile pari a 4.809 procedimenti per 100.000 abitanti. Si
tratta del terzo carico, per dimensioni, a livello europeo. La quantità
di richieste è superiore solo in Olanda (5.819) e in Russia (5.023), ma è
largamente superiore a quella di Inghilterra e Galles (3.961) e quasi
doppia rispetto a quella di Portogallo (2.673), Francia (2.672) e
Germania (2.345).
Commento: Per chi ha impresso nella memoria certe immagini tratte dagli
archivi televisivi della mala-giustizia, certe cartoline dal paese delle
cancellerie ingombre e dei fascicoli abbandonati, pare incredibile,
eppure è vero. In Europa siamo i primi: primi per carico di lavoro e
primi per indice di definizione delle cause penali. I dati sono chiari e
tutti contenuti nella tabella (4) (sempre della Commissione UE).
I magistrati italiani nel 2006 hanno ricevuto, solo per le infrazioni
gravi, 1.230.085 nuovi procedimenti. È la domanda in assoluto più alta
rispetto a tutti i 46 paesi europei considerati. La Germania si ferma a
854.099, la Francia a 609.564, la Russia a 437.000, Inghilterra e Galles
a 392.288 e la Spagna a 240.000. Si tratta di un dato che ovviamente
non permette di dormire sonni tranquilli, soprattutto per chi è chiamato
a far rispettare le leggi e controllare l'ordine pubblico. Ma questa è
sicuramente un'altra storia.
La stessa tabella (4)
mette in evidenza anche la capacità di definizione annua dei
procedimenti penali e non è difficile vedere che i giudici italiani, nel
campionato europeo, guadagnano ancora una volta la medaglia d'oro con
un indice di definizione pari a 1.168.044. Arrivano solo all'argento i
tedeschi con 864.231 e sul terzo gradino del podio salgono i francesi
con 655.737. seguono Russia (437.000) e Spagna (388.317).
Sulla giustizia amministrativa, dati analoghi non sono allo stato studiati dal CEPEJ (che si occupa solo delle c.d. "giurisdizioni ordinarie", penale e civile), ma vi assicuro, per diretto confronto coi dati emergenti da paesi come la Francia e la Germania, anch'esse dotate di apposito giudice amministrativo "specializzato", che, in termini di primato della produttività italiana, rispetto anche al maggior contenzioso in entrata, siamo messi ancor meglio.
2) Dunque, al di là del "micugginismo" (come acutamente definisce Bagnai, l'autoinvestitura a definire obiettivamente la realtà in base ad impressioni e malintese esperienze personali), spesso alimentato dall'aver perso una causa, essendosi convinti di avere incontestabilmente ragione (cioè essendosi data ragione a priori da sè), I GIUDICI ITALIANI SONO I MENO FANNULLONI D'EUROPA. E GLI TOCCA PURE IL CONTENZIOSO PIU' PESANTE TRA I GRANDI PAESI OMOGENEAMENTE COMPARABILI.
3) All'ambasciatore USA si potrebbe dunque dire che dovrebbe interrogarsi con più "attendibilità" e competenza sulle cause della "incertezza per gli investitori" (instabilità politica? Not at all, thank you very much: è difficile trovare un paese più stabile nell'attuazione dell'unico indirizzo politico-economico rimasto possibile, cioè quello €uropeo espropriatore della sovranità, deflazionista e distruttore della domanda interna). Senza poi, quindi, poter ragionevolmente ricorrere alla vulgata per cui la legalità non sarebbe in Italia rispettata e dilagherebbe, (indovinate un po'), "la corruzzzzzione!".
Intanto la complicazione normativa, e quindi la possibilità di violazione di legge, in Italia sussiste, nella sua parte preponderante, perchè abbiamo...il "lo vuole l'Europa" e siamo tra i più solerti ed anche "corretti" (rispetto ai principi UE di concorrenzialità, apertura dei mercati e non discriminazione) nel recepire le direttive UE: intendiamo quelle veramente importanti, tipo quella sugli appalti.
Ovviamente del fatto che la schiacciante maggioranza della "nuova" normativa introdotta in Italia deriva dalla sovrapposizione additiva della neo-disciplina vincolante europea, tra l'altro spesso a ottime leggi attuative "de" o armoniche "con" la Costituzione (quali erano ad es; la legge bancaria del 1936 o la disciplina del 1962 di pubblicizzazione dell'energia elettrica, in attuazione del "dimenticato" art.43 Cost.), non si tiene mai conto.
Il tema della proliferazione normativa derivante dall'innesto del sistema liberoscambista UE, su un corpo di leggi in passato tecnicamente ben fatte e comunque attuative, pur con molte titubanze (come era evidenziato dai costituzionalisti ante-vincolismo europeo), del programma costituzionale, non sfiora nemmeno la mente dei detrattori, autorazzisti o direttamente (estero)razzisti, del sistema "Italia" e meriterebbe una lunga trattazione a parte.
Qualcosa lo potete trovare qui, sul piano della ristrutturazione euro-guidata delle "semplificazioni", privatizzazioni, liberalizzazioni varie che hanno radice nel bel disegno di scambio tra "rendite di posizione finanziaria e rendite politiche" di cui parla Massimo Florio.
E d'altra parte, il particolarissimo legame tra corruzione in "curiosa" diminuzione e liberalizzazione-privatizzazione dell'interesse pubblico è trattato nella "teoria generale della corruzione".Con esiti che, certo, non possono molto far onore alla situazione inflitta ai cittadini dei paesi liberisti e ordoliberisti: in sostanza direttamente governati da affaristi spietati che si appropriano per via "legale", controllando media e politica istituzionale, di risorse e interessi generali...
4) Torniamo al problema della giustizia ed ai suoi tempi certamente "eccessivi": la genesi sta nella proliferazione del contenzioso espresso nel TASSO DI LITIGIOSITA', che, a sua volta, rinvia al fenomeno sociale, cioè ben precedente quello processuale-giudiziale, DELLA "GIURIDIFICAZIONE", e quindi giurisdizionalizzazione (quella che si vuole ora de-strutturare), di rapporti sociali che, in precedenza, non si verificavano in modo di vedere tecnicamente riconosciuta la legittimazione diffusa, "di massa", a fondare pretese e controversie davanti ai giudici.
Per parlare chiaro, senza diritti politici, sindacali, sociali, nel senso di salariali e dei lavoratori in genere, - che poi portano alla formazione di uno stock di risparmio diffuso in precedenza inconcepibile-, gli "zotici", indegni di essere titolari di diritti secondo il liberismo e la sua espressa teoria generale giuridica hayekiana (v. par.5), non si sarebbero mai affacciati alle aule di tribunale.
Meno che mai avendo qualche possibilità di veder accolte le proprie ragioni, in precedenza non ricollegabili alla pratica chance di divenire titolari di qualche diritto a rilevanza patrimoniale.
Meno che mai avendo qualche possibilità di veder accolte le proprie ragioni, in precedenza non ricollegabili alla pratica chance di divenire titolari di qualche diritto a rilevanza patrimoniale.
Il che ha direttamente a che vedere con la famosa REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA AGGIUNTIVA (notare bene, perchè la vera redistribuzione quella del reddito che cresce, non l'estensione dell'ipoverimento predicata dai deflazionisti di oggi) CREATA DALLE POLITICHE ESPANSIVE dell'economia del post seconda guerra mondiale.
Fonte: goofynomics
5) Si dirà: ma questo fenomeno è in larga parte comune a tutti i paesi sotto l'influenza (passata) del paradigma keynesiano (e del rapporto Beveridge).
Vero, ma dobbiamo tenere conto di un altro fondamentale aspetto: la struttura dell'offerta italiana, intesa come tradizionale incidenza della quota percentuale delle PMI; a loro volta definite in imprese artigianali e piccole imprese industriali vere e proprie, ovvero, secondo la classificazione europea, in microimprese, piccole e medie imprese.
Diciamo subito che questa è una ricchezza italiana, determinata sia da una tradizione, cioè dalla varietà del know-how e dell'expertise accumulata in passato dalle varie maestranze italiane, sia dalla attitudine privilegiata alla creatività produttiva delle stesse.
Che ciò abbia portato ad un presunta debolezza italiana nella Ricerca e Sviluppo, nel corso del tempo, cioè anche e specialmente durante l'epoca felice (anche se ora rinnegata dalla falsificazione della grancassa mediatica ordoliberista) anteriore al vincolo monetario, - SME e, ancor più, euro-, è smentito da ovvii dati che mi limito a richiamare sommariamente (e che rendono conto della persistente capacità italiana di realizzare un'alta percentuale "comparata" di export sul PIL).
Tale è l'accumulo di conoscenze avanzate e di innovazione che si è innescato a partire dal "miracolo italiano", che ancor oggi siamo ad un livello che altri paesi additati come esempio (Spagna, Irlanda e Polonia su tutti, ma non trascurerei la Francia) possono ancora invidiarci.
Non si ancora per quanto, dato l'impressionante calo degli investimenti, determinato dalle politiche di punizione della domanda interna partito dai criteri di convergenza di Maastricht e dalla precarizzazione del lavoro, e quindi accelerato, in piena shock economy, con Tremonti prima che col capolavoro di Monti, e che tutt'ora è selvaggiamente perseguito dai governi italiani (che disconoscono gli squilibri delle partite correnti, provocati dal fatto di legarci alla moneta unica a trazione germanica, come genesi di tale esigenza di correzione).
(da Scenari economici).
E nonostante ciò, questa è (ancora) la "dimensione" tecnologica effettiva delle PMI:
Tale è l'accumulo di conoscenze avanzate e di innovazione che si è innescato a partire dal "miracolo italiano", che ancor oggi siamo ad un livello che altri paesi additati come esempio (Spagna, Irlanda e Polonia su tutti, ma non trascurerei la Francia) possono ancora invidiarci.
Non si ancora per quanto, dato l'impressionante calo degli investimenti, determinato dalle politiche di punizione della domanda interna partito dai criteri di convergenza di Maastricht e dalla precarizzazione del lavoro, e quindi accelerato, in piena shock economy, con Tremonti prima che col capolavoro di Monti, e che tutt'ora è selvaggiamente perseguito dai governi italiani (che disconoscono gli squilibri delle partite correnti, provocati dal fatto di legarci alla moneta unica a trazione germanica, come genesi di tale esigenza di correzione).
(da Scenari economici).
E nonostante ciò, questa è (ancora) la "dimensione" tecnologica effettiva delle PMI:
6) Al riguardo rinvio, ex multis, a questo studio (rammentando che lavori knowledge intensive, e i relativi investimenti, non sono certo agevolati da un mercato del lavoro precarizzato e, perciò, naturalmente riorientato al labor intensive, a bassa retribuzione e qualificazione, che innesca un calo della domanda interna-output-gap) o a quest'altro.
"1. In primis, le PMI, lungi dal rappresentare un modello di business sorpassato, restano la spina dorsale dell’economia europea...
7. Prendiamo atto, sul piano dei fatti, che le PMI, micro, piccole e medie imprese, sono un punto di forza in Italia e non certo una realtà da sabotare fino a farla scomparire.
Sul piano processuale, però, ciò comporta una moltiplicazione dei soggetti, (i vari tipi di questa composita classe di imprenditori), che sono titolari di posizioni giuridiche suscettibili di dar luogo a contenzioso giurisdizionale (parliamo di quello fisiologico dell'attività di impresa, cioè quello civile e amministrativo).
Sul piano processuale, però, ciò comporta una moltiplicazione dei soggetti, (i vari tipi di questa composita classe di imprenditori), che sono titolari di posizioni giuridiche suscettibili di dar luogo a contenzioso giurisdizionale (parliamo di quello fisiologico dell'attività di impresa, cioè quello civile e amministrativo).
In aggiunta, poi dobbiamo metterci altri due fenomeni:
a) la diffusione del risparmio legittimato dal lavoro, come obbligo da perseguire a carico delle politiche degli organi di indirizzo dell'economia (artt.1, 4, 36 e riassuntivamente, 47 Cost., specie il secondo comma con la sua inequivocabile formulazione) e della democrazia del lavoro agricolo in generale nascente dalle riforme agrarie del dopoguerra.
Da ciò un peculiare - almeno rispetto al Nord UEM- ma fondamentale accumulo di ricchezza immobiliare altrettanto diffuso - e, fino a ieri, valorizzato-, nel senso della diffusione della proprietà immobiliare come fenomeno strutturale italiano (condiviso, non a caso, da paesi come la Grecia e la Spagna, colpite in modo fondamentale, dai creditori dell'area euro. proprio nella "garanzia" costituita da tale forma di accumulo del risparmio);
Da ciò un peculiare - almeno rispetto al Nord UEM- ma fondamentale accumulo di ricchezza immobiliare altrettanto diffuso - e, fino a ieri, valorizzato-, nel senso della diffusione della proprietà immobiliare come fenomeno strutturale italiano (condiviso, non a caso, da paesi come la Grecia e la Spagna, colpite in modo fondamentale, dai creditori dell'area euro. proprio nella "garanzia" costituita da tale forma di accumulo del risparmio);
b) in connessione a ciò, il "principio lavoristico" alla base della stessa nostra Costituzione, che non solo conduce(va) alla tutela della piena occupazione in senso keynesian-kaldoriano - sulla traccia del già citato rapporto Beveridge, espressamente citato nei lavori della Costituente-, ma anche all'attuazione come "effettivo" di un genere di diritti sociali che sono definiti come retribuzione indiretta (assistenza sanitaria, infortunistica e delle fasce disagiate di ogni tipo), e come retribuzione "differita", intesa principalmente come sistema pensionistico volto a dare proporzionata dignità ("esistenza libera e dignitosa") anche a chi, per età, non si trovasse più nella condizione di lavoratore attivo.
8. La titolarità dell'impresa artigianale, micro, piccola e media, nonchè della posizione costituzionalmente protetta di lavoratore-risparmiatore, hanno dunque dato luogo alle connesse figure di micro/medio-proprietario di abitazione, di terreni agricoli e di creditore sia di crediti commerciali sia di crediti per prestazioni verso lo Stato.
Queste posizioni di "diritto" si intrecciano in tutti questi "titoli di legittimazione": essi, nel loro complesso, delineano una società che si era evoluta non solo verso una tendenziale equa distribuzione del reddito e della ricchezza, almeno in comparazione con altre realtà nazionali europee, ma in sostanza anche in direzione di una versione (o sub-versione) del conflitto di classe, che ha visto contrapporsi ai c.d. salariati una classe imprenditoriale sociologicamente più numerosa.
Il fenomeno strutturale, quindi, è quello del numero più che consistente di soggetti autonomi potenzialmente parti "naturali" del processo, che traspongono in sede giurisdizionale tale "versione" italiana del conflitto e, comunque, come vedremo, delle vicende legate alla diffusione del potere di direzione e gestione di impresa.
Queste posizioni di "diritto" si intrecciano in tutti questi "titoli di legittimazione": essi, nel loro complesso, delineano una società che si era evoluta non solo verso una tendenziale equa distribuzione del reddito e della ricchezza, almeno in comparazione con altre realtà nazionali europee, ma in sostanza anche in direzione di una versione (o sub-versione) del conflitto di classe, che ha visto contrapporsi ai c.d. salariati una classe imprenditoriale sociologicamente più numerosa.
Il fenomeno strutturale, quindi, è quello del numero più che consistente di soggetti autonomi potenzialmente parti "naturali" del processo, che traspongono in sede giurisdizionale tale "versione" italiana del conflitto e, comunque, come vedremo, delle vicende legate alla diffusione del potere di direzione e gestione di impresa.
Alla stessa maniera, infatti, il maggior numero di imprese determina anche una più frequente conflittualità tra le stesse imprese: per motivi di credito da fornitura (od altra prestazione), come per concorrenza sleale, tipo storno di dipendenti, o, in generale, per inadempienze contrattuali di vario genere, proporzionali a tale maggior numero di relazioni contrattuali che si vanno necessariamente instaurando tra un maggior numero di soggetti negozialmente autonomi e quindi dotati di una certa reciproca forza contrattuale.
Si tratta, cioè, con maggior frequenza che in altri paesi, di rapporti economico-giuridici non meramente "seriali" come nei rapporti tra imprese, essenzialmente oligopolistiche, e "consumatori", passivamente assoggettati al potere di impresa unilaterale ed alla conseguente orchestrata difficoltà di ottenere tutela giurisdizionale. E, in quanto tali, più restii a ricorrere alla tutela giurisdizionale.
9. A ciò si aggiungono le controversie che si addensano intorno alla altrettanto diffusa proprietà immobiliare, inclusa la sua fase "industriale: contratti di appalto, rilascio o diniego di permessi edilizi, contestazioni di piani regolatori, di dicisplina civlistica sui confini.
Questo genere di controversie è poi ulteriormente incrementato da un fattore strutturale ineliminabile: la scarsità del territorio utilmente edificabile, nel contesto della inevitabile urbanizzazione connessa allo sviluppo industriale, dovuta alla stessa conformazione geografica del paese ed al suo modello accentrato di sviluppo manifatturiero, specialmente nella fase di suo tumultuoso sviluppo (tra gli anni '50 e gli anni '70 del secolo scorso).
E poi a tale complessiva realtà, si accompagna il naturale proliferare di controversie ereditarie, anche se relative ad "assi" non particolarmente cospicui, ma nondimeno contraddistinti da situazioni (coesistenza di più eredi, lesione delle "riserve", spese in negotiorum gestio etc.) della stessa complessità normativa di quelle relative alle eredità dei più abbienti: scarsità territoriale e congestione urbanistico-edilizia tipica del paese si riflettono anche nella frequenza e tipologia di tali controversie.
Si tratta, cioè, con maggior frequenza che in altri paesi, di rapporti economico-giuridici non meramente "seriali" come nei rapporti tra imprese, essenzialmente oligopolistiche, e "consumatori", passivamente assoggettati al potere di impresa unilaterale ed alla conseguente orchestrata difficoltà di ottenere tutela giurisdizionale. E, in quanto tali, più restii a ricorrere alla tutela giurisdizionale.
9. A ciò si aggiungono le controversie che si addensano intorno alla altrettanto diffusa proprietà immobiliare, inclusa la sua fase "industriale: contratti di appalto, rilascio o diniego di permessi edilizi, contestazioni di piani regolatori, di dicisplina civlistica sui confini.
Questo genere di controversie è poi ulteriormente incrementato da un fattore strutturale ineliminabile: la scarsità del territorio utilmente edificabile, nel contesto della inevitabile urbanizzazione connessa allo sviluppo industriale, dovuta alla stessa conformazione geografica del paese ed al suo modello accentrato di sviluppo manifatturiero, specialmente nella fase di suo tumultuoso sviluppo (tra gli anni '50 e gli anni '70 del secolo scorso).
E poi a tale complessiva realtà, si accompagna il naturale proliferare di controversie ereditarie, anche se relative ad "assi" non particolarmente cospicui, ma nondimeno contraddistinti da situazioni (coesistenza di più eredi, lesione delle "riserve", spese in negotiorum gestio etc.) della stessa complessità normativa di quelle relative alle eredità dei più abbienti: scarsità territoriale e congestione urbanistico-edilizia tipica del paese si riflettono anche nella frequenza e tipologia di tali controversie.
Il tutto si intreccia ulteriormente, com'è intuibile, alla frequenza della forma societaria relativa a questo alto numero di PMI, che conduce alla espansione delle controversie di diritto societario anche in chiave, appunto, di successione, nonchè di cessione delle quote (spesso per motivi tributari ed ereditari), di fusione ed incorporazione, e perviene a più frequenti contestazioni dei bilanci e di pratiche elusive (tributarie o conservative del controllo in danno delle quote ereditarie) connesse allo stesso diritto ereditario.
10. A tutto questo si può ancora aggiungere una quantità di controversie semi-pubbliche connesse alla maggior facilità del "sommerso", allorchè entrino in gioco società esercenti piccole imprese, con intestazioni fiduciarie o assunzioni lavorative fittizie, legate alla struttura familiare delle micro e piccole imprese ed alla loro flessibilità gestionale "necessitata" ("sommerso" che, nella sua varietà, quando connesso alla struttura familiare dell'attività di impresa, in tempi di stagnazione-recessione consente, in verità, di produrre una certa quantità di redditi, sostenendo occupazione e la stessa domanda in funzione anticiclica: redditi di impresa, e da lavoro, che sarebbero diversamente altrimenti azzerati, con relativi immediati fallimenti e disoccupazione, in quanto astretti da costi finanziari, previdenziali e tributari, altrimenti insostenibili).
Ma questa fenomenologia non è scevra dal causare un incremento conseguenziale del contenzioso: così, questioni contributive e in genere previdenziali, assicurativo-infortunistiche, ovvero relative a tormentati rapporti con le banche e, appunto, con la stessa contribuzione pubblica alle imprese (revoche di contributi per inadempienze, per lo più "congiunturali", alle condizionalità di concessione dei benefici).
Ma questa fenomenologia non è scevra dal causare un incremento conseguenziale del contenzioso: così, questioni contributive e in genere previdenziali, assicurativo-infortunistiche, ovvero relative a tormentati rapporti con le banche e, appunto, con la stessa contribuzione pubblica alle imprese (revoche di contributi per inadempienze, per lo più "congiunturali", alle condizionalità di concessione dei benefici).
La "alta quantità" di queste situazioni è obiettivamente meno suscettibile di avverarsi in altri paesi, dominati da minor diffusione della proprietà reale, da maggior concentrazione di controllo di imprese di maggiori dimensioni, maggiormente diffuse: paesi che infatti non vantano un tasso di litigiosità come quello italiano.
Questo perchè, appunto, esiste una FISIOLOGICA CORRELAZIONE, da un lato, TRA AMPIA DIFFUSIONE DELLA TITOLARITA' DI DIRITTI PROPRIETARI, per numero assoluto e per varietà tipologica (inclusi cioè quelli di impresa ) nonchè dei DIRITTI DI PRESTAZIONE (legati all'attività economica ma anche connessi allo Stato democratico basato sul principio "lavorista"), ed EVENIENZE CHE CREANO OCCASIONE DI CONTROVERSIA GIURISDIZIONALE, dall'altro.
Ma come, il Presidente Renzi ha detto e ripetuto che il problema della giustizia sono le ferie troppo lunghe dei magistrati, raccogliendo ovviamente l'entusiastico consenso dei livorosi odiatori dello Stato e di chiunque lavori nell'ambito pubblico ...
RispondiEliminaBattute a parte, questa analisi - come sempre eccellente - e le statistiche che la sorreggono, conferma come le semplificazioni sloganistiche del regime ordoliberista hanno ormai divorziato in modo definitivo dai dati e dalla realtà dei fatti. La profezia orwelliana si è compiuta, l'inversione del significato di termini (basti pensare alle mitiche "riforme") ha raggiunto il suo culmine, e la giustizia, come tutto il lavoro pubblico, è divenuta bersaglio di infiniti e ripetitivi strali, avulsi da qualunque analisi fattuale, ma volti solo a colpevolizzare giudici e cancellieri fannulloni. Va anche aggiunto, e se ne è già parlato altre volte su questo blog, il sempre attuale progetto di soppressione della giustizia amministrativa, individuato quale mero intralcio burocratico alle attività delle imprese (preferibilmente tedesche). E' stato Prodi a lanciare questa brillante idea, e credo che l'attuale gruppo dirigente PD lo voglia rilanciare quanto prima.
OT nuovo sondaggio sulle presidenziali francesi
RispondiEliminahttp://www.ifop.com/media/poll/2755-1-study_file.pdf
parliamo del secondo turno:
MPL vincerebbe contro Hollande col 54% ma perderebbe con Juppé fermandosi al 36% (avrebbe il 40-43% contro gli altri candidati testati)
MLP piglia, a seconda dello sfidante, il 67-75% del voto operaio,
ma è debole nella zona di Parigi (24-43%) e con i più istruiti (15-38% dei voti).
Il consenso tra gli elettori di sinistra è basso per il momento (10-28%).
Mi sa tanto che non è una buona notizia: questo potrebbe indurre i conservatori-tea party francesi anon fare larghe intese per far collassare Hollande subito e vincere l'Eliseo anticipatamente.
EliminaMa poi sarebbe la pietra tombale sul cambio di paradigma UEM nel breve e tutto sarebbe affidato solo ad una "rinascita della tragedia" continentale....
Vedremo quanto questa previsione reggerà alla congiuntura di autunno ed allo scontato fallimento delle politiche BCE
Probabile
Eliminail 20 Agosto Juppé (UMP) si è candidato per le prossime presidenziali...
post intitolato: 2017 , bientôt…
http://www.al1jup.com/
e nel frattempo Valls sta perdendo consensi
i laureati sono in media SEMPRE i meno consapevoli della situazione.
EliminaSEMPRE. in ogni paese UEM.
Ottimo e complesso post, che merita più di una lettura per una piena comprensione.
RispondiEliminaVoglio soffermarmi, in particolare, sul cosiddetto "rapporto" dell'ambasciatore americano, che par confermare, ahimè, i "timori" che avevo sull'effettivo ruolo di "liberatore" che avrebbero potuto svolgere gli Stati Uniti. La ribadita necessità delle cosiddette "riforme" ordoliberiste, infatti, conferma il fatto che oltreoceano si tende comunque ad una americanizzazione della società italiana, cui le politiche UE di fatto risultano perfettamente funzionali. Si tende, in sostanza, all'esportazione della "società di diseguali" illustrata da Bagnai in un suo recente post (vedi il coefficiente di Gini americano dal 1969 ad oggi), con l'unico limite all'eccessiva austerità voluta dalla Germania (che per adesso, però, si è rivelata uno strumento eccellente ai fini dello smantellamento, formale e sostanziale, della costituzione economica del '48).
Il vertice NATO di questa settimana ha salutato, in sostanza, la rinascita della guerra fredda. Ma se corriamo verso la società di diseguali di Von Hayek, temo che stavolta, dall'altra parte della cortina ci saremo noi. L'ordoliberismo Hayekkiano sta minando alle radici la cultura democratica occidentale (mi viene in mente il film "Quinto potere", e la sua profezia sul mondo come vasta "comunità finanziaria"). La politica estera appare schizofrenica (destabilizziamo intere regioni e poi gridiamo all'allarme...... ma dove è finita l'autocritica??? Il barbaro e disumano regime dell'ISIS è la causa o la conseguenza di certe politiche? Nessuno che ci illumini al riguardo...).
Mi domando veramente dove l'occidente stia andando. Forse, la "mancanza di risorse culturali" non riguarda solo l'Italia (che certamente è area depressa, al riguardo, rispetto all'europa ed agli USA).
Il barbaro e disumano regime dell'ISIS è la causa o la conseguenza di certe politiche?
EliminaLa domanda è ragionevole rispetto a tutto l'integralismo islamico. Perchè questa barbarie non era presente nella Storia passata?
Ovviamente si risponde che la violenza contro le altre "fedi" sarebbe un elemento immanente a quella cultura...Ma "stranamente" non caratterizzava, per dire, il Sultanato di Granada o, più tardi, lo stesso Impero ottomano (presso cui si rifugiarono gli ebrei sefarditi in fuga dai cristianissimi regni di Portogallo e Spagna). Non più, certamente, delle intolleranze medievali e delle guerre religiose europee (contro ebrei e tra cristiani).
Ma senza impegolarsi in complesse ricostruzioni storiche, il problema è la studiata mistificazione mediatica del tecnoliberismo pop, che riduce gli ex popoli sovrani, democraticamente organizzati, a masse programmaticamente deprivate delle risorse culturali (deprivazione in cui dobbiamo includere i politici, meri margravi, solo formalmente decidenti, per conto dell'oligarchia finanziaria)
La rinascita della guerra fredda era annunciata da un po'. Ecco qui su Repubblica del 14 dicembre 2013 un pezzo di Andrea Tarquini che si apre con le fatidiche parole "Il mondo libero teme".
EliminaFresche emozioni: ho i calzoni corti ma sono già "grande" e mi hanno abbonato a "Selezione". Non so l'età di Tarquini ma dubito che certa fraseologia scaturisca con la spontaneità dei ricordi d'infanzia, dunque è preparata a freddo.
Sui motivi mi astengo; Obama di questi tempi mi sembra il bicchiere sulla tavola di certe sedute spiritiche (tavola wicca?). Si muove qua e là ma non posso vedere quali forze lo spingano; di certo non è un momento di concordia neanche in USA.
Alla lunga, non vedo proprio come si possa realizzare lo "stato minimo" e restare una superpotenza (anzi, "la" superpotenza del "Secolo Americano" - solo ieri lo vendevano per certo).
Però, certo, alla lunga: e nel frattempo...
Gentile Luciano, un grazie non sarà mai abbastanza per il suo impegno e la sua dedizione.
RispondiEliminaColgo l'occasione per chiederle se è a conoscenza di testi che trattano il tema della privatizzazione della giustizia? Sto cercando di sviluppare la tesi per la mia laurea in Giurisprudenza su questo argomento. Il professore mi ha assegnato il testo di M.R.Ferrarese "Le istituzioni della Globalizzazione", ricco di spunti ma non perfettamente centrato. Le sarei grato se saprebbe consigliarmi qualche titolo. Purtroppo la mia ricerca bibliografica non ha portato risultati. Grazie in anticipo, Andrea.
La strategia più efficace è quella della internazionalizzazione: cioè della creazione di organizzazioni liberoscambiste sovranazionali, prevalenti sugli Stati(scopo principale di tali trattati), che, nell'ambito del "diritto internazionale privatizzato" (di cui parla Lordon), affidino le controversie più importanti al sistema degli "arbitri" privati, previsti da tale tipologia di trattati come contenzioso inappellabile e che bypassa le Costituzioni democratiche (se non saranno tutte riformate e sterilizzate).
EliminaAl di fuori di tale cornice, è considerato politicamente meno spendibile privatizzare la giustizia: formulazioni varie su questa prospettiva, in termini generali di organizzazione dello Stato, le forniscono i soliti Hayek (sul punto statalista "residuale") e Rothbard e i vari seguaci dell'anarcocapitalismo (il c.d. Stato-superminimo, o anche "guardiano notturno"). Da questi spunti si può formare una bibliografia.