1. Avrei voluto proporvi questo post "senza parole", cioè come mera riproduzione del testo delle norme della Costituzione e degli interventi dei componenti delle competenti sottocommissioni nell'Assemblea Costituente in sede di relativa discussione; e questo, - per motivi di sintesi e di miglior comprensione-, seguendo un criterio selettivo di tali interventi in modo da riportare quelli che, in modo più rilevante e significativo, illustrano i motivi ispiratori e le finalità (la c.d. ratio), poi racchiusi nelle formulazioni finali delle norme.
Non ho proceduto in questo modo, - cioè evitando di apportare commenti illustrativi-, perchè lo stesso criterio selettivo seguito (che è costato, a sua volta, una lunga preliminare disamina...a vostro giovamento), esige un raccordo di prospettiva, sia storica che economica, con un indispensabile contrappunto rispetto a ciò che viene detto ai giorni nostri nel dibattito economico-politico. Com'è facile intuire (per i più accorti lettori), ciò si riferisce in specie alle "nuove modalità" del mercato del lavoro, imposte come indispensabili dalla moneta unica e dalla "globalizzazione".
Cioè ad opera delle due colossali "mistificazioni" inoculate mediaticamente nella sprovveduta massa ormai privata di ogni rappresentanza politica.
2. In questa ottica "introduttiva", vi riporto il testo degli articoli della Costituzione di cui enfatizziamo i lavori preparatori.
Sono l'art.4, cioè il c.d. "diritto al lavoro", e gli artt. 35 e 38, rispettivamente dedicati alla "tutela del lavoro" nonchè all'assistenza pubblica erogata dallo Stato, in prima battuta, ai lavoratori come cittadini dotati della legittimazione "essenziale" (se non immancabile) di partecipazione allo Stato-comunità, e quindi ad ogni persona "inabile e minorata", come recita la Costituzione, ben lungi dal doversi giustificare di un linguaggio rigoroso e diretto, a fronte della opacità e sottostante ipocrisia di cui è innervato il "politically correct" (che, infatti, è, come le stesse esigenze del mercato del lavoro imposte dall'euro e dalla globalizzazione, un corpo estraneo e invasivo rispetto al tessuto vitale della Costituzione):
Art.4 "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini
il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della società."
Art.35 "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione
professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le
organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del
lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione,
salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il
lavoro italiano all'estero."
Art.38 "Ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e
all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano
preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di
infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno
diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo
provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è
libera."
(Moro, Dossetti, La Pira, alla Costituente)
3. Prima di arrivare al testo degli interventi significativi dei "Costituenti", una serie di avvertenze:
a) ho fatto precedere la sintesi saliente della discussione sugli artt.35 e 38 a quella relativa all'art.4: il motivo principale di ciò è che questi due articoli delimitano l'area di legalità costituzionale, - cioè pongono dei confini e, più ancora, il contenuto di obblighi-, per ciò che costituisce la prima forma di attuazione del diritto del lavoro e che, quindi già in sè si colloca a valle di esso: la tutela del lavoro anche nella proiezione dell'assistenza alla disoccupazione involontaria.
Emerge quindi con chiarezza, da tali norme, e dalla stessa discussione sui relativi articolati, come esse siano già uno "sviluppo" attuativo" di ciò che - cronologicamente in parallelo, come vedrete dalle date delle diverse sottocommissioni impegnate nei rispettivi articolati- venne elaborato all'art.4 come loro presupposto necessario: il "diritto al lavoro";
b) va notato, in significativa connessione a ciò, che nel testo finale dell'art.38, fu abbandonato il termine disoccupazione "incolpevole" ("...senza sua colpa"), inizialmente proposto da Aldo Moro; ciò proprio per evitare di dover attribuire una rilevanza giuridica all'eventuale addebito di colpa contrattuale ("giustificato motivo", nei termini delle successiva legislazione sul lavoro), a carico del lavoratore. Questo ci rammenta che in "Costituente" prevalse, nella sostanza, qualcosa di molto vicino a quanto enunciò a suo tempo Kalecky: cioè il concetto che il pieno impiego si ha quando il licenziamento cessa di essere considerato un provvedimento disciplinare;
c) il senso di ciò, niente affatto casuale, emerge dall'insieme sistematicamente considerato delle discussioni sui tre articoli riportati: la "SPECIALE PROTEZIONE" accordata dalla volontà dei Costituenti al "fattore della produzione" "lavoro", - "protezione" intesa come azione politica PRIORITARIA E DOVEROSA PER LO STATO NELLA SUA DIMENSIONE POLITICA E, QUINDI, LEGISLATIVA. Ciò emerge specialmente negli interventi di chi, avendo una profonda comprensione dell'equilibrio macroeconomico - come ad es; come Fanfani, Laconi e, con altri accenti, Ghidini- ha chiara la conseguenza normativa, oggi possiamo dire di LEGALITA' SUPREMA, di ciò che nel complesso si stava ponendo in atto. E il tutto culmina nel celebre intervento di Lelio Basso che trovate nel primo capitolo di "Euro e/(o) democrazia costituzionale";
d) vale a dire, l'affermazione del diritto al lavoro come obbligo per lo Stato di perseguire politiche di pieno impiego, collegando questo stesso obbligo, con immediatezza e senza equivoci, agli strumenti di politica economico-industriale dettati nella c.d. Costituzione economica.
e) quando quindi, nell'oggi, ci immergiamo nella assolutamente doverosa considerazione della possibile attuazione legislativa dell'art.38 Cost, - se non altro come fondamento di legislazione denominata "flexicurity" o, in un suo frammento suggestivo e non meditatamente proposto, "reddito di cittadinanza"-, non possiamo, e NON DOBBIAMO, dimenticare la "pregiudiziale" a questi aspetti, sancita dalla volontà, normativa e vincolante, dei Costituenti: cioè che la precondizione in assenza della cui realizzazione effettiva non si può affrontare il problema "attuativo" di livello "assistenziale" (in senso lato), è il perseguimento del pieno impiego attraverso l'utilizzazione degli strumenti di politica economico-industriale previsti nella Costituzione economica;
f) questo obbligo pregiudiziale prefigura, nella stessa intenzione inequivocabile dei Costituenti, la realizzazione di un integrale modello economico. Quella che, al tempo (nelle parole chiarissime di Laconi, v.infra, Seconda Parte), viene definita una "nuova economia".
g) Ma quest'ultima, "nuova" rimane ancora oggi, se la si contrappone a quella che si riteneva, - anche qui con esplicita e implacabile esortazione fatta propria dalla maggioranza dell'Assemblea, che appoggiò le esplicitazioni in tal senso di Fanfani o Ruini-, la vecchia e superata economia dei "neo-liberisti".
E noi dalle parole dei Costituenti che affermarono coraggiosamente nelle norme il loro "credo" di giustizia sociale abbiamo l'evidente conferma di questo superamento.
h) Da plurimi interventi dell'on.Moro, cui aderì anche Lelio Basso, vediamo anche come, una volta intrapresa l'attuazione del diritto al lavoro mediante l'azione di sua "tutela" da parte dello Stato, cioè mediante la sua legislazione di protezione e "assicurazione" pubblica, l'altro inscindibile versante della tutela sia affidato, dalla stessa Costituzione, all'autonomia sindacale.
Ora, questo ci conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che il diritto del lavoro come "politiche statali obbligatorie di pieno impiego", non può trovare attuazione in forme di tutela (della condizione del lavoratore-disoccupato in stato di bisogno) che siano conseguenziali a politiche legislative obiettivamente e strutturalmente contrarie al perseguimento del pieno impiego: cioè in forme di regolazione (statale) del mercato del lavoro che implichino con evidenza la forte limitazione della tutela sindacale che, sancita dalla struttura legislativamente imposta al mercato del lavoro. Cioè, a monte della tutela del lavoro costituzionalmente lecita non può mai esservi una struttura del mercato del lavoro rinunciataria della "speciale protezione" del lavoro stesso che ne neghi l'effettività del "diritto".
La prima rinuncia oggettivamente incostituzionale è quella alla stabilità e reintegrabilità di un contratto lavoro totalmente flessibilizzato, riducendo il lavoro alla stregua di un qualunque oggetto di contratto di scambio: questo elemento, depotenzia il contraente-lavoratore addirittura rispetto alla normale "parte" degli ordinari contratti di scambio,portando non alla "speciale protezione" del lavoro, ma al suo opposto: la discriminazione peggiorativa della posizione negoziale del lavoro!
4. Un'ultima considerazione di ordine "strutturale": pur operando una selezione (la cui bontà-opportunità ciascuno potrà verificare andando ai verbali di volta in volta linkati), la mole del lavoro è tale che una pubblicazione unitaria e un commento introduttivo che abbracciase l'intera gamma dei concetti emergenti dall'Assemblea nella loro pienezza di attualità, avrebbero comunque dato luogo a un post troppo lungo.
Perciò, oggi, diamo pubblicazione solo ad una Prima Parte, dedicata agli artt.35 e 38 Cost.
La preghiera e l'esortazione sono ovviamente nel senso di rileggere l'intera trattazione una volta che sia stata pubblica anche la Seconda Parte. Quest'ultima, potrà sviluppare un commento esplicativo anche di ampia portata (si vedrà la straordinaria attualità del problema dei c.d. "partiti di massa"), ma sempre da intendere nella sua unità sistematica con quello svolto in questa Prima Parte.
Ed ecco perciò la "selezione" degli interventi significativi in sede di prima Sottocommissione, nella vasta discussione che, in varie e complesse votazioni, portò alla formulazione degli artt.35 e 38 Cost. (ho aggiunto enfasi in neretto e in rosso per un miglior raccordo con quanto detto nella parte introduttiva che precede):
(Moro, Dossetti, La Pira, alla Costituente)
3. Prima di arrivare al testo degli interventi significativi dei "Costituenti", una serie di avvertenze:
a) ho fatto precedere la sintesi saliente della discussione sugli artt.35 e 38 a quella relativa all'art.4: il motivo principale di ciò è che questi due articoli delimitano l'area di legalità costituzionale, - cioè pongono dei confini e, più ancora, il contenuto di obblighi-, per ciò che costituisce la prima forma di attuazione del diritto del lavoro e che, quindi già in sè si colloca a valle di esso: la tutela del lavoro anche nella proiezione dell'assistenza alla disoccupazione involontaria.
Emerge quindi con chiarezza, da tali norme, e dalla stessa discussione sui relativi articolati, come esse siano già uno "sviluppo" attuativo" di ciò che - cronologicamente in parallelo, come vedrete dalle date delle diverse sottocommissioni impegnate nei rispettivi articolati- venne elaborato all'art.4 come loro presupposto necessario: il "diritto al lavoro";
b) va notato, in significativa connessione a ciò, che nel testo finale dell'art.38, fu abbandonato il termine disoccupazione "incolpevole" ("...senza sua colpa"), inizialmente proposto da Aldo Moro; ciò proprio per evitare di dover attribuire una rilevanza giuridica all'eventuale addebito di colpa contrattuale ("giustificato motivo", nei termini delle successiva legislazione sul lavoro), a carico del lavoratore. Questo ci rammenta che in "Costituente" prevalse, nella sostanza, qualcosa di molto vicino a quanto enunciò a suo tempo Kalecky: cioè il concetto che il pieno impiego si ha quando il licenziamento cessa di essere considerato un provvedimento disciplinare;
c) il senso di ciò, niente affatto casuale, emerge dall'insieme sistematicamente considerato delle discussioni sui tre articoli riportati: la "SPECIALE PROTEZIONE" accordata dalla volontà dei Costituenti al "fattore della produzione" "lavoro", - "protezione" intesa come azione politica PRIORITARIA E DOVEROSA PER LO STATO NELLA SUA DIMENSIONE POLITICA E, QUINDI, LEGISLATIVA. Ciò emerge specialmente negli interventi di chi, avendo una profonda comprensione dell'equilibrio macroeconomico - come ad es; come Fanfani, Laconi e, con altri accenti, Ghidini- ha chiara la conseguenza normativa, oggi possiamo dire di LEGALITA' SUPREMA, di ciò che nel complesso si stava ponendo in atto. E il tutto culmina nel celebre intervento di Lelio Basso che trovate nel primo capitolo di "Euro e/(o) democrazia costituzionale";
d) vale a dire, l'affermazione del diritto al lavoro come obbligo per lo Stato di perseguire politiche di pieno impiego, collegando questo stesso obbligo, con immediatezza e senza equivoci, agli strumenti di politica economico-industriale dettati nella c.d. Costituzione economica.
e) quando quindi, nell'oggi, ci immergiamo nella assolutamente doverosa considerazione della possibile attuazione legislativa dell'art.38 Cost, - se non altro come fondamento di legislazione denominata "flexicurity" o, in un suo frammento suggestivo e non meditatamente proposto, "reddito di cittadinanza"-, non possiamo, e NON DOBBIAMO, dimenticare la "pregiudiziale" a questi aspetti, sancita dalla volontà, normativa e vincolante, dei Costituenti: cioè che la precondizione in assenza della cui realizzazione effettiva non si può affrontare il problema "attuativo" di livello "assistenziale" (in senso lato), è il perseguimento del pieno impiego attraverso l'utilizzazione degli strumenti di politica economico-industriale previsti nella Costituzione economica;
f) questo obbligo pregiudiziale prefigura, nella stessa intenzione inequivocabile dei Costituenti, la realizzazione di un integrale modello economico. Quella che, al tempo (nelle parole chiarissime di Laconi, v.infra, Seconda Parte), viene definita una "nuova economia".
g) Ma quest'ultima, "nuova" rimane ancora oggi, se la si contrappone a quella che si riteneva, - anche qui con esplicita e implacabile esortazione fatta propria dalla maggioranza dell'Assemblea, che appoggiò le esplicitazioni in tal senso di Fanfani o Ruini-, la vecchia e superata economia dei "neo-liberisti".
E noi dalle parole dei Costituenti che affermarono coraggiosamente nelle norme il loro "credo" di giustizia sociale abbiamo l'evidente conferma di questo superamento.
h) Da plurimi interventi dell'on.Moro, cui aderì anche Lelio Basso, vediamo anche come, una volta intrapresa l'attuazione del diritto al lavoro mediante l'azione di sua "tutela" da parte dello Stato, cioè mediante la sua legislazione di protezione e "assicurazione" pubblica, l'altro inscindibile versante della tutela sia affidato, dalla stessa Costituzione, all'autonomia sindacale.
Ora, questo ci conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che il diritto del lavoro come "politiche statali obbligatorie di pieno impiego", non può trovare attuazione in forme di tutela (della condizione del lavoratore-disoccupato in stato di bisogno) che siano conseguenziali a politiche legislative obiettivamente e strutturalmente contrarie al perseguimento del pieno impiego: cioè in forme di regolazione (statale) del mercato del lavoro che implichino con evidenza la forte limitazione della tutela sindacale che, sancita dalla struttura legislativamente imposta al mercato del lavoro. Cioè, a monte della tutela del lavoro costituzionalmente lecita non può mai esservi una struttura del mercato del lavoro rinunciataria della "speciale protezione" del lavoro stesso che ne neghi l'effettività del "diritto".
La prima rinuncia oggettivamente incostituzionale è quella alla stabilità e reintegrabilità di un contratto lavoro totalmente flessibilizzato, riducendo il lavoro alla stregua di un qualunque oggetto di contratto di scambio: questo elemento, depotenzia il contraente-lavoratore addirittura rispetto alla normale "parte" degli ordinari contratti di scambio,portando non alla "speciale protezione" del lavoro, ma al suo opposto: la discriminazione peggiorativa della posizione negoziale del lavoro!
4. Un'ultima considerazione di ordine "strutturale": pur operando una selezione (la cui bontà-opportunità ciascuno potrà verificare andando ai verbali di volta in volta linkati), la mole del lavoro è tale che una pubblicazione unitaria e un commento introduttivo che abbracciase l'intera gamma dei concetti emergenti dall'Assemblea nella loro pienezza di attualità, avrebbero comunque dato luogo a un post troppo lungo.
Perciò, oggi, diamo pubblicazione solo ad una Prima Parte, dedicata agli artt.35 e 38 Cost.
La preghiera e l'esortazione sono ovviamente nel senso di rileggere l'intera trattazione una volta che sia stata pubblica anche la Seconda Parte. Quest'ultima, potrà sviluppare un commento esplicativo anche di ampia portata (si vedrà la straordinaria attualità del problema dei c.d. "partiti di massa"), ma sempre da intendere nella sua unità sistematica con quello svolto in questa Prima Parte.
Ed ecco perciò la "selezione" degli interventi significativi in sede di prima Sottocommissione, nella vasta discussione che, in varie e complesse votazioni, portò alla formulazione degli artt.35 e 38 Cost. (ho aggiunto enfasi in neretto e in rosso per un miglior raccordo con quanto detto nella parte introduttiva che precede):
Vengono qui riportate solo le parti
relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 38
per il testo completo della seduta.]
Il Presidente Tupini informa che l'onorevole Dossetti ha
presentato una proposta di articolo così formulata:
«In caso di malattia, di infortunio, di perdita della capacità lavorativa, di disoccupazione involontaria, il lavoratore ha diritto ad ottenere per sé e per la sua famiglia, ad opera di appositi istituti previdenziali, prestazioni almeno pari al minimo vitale e da aumentarsi in proporzione ai servizi da lui resi.
«In caso di malattia, di infortunio, di perdita della capacità lavorativa, di disoccupazione involontaria, il lavoratore ha diritto ad ottenere per sé e per la sua famiglia, ad opera di appositi istituti previdenziali, prestazioni almeno pari al minimo vitale e da aumentarsi in proporzione ai servizi da lui resi.
«L'assistenza nella misura necessaria alle esigenze
fondamentali della vita è garantita, ad opera di iniziative assistenziali, a
tutti coloro che a motivo dell'età, dello stato fisico o mentale o di
contingenze di carattere generale, si trovino nella impossibilità di provvedere
con il proprio lavoro a se stessi ed ai loro familiari.
«La legislazione sociale regola le assicurazioni
contro gli infortuni, le malattie, la disoccupazione, l'invalidità e la
vecchiaia; protegge in modo particolare il lavoro delle donne e dei minori;
stabilisce la durata della giornata lavorativa e il salario minimo individuale e
famigliare.
«È organizzata una speciale tutela del lavoro
italiano all'estero».
[...]
Moro propone la seguente formula più sintetica
delle altre, nell'intento di coordinare i vari punti di vista:
«Il cittadino il quale, per qualsiasi ragione e senza sua colpa, si trovi nell'impossibilità di ricavare i mezzi di vita dal suo lavoro, ha diritto di ricevere dalla collettività prestazioni sufficienti per assicurare l'esistenza di lui e della sua famiglia. Tali prestazioni debbono essere aumentate in proporzione al lavoro ed al contributo sociale da lui prestato in precedenza.
«Il cittadino il quale, per qualsiasi ragione e senza sua colpa, si trovi nell'impossibilità di ricavare i mezzi di vita dal suo lavoro, ha diritto di ricevere dalla collettività prestazioni sufficienti per assicurare l'esistenza di lui e della sua famiglia. Tali prestazioni debbono essere aumentate in proporzione al lavoro ed al contributo sociale da lui prestato in precedenza.
«La legge regola le modalità relative alla completa
attuazione del diritto all'esistenza sancito dalla presente
Costituzione.
«È organizzata una speciale tutela del lavoro
italiano all'estero».
[...]
Il Presidente Tupini, poiché l'onorevole Lucifero ha
accettato che si discuta sulle formulazioni proposte dall'onorevole Togliatti,
dà lettura del terzo articolo non numerato di dette proposte:
«Il lavoro, nelle sue diverse forme, è protetto
dallo Stato, il quale interverrà per assicurare l'esistenza degli invalidi e
inabili.
«Tutti i cittadini hanno diritto all'assicurazione
sociale.
«La legislazione sociale regola le assicurazioni
contro gli infortuni, le malattie, la disoccupazione, l'invalidità e la
vecchiaia; protegge in modo particolare il lavoro delle donne e dei minori;
stabilisce la durata della giornata lavorativa e il salario minimo individuale e
familiare.
«È organizzata una speciale tutela del lavoro
italiano all'estero».
[...]
Dossetti osserva all'onorevole Togliatti che il
primo comma dell'articolo da lui proposto consta di due elementi eterogenei,
fusi in un unico periodo. Ritiene invece più chiara, dal punto di vista
giuridico, la formula suggerita dall'onorevole Moro, alla quale si dichiara
favorevole.
Moro, riallacciandosi a quanto ha osservato
l'onorevole Dossetti, rileva che la prima parte del comma, proposta
dall'onorevole Togliatti, si ricollega a quanto è detto nell'articolo successivo
sotto un altro profilo; ed aggiunge che l'intervento dello Stato, diretto ad
assicurare le condizioni di lavoro, è parallelo all'opera dei sindacati che
tendono a questo stesso fine.
Quanto alla seconda parte del comma, gli sembra che
ci si debba collegare a quanto si è detto in una precedente riunione, cioè che
chi è senza lavoro ha diritto di essere assistito dallo Stato.
Fa infine presente l'opportunità di non scendere ad
un'elencazione specifica che rientrerebbe nella competenza della terza
Sottocommissione.
Mastrojanni domanda quali siano le forme di
protezione di cui si parla nell'articolo proposto dall'onorevole
Togliatti.
Togliatti, Relatore, risponde che si
tratta delle forme di protezione indicate in seguito nel testo, cioè in senso
economico, giuridico, politico, etico. Aggiunge che tra i diversi fattori della
produzione, il fattore lavoro è particolarmente protetto.
Mastrojanni si domanda se non sia opportuno
introdurre una maggiore precisazione, perché, dicendosi che il lavoro è
protetto, non si intenda che viene protetta qualsiasi attività svolta
dall'uomo.
Togliatti, Relatore, spiega che, a suo
parere, deve essere protetta dallo Stato l'attività economica che si estrinseca
col lavoro, mentre altre attività non sono considerate allo stesso
modo.
Lucifero, Relatore, osserva che dovrebbe
tranquillizzare la Sottocommissione il fatto che, sebbene partiti da presupposti
molto lontani, egli e l'onorevole Togliatti hanno finito con lo scegliere presso
a poco la medesima formula.
Ciò dimostra che il lavoro, da qualunque punto di vista lo si consideri, rappresenta nella società moderna qualche cosa di sacro; e quindi riconosce l'opportunità di affermarne in questa sede la tutela. Si rende poi conto dell'intendimento dell'onorevole Togliatti di dare una protezione preminente al lavoro e particolarmente al lavoratore, al quale, nella società così come oggi viene concepita, manca quella possibilità di auto-protezione che invece hanno altri fattori della produzione.
Ciò dimostra che il lavoro, da qualunque punto di vista lo si consideri, rappresenta nella società moderna qualche cosa di sacro; e quindi riconosce l'opportunità di affermarne in questa sede la tutela. Si rende poi conto dell'intendimento dell'onorevole Togliatti di dare una protezione preminente al lavoro e particolarmente al lavoratore, al quale, nella società così come oggi viene concepita, manca quella possibilità di auto-protezione che invece hanno altri fattori della produzione.
Il Presidente Tupini si domanda se non sia da considerare
implicita la protezione del lavoro da parte dello Stato nell'articolo approvato
recentemente dalla Sottocommissione (ndr; cioè nell'attuale art.4 Cost.): «Ogni cittadino ha diritto al lavoro ed ha
il dovere di svolgere una attività o esplicare una funzione idonee allo sviluppo
economico o culturale o morale o spirituale della società umana, conformemente
alle proprie possibilità e alla propria scelta», dal momento che il diritto di
lavorare da parte del cittadino importa necessariamente un dovere da parte dello
Stato di farlo lavorare. Osserva che in caso affermativo, diverrebbe inutile la
formula proposta dai Relatori.
Fa presente che, per assicurare il diritto
all'esistenza dell'invalido e dell'inabile, l'articolo già approvato, di cui ha
testé dato lettura, si potrebbe completare con la frase: «Gli invalidi hanno
diritto all'esistenza». Osserva che con tale formula si assicurerebbero due
diritti: quello del cittadino valido al lavoro, quello dell'invalido o
dell'inabile all'esistenza.
Basso dichiara di non essere favorevole alla
proposta del Presidente.
Quanto ai due concetti affermati nel primo comma
della proposta dell'onorevole Togliatti, è favorevole al primo, ma non al
secondo che ritiene meglio formulato nella proposta suggerita dall'onorevole
Moro.
Moro ritiene che una dichiarazione sulla
protezione del lavoro da parte dello Stato debba farsi, ma non in questo
articolo, bensì nel successivo in cui si parla dei sindacati. A suo parere,
quella sarebbe la sede più adatta per trattare congiuntamente le due forme di
tutela: attraverso i sindacati e attraverso lo Stato.
Mastrojanni fa presente che per il solo fatto
che lo Stato obbliga a lavorare, è tenuto a proteggere l'individuo
nell'esplicazione del suo lavoro; quindi la formula proposta dall'onorevole
Togliatti: «Il lavoro, nelle sue diverse forme, è protetto dallo Stato» non va
intesa, a suo parere, come una ripetizione di tale concetto, ma nel senso che lo
Stato, tra tutti i fattori della produzione, predilige il lavoro. Se questa
interpretazione è esatta, prospetta l'opportunità che tale affermazione venga
fatta in modo esplicito.
Il Presidente Tupini pone ai voti la prima parte del primo
comma del terzo articolo proposto dall'onorevole Togliatti:
«Il lavoro, nelle sue diverse forme, è protetto
dallo Stato».
Cevolotto dichiara di votare favorevolmente, se
l'approvazione di questa proposizione lascerà immutata la questione della sua
collocazione nel testo definitivo.
Il Presidente Tupini risponde che tale questione rimane per
ora impregiudicata.
Dichiara di astenersi dalla votazione, perché
ritiene che il concetto della proposta dell'onorevole Togliatti sia contenuto
nell'articolo già approvato a proposito del diritto al lavoro e del dovere al
lavoro.
Mastrojanni dichiara di astenersi per le
ragioni che poc'anzi ha esposto e per quelle ora dette dal
Presidente.
Dossetti è favorevole alla formula, proprio per
il motivo accennato dall'onorevole Mastrojanni, cioè che il lavoro, tra i
diversi fattori della produzione, deve essere quello prediletto dallo Stato. Si
riserva di presentare, quando sarà completato il lavoro della Sottocommissione,
un articolo fondamentale nel quale verrà assorbita la formula ora
approvata.
Basso, essendo favorevole al concetto
informatore della disposizione, voterà in senso positivo, riservandosi però di
proporre eventuali modifiche di forma.
Moro si dichiara favorevole alla proposta, di
cui approva il concetto, ma ritiene che esso debba essere ripreso sia
nell'articolo fondamentale che l'onorevole Dossetti si riserva di premettere
alla parte concernente il diritto sociale, sia in quello riguardante
l'autotutela dei lavoratori che si effettua mediante i sindacati e che viene
integrata con la tutela effettuata dallo Stato.
(La Commissione approva la prima parte
del comma con 11 voti favorevoli e 2 astenuti).
[...]
Togliatti, Relatore, dà lettura di una
formula che tiene conto di molte osservazioni fatte durante la
discussione:
«Gli inabili al lavoro hanno diritto di avere la
loro esistenza assicurata dallo Stato. Tutti i cittadini hanno diritto
all'assicurazione sociale contro gli infortuni, le malattie, l'invalidità, la
disoccupazione involontaria e la vecchiaia.
«La legge protegge in modo particolare il lavoro
delle donne e dei minori, stabilisce la durata della giornata lavorativa e il
salario minimo individuale e familiare.
«È organizzata una speciale tutela del lavoro
italiano all'estero».
" il lavoro, da qualunque punto di vista lo si consideri, rappresenta nella società moderna qualche cosa di sacro"
RispondiEliminama non sarà per caso il lavoro salariato (necessitato) quello di cui si parla, la cosa sacra che tiene in piedi tutta la baracca, speculazione finanziaria compresa?
attendo con ansia la seconda puntata di questo romanzo dell' orrore -sociale
Che la ricostruzione corretta del pensiero dei costituenti sia quella indicata, non credo possano esserci dubbi: "[...] la maggior parte dei costituenti (non tutti: alcuni parlavano a questo proposito di «vera irrisione»[Colitto, UQ], di «promessa sulla carta»[questo è il solito Nitti]) – erano convinti che tutti sarebbe [sic] stati, se avessero voluto, lavoratori, e che dunque un’esistenza libera e dignitosa sarebbe stata assicurata a tutti attraverso il lavoro per tutti; attraverso, cioè, una condizione di piena e stabile occupazione adeguatamente retribuita. Assicurare il diritto al lavoro sarebbe stato, così, al tempo stesso, assicurare il diritto alla vita; e garantire i lavoratori sarebbe equivalso a garantire tutti. «Lavoratori tutti»[Della Seta, gruppo Repubblicano]: questa sarebbe stata la vera unica garanzia universale di un’esistenza libera e dignitosa.” Questa la fonte.
RispondiEliminaChe, utile per i riferimenti, si produce nel tentativo di quadrare il cerchio: da un lato "Non è dunque in discussione che la Repubblica non debba tralignare d’un filo nel suo impegno di promuovere le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro, come prescritto dall’articolo 4, I comma: il lavoro per tutti è - e resta - «un obiettivo costituzionale». Anzi l’obiettivo costituzionale, perché «non raggiungere la piena occupazione è comunque contrario a costituzione»" dall'altro però "[...] quando non si può lavorare perché il lavoro non c’è, non si può, per non cadere nella trappola della resa al fallimento delle politiche occupazionali, far gravare per intero il fardello di quel fallimento sulle spalle dei cittadini che, senza loro colpa, sono rimasti tagliati fuori dall’occupazione (o da un’occupazione stabile), relegandoli nel “ghetto dei superflui”". Si trattarebbe insomma di vedere nel reddito di cittadinanza la concretizzazione di quello che Mortati chiamava "risarcimento per mancato procurato lavoro".
Se però la stessa autrice ammette che "in assenza di politiche del lavoro, tale misura si troverebbe a «svolgere funzioni vicarie per le quali essa non è adatta, giacché non attrezzata in termini né infrastrutturali, né finanziari, neppure nel più virtuoso dei contesti», né per creare lavoro, né per reggere senza di esso" il ragionamento perde ogni coerenza. L'illusione qui non è quella del pieno impiego ma della possibilità di difendere i diritti fondamentali staccandoli dal loro fondamento lavoristico. Ovvero, per dirla con Antonella Stirati: "In presenza di elevata disoccupazione e bassi tassi di occupazione, come avviene in Italia soprattutto nel Sud, un sistema ampio e generoso di trasferimenti diventa di difficile realizzazione in generale – e impossibile nel quadro di accettazione dei vincoli di bilancio pubblico e delle politiche di austerità.
Dunque politiche per l’occupazione e politiche di ampliamento del welfare non vanno viste in contrapposizione/alternativa ma come necessariamente intrecciate e complementari."
Cari auguri di Buona Pasqua a tutti.
COme sempre grazie Arturo per la utta instancabile opera di "ricerca".
EliminaSia chiaro: "in assenza di politiche del lavoro, tale misura si troverebbe a «svolgere funzioni vicarie per le quali essa non è adatta, giacché non attrezzata in termini né infrastrutturali, né finanziari, neppure nel più virtuoso dei contesti»
Non conoscevo il testo da te citato, ma, come vedi, coincide esattamente con quanto (beccandomi insulti e attacchi anche personali) cerco invano di spiegare su questo blog.
Ma ci vuole tanto a capirlo? Evidentemente sì.
Ma questa imperturbabile ostinazione a non capirlo è il vero interrogativo politico che bisognerebbe porsi.
E questo se si fosse onestamente interessati alla ripresa della legalità costituzionale (che è poi quella della democrazia fondata sul lavoro); cioè esattamente l'opposto di ciò che viene perseguito dalle attuali politiche del lavoro €urotrainate.
E il non volerlo capire (anche nei suoi insostenibili effetti al ribasso continuo in presenza di "vincoli di bilancio", cioè dell'adesione all'UEM), continuando ad alimentare l'incoscienza della "soluzione immediata", significa voler inasprire il giogo del vincolo esterno...
Si trattava di un periodo in cui l'Italia era da ricostruire, certamente piu' di ora; anche allora molti giovani andarono all'estero per mancanza di lavoro. Cio' nonostante, prima di tutto si penso' a fare leggi per la collettivita', illuminate, giuste, equilibrate e che quindi ben indirizzarono la nazione .. FU COSI' che l'Italia divento' una grande potenza.
RispondiEliminaBuon giorno
RispondiEliminaHo ben presente ciò che lei afferma nella sua analisi, ma non dimentichiamoci che qui in Italia la distruzione del lavoro è iniziata ben prima delle leggi Hartz in Germania, cioè è iniziata con le leggi Treu; e a differenza delle leggi Hartz, che comunque prevedevano anche la "mancia" ai lavoratori licenziati, qui in Italia la "mancia" non ce l'hanno data nè la legge Treu, nè quella Biagi e via di seguito; oltre a ciò in Italia non vi è mai stato un piano per il diritto all'abitazione che sia stato tale e tutti i giorni siamo testimoni di sgomberi di disoccupati morosi che non riescono a pagare l'affitto; in questa mancaza totale abbiamo visto il proliferare di lavori selvaggi degni di una dittatura delle più feroci; se infatti non hai nemmeno la "mancia" sei disposto a lavorare anche per 300 euro al mese per 40 o 50 ore a settimana; ad esempio io lavoravo come assistenza nottura ad invalidi per 40-50 ore a settimana e riuscivo a racimolare 500-600 euro al mese; se avessi avuto un reddito di disoccupazione che mi avesse dato per lo meno i soldi per sopravvivere non mi sarei certo abbassato a fare questo tipo di lavori umilianti e deprofessionalizzanti, perchè io sono laureato in scianze biologiche; in assenza di tutto il resto del pacchetto "protezione" previsto dalle altre riforme negli altri paesi europei, in Italia abbiamo avuto l'applicazione più selvaggia della precarizzazione e la "mancia" è diventata quella dei padri e dei nonnni, per chi li aveva, per altri è diventata la strada o il suicidio. In questo panorama desolante e sconsolante, dove il diritto al lavoro è attaccato pesantemente, io considero che almeno pretendere l'applicazioe dei diritti umani fondamentali debba prioritario al pari di pretendere l'applicazione del diritto al lavoro così come esplicitato nel dettato costituzionale. Inoltre vorrei chiederle se non sia anche il caso di considerare un reddito per gli studenti che decidono di studiare, nel senso che molto spesso anche chi decide di seguire gli studi universitari non ha le risorse sufficienti per completare gli studi, oppure i genitori hanno un aggravio, per cui, in assenza di borse di studio degne di questo nome, molti abbandonano, oppure altri sono costretti a fare mille lavori per pagarsi gli studi, lavori che poi inevitabilmente tolgono tempo agli studi e li fanno laureare in ritardo; in tutto ciò si avvantaggiano solo i figli di genitori benestanti che possono far studiare i loro pargoli con tranquillità. Il problema a mio avviso si ripresenta poi dopo la laurea, perchè, in assenza di un reddito di sopravvivenza, contemplato in altri paesi europei, ed in assenza di genitori benestanti, molti laureati si riducono a fare lavori degradanti e perdono le loro competenze acquisite e i pochi rimasti emigrano; ricordiamoci anche che in Italia abbiamo la più bassa percentuale di laureati tra i paesi sviluppati, per cui se non riusciamo anche ad impiegare quei pochi che abbiamo dandogli un lavoro che gli permetta di esprimere il loro valore, la situazione del paese diventerà sempre più grave. Lei ha ragione a dire quelle che sono le priorità Costituzionali, ma in una situazione di emergenza, di totale abbandono della Costituzione, già avviato in modo selvaggio dal 1997, quando la vita stessa è in pericolo, io non sottovaluterei anche di pretendere che siano rispettati il diritto ad una vita dignitosa, perchè vivere comunque una vita dignitosa anche se la nostra repubblica non riesce a darci un lavoro, o lo distrugge, a mio avviso è ciò che distingue la civiltà dalla barbarie.
Tutto perfettamente comprensibile. Consiglio di provare a leggere le parti fondamentali del blog.
EliminaPer qualche risposta di avvio della ricerca (solo indicativamente):
http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/per-chinon-guardasse-solo-google-e.html
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/flexicurity-e-reddito-di-cittadinanza.html
http://orizzonte48.blogspot.it/2015/02/la-condizionalita-2-da-chang-rodrik.html
http://memmt.info/site/la-costituzione-prescrive-il-pieno-impiego-mmt-e-barra-caracciolo-concordi/
RispondiEliminaNotiamo con piacere come Luciano Barra Caracciolo nella sua recente trattazione converga in modo stringente sui temi da noi esposti nel seguente documento: http://memmt.info/site/costituzione-italiana-e-mmt-una-corrispondenza-straordinaria-documento/
Per straordinaria coincidenza il suo scritto esce a pochi giorni dalla pubblicazione della nostra analisi, questo a dimostrazione di quanto sia sensibile e importante questo punto.
La nostra breve trattazione voleva appunto offrire un contributo al dibattito. E con immenso piacere leggiamo come Barra Caracciolo confermi con la sua assoluta competenza come il diritto al lavoro e la Piena Occupazione fossero il tema centrale e fondante di tutta la nostra Costituzione, le mura su cui è stata costruita la nostra Repubblica. Sulla realizzazione di questo obiettivo i nostri Padri Costituenti hanno lasciato aperta la possibilità all'emergere di una nuova economia che potesse superare le contraddizioni delle teorie economiche allora conosciute o possibili, vigendo all'epoca ancora un vincolo al dollaro, rimasto fino al 1971.
Nella nostra analisi abbiamo identificato questa nuova economia in MMT, impostazione economica di cui noi ci facciamo portavoce da ormai qualche anno con sempre maggiore forza dialettica.
Ci auguriamo a breve un confronto costruttivo sulle soluzioni e le idee da noi formulate, che riteniamo pertinenti e congrue alle intenzioni espresse anche in fase costituente. Il tempo a nostra disposizione è breve. Dedichiamolo a promuovere quelle proposte che la letteratura economica più moderna e i nostri valori di giustizia sociale ci suggeriscono e che sembrano sempre di più convergere nello schema programmatico sostenuto dalla associazione ME-mmt Italia
A onor del vero, rammento che esattamente su questo tema, si sia svolta fin dall'inizio la divulgazione di questo blog.
EliminaBasti al riguardo rammentare - ma a titolo meramente esemplificativo- questi post:
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/05/diritti-umani-e-democrazia-lo-stato.html
http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/ccostituzionalita-delle-manovre.html
Questo, poi, è, senza equivoci, il primo post pubblicato:
http://orizzonte48.blogspot.it/2012/11/questo-blog-nasce-dallesigenza-di.html
Senza poter trascurare che l'argomento della democrazia del lavoro, come diritto fondamentale che implica l'impegno delle istituzioni a politiche di pieno impiego, è il tema centrale di "Euro e/(o) democrazia costituzionale", libro anch'esso uscito nel 2013 (basta aver letto il libro per rendersene conto...).
Questo attuale post, come pure la susseguente Seconda Parte, sono solo l'estensione di studi qui ampiamente già effettuati e divulgati, secondo una linea che, anche a livello di pubblicazione su riviste scientifiche, non ha altri riscontri in Italia.
La straordinaria coincidenza non ha quindi nulla di straordinario nella linea di questo blog e della mia divulgazione in generale.
Mi auguro, anzi, che non sia una mera insinuazione, tanto più improbabile quanto più tempo di preparazione hanno obiettivamente richiesto i post in questione (come può apparire evidente in qualunque deduzione ragionevole e dalla stessa risalenza delle fonti qui linkate).
Mi pare dunque un po' "ingeneroso", se non addirittura inutilmente polemico, affermare che quanto qui viene in piena libertà e coerenza riportato costituisca una "conferma" e "converga" su quanto da altri sostenuto.
Posso comprendere che non si conosca quanto qui divulgato da anni; per carità.
Ma arrivare a sostenere che la mia divulgazione dipenda da contenuti di altri, da cui prescindo come metodologia di lavoro (attenendomi da sempre all'utilizzazione diretta della lezione dei maggiori costituzionalisti italiani e dei lavori della Costituente), non invita certo a promuovere un "confronto costruttivo".
Ma spero che sia un equivoco, nascente appunto dalla ignoranza del mio lavoro, con una scelta improprio di terminilogia...
Leggendo quello che ho scritto, dove sarebbe l'insinuazione?? la coincidenza? L'ho definita una dimostrazione dell'importanza dell'argomento. Tutti sanno quanto sia importante il tuo lavoro e a tutti ho consigliato di leggere il tuo libro. E tu lo sai meglio di chiunque altro. Mi dispiace che tu non abbia colto l'opportunità da noi offerta di portare il dibattito su di una programmazione economica ben precisa che come associazione stiamo portando avanti. Mi piacerebbe che invece di attaccare me personalmente, cosa piuttosto facile e piuttosto banale, ci dicessi dove la MMT non è coerente alle intenzioni della Costituzione. Questo è il punto. Il mio pezzo era principalmente su quello. Ed è difficile quindi che abbia preso da te questa specificità, come chiunque lo abbia letto deduce facilmente. Perchè se lo è, come si può non vedere una convergenza?
EliminaChiara, sai che c'è?
EliminaNon mi pare tu sia interlocutore(trice) sufficientemente capace di ascoltare per fare un'uscita del genere.
Tranquilla, nessuno preclude il confronto con mmt se inserito in un contesto di ragionevolezza.
Evidentemente il problema è proprio con te.
Sai già tutto e capisci tutto "meglio"e siccome hai studiato un oggetto che coincide con la mia divulgazione, ora sei pretendi "spiegazioni" da me con termini perentori affinchè ti si dica che, appunto, hai capito meglio di me.
Ri-tranquilla: VISTO CHE SAI GIA' TUTTO E CONCEPISCI LE SOLUZIONI MEGLIO DI ME, CHE BISOGNO HAI DELLA MIA VALIDAZIONE?
GO ON E DIFFONDI ALLE MASSE IL VERBO...
Non perdere tempo, TU (con mmt nel suo complesso, il discorso è diverso, come vedremo), con la mia insignificante persona.
Qualche (inutile) precisazione:
1) la "programmazione economica" è attività di governo. Ognuno può fare tutte le proposte, ipotesi, analisi che vuole, ma soltanto a livello scientifico (se fatto da persone accreditate) e/o divulgativo;
2) Dove personalmente abbia detto che mmt non è "coerente con le intenzioni della Costituzione" lo sai solo tu.
Ma la frase dimostra una ingenuità notevole: solo un programma politico trasposto in atti di governo e di legislazione può essere vagliato in termini di conformità a Costituzione;
3) peraltro il punto è ozioso: ripeto, tutto si può discutere con ragionevolezza e seria preparazione. Ma se queste (ragionevolezza e preparazione) mancano, si finisce ad "andare per farfalle" e a non comprendere neppure quanto qui sostenuto su PIENO IMPIEGO E CONNESSIONE, FATTA DAI COSTITUENTI (come qui riportato da fonti di cui evidentemente ti disinteressi), CON GLI STRUMENTI della COSTITUZIONE ECONOMICA.
Quanto così qui evidenziato - e Dio sa se ce n'è bisogno in Italia- forse ti sfugge, ma prescinde e non ha, in sè, nulla a che fare con la mmt: MA NON PER AVVERSIONE, SOLO PERCHE' SI TRATTA SEMPLICEMENTE DI UN PERCORSO LOGICO-GIURIDICO ED ECOMOMICO, RIPORTATO IN TERMINI STORICI, CHE E' STATO GIA' TRASPOSTO IN TERMINI NORMATIVI (supremi) dagli stessi Costituenti.
La Costituzione impone questo modello e questa connessione (e non altre soluzioni continuamente escogitabili cone "nuove"): se poi mmt sostenga altro o meno, lo può capire solo sapendo COSA DICA VERAMENTE LA COSTITUZIONE.
E al più gli fornisco, come a tutti, l'opportunità di conoscere questa esatto significato della Carta.
Ma non andrò oltre. sarebbe inutile, visto che ho già lungamente cercato di spiegarti questo ottenendo soltanto polemiche fondate sulla incomprensione.
la Costituzione italiana era MMT senza saperlo :-)
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