domenica 25 ottobre 2015

PORTOGALLO, POLONIA (Atene è "pacificata"?): IL "TRIONFO" DELL'€UROPA DEL FOGNO. O NO?


 

Europe’s Many Economic Disasters

1. La situazione è seria. Ma non ancora grave (ma lo diventerà presto).
Analizzarla in tutta la sua complessità geo-politica è un compito praticamente impossibile: il condizionamento mediatico occidentale, che seleziona, riformula e manipola i fatti, in una narrazione ossessiva, che spinge sempre e soltanto verso la direzione paradossale di confondere la democrazia con le politiche deflattive (che preserverebbero i consumatori e quindi, si dice, i lavoratori), è troppo intenso per poter avere un quadro fattuale completo e compiere una valutazione attendibile.

2. Prendiamo la vicenda portoghese
Qui prendiamo le mosse dall'articolo del "solito" A.E. Pritchard sul Telegraph, tradotto da Voci dall'estero.
Il "pezzo" è sufficientemente eloquente e condivisibile, riportando elementi di comprensione che abbiamo più volte sottolineato su questo blog. 
In pratica, sappiamo che il Presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, preferisce, dopo le elezioni, attribuire l'incarico al primo ministro uscente, che ha perso la maggioranza (pur conservando la sua formazione politica la qualità di partito maggioramente votato), - e dunque non può, con ogni probabilità ottenere la fiducia del parlamento-, pur di non consentire l'insediamento di un governo di effettiva maggioranza (parlamentare), formato dalla coalizione tra socialisti di Costa e le due formazioni di sinistra contrarie all'euro e al fiscal compact (le due cose, comunque la pensi Tsipras, coincidono nei presupposti e negli effetti socio-economici).
Questa la giustificazione di Cavaco Silva: 
In 40 anni di democrazia, nessun governo in Portogallo è mai dipeso dal sostegno di forze anti-europee, vale a dire quelle forze che hanno condotto una campagna per abrogare il trattato di Lisbona, il Fiscal Compact, il patto di stabilità e di crescita, oltre che per smantellare l’unione monetaria e portare il Portogallo fuori dall’euro, e voler lo scioglimento della NATO “.

3. Dell'analisi di Pritchard enfatizziamo (proprio nell'ottica di quanto viene spesso ribadito in questo blog), alcuni passaggi, dove abbiamo la conferma palese, se non sfacciata, di quanto evidenziato circa la propensione ad una democrazia del tutto particolare da parte della governance politico-finanziaria UE-mandatari "locali", che ha sottomesso i popoli europei:
a) Tavares (eurodeputato verde-radicale) ha detto che il presidente ha invocato lo spettro dei comunisti e del Blocco di sinistra come un “pretesto” per impedire alla sinistra di prendere il potere, ben sapendo che i due partiti avevano convenuto di abbandonare le loro richieste di uscita dall’euro, di lasciare la Nato e di nazionalizzazione delle leve fondamentali dell’economia con un accordo di compromesso per formare la coalizione;
b) Il presidente Cavaco Silva potrebbe avere ragione a ritenere che un governo socialista in combutta con i comunisti farebbe precipitare uno scontro frontale con i mandarini dell’austerità della UE. Il grande piano di Costa di una reflazione keynesiana – guidato dalla spesa per l’istruzione e la sanità – è del tutto incompatibile con il Fiscal Compact della UE.
Questo stupido trattato obbliga il Portogallo a tagliare il suo debito al 60pc del PIL nei prossimi 20 anni, in una trappola di austerità permanente, e a farlo proprio mentre il resto dell’Europa meridionale cerca di fare la stessa cosa, il tutto in un contesto globale di potenti forze deflazionistiche.
c) La strategia di erodere l’enorme peso del debito del paese stringendo la cinghia in modo permanente è in gran parte autolesionista, poiché l’effetto denominatore di un PIL nominale stagnante aggrava la dinamica del debito.
Ed è anche inutile. Quando la prossima recessione globale colpirà sul serio, il Portogallo richiederà una cancellazione di debiti. Non vi è alcuna possibilità che la Germania acconsenta all’unione fiscale UEM in tempo per evitare questo.
d) Il presidente Cavaco Silva potrebbe avere ragione a ritenere che un governo socialista in combutta con i comunisti farebbe precipitare uno scontro frontale con i mandarini dell’austerità della UE. Il grande piano di Costa di una reflazione keynesiana – guidato dalla spesa per l’istruzione e la sanità – è del tutto incompatibile con il Fiscal Compact della UE.
e) Cavaco Silva sta effettivamente usando il suo mandato per imporre un’agenda ideologica reazionaria, nell’interesse dei creditori e dell’establishment della UEM, e lo sta mascherando con incredibile faccia tosta come una difesa della democrazia...
Il movimento Syriza in Grecia, il primo governo di sinistra radicale in Europa dopo la seconda guerra mondiale, è stato ridotto alla sottomissione per aver osato confrontarsi con l’ideologia della zona euro. Ora la sinistra portoghese si sta scontrando con una variante dello stesso tritacarne.
I socialisti europei si trovano di fronte a un dilemma. Si stanno finalmente risvegliando alla sgradevole verità che l’unione monetaria è un’impresa autoritaria di destra che si è tolta il guinzaglio democratico, ma se agiscono secondo questa intuizione comunque rischiano che sia loro impedito di prendere il potere.

4. Un rapido commento aggiuntivo: il Portogallo ha il consueto problema di domanda interna sacrificata a un velleitario e irrealistico modello €-export-led, come evidenzia (se pure ce ne fosse bisogno per chi non sia in malafede) lo stesso Pritchard. 
Tutto ciò si concretizza, come notava Krugman il 14 agosto scorso, in un mercato del lavoro flessibilizzato e mercificato, a crescente bassa qualificazione (è inevitabile in presenza della caduta degli investimenti e della spesa pubblica inscindibili dal paradigma €urocratico): quindi, distruzione delle competenze, emigrazione massiccia di giovani (specialmente qualificati) e crisi demografica; tutti caratteri che determinano, permanendo all'interno dell'UE-UEM, una condanna definitiva che porta al risultato della distruzione industriale irreversibile e all'alterazione della stessa identità di popolo, grazie al concomintante effetto della immigrazione, a salari ulteriormente stracciati, che, insieme con le politiche deflazioniste, è l'unica soluzione che l'UE è capace di proporre.

Il succo del discorso, anche se non è coinvolta l'appartenenza all'area euro, non cambia molto.
I polacchi, anche nella precedente compagine governativa, oggi sfavorita alle elezioni (per quanto espressiva del Presidente del Consiglio UE, Tusk) tra l'altro, avevano già dato segno di non voler aderire all'euro: curiosa la giustificazione di ciò, cioè "noi non entriamo fino a che ne faccia parte la Grecia". 
Ma il succo rimane che essere vincolati dal fiscal compact - riservato ai paesi UEM col suo apparato sanzionatorio e commissariale della sovranità nazionale -, e dover contribuire all'ESM facendo credito inesigibile per mantenere la solvibilità dei sistemi bancari dei paesi "core", non piace a nessuno.
O almeno alla maggioranza; anche se gli "allievi" polacchi di Friedman non capiscono come diavolo possa accadere...

6. Ma nella prospettiva del probabile ribaltone contrario al partito di Tusk ("Piattaforma...Civica") e favorevole a "Legge e Giustizia", del gemello sopravvissuto Kaczynski e di Beata Szydlo (candidata premier), incombe sempre il solito problemino della follia liberista sovranazionale intrisa di austerità, cambio fisso e immigrazione sostitutiva.
Ciò che, nell'avvicendarsi delle ondate di manodopera mobilizzata in funzione deflattiva (dei livelli salariali del paese di "accoglienza"), tipico del "fogno europeo", - cioè quello che Krugman definisce "The downside of Labor Mobility"-, i polacchi, di fronte agli ordoliberisti imperanti anche a casa loro, 



ordoliberisti, dicevamo, imperanti a casa loro, pur in assenza di adozione dell'euro, molto prosaicamente e in soldoni (che sono quelli che consentono di campare con dignità, anche se il capitalismo finanziario €-deflazionista non è d'accordo), i polacchi, appunto, tenderanno a votare preoccupandosi di non essere investiti sul loro territorio dalla concorrenza dei "migranti", e di non essere posti in concorrenza, al ribasso salariale, con i medesimi migranti nella loro aspirazione (dei polacchi), a emigrare nelle aree "ricche" dell'UE.

7. Ora, tutto questo verrà definito antidemocratico e populista: ma, certo, non lo è di più del disprezzo che nutre la tecnocrazia Ue verso i parlamenti, con la conseguente tendenza della stessa UE a farsi portatrice esclusiva delle preoccupazioni dei mercati finanziari, della stabilità monetaria, e degli immancabili investitori esteri, rendendo le elezioni, sempre più apertamente, un processo idraulico-sanitario hayekiano.  


Dunque: o il voto è pro-€uropa, e quindi "vincola" all'adesione entusiastica al mercato del lavoro-merce, all'asservimento nazionale verso gli investitori esteri e agli stessi "creditori" esteri, oppure NON VALE
Si ripeta finchè non vincono ESSI: oppure non si voti più, come piacerebbe a tanti, e la democrazia trionferà.

SCENARIO D'ESTATE: IL MOLOCH NEO-LIBERISTA GLOBALIZZATO ALLE CORDE (ma da solo sul ring).


11 commenti:

  1. Date (anche queste sono amiche dell'uomo):
    le prime notizie dell'exploit del presidente portoghese mi arrivano l'altroieri (23/10). Cerco su Rep. online, c'è solo un articolo del giorno prima che spiega come il Portogallo sia diventato un vero paradiso per i pensionati italiani.
    Ieri: silenzio di tomba.
    Oggi (25/10): silenzio su Stampa, Corsera, Sole24; articolo su FQ mentre su Rep. online c'è un rimando al blog di Clericetti, l'ultimo nippo-keynesiano tenuto a scopo decorativo e diversivo.
    Come scrive il FQ, i portoghesi "le riforme" le hanno fatte, e tante. Hanno abbassato duramente il tenore di vita, per questo Repubblica invita ad approfittarne. Ma che buoni.
    Oramai bisogna scrivere "democrazia©", un brand registrato di cui sono titolari USA e Commissione Europea mentre i vari Mieli, Scalfari & C. hanno l'esclusiva. Il nemico da combattere è il "populismo©" e per riuscirci potrà essere necessario "proteggere la democrazia da sé stessa", magari con una "temporanea" dittatura, come diceva Von Hayek.
    Se non si rompe qualcosa prima, leggeremo anche questo.

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    1. Ora che mi ci fai pensare, dovremmo trovare un altro nome alla democrazia. Sarà difficile farlo accettare all'inizio, ma non si può tollerare a lungo il bis-linguaggio senza rimanerne intossicati.

      E' una questione igienico-sanitaria collettiva (di segno opposto a quello hayekiano)

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    2. In pieno stile orwelliano, la neolingua impostaci dall'élite neo-ordo-liberista ci suggerisce che "la democrazia è dittatura", ergo, stando al loro gioco, "la dittatura è democrazia": occorrerebbe, tuttavia, una Νέμεσις, ristoratrice dell'equilibrio e punitrice degli squilibrati.
      Rimanendo con Orwell, però, il finale della storia è tragico: il protagonista del romanzo viene totalmente prosciugato nello spirito e "2+2=5".
      Va un po' meglio con quello che io definisco il "1984 per ragazzi" del XXI secolo, vale a dire la trilogia letteraria "The Hunger Games" di Suzanne Collins - di cui consiglio caldamente la lettura: io ho divorato i libri che la compongono in appena quattro giorni -: lì la protagonista, Katniss Everdeen (che è tutto fuorché l'eroina "femminista" che i media indicano, anzi, è semplicemente una povera ragazza in totale balia di eventi molto più grandi di quanto ella potrà mai essere e comprendere fino ai capitoli finali), seppur distrutta nel corpo e piegata nello spirito, riesce a mantenere un briciolo della sua umanità e a ripristinare con il tempo la capacità di stabilire e mantenere dei rapporti affettivi, per quanto un po' disfunzionali per via di quello che ha dovuto subire; essendo, come ho già scritto in precedenza, una versione di 1984 per i ragazzi di oggi, comunque, un finale che non fosse per quanto più possibile "positivo" (dato il contesto in cui si colloca) non avrebbe avuto molto senso e certamente non avrebbe avuto il successo che ha avuto (sebbene tale successo sia stato accompagnato dalla distorsione del messaggio, da parte degli "espertologi" del marketing, che ogni lettore può agevolmente trarre dal testo originario). Inoltre, e questo punto non è affatto da sottovalutare, Suzanne Collins non ha la stessa biografia di George Orwell. Insomma, la storia si ripete, ma le persone cambiano.

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  2. Eppure io la storia di un presidente della Repubblica che, forzando le proprie prerogative, svolge il ruolo di curatore degli interessi dei creditori stranieri penso di averla già sentita... chissà dove, chissà dove?
    Le baron de Cantel

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  3. Sapir parla esplicitamente di colpo di Stato.

    "Quando ho mirado la sinistra con la majoransa m'è venido un golpe", Giorgio Silva

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    1. Le coup d’Etat silencieux de Lisbonne
      Ma mica tanto silenzioso: abbastanza esplicito direi..

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  4. Secondo le Nazioni Unite, i gruppi multinazionali sono 82.000 per un totale di 810.000 filiali, che complessivamente impiegano 124 milioni di persone, fatturano 42mila miliardi di dollari e contribuiscono al 14% del prodotto lordo mondiale. Ma le multinazionali sono come i mammiferi e vanno da dimensioni minuscole come i topolini, a stazze gigantesche come gli elefanti. Allo stesso modo si va da multinazionali insignificanti come Chicco Artsana, piccolo gruppo con casa madre in Italia e una manciata di filiali sparse tra Spagna e Hong Kong, a un mastodonte come Shell, con 1.700 società dislocate nei cinque continenti e la capogruppo localizzata in Inghilterra. Non a caso le prime cinquecento multinazionali contribuiscono da sole al 75% del fatturato di tutti i gruppi transnazionali con le prime 200, (0,02% del totale) che coprono addirittura il 49%.

    In certi casi i loro giri d'affari sono superiori a ciò che producono interi Paesi. Se compilassimo una lista delle prime cento economie del mondo, includendovi sia i Paesi, in base al loro prodotto interno lordo, sia le imprese, in base al loro fatturato, scopriremmo che 44 sono multinazionali. La prima compare al 27° posto: è Walmart, potente catena commerciale, con un fatturato superiore al prodotto interno lordo dell'Austria.

    Per la loro enorme capacità di produzione e di vendita, ormai nessun Paese contiene un numero di consumatori sufficiente ad assorbire i prodotti delle multinazionali. Per questo hanno avuto bisogno di trasformare il mondo intero in un unico grande mercato, all'interno del quale potersi muovere senza ostacoli per collocare ovunque i propri prodotti. La loro sete di crescita è senza limiti e non contente dei traguardi raggiunti con la globalizzazione pilotata dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO per dirla all'inglese), cercano di varcare nuove frontiere tramite trattati bilaterali come il TTIP, l'accordo trattato in segreto fra Stati Uniti e Unione Europea per costruire una grande area commerciale libera da barriere doganali, con leggi comuni al ribasso in materia agricola, ambientale, sanitaria, sociale, con possibilità per qualsiasi impresa del blocco di gestire servizi pubblici di qua e di là dell'Atlantico. Ma il piatto forte del trattato è il meccanismo che consente alle imprese di rivendicare un indennizzo ogni qual volta gli stati dovessero fare leggi contrarie ai loro interessi. Così stiamo costruendo un mondo alla rovescia dove l'interesse generale è sottomesso al profitto di pochi.

    Ma non si tratta di un destino ineludibile. Tutto ciò che è imposto con la forza può essere arrestato e modificato con la resistenza. E sapendo che le più grandi alleate del potere sono ignoranza e apatia, la prima cosa da fare è scrollarci di dosso la disinformazione, che ci depista, e il senso di impotenza, che ci paralizza. Per cui cerchiamo di conoscere meglio i colossi che si stanno impadronendo del mondo. Conoscendoli potremmo scoprire che non sono poi così forti come cercano di farci credere.


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    1. Grazie per gli interessanti dati sulle multinazionali. Confrontiamo con i dati sulla tassazione, e capiamo perchè "grande è bello"... In linea generale le più grandi multinazionali realizzano circa 1.000 miliardi di profitti. La tassazione reale di questi 1.000 miliardi si aggira dall’1,5% al 5%, mentre le PMI pagano circa il 30% (quando va bene) in più. Bello l’incipit che utilizza il Sole24Ore, da cui traggo la mia conclusione: “Le tasse? Una questione da piccoli: piccole imprese e semplici cittadini.”.

      A chi interessasse, infine, il programma della destra polacca appena giunta al governo.

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    2. Cito un pezzo di quanto è riportato nell'articolo riguardo al programma presentato agli elettori dal nuovo partito di governo polacco: "Sul fronte dei rapporti con Mosca, chiede di aumentare la presenza militare americana sul suolo polacco e ha annunciato di voler incrementare la spesa militare almeno al 2,5% del Prodotto interno lordo". Sostanzialmente, verranno tenuti in pugno attraverso il programma della NATO. Non è assolutamente necessario che entrino nell'area euro data questa premessa, anzi: la sottoscrizione del Patto Atlantico è di gran lunga più stringente per gli interessi americani in ballo.
      La Polonia sta ripetendo lo stesso identico errore che commise nei mesi precedenti la Seconda Guerra Mondiale, quando rifiutò categoricamente di allearsi militarmente con l'Unione Sovietica in funzione anti-nazista perché, come dichiarò un generale polacco, "Con i tedeschi rischiamo di perdere la nostra libertà. Con i russi perdiamo la nostra anima". Questa fu, tra l'altro, proprio la goccia che fece traboccare il vaso, giacché convinse definitivamente Stalin a cercare rapidamente un momentaneo accordo con il suo nemico giurato (essendo del tutto ricambiato), i nazisti, pur di non doverli affrontare da solo fin da subito, considerata anche l'imbarazzante titubanza di Francia e Inghilterra sull'argomento (e si capisce: Hitler era pur sempre il "loro" baluardo contro il comunismo). Come andò a finire è noto. Ovviamente, è altrettanto noto dove si rifugiarono e da chi furono aiutati i più grandi nazisti sopravvissuti alla fine di quella carneficina.
      Non c'è niente da fare: tra le nazioni dell'Europa, è solo la Francia ad avere il peso specifico per poter dare il via al processo di riconquista delle sovranità da parte dei legittimi possessori (i popoli). Germania e Italia appaiono attualmente troppo compromesse per poter sperare concretamente ad una loro riscossa democratica "di dignità" in tempi utili per evitare la catastrofe. Non è un caso se è Marine Le Pen l'unica, tra i principali politici del continente, a dare prova di aver ben compreso la posta in palio (ed è apparentemente quella con il maggior consenso nel fronte anti-euroamericano). So che sto ripetendo concetti auto-evidenti e che ho già espresso in passato, ma, come ha detto Giacché ieri, "la tautologia ormai è una verità rivoluzionaria"; e così, di tautologia in tautologia, di ovvietà in ovvietà, ci tocca andare avanti finché possiamo.

      P.S.: vado ad aggiungere al post sul divario fra Nord e Sud Italia il link di un documentario della Rai dedicato a Enrico Mattei. Nella parte finale della trasmissione ci sono proprio le dichiarazioni di Mattei in merito a questa questione (nella prima parte si tocca il tema della accuse "ridicole" - così le definì - che gli venivano rivolte da ogni angolo di fare spesa pubblica improduttiva). Ne consiglio la visione a chi fosse interessato ad approfondire il tema (anche in vista del convegno del 30 ottobre).

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    3. Posso invitarti a leggere il successivo post, appena pubblicato

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  5. IL LATO CORTO DEL QUADRATO
    (otc .. sempre in ritardo dopo 'na nuttata consiliare sui CUC (centrali uniche di committenza) dopo il PIDE di Salazar siamo nel PUDE eurista - gli acronimi sono sempre .. "narrazioni suggestive")

    Qualche millennio di animate discussione, teorie, ipotesi, confutazioni attorno al V postulato della geometria euclidea per sfociare nelle realtà aumentate delle geometrie ellittiche e iperboliche.

    Solo qualche decennio per inoculare con l’inedia, l’incapacità, l’impossibilità, l’ignavia, l’imbecillità, l’interesse interessato di informazioni veicolate – non s’ha quale altra “i” giuntare, ce ne sarebbe molte di irriverenti – il prolasso del sistema immunitario di una civiltà e di una cultura civica tramandata nei secoli e sfociata nelle Costituzioni repubblicane democratiche del secolo breve.

    L’ “episodio” portoghese è solo una “stracca” rilettura di morti annunciate pronunciate dal suo presidente nelle deliranti motivazioni addote sugli eco delle trincee di Grândola vila morena.

    Parrebbe - tra i deliri disumani emaciati da una fetida guerra sociale - scorgere il desiderato ricongiungersi dei più lucidi “prometeo” del Bel Paese attorno ai temi della democrazia sostanziale scritta nel dibattito dell’Assemblea Costituente del ’48 incardinata sulla dignità del lavoro quale fondamento di una civiltà praticata con il pieno recupero delle politiche economiche, monetarie, fiscali di una comunità civica pacifica e libera forse già delusa nel incarico formale conferito al primo Presidente delllo Stato Repubblicano, L Einaudi.

    Rottamazione di un progetto equilibrato interclassista che parte nella “modernizzazione” dei titoli organizzativi di una Carta ormai vecchia di 70 anni e che vede profolarsi l’attacco finale nell’evocazione trasversale del SALARIO DI CITTADINANZA dilaniandone i principi fondamentali, quelli

    “ .. assicurare un reddito minimo a tutti, o a un livello sotto cui nessuno scenda, quando non può provvedere a se stesso, non soltanto è una protezione assolutamente legittima contro rischi comuni a tutti, ma è un compito necessario della Grande Società”

    “ .. non vi è motivo per cui in una società libera lo stato non debba assicurare a tutti la protezione contro la miseria sotto forma di un reddito minimo garantito, o di un livello sotto il quale nessuno scende”

    "...fornire agli indigenti e agli affamati qualche forma di aiuto, ma solo nell’interesse di coloro che devono
    essere protetti da eventuali atti di disperazione da parte dei bisognosi."

    (Friedrich Hayek - La via della schiavitù, 1944 Legge, Legislazione e libertà: Una nuova enunciazione dei principi liberali della giustizia e della economia politica, 1973-1979)

    Cara zia T.I.N.A., diffida dalle imitazioni che bussano alla porta.

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