venerdì 28 ottobre 2016

LA CORREZIONE DI ROTTA PRIMA DEL NAUFRAGIO: LA SCELTA DI CAMPO (LEGALITA' COSTITUZIONALE E COMPETENZA)


http://m1.paperblog.com/i/259/2599869/afirman-haber-encontrado-carabela-santa-maria-L-4w5uKT.jpeg

1. La situazione attuale può rammentare diversi frangenti storici in cui si avverte l'insostenibilità dello status quo, ma non si riesce più a cogliere con chiarezza non solo la "rotta effettiva" che si sta, volenti o nolenti, solcando con l'imbarcazione sulla quale ci si trova, ma neppure la "correzione di rotta" che sarebbe necessaria per porre rimedio al percorso disastroso (ma non imprevedibile, se si fossero usati correttamente i normali strumenti e tecniche di navigazione) che sta portando un'intera comunità nazionale verso lidi inospitali e indesiderati dalla schiacciante maggioranza dei "passeggeri".

Il problema di una correzione di rotta è, a rigor di logica, proponibile in due principali versioni
a) quella tracciata (in conseguenza di scelte politiche) aveva come destinazione un "punto" di arrivo che, rivelandosi nel suo progredire, si manifesta come sconveniente e non condivisibile per il benessere, o addirittura la sopravvivenza, dell'equipaggio e dei passeggeri coinvolti, persino per gli sventati ufficiali di navigazione; e ciò a causa delle scelte non ben precisate, e sottaciute in base a una riserva mentale, da un "capitano" autoritario, e sprezzante delle vite che gli sono affidate, che ha dichiarato un certo scopo del viaggio ma che, invece, ne aveva in testa uno diverso e rispondente alla propria esclusiva convenienza:
e però, scopre che la meta effettivamente in vista all'orizzonte non è neppure quella che si attendeva nella sua"riserva mentale";
b) la rotta tracciata era prefissata da regole di "navigazione" che corrispondevano alle "tratte" predeterminate per cui quell'armatore aveva un'autorizzazione/concessione da parte delle legittime autorità, - e quindi corrispondeva a uno scopo che poteva legittimamente indurre equipaggio e passeggeri ad imbarcarsi, conoscenso in anticipo il "normale" punto di destinazione-, ma l'incompetenza e la negligenza del capitano e degli ufficiali addetti alla navigazione, ha condotto la nave irrimediabilmente fuori della tratta di navigazione legale (secondo le norme che l'armatore e il capitano erano tenuti a rispettare).

2. Ebbene, la mancanza di chiarezza attuale, è, a mio modesto avviso, riconducibile alla concomitanza, disorientante, di entrambe le ipotesi.
Si è trattato finora, infatti, di un viaggio che appariva regolarmente previsto come "tratta" normativamente autorizzata, - quella verso il benessere e la pace e la giustiza tra la Nazioni (art.11 Cost.), che sarebbero state garantite  tramite l'adesione all'UE e alla moneta unica-, ma che, in modo occulto, se ne discosta, in quanto coperto dalla totale noncuranza verso la compatibilità delle nuove regole (di direzione e scopo della navigazione ritenuti di interesse generale), con quelle precedenti; regole mai abrogate (finora) e, anzi, tali da consentire "nuove" tratte solo a condizione che quelle comunque "ulteriori" fossero anch'esse finalizzate al perseguimento di quello stesso interesse generale, al benessere e alla sopravvivenza di equipaggio e passeggeri, fissato dalle più importanti norme di navigazione precedenti.
Alla fine, dunque, il viaggio sta svolgendosi su una rotta che simulava, anche per incautela di chi l'aveva formalmente autorizzato, il rispetto della legalità "superiore" (che pure giustificava la legittimazione e lo sforzo collettivo per infrastrutturare cantieri navali, porti e sistemi di capitaneria, dogana, reclutamento del personale, vendita di biglietti ai passeggeri), ma che, in concreto, è divenuta un dissimulato viaggio libero da fini di interesse generale, e per di più a destinazione ignota, persino al "capitano" e all'armatore che, intenzionalmente, hanno ingannato marinai e passeggeri; e che non sono neppure giunti ad ottenere quel vantaggio, occultato, che si erano ripromessi per se stessi (p.4)

3. Se la situazione di confusione è stata esposta in modo sufficientemente chiaro, con la metafora dell'intreccio dissimulato e ingannevole delle due ipotesi, ora ci troviamo di fronte a due problemi: 
- uno di legalità/liceità, da ripristinare per potere garantire la sopravvivenza di equipaggio e passeggeri, sanzionando coloro che hanno perpetrato l'inganno a proprio vantaggio e ledendo l'affidamento di tutti gli altri (ipotesi b), violando le regole che legittimavano qualsiasi "nuova tratta";
- un secondo, conforme alla "dissimulata" ipotesi a), che è anche di aggiuntiva (maliziosa) incompetenza e negligenza nel perseguire persino l'interesse personale e sottostante non dichiarato, il cui raggiungimento si rivela sempre più impossibile, con conseguenze catastrofiche per gli stessi promotori dell'inganno. E il rimedio più naturale è sollevare dal comando (tutti) questi promotori e ufficiali di navigazione.

4. Ora, se pure la mia inclinazione a spiegare la "complessità" possa risultare in spiegazioni....complesse (ma sto constatando che c'è sempre più gente "comune" che le trova, ormai, comprensibili), mi pare evidente che il "valore" più importante, cioè quello di vitale importanza per la comunità sociale italiana, sia quello di ripristinare la legalità costituzionale
Ma per poterlo fare con una minima speranza che ciò, finalmente, dopo decenni di diversi livelli e modalità di sabotaggio perpetrati con alterni successi, possa condurre ad un risultato soddisfacente in termini di benessere e democrazia, occorre anche che, chi è stato compartecipe dell'inganno, sia sostituito non solo da persone che non si prestino più a ripeterne di nuovi e analoghi, ma anche dotate di competenza e diligenza nel saper curare l'interesse democratico e sovrano della nazione, seguendo il quadro dei principi fondamentali della Costituzione. 

5. Un quadro che, sul piano delle scelte, può essere riassunto in questa citazione di Mortati propostaci dal prezioso Arturo:
Del tutto infondato appare, anche al più superficiale esame, attribuire carattere compromissorio a tali proclamazioni [di principio dalle quali è da attingere il criterio di graduazione dei molteplici interessi voluti tutelare], poiché esse risultano, se considerate nel loro nucleo essenziale, espressione univoca e coerente, in ogni loro parte, della volontà della grande maggioranza dell’Assemblea (8)”
Nota 8: “Jemolo, op. cit., p. 15 si è domandato quale classe politica rifletta, e quali aspirazioni di questa classe politica assecondi la Costituzione (con riferimento all’ opinione secondo cui questa si informerebbe al pensiero cristiano-sociale). Esatto quanto ritiene l’ A. che questo pensiero non abbia linee che valgano a dargli una vera fisionomia propria. Ma è vero che sussista tale ispirazione? Se alla concezione cristiana si voglia ricondurre il profondo motivo espresso dalla Costituzione essa deve essere intesa in un largo senso, non collegandola all’origine storica ed all’elaborazione dogmatica, in un senso analogo cioè a quello messo in rilievo da un noto saggio del Croce. Calata nella realtà di oggi quella concezione trova la sua più autentica espressione negli ideali del socialismo. Ed è a questa realtà che la nostra Costituzione ha voluto adeguarsi. (C. Mortati, Considerazioni sui mancati adempimenti costituzionali Aa. Vv., Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, Vol. IV, Vallecchi, Firenze, 1969, pp. 468).
  
6. Sul piano dei contenuti che devono connotare le scelte di ripristino di questa legalità, di questo Spirito di unità nazionale e di autentico patriottismo, che vide così concorde ("univoche e coerenti") in una nobile "intenzionalità", il nostro Potere Costituente (che deliberò sempre con schiaccianti maggioranze, compartecipi di tutti i partiti di "massa" dell'epoca), questi contenuti sono ricavabili "a contrario" da queste parole di Carli (G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, Roma-Bari, 1996 [1993], pagg. 14-17), che ci offrono, (sempre grazie ad Arturo), lo schema paradigmatico delle riserve mentali e delle (interessate) ri-narrazioni a posteriori, che hanno alterato e contraffato la vera essenza del momento "costituente" indicataci da Mortati (come uno dei più autorevoli e competenti interpreti "autentici" delle vicende Costituenti), e che, dunque, hanno poi giustificato (fino al "vincolo esterno") le "ipotesi di rotta dissimulata" che hanno, costantemente, tentato il sabotaggio della legalità costituzionale:
“La Costituzione è il punto di intersezione fra la concezione cattolica e la concezione marxista dei rapporti tra società ed economie, tra società e Stato. Le accomuna il disconoscimento del mercato in quanto istituzione capace di orientare l’attività produttiva verso il conseguimento degli interessi generali e la individuazione nello Stato dello strumento più idoneo per orientare la produzione al­l’interesse generale.
La presenza della «terza cultura», quella di Luigi Einaudi, ha lasciato tracce meno profonde nell’impianto costituzionale. Tra esse riveste primaria importanza l’articolo 81, nel quale Einaudi, confortato dal consenso di Ezio Vanoni, Pella ed altri democristiani, vedeva garantito il principio del bilancio in tendenziale pareggio. 
In realtà, l’automatismo che si riteneva di aver istituito poggiava su un errore concettuale. A quei tempi infatti si pensava che eventuali spese aggiuntive per la pubblica amministrazione potessero derivare soltanto dall’ istaurazione di nuove leggi. Per questo, l’obbligo di indicare la fonte della copertura per una spesa venne estesa soltanto alle leggi di nuova istituzione. Non si immaginava che la tumultuosa e improvvisa crescita della legislazione sociale degli anni Settanta avrebbe fatto sì che le maggiori spese derivassero piuttosto dal bilancio stesso, dalla forza inerziale della spesa autorizzata da leggi a carattere pluriennale, e quindi dall’impianto della legislazione vigente che si trova al di fuori del vincolo di copertura.
L’errore concettuale deriva dal fatto che Einaudi e Vanoni avevano a quei tempi esperienza di uno Stato rigorosamente «minimo». Anche il rinnovo dei contratti per i pubblici dipendenti era un atto unilaterale dell'amministrazione, e non il frutto di un negoziato con i sindacati.
...
Einaudi, l’inflazione e i comunisti. Perché la parte economica della Costituzione è sbilanciata a favore delle due culture dominanti, cattolica e marxista? 
Forse per prudenza, forse per caso, De Gasperi ed Einaudi avevano costruito in pochi mesi una sorta di «Costituzione economica» che avevano posto però al sicuro, al di fuori della discussione in sede di Assemblea Costituente. Saggiamente, ad esempio, Einaudi aveva evitato che si facesse menzione della Banca d’ Italia nel testo costituzionale. E fu una fortuna, se si pensa che alla Costituente si valutò l’ipotesi di affidare la vigilanza sul sistema del credito all’Iri piuttosto che all’istituto di emissione.

La «Costituzione economica» fu il coronamento della cosiddetta «stabilizzazione della lira» e in qualche modo ne rovesciava i contenuti. Ebbi modo di discutere con Donato Menichella ciò che accadde nei mesi tra l’autunno del 1946 e la fine del 1947. La convinzione che Menichella aveva maturato è che Einaudi prima dell’agosto 1947, avesse lasciato deliberatamente correre il credito bancario, che andava a finanziare accaparramenti di merci, importazioni di beni e di consumo e, ovviamente, aumenti dei prezzi. Contemporaneamente, Einaudi consentì che il Tesoro utilizzasse a piene mani lo strumento della monetizzazione del disavanzo, giustificata pubblicamente nelle Considerazioni finali del maggio 1947, nelle quali fece il gioco delle domande retoriche, «avrebbe potuto il governatore...?»."
 
"Einaudi favorì la galoppata dell’inflazione, perché era impossibile attuare una politica di spesa pubblica (non vi erano i fondi in Tesoreria) e perché egli non condivideva politiche keynesiane. Un’ondata di liquidità sospinse una ripresa economica, inflazionistica, e forse contribuì ad evitare la rivoluzione armata comunista.
Einaudi sapeva di giocare con il fuoco. Attuò quella politica per pochi mesi, in una situazione di vuoto giuridico e istituzionale primordiale, hobbesiana. L’inflazione fu lo strumento per far accendere gli spiriti vitali dell’economia e riattivare impianti industriali i quali, secondo Einaudi, non avevano affatto subito distruzioni irreparabili dalla guerra. Questa situazione di caos primigenio consentì di polverizzare l’indebitamento che lo Stato italiano si portava dietro. 
Poi, all’improvviso, Einaudi promosse un’azione di segno esattamente opposto con strumenti distribuiti a tutti i livelli normativi.
1) Fece nascere il Comitato per il credito e il risparmio che sottrasse al sistema liquidità con l’istituzione delle riserve obbligatorie. La Fiammata inflazionistica si spense in pochi mesi, manifestando così la sua origine strettamente monetaria. Einaudi aveva fatto sfogare l’inflazione repressa, per poi stroncarla con uno strumento di controllo quantitativo della moneta che avrebbe dovuto tenerla a bada per sempre.
2) Dopo aver finanziato lo Stato con l’emissione di moneta, promosse il decreto 7 maggio 1948, n. 544, con il quale si proibiva la pratica delle anticipazioni straordinarie, e si istituiva un semplice strumento che consentiva elasticità di cassa, ma che poneva un freno ad una politica sistematica di monetizzazione del debito.
3) Promosse l ’approvazione dell’articolo 81 della Costituzione per garantire che, in futuro, l’amministrazione pubblica non si trovasse mai più nella situazione di dover monetizzare il disavanzo. Il bilancio tendeva al pareggio e garantiva contro future fiammate inflazionistiche causate da improvvise occorrenze monetarie dello Stato.
4) Punto di approdo di tutta la strategia, la decisione di aderire alle istituzioni monetarie internazionali con una lira non più destinata a una spirale di svalutazioni continue.
5) Einaudi volle infine che una buona legge come la legge bancaria del 1936 fosse mantenuta al centro dell’ordinamento finanziario, con alcune interpretazioni innovative. Infatti, l’impianto concettuale del lavoro di Beneduce e Menichella rispondeva a preoccupazioni di carattere patrimoniale, e di tutela dei depositanti. Essa venne, invece, piegata ad una nuova interpretazione, anche macroeconomica. 
Il legislatore aveva attribuito alla Banca d’Italia il potere di introdurre limiti quantitativi all’espansione del credito bancario, ma era estranea allo spirito della legge la concezione secondo la quale il credito bancario produce l’espansione della moneta, e dunque dei depositi."

"Si trattava di una strategia magistrale in difesa dello «Stato minimo» borghese, con un’alternanza di manovre che oggi diremmo di «stop and go», che attuò una sorta di primo divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia. Tuttavia, era una strategia extra costituzionale, nata e gestita tra la Banca d’Italia e il governo, e dunque legata a una dialettica istituzionale propria di uno Stato borghese, che non avrebbe retto ai mutamenti dei decenni successivi.
Le forze propulsive che hanno spinto l ’evoluzione della società italiana nel corso dei decenni successivi si sono costantemente ispirate al solidarismo cattolico e al collettivismo marxista. Dal loro intreccio ha ricevuto impulso la politica della gratuità delle prestazioni pubbliche. La nostra adesione alle istituzioni internazionali, alla Cee in particolare, ha costituito un freno, abbastanza forte da condizionare ma non tanto forte da impedire l’allargamento della presenza pubblica nell’ industria, l’adozione di comportamenti inflazionistici.”. (G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, Roma-Bari, 1996 [1993], pagg. 14-17).

Dove si vede come anche Carli non avesse capito quanto avesse contato, in termini pratici, il ripudio del liberismo e del neo-liberismo (inclusivo della teoria quantitativa della moneta nelle proposizioni di Einaudi e gli ordoliberisti), avvenuto in Costituzione.
Ripudio che non aveva nulla a che fare con l'avversione alla libera iniziativa economica privata, come dà invece ad intendere l'Amato di cui sopra, confondendo, come sempre, l'equilibrio keynesiano di domanda e offerta aggregate, con quello marginalista -marshalliano, fondato sulla generalizzazione dell'equilibrio prezzi-costi marginali della singola impresa.
E tutto questo, dato che alle "fantasie" storico-economiche degli ordoliberisti sfugge che la "lievitazione" del settore industriale privato italiano fu dovuta all'immediato e robusto sostegno all'occupazione e alla domanda dato dalla grande, e amplificata, industria pubblica.

8.1. Le politiche deflattive di Einaudi non c'entrarono molto: semmai, - nella consueta ossessione per la competitività e per le riserve di valuta pregiata, trascinatasi dai tempi in cui acclamava il fascismo-, acuirono il conflitto sociale, consentendo un rafforzamento del partito comunista rispetto alla situazione di prevalenza dei socialisti in Costituente.
Lo stesso Carli cadeva in questo equivoco: scambiare Rosa Luxemburg per Stalin (nonostante gli avvertimenti di Caffè e Lelio Basso).
Tutt'oggi questa è la vulgata prevalente che infiora le "ricostruzioni" espertoniche ordoliberiste di destra (dov'è un mantra fisiologico, oltre che esercizio di ignoranza dei dati normativi e macroeconomici), ma più che altro di sinistra. Naturalmente sognatrice e €uropeista.

E pensare che basta una lettura dei documenti dell'epoca per chiarire l'"equivoco".
Per esempio sulla relazione della Presidenza della Commissione per lo studio dei problemi del lavoro del Ministero per la Costituente, un documento ripetutamente citato nei lavori dell'Assemblea, leggiamo:
“Fu esattamente detto che ad ogni forma di economia corrisponde un regime. E tutte le Sottocommissioni sono state unanimi, perciò, nell’auspicare che la nuova Carta costituzionale contenga almeno quei primi principii che, riconosciuto il lavoro come elemento della organizzazione sociale del popolo italiano, traccino le direttive della legislazione futura in materia di lavoro, in guisa tale che la dignità della sua funzione, la sua più ampia tutela ed ogni possibilità futura di sviluppo della sua posizione nell’ordinamento sociale siano assicurate.

Si è già rilevato che la Commissione ha considerato il lavoro come uno degli elementi ma non come il solo elemento rilevante della organizzazione economica e sociale. Da ciò bisogna dedurre il riconoscimento della proprietà privata dei mezzi di produzione, e quindi una tuttora persistente funzione del capitale privato nel processo produttivo.

La Commissione, nel suo complesso, tenuto anche conto delle risposte al questionario e degli interrogatorii, si è orientata verso un sistema eclettico che comprende così il principio della «sicurezza sociale» come quello del «pieno impiego», recentemente affermatisi in America ed in Inghilterra, con decisiva tendenza verso ogni forma di benintesa cooperazione.

La possibilità di occupazione nella attuale situazione non può essere creata che da una politica di spesa pubblica e da una politica di lavori pubblici. L’orientamento teorico della Commissione, come risulta anche dalla relazione della Sottocommissione economica, è volto verso le teorie della piena occupazione, in quanto essa risulti attuabile nel nostro sistema di produzione, teorie che stanno alla base dei piani Beveridge e consimili. La relazione rappresenta perciò una indicazione di politica economica che corrisponda alla realizzazione del principio giuridico del diritto al lavoro.”

L'autore peraltro era un comunista. A conferma di quella convergenza attorno al lavoro di cui parlava Mortati.

22 commenti:

  1. Mi scuso, so che sono OT, ma vorrei riportare queste parole: " "L'Italia ogni anno dà 20 miliardi all'Europa e ne recupera 12. Oggi c'è una bella novità: il presidente del Consiglio italiano, poiché comincia la discussione sul bilancio, metterà il veto su qualsiasi bilancio che non contempli gli stessi oneri e gli stessi onori". Lo ha detto replicando alle parole di Orban, il premier Renzi a Radio Radicale. Evidentemente abbiamo colto nel segno" ma "deve essere chiaro che l'Italia non è più salvadanaio da cui andare a prendere soldi. Il tempo in cui l'Italia faceva il salvadanaio è finito".". Mi viene da dire un bel: VEDREMO!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Vedremo"?
      Mah...questo è in realtà il "minimo sindacale" lasciato in sospeso fin dai tempi dello SME, come evidenziava Luigi Spaventa nel famoso discorso in parlamento del 1978.
      E dunque, considerate le (manipolatorie) ragioni storico-culturali dell'omissione, non risulti essere OT...

      Elimina
  2. Mi rendo conto di vivere in un'epoca davvero scura, che ben potrebbe essere definita "Il medioevo del capitalismo". In un vecchio fumetto (sono un appassionato), lessi a suo tempo una bella frase che recitava, più o meno, così: "se devi vivere nella menzogna, a te stesso devi dire sempre la verità".
    E' l'unica cosa, a ben vedere, che "loro" non potranno mai impedire. Ma quando arrivi a quel punto, quando arrivi a vivere nella menzogna generalizzata, è già finita. Siamo già a quel punto? Di sicuro ci siamo molto vicini.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi domando quale aspetto della vita pubblica, mediatica e politico-culturale, non sia stato già travolto dal combinarsi di menzogna preordinata e di omissione dissimulativa poi divenuta maliziosa.
      Sinceramente, non saprei dire perché NON saremmo "già a quel punto".

      Elimina
    2. Una magra consolazione (forse). Noto che, timidamente, qualcuno, comincia a farsi certe "domande": http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/28/ttip-ceta-e-produttivita-ecco-come-il-capitalismo-vuole-sopravvivere-a-se-stesso/3127716/

      Elimina
  3. Ciao Quarantotto, secondo il mio modestissimo modo di vedere, per il ripristino della legalità Costituzionale che tu e noi auspichiamo abbiamo bisogno minimo minimo di dieci/ventimila persone con lo Spirito dei Padri Costituenti, capaci di anteporre l'Interesse Generale al proprio piccolo interesse individuale. Successivamente questo Spirito andrebbe trasmesso e insegnato in tutte le scuole di ogni ordine e grado della nostra Penisola. Per ultimo ma non meno importante, sarebbe necessario che la Banca d'Italia tornasse ad essere un Ente Ausiliario del Ministero del Tesoro. L'auspicio personale come cittadino democratico è che tutto questo possa realizzarsi attraverso un passaggio Democratico e pacifico.
    La futura classe dirigente del Paese dovrebbe essere innervata dalle meravigliose parole di Lelio Basso: "La sola strada da battere per uscire dalla crisi contemporanea è IL RIFIUTO DI PIEGARE OGNI UOMO ALLE ESIGENZE DEL PROFITTO, che è il motore di questa società, e lo sforzo di adeguare tutte le strutture sociali alle esigenze dell’uomo, di CREARE UNA SOCIETÀ A MISURA UMANA, UNA SOCIETÀ IN CUI GLI UOMINI POSSANO RITROVARE IL SENSO DELLA VITA, la coscienza della propria responsabilità, il gusto dei rapporti comunitari…” [L. BASSO, Le radici del malessere, Il Giorno, 13 giugno 1974].
    Un grazie a Francesco Maimone per averle postate.

    RispondiElimina
  4. “… Con la seduta di poche ore fa il compito dell'Assemblea Costituente può dirsi adempiuto. Ecco il testo definitivo della Costituzione, che mi appresto a consegnare al Presidente dell'Assemblea…
    Era un compito difficile e faticoso. Il Comitato di redazione è apparso molte volte quasi una mitica unità; i suoi membri si sono divisi ed hanno combattuto fra loro; ma dopo tutto vi è stato, e si rivela oggi, uno spirito comune, uno sforzo di unità sostanziale; ed oggi il Comitato compatto sente la responsabilità e la solidarietà del suo lavoro, ed è orgoglioso di averlo portato a termine. Questo io devo dichiarare, a suo nome, all'Assemblea e ringraziarla di aver sanzionato l'opera nostra…

    Questa è un'ora nella quale chi è adusato alle prove parlamentari, chi è stato in trincea, chi ha conosciuto il carcere politico, è preso da una nuova e profonda emozione. È la prima volta, nel corso millenario della storia d'Italia, che l'Italia unita si dà una libera Costituzione: Un bagliore soltanto vi fu, cento anni fa, nella Roma repubblicana di Mazzini. Mai tanta ala di storia è passata sopra di noi.
    E ciò avviene in una congiuntura non ancora definita, in un processo di trasformazione ancora in cammino, in cui alcuni istituti vecchi non sono ancor morti, ed altri nuovi non sono ancora interamente vivi. Esistono due crepuscoli tra il giorno e la notte: questo che ora scorgiamo sarà per la nostra Italia crepuscolo di aurora e non di tramonto.

    Dobbiamo darci la nostra Costituzione in una situazione tragica; dopo la disfatta; dopo l'onta di un regime funesto. DOBBIAMO CERCARE DI COSTRUIRE QUALCHE COSA DI SALDO E DI DUREVOLE, mentre viviamo in piena crisi politica, economica, sociale. Ebbene, vi siamo riusciti. L'Italia darà un'altra prova di ciò che è stato il segno della sua storia e la rende inconfondibile con le altre nazioni: l'Italia è la sola che abbia saputo e saprà, risorgendo, rinnovare e vivere fasi successive ed altissime di nuove civiltà.

    Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un INNO DI SPERANZA E DI FEDE. INFONDATO È OGNI TIMORE CHE SARÀ FACILMENTE DIVELTA, SOMMERSA, E CHE SPARIRÀ PRESTO. NO; ABBIAMO LA CERTEZZA CHE DURERÀ A LUNGO, E FORSE NON FINIRÀ MAI, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell'esperienza storica. Pur dando alla nostra Costituzione un carattere rigido, come richiede la tutela delle libertà democratiche, abbiamo consentito un processo di revisione, che RICHIEDE MEDITATA RIFLESSIONE, ma che non la cristallizza in una statica immobilità... E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà LA BASE DEFINITIVA DELLA VITA COSTITUZIONALE ITALIANA. Noi stessi — ed i nostri figli — rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili … Un giudizio pacato sui pregi e sui difetti della nostra Carta non può essere dato oggi, con esauriente completezza. Difetti ve ne sono; vi sono lacune e più ancora esuberanze; vi sono incertezze in dati punti; ma mi giungono ormai voci di grandi competenti dall'estero, e riconoscono che questa Carta merita di essere favorevolmente apprezzata, ed ha un buon posto, forse il primo, fra le Costituzioni dell'attuale dopoguerra. (segue)

    RispondiElimina
  5. I “PRINCIPI FONDAMENTALI” che sono sanciti nell'introduzione, e che possono sembrare vaghi e nebulosi, CORRISPONDONO A REALTÀ ED ESIGENZE DI QUESTO MOMENTO STORICO, che sono nello stesso tempo POSIZIONI ETERNE DELLO SPIRITO, e manifestano un anelito che unisce insieme le correnti democratiche degli “immortali principî”, quelle anteriori e cristiane del sermone della montagna, e le più recenti del manifesto dei comunisti, NELL'AFFERMAZIONE DI QUALCOSA DI COMUNE E DI SUPERIORE ALLE LORO PARTICOLARI ASPIRAZIONI E FEDI. Nessuno si deve scandalizzare se nei testi costituzionali è entrata — ormai da tempo — la nota dei rapporti economici. Le direttive che noi abbiamo formulato aprono, con la maggior adeguatezza possibile, LA VIA A PROGRESSIVE RIFORME VERSO QUELLA CHE DEVE ESSERE ORMAI, lo abbiamo detto nel primo articolo, LA DEMOCRAZIA BASATA SUL LAVORO; e nel tempo stesso ESCLUDONO, proprio per lo sforzo di tracciare concreti istituti, i METODI RIVOLUZIONARI E VIOLENTI…

    Si è fatto il possibile: nessuna altra Carta ebbe una più minuta preparazione; nessuna fu più a lungo discussa; per nessuna si è fatto con maggior completezza il punto, e si è condotto quasi un esame di coscienza di tutti i problemi più gravi del momento. È un eccesso? Sì; ma NON È SENZA SIGNIFICATO CHE UN POPOLO, NELL'ACCINGERSI AD UN RINNOVAMENTO, ABBIA VOLUTO COMPIERE QUEST'ESAME DI COSCIENZA … Quando oggi voteremo, il largo suffragio che daremo alla nostra Costituzione attesterà che, malgrado i dissensi e le lacerazioni, è scaturita dalle viscere profonde della nostra storia, LA CONVERGENZA DI TUTTI IN UNA COMUNE CERTEZZA; il sicuro avvenire della Repubblica italiana. (Vivissimi, generali applausi)…”

    [M. RUINI, 22 dicembre 1947 – Seduta antimeridiana dell’Assemblea Costituente – Votazione finale].

    Tutto il resto è fogno.

    RispondiElimina
  6. Che poi l’impostazione keynesiana della Costituzione era un dato tanquillamente riconosciuto dalla dottrina. Nel commento all’art. 4 del canonico commentario Branca (Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Zanichelli, Bologna, 1975, pag. 220), Federico Mancini, non esattamente un estremista (o magari sì, ma, più tardi, in senso europeista), scriveva: “[…] si potrà osservare che una politica rispettosa del dettato costituzionale avrebbe dovuto articolarsi, da un canto, in una serie di misure intese a realizzare un efficiente servizio di collocamento e a migliorare la formazione professionale della manodopera (v. anche art. 35 2° comma e 38 3° comma); dall’altro, secondo la classica ricetta keynesiana, nell'adozione di programmi di spesa in investimenti sociali idonei a espandere la domanda aggregata.”

    Il commento dedica, tra l’altro, un interessante en passant a Prodi e Andreatta (pp. 244 e ss.), accusati, citando Rodotà (!), di “fremiti neoliberisti” per quanto scrivevano in due volumi del ’73: “«Il congelamento dei posti di lavoro in uno specifico impianto produttivo », « l’impossibilità di licenziare e di organizzare il lavoro all'interno della fabbrica » [questro è Prodi], la « ferrea stabilità d’impiego in quel posto di quel reparto di quella fabbrica di quel comune » [questo è Zappulli sul Corsera] sono il simbolo e insieme il prodotto di una politica che a tutto mira fuorché a promuovere condizioni generali di sviluppo. E le loro nefaste conseguenze stanno davanti ai nostri occhi: un’economia bloccata che minaccia di adagiarsi nel ristagno, un aumento della disoccupazione soprattutto tra le leve che s'affacciano per la prima volta sul mercato, uno sviluppo pauroso delle forme di lavoro precario; e — ultimo, ma non meno grave — quell’effetto caratteristico del «minor timore » con cui gli occupati guardano alla prospettiva della disoccupazione che è l’« emergere dalla base di piattaforme improbabili » (inquadramento unico, centocinquanta ore, salario garantito ecc.) [questo è il buon Andreatta]”.

    RispondiElimina
  7. Risponde Mancini: “[…] anche a prescindere da affermazioni impudiche come quella di chi si duole che la diminuita paura della disoccupazione abbia tolto di mezzo un deterrente contro l’emergere di piattaforme « massimalistiche » [ mi auguro non sfugga la ricorrenza della lamentela] — è la loro interpretazione, la filosofìa su di essi costruita che non possono essere accolte; che vanno, anzi, ribaltate.”

    “[…] suggerendo il ritorno al licenziamento « facile » — e cioè al requisito fondamentale per il ripristino dello sfruttamento di allora —, gli economisti di cui s'è detto si fanno portavoce di una risposta tra le più miopi che la domanda operaia di benessere e di potere abbia ricevuto negli ultimi due anni; una risposta non meno indicativa del vuoto strategico in cui si dibatte il padronato italiano di quella consistente nel ricorso al lavoro precario che pure essi giudicano una iattura.”

    […]

    “D’altra parte, l’ostacolo — una certa rigidità nell’uso della forza-lavoro e le condizioni che l’hanno resa possibile, prime gli art. 13 e 18 dello statuto —- è una conquista della classe operaia da cui l’intera società ha tratto vantaggio in termini di crescita civile. Come tale, non può essere messo in discussione. « Lo spreco di capitale » provocato « dal riposo delle macchine », per dirla col presidente dell’Iri, è senza dubbio un male; lo spreco di uomo, questo « animale diurno che ha un suo ciclo biologico e viene violentato se lo si costringe a lavorare in condizioni troppo lontane da quel ciclo » è il male.
    A, siffatta gerarchia di valori anche Taylor redivivo non rifiuterebbe il suo piccolo omaggio a fior di labbra. Ma, nell’economia del nostro discorso, il punto centrale è un altro; ed è formulabile dicendo che, lungi dal contraddire in principio le esigenze della lotta alla disoccupazione, la difesa della condizione operaia può agire positivamente su di essa.”


    Ovvero, ma quando mai Prodi e Andreatta sono stati “di sinistra”? Forse bisognerebbe meditare la battuta di Dossetti, riferita da un suo caro amico: “alla reiterata richiesta di una giustificazione per l’abbandono della vita politica, si sentì rispondere da don Giuseppe con la frase: «ma vuoi capire che di dossettiani ero rimasto soltanto io!».” (in Non abbiate paura dello Stato! a cura di E. Balboni, Vita e Pensiero, 2014, pag. 71

    RispondiElimina
    Risposte
    1. (Applausi a Arturo e consueto sgomento per la dimenticanza oppiacea in cui vive oggi il "culturam€" :-) e la sua vittima: il cittadino €uropeizzato dai media)

      Elimina
    2. Proprio vero, il medioevo del capitalismo, la dimenticanza oppiacea (per quelli che vissero gli anni 70 e uno stato di alienazione dei più giovani). La competenza è scomparsa. I reclutati servono furbi ma non intelligenti né colti. Anzi, non sarebbero per nulla affidabili. Il reclutamento M5 sembra fatto apposta. La capacità di adattamento del sistema è spaventosa. E' questa capacità quasi organica che sorprende e spaventa. E chi cerca di ragionare non può avere quella stessa velocità. L'unico modo è che certe cose si decidano una volta per tutte e non vengano MAI più discusse. La Costituzione è lo strumento che spiega queste cose. E il Diritto ben spiegato si fa capire molto meglio dell'Economia, secondo me. Per questo laggente sembra cominciare a capire. Grazie a voi.

      Elimina
    3. Buona sintesi.
      Con una precisazione: non mi sentirei di addossare una colpa "principale ed esclusiva", in modo integrale, ai "reclutati" ed esponenti del M5S.

      L'attitudine ad essere in stato di alienazione, "furbi, e non intelligenti né colti", ormai appartiene a più generazioni (ipnotizzate, non si sa come, dai media e dai Prodi-Andreatta); cioè appartiene a giovani ormai invecchiati, o nati "vecchi" (rispetto alla democrazia necessitata e all'ossequio all'internazionalismo sovrano dei mercati), e i giovani attuali sono le inerziali vittime dell'idea che, dalla "scarsità di risorse", voluta da €uristi e deflazionisti finanziari globali, DISCENDA L'OSCENA E AUTOLESIONISTICA IDEA DEL "CONFLITTO GENERAZIONALE".

      Non c'è nessuno più schiavo, di chi, credendo di sapere, (come dice Bazaar, i "semicolti"), abbraccia il contrario della verità con controproducente sicumera.
      Come diceva Nietzsche, "solo allora l'errore diventa menzogna".

      Elimina
    4. Non intendevo questo. I reclutati cominciano dalla generazione Dalema ...i post conflitto (o meglio dobbiamo assumere che ci son sempre stati ...) ma ora sono SOLO reclutati. Citavo M5 come manifestazione dell'adattamento del parassita, cioè del capitalismo-neoliberismo-religione del mercato chiamiamolo come volete. O magari facciamo Essi. Dunque metttiamo che Essi hanno bisogno di reclutare un nuovo partito di opposizione per fare un po' di balletto dell'alternanza. Il M5 è perfetto e per ora vincente grazie allo slogan marchetta "meglio un cretino al potere che questi corrotti". Tutto qua. Dobbiamo credere che Essi abbiano avuto l'idea in the 1st place? No. Ci stanno i "creativi" alla CasaGrillo che offrono continuamente nuove idee per ingrassare Essi. Questo è l'aspetto "organico" del mostro che intendevo.

      Elimina
    5. Una volta stabilmente introiettato nella sua forma pura, ovvero come irriducibile e consustanziale correlativo oggettivo della soggettiva durezza del vivere, il paradigma virale della scarsità di risorse non può che lavorare a oltranza nel processo mentale dell'organismo ospite. La sua natura totalizzante e la sua struttura di profezia che si autoavvera ne comportano necessariamente l'applicazione progressiva e illimitata.

      Ad esempio, per quanto inverosimile e grottesco possa al momento sembrare, non ci sarebbe da stupirsi nell'ascoltare di qui a qualche tempo qualche illustre esponente della sinistra iluminata (ovvero votata al Fogno ma responsabilmente coi piedi per terra) stigmatizzare la detenzione ingiustificata (-> immeritata) di posate metalliche in luogo di quelle di plastica come una inaccettabile immobilizzazione di un asset materiale durevole altrimenti valorizzabile.

      Riconoscere il potenziale patogenico e l'elevata morbilità di certe idee-guida aiuta a comprendere l'inconsapevole dramma umano di questa gente, resistendo alla facile tentazione di liquidarne moralisticamente le pur oggettivamente truci azioni ed esternazioni come espressioni di una miseria umana e intellettuale che di per sé non spiega nulla, e la cui indiscriminata attribuzione porta quasi fatalmente a scadere nell'insulto gratuito.

      Per cui diciamola tutta: data la loro oggettiva condizione patologica, questi poveri superadattati al disadattamento sociopatico imperante non andrebbero biasimati, bensì compatiti e curati. Naturalmente nei limiti delle prestazioni coperte dall'assicurazione sanitaria privata che ciascuno di loro sarebbe stato in grado di meritarsi nel mondo ottimale governato dalla walrasiana distribuzione naturale.

      Elimina
  8. A proposito di conflitto generazionale, proprio oggi il vice direttore del Fatto si produce in un pezzo emblematico su questo tema, in cui rilancia la lotta tra poveri su cui i globalizzatori ordoliberisti fanno affidamento per il loro efficace “dividere e impera”. Già l’esordio dell’articolo dice tutto:
    "Due giorni fa all’università Bocconi sono state presentate interessanti ricerche frutto di un progetto promosso da JP Morgan in collaborazione con l’Ateneo milanese…."
    Si prosegue con un’approfondita analisi sociologico-economica:
    "La disoccupazione di lungo periodo è quella più pericolosa: porta a cicatrici indelebili in termini di autostima, di prospettive, di mancate opportunità, di scelte di vita irreversibili. Chi si trova senza nulla da fare tra i 25 e i 30 anni rischia di non riprendersi più, sarà sempre indietro rispetto a chi è rimasto nel mercato del lavoro, non si specializza, rinuncia a sposarsi e a fare figli e così via…"
    E si conclude con un monito vibrante alla classe politica tutta:
    "Morale: cari politici, caro premier quarantenne Renzi, caro sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini, i pensionandi e i pensionati dovrebbero essere l’ultimo dei vostri pensieri. Non il primo."
    Ovviamente in tutto l’articolo non vengono neanche citate l’Unione europea, i Trattati, il fiscal compact, il pareggio di bilancio, niente: la colpa della disoccupazione dei giovani è tutta dei pensionati e di chi ancora gli paga le pensioni. E questo è il vice direttore del Fatto Quotidiano, non dell’Unità o di Repubblica. Ma d’altronde è stato allievo della Bocconi, dove l'odio per i piccolo borghesi che vorrebbero migliorare o almeno difendere la propria condizione sociale è presupposto indispensabile per accedere ala laurea...

    RispondiElimina
  9. Oh, finalmente uno che lo ammette! Un giudice costituzionale, per la cronaca.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Clericetti, il recensore critico del sullodato che "fa ammissione", in effetti l'ho conosciuto lo scorso anno al Goofynomics dove ho presentato "La Costituzione nella palude", dandogliene copia (dato che, tra l'altro, era mio vicino a tavola...).
      Strano che non l'abbia citato, direi...

      Elimina
    2. È proprio strano che centinaia di persone, come "intellettuali" o giornalisti, non citino chi questi spazi non li ha mai avuti e ha capito meglio cosa sta succedendo con una profondità che la più raffinata delle menti che ha contribuito o si è opposta a questo progetto così come appare, avrebbe mai potuto sognare nei suoi deliri diuturni...

      Elimina
  10. OT: la mia incompetenza avrebbe qualche domanda da porre. Perché i governi italiani hanno voluto realizzare un avanzo primario così consistente da costituire un unicum al mondo (se ne parla anche nella Palude)? Se non ho capito male si tratterebbe di garantire così il debito pubblico dopo la separazione della banca centrale, al momento di chiedere finanziamenti alle banche private. Un forte avanzo primario consentirebbe di pagare un minore interesse? O procurerebbe altri vantaggi? Si sa dove e come è stato impiegato l'avanzo primario degli ultimi dieci anni?
    Quali alternative hanno usato i governi dei paesi che non hanno scelto questa strada? intendendo alternative non nel senso costituzional-lavoristico, perché in quel senso sarebbe chiaro. E perché qui si è presa una strada diversa (mi par di ricordare che Ciampi&Scalfari fossero grandi sostenitori dell'avanzo primario)?
    Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. http://orizzonte48.blogspot.it/2015/09/louput-gap-speciale-italiano-ma-in.html
      e links annessi

      Consiglio, su ogni argomento per il quale sorgano dubbi, di ricercare su google e inserire "orizzonte48" più i lemmi e concetti che si vogliono capire: ne emerge una quantità di post in genere collegati organicamente e tali da dare risposte su problemi già ampiamente trattati.

      Elimina