Pubblichiamo questo post di Sofia che estende i risvolti e le problematiche già evidenziate in questo suo precedente contributo: IL COSTO DELLA SANITA' PRIVATIZZATA. I DIRITTI COSTITUZIONALI DEI CITTADINI...E I SOLITI NOTI.
1) Alcuni dati sulla sanità in Italia.
Nonostante la spesa
sanitaria italiana sia assolutamente in linea con quella di altri paesi
europei, negli ultimi anni i fondi destinati a sostenerla sono stati oggetto di
continui tagli con effetti ormai evidenti sul livello dei servizi
assistenziali.
Secondo l’OECD - Rapporto 2014 sui
sistemi sanitari di 40 paesi industrializzati, dati 2012 – (così come emerge anche dai dati ISTAT) in Italia la spesa
sanitaria rappresentava il 9.2% del PIL (7,1% la spesa pubblica a cui si
aggiunge la spesa
sanitaria privata), con dati vicinissimi alla media
dei paesi OCSE pari al 9.3% ed ha subito diminuzioni a un tasso pari a -3% in
termini reali nel 2013.
Anche
la spesa farmaceutica è diminuita ogni anno (a partire dal 2009), con una riduzione di oltre il 6% in
termini reali nel 2012. Tra il 2008 e il 2012, la spesa per i farmaci è scesa
del 14% in termini reali. E stesso discorso vale per la spesa per il personale
sanitario.
2) Il diritto alla salute e in Sistema Sanitario Nazionale.
Prima di qualunque
considerazione sui tagli ai fondi regionali e al sistema sanitario (e sugli
effetti di questi tagli), di cui si è molto parlato negli ultimi mesi
come se la salute e il diritto alla salute fosse equiparabile a qualunque altra
merce in svendita al mercato, occorre invece ricordare che “La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” (art. 32 Cost).
Proprio per una
migliore attuazione di questo diritto il nostro sistema sanitario è passato da
un sistema basato su numerosi "enti mutualistici" o "casse
mutue" (dove l’assicurazione sanitaria era finanziata con i contributi
versati dai lavoratori e dai loro datori di lavoro e copriva il lavoratore e la
sua famiglia e dove il diritto alla tutela della salute era correlato non
all'essere cittadino ma all'essere lavoratore con conseguenti casi di mancata
copertura) sino ad approdare, con la legge 23 dicembre 1978, n. 833, all’attuale Servizio sanitario nazionale. Il nostro Servizio
Sanitario Nazionale, quindi, è, oggi, un sistema pubblico di carattere
universalistico, che garantisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini (in ossequio all’art. 32 Cost) , finanziato attraverso la fiscalità generale
(tasse), le entrate dirette (ticket sanitari) e le prestazioni a pagamento.
Con il PIANO SANITARIO NAZIONALE approvato dal Parlamento, il ministero definisce degli
obiettivi generali da raggiungere per la salute pubblica, l'importo del fondo
sanitario, il metodo di ripartizione di tale fondo alle Regioni che, mediante
una rete di Aziende Unità Sanitarie Locali (ASL), garantiscono l'attività dei
servizi sanitari. Il ministero definisce inoltre i criteri generali per
l'erogazione di tali servizi, le linee guida per la formazione e
l'aggiornamento di medici, infermieri e tecnici, nonché i sistemi di controllo
e verifica dei risultati raggiunti.
3) Gli effetti sul SSN dell'Europa.
Con l’entrata dell’Italia in
Europa anche il settore sanitario ha risentito delle istanze comunitarie
manifestatesi attraverso i continui richiami alle modifiche strutturali e al
raggiungimento dell’efficienza.
Dell’adeguamento a queste
istanze o comunque ai principi comunitari (a partire dalla Carta di Lubiana),
sono intrise tutte le norme e/o i documenti nazionali, che enunciano l’urgenza di provvedere alla riforma sanitaria, attraverso azioni:
- che dovrebbero perseguire obiettivi di miglioramento
della salute e che la promozione della salute deve costituire un interesse
principale dell'intera società (si badi, della società, non delle istituzioni);
- che dovrebbero rispondere ai bisogni dei cittadini tenendo conto,
mediante il processo democratico (quale?) delle loro aspettative in materia di
salute e di assistenza sanitaria;
- che dovrebbero garantire che l'opinione e le scelte dei cittadini possano
esercitare un'influenza decisiva sul modo in cui i servizi sanitari sono
strutturati e su come funzionano (peccato che i servizi sono strutturati non in
base all’influenza su di essi liberamente esercitata dai cittadini ma sulla
base della prioritaria necessità di rispettare il pareggio di bilancio);
- che devono avere quale obiettivo il miglioramento continuo della qualità
dei servizi erogati, ivi compreso il rapporto costo-efficacia;
- in base alle quali il finanziamento dei sistemi sanitari dovrebbe
permettere che l'assistenza sia erogata a tutti i cittadini “in maniera sostenibile” (?)… che richiede
l'utilizzo efficiente delle risorse sanitarie.
Ed ecco che, proprio in nome di questa efficienza, a partire dalla legge
finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) sono stati introdotti una serie di adempimenti per
le Regioni con un bilancio sanitario in deficit,
ossia che presentano un disavanzo di gestione a fronte del quale non
siano stati adottati in corso di esercizio i necessari provvedimenti di
copertura, ovvero i medesimi non siano risultati sufficienti. In tali ipotesi:
a) il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la
Regione ad adottare i provvedimenti necessari;
b) all’inerzia della Regione segue che il Presidente della Giunta
regionale, in qualità di commissario ad acta, determina
il disavanzo di gestione ed adotta i necessari provvedimenti per il ripianamento,
ivi inclusi gli aumenti dell'addizionale Irpef e
le maggiorazioni dell'aliquota Irap (l'aliquota base IRAP è pari a 3,9%;
l'addizionale IRPEF ha una base percentuale pari all'1,23%, ma l'articolo 6, comma 1, del
decreto legislativo 68/2011, ha previsto che, a decorrere dal 2012, ciascuna regione a statuto
ordinario può con legge, aumentare o diminuire l'aliquota dell'addizionale
regionale IRPEF di base fino a un massimo portato al 3,33% dal 2015);
c) in caso di inerzia del commissario ad acta entro il 31
maggio, si applicano comunque, nella misura massima, l'addizionale
Irpef e le maggiorazioni dell'aliquota Irap.
d) Scaduto il termine del 31 maggio, i provvedimenti del commissario ad
acta non possono più avere ad oggetto l'addizionale e le maggiorazioni
d'aliquota delle predette imposte, ma si ha
il blocco automatico del turn over del
personale del servizio sanitario regionale per due anni e il divieto di
effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo (tutti gli
atti contrari sono nulli).
e) Nel caso di raggiungimento o
superamento dello standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale
pari al 5%, la regione è obbligata a
presentare entro il 10 giugno un piano di rientro di durata non
superiore al triennio, elaborato con l’ausilio dell’Agenzia
italiana del farmaco (AIFA) e dell’Agenzia nazionale per i
servizi sanitari regionali (AGENAS). Il suddetto piano di rientro deve
contenere le misure di riequilibrio sia sotto il profilo erogativo dei livelli
essenziali di assistenza sia delle misure per garantire l’equilibrio di
bilancio sanitario in ciascuno degli anni compresi nel piano stesso, di riorganizzazione, di riqualificazione o di
potenziamento del Servizio sanitario regionale.
f) la Regione, sulla base di questo piano, stipula con i Ministri
della salute e dell'economia e delle finanze un apposito accordo che
individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio
economico. Questo piano di rientro, è valutato dalla Struttura
tecnica di monitoraggio (STEM) e dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome a cui segue l’accertamento di adeguatezza del
Consiglio dei ministri.
g) Se il piano non viene approvato viene
nominato il commissario
ad acta per redigere un piano adeguato, vengono sospesi i trasferimenti erariali a carattere non
obbligatorio e, sempre in via automatica, decadono i direttori
generali, amministrativi e sanitari degli
enti del servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale
competente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono
individuati i trasferimenti erariali a carattere obbligatorio, rimangono in
essere inoltre le maggiorazioni dell’aliquota IRAP e
dell’addizionale regionale IRPEF.
h) Qualunque norma regionale, "nuova" (proposta in itinere) o già vigente, che sia di
ostacolo al raggiungimento degli scopi di cui al piano deve essere modificata.
i) Solo il raggiungimento anche parziale degli obiettivi previsti nei piani
, può comportare la disapplicazione del
blocco dei turn over nel limite
del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire
l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
l) L’approvazione del piano di rientro,
da parte del Consiglio dei ministri e la sua attuazione costituiscono
presupposto per l’accesso al maggior finanziamento (ossia quote premiali e eventuali ulteriori risorse
finanziate dallo Stato non erogate in conseguenza di inadempienze pregresse),
di cui una quota pari al 40 per
cento è concessa a seguito dell’approvazione del piano
e il restante 60 per cento è
erogato a seguito della verifica positiva dell’attuazione del piano.
4) Gli effetti delle politiche di rigore sui servizi sanitari e sulla crescita.
Ciò detto, le Regioni italiane senza deficit nei conti pubblici della sanità - nel 2013 - sono state tredici e otto le
regioni commissariate a causa del
disavanzo.
Qualunque taglio ai fondi per la sanità delle
regioni, quindi, avrà effetti gravissimi sulla sanità delle regioni in deficit
perché l’applicazione degli strumenti previsti a partire dal 2005 (aumenti IRAP
e IRPEF, blocco delle assunzioni ecc.) sarà ancora più stringente e andrà a
sommarsi ad ulteriori effetti (diminuzione dei servizi, aumento dei
disoccupati, effetti sui consumi, sulla tassazione ecc).
Ma i medesimi effetti
si avranno anche per le regioni non in deficit.
La “Relazione
Generale sulla Situazione Economica del Paese 2012 - Il Servizio Sanitario
Nazionale” redatta a cura del Ministero
della Salute e pubblicata il 24.3.2014 ha esaminato proprio gli effetti ora
accennati.
La Relazione, più precisamente ha esaminato gli effetti dei vari interventi correttivi normativi, tra cui il decreto-legge 6 luglio 2012, n.95 (spending
review), sulla spesa sanitaria, mostrando come questi hanno inciso
particolarmente sui fattori di produzione, quali personale e beni e servizi, e
sul settore della farmaceutica convenzionata ed ospedaliera:
"Dall'esame dei dati di spesa riferiti agli anni 2009-2012 e dalla variazione percentuale annua registrata dagli stessi, si evince chiaramente come le misure di contenimento messe in campo sia a livello nazionale (es.ulteriore blocco dei contratti collettivi nazionali di lavoro per la validità di un triennio con decorrenza anno 2010, interventi in materia di farmaci ecc.) sia a livello regionale, per effetto delle misure messe in atto per l‟attuazione dei piani di rientro e dei programmi operativi (es. accreditamento degli operatori privati con l‟assegnazione di tetti di spesa e attribuzione di budget, riorganizzazione della rete ospedaliera ecc.) abbiano posto un forte freno alla crescita."
"Dall'esame dei dati di spesa riferiti agli anni 2009-2012 e dalla variazione percentuale annua registrata dagli stessi, si evince chiaramente come le misure di contenimento messe in campo sia a livello nazionale (es.ulteriore blocco dei contratti collettivi nazionali di lavoro per la validità di un triennio con decorrenza anno 2010, interventi in materia di farmaci ecc.) sia a livello regionale, per effetto delle misure messe in atto per l‟attuazione dei piani di rientro e dei programmi operativi (es. accreditamento degli operatori privati con l‟assegnazione di tetti di spesa e attribuzione di budget, riorganizzazione della rete ospedaliera ecc.) abbiano posto un forte freno alla crescita."
I diversi interventi normativi, ad
esempio, hanno determinato un costante contenimento dei costi per il
personale che è la risorsa centrale per la funzionalità del sistema e costa il 36% circa della spesa corrente SSN.
L’Italia si colloca sotto la media
OCSE sia per il numero di infermieri, 6.4 ogni mille abitanti, contro gli 8.8
della media OCSE, che per il numero di posti letto in ospedale, con "picchi" dove
ci attestiamo su una media di 3.4 per mille abitanti contro i 4.8 della media
OCSE (quest’ultimo dato mostra in particolare una netta diminuzione dei posti
letto italiani che solo 12 anni fa erano 4.7 ogni mille abitanti).
C'è una carenza di circa 60mila infermieri che, dopo la fase di tagli e razionalizzazioni, ha subito una grande contrazione: tutte le uscite sono sostituite in maniera minimale e, nelle Regioni con i piani di rientro, le sostituzioni non ci sono. In questo modo, non solo la professione infermieristica ha diminuito la sua presenza effettiva, ma sta anche invecchiando sempre di più. Quindi: infermieri più anziani, più stanchi, frustrati e demotivati, spesso utilizzati per mansioni non proprie alla loro professione. A cui si affianca anche l’impossibilità di assunzione di operatori di supporto (non laureati).
C'è una carenza di circa 60mila infermieri che, dopo la fase di tagli e razionalizzazioni, ha subito una grande contrazione: tutte le uscite sono sostituite in maniera minimale e, nelle Regioni con i piani di rientro, le sostituzioni non ci sono. In questo modo, non solo la professione infermieristica ha diminuito la sua presenza effettiva, ma sta anche invecchiando sempre di più. Quindi: infermieri più anziani, più stanchi, frustrati e demotivati, spesso utilizzati per mansioni non proprie alla loro professione. A cui si affianca anche l’impossibilità di assunzione di operatori di supporto (non laureati).
La Corte dei conti,
inoltre, ha evidenziato anche un altro aspetto interessante e cioè che la
maggior parte dell’indebitamento complessivo degli enti del SSN è verso i fornitori. Il mancato pagamento
o il notevole ritardo dei fornitori provoca effetti sulle aziende private
(riduzione della produzione, licenziamento dipendenti, chiusura imprese,
mancati o ridotti investimenti in ricerca e tecnologia…) che si ripercuotono
sul sistema economico generale, sui consumi e, conseguentemente, sulle entrate
fiscali.
La spending review (proiettata nel d.l. n.95/2012 che aveva mod. il primo internveto del d.l. n.98/2011)ha determinato
comunque una riduzione dei corrispettivi
e dei volumi d‟acquisto di beni e servizi, inizialmente del 5% e del 10% a decorrere dal 1°
gennaio 2013.
Le aziende sanitarie, inoltre,
sono tenute ad una rinegoziazione dei
contratti per acquisti di beni e servizi qualora i prezzi unitari siano
superiori del 20% rispetto ai prezzi di riferimento individuati
dall'Osservatorio per i contratti (istituito in seno all’AVCP, autorità ora soppressa e incorporata nell'Anticorruzione) ed eventualmente
a recedere dai contratti stessi, qualora il fornitore non si adegui al prezzo
di riferimento. Il livello della spesa farmaceutica convenzionata registrato
dall’aggregato nell’anno 2012 è diminuito dell' 8,6% ciò anche a causa dell’incremento della compartecipazione alla
spesa da parte del cittadino a seguito dell’aumento della misura dei ticket in
molte Regioni.
Conseguentemente ai tagli, nella maggior parte delle Regioni, risulta carente
l’assistenza territoriale sia in regime
residenziale e semiresidenziale che in regime domiciliare.
Il totale ricoveri per la riabilitazione ospedaliera
nel 2012 mostra una riduzione del 2,2% rispetto al 2011, cosi come le giornate di degenza
(-1,6%).
A partire dal 2012, inoltre, è
stato modificato anche il sistema di
ripartizione del finanziamento statale
tra le regioni (mentre prima avveniva
sulla base della popolazione residente, con il D.Lgs. 68/2011, avviene sulla base dei
costi medi pro-capite individuati in riferimento a tre regioni benchmark
selezionate).
Gli
effetti complessivi di queste manovre sono evidenti. L'andamento dei risultati
di esercizio rileva un'inversione di tendenza dal 2001 al 2012, registrando una
crescita media annua nel periodo 2001-2006 del + 15,39%, a -8,87% nel periodo
2007-2009 a - 31,54% nel periodo 2010-2012.
Eppure, nonostante
tutto quanto su esposto, è ormai confermato l’ulteriore taglio ai
fondi per la sanità pari a 1,5
miliardi. Gli
altri tagli previsti dalla legge di stabilità a carico delle Regioni dovrebbero invece toccare per
"400 milioni il trasporto pubblico locale e per 1,5 miliardi la riduzione
di beni e servizi intermedi e la farmaceutica”. Alle proteste dei Presidenti delle Regioni, il
presidente del Consiglio risponde via Twitter: «Comincino dai
loro sprechi anziché minacciare di alzare le tasse #no alibi».«Se
vogliamo ridurre le tasse, tutti devono ridurre spese e proteste» .
Ma è ovvio che i problemi di deficit non si risolvono
più con i tagli agli sprechi.
“Questo orientamento – ha detto l’assessore alla sanità della
Regione Veneto – è inaccettabile per chi ha già
realizzato politiche sanitarie regionali di razionalizzazione, per chi ha una
centrale unica di acquisti, per chi ha già ha attuato un’anatomia patologica
per provincia e ridotto i primariati. Credo che a questo punto sia palese la
volontà del governo di andare verso le assicurazioni private. Allora a questo
punto basta cambiare l’articolo 32 della Costituzione e dire che non c’è più il
sistema universalistico in Italia, dimenticando che il nostro è il sistema meno
costoso a livello europeo e il terzo meno costoso a livello mondiale” .
5) Alcune osservazioni su una politica fiscale che qualifica la spesa pubblica come "spreco presuntivo" e le strutture del SSN come "imprese".
Ora, non è che si
vuole mettere in discussione la necessità di dover riorganizzare il sistema
della spesa sanitaria ed eventualmente eliminare disfunzioni e/o sprechi
laddove sussistano.
Pare anche evidente, però, che l’idea che domina la
normativa sopra vista sul rientro del deficit sanitario, così come le spending
review è che le ASL siano equiparabili a
imprese e come tali vadano gestite.
Quando invece le Regioni (quali
amministrazioni pubbliche), attraverso le proprie articolazioni territoriali,
offrono, e anzi devono garantire, un servizio pubblico
fondamentale, devono assicurare a tutti l’assistenza e la salvaguardia del
diritto alla salute per la cui realizzazione è necessaria spesa pubblica che
mai può essere considerata “spreco”.
Il fatto stesso che a richiedere questi
servizi siano “malati” o “persone con problemi di salute” richiederebbe qualche
maggiore attenzione, senza contare che assicurare la salute dei propri
cittadini (soprattutto a livello di prevenzione) produce effetti riflessi su
molteplici altri aspetti della vita sociale e su altri settori assistenziali
pubblici, così come gli investimenti pubblici nella sanità (così come negli
altri settori), producono effetti anche in questo caso riflessi e trasversali
su occupazione, consumi, crescita, entrate fiscali.
I tagli disposti dalla legge di
stabilità, quindi, vanno ad incidere pesantemente su tutte le regioni, ma in
particolar modo su quelle già in disavanzo e assoggettate ai piani di rientro
nei termini e con le modalità che sopra si sono visti. Alle regioni
commissariate o in deficit, quindi, vengono bloccati i finanziamenti e solo se
i conti mostrano segni di miglioramento in conseguenza dei piani di rientro,
ottengono fondi (comunque soggetti a costanti riduzioni) in misura graduata ai
risultati.
I tagli, ovviamente, comportano
inevitabilmente riduzioni dei servizi sanitari o aumento del costo di quegli stessi
servizi a carico dei cittadini. Il taglio dei servizi determina, a sua volta,
tagli al personale medico ed infermieristico, con conseguenti effetti sulla
disoccupazione e sulla crescita.
L’aumento del numero dei disoccupati incide su consumi ed entrate fiscali.
La Corte dei Conti ha già
confermato l'effetto dell’incremento dei ticket sanitari, con un aggravio di spesa a carico
dei cittadini (nel 2013 i cittadini hanno pagato il 25% in più rispetto al
2010), a fronte di una spesa complessiva che ha continuato a ridursi (-0,3 % in termini reali).
Considerando la crescente
onerosità della compartecipazione del cittadino ci si avvicina alla
“indifferenza” tra il ricorso alle strutture private e quelle pubbliche tant’è
che la Corte dei Conti nel Patto di Stabilità suggerisce la introduzione di
alcune misure di “calmiere”, da una maggiore tutela dei nuclei familiari a
nuovi indicatori per esenzioni e tetti di spesa oltre i quali le prestazioni
sono gratuite per gli esenti per patologia.
Secondo poi la ricerca di Rbm
Salute-Censis «Costruire la sanità integrativa», promossa in collaborazione con
Previmedical, presentata al IV «Welfare Day» viene evidenziata una fuga nel
privato per accorciare i tempi.
La spesa sanitaria privata degli
italiani è pari a 26,9 miliardi di euro nel 2013 ed è aumentata del 3 per
cento, in termini reali, rispetto al 2007. Sostanzialmente il cittadino paga di
tasca propria quello che il sistema pubblico non è più in grado di garantire.
Gli italiani sono costretti a scegliere le prestazioni sanitarie da fare subito
a pagamento e quelle da rinviare oppure da non fare.
Così, crolla il ricorso al dentista a pagamento (oltre un
milione di visite in meno tra il 2005 e il 2012), ma nello stesso periodo
aumentano gli italiani che pagano per intero gli esami del sangue (+74 per cento) e gli accertamenti diagnostici (+19
per cento).
La 17° edizione del Rapporto PIT Salute “(Sanità) in cerca di cura”, presentato il 30.9.14 a Roma
dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva,
conferma che “le difficoltà economiche, i costi crescenti dei servizi
sanitari e le difficoltà di accesso spingono
i cittadini a rinunciare alle cure e sacrificare la propria salute”a causa delle difficoltà
di accesso alle prestazioni sanitarie, determinata da liste d’attesa troppo lunghe (il termine più
breve è di 6 mesi per visita oncologica a 2 anni per intervento all’ernia
iatale),ticket troppo
costosi e dall’intramoenia insostenibile.
Così come conferma l’aumento della spesa sanitaria nel settore
privato.
6) Le conseguenze sula spesa e sul reddito disponibile delle famiglie delle politiche di austerità relative al welfare sanitario (e non solo).
Ovviamente la conseguenza
immediata del ricorso al settore privato, sia con pagamenti diretti dei servizi
sanitari, sia con ricorso alle assicurazioni private è l’aumento dei costi. In
base ai dati raccolti dalla survey annuale di Towers Watson tra le compagnie assicurative,
nel 2014 i costi delle coperture sanitarie sono ovunque in aumento.
Inutile dire che le compagnie
assicurative giustificano ciò con l’aumento dei sinistri da malattie
cardiovascolari e da tumori (non viene considerato, ovviamente, il ruolo della
prevenzione, oggi praticamente impossibile da attuare a causa dei tagli), dal
numero eccessivo di prescrizioni da parte dei medici e da comportamenti poco
salutari da parte degli individui.
Certo è che il numero famiglie
italiane che acquistano una polizza sanitaria (ad esempio dal 2008 al 2010, le
sono passate dal 5% al 5,5%) è in costante aumento. E si tratta di un dato
allarmante alla luce del fatto che, parallelamente allo smantellamento del sistema
sanitario nazionale per la mancanza di risorse economiche, le continue politiche di deflazione salariale
faranno aumentare anche il numero di famiglie o di cittadini che queste
assicurazioni sanitarie non se le potranno permettere.
E, ovviamente, di fronte a questo
stato di cose, l’unica operazione che si limitano a fare i media, è quella di
dare la colpa agli sprechi, e di screditare il sistema sanitario pubblico
attraverso i molteplici articoli su casi di mala sanità, senza mai un solo
accenno a medici che lavorano in condizioni di precarietà per anni e in
strutture che spesso mancano di dotazioni e strumenti che sono essenziali non
solo per il benessere dei pazienti, ma per la salute e l’incolumità degli
stessi medici e infermieri.
Siamo ormai destinati alla "privatizzazione dell'anima ".
RispondiElimina...Orsù, placati e ripeti con me: il Mercato é
il mio pastore, non manco di nulla.... (cit. A. Bagnai)
https://vine.co/v/OUmTPTEq16J
Vi consiglio una indagine sul mondo Non Profit delle Ong e delle Onlus http://matteo-equilibrio1.blogspot.com/2014/10/la-casta-dei-senza-risposta.html
RispondiEliminaFrancamente non ne posso più di quintali di analisi macroeconomiche, giuridiche, geopolitiche senza un referente, una proposta politica. Non c'è più tempo!
RispondiEliminaChe non ci sia più tempo è stato qui detto da un bel pezzo.
EliminaSe poi le informazioni che vengono qui date - senza un referente "politico"- ti possono parere inutili, beh, dipende dal grado di informazione e consapevolezza che ciascuno ritenga utile a autodeterminarsi.
Per dissolverti in slogan e sdegno generico, all'interno di una qualsiasi offerta politica "di protesta" (normalmente sballata e senza nè capo nè coda, tranne quelli funzionali alla perpetuazione del paradigma oggi imperante) hai solo da scegliere...le occasioni non mancano.
Se invece intendi che occorra "passare all'azione", anche lì vale l'autonomia di scelta e di assunzione di responsabilità di ciascuno: attendo buone nuove se ne trai le coerenti conseguenze di azione personale....
@Franca/mente
EliminaScusami l'irriverenza - me lo concedo - ma le tonnellate di studi, analisi, storia documentata COSTITUISCONO BASE x ALTEZZA GEOMETRICA per uscire dall'IGNAVIA CULTURALE nella quale siamo arenati nella "caverna di Platone".
Il titanico lavoro di '48 - e di molti d'altri - sono RIAFFERMAZIONE GIURIDICA, ECONOMICA e .. UMANA di una RICOSRUZIONE CULTURALE NECESSITATA di QUELLO CHE NON SIAMO E CON VOGLIAMO ESSERE.
Il tempo è variabile fisica ma parerebbe, e pare, che qualche a/effetto di CONSAPEVOLEZZA sia raggiunto.
Essi, cioè essi, operano da decenni con un dispiegamento di "risorse" incommensurabili e abbiamo compreso quali sino le loro "armi" ...
:-)
Nel Veneto dell'efficienza sanitaria, ci sono reparti in cui il.personale è in esubero alla grande.Asl 13 :reparto medicina, infermiere addette alla reception senza un minimo di educazione. e cordialità, sghignazzano e ridono neanche fossero al.bar. E tu stai lí in piedi
RispondiEliminaad aspettare. Altro reparto, il chirurgo ti avvisa che l'intervento sarà tra molti mesi (1 anno e 7 mesi x precisione) xchè non c'è priorità x quel.tipo di interventi e xchè è in atto una specie di protesta x far vedere che c'è bisogno di personale e cosí allunganno apposta i tempi. Ditemi voi uno cosa dovrebbe pensare.
Al solito Sofia dimostra competenza esaustività e rigore senza pari.
RispondiEliminaUno dei peggiori metodi squadristi con i quali si infierisce sulla sanità, è quello di contare il morto laddove vengono salvate decine di vite al giono.
Ospedale X: caso di mala sanità, morto tal dei tali per (aggiungete motivo a piacere).
Un morto è giustamente una tragedia, cento vite salvate una statistica.