sabato 14 marzo 2015

L'ESERCITO DI RISERVA DEI "MERITOCRATICI" VA ALLA GUERRA SULLA SCUOLA




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 http://images.slideplayer.it/1/556543/slides/slide_24.jpg

http://www.saskiasassen.com/PDFs/interviews/Lostraniero-Interview.pdf
http://www.commonware.org/index.php/cloe/203-citta-globali
1. A ondate ricorrenti, parte il coro della meritocrazia. E' uno di quei fenomeni "curiosi" in cui un tema di interesse governativo diviene, con straordinario tempismo, il centro delle meditazioni ed esortazioni, solerti e sdegnate, di giornaloni e conduttori di talk.
Diciamo che il discorso meritocratico coincide con l'affermazione conclamata dell'ordoliberismo in Italia a partire dai mitici anni '80, con infinite iniziative strategiche tese, essenzialmente, a tagliare gli stipendi e a rafforzare l'arbitrio gerarchico-politico sui corpi amministrativi pubblici, fino, possibilmente, a ripristinare, in nome della meritocrazia, il diritto di licenziamento, contrabbandato come sanzione alla "immeritevolezza" ma in realtà tradizionale valvola di imposizione deflazionista salariale..."a prescindere".

Che ci volete fare, il bislinguaggio orwelliano funziona così. Si sottrae alla logica (evidente) perchè ci sottrae gli elementi del linguaggio per esercitarla. E sottraendo il linguaggio sottrae il pensiero, sconnettendolo dalla descrizione della realtà che quegli elementi del linguaggio consentivano.
Insomma, il bislinguaggio orwelliano nasconde la doppia verità, tipica del liberismo, in una ubriacatura neo-etica che impedisca ogni scoperchiatura dei veri fini dell'azione del Potere....

2. La meritocrazia, dicevamo. E' partita l'ennesima campagna a orologeria; questa volta prende le mosse dalla questione degli insegnanti e, come sempre, si allarga, ormai da decenni, a tutto il pubblico impiego.
Ovviamente, non è che il problema di gestione ottimale delle risorse umane non si ponga, in un'organizzazione complessa (più complessa di un'impresa...complessa) e di dimensioni gigantesche come la Scuola o, in generale, i vari settori della pubblica amministrazione.
Il fatto è che - come abbiamo visto coi pretesi "rimedi" proposti per la corruzione- il problema non si risolve con la "meritocrazia": non certo quella prescelta nella varie linee guida, o quel che se ne riesce a capire, e informata alla solita formula del rompere l'unitarietà del livello retributivo attraverso premi differenziati che verrebbero assegnati a coloro che sono prescelti, e quindi "graditi" alla nuova supergerarchia destinata a governare, con severo e inappellabile giudizio, quanto uno stipendio possa o meno essere capace di garantire un'esistenza libera e dignitosa (art.36 Cost.).


3. Ma il problema prioritario della Scuola, va detto pregiudizialmente, non pare certo quello della gestione ottimale del personale
Sicuramente, eliminarne la precarietà aiuta efficienza e professionalità, secondo una regola che sfugge ai neo-governanti, che pensano che solo "durezza del vivere" e ricatto intrinseco in illimitati poteri datoriali siano il segreto per ritornare alla "crescita" e alla "efficienza"
La Scuola italiana soffre di tagli e carenza di investimenti drammaticamente prolungata, cioè dell'inesorabile funzionamento distruttivo innescato dai criteri di Maastricht e dall'€uropa, che investe un Paese "colpevole" di eccessivo debito pubblico, una volta che sia privato della sua sovranità monetaria e fiscale.



4. Ai neo-governanti poi, di certo sfugge che per lavoratori che sono laureati e per di più, normalmente, con specializzazione post laurea, non è il clima della fabbrica-cacciavite, - circondata dall'accampamento dell'esercito industriale di riserva dei disoccupati-, che può funzionare granchè per produrre quel confluire di elementi culturali, psicologici e civili che determina la qualità e l'utilità dell'insegnamento e del servizio "pubblica istruzione".

E già c'è qualcosa di ostinatamente disfuzionale nel porre, in ogni riforma della Scuola, come primo problema da risolvere quello della gestione del personale.
E questo escogitando, - in infinite formule organizzative con inesauribile fantasia linguistica-, prima il più vasto sistema di precarizzazione probabilmente della Storia dell'Europa moderna, poi la più lambiccata e autoritaria giustificazione di facciata per la deflazione salariale; tanto per far capire ai precari, nel momento in cui vengono stabilizzati, che la loro condizione non potrà poi cambiare di molto. 
"C'è un nuovo sceriffo in città", il suo nome è "lovuolel'€uropa" e, come Schauble, non cambia mai idea sul rigore dei conti pubblici e sulla durezza del vivere da infliggere ai...garanti della solvibilità dei padroni bancari.

5. La cosa più irritante della grancassa impegnata nell'ennesima campagna meritocratica sono i curricula dei commentatori ed espertoni: i più convinti e esaltati sostenitori della meritocrazia non sono neppure laureati (sebbene abbiano il vizietto di lasciar credere il contrario), e, comunque, non risulta che in vita loro siano mai stati sottoposti a particolari selezioni: nè per stabilire oggettivamente e competitivamente la loro idoneità a fare l'espertone-commentatore, nè, poi, il loro lavoro è mai stato valutato per verificarne la performance e farne dipendere il livello retributivo.
Insomma, so' tutti meritocratici col xxxx degli altri...
E analoghe e stringenti considerazioni possono farsi - in base allo scrutinio della loro "vita professionale"- sulla gran parte dei politici che propugnano questi provvedimenti meritocratici.

9 commenti:

  1. E pensa che a noi potrebbe andarci anche bene....:

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/14/spagna-riforma-scuola-educazione-finanziaria-posto-filosofia/1503452/

    Detto questo, rammentiamo sempre da dove nasce e soprattutto da chi, il termine meritocrazia:
    (Wikipedia Italia):
    Il termine "meritocrazia" fu usato la prima volta da Michael Young nel suo libro "Rise of the Meritocracy" (1958). Il termine era destinato a un uso dispregiativo, e il suo libro era lo scenario di un futuro distopico in cui la posizione sociale di un individuo è determinata dal suo quoziente intellettivo e dallo sforzo. Nel libro, l'esistenza di un simile sistema sociale finisce per portare a una rivoluzione in cui le masse rovesciano l'élite, che è divenuta arrogante e scollegata dai sentimenti del popolo.

    Verissimo il punto 5:
    Il richiamo alla mitologica meritocrazia identifica in maniera proporzionale la cialtroneria e la "paraculaggine" del richiamante...

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  2. Giusta la polemica sulla meritocrazia nella scuola. Essa è giustificata non solo da quello che documenti qui e in altri post, cioè dal taglio selvaggio della spesa per la scuola pubblica che l'ha ridotta in condizioni fisiche da terzo mondo, ma anche perché il collasso della didattica non nasce dagli insegnanti, bensì dal ministero e dai presidi, proprio da quelli che ora si nominano valutatori supremi. Agendo non solo sulla base dei suggerimenti dell'UE neoliberista ma anche sotto l'influsso delle suggestioni sessantottine hanno spinto gli insegnanti a sostituire la didattica curricolare con l'intrattenimento extracurricolare, la grammatica e la matematica con il giornalino e l'uscita scolastica, nell'illusione che gli alunni potessero acquisire competenze senza accorgersene, giocando. Si è voluto abolire la severità come se fosse odio per i giovani e non la via per cui si giunge alla scienza; per anni i presidi hanno tollerato, se non imposto, che gli insegnanti non insegnassero. Poi si sono diffusi gli amari risultati delle prove INVALSI e si è scoperto che se non studiano la grammatica gli alunni non capiscono i testi, che se non studiano la matematica, non sanno risolvere problemi, neanche quelli più facili. I dirigenti scolastici sono stati posti di fronte al problema dei RISULTATI della didattica. Panico. Ora infatti la richiesta dall'alto non è più soltanto quella di assottigliare fino alla trasparenza lo spessore scientifico della didattica, ma ANCHE quella di farlo così che non ne sia compromesso il raggiungimento delle competenze. Prima si chiedeva di non insegnare, ora si chiede di insegnare senza insegnare. La meritocrazia serve dunque a nascondere le responsabilità di chi, dal ministro Berlinguer in poi, ha creduto all'incompatibilità tra i giovani "di oggi" e lo studio severo, e ha fatto della scuola un luna-park; inoltre deve nascondere la contraddizione dell’insegnare senza insegnare con il mito del docente meritevole che con la magia dello strumento tecnologico e dell’innovazione didattica crea competenze ex nihilo.
    Paolo Di Remigio

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  3. Lo smantellamento scolastico pubblico italiano va ben oltre la meritocrazia odierna ed è stato descritto puntigliosamente ancora nel lontano 1998, in tempi non sospetti, da Lucio Russo , un fisico accademico, il quale scrisse un libro critico dal titolo"Segmenti e Bastoncini" nei confronti della riforma voluta dal ministro Luigi Berlinguer,sotto il governo Prodi, con cui si tagliarono 0.6 punti di PIL di finanziamento all'istruzione pubblica; fu l'inizio dello smantellamento della scuola pubblica italiana con l'introduzione dei debiti, crediti e competenze in stile bancario-aziendale; anche alcuni esponenti cattolici come Fabrizio Polacco "La cultura a picco" se ne accorsero e fecero la loro battaglia, ma rimasero isolati come Massimo Bontempelli ; ora putroppo è tardi , la distruzione della scuola ormai è stata compiuta tanto che molti docenti universitari lamentano che a causa della ristruttutrazione dei programmi, iniziata a quel tempo, molti studenti universitari ,oggi, non sanno comprendere un testo; quindi il processo avente lo scopo di creare una massa di giovani ridotti a meri consumatori, senza un briciolo di spirito critico, è stato iniziato da una forza di centrosinistra, da quelli che avrebbero dovuto fare gli interessi dei ceti subalterni , la Moratti e la Gelmini hanno continuato su quella strada indisturbati, ed ora,in questo deserto culturale, non è possibile costruire nulla , bisogna attendere che l'intero edificio politico e culturale arretrato italiano crolli; però quello che non capisco è perchè gli inseganti che hanno visto accadere queste cose sotto i loro occhi non abbiano mai mosso un dito , naturalmente , senza generalizzare.

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    1. Sull'effetto di "trascinamento" della mancata acquisizione di capacità di comprensione critica dei testi (e di interiorizzazione conseguente dei contenuti) dalla scuola secondaria all'università, sono totalmente d'accordo, per diretta esperienza personale.

      Persino la sparuta minoranza di studenti universitari appassionati e ben disposti ad impegnarsi, si trova in difficoltà.

      La tardiva, mal indirizzata e ipocrita campagna sulla "meritocrazia", a questo punto, come dice nel commento più sopra Paolo Di Remigio: "serve dunque a nascondere le responsabilità di chi, dal ministro Berlinguer in poi, ha creduto all'incompatibilità tra i giovani "di oggi" e lo studio severo, e ha fatto della scuola un luna-park; inoltre deve nascondere la contraddizione dell’insegnare senza insegnare con il mito del docente meritevole che con la magia dello strumento tecnologico e dell’innovazione didattica crea competenze ex nihilo".

      Questo, ovviamente, in aggiunta alla funzione di minaccia implicita di destabilizzazione del rapporto e di subordinazione neo-gerachica di tipo retributivo a fini deflattivi (che è lo scopo più urgente che, nell'ottica privilegiata del taglio della spesa pubblica, si vuole ora perseguire).

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    2. Gli insegnanti non si sono opposti: quelli di sinistra, perché non hanno capito che l'ansia di novità e il velleitarismo rivoluzionario, in cui riponevano la loro presunzione di nobiltà, erano idee già attratte nell'orbita del neoliberismo; quelli di destra perché intuivano che le trasformazioni in atto erano il trionfo del classismo al quale, più che alla cultura, aderivano intimamente. Lo stesso motivo per cui i consensi al governo Renzi non sono allo 0,1%. Mi sento un po' meno catastrofista nella diagnosi: dagli anni '90 si chiede agli insegnanti di non insegnare, dalle prove INVALSI (so che non piacciono a tanti, ma questo non è un motivo per non rilevare il loro effetto) si fa agli insegnanti una richiesta contraddittoria: devono insegnare in modo che i risultati delle prove non siano umilianti, non devono insegnare perché devono arricchire, organizzare, innovare, divertire. Questo avviene, come osserva giustamente Quarantotto, nel contesto sventurato dell'imposizione alla scuola e alla società di un rapporto neo-gerarchico. Se però l'euro dovesse finire (Dio voglia!) e i fini deflattivi dovessero venir meno, la scuola potrebbe ripartire non dal nulla.

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  4. EUGENETICI EVANGELICI
    (OTC)

    “Con quella faccia un po' così
    quell'espressione un po' così
    che abbiamo noi
    prima di andare a Genova
    che ben sicuri mai non siamo
    che quel posto dove andiamo
    non c'inghiotte e non torniamo più.”

    Quando s’entra animosamente in “teiere” e “”teismi”, il sentiero diventa molto insidioso e sdrucciolevole soprattutto quando quell’ANIMA è da sempre ri/venduta al Mefistofele di turno.

    Quando diventa animosa la MISERICORDIA cancellando la DIGNITA’ CIVICA di “buoni” e di “perduti”, assale un senso che “un po' randagi ci sentiamo noi” conoscendo qui “metodi” volti al perfezionamento di una SPECIE POSITIVA attraverso selezioni artificiose di allevamenti mendeliani di caretteri fisici e mentali.

    Così pianificano “teiere” di soluzioni economiche, sociali, ma senza la certezza che continuino a r/nuotare.

    Per certo così non nuota nessuno.

    Tiremm innaz(a) .. !

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  5. Un altro post da incorniciare.
    Ed al quale si potrebbe aggiungere che un corpo insegnante "meritocratico", ossia politicamente selezionato avrebbe un impatto terribile sulla formazione delle giovani menti del Paese, che, in tutta evidenza, si vuole far affacciare alla vita adulta già "politicamente orientate". Questo nuovo "insegnante", sarà quello che insegna -tanto per dirne una- la storia ai ragazzi. Che genere di insegnamento verrà impartito?
    E' davvero stupefacente vedere il PD ripercorrere -per molti versi- l'esperienza metodologica del ventennio. Avremo i sussidiari che decanteranno le gesta di Renzi? Il ciclo della scuola dell'obbligo è delicatissimo, dato le menti dei discenti sono particolarmente vulnerabili e prive -per loro natura- di un maturo spirito critico. Che impatto può avere un insegnamento volto più a raggiungere un merito personale dell'insegnante (magari riconosciuto sulla base di una valutazione surrettiziamente "politica"), che non a garantire il corretto sviluppo intellettuale dell'individuo? Nel PD dove si "respira" cultura ad ogni ora del giorno e della notte non si sono posti la domanda? E questi erano quelli che celebravano e decantavano ai quattro venti "la Costituzione più bella del mondo"!
    Non capiscono che -soprattutto quando si parla di P.A.- l'indipendenza dal potere politico è garantita, talvolta, proprio dall'assenza di criteri soggettivi di valutazione? So bene che questo a volte può trasformarsi in una insopportabile stortura. Ma la stortura andrebbe corretta in altro modo. "L'indipendenza" dell'insegnante non è, forse, la prima garanzia dell'obiettività di giudizio di uno studente?
    Inoltre, quali saranno i criteri assolutamente oggettivi per valutare il "merito"? Sono proprio curioso di vederli. Non è che ci ritroveremo scuole od insegnanti ad elargire buoni voti a go-go per accaparrarsi iscritti e -di conseguenza- le risorse? Alla faccia della #buonascuola.....

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    1. ma già adesso i giovani che escono da studi storici sono spesso (salvi i casi di chi ha professori davvero meritevoli) di un'ignoranza/indottrinamento sconfortanti.

      io essendo sotto i 30 spesso parlo con freschi laureati e la mano della manipolazione culturale è ben visibile. anche per chi ha fatto studi che in teoria dovrebbero aprire la mente.

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  6. Interessante articolo di Fabio Falchi sulla storia italiana degli ultimi 30-40 anni che dimostra l'assurdità della classe politica italiana, tra delirante autolesionismo è disfattismo da una parte è grottesco accanimento al vncolo esterno o tutto quello che viene dal estero, USA è Germania in primis. Tutto questo atteggiamento della classe politica italiana è ancora più assurdo se si pensa che l'italia ancora pochi anni fà era la 4° potenza industriale al mondo. Non posso che approvare Claudi Borghi quando dice "l'italia ha bisogno di patrioti è non di vermi". Qui Borghi centra il problema principale del italia, che secondo mè va indietro fino al 1600-700.

    È qui un analisi di George Friedman fondatore è presidente del Think Thank americano Straftor sulla Germania, Europa è Russia.

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