http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/la-politica-economica-e-il-cambio-di.html
I. Contrariamente ad una critica liquidatoria e accigliata - che accusa il film di essere prevedibile ma lo è ancora più di esso nei giudizi che ha sfornato- il film Tomorrowland è una visione interessante.
Distopia o utopia, come futuro che ci attende,- perchè di questo infatti alla fine si parla-, s'è detto che il film rifletterebbe l'ottimismo volontaristico alla Disney, e, perciò, risulta più propriamente essere un tributo alla american tradition incarnata da Ralph Waldo Emerson.
II. Ecco alcune caratteristiche e strutture logiche del film che possono dare spunto a delle curiose e stimolanti riflessioni:
1- il progresso tecnologico è visto come fattore esplicativo dell'evoluzione dell'assetto sociale umano, sopra ad ogni cosa: sebbene il film ammetta che questo fosse, in forma di punto di partenza narrativo, il "mood" degli anni '60 del secolo scorso (specialmente in USA), neppure per un attimo si interroga perchè proprio quella società avesse prodotto questa sorta di ottimistica visione relativa alla dominanza trainante della scienza; nè si chiede come mai questo singolare antefatto del pop, - applicato alla "fede" (semplificatoria) nelle conoscenze complesse al servizio di un continuo rapido progresso-, fosse stato accettato dall'opinione di massa come paradigma;
2- il film non scorge (ma neppure la critica) l'intima contraddizione tra un progresso meccanicisticamente connesso alla disponibilità di tecnologie applicate alla produzione di massa (cosa che l'informatica, il digitale e il web hanno realizzato in una forma diversa da quella prevista nei mitici anni '60), e il disastro che si lega, come spiegazione della parte distopica, alla sovrappopolazione e al degrado ambientale (spiegazione in termini di effetti e non di cause, alquanto consueta);
3- di questa sovrappopolazione e di questo degrado ambientale non viene dunque fornita una spiegazione in continuità con gli eventi che l'umanità si è trovata a interpretare dagli anni '60 ad oggi. La spiegazione della degenerazione evolutiva viene enunciata in termini di "proiezione collettiva", generata dall'influenzamento subìto da parte di forze negative, insite nello stesso dominio della dimensione tecnologica, in quanto affidata alla direzione di un potere accentrato;
4- questo potere accentrato non ha però sede nel presente, e un antecedente nel (recente) passato, rispetto all'oggi da cui parte la narrazione; è un potere "trascendentale" (come l'etica di Emerson), un'anti "anima superiore" generata nello stesso futuro e quindi deviante dall'esterno l'umanità stessa;
5- l'implicito richiamo che il film opera attraverso di ciò alla necessità dei "sognatori che non si arrendono mai", è anch'esso quindi un richiamo ad Emerson; un rinvio alla sua "fiducia in sè stessi" (che tanto piacque a Nietzsche) per realizzare individualmente la c.d. "anima superiore" ("Over-Soul"), che si "può" manifestare in ciascun individuo ma che ha bisogno della "vigilanza" di una sorta di vettori umani (i "prescelti") di questa forza superiore.
III. Sulla scorta di questa ricostruzione della sua ideologia - o visione cognitiva- implicita, il film ci restituisce una sconcertante ma, abbiamo detto, non meno stimolante, ambivalenza: come prodotto USA, targato Walt Disney, ignora ogni riferimento all'assetto culturale, cioè alla sfera della ideologia e della sociologia del potere effettivamente dominante, facendo rifluire comunque sull'intera ed indistinta umanità la "colpa" della propria degenerazione.
Tuttavia, al tempo stesso, ammette che la "proiezione" collettiva che determina le aspettative convergenti degli uomini, cioè "l'aspettativa" condivisa che diviene profezia autoavverantesi, dipenda da un sub-liminale condizionamento percettivo.
IV. Solo che non si cura, nè forse avrebbe mai potuto curarsi, del fatto che questa proiezione collettiva è qualcosa che risiede nei media, in tutti i media, e che ha dunque radici in ogni tessera del mosaico che, nel tempo, (qualche recente decennio), i media stessi hanno ricomposto nel format predeterminato non da una "trascendente" dominazione tirannica di uomini del futuro - che ritraggono tale potere proprio dal lineare e progressivo progresso tecnologico oggetto della fede degli anni '60- quanto dalle molto più presenti e passate oligarchie, che hanno ieri e oggi controllato il sistema mediatico.
Insomma, un Orwell deresponsabilizzato, dove il bis-linguaggio che priva l'umanità della sua capacità di immaginare alternative ad un presente distruttivo e che non può sfociare altro che nella "nascita della tragedia", viene affidato a un super-cattivo futuro e, specialmente, indeterminato nella sua genesi.
V. La domanda è:
- ammesso che, tutto sommato, un'umanità fiduciosa in sé stessa non possa che volere il proprio "bene" (quantomeno in termini obiettivi di sopravvivenza evolutiva), dando forza alla "vigilanza" sulla stessa umanità della "Over-Soul", e che su questa costruttiva "fiducia in sè stessi" esercitino un'influenza decisiva gli individui vitali e positivi che definisce "sognatori", siamo sicuri che questo processo di risanamento salvifico non debba passare per il "giusto processo" a carico della effettiva elite, molto presente e molto radicata, che invece predica l'aspettativa razionale e la "fiducia" dei mercati e degli operatori finanziari come motore di ogni possibile evento sociale ormai a livello globalizzato?
E non paia ingenua la domanda: oggi, più che mai, se ci attenessimo al vitalismo eccezionalistico, ma inevitabilmente altruistico, di Emerson, al potere ci sono proprio dei "falsi sognatori", cioè degli ipocriti odiatori dell'umanità, volti a negare l'appartenenza paritaria di tutti gli esseri umani alla "anima superiore".
Insomma, il futuro, con una fine del mondo molto "presente", non è in mano agli uomini del...futuro, ma agli anti-sognatori, sedicenti sognatori per conto dell'elite oligarchica, dell'oggi.
Poveri USA così confusi da non riconoscere più le proprie più vitali e positive radici.
E povera l'umanità che perde se stessa per il sogno contraffatto di falsi profeti.
E beh che dire Luciano? Compaiono molti concetti. Ricordi l' "inconscio collettivo" di junghiana memoria?
RispondiEliminaPersonalmente, da giovane, m'intrigò ma, in ultima analisi, non mi garbava granché. Ci sono cose che faccio ed ho la presunzione di sapere come; cose che faccio e non so bene come; cose che faccio e non ho la minima idea di come. Ho la vaga impressione che anche tu, insieme a me, preferisca un "conscio collettivo". Ma, naturalmente, non può che essere un educated guess :o))))
Ciao!
carlo (quello del flauto)
Chissà come mai il romanzo di fantascienza è praticamente scomparso mentre negli ultimi decenni è esploso il fantasy, le narrazioni distopico-catastrofiche, e le celebrazioni dell'epoca medievale.
RispondiElimina(Tra l'altro c'è un altro aspetto, che riguarda noi disperati studiosi: non c'è manifestazione artistica o espressione comunicativa che non venga in qualche modo contestualizzata facendone emergere il frame propagandistico e la connessa distorsione culturale)
(A ricordarmi che la distopia è ora, ci ha pensato il mio caldaista che, oltre ad avermi chiesto 8€ in più per la nuova tassa della Regione, si è occupato di abbinare caldaia a contratti del gas e dell'eletticità... tutta questa repressione e distruzione materiale e spirituale di benessere può avere un senso oltre l'agghiacciante questione della banalità del male?)
Hai proprio ragione: la distopia è già in corso.
EliminaIl resto del frame propagandistico, medievalistico in testa, serve solo a rendere il tutto accettabile senza che la massa se ne accorga (mi hai dato un assist a risposta obbligata).
Vale a dire, anche quando ci si rilassa con lo storytelling (visivo e mediatizzato, però), si assorbe lo stesso il paradigma.
E' singolare poi come si sconti che il fruitore mediatico sia settoriale e comunque incapace di fare le connessioni: il fan calcistico per lo più odia il fantasy - o gli risulta inappetibile- ma non scorge come il calcio per cui si "affanna" (come vuole il buon v.H.), sia esattamente lo specchio della ristrutturazione industriale imposta ai paesi euro-vincolati ovvero il mezzo per deviarne la elementare comprensione (se pensi al calcio in Spagna, viene da chiedersi se ci sia speranza...)
Il calcio... Con quelle brutte copie di Maori disegnate da Vivian Westwood, guerrieri della notte nel Bronx di città fatiscenti, avatar per bambini grandi. Gladiatori senza arte ne parte.
EliminaIl grande fratello degli "sportivi".
D'altronde lo sport moderno nasce con la nuova leisure class anglosassone, che non aveva nulla da fare visto che aveva già fatto.
Chi avrebbe invece dovuto darsi da fare era meglio che passasse il tempo a far scommesse e a discutere del nulla, davanti a una birra: anche questa immagine è stata descritta da Orwell.
Perché il calcio è così amato dagli schiavi delle colonie?
Lo spiegavano i Britannici in Sud Africa:
il rugby è un gioco da bestie giocato da gentleman; il calcio è un gioco da gentleman giocato da bestie.
Ovviamente con tutto il rispetto verso gli appassionati.
Da lettore di fantascienza (soprattutto negli anni '70), vorrei dire che proprio dall'interno di questo genere, così "organico" alla società americana del novecento, sono scaturite alcune delle visioni più radicalmente critiche verso di essa. Mi riferisco soprattutto a P.K. Dick, che negli anni '60 e '70 con la sua opera, pur utilizzando tutti gli stilemi e i luoghi comuni di questa narrativa, ne rovescia l'ideologia di fondo (positivista e tecnocratica ). Qui "il sogno americano" si trasforma letteralmente in incubo. Le macchine si umanizzano, appaiono insetti elettrici. Sfuma il confine fra l'androide e l'umano: entrambi soffrono. La lotta per il potere diviene essenzialmente "costruzione del reale". Da leggere o rileggere, sempre.
RispondiEliminaScherzi? In questo blog Phillip è di casa
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2014/09/fractalicum-dell8-settembre-il.html
vedere poi commenti...
Più degli eserciti alle guerre, delle battaglie vinte, della Bomba, poté Hollywood.
RispondiEliminaChe questo sia chiarissimo agli strateghi della potenza dominante è cosa chiarissima, che sempre mi fu chiarissima fin da quando sono uscito dallo stato di minorità. Troppe coincidenze. D'un tratto, mentre guadavo per l'ennesima volta un film di John Wayne, mentre si scazzottava con un altro cowboy nel vecchio west e subito dopo ci faceva pace e si andava tutti a bere, film di quelli che venivano mandati, e appunto rimandati, il lunedì sera in bianco e nero, ecco che mi prende improvvisamente un senso d'angoscia, inspiegabile, travolgente come una inondazione, e sono costretto a farmi la domanda cruciale: “ma come mai questo?”
E mi rispondo, e definitivamente da allora: “Perché non sto assistendo a quello che vogliono farmi credere che stia vedendo!”. Quella stupida storia non voleva dire nulla, con essa si voleva solo veicolare il concetto che tra uomini veri i veri contrasti in fondo non esistono e che le eventuali divergenze, uniche realtà possibili, si possono sistemare tutte con una rapida, grossolana e infine bonaria ruvidezza, un tanto al chilo e poi tutto torna a posto, e tutti felici e contenti. Chiarito il punto, del film non restava altro. Così il lunedì successivo poco mi ci volle a capire l'inserto subliminale: era la storia della vedova di un ufficiale americano, aviatore morto nella seconda guerra mondiale, che si dibatteva nel dolore e si disperava nella sua stoica fedeltà, che veniva molto esaltata come virtù, ma da ultimo cedeva e si risposava con un amico di suo marito e finalmente anche suo. Una questione di morale che doveva cedere il passo alla efficienza. Poi smisi di guardare i film del lunedì.
Ma da allora, da ogni film hollywoodiano che guardo mi è facile rintracciare il “messaggio”, che c'è sempre anche nei film più elementari, o almeno così mi pare, il quale non è mai poi così complesso, ma comunque è sempre un atto di condizionamento mentale. Oramai, anzi, quando mi capita me ne servo per capire, e meglio che dai giornali, cosa bolle in pentola, almeno in termini di desiderio mitico e collettivo della potenza dominante, ma senza astio solo per capire meglio.
Un desiderio che, in effetti, è sempre più mitico e sempre più solamente un desiderio incoerente.
Mi scuso! Sono "nuovo" ... del blog.
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