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Per i luoghi comuni e l'incompetenza "permeista" non c'è più tempo da perdere.
Per i luoghi comuni e l'incompetenza "permeista" non c'è più tempo da perdere.
1. Repetita iuvant: secondo Eurostat, l'Istat dell'Unione europea, l'Italia ha una delle più basse spese pubbliche pro-capite in €uropa.
2. Infatti, ciò è confermato dai dati sul numero dei pubblici impiegati.
E si tratta di quelli del 2011, a cui sono seguiti ulteriori accorpamenti di strutture e blocchi del turn over, sul fronte organizzativo pubblico (molti credono che la spending review non sia in corso, solo perchè il livore accecante non consente neppure la memoria a breve sulle leggi sfornate a getto continuo).
In questo numero dobbiamo pure conteggiare un precariato - nei settori dell'istruzione e della sanità, ma non solo-, che è un record UE e che ci pone in infrazione rispetto alle direttive europee sulla preferenza per il contratto a tempo indeterminato.
3. Questo il dettaglio OCSE sui numeri del 2011 (ripetiamo ulteriormente ristretti dalle manovre degli anni successivi):
Dall'esame dei dati OCSE 2011, quindi dalla fonte sopra linkata, prendiamo queste osservazioni:
"Contrariamente a quanto ritiene gran parte dell’opinione pubblica, i
dipendenti pubblici in Italia non sono troppi: sono troppo pochi. Nel
2011 (dati OECD) in Italia c’erano 3.435.000 dipendenti pubblici (di cui
320.000 precari, tra collaboratori e partite IVA), contro i 6.217.000
della Francia e i 5.785.000 del Regno Unito, paesi con una popolazione
molto simile a quella dell’Italia e un pil non troppo superiore. Anche
in Spagna e negli Stati Uniti i dipendenti pubblici pro capite
sono più numerosi che in Italia (rispettivamente 65.6 e 71.1 per mille
abitanti, contro i 56.9 dell'Italia). Solo il dato tedesco è
apparentemente simile a quello italiano (54.7 per mille abitanti), ma
esso è influenzato verso il basso dal regime privatistico del personale
sanitario.
Se consideriamo il solo personale amministrativo, per avere
in Italia lo stesso numero di dipendenti pubblici pro capite che
c’è in Germania bisognerebbe ricorrere a 417.000 nuove assunzioni, a
fronte di uno stock attuale di 1.337.000: un incremento del 31%. E per
avere lo stesso numero di impiegati amministrativi pro capite degli USA bisognerebbe assumerne addirittura 1.310.000."
Non è il caso di ricordare in questa sede i divari di disoccupazione
giovanile tra l’Italia e quelli di quasi tutti gli altri paesi europei,
né che la quota di giovani laureati in Italia è la più bassa
nell’Unione europea. Negli altri paesi il settore pubblico rappresenta
una quota cospicua della domanda di laureati, sia grazie alle sue
dimensioni, sia all’elevata scolarità della forza lavoro che vi è
impiegata. Al contrario, in Italia, al sotto-dimensionamento della
pubblica amministrazione si accompagna un livello di scolarità del
personale particolarmente basso: solo il 26% degli addetti (dati ARAN
2012) è in possesso di laurea vecchio ordinamento o magistrale, cui si
deve aggiungere un 4% con la laurea triennale, a fronte, per esempio, di
una percentuale del 54% in Gran Bretagna. dove i civil servants
laureati sono oltre 3.000.000 (i pubblici dipendenti laureati italiani
sono soltanto 1.000.000). Se si volesse adeguare il settore pubblico
agli standard europei si riassorbirebbe completamente la disoccupazione
dei laureati, rendendo altresì urgenti politiche educative di tipo
espansivo...
...E' indubitabile che a) l’impiego pubblico è sottodimensionato, b) esiste
un'alta disoccupazione di giovani con elevato titolo di studio, c) il
livello della domanda interna è insufficiente, con conseguente grave
crisi dei settori produttivi. Questa nostra proposta si propone di
affrontare in modo coerente i tre problemi mediante un aumento
consistente del numero di dipendenti pubblici. Le proposte che avanziamo
circa il finanziamento, le modalità e la gestione dell’iniziativa – dei
quali siamo peraltro convinti – sono opinabili e probabilmente esistono
soluzioni diverse. Ma le difficoltà su questo piano non possono in
alcun modo esimere il potere politico dalla necessità di affrontare i
problemi che abbiamo citato in un modo, ripetiamo, coerente".
4. Secondo lo stesso studio fare assunzioni per 800.000-1.000.000 di unità costerebbe circa 15/20 miliardi: cioè da poco meno a poco più di un punto di PIL.
Questa semplice manovra, il cui finanziamento costerebbe meno di qualsiasi estensione seria del reddito di cittadinanza, riassorbirebbe completamente la disoccupazione dei laureati, rendendo automaticamente più dimensionata ed appetibile la domanda degli stessi laureati, e di personale qualificato, da parte del settore privato, punto non trascurabile quando si parla delle (presunte) esigenze di provvedere con urgenza, cui corrisponderebbe il reddito di cittadinanza
E l'effetto di rilancio della domanda (la disoccupazione calerebbe di circa il 27%, tornando...ad una cifra) porterebbe effetti occupazionali a cascata su tutti gli altri settori e tipologie di occupazione: ovviamente se ci calcola correttamente il moltiplicatore della spesa pubblica e non si sottraggono risorse utili mediante...il reddito di cittadinanza, deflattivo e esattamente contrario a questo processo.
5. Per chi abbia sale in zucca, è evidente che bisogna sforare il deficit strutturale imposto dall'€uropa (ma neanche di tanto,come insegnano Francia-Spagna purchè se magna, considerato l'effetto di aumento delle entrate del moltiplicatore fiscale).
O meglio, è evidente che il problema è lo stare in UEM, nulla più.
O meglio, è evidente che il problema è lo stare in UEM, nulla più.
Il rilancio occupazionale pubblico, secondo l'assegnazione di compiti e funzioni non pretestuose ma necessarie, anzi indispensabili, per aumentare la produttività del settore pubblico (rinvio ancora allo studio linkato e a questo post), portebbe ad un rilancio della domanda e dell'intera occupazione, dunque.
Cosa ovvia (per chi ha sale in zucca): non altrettanto ovvio è che ciò influirebbe negativamente, - ed all'interno dell'euro in modo accentuato-, sul saldo delle partite correnti: consumi, ma anche investimenti, aggiuntivi avverrebbero con un aumento delle importazioni (che si sottraggono al PIL).
6. Ma attualmente, avremmo un margine di circa 2 punti di PIL (di attivo CAB) per assorbire questo effetto e graduarlo in un tempo ragionevole: l'effetto sarebbe inoltre transitorio se il rilancio degli investimenti, che indubbiamente ne conseguirebbe, fosse:
a) guidato da politiche industriali pubbliche che sapessero individuare i settori trainanti della nostra offerta idonei a sostituire beni di consumo e strumentali attualmente importati;
b) accompagnato dal recupero della flessibilità del cambio unito alle politiche di cui al punto a).
Rinviamo in tal senso alle indicazioni del "Ci facciamo buttare fuori?" (nelle sue varie puntate).
7. Oltre all'invito a leggervi per intero lo studio sopra citato (eccetto per le fonti di finanziamento, che lo stesso studio ammette come materia opinabile), vi fornisco di un altro elemento di comprensione che non dovrebbe essere ignorato:
"La PA arretra nei settori del Welfare. Diminuisce l’occupazione
dipendente in settori di attività tradizionalmente pubblici e aumenta al
contempo il numero degli addetti nelle imprese e nelle istituzioni non
profit. Dall’indagine emerge quindi l’effetto “sostituzione” tra un settore e l’altro in termini di occupazione e unità economiche.
Se, da una parte, rispetto al 2001 diminuisce l'occupazione dipendente
nell’istruzione e nella sanità e assistenza sociale pubblica
(rispettivamente –10,3 per cento e -8,6 per cento), dall'altra aumenta
contestualmente nelle stesse attività economiche il numero degli addetti
nel non profit (+78mila nell'istruzione, +123mila nella sanità e
assistenza sociale) e nelle imprese (rispettivamente +13mila e
+148mila). Una conferma del progressivo ampliamento dei servizi di
mercato chiaramente misurato dal Censimento."
8. In altri termini, l'allargamento del settore dei servizi privati, che è quello maggiormente incentivato dalle politiche attuali, com'è del tutto evidente dai recenti dati Istat, e che è anche quello a più agevole precarizzazione e deflazione salariale, corrisponde proprio alla privatizzazione delle funzioni e dei servizi pubblici di più stretto interesse generale, e dunque alla diminuzione del numero dei pubblici impiegati.
E' il compito pubblico che diviene mercato privato del lavoro-merce. E porta dritti al reddito di cittadinanza.
Ma che volete che sia? L'importante è combattere sprechi e corruzzzzzzzzzzzzzzione abolendo lo Stato cattivo.
Rammentandosi che oltre ai delocalizzatori anche i colonizzatori, che ormai sono in procinto di controllare coi loro IDE l'intera offerta italiana (senza che abbiano dovuto aspettare altre "riforme" deflattive e la fine della "corruzione"), hanno interesse alla permanenza nell'euro e al reddito di cittadinanza: l'ulteriore deflazione salariale è condizione di favore per ESSI e di ulteriore rilancio delle acquisizioni.
Questo bisogna capirlo, ma non verrà capito...avanti così.
Rammentandosi che oltre ai delocalizzatori anche i colonizzatori, che ormai sono in procinto di controllare coi loro IDE l'intera offerta italiana (senza che abbiano dovuto aspettare altre "riforme" deflattive e la fine della "corruzione"), hanno interesse alla permanenza nell'euro e al reddito di cittadinanza: l'ulteriore deflazione salariale è condizione di favore per ESSI e di ulteriore rilancio delle acquisizioni.
Questo bisogna capirlo, ma non verrà capito...avanti così.
Senza chiedersi PERCHE' ESISTE QUESTA PERCEZIONE MEDIATICA DELLA CORRUZIONE. Ma non bisogna chiederselo mai e poi mai. Intesi?
La deduzione più immediata che mi sovviene è quella appunto di ritrovare una politica industriale che motivi opportunamente il deficit necessario e il rigetto dell'€uro (inevitabile comunque). Ma qui un altra considerzazione si impone : come attuare un cambio di paradigma senza un ricambio totale di classe dirigente ..Un futuro di violenza sembra la promessa certa di chi ci ha condotto nella unione monetaria. Chissà se avrò occasione di ammirare il ghigno di Attali' (e quello si Hayek come si potrà ?) sulla sommità di una picca.
RispondiEliminaSottintesa l'enorme gratitudine a lei Luciano per i suoi scritti.
"Ricambio totale di classe dirigente", tecnicamente parlando si chiama "rivoluzione"...Ma quando mai in Italia? E per fare cosa ove mai possibile? Diversa è la rivolta...E a quella provvederà in tutta l'UEM l'ostinazione di questi figuri.
EliminaPossiamo solo TENTARE di essere pronti
si non ci resta che TENTARE
EliminaE questa è la nostra Spesa Sanitaria Pubblica (ISTAT, 2012) rispetto al resto dell' Europa.
RispondiEliminahttp://noi-italia.istat.it/index.php?id=7&L=0&user_100ind_pi1%5Bid_pagina%5D=41&cHash=db405762d2515e64ee4660d17f886241
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/12/il-costo-della-sanita-privatizzata-i.html
EliminaSempre più difficile. Un babyboomer con laurea da ricercatore ieri ha favorito la mia digestione pomeridiana confessandomi candidamente che i governi berluschi del terzo millennio avevano fatto terra bruciata attorno alla sua impresa (quando si dice l acutezza del discernimento). Si riteneva fortunato di essere andato in pensione perché avendo tutti noi vissuto al di sopra dei nostri mezzi tempi duri ci attendono.
RispondiEliminaÈ stata la dea bendata a mandarmelo. Senza le abbondanti libagioni tanto a buon'ora potevano fiaccare una tempra più robusta.
Resta il fatto che bisognerà fare tutto da soli. Però non è questa gran novità.
L obiezione dell oligarchia a quanto qui scritto sarà pelosa come solito: "l italia deve paragonarsi ai paesi del sud europa, non a quelli del centro nord". Proprio come dissero che "la grecia deve parametrare i propri salari a quelli balcanici"...il fatyo che fino all inizio del percorso di convergenza UE l italia fosse la quinta potenza industriale al mondo è un dettaglio...l oligarchia ritiene che il posto del nostro paese sia fra quelli sottosviluppati...e chi siamo noi per dire il contrario?
RispondiEliminaBranco di porci indemoniati
RispondiEliminalegione impazzita
corre a precipizio verso l'acque lacustri
magre e gelide.
A nulla serve indicar loro ricchi e dignitosi trogoli.
Livorosi grugniti, ottenebrate menti.
Inani li accorati appelli.
Esausti pastori venìa anch'essi
trascinati ne' torbidi mulinelli.
D'altronde, al trinariciuto
l'esorcismo fu operato
e, spaventevol, il miracul fu compiuto.
Correndo in paese, chi assistette, urlava disperato:
«il mercato è libero!, è libero il mercato!»
La cattiva notizia è già nota, la buona è che sosterranno di averlo sempre sostenuto. Non ci resterà che perdonare (con perdonare ≠ dimenticare)
EliminaPer quanto riguarda gli uffici pubblici, I 2 uffici tecnici erariali che ho avuto occasione di frequentare, hanno personale con eta' media, direi, di 65 anni (non sto' esagerando, o almeno non molto!). Uno (Massa) e' in una palazzina anni 30 stile epoca fascista, mai ristrutturata...probabilmente e' a tale epoca che risalgono anche i dipendenti.
RispondiEliminaPost assolutamente ineccepibile nelle premesse, documentazione di supporto, costruzione logica del discorso, analisi, denuncia, proposte e conclusioni: difficile commentare senza rischiare di scrivere banalità, rispetto al livello eccelso di un'autentica lectio magistralis. In verità, se la maggior parte dei politici che hanno avuto voce in capitolo nel governo del Paese nell'ultimo trentennio ha operato in ambiente alieno rispetto alle proprie effettive capacità di stampo cialtronesco (il che non ne diminuisce la portata delle colpe), chi ha tirato, con scienza e conoscenza, le fila di politiche suicide per la Nazione sapeva benissimo di doverne indebolire, fino a rasentarne la distruzione, l'apparato amm.vo e pubblico in generale, in quanto struttura portante e braccio esecutivo dello Stato. Apparato pubblico cui, dal ’48, la Costituzione, secondo il proprio avanzatissimo progetto sociale e democratico, affidava l’altissimo ed esclusivo compito di tradurre in atti e servizi, garantendone, tra l’altro, la corretta ed imparziale attuazione, le leggi approvate dal Parlamento. Sicché, invece di coltivarne l’efficienza, lo si è lasciato affogare, attraverso mille ben assestate randellate normative, nelle sabbie mobili dell’inefficienza costruita, nulla tralasciando o lasciando al caso, compreso un’indegna campagna diffamatoria nei confronti di una classe di lavoratori (impiegati), che, da una posizione di meritato rispetto sociale, si son visti indistintamente accomunare, da una brutale propaganda mediatica, all’infimo ruolo di presunti “parassiti”. Ma se, da un lato, la P.A. garantisce la presenza dello Stato sul territorio, dall’altro, proprio per questo, quando efficiente, ne sostiene e promuove l’ordinato sviluppo dell’economia. Anche sotto il mero profilo dell’immissione nel circolo del mercato interno di preziosa capacità di spesa (attraverso la creazione/mantenimento di “utili” posti di lavoro e l’assorbimento di laureati e ulteriore personale qualificato), il ruolo del pubblico impiego, storicamente, rappresenta forse il più efficace strumento di travaso capillare di risorse finanziarie dallo Stato (se “naturalmente” titolare di sovranità monetaria) al mercato (si pensi anche, per esempio, al ruolo positivo degli uffici pubblici svolto nel secondo dopoguerra in realtà territoriali depresse e prive di risorse economiche). Orbene, “per chi abbia sale in zucca” e senso dello Stato e del bene pubblico, il ripristino, in termini corretti, dei virtuosi sentieri tracciati dai Padri costituenti non può che essere il viatico ineludibile di una rinnovata rinascita: ancora, a questo Paese non mancano i fondamentali e forse una vitalità sconosciuta a tutti gli altri in ambito UE: finché si è in tempo…
RispondiEliminaGrazie, Presidente
Carissimi,
RispondiEliminama avete letto il documento della Puglisi, responsabile del PD per la materia, denominato “Buona Università”?
Mi riferisco soprattutto ai due punti qualificanti, confusi tra mille cose, condivisibili (eliminazione dei c.d. punti organico, cioè della c.d. capacità assunzionale: se hai le risorse, assumi), meno condivisibili (tutti al Conpis), se non addirittura già attualmente previste:
"1. Restituire autonomia agli Atenei con l’uscita dell’università dal campo di applicazione del diritto amministrativo (cioè dalla pubblica amministrazione).
2. Oggi nelle Università ci sono troppe regole e tanta precarietà. Dobbiamo rivedere lo Status Giuridico di chi insegna e fa ricerca nelle Università, semplificando il percorso dal primo accesso alla carriera. Come abbiamo fatto nel Jobs Act -togliendo la selva di figure contrattuali con il contratto unico a tutele crescenti- anche nell'Università serve un contratto Unico a tutele crescenti, con step di carriera che si fanno semplicemente attraverso una rigorosa valutazione di merito.”
Quindi, mi pare che siamo di fronte al meccanismo della shock economy, ma applicato ad un singolo comparto della pubblica amministrazione.
Prima, cioè, si tagliano i finanziamenti all’Università pubblica in modo brutale per anni, creando un problema drammatico (ad es., nel mio Dipartimento abbiamo dovuto imporre il numero chiuso ad un corso di laurea, più che dimezzando le possibilità di iscrizioni rispetto all’anno precedente, per mancanza di professori associati e quindi di rispetto di parametri ministeriali, nonostante la presenza di numerosi ricercatori di ruolo, me compreso, in possesso di abilitazione scientifica da professore associato, che tuttavia non possono progredire per scarsità di risorse e di c.d. punti organico o capacità assunzionale), e favorendo le Università private e quelle con le tasse studentesche più alte, mediante un meccanismo introdotto, per giunta con dl, dall’allora Governo Monti (secondo me, violativo del principio costituzionale di autonomia universitaria, dato che da un punto di vista della capacità assunzionale tratta le Università come se non fossero enti autonomi, ma mere articolazioni territoriali del MIUR, tipo le Prefetture con il Ministero dell’Interno: ve lo immaginate se Mario Rossi, dipendente del Comune di Bari, andando in pensione “facesse turn-over” al Comune di Milano? Nell’Università ora funziona così: incredibile ma vero). Dopo, una volta creata la crisi, si pretende di risolvere la stessa, paradossalmente, con più massicce dosi della stesso farmaco (nel senso proprio di veleno) che l’hanno prodotta.
Il problema, però, è che se questa riforma passa per l’Università -aggirando il vincolo del concorso pubblico senza bisogno di una modifica costituzionale: non è che elimino la necessità costituzionale del pubblico concorso per accedere alla pubblica amministrazione, no, elimino proprio la pubblica amministrazione, o comunque ne restringo artificialmente i confini-, che per altro è un campo di dipendenti pubblici in senso stretto (i docenti universitari, cioè, non hanno il contratto, come i magistrati, i diplomatici, etc.), a fortiori la si potrà estendere alla p.a. contrattualizzata.
Ma ve le immaginate le devastanti conseguenze economiche di un simile riforma?
Visto che un residuo sostegno alla domanda interna viene dai dipendenti pubblici, in una crisi di domanda da rarefazione monetaria, cosa ti inventano questi geni? Eliminiamo i dipendenti pubblici, precarizziamoli tutti con il contratto unico a tutele crescenti, senza pubblico concorso per posizioni a ti (ché se uno ti vince un pubblico concorso per una posizione a ti, poi come lo cacci?).
Tom Bombadillo
E' curioso che più parlano di autonomia più creano gestioni finanziarie vincolanti e accentrate.
EliminaE più parlano di lotta alla precarietà più precarizzano ogni settore del mercato del lavoro.
E mai parlano delle norme costituzionali che impedirebbero questi strumenti espressi in bis-linguaggio.
Credo che, a scavare bene, si trovi sempre una "raccomandazione" o un "considerato" o un paragrafo di una direttiva, o ancor più una qualche "condizionalità", magari tenuta nascosta all'opinione pubblica, che può far risalire queste cose all'€uropa.
Non riuscirebbero mica a pensarle tutti da soli: sono decenni che poche mani manovrano l'indirizzo normativo realizzato da persone che sanno solo ripetere degli slogan e non "sanno quello che fanno" (in termini di merito tecnico e sociale delle politiche perseguite).
O meglio lo sanno benissimo: accreditarsi come seri zeloti agli occhi dell'€uropa e svendere la sovranità costituzionale per mantenersi come margravi credibili (e non finire nel calderone che essi stessi hanno riempito e acceso).
48, come dice Krugman, se non si insegna Keynes nelle università è perchè dà fastidio. Non perchè Keynes sia il simulacro, il dio in terra, il salvatore della patria - che tanto potrebbe accomunarci a chi ancora oggi si rifà allo stellone dell'uomo solitario al comando che per nostra tragedia dall'Emilia ci portò dritto alle gelide lande del Don, al fango dell'Albania e dell'Epiro, al deserto, alla morte - ma perchè avvicinarsi a lui permette l'esplorazione di una galassia di autori che spiegano, che indirizzano la via, che tracciano il solco da seguire per portare i popoli, se non alla pace, almeno ad una convivenza giusta e rispettosa. Un grazie a Tom, a cui rispondo dicendo che la spesa pubblica, come immagino ben sappia, era per il Kalecki considerata come una specie di "esportazione" interna, cioè uno dei motori della crescita dell'economia. Ma come ben illustra 48, gli uomini soli al comando hanno intrapreso un'altra strada, che è quella del conflitto, del divide et impera, in nome del profitto, del dio denaro.
EliminaRicordo che Cristo scacciò i mercanti dal Tempio con violenza - con una veeemenza che non utilizzò, ad esempio, contro i soldati che lo arrestarono -, ma non mandò via dei generici mercanti...no, si adirò soprattutto con i cambiavalute. Al tempo nell'Impero romano circolavano tantissime monete. Ma solo quelle in argento con effige imperiale erano accettate dal fisco romano. Ed i cambiavalute, ricchissimi, erano in grado di fare incetta sul mercato delle monete romane circolanti, rendendole scarse al momento del pagamento delle decime. A quel punto artigiani, commercianti e popolino erano costretti a pagare cifre esorbitanti, in altre valute, beni, proprietà, per poter “acquistare” la moneta che i romani avrebbero accettato in pagamento delle imposte. Ricorda molto da vicino quello che accade oggi. Da queste speculazioni Keynes e la galassia di autori a lui vicini ci mettono in guardia. L’oblio è la soluzione ideale per chi da questi autori e dalla dottrina post-keynesiana avrebbe sicuro danno.
Mi piace il "non riuscirebbero mica a pensarle tutte da soli" ahah tanto molti hanno proprio smesso di pensare. Basta fare i pappagalli....di squinzi, di elkann, di rehn, di obama, di merkel, di jjuncker, di chiunque sia disposto a dare loro una pacchetta in testa d approvazione. Come si addice ai cani che sono. Anzi direi che manco di rispetto ai cani.
RispondiEliminaBasta che c'è la salute, e poi...mi è arrivata la newsletter di "Scienza in rete" a proposito di un progetto a finanziamento europeo denominato Lifepath, e leggo: "Ricercatori di dieci diversi paesi hanno dato inizio a un nuovo e ambizioso consorzio interdisciplinare per studiare l’impatto delle condizioni socioeconomiche delle persone sulla loro salute" (...). "Parte degli sforzi del progetto saranno inoltre dedicati allo studio – condotto su ampi gruppi di persone in Irlanda e Portogallo – dei possibili effetti della crisi economica sui fattori biologici legati all’invecchiamento". Oimmena, oioi!
RispondiElimina(Alessandra/Cassandra da Firenze...quasi quasi gli porto qualche goccia del mio sangue)
Mi stavo chiedendo l'affinità dell'ideologia del "free market" propagandata dalla scuola austriaca, derivazione della scuola di Salamanca, con quella della Rivoluzione Industriale dell'Inghilterra del settecento. Vorrei un suo parere a tal proposito, e intanto le esplicito i punti che per me non sono chiari.
RispondiEliminaLa prima rivoluzione Industriale inglese non sarebbe stata possibile senza l'iniziativa dei privati che, dopo aver accumulato capitali, li hanno investiti nel processo industriale e nello sviluppo scientifico e tecnologico, con conseguente impiego di manodopera specializzata e scolarizzata; le infrastrutture stesse, come le ferrovie, furono costruite per la maggior parte da privati investitori; l'intervento del settore pubblico fu minimo, a quanto mi risulta. Ma tutto l'impianto era destinato a sostenere la domanda, consentendo ai privati cittadini inglesi, ma anche alle colonie, di acquistare i beni di consumo prodotti industrialmente attraverso i propri salari. La rivoluzione industriale non sarebbe stata possibile senza il sostegno alla domanda di beni; le industrie, infatti, sarebbero morte in partenza se non avessero consentito l'acquisto dei loro prodotti agli operai delle fabbriche. Il governo inglese dell'epoca aveva elaborato leggi volte ad impedire la deflazione salariale e l'edificazione di monopoli? L'ideologia del "free market" della scuola austriaca, ideologia che anch'essa parte dall'iniziativa privata dei cittadini possessori di capitali e senza l'intervento alcuno da parte dello stato, mi sembra invece un'ideologia che, anziché produrre domanda per mezzo della crescita dei salari, la produce per mezzo dell'indebitamento dei cittadini, ed è quella affermatasi negli stati uniti degli ultimi decenni, gli USA delle corporation e dei monopoli privati, un'ideologia che, anziché produrre crescita e libero mercato, come quello della prima rivoluzione industriale inglese, a lungo andare è portata alla giustificazione dei monopoli privati e alla deflazione salariale, che alla fine portano solo, da una parte, alla deindustrializzazione, povertà e sottosviluppo, e, dall'altra, alla ricchezza infinita posseduta da pochi e senza più sbocchi, perché la domanda è stata uccisa attraverso la totale concorrenza al ribasso del libero mercato dei salari. Ma vorrei avere anche una sua opinione al riguardo, perché la questione non mi è del tutto chiara.
Suggerisco la lettura della Storia dell'economia di Galbraith. E di Bad Samaritans di Chang. La rivoluzione industriale inglese non andò proprio così, tanto che creò il dogma (ora in piena restaurazione) della Legge di Say. Fu il c.d. modello fordiano, in USA, che si curò del riassorbimento della produzione da parte di chi vi era impiegato attraverso la crescita salariale; ma non riuscì ad evitare che l'indebitamento con cui si utilizza e si assorbe il risparmio (non convertito in investimento direttamente impiegato in impianti) nel settore finanziario, provocasse la destabilizzazione delle crisi da bolla.
EliminaCi voleva lo Stato per ripristinare un S=I che dovrebbe guidare, in equilibrio interno delle partite correnti, la regolazione delle situazioni di surplus non convertibili in spesa (rinvio all'analisi di Minsky).
Ora non lo si vuole più e si crede di nuovo nella legge di Say...
Ho letto l'articolo di micromega e le reazioni nei commenti......:
RispondiEliminaIMPRESSIONANTI,veramente, sembra di stare sulla pagina dell'istituto bruno leoni.