lunedì 21 settembre 2015

MUSEI E...CAFFE' (FEDERICO), IKEA E SVALUTAZIONE SALARIALE: SENZA MENZIONARE L'EURO?

https://nuovosoldo.files.wordpress.com/2010/09/26-cartellone-dittatura-c2a9nuovosoldo.gif?w=780
http://www.lettera43.it/upload/images/11_2011/l43-eurotower-111129220520_big.jpg

1. Cominciamo dalla questione dei musei chiusi che possiamo riassumere così: «Una vergogna che rimangano turisti in fila davanti agli occhi di tutto il mondo»? Certo. Così come è una vergogna che non siano state pagate «le indennità di turnazione e delle prestazioni per le aperture straordinarie dei luoghi della cultura (primo maggio, aperture serali, etc.), dopo quasi un anno solare di inutile attesa».
Allo stesso link, trovate il comunicato integrale delle più ampie (e non per questo infondate) rivendicazioni di categoria che erano oggetto dell'assemblea incriminata. 
Insomma, l'assemblea era stata preventivamente comunicata e, a rigor di logica, spettava alla organizzazione dei servizi museali comunicare ai potenziali utenti il suo verificarsi e la momentanea chiusura: sul piano contrattuale (dell'acquisto del biglietto on line e della eventuale di fila che poteva crearsi da parte di chi voleva acquistarlo sul posto), si tratta di un'informazione essenziale sull'oggetto della prestazione offerta e che poteva agevolmente essere messa a disposizione in via telematica sugli stessi siti dell'amministrazione (visto, oltretutto, che ci si vanta della crescente digitalizzazione che, comunque, per l'acquisto dei biglietti è attivata). 

2. Insomma, con un'amministrazione efficiente, in ogni suo livello, sul piano della trasparenza e immediatezza della dovuta comunicazione agli utenti, il problema non si sarebbe posto, in modo diverso dal resto del mondo civile, in cui cose del genere si verificano normalmente (e sempre per gli stessi motivi):

Torre Eiffel, Louvre, National Gallery: anche nel resto del mondo gli scioperi fanno chiudere i musei

Lo sciopero a oltranza della National Gallery di Londra. Di cui, in Italia, nessuno parla."...Ma nonostante ciò l'opinione pubblica, contrariamente a quanto spesso accade in Italia, è nettamente schierata con i lavoratori: i più riconoscono l'importanza dello sciopero e supportano i lavoratori, augurano loro buona fortuna, e c'è anche qualcuno che auspica che i media parlino di più della protesta".


3. La questione ci rammenta un elementare principio di buona organizzazione e di gestione, conforme all'art.97 della Costituzione (almeno quello immaginato dai Costituenti del 1948), che venne enunciato da Federico Caffè in un tempo non molto distante: un tempo, ormai, potremmo dire, sepolto sotto i cannoneggiamenti dell'€uropa dell'euro. 
Quell'€uropa per cui, alla fine, si deve mantenere una moneta in quanto la sua voluta insostenibilità "costringe" a svalutare il lavoro e, quindi, a limitare in ogni forma non solo la retribuzione ma la stessa rivendicabilità dei suoi livelli in forma giuridica (il principale strumento è proprio diffondere, per via di manovra fiscale, un tale livello di disoccupazione da sottrarre anzitutto ai lavoratori qualsiasi potere contrattuale, sia in fase di assunzione che di gestione del rapporto instaurato). Ecco la illuminante frase di Federico Caffè:

"E la burocrazia tradizionale ha bisogno non di profeti dello «sfascio», ma di artefici della tempra di un Riccardo Bianchi o di un Meuccio Ruini (ndr; il relatore di maggioranza dell'art.11 Cost.), creatori o ricostruttori di apparati efficienti, in quanto non ignoravano che il primo dovere di chi amministra, nei confronti dei dipendenti, è di esserne il responsabile, non il denigratore." (da "Scritti quotidiani", 12 gennaio 1984: p. 99).

4. Ma poi la questione "museale" ci rammenta un'altra questione molto simile. E sempre di lavoratori in agitazione per prestazioni straordinarie e extraorario contrattuale di base; una questione parallela che peraltro che nessuno pare ricordare e collegare alla prima, pur essenso quasi coeva. 
Un pacchetto di 16 ore di sciopero contro la decisione del gruppo svedese dei mobili low cost Ikea, che in Italia ha 21 negozi e più di 6mila dipendenti, di disdettare unilateralmente il contratto integrativo...Mesina denuncia “la pretesa di Ikea di abbassare i livelli retributivi dei dipendenti, operando su elementi fissi della busta paga e rivedendo al ribasso le maggiorazioni per le prestazioni festive e domenicali“...Il gruppo svedese ha risposto spiegando che “crede che sia importante avere un dibattito costruttivo con i propri collaboratori e con i loro rappresentanti sindacali, al fine di creare buone condizioni lavorative e sociali che a loro volta rendano sostenibili le attività aziendali”. Ma ritiene anche che la reazione dei sindacati sia “sproporzionata e intempestiva dal momento che il contratto integrativo continuerà ad essere applicato vista la prosecuzione delle trattative.”

5. Insomma, l'euro ci obbliga a limitare l'inflazione, il che si realizza limitando l'intervento dello Stato a sostegno della domanda e riformando il mercato del lavoro in senso precarizzante e, quindi, determinante minor qualificazione della manodopera e minori livelli retributivi che, inesorabilmente, si trasmettono al lavoro non (ancora) oggetto di riforma: ciò provoca compressione della domanda interna che, a sua volta, determina maggior disoccupazione che, ulteriormente, determina abbassamento delle tutele del lavoro e delle retribuzioni.
Per chi volesse ragguagli più tecnici, basta leggersi con attenzione questo post di Alberto sulla flessibilità e sul funzionamento (contestato sapendo di farlo "tatticamente") della curva di Phillips
Per tutto questo concordo con Alberto quando dice, ai sindacati dei lavoratori museali, - ma il discorso vale per quelli dei lavoratori IKEA come per il "comparto insegnanti"- che è inutile parlare di inadempimenti e disdette ai contratti collettivi (integrativi) quando non si vuole neppure menzionare l'euro.

13 commenti:

  1. La vicenda del Colosseo ha evidenziato ancora una volta il carattere fondamentalista e direi talebano del neo liberismo sposato dal potere politico e mediatico del nostro paese. Ormai l’attacco ai lavoratori del settore pubblico parte in automatico, ad ogni occasione, con il supporto dei soliti editorialisti d’assalto (Polito, Merlo, Panebianco, Battista), che scrivono più o meno lo stesso articolo da vent’anni. E alimentano l’autorazzismo per il quale “solo in Italia succedono cose di questo genere”.
    Più in generale, è su tutto il lavoro dipendente (con l’ovvia esclusione dei giornalisti) che si scarica il livoroso mantra che invoca tagli alle ferie, alle retribuzioni, ai diritti. Emblematica è la vicenda delle aperture degli esercizi commerciali nei giorni festivi. La legislazione italiana è probabilmente la più liberista d’Europa, lasciando in sostanza la facoltà di apertura per 360 giorni all’anno. Ora un disegno di legge in corso di esame in Parlamento introduce modestissime limitazioni, prevedendo l’obbligo di chiusura in 6 giornate festive all’anno (!). Subito si è scatenata l’indignazione di editorialisti e commentatori, baluardi eroici del liber(al)ismo, compatti nel denunciare l’anacronismo di tale normativa, che soffoca e limita la libertà di mercato e la concorrenza, evocando rischi di pericolose derive stataliste...
    Non li preoccupa invece minimamente il fatto che i piccoli esercizi chiudano in tutte le città perché soffocati dalla crisi e dalla presenza sempre più invadente dei grandi centri commerciali, confermando che la libera concorrenza è una astrazione, e che a sopravvivere sono solo i gruppi (quasi tutti controllati da multinazionali) dotati di ingenti capitali e risorse.

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    1. Scrivono lo stesso articolo direi da 30 anni. E da un tempo equivalente mostrano l'ostinata o furbesca ignoranza sulla concorrenza perfetta.
      E il bello è che la gente je va ancora dietro: molto meno c'è da dire.
      Ma la caduta verticale di copie vendute e ascolti non li smuove: sono in missione per conto di "Dio" e il vile profitto non li interessa. Poi tanto a rimetterci le penne, in genere, non sono gli editorialisti a disco rotto e ciclostile incorporato.

      Ma un giorno verrà una crisi...Un'altra ancora e sempre più devastante.
      E allora si renderanno conto anche i giornalisti (non i sindacalisti). Ancora non siamo al punto critico ma, in fondo, lo stanno invocando: e chi semina vento...

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  2. Io penso che le aperture domenicali siano una forma di crudeltà per le famiglie, soprattutto per quelle monoparenti. Se sentissero una bambina o un bambino chiedere "ma la mamma quando torna? Non sta con me oggi?, forse ragionebbero diversamente. Quello che mi ha colpito del diktat alla Grecia, è stata l'imposizione assoluta di apertura domenicale....
    e mi sono detta con invidia: guarda, esiste ancora un paese in Europa, dove le famiglie stanno insieme la domenica, vanno a passeggio, a trovare i nonni...per poi scoprire che siamo noi italiani ai quali è stata imposta ogni apertura possibile ed immaginabile.
    Ad agosto a Rouen la domenica tutto chiuso, anche bar, caffè, supermercati, tranne piccole eccezioni. Se desideri fare la spesa vai in piazza del Mercato.....alle 12 però chiude.
    La crisi finlandese mi ha fatto scoprire che anche li vorrebbero imporre in modo unilaterale di aprire la domenica...col corollario che questo comporta. Il papà riposa lunedì, la mamma il giorno successivo, ma i bambini vanno a scuola. Cosa resta agli uomini della vita e della libertà?

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    1. IL FOGNO €UROPEO; cosa si può volere di più?

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    2. Se consideriamo che la vita biologica dipende da un'alternanza di luce e buio (infatti non è detto che quest'ultimo sia sempre da considerarsi oscuro e tenebroso, poiché ad esempio favorisce la generazione - vedi germinazione del seme, fase al buio dell'organicazione carbonica nei vegetali e sviluppo del feto) e se ci concediamo una seria, seppur breve, digressione ermetico-esoterica sui significati simbolico-operativi d'entrambi, risulta difficile non osservare con inquietudine una marcata tendenza in atto a sopprimere questa alternanza, in virtù peraltro di una artefatta quanto fraudolenta pretesa di "unificazione" ed assimilazione dei due poli complementari, secondo un principio "egualitaristico" che vuole imporre una falsa eguaglianza laddove esistono invece differenze del tutto funzionali. Del resto, c'è sempre gente che guarda con sospetto e acredine perfino al tempo dedicato al sonno, considerandolo sottratto alla vita e all'attività produttiva in generale! Se considerassimo inoltre, come ulteriore esempio, quanto valore abbia anche nella letteratura e nella musica, in termini di ritmica (e non solo), la pausa (che è sostanzialmente uno spazio vuoto e formalmente improduttivo) sapientemente intercalata tra una battuta e l'altra, credo che senza doversi considerare catastroficamente apocalittici, si possano piuttosto ravvisare in questa volontà di sopprimere i complementari, a presunto beneficio del più eclatante dei due, gli estremi di un attacco ai fondamentali "remoti" dell'esistere umano.

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  3. Provo a rispondere anche se la risposta è ancorata alla mia età. Si può volere il tempo per la bellezza della natura, dell'amicizia e dell'affetto in famiglia....si può volere perfino il tempo di un ozio riposante.

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    1. Ciò che dici è del tutto naturale e rispondente alle più elementari esigenze (e valori) dell'essere umano. In teoria.
      In pratica, siamo in mano alla ferrea Legge di gente che ritiene che il clou dell'esistenza da imporre agli ALTRI, consista nella "durezza del vivere"(per ESSI siamo merce e nulla più, tranne qualche cosmesi che serva da sedativo...).

      Ex multis, tra le più recenti illustrazioni di questa ideologia imposta dall'€uropa alla sovranità costituzionale democratica, http://orizzonte48.blogspot.it/2015/09/la-grande-societa-per-porre-sotto.html

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  4. > questo post di Alberto sulla flessibilità e sul funzionamento (contestato sapendo di farlo "tatticamente") della curva di Phillips.

    Riguardo a quel post, va però detto che la posizione della MMT sulla curva di Phillips è la stessa di Bagnai, evidentemente a di lui insaputa.
    Questo vale anche per l'altro argomento collegato di quel post, "inflazione come fenomeno monetario".

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    1. Il richiamo del link si riferiva alla critica dei neo(neo)classici in cerca di alibi deduttivi per le loro politiche fallimentari, ovviamente.

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  5. Non dimentichiamoci che la strafottenza dei lavoratori per le vicende di politica nazionale è un elemento cruciale dello, stato attuale. La gente non ha visione globale, che hanno solo pochi. Spiace, ma alcune persone meritano certe ose, anche se non tutte.

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  6. Forse OT, forse in parte no. Ricordavamo Moody's e la sua teoria delle riforme costituzionali "credit positive".
    Oggi viene S&P, a dirci che c'è la ripresa ma....... sarà tiepida (=inesistente?). E questo per colpa delle mancate riforme? NO! Per colpa dei salari bassi e della discoccupazione!

    http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2015/09/23/sp-italia-fuori-da-recessione_10228988-ac8a-43e3-8fc3-0d15b8289f03.html

    Effetti indesiderati della "durezza del vivere"?

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    1. Sì gli USA non sanno più che pesci prendere, tranne fare la cosa giusta. E sanno che in UEM hanno un pochino...esagerato.
      Ti rinvio al post appena pubblicato sugli effetti globali

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