giovedì 15 ottobre 2015

RIFORMA COSTITUZIONALE: I PROBLEMI CHE IL REFERENDUM NON PUO' AFFRONTARE


http://i.istockimg.com/file_thumbview_approve/50001642/6/stock-illustration-50001642-the-blind-leading-the-blind.jpg

1. L'approvazione, in dirittura d'arrivo, delle riforma costituzionale pone il problema (come vedremo, quasi solo "teorico") di rammentare l'intera gamma di problemi di violazione dei principi fondamentali della Costituzione che ne risultano coinvolti.
Non è a questo punto pensabile che il referendum si svolga nella piena consapevolezza di questi stessi problemi: se ciò fosse anche lontanamente ipotizzabile, la maggior parte di quelli sostanziali fra essi (cioè quelli relativi alla compromissione irrimediabile dei principi non revisionabili della stessa Costituzione), sarebbe stata già evidenziata (e risolta) in sede di ratifica del Trattato di Maastricht e, a maggior ragione, in sede di revisione dell'art.81 Cost.

2. Ma le condizioni, - culturali, mediatiche e politiche-, che avrebbero consentito tale possibilità di "resistenza" della legalità costituzionale sono, evidentemente, da tempo venute meno.
Basti dire che la motivazione e i presupposti politici di questa riforma sono stati definiti, e mediaticamente supportati in modo totalitario, su queste basi: "se facciamo le riforme che gli italiani chiedono da 20 anni, anche i populisti indietreggiano". 
Insomma, queste riforme, proprio queste, le avete chieste voi: lo attesta il sistema mediatico a supporto della formulazione governativa e il "fattoide" diviene incontestabile, nell'opinione di massa; qualsiasi obiezione sulla attendibilità, nei fatti storici e in termini di legittimità, di tale iper-verità, è un'inutile discussione per "professoroni".

3. Cerchiamo di elencare i principali problemi di grave violazione della legalità costituzionale che gli italiani si trovano a dover fronteggiare - senza poter avere, a tal fine, i mezzi culturali e di corretta formazione dell'opinione in sede di referendum- e a cui, per molti aspetti, potrebbe porre riparo solo la Corte costituzionale.
Un simile elenco deve procedere in base all'ordine logico di pregiudizialità di una questione rispetto alla successiva, nel senso che in testa allo stesso elenco dovrebbe comparire il problema che, una volta compreso e risolto, assorbe e travolge tutti gli altri. 
Proviamo a farlo:

a) indipendentemente dai suoi contenuti, QUESTO PARLAMENTO non aveva il potere legittimo di adottare una revisione costituzionale
E neanche, a rigore, di approvare qualunque altra legge che non fosse stata caratterizzata da ragioni obiettive di urgenza immediatamente manifestatesi all'indomani della sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale: quindi, anzitutto, poteva adottarsi, in corretta applicazione del principio della prorogatio dell'organo travolto della illegittimità costituzionale del suo processo elettivo, una legge elettorale per consentire lo svolgimento di immediate elezioni (lo abbiamo visto qui e più in dettaglio, sul principio della prorogatio, qui)
Questa conclusione è confermata (e in termini logico-giuridici non poteva essere altrimenti), proprio in sede di "audizione" sulla riforma costituzionale, da Mario Dogliani, "professore di Diritto Costituzionale, Università di Torino, secondo cui:
«il generale accordo sul fatto che l’attuale legislatura debba avere l’intera durata quinquennale costituzionalmente prevista, comporta uno sfregio dei cosiddetti effetti retroattivi della sentenza della Corte costituzionale, e cioè del significato obiettivo della sentenza.
Sfregio che consiste nel far leva sullo spropositato premio di maggioranza - dichiarato incostituzionale - proprio per autoassegnarsi quella durata al fine di approvare gli strumenti - elettorali e costituzionali - volti a sopraffare le attuali minoranze interne e le opposizioni esterne»";

b) Il contenuto della riforma costituzionale non è conforme al potere di revisione comunque attribuito al Parlamento.
Anche superando il primo clamoroso (e giuridicamente insuperabile) scoglio di legittimità costituzionale super-pregiudiziale sopra evidenziato, ne segnaliamo un secondo che afferisce al contenuto della riforma e, di conseguenza, ad un aspetto che inficia in partenza, in termini di fondamentale incostituzionalità, persino e proprio il conseguente referendum che gli italiani saranno chiamati a svolgere. 
"Per come è previsto dall'art.138, il potere di revisione appare chiaramente preordinato a modifiche puntuali che lascino intatto l'impianto complessivo, dato che la possibilità di assoggettamento (solo eventuale) a referendum oppositivo difficilmente consentirebbe che possano accorparsi in un solo quesito più oggetti se non coartando la volontà dell'elettore, costretto ad esprimersi con un'unica risposta in senso negativo su oggetti tra loro non omogenei."
Tant'è vero che la conseguenza di ciò è che: 
"...se i mutamenti, che vengono apportati, sono tanto radicali da farne risentire anche le parti non espressamente modificate, ne discendono in prospettiva squilibri ad antinomie che portano all'indebolimento dell'insieme, così esponendolo al sempre più frequente rischio di manomissioni. E poi come si risolveranno i contrasti tra la prima e la seconda parte della Costituzione, che già si vanno profilando come conseguenza delle modifiche proposte? 
Se volessimo prendere a prestito gli istituti del diritto privato, useremmo la formula del "procedimento in frode alla legge", consistente nel porre in essere atti che, se considerati separatamente, appaiono in sè validi, ma che producono nella loro sinergia un risultato che eccede o capovolge la premessa...";

c) Il monocameralismo "de facto" è compatibile soltanto con una legge elettorale strettamente proporzionale, a pena di violazione dell'art.48 Cost. (sulla "eguaglianza" e "libertà" del voto proprio di ciascun cittadino) così come ribadito nel suo significato dalla stessa sentenza della Corte costituzionale sul "Porcellum".
Venendo dunque a un contenuto più puntuale, e ritenuto centrale, della riforma, l'instaurazione del monocameralismo sostanziale (essendo i principali e più essenziali atti di indirizzo politico di vertice lasciati alla potestà di una sola camera), come ha evidenziato Luigi Ferrajoli, sempre in sede di audizione sulla riforma, implica l'adozione di un sistema elettorale "perfettamente" proporzionale: in realtà, alla luce della preferenza in tal senso mostrata nei lavori della Costituente, una volta venuta meno la contitolarità del Senato nella pienezza della funzione legislativa, il sistema proporzionale avrebbe dovuto essere esplicitamente costituzionalizzato, prevenendosi ogni futura discrezionalità sulla legge elettorale, venuta meno a seguito della riforma ora in approvazione. Dice infatti, ineccepibilmente, Ferrajoli:
«Il difetto maggiore dell’attuale progetto governativo di riforma del Senato consiste nella sua associazione alla legge elettorale, quale risulta anch’essa dal progetto governativo. Questa riforma del Senato consiste infatti, sostanzialmente, nella sua abolizione: sono infatti assai poche e scarsamente rilevanti le competenze che gli vengono attribuite. Essa consiste, in breve, nella trasformazione dall’attuale bicameralismo perfetto in un sostanziale monocameralismo. C’è una condizione perché il monocameralismo sia un fattore di rafforzamento anziché di emarginazione del ruolo del Parlamento: che l’unica Camera - la Camera dei deputati - sia eletta con un sistema elettorale perfettamente proporzionale, in grado di rappresentare l’intero arco delle posizioni politiche »;


d) i vizi genetici e sostanziali di legittimità delle camere deliberanti la riforma, della non deliberabilità in sede di referendum popolare di una revisione eccedente, per ampiezza e eterogeneità di oggetti, i suoi limiti naturali e invalicabili, nonchè di difetto di rappresentatività del voto all'interno del sistema che ne conseguirebbe inevitabilmente, si riflettono su tutte le istituzioni di garanzia costituzionale cui elezione dipende dall'assetto istituzionale così instaurato: innanzitutto, il Presidente della Repubblica e la stessa Corte costituzionale. 
Tali organi, per le condizioni di preposizione irreversibilmente mutate, nel senso dell'appiattimento su una maggioranza parlamentare governativa (frutto a sua volta di un sistema elettorale non costituzionalmente rappresentativo), perdono la loro indispensabile neutralità super partes e divengono inidonei a rappresentare pienamente degli istituti di bilanciamento del potere politico di vertice accentrato sul solo Esecutivo.  

4. A questo punto conviene interrogarsi sulle probabilità che il referendum possa correggere il "legno storto" della riforma sottoposta al giudizio dell'elettorato.
Abbiamo visto che, dati i suoi "oggetti non omogenei", una corretta valutazione popolare "di merito" sia praticamente impossibile.
E' poi, in concreto, altamente probabile che la campagna politico-mediatica in vista del referendum, - cioè ciò che verrà instillato nell'opinione di massa da parte delle forze politiche, mediatiche e economico-finanziarie oggi prevalenti nel controllare le istituzioni-, sarà incentrata:
- sulla presunta (e peraltro modestissima) riduzione dei costi della politica derivante dalla riforma, come se fosse una priorità di sistema capace di prevalere sulla democrazia sostanziale che verrebbe sacrificata;
- sulla altrettanto presunta accelerazione del processo legislativo - che è un altro fattoide privo di riscontro nei dati dell'effettivo funzionamento del bicameralismo-, cioè sul decisionismo (dell'Esecutivo) come valore in sè: e questo pur non avendosi alcuna prova che il bicameralismo abbia mai rallentato sia l'adozione dei più importanti atti che hanno mutato l'assetto costituzionale del 1948 (su tutti, il vincolo esterno "europeista", a cominciare da Maastricht per finire al fiscal compact e all'introduzione del pareggio di bilancio), nè mai impedito una superproduzione legislativa che affligge la certezza del diritto come conseguenza della quasi totalitaria titolarità governativa nell'iniziativa delle leggi approvate.

5. Ma se andiamo a vedere come sia possibile che questi temi abbiano una presa sull'elettorato, grazie alla consueta grancassa mediatica di supporto, un punto di riferimento plausibile lo possiamo trovare nei risultati delle elezioni europee del 2014.
In tale occasione, infatti, è prevedibilmente compresente quella maggior "idealizzazione" delle motivazioni dell'elettorato e quella tendenza a ipersemplificare le stesse motivazioni su slogan antisistema accuratamente instillati dai media e dalle forze sovranazionali "di mercato" che predispondono l'opinione publbica in senso decisivo.
 Questo dunque il campo del voto ragionevolmente presumibile sul piano di queste motivazioni "indotte":
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Gli elettori dei principali partiti di governo, uniti a quelli delle "teoriche forze" di opposizione che, comunque, sono portatrici, da decenni, di proposte di modifica costituzionale in sostanza coincidenti con quella attuale, uniti, ancora, a quelli ricavabili all'interno di forze come il M5S, - (che hanno una base di consenso ampiamente fluida, cioè che si unifica su un denominatore comune incentrato sullo slogan "casta-spesa-pubblica-improduttiva" e che dunque non sono disciplinabili compattamente sulla linea seguita dai parlamentari)-, sono ampiamente maggioritari.
Il referendum, in questo contesto oggettivo, di cui non si può presumere un mutamento sostanziale (tranne un certo rafforzamento del M5S che però porta semplicemente all'ampliamento delle forze fedeli prioritariamente al principio anti-casta-spesa-pubblica improduttiva), avrebbe un esito approvativo, o meglio non oppositivo, praticamente scontato. Salve sorprese del tutto atipiche, rispetto al paradigma "mediatico-culturale" attuale.
Credo che ciò illustri meglio perchè in precedenza si era posta la questione in questi termini:


21 commenti:

  1. Credo e spero che una resistenza culturale ci sarà, lo si vede dagli appelli dei costituzionalisti e dal Coordinamento Democrazia Costituzionale che sta lavorando, anche contro l'Italicum.
    Abbiamo comunque la Corte Costituzionale dalla nostra parte, almeno finchè non la stravolgeranno con eventuali nuove nomine.
    Inoltre, al Referendum non ci sarà il quorum e Renzi dovrà convincere gli elettori ad andare a votare sì, non solo a rimanere a casa. Può darsi accorpino il Referendum con le amministrative, ma questo non sposterebbe di molto i numeri (si vota solo in alcune grandi città e in vari comuni).
    Credo si possa e si debba puntare a convincere più gente possibile a votare no, la propaganda di regime non è abbastanza forte per convincere a votare un sì convinto.

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  2. La pasionaria della pace nel mondo (Ungheria 1956) non vuole saperne di querelare l'arcoriano. Speriamo ci ripensi.

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    1. http://www.laretenonperdona.it/2013/12/06/quando-napolitano-disse-in-ungheria-lurss-porta-la-pace/

      http://m.ilgiornale.it/news/2015/10/14/napolitano-senza-freni-ora-vuole-querelare-il-cav/1182334/

      Ps solo esplicativo

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  3. A proposito di risorse culturali...: "Bisogna dirlo con chiarezza: la finanza come mezzo e come fine, e non come mezzo al fine dell'economia reale, è nemica della Costituzione, oltre che nemica dei popoli su cui si abbatte la sua speculazione"

    "[...] l'economia finanziarizzata, con i suoi "prodotti" immateriali (quelli gli operatori finanziari offrono agli ingenui risparmiatori o ai troppo furbi speculatori) e con le sue "operazioni" finanziarie (quelle che si decidono in consigli d'amministrazione che non rispondo a nessuno), s'è sciolta da questo legame [con l'interesse generale]. Essa ha scavato un solco che la divide dalla vita concreta delle collettività, sulle quali essa scarica il peso dei suoi fallimenti, mentre tiene per sé, per la ristretta nuova classe che la muove, gli effetti dei suoi successi. L'economia della finanza non adempie alcuna funzione sociale, è parassitaria, saprofita."

    E qui, la perla: "Il dominio dei mercati finanziari ha cambiato la nostra vita, *senza che nemmeno che [sic] ci si accorga di come ciò è avvenuto*. Per correre dietro alla speculazione finanziaria - "ce lo chiedono i mercati", "i mercati non capirebbero", "i mercati hanno bisogno", ecc. - la sovranità dei popoli è stata messa sotto tutela, la democrazia è stata impoverita, i diritti compressi o negati, la coesione sociale lacerata e, per venire al nostro tema, il bene-lavoro ha perso il suo valore di fondamento della vita sociale ed è diventato un effetto secondario o eventuale". (da G. Zagrebelsky, Fondata sul lavoro. La solitudine dell'art. 1, Torino, Einaudi, 2013, pp. 53, 67-69)

    Come, come, come?? Nemmeno ci siamo accorti di come è avvenuto? Eh, mah, chissà...chiamate Martin Mystère. Rapporto sulla convergenza della BCE, maggio 2010, pagg. 25-6: "Il divieto di finanziamento monetario è fondamentale per assicurare che il raggiungimento dell’obiettivo primario della politica monetaria (principalmente il mantenimento della stabilità dei prezzi) non sia ostacolato. Inoltre, il finanziamento del settore pubblico da parte delle banche centrali attenua gli incentivi per una *disciplina di politica fiscale*. Tale divieto deve pertanto essere interpretato estensivamente in modo da assicurare una sua rigorosa applicazione ed è soggetto solo ad alcune esenzioni limitate contenute nell’articolo 123, paragrafo 2, del trattato e nel Regolamento (CE) n. 3603/93."

    Non è ancora abbastanza chiaro? Prendiamo allora il regolamento 3603/93, considerando 8, che chiarisce la ratio dell'eccezione rispetto al principio generale: "considerando che, nei limiti fissati dal presente regolamento, l'acquisizione diretta, da parte della banca centrale di uno Stato membro, di titoli negoziabili del debito pubblico di un altro Stato membro non può contribuire a sottrarre il settore pubblico alla *disciplina dei meccanismi del mercato* se l'acquisizione è effettuata unicamente ai fini della gestione delle riserve valutarie;"

    Di queste denunce di effetti di cui non si indicano mai le cause (in tutto il libro non si fa menzione né un vago accenno né all'euro né ai trattati europei) e si concludono invariabilmente col più Europa non se ne può veramente più. Se la compagnia è questa, forse l'art. 1 se ne sta ancora meglio solo.

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    1. Il mistero "misterioso" dell'instaurazione dell'ordine internazionale dei mercati finanziari.

      Il sospetto è sempre che 'sto benedetto manifesto di Ventotene, e i suoi antecedenti "dottrinari" più illustri, non siano stati letti dai suoi più strenui sostenitori contemporanei....

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    2. @Arturo
      "gustavo" il saprofita da te - immensamente grato per le datazioni che costantemente offri - citato di "semine tardive", incistite da "zabri" infestanti, il tempo è trascorso nei millisecondi da "zecche" che praticano l'algoritmo inseguite da "scolari" rimandati in algebra elementare ..

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    3. Zagrebelsky è un esempio di piddinitas che meriterebbe il Nobel. Pardon. Il "nobel", per rispetto di Alfred che vede da decenni vilipeso il suo povero cognome.

      (Ma come si fa ad istituire il premio Nobel per "le scienze economiche"? Vera scintilla della controrivoluzione neoliberale? Epistemologi, sfogatevi... spiegate al consulente McKinsey medio quale problemino comporta... "medio", perché chiunque sia alfabetizzato evitando di farsi friggere il cefalo a certi MBA, la risposta ce l'ha tatuata nel DNA)

      (Di nuovo tra parentesi: dare il Nobel contemporaneamente ad Hayek e a Myrdal, oltre allo sfregio a chi avrebbe meritato il premio Nobel per la Pace insieme alla moglie, è un modo per strombazzare al pianeta intero che «l'Economia è un'opinione»)

      Ma tornando all'imperatore di piddolandia: tutta quella marmaglia di nomi prestigiosi di Giustizia e Libertà, a cosa serve se non a controfirmare un progetto che lo stesso Hitler avrebbe trovato lievemente immorale?

      Ora; questa gente ancora oggi vende un progetto sociopatico e mostruoso come se fosse una favola, un'utopia, un Fogno, che, "per qualche motivo ignoto", sta facendo più morte e sofferenza delle guerre mondiali - non si dimentichi cosa significhi il taglio delle protezioni sociali - continuando ad argomentare come hippie strafatti di mescalina.

      Sono veramente incazzato: se mia madre che si sgargarozza tutte le trasmissioni ordolivorose che vengono trasmesse low cost sulle reti locali non riesce a comporre un ragionamento che non sia buttar fumo nero dalle narici, non è un problema. Rimane tra la cucina e la sala da pranzo.

      Ma se 'sti eruditi inani diventano riferimenti di partiti di massa, che diavolo succede? Che spinnano Hayek e il conte Kalergi aggratis?

      Ovviamente.

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    4. Che differenza c'è tra l'antisemitismo dei nazisti e l'antistatualismo dei socialisti liberali? Eichmann era convinto ideologicamente del complotto giudaico-massonico: la sua etica gli imponeva lo sterminio come un imperativo categorico.

      Eichmann non voleva fare Male: voleva fare Bene.

      Non aveva ben capito la differenza tra un Rothschild e Anna Frank, che vuoi farci: era da quando è nato che veniva riempito di paranoie, mai gli sarà venuto in mente di leggere qualcosa di diverso della copertina del Mein Kampf.

      Come può sta banda di "antiberlusconiani" ritenersi diversa da un von Rampoy o da un Draghi? La loro inconsapevolezza, dato il grado di competenze e il dovere civico che la loro posizione comporta, è attenuante o aggravante?

      Io ho più rispetto per Draghi. Almeno lui è un vile affarista e un traditore della Patria e sa di esserlo. La sua etica è l'amoralità: è più ripettabile.

      Berlusconiiii! Gridava la Calcassarre. Come se fosse un segno di impegno civile indicare una banda di scimpanzè alla guida delle linee di trasporto urbano.... senza capire da che cavolo di zoo siano stati liberati. (D'altronde i guardiani erano loro, e le chiavi ce le avevano loro...)

      Ma è inutile perdere tempo con il nulla: se un intellettuale valesse qualcosa, mai si rifarebbe a "Giustizia e Libertà" e al socialismo liberale rosselliano, di cui lo stesso Salvemini allertò della scarsa riflessione dovuta alla passionarietà di Carlo Rosselli. (Senza peraltro rendersi conto che il virus l'aveva inoculato lui stesso... ma pace, lui sì che poteva non sapere).

      Se non si capisce il motivo per cui "socialismo liberale" è un ossimoro, non si può comprendere perché "Giustizia e Libertà" significhi "Giustizia e liberismo", ovvero "giustizia commutativa" alla von Hayek, quella che piace tanto alla finanza.

      Mi spiace essere così duro nonostante il debito che ha avuto il nostro Paese per le battaglie libertarie e antifasciste dei primi socialisti liberal: ma purtroppo Rosselli sta a Basso come Bernstein sta alla Luxemburg.

      Il virus della finanza anglosassone ha colpito ancora: chi va a Londra (magari alla Fabian Society) si contagia.

      E leggendo Mazzini le cose non migliorano... purtroppo pare essere la massoneria il principale veicolo con cui la finanza anglosassone contamina di liberismo la borghesia più audace e passionaria.

      Ho finito di bestemmiare.

      Amen.

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    5. Quindi in sostanza escludi che non abbiano veramente letto Ventotene e i suoi antecedenti dottrinari più illustri (anche se, nella fattispecie, l'impressione è che li abbiano capiti "come" spiegatigli da qualcun altro, non essendo in grado di coglierne da soli il significato): piuttosto, preferiscono pretendere che siano compatibili col "socialismo" e l'ossimoro di socialismo hayekiano non li fa minimamente dubitare.

      Si tratta cioè di iperconvinzione circa un acrobatico sincretismo che, peraltro, presuppone alti mezzi culturali, - cioè formule politiche astratte e modellate con cura (filologica)-, e un'altrettanto ostinata negazione (rifiuto, direi) di elementari conoscenze dell'economia.

      Hai ragione: gli economisti (neo-ordo-liberisti) sono più sinceri e diretti.
      Affermano senza mezzi termini di voler rir-egolare il conflitto sociale in nome del capitalismo finanziario, istituzionalizzato in salsa di trattato €uropeo.

      Però, senza i vari politologi e giuristi dell'internazionalismo federalista della "pace", questi economisti della finanza, non potrebbero trovarsi lì dove sono, al vertice della piramide decisionale dell'oligarchia.

      Da soli non ce l'avrebbero potuta fare: Draghi nasce come direttore del tesoro. I primi ministri e i ministri del tesoro erano altri.

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    6. A proposito dell'ex-direttore del tesoro Draghi... e la nota citazione di Cossiga a cui faccio espresso riferimento.

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    7. Del tutto a braccio e a naso...
      Quarantotto ha centrato in pieno l'analisi: il "qualcun altro" era prima di tutto Einaudi mentre la scienza economica non è mai stata di casa. I "laici" (di cui qualcosa ricordo, mentre nulla so della DC) stavano fra un PCI che negava qualsiasi disfunzionalità economica nell'URSS e un "buon senso tradizionale", da "conservatore illuminato", la cui matrice e la direzione sono oggi ben chiare, ma io parlo della formazione di chi è nato appena dopo la guerra (e dei loro genitori).
      Proprio la guerra di liberazione fu un momento di "acrobatico sincretismo" (e te credo!)... e proprio a quel momento si richiama Libertà e Giustizia.

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  4. E se un sistema elettorale proporzionale tenesse conto anche del tasso di astensionismo e dei voti nulli (e.g.: con una percentuale dei votanti sugli aventi diritto dell'87% e con una percentuale di schede nulle dell'1%, il 14% dei seggi rimane inoccupato per la durata della legislatura), ovviamente mantenendo una soglia di sbarramento di moderato valore (4%)?
    Mi rendo conto che si tratta di un'esercizio puramente intellettuale, specialmente alla luce della situazione attuale, ma sarebbe teoricamente possibile adottare questa soluzione in conformità con il dettame costituzionale (che giustamente nell'articolo 48 definisce l'esercizio di voto un "dovere civico")?
    Lo chiedo perché, a mio avviso, uno degli argomenti più odiosi, ma altresì efficaci - in termini di presa sulle coscienze con tutto ciò che ne consegue in termini pratici sul funzionamento pienamente democratico del sistema repubblicano a suffragio universale (con le opportune limitazioni del caso) (vale a dire l'affermarsi delle logiche del "meno peggio" e dell'astensionismo di resa "indotto") - della retorica individual-nichilista secondo cui "in democrazia chi non va a votare ha torto a prescindere [sic]" potrebbe essere facilmente e definitivamente eradicato adottando una misura che, inoltre, contribuirebbe, oltre che a mettere in pratica un proporzionalismo finalmente "puro", anche ad ipostatizzare la condizione di servitù (nei confronti del popolo sovrano come da articolo 1) e di precarietà di carriera (relativa al grado in cui gli interessi del popolo vengono effettivamente perseguiti da parte dei suoi rappresentanti legittimi come da articolo 54 durante lo svolgimento del mandato ricevuto) dei funzionari pubblici eletti.
    Voi cosa ne pensate?


    winston smith

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    1. Sarebbe un improponibile voto (semi)presuntivo e dunque non personale e libero: la libertà non esiste in sè (astrattamente), ma come concreto esercizio di una facoltà "nominata", manifestata nell'atto che vi corrisponde tipicamente secondo la Costituzione.

      Se si ha il proporzionale puro, e proprio solo in tal caso, tra l'altro, l'astensione riacquista il suo significato di scelta elettorale significativa (e autonoma).

      Ma se hai un proporzionale puro (magari con una soglia di sbarramento non eccessiva), l'astensionismo ridiviene un fenomeno marginale: infatti, la rappresentatività riacquista la sua connessione con le forze sociali effettive, pluralisticamente organizzate (ovviamente legandosi anche al finanziamento pubblico dei partiti che ricevano un numero minimo di voti; a prescindere dal raggiungimento della soglia, tra l'altro).
      Riaprendosi l'accesso al mercato "della" democrazia, lo spazio del "mercato sulla democrazia" si riduce automaticamente: ma non pare possibile di questi tempi.

      Ma perchè non ti registri col nickname e smetti di rischiare di non essere pubblicato come "anonimo"?

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    2. Ho afferrato il concetto espresso nella prima parte del post - in effetti, il rischio è di piombare dritti nel campo dell'astrattismo ipotetico non potendo concretamente venire a conoscenza delle cause che hanno portato ogni singolo astenuto...ad astenersi - e certamente condivido le considerazioni effettuate successivamente. Eppure, continuo a chiedermi come sia possibile legittimare un fenomeno che, per quanto marginale possa diventare con le dovute condizioni, sarà comunque sempre presente nella vita democratica di un Paese, al fine di evitare che possa essere in futuro utilizzato da ESSI a proprio favore come avviene oggi (offrendo nei fatti la linfa vitale necessaria per la prosecuzione della pantomima della "democrazia estetica"), anche e soprattutto alla luce di quello che si è effettivamente verificato nonostante quel "testamento di centomila morti" fosse stato codificato con successo dai nostri costituenti.
      Insomma, mi chiedo come si può concretamente puntellare la "vecchia" Costituzione in modo da renderla quanto più possibile immune agli attacchi che le forze liberiste hanno mosso nella loro revanche sul socialismo "materiale" (quello reale lasciamolo alla Storia) sancito dalla carta costituzionale (al netto di ignoranza, ingenuità, tradimenti).
      Spero di essere riuscito ad esprimere abbastanza chiaramente l'intento che mi ha mosso a porre il quesito iniziale restando giusto al di qua del confine di quello che vorrebbe essere un ordinamento perlopiù preventivo (basantesi sull'esperienza diretta di quello che è successo e succede "as we speak"), giacché dall'altra parte della frontiera si entra nelle ampie distese dell'ingegneria sociale; anche se, in fondo, a confrontarsi sono due modi antitetici di intendere la società, l'uno solidaristico, l'altro disgregatore.

      Per quanto concerne la tua domanda, invece, la risposta è molto semplice: ignoranza digitale: tutte quelle opzioni mi hanno mandato in crisi. Tuttavia, se il padrone di casa rispettosamente chiede, nei limiti della ragionevolezza, all'ospite, secondo i principi della ξενία, non resta che soddisfare la richiesta (parafrasi: facendo gli scongiuri, dovrei aver azzeccato l'alternativa che fa al caso mio).

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    3. Un modo ci sarebbe: introdurre l'opzione "nessuno dei precedenti" sulla scheda e legarla a una quota di posti non assegnati. Mi pare che in qualche paese anglosassone questa opzione ci sia.

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    4. @Massimo Sernesi16 ottobre 2015 10:22

      A "nessuno dei precedenti" vedrei bene l'aggiunta "e nessuno dei successivi" . Il punto fondamentale riguardo ai politici di professione è la "ricattabilita. Ti tale evidenza si hanno parecchie dimostrazioni pratiche :

      Preti - http://goofynomics.blogspot.it/2015/03/gli-stati-uniti-sono-una-nazione-non.html?m=0

      Blanchard - http://vocidallestero.it/2015/10/11/blanchard-del-fmi-lunione-fiscale-non-risanera-mai-una-eurozona-disfunzionale/

      Giscard - http://vocidallestero.it/2015/02/25/valery-giscard-destaing-la-grecia-deve-uscire-dalleuro/

      Tanto le competenze sono nell'amministrazione dello Stato. Si potrebbe dare a ogni cittadino la possibilità costituzionale di accedere alle cariche elettive (art 51Cost). Finito il mandato finita l eleggibilità a quelle cariche (ma restano pur sempre le bocciofile...)

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    5. L'idea di una "quota" di posti di deputato non assegnati è bizzarra: non a caso, ove fosse mai, sarebbe di origine anglosassone.
      Per determinati quorum strutturali sarebbe inutile, dato che le maggioranza sarebbero legate ai "componenti" (es; art.art.64 Cost), cioè a quelli effettivamente incardinati e non al numero teorico dei posti assegnabili.
      L'unico risultato sarebbe ottenere un numero variabile di "componenti" con un certo risparmio di spesapubblicaimproduttiva-castabrutta.

      Meglio un proporzionale ben fatto, dove l'astensione, o il voto con scheda bianca e simili, assumono la natura di elemento di stimolo al recupero di componenti sociali che non si sentono rappresentate.

      Ma ripeto: stiamo parlando di mere elucubrazioni teoriche

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    6. Nel commento di prima mi riferisco ad una ipotetica riforma (tie!) della legge elettorale. Il parlamento con scranni vuoti non è di mio interesse.

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  5. stiano attenti questi termidoriani all'amatriciana (anzi alla ribollita) perché a tanti piccoli 18 fruttidoro (propinati all'opinione pubblica come riforme) può sempre seguire un bel 18 brumaio ...

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  6. Il problema della legittimità di questo parlamento a operare a tutto campo, e quindi anche a procedere a revisioni costituzionali, occupa come dice l'articolo un posto centrale.
    Ben prima che la consulta si pronunciasse sul porcellum, il sottoscritto sul web aveva proposto che si procedesse a delle elezioni con una legge "fully proportional", ma per un parlamento che avesse, oltre ovviamente all'ordinaria amministrazione, l'unico compito di procedere all'approvazione di una nuova legge elettorale e poi si sciogliesse.
    La proposta, malgrado teoricamente adeguata allo scopo, avrebbe tuttavia trovato degli ostacoli, ahimè temo insuperabili, perchè affidava agli stessi responsabili della situazione esistente, il compito della sua soluzione (come dare la custodia di una casa ai ladri che vi hanno compiuto un furto).

    In questo senso, rimane la mia aspra critica nei confronti della consulta che, nello stesso tempo in cui affermava l'incostituzionalità del porcellum, non imponeva, come avrebbe potuto fare, al parlamento dei limiti al suo raggio di azione. Il minimo sindacale sarebbe stato escludere la possibilità di operare revisioni costituzionali. Rimane da capire se si sia trattato di ingenuità o di complicità.

    Al punto in cui siamo, non abbiamo scelte, bisogna impegnarsi a far vincere il no al referendum, rispetto a cui io sarei un po' meno pessimista di quarantotto. Capisco che Renzi tenterà di buttarla in politica nel senso di schieramento evitando accuratamente di entrare nel merito, ma non credo che in un'occasione come questa, si manifesterà una estesa fedeltà di partito, e non sottovaluterei l'enorme area dell'astensione che potrebbe scaricare la sua carica oppositiva proprio votando il no al referendum.
    Molto dipende dall'impegno che l'area del no sarà in grado di sviluppare, ed anche devo dire dalla sua abilità. Spero che non si procederà sulla falsariga del documento pubblicato credo ieri da "Il Manifesto", improponibile ad una vasta parte dell'elettorato. Su questi aspetti di comunicazione, sarà vitale lavorare attentamente.

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