1. Pubblico, allo scopo (consueto) di tentare di non disperderli, una selezione di recenti commenti che risultano particolarmente centrati sul "tumultuoso" presente.
Se "questo esperimento" si dimostrerà utile, contando anche sul vostro aiuto nel rinvenire commenti passati particolarmente importanti, potrà nascerne una serie di post di recupero di prezioso materiale e di sistematizzazione degli approfondimenti già svolti.
Quindi formulo l'invito, in questa ottica, a citare ulteriori commenti (anche propri) che, correlati a quelli qui esposti, possano servire da passaggi di collegamento e ulteriore illustrazione di quelli contenuti nella "selezione": l'idea sarebbe di inserirli, dopo la segnalazione nei commenti, nel testo dello stesso post, ampliando il lavoro di raccordo delle parti "collettive" del blog:
Se "questo esperimento" si dimostrerà utile, contando anche sul vostro aiuto nel rinvenire commenti passati particolarmente importanti, potrà nascerne una serie di post di recupero di prezioso materiale e di sistematizzazione degli approfondimenti già svolti.
Quindi formulo l'invito, in questa ottica, a citare ulteriori commenti (anche propri) che, correlati a quelli qui esposti, possano servire da passaggi di collegamento e ulteriore illustrazione di quelli contenuti nella "selezione": l'idea sarebbe di inserirli, dopo la segnalazione nei commenti, nel testo dello stesso post, ampliando il lavoro di raccordo delle parti "collettive" del blog:
...Ma perché chi studia sinceramente - invece - non ne sbaglia mai una?
«Nell’immediato dopoguerra, Basso guida le forze socialiste a schierarsi contro l’avvio del processo di integrazione europea, di cui non coglie il significato storico e in cui non scorge il mezzo per ridare la libertà e l’autonomia agli europei, ma in cui vede soltanto l’espressione del dominio statunitense e del capitalismo.» 1976, The Federalist, 1975.
Un possibile raccordo tra questo e il successivo commento, in discorso scientificamente organico, può essere senz'altro questo:
«Nell’immediato dopoguerra, Basso guida le forze socialiste a schierarsi contro l’avvio del processo di integrazione europea, di cui non coglie il significato storico e in cui non scorge il mezzo per ridare la libertà e l’autonomia agli europei, ma in cui vede soltanto l’espressione del dominio statunitense e del capitalismo.» 1976, The Federalist, 1975.
Un possibile raccordo tra questo e il successivo commento, in discorso scientificamente organico, può essere senz'altro questo:
"...L'impiego "tecnico" del vincolo esterno non è una
novità di fine anni '70: la novità è stata il suo irrigidimento fino
all'attuale cementificazione (che non è differenza da poco, s'intende).
Se si guarda alle celebri strette creditizie della Banca d'Italia,
quella del '47, quella del '63 e poi quella del '74-'75, e agli
argomenti che le hanno accompagnate, non è difficile scorgere un fil
rouge che percorre tutta la storia repubblicana.
Citiamo pure Caffè («I
consigli», rivista della Flm (1977)):
"Di fronte a gravi disavanzi della bilancia dei pagamenti soprattutto per la ingiustificata riluttanza ad applicare razionamenti e misure restrittive delle importazioni, i provvedimenti deflazionistici sono inevitabili. Proprio in questi giorni il professor Modigliani ha affermato secondo notizie di stampa che «è discutibile se la politica restrittiva sia stata condotta per eccesso, (ndr: siamo nel 1977!) cioè se non ci si sarebbe potuto permettere un disavanzo maggiore e se non si sia ecceduto nella deflazione».
Di questa osservazione in primo luogo va rilevato che si parla finalmente in modo esplicito di deflazione, in secondo luogo questo «eccesso» è tipico della politica economica italiana perché lo si ebbe, sia nel 1947, sia nel 1963.
Questo andare al di là del segno non è un fatto fortuito o un errore ricorrente: dipende sistematicamente dalla minore importanza che si dà ai problemi dell’occupazione rispetto a quelli dell’incremento delle riserve valutarie. È sempre mancato il controaltare: chi cioè avrebbe dovuto più energicamente difendere le ragioni dell’occupazione rispetto a quelle del grado di disavanzo della bilancia dei pagamenti, della credibilità esterna o del fatto che il Cancelliere tedesco, il fondo monetario ci dicono che siamo bravi e così via."
Basso,
durante la sua segreteria, sotto il terzo governo De Gasperi, aveva
preteso che i ministri socialisti, prima delle riunioni del consiglio
dei ministri, gli comunicassero l’ordine del giorno e i disegni di legge
che dovevano discutere. Lui aveva creato due commissioni di consulenza,
una incaricata dei problemi dello Stato, con Massimo S. Giannini,
l'altra delle questioni economiche, con Caffè, così da poter controllare
rapidamente i disegni di legge e poi incaricare uno dei ministri di
sollevare tutte le contestazioni preparate in sede di partito (notizie,
credo poco note, in C. Giorgi, Un socialista del Novecento, Carocci,
Roma, 2015, pag. 245).
Tanto per chiarire la differenza fra la politica e l'idraulica".
Tanto per chiarire la differenza fra la politica e l'idraulica".
3. E grazie a Smigol, "sostituiamo" l'originario commento di Lorenzo, che introduce il dialogo che segue, con questa sua precedente analisi complessiva che fornisce un quadro ancor più sistemico:
Il progetto politico di "Essi" pare quindi consistere in:
a) l'instaurazione di un governo sostanziale "nascosto", perché comunque i veri governanti (la grande finanza), non assumono direttamente -agli occhi dei governati- la responsabilità delle politiche che decidono, nascondendosi dietro al politico di professione, titolare formale (ma non sostanziale) del potere e ridotto a mero prestanome (sotto questo aspetto era meglio perfino il "vecchio" ancien regime: anche se "non votato da nessuno", un Luigi XVI era chiaramente identificabile come responsabile dal governato: come aveva statuito suo nonno, lo Stato.... era LUI. E infatti, alla fine, raggiunto il punto di rottura la società lo chiamò a rispondere!).
b) la creazione di una non-società "universale, multietnica, multiculturale, globale", composta da una massa povera, abbrutita, incolta, disorientata e senza valori di riferimento (e come puoi averne senza una cultura a cui riallacciarti, una terra a cui legarti, una famiglia di cui far parte, una politica da valutare, fin anche un dio in cui credere?).
Sotto questo aspetto, è incredibile la sinergia tra quelle che Diego Fusaro chiama la "Destra del denaro" e la "Sinistra del costume". Basti pensare alla comune condivisione del relativismo dei valori, della "guerra" contro la famiglia tradizionale (ossia contro il welfare privato che esiste da sempre: famiglia non è forse uguale a mutuo soccorso?), dell'anticlericalismo stereotipato etc....
c) un'opera di sviamento delle coscienze (e in una non-società frammentata e senza punti di riferimento è oggettivamente facile), dai problemi autenticamente politici verso delle "ideologie di secondo livello" (es. gender, femminismo ultra-radicale, animalismo, veganesimo, etc....), identificando (falsamente) in esse la nuova frontiera della (non) lotta politica.
Personalmente credo che un progetto del genere capisca poco l'uomo in sè, che alla fine la "società dei disorientati" esploderà come una bomba ad orologeria, anche perché, rimanendo "terra-terra", per quanto tu sia un informatore bravo, sarà difficile far credere all'infinito ad un poveraccio che il suo slum sia "il migliore dei mondi possibili" (anche se il teleschermo orwelliano glielo ripeterà dalla mattina alla sera), e perché, tanto per dirne un'altra, la "dittatura delle minoranze" è la peggiore forma di tutela che si possa dare alle stesse, in quanto presupposto per l'esplodere violento della maggioranza.....
E' un progetto pericoloso, perché costruito sulla non politica, sulla neutralizzazione del consenso e su un'ipocrita morale di cartapesta, per la quale, tanto per dirne una, una morte va in prima pagina ed un'altra no, a seconda di dove di verificano e in quale contesto e a seconda dell'utilità che ha la notizia.
Il problema, è che coloro che si definiscono "intellettuali", hanno seppellito il proprio spirito critico per credere in tutto questo.
Comunque, la decadenza della società occidentale è impressionante. E' uno squallido e pericoloso "basso impero". A questo punto, c'è quasi da sperare che arrivino presto i barbari..."
"Sul piano pratico, è probabile, sì, che solo dagli USA possa arrivare un "contrordine compagni". Di sicuro, però, questo non accadrà se sarà la Clinton a vincere le presidenziali.". Il contrordine non arriverà, concordo. L'unica speranza era Bernie Sanders. Il senatore del Vermont aveva tutte le carte in regola per dare la scossa al sistema. Contro i trattati di libero scambio, contro Wall Street, a favore del popolo. Infatti giovani, lavoratori ed in ultima ratio anche ispanici e parte dell'elettorato di colore lo hanno sospinto.
RispondiEliminaSe Sanders fosse stato eletto quale candidato democratico avrebbe sicuramente vinto contro Trump. Non si sarebbe stata partita. Ma "il sistema" ha preferito avere a disposizione la solita scelta "win win". Trump o Clinton, poca differenza. Anzi, vincerà come al solito, ed andrà alla Casa Bianca la "croocked" Hillary Clinton, la preferita da Wall Street e delle grandi industrie che riforniscono la difesa americana. Altro giro, altra corsa. Aspettiamoci delle belle da Killary Clinton... anzi, le solite... "Assad must go" "Putin must go" and so on...
Purtropo bisogna ragionevolmente concordare con questa previsione. Dalla stessa analisi di Wolf sui "populismi" (orrido termine, dissimulatore della doppia verità, che fa il paio col più datato "statalismo"), già emergeva che, semplicemente, non si possono permettere ora un cedimento alla democrazia sociale. O anche solo una qualche concessione alla eguaglianza sostanziale, cioè a...Keynes (che non avrebbe mai creduto di divenire, in meno di 70 anni, il più forte simbolo rivoluzionario dell'Occidente globalizzato).
EliminaVogliono la mattanza: assicurandosi la cooperazione di chi ne pagherà il prezzo...
Anche io penso che il mito della vittoria di Trump vada approfondito e, forse, un po' "smitizzato". Qualora fosse vincitore dovrà comunque venire a patti col sistema (di cui comunque è espressione, ricordiamocelo), magari accettando un vicepresidente repubblicano in linea con l'establishment finanziario, così come molti uomini nella squadra di governo. Certo, meglio lui della Clinton perché, in linea teorica, anche il sistema dovrà venire a patti con lui, che appare (dico: APPARE), poco propenso a sottomettersi "automaticamente".
EliminaSottomissione automatica che invece vedo assolutamente CERTA con la Clinton, che si porrebbe -soprattutto- sullo stesso disastroso sentiero di politica estera intrapreso da Obama.
Va obiettivamente riconosciuto che l'UE ed in generale il sistema hanno mostrato una resilienza notevole, di sicuro superiore a quella che era lecito attendersi. Eppure, da un punto di vista generale, quello che personalmente credo -riallacciandomi sia ai miei precedenti commenti che al post nel suo insieme- è che un sistema politico, economico e sociale basato su una non-morale (definita solo in negativo, cioè dai valori passati che si rifiutano, senza proporre valori positivi nuovi che non siano la legge del denaro), su un potere fluido e sostanzialmente occulto e su una specie di "gestione mediatica della disperazione delle masse", non può durare.
Si corroderà dall'interno, fino a dissolversi, perché non ha una tavola di valori condivisi che lo tengano insieme, non una cultura, non una lingua, non un Dio. Nulla.
Da tenere conto, poi, che oltre il "limes" ci sono ancora dei nemici che, buoni o cattivi che siano, un sistema di valori invece lo hanno (ad anche abbastanza resistente). E' un caso che l'occidente globalizzato si "consumi", e da parecchio tempo, in quel medio oriente dove già si era "consumata" Roma, senza cavarne un ragno dal buco? Dopo l'apice della gloria, con Traiano ed Adriano, venne rapida la crisi del III secolo.......
Sul "consumo" di Roma nel Medio Oriente, rammentiamo essenzialmente ellenizzato (o, nella restante parte geografica odierna,in mano ai parti), non sarei d'accordo: la Siria (in senso ampio) e la Giordania (quest'ultima in varie forme di collegamento politico-territoriale) erano in realtà parte contribuente fondamentale all'Impero.
EliminaLa "rovina", - cui più tardi l'Impero d'Oriente, divenuto "greco", cercò di ovviare con le leve obbligatorie dei liberi coloni e dei loro figli (con alterne fortune)-, venne quando si diffuse il cristianesimo, con forti vene mistiche e ascetiche, tendenti all'anarchia: nel tardo Impero, il Medio Oriente divenne famoso per la sua popolazione considerata "imbelle".
Per quanto, in verità, sul piano della "produttività", il suo "tesoro" di capacità artigiane e di ricchezza cultural-commerciale, si proiettò in avanti nel tempo, per gran parte dell'Alto medio-evo, come attestano architettura e arte del tempo dei Longobardi.
Fino all'arrivo dell'Islam (che però si avvalse, nei suoi principali leader, della militanza e della conoscenza delle tecniche militari dell'esercito bizantino).
Suppongo però che tu ti riferisca alle infinite campagne verso Oriente, più spesso conseguenti ad aggressioni, da parte della dinastia Sassanide, che ebbero come epicentro l'allora Mesopotamia, in una costosissima serie di occupazioni e perdite del controllo del relativo "limes" più esterno dell'Impero :-)
Piuttosto, la "sottomissione" di Hillary non è tanto umiliante: almeno per il conto in banca della "famiglia"...
http://www.polisblog.it/post/299216/usa-2016-fondazione-clinton-conflitto-interessi (notare la vicenda post 2013 dei contributi degli Stati esteri).
Sai quando arrivi a totalizzare 3 miliardi di dollari solo di "compensi" ufficiali, più che sottomesso, sei...parte del club
http://blog.ilgiornale.it/rossi/2016/05/06/tutti-i-soldi-della-clinton/
Sì, mi riferivo all' "infinito conflitto" che già iniziò con i Parti e si protrasse con i Sassanidi (la celebre sconfitta di Valeriano, contro Sapore). :-)
EliminaPermettetemi di ringraziare tutti quelli che contribuiscono al blog e in particolare i "commentatori" che hanno fatto questo pezzo: sono riflessioni che mi ritrovo confusamente a fare anch'io, con molta meno precisione, e ritrovarle condivise e "fattivizzate" fa sentire meno solitudine. Ma questo giá lo sapete.
EliminaVenendo al tema, m'incuriosisce fare una micro-nota, che non cambia di una virgola il quadro generale: non condivido l'ottimismo riguardo a Sanders. Sebbene la sua storia personale lo individui come persona estremamente retta, anche lui al pari di Trump si sarebbe trovato sottoposto a pressioni altissime da parte dello Stato profondo americano senza sapere bene come "addomesticarlo": è nella politica americana da una vita senza mai aver rivestito ruoli di reale potere.
Faccio anche notare che è un sostenitore della Ue e dell'euro, per quello che ci concerne più da vicino. Mi sembra che su di lui, nobile perdente designato, alcune volte vengano inopportunamente riposte le nostre migliori speranze.
Condivido i dubbi sollevati nei confronti di Sanders e del suo entourage: i tanti, decisamente troppi panegirici ed epinici composti e declamati in occasione di ogni tornata elettorale vinta da parte di questo "socialista" statunitense - il che ad oggi costituisce un vero ossimoro utopico! -, o meglio statunitense "socialista" - qualificazione di comunque dubbia credibilità se conseguente a una analisi spassionata dei (pochi, a dire il vero) fatti - devono certamente indurre un certo qual grado di scetticismo nella mente dell'ascoltatore; la qual cosa, come è noto, richiede un certo qual grado di atarassia nell'animo.
EliminaAllo stesso modo, condivido pienamente l'esortazione a smitizzare la rapidissima ascesa di Trump nell'agone politico e a moderare i facili entusiasmi in caso di una sua vittoria puramente elettorale. È mia impressione che al più potrebbe contribuire a rallentare gli eventi. Ricordate che nel capitalismo reale il sistema è una macchina, e la macchina è in moto su un tracciato ben noto (e a tal proposito rimando a questo post e ai suoi commenti).
En passant, parrebbe che Mario "semper laudetur" Monti, con la sua proverbiale albagia, stia tentando di ricordare al suo smarrito (leggasi: confuso) gregge che mercato e società non coincidono e che è determinante la mediazione degli interessi in gioco (leggasi: la politica): «Riconciliare società e mercato è quindi decisivo, così come aiuterebbe il processo di consolidamento fare politiche di coordinamento fiscale». Be', che dire? Predicare bene e razzolare male è un cliché, ma, come piace dire a me, se l'uomo fosse in grado di razzolare bene, predicherebbe male. Il quindi lo lascio volentieri a voi.
Se posso, solo per chi come me è arrivato di recente e deve leggersi (ed elaborate) tutto il pregresso, consiglio quattro voci chiave come direttrici:
RispondiElimina- Rodrik
- conflitti sezionali e sub-sezionali
- sistema idraulico
- diritti cosmetici
Sono possibili altri percorsi chiave, ovviamente, a intersezione, ma servirebbe una concept map.
Se riesci a comporla, la concept-map, faresti un utile servizio "pubblico"...Ma mi rendo conto che è un lavoro massacrante (per quanto ci aggiungerei "Costituzione" e "corte costituzionale").
EliminaUna buona "traccia", relativa al filo conduttore e ai contenuti fondamentali del blog, risulta pure da questo schema logico sequenziale suggerito da Bazaar in due commenti consecutivi, appena sfornati (e una polemica gratuita si è così rivelata...utile):
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/06/colonizzazione-mediatica-senza.html?showComment=1466160786101#c5758390817453926292
http://orizzonte48.blogspot.com/2016/06/colonizzazione-mediatica-senza.html?showComment=1466161442662#c6217429045522395879
Vorrei proporre quella che mi sembra un'esemplificazione di quanto osservava Bazaar nei commenti di cui sopra, raccordando le sparate moralistiche antikeynesiane di Einaudi riportate da Francesco e questa lettera del medesimo dell'8 novembre 1943 indirizzata a Rossi, in cui gli segnalava la presenza a Ginevra di Roepke (riportata in R. Faucci, Einaudi, UTET, Torino, 1986, pagg. 320-21), che a me pare chiarisca il senso delle citazioni di Francesco. Scrive Einaudi:
Elimina"[Egli] non si occupa in modo specifico del problema della federazione, ma con [lui] vale la pena di discutere. Io l’ho in gran stima 1) perché sa l’economia; 2) perché, capendola, non è puro economista, e non pretende di risolvere i problemi col solo punto di vista economico, come fanno Keynes, tutta la banda dei cambridgiani ed i neo-comunisti anglosassoni appartenenti alla stessa scuola, i quali credono, avendo quasi tutti, credo, dai 16 ai 28 anni, e quelli che ne hanno di più, hanno letto solo libri, che sul serio agli uomini viventi in un regime comunistico effettivo sia lasciata libertà di consumo, di residenza e di lavoro; 3) perché, ma questa è una ragione non necessaria e dipende dalle prime due, sono quasi in tutto d’accordo con lui nelle soluzioni."
(Prosegue poi Faucci: “La bordata un po’ gratuita contro Keynes e i keynesiani rispecchiava una convinzione comune a Einaudi e Roepke: che il keynesismo non fosse che socialismo mascherato. Nella citata lettera del 12 novembre 1943, Roepke aveva espresso la propria inquietudine per il fatto che l’« Economie Journal » diretto da Keynes fosse « infetto di socialismo da cima a fondo».”).
Quindi, siccome risolvendo problemi economici con "la pura economia" si finirebbe nel “socialismo” (ovvero si altererebbe ”lo status quo per quanto riguarda l'assetto economico e proprietario”), le depressioni vanno risolte con la "morale". Insomma, penitenziagite che l'oligarchia ringrazia. Un po' credo l'avessimo capito. ;-)
Arturo, come al solito quando c'è da mettere timbro e ceralacca, ci pensi tu.
EliminaTi proporrei "pirreviuer" ufficiale di Orizzonte48...
In una citazione hai collegato documentando: ordoliberismo, federalismo, europeismo, Ventotene e moralismo cattolico coscientemente strumentali alla compressione della giustizia sociale volta alla universalizzazione di un'esistenza libera e dignitosa.
EliminaChissà che gioia quando Donavan, la CIA, e l'establishment angloamericano decisero di finanziare il Fogno in ottica anti-sovietica e... antieuropea.
Comincio a chiedermi se anche il Vangelo, similmente alle conclusioni di Nietzsche, non sia stato il manifesto di Ventotene della tradizione giudaico-cristiana.
(OTC .. la bellezza salva il mondo)
Eliminain questa palude, viene quasi la voglia di camminare sulle acque e viene voglia di un "salto" sul cangiante The Floating Piers del Christo ad Iseo .. magari "ispira/espira" qualcosa quanto la poesia ..
:-)
Voi siete in grado di immaginare la plumbea pesantezza di una vita intera vissuta nel terrore del socialismo? Altro che liberi, liberali, liberisti: queste persone sono sempre state, sono e continueranno a essere schiave: schiave della loro ossessione, della loro idiosincrasia, atterriti dall'idea di essere uno tra i tanti, come tutti gli altri; queste persone devono essere migliori della massa, non c'è alternativa.
EliminaDiciamocelo pure, ESSI vanno pure compatiti.
A parte i limiti di capacità (le mie, ma potrei provarci - è che mi manca la lettura di tre quarti del blog...), c'è il problema tecnico: una mappa caricata in formato immagine non può essere ipertesto - servirebbero link ai vari post... Un informatico potrebbe aiutarci...
RispondiEliminacosa provate quando leggete articoli come questo ?
RispondiEliminaEuropa, io la amo. E vi siete dimenticati com’era con la lira
Questa me la tenevo da parte da un po': la parte sottolineata del commento di Lorenzo me l'ha fatto venire in mente. Ecco: “In particolare, merita riflettere sul periodico ricorso da parte delle classi dirigenti italiane – alla metà degli anni Venti come alla fine degli anni Quaranta, e da ultimo nel passaggio dagli anni settanta e ottanta – alla tradizione liberista e a politiche ad essa in vario grado riconducibili, in fasi decisive di ristrutturazione economica e di stabilizzazione sociale, all’insegna del “risanamento” finanziario, della lotta all’inflazione considerata sovvertitrice dei rapporti sociali, della “difesa del risparmio”, della compressione dei salari e dei consumi, del sostegno dei profitti. […]
RispondiEliminaIn questo senso, pur con la cautela che deve accompagnare ogni comparazione tra epoche diverse, offre spunti di riflessione di grande interesse il fatto di scorgere all’opera, in tutti i passaggi della storia italiana poco fa ricordati […], la stessa aspirazione ad un modello di governo dell’economia che restaurasse l’ordine del “capitalismo liberale”, erigendo la stabilità finanziaria a demiurgo supremo della politica nazionale e a scopo incondizionato e assoluto: espressione della pretesa, si potrebbe dire, di adeguare la società all’economia, con l’obiettivo politico di stabilizzare, con la deflazione monetaria, anche gli assetti sociali in senso moderato. Non pare un caso che ad ognuna delle fasi appena ricordate abbia corrisposto coerentemente la scelta - cruciale per qualsiasi politica di integrazione internazionale – di restaurare e difendere strenuamente il cambio fisso, scontando anche il rischio di frizioni con settori importanti del mondo imprenditoriale. Tale scelta, vincolando la politica economica al culto rigoroso della “sacra trimurti” incarnata dall’equilibrio della bilancia dei pagamenti, dalla difesa delle riserve valutarie e dalla stabilità dei prezzi, ha tradotto la volontà delle classi dirigenti italiani di legarsi (per così dire) le mani, ossia di soggiogare l’evoluzione politica e sociale del paese ad un vincolo esterno assunto come inderogabile: il tallone aureo negli anni venti, al pari dei suoi surrogati postbellici, le sacre tavole di Bretton Woods, le regole di “buona condotta” del Fondo monetario internazionale, più recentemente le bande di oscillazione del Sistema monetario europeo. Al rispetto di tale vincolo – presentato come irrinunciabile, pena lo ‘sganciamento’ del paese dalle istituzioni del capitalismo occidentale – è spettato così di imporre alle dinamiche salariali meccanismi automatici di riequilibrio, dunque apparentemente oggettivi, ‘tecnici’ e impolitici, e di surrogare efficacemente quella che ancora Polanyi definiva la filosofia deflattiva e “antisociale” del “mercato autoregolato”. […] E’ questa l’altra faccia della ricorrente tentazione antipolitica delle classi dirigenti italiane, una scorciatoia volta a nascondere dietro vincoli esterni e poteri ‘tecnici’ il rifiuto di affrontare a viso aperto la problematica ma necessaria gestione del consenso sociale – come dire, di prendere pienamente atto delle responsabilità che comporta il governo di una società democratica – anche sul terreno delle scelte di politica economica. Di qui anche la caratteristica propensione alla chiusura oligarchica e verticistica, alla creazione di canali paralleli di mediazione tra governo, tecnocrazie e poteri forti dell’economia, che troveremo ricorrentemente all’opera nel corso delle vicende qui affrontate.” (S. Battilossi, L’Italia nel sistema economico internazionale, Franco Angeli, Milano, 1996, pagg. 36-42).
Dedicato a tutti i reazionari de facto che pensano che bastino due imparaticci di politica economica keynesiana e un po' di amor proprio in senso patrio, nazionalista e culturale per tornare a vivere la vita degna di essere vissuta a cavallo del Trenta Gloriosi.
RispondiEliminaSoprattutto lo dedico agli acritici "anti-comunisti" a prescindere, non hanno gli strumenti critici per uscire dal nominalismo ideologico e livoroso.
(E un po' anche per comprendere la relazione tra fenomenologia ed etica nel significare e valorizzare la complessità, tra esistenzialismo ed essenzialismo)
«Class warfare remains as vicious and one-sided as ever. Neoliberal governance over the last thirty years, regardless if there was a Republican or a Democratic administration in place, has intensified immensely the processes of exploitation and induced ever-larger gaps between haves and have-nots in American society. Moreover, I don't see neoliberal class politics being on retreat in spite of the opportunities that opened up because of the last financial crisis and by having a centrist Democrat in the White House.
The business classes, which largely run the country, are highly class conscious. It is not a distortion to describe them as vulgar Marxists, with values and commitments reversed.»
Ora andate a far polemica da Naom Chomsky.
In realtà, avevo ammonito il sullodato di non proseguire a fare polemiche che, evidentemente, erano dovute a un malinteso eccesso di amor proprio, oltre che ad un'inusitata aggressività: rammento che tutto è nato dalla ingiunzione a "chiarire" da lui fatta, nei tuoi confronti, in base alle sue proprie categorie interpretative della realtà e del lavoro di questo blog.
EliminaPer di più, dopo aver ricevuto significative e pazienti spiegazioni, che sono state però totalmente ignorate, ha perseverato nella polemica.
Non darò quindi corso a suoi ulteriori commenti.
E non credo che valga la pena di soffermarsi ulteriormente sull'episodio.
Che comunque ti ha condotto a riportarci un significativo (quanto abbastanza ovvio, per noi) passaggio di Chomsky :-=
non so nulla della polemica, intendo solo segnalare che abbiamo tradotto l'intervista a Chomsky citata da Bazaar su vocidallestero
EliminaEnjoy.
Grazie mille Saint Simon.
EliminaIn realtà la polemica (apparentemente) futile si innesta su un problema che è stato sollevato e che indispettisce (a ragione) molte persone coinvolte nel dibattito.
Perché se Keynes fornisce soluzione a ciò di cui il socialismo marxiano non è riuscito a venirne a capo, è ancora importante studiare la tradizione marxista?
Be': la prima rflessione, per certi versi imbarazzante per gran parte della "Sinistra storica anti-keynesiana", è quella per cui alle stesse soluzioni è arrivato - contestualmente, se non prima di Keynes - il marxista Kalecki.
Dall'altra parte, specialmente ai pseudo-keynesiani da stadio, si cerca di far notare qualcosa che dovrebbe far altrettanto riflettere:
ma come mai da almeno il '68, la Sinistra e le classi subalterne che rappresenta, ragionano di sovrastrutture come i liberali, fan del moralismo funzionalista come il clero, e adottano i paradigmi economici liberisti, quando le classi dominanti usano le Categorie hegelo-marxiane, la dialettica e il materialismo storico per far della politica favorevole ai propri interessi?
(Essendo poi noto che Hayek rimproverava i conservatori di "non fare a abbastanza", in quanto potevano rallentare ma non fermare la socializzazione del potere, ovverosia il processo di democratizzazione: "per fermare il socialismo keynesiano era necessaria una controrivoluzione". Siamo mi pare a fine anni'60).
Il lettore ideologico che non ascolta Bob Marley, e non si è fritto il cervello a leggere i Wu Ming, perde un paio di colpi al cuore quando sente parlare di Engels, Lenin o di Rivoluzione: da una parte, per un'emozione pavloviana, legittima la Sinistra reazionaria, dall'altra si priva di tutti quegli strumenti cognitivi utili ad "eideticamente ridurre" concetti complessi, acquisire coscienza, e, in definitiva, fare i propri sporchi materialistici interessi. Quelli garantiti dalla Carta.
Ci stanno facendo fuori uno ad uno, e gran parte delle persone che anche provano a contribuire, inciampano in quel "falso, grande e grasso Io" che gli è stato impiantato in zucca da chi li opprime.