Questa quarta e conclusiva parte del "saggio" di Francesco Maimone ci ragguaglia sugli "avanzamenti" del paradigma neo-ordoliberista, naturalmente imperniati sul baricentro del "mercato del lavoro", che si realizzano, con un'accelerazione senza precedenti, dopo la lettera della "BCE" del 2011.
Il "fate presto!" aveva un preciso segno e non poteva che essere verso la irreversibile cancellazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione. Ho aggiunto taluni links a precedenti post e precisato alcuni passaggi.
Intanto, oggi, ci troviamo nel punto che gli effetti sociali ed economici fallimentari di quelle scelte - che pure erano prevedibili e previsti- sono concretamente irrisolvibili.
Hanno realizzato la gran parte del "mondo ideale" che volevano: e ora non riescono a capacitarsi delle erroneità delle stime e dell'acutizzazione obbligata delle conseguenze di questi errori. Nessuno può fare autocritica, dato il costo morale e politico di essa, ma nessuno può più, ormai materialmente, assumersi la responsabilità di continuare su queste linee di politica economico-sociale €urotrainata.
Hanno realizzato la gran parte del "mondo ideale" che volevano: e ora non riescono a capacitarsi delle erroneità delle stime e dell'acutizzazione obbligata delle conseguenze di questi errori. Nessuno può fare autocritica, dato il costo morale e politico di essa, ma nessuno può più, ormai materialmente, assumersi la responsabilità di continuare su queste linee di politica economico-sociale €urotrainata.
1. Il Libro Bianco sul futuro del modello sociale - La vita buona nella società
attiva e il Piano Italia 2020. Definitivo ritorno al passato.
L’ordito concettuale di
quello che può a ragione essere considerato un’illecita apostasìa della
Costituzione e, correlativamente, un
nuovo paradigma socio-culturale, è contenuto infine in un ennesimo Paper ufficiale dal titolo altrettanto raccapricciante
e che rappresenta il proseguimento del Libro Bianco del 2001 (p.3) nonché del LibroVerde del 2008 (p.4), di cui riprende nello specifico i principali postulati.
Trattasi del Libro Bianco sul futuro del modello sociale - La
vita buona nella società attiva il quale costituisce la tappa più evoluta di un crescendo wagneriano cui
fa da sfondo la glorificazione del mercato e l’indotto oblìo dei diritti
costituzionali.
Tale
papello dalla veste candida è ancora una volta “dedicato ai giovani e alle loro
famiglie”, una dedica che “vuole essere sostanziale, non formale, perché un rinnovato modello sociale orientato a promuovere l’autosufficienza di
ciascuna persona … è essenziale per ricostruire la fiducia nel futuro”;
esso, e nemmeno in modo velato, “… si
limita intenzionalmente alla declinazione dei valori e della visione del
nuovo modello sociale …” [1].
Limitando l’analisi al campo
lavoristico, il programma stocastico del White
Paper continua ad insistere sull’usuale impianto teorico di origine
€uropeista con la sua semantica-chiave, in generale additando il sistema del Welfare come “vecchio” ed affetto da “disfunzioni
e sprechi”:
- occupabilità (“… Da una concezione statica di tutela del
singolo posto di lavoro si deve definitivamente passare alla promozione
della occupabilità della persona …”);
- imprenditorialità
(“… Aumenta l’autonomia del
lavoratore nella realizzazione delle proprie mansioni e progressivamente si
stemperano i rigidi vincoli di subordinazione …”), condita da percorsi di
apprendimento permanente;
- adattabilità (“… La permanenza nel mercato del lavoro rappresenta la strategia
centrale per combattere il disagio sociale ed economico. L’utilizzo di
adeguate flessibilità … è particolarmente indicato per garantire ancora un
ruolo attivo nella Società …”);
- pari
opportunità per le donne ed i soggetti svantaggiati (“…un Welfare delle pari opportunità… Nel
caso della occupazione femminile, le questioni da affrontare vanno ben oltre
l’ambito di incidenza delle politiche fiscali…Particolare rilievo può assumere
l’evoluzione della contrattazione collettiva e della prassi aziendale con
riferimento alla flessibile modulazione dell’orario di lavoro”) [2].
1.1. Nel totale capovolgimento
dei valori della Costituzione, la quale è fatta oggetto di una rudimentale interpretazione, è quindi enunciato in modo lapidario e simulato quanto segue:
“… Occorre pertanto ripartire dalle fondamenta e cioè DALLA EDUCAZIONE, DALLA FORMAZIONE E DAL
LAVORO CHE SONO I VALORI DI RIFERIMENTO CONTENUTI NELLA NOSTRA CARTA COSTITUZIONALE.
… Il Welfare State tradizionale
si è sviluppato sulla contrapposizione tra pubblico e privato, ove ciò che era
pubblico veniva assiomaticamente associato a “morale”, perché si dava per
scontato che fosse finalizzato al bene comune, e il privato a “immorale”
proprio per escluderne la valenza a fini sociali. È STATO UN GRAVE ERRORE …”
[3].
Tracciata la via, anche il
Piano Italia 2020 - alla
cui stesura si sono dedicati nel 2009 gli allora Ministri del Lavoro e
dell’Istruzione Maurizio Sacconi e Mariastella Gelmini – non poteva
che ribadire pedissequamente le medesime idee, definendo le linee di azione
comuni ai due ministeri al fine di realizzare la piena occupabilità dei giovani
[4].
1.2. Elemento di novità,
tuttavia, è l’esordio del Piano con una citazione
dell’allora Pontefice Benedetto XVI ed estrapolata dall’Enciclica Caritas in Veritate:
“Desidererei ricordare a tutti, soprattutto
ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e
sociali del mondo, che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è
l’uomo, la persona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro
e il fine di tutta la vita economico-sociale”.
Tale
citazione – che realizza una sorta di “quadratura del cerchio” nelle
intenzioni dei citati estensori - non deve destare stupore, dal
momento che nell’ottica di detta visione politica e culturale la persona si
realizza grazie al mercato, sempre che le istituzioni intervengano affinché quest’ultimo
possa operare come mero meccanismo regolatore e moralizzatore [5].
La socializzazione
morale, sostenuta dall’instrumentum regni religioso [6], costituisce un aspetto tutt’altro
che ininfluente, poiché comporta l’interiorizzazione da parte dei soggetti
interessati di un particolare punto di vista ideologico proprinato come
spontaneo e naturale, essendo le logiche del mercato il vero riferimento etico
cui deve riferirsi l’imprinting
culturale dei cittadini. Affidandosi ad esse i soggetti vengono orientati in
modo da operare al servizio delle domande emergenti dalla società così come ideata dall’ingegneria
neoliberista.
Seguaci del neoliberismo
nostrano, al riguardo, spiegano con assoluta chiarezza in che modo la dottrina
sociale della Chiesa stabilisce un granitico punto di tangenza con
l’individualismo metodologico liberale “almeno
nella sua versione austriaca” (quella di Hayek), del tutto in coerenza con
le già menzionate riflessioni di Einaudi [7].
2. Un altro tocco di make-up
nell’attuazione delle direttive neo-ordoliberiste
In tempi recenti, la
terminologia dell’Europa dei burocrati si è arricchita, in campo lavoristico,
di ulteriori termini ed espressioni. Uno di questi è rappresentato dal neologismo ossimorico Flexicurity (in italiano, flessicurezza) risultato di una crasi impropria tra i termini flessibilità e
sicurezza: ideologicamente ed economicamente il concetto risulta connesso all'obiettivo della deflazione salariale, alla "competitività" sui mercati esteri, viste come uniche priorità conseguenzali alla "globalizzazione" (in chiave "metereologica"), p.3, cioè proposta come "fatto naturale" esterno all'UE (!), da cui difendersi.
In tale quadro si innesta il corollario (in proiezione, degnerativa del tessuto sociale, assunto come indispensabile) del reddito di cittadinanza, ipotizzato, non a caso, da Hayek e Friedman, nella grande categoria del "reddito universale"...senza lavoro.
Il modello della Flexicurity,
nell’intendimento degli ideatori europei, avrebbe come scopo la creazione di
sistemi moderni di protezione sociale atti a garantire un adeguato sostegno del
reddito durante i periodi di disoccupazione (nel periodo, cioè, di transizione
da un periodo di lavoro ed un altro) coniugando in tal modo le esigenze di
competitività e flessibilità con la protezione sociale.
2.1. E’ stato tuttavia efficacemente
evidenziato, più in generale, che termini come quello esaminato sono solo il
frutto di una tecnica lessicologica ideata dall’ordine sopranazionale dei
mercati, finalizzata non solo alla creazione di un metalinguaggio - funzionale
alla privazione dei termini per definire la realtà - ma che si
esprime anche in modo ingegnoso coniando enunciazioni complementari a realizzazione congiunta impossibile (p.1).
E ciò, a sua volta,
allo scopo di originare una crisi che solo una decisione tecnica (al riparo,
quindi, da ogni controllo democratico) sia in grado di risolvere. Ci si trova innazi,
in sostanza, ad un’operazione cosmetica
legittimante un potere tecnocratico che agisce sulla base di una scelta politica occulta, già assunta. e inevitabilmente contraria agli interessi di chi la subisce. Una sofisticazione del bis-pensiero
orwelliano, oltre che una versione della democrazia
idraulica di Hayek [8].
2.2. In via di prima
approssimazione, in effetti, si può appurare (come vedremo) che sotto la spinta
delle riforme strutturali richieste dall’Europa, mentre le norme approvate con
il pacchetto Treu e la legge Biagi hanno massicciamente deregolamentato la
normativa sul mercato del lavoro e sui servizi per l'impiego in funzione della c.d. flessibilità in entrata (adattando al
massimo la forza lavoro gli assetti produttivi delle imprese nel momento dell’assunzione),
la legge Fornero e il Job Act hanno
inciso, oltre che sulla flessibilità in entrata, anche e soprattutto sulla
c.d. flessibilità in uscita (rendendo più semplice licenziare i
dipendenti ed attenuando le conseguenze dell’esodo a carico dei datori di
lavoro), con l’annessa “razionalizzazione” del sistema degli ammortizzatori
sociali.
Senza indugiare
sull’origine storica del termine Flexicurity
[9], bisogna ricordare che lo stesso
è tornato drammaticamente d’attualità in quanto connesso con le imposizioni
dettate dalla Banca Centrale Europea al Governo italiano attraverso la
famigerata lettera del 6 agosto 2011 [10]. Nel testo della missiva, ed al fine di
sostenere la competitività delle imprese, ricordiamo che veniva tra
l’altro indicata all’Italia
“… b) l'esigenza
di riformare … il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo
accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare
i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e
rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione
…” [11] e, in pari tempo, veniva
richiesta “… c) una accurata
revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei
dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un
insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di
facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori
più competitivi …”.
3. La Legge Fornero
Orbene, alla “revisione
delle norme che regolano l’assunzione ed il licenziamento dei dipendenti”, il
legislatore italiano si è come sempre supinamente adeguato proprio mediante
l’approvazione del DDL n. 3249 recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una
prospettiva di crescita”, poi definitivamente approvato con la
L. n. 92/2012.
E’ uno dei relatori della riforma a confermare che la
genesi della stessa “… non puo` non essere ritrovata nella lettera
scritta il 5 agosto dell’anno scorso dal Governatore uscente della Banca
centrale europea, Jean Claude
Trichet, insieme al Governatore entrante, Mario Draghi …” nonché nell’impegno
del Governo italiano di contrastare le forme improprie di lavoro dei giovani e di
adottare nuove regole di licenziamento per motivi economici, un’endiadi definita
“… suggestiva dal punto di vista
intellettuale: la connessione tra legalita` e flessibilità. La legalita` e` il presupposto della
flessibilità …” [12].
3.1. Al senatore Treu (lo stesso del
“pacchetto”), co-relatore del provvedimento, è spettato poi il compito di
illustrarne gli ulteriori profili, tenendo a precisare - in un’ottica
tipicamente neo-ordoliberista - che:
“… Il messaggio forte … e` una razionalizzazione delle regole del mercato del lavoro, NON DEL MERCATO DEL LAVORO
…” [13] e che il Parlamento ha lavorato
“… sulle
regole nell’ottica europea della flessicurezza o flexicurity … perche´ siamo in Europa e anche perche´ crediamo che
questo tipo di equilibrio tra flessibilità` e sicurezza sia quello che serve
nel mercato del lavoro, in un’economia
turbolenta molto difficile che mette in crisi le sicurezze vecchie, ma che
ha bisogno di sicurezze nuove e che
richiede flessibilita` inevitabilmente
…”.
Nel solco dell’ideologia dei “quattro
pilastri” di derivazione eurordoliberista, il senatore Treu ha quindi richiamato:
a) l’importanza della
formazione, sottolineando la centralità dell’istituto dell’apprendistato
disciplinato dalla futura legge; b) il
riassetto nella disciplina degli ammortizzatori sociali.
In tale materia,
tuttavia, dove la flessicurezza avrebbe dovuto essere attuata universalizzando
le misure di sostegno al reddito, la
riforma è venuta meno, escludendo dal beneficio proprio i lavoratori
assunti con contratti flessibili. Il motivo è da ricercare nella ormai atavica
mancanza di soldi “… che sono pochi. E
infatti ne sono rimasti pochi per gli ammortizzatori sociali…” [14]. Chissà perché.
3.2. A ciò si aggiunga
l’introduzione di un regime di “condizionalità” per i fruitori degli
ammortizzatori sociali - ovvero, la subordinazione dell'erogabilità
delle prestazioni sociali a tutela del reddito (in caso di disoccupazione o
sospensione dal lavoro) alla concreta disponibilità
del lavoratore a seguire corsi di formazione o ad accettare determinate offerte
di lavoro, anche se al ribasso e degradanti [15].
I risultati della riforma
sono quantomai evidenti: più
flessibilità (sia in entrata che in uscita) ed ancor meno sicurezza per i lavoratori, in linea con il paradigma
marginalista del lavoro-merce.
D’altronde, come sempre, in tale visione “…
Le riforme del lavoro possono essere utili … come un tassello di un pacchetto
molto ampio di misure tendenti a rendere il sistema più competitivo e a
migliorare le condizioni DELL’OFFERTA AGGREGATA di beni e servizi …” [16].
3.3. Considerato
il contesto descritto, è del tutto normale che l’allora ministro Fornero si
sentisse legittimata – nonostante successive
rettifiche - ad esternare pubblicamente il messaggio ideologico del
nuovo paradigma socio-culturale: “… L'ATTITUDINE DELLA GENTE DEVE
CAMBIARE. IL LAVORO NON É UN DIRITTO, BISOGNA GUADAGNARSELO, ANCHE
ATTRAVERSO IL SACRIFICIO…” [17].
4. … Nonché il Jobs
Act
Si conclude l’analisi
della normativa giuslavoristica con l’esame sintetico del Job Act, assurto ad autentico cavallo di battaglia dell’ex Presidente del Consiglio Matteo
Renzi.
Bisogna subito avvertire che sarebbe superfluo in questa sede tentare di
dimostrare come anche la L. n. 183/2014 (con i suoi innumerevoli
decreti legislativi) affondi le radici in una ideologia europeista di matrice neo-ordoliberale,
dal momento che tale ascendenza è stata rivendicata espressamente dall’ex Premier
come caratteristica inconfondibile della propria politica
“… Dimostreremo che NON È VERO CHE L’ITALIA E L’EUROPA SONO STATE DISTRUTTE DAL LIBERISMO MA CHE AL CONTRARIO IL LIBERISMO È UN CONCETTO DI SINISTRA, e che le idee degli Zingales, degli Ichino e dei Blair non possono essere dei tratti marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il cuore …” [18].
In claris non fit interpretatio.
4.1. Il disegno di legge
delega 1464 (futuro Job Act),
approvato per la conversione del D.L. “Poletti” n. 34/2014 che ha
anticipato gli effetti della riforma, aderisce alla tendenza legislativa degli
ultimi due decenni e la completa, immettendo cioè nel sistema maggiore flessibilità.
Per ragioni di
economia espositiva, si segnala tra l’altro:
a) la sostanziale liberalizzazione
del contratto a termine (=flessibilità in entrata) cui è estesa la
acausalità entro il primo triennio, divenendo, di fatto, la forma normale di
impiego; b) l’ulteriore depotenziamento dell’art. 18 dello
Statuto dei Lavoratori (=flessibilità in uscita) mediante l’introduzione del
contratto indeterminato a c.d. tutele crescenti (fortemente incentivato
sul piano fiscale), espressione che dissimula un sistema di “tutele” applicabili
in caso di licenziamento illegittimo e che, quindi, si caratterizza per una
drastica riduzione del rimedio della reintegrazione, optando a favore della
tutela indennitaria. La disciplina introdotta per i licenziamenti individuali è
stata estesa, con i decreti attuativi, anche a quelli collettivi;
c) la riconferma della condizionalità per usufruire del
trattamento di disoccupazione.
4.2. Nonostante il relatore
del DDL si sia affrettato a parlare di “Lavoro
ritrovato” [19], la dottrina più
accorta, però, ha più realisticamente parlato in modo caustico di un nuovo “… codice
genetico del diritto del lavoro
post-costituzionale” e di “… normalizzazione neo-liberale” dell’Italia
dentro il quadro europeo; più che svolta, forse si tratta di accelerazione”
[20], alla quale sono seguiti gli impietosi (e prevedibili) risultati,
anche sul piano giurisprudenziale, analizzati da Sofia [21].
5. Et les jeux sont faits
La metamorfosi giuridico-istituzionale
operata da un ristretto potere economico con caratteristiche totalitarie si è,
ovviamente, realizzata (come preventivato) di pari passo con quella umana.
Da quanto si è
argomentato, non è infatti oltremodo difficile (si spera) comprendere come,
smascherando il “monopolio sociale”
sotteso alla terminologia sopra analizzata - appannaggio della classe
oligarchica economicamente dominante – emerga la figura di un
lavoratore (e prima ancora di una persona) completamente trasfigurato il quale,
dimentico dei propri diritti fondamentali (in
primis, CHE IL LAVORO IN ITALIA È
ANCORA UN DIRITTO) e posseduto da un raptus
autorazzistico:
a) in
nome dell’occupabilità è indotto a
ritenere, compiacendosene, di essere solo nell’oceano liberoscambista dei
mercati sovranazionali e globalizzati;
b) utilizza
tale solitudine per galvanizzarsi moralmente e spiritualmente, convincendosi
che bisogna competere, darsi da fare
e che ognuno è in fondo atomisticamente artefice del proprio destino
(imprenditore di sé stesso) da realizzare senza l’aiuto di nessuno, tanto meno
dello Stato la cui azione politica, anzi, è vista come controproducente;
c) è
indotto soprattutto a somatizzare che è necessario sapersi adattare alla permanente “durezza del vivere” (cioè accettare
supinamente ogni degradante forma di impiego flessibile o ad intermittenza,
sotto retribuito o meglio non retribuito affatto), sempre in biblica attesa di
un escatologico impiego soddisfacente;
d) è
spinto verso una utopistica formazione
continua, solo strumento ritenuto idoneo a consentirgli di essere pronto a
cogliere le opportunità eufemisticamente definite “pari” e che verrebbero generate in modo spontaneo dal e nel mercato
(ovvero, si prepara a competere in un’autentica guerra tra disperati, ad
esclusivo vantaggio del capitale imperialista e globalizzato);
e) è
portato a vantarsi della sua efficienza e flessibilità, vergognandosi nel caso
in cui non riesca ad adattarsi ai ritmi ed alle esigenze impostigli dal mercato
medesimo. Non di rado con qualche escursione in farmacia.
5.1. In tal modo il pesante
fardello linguistico-normativo della retorica neo-ordoliberista è riuscito a far
accettare una diffusa precarizzazione materiale, ma soprattutto ha generato una
precarizzazione esistenziale con
effetti desoggettivanti [22].
Si può
riassumere tale lavaggio collettivo del cervello in uno dei tanti slogan tecno-pop come il seguente: “dall’assistenzialismo alla meritocrazia”: uno slogan che si muove completamente all'interno della concettuologia liberista dell'individualismo metodologico e che dissolve ogni traccia della tutela costituzionale nel linguaggio, e quindi, nella memoria collettiva...Tranne, per pochi fortunati, inclini a resistere, l'utilizzazione del decodificatore del "test di Orwell [23].
La cultura democratico-costituzionale
italiana e la persona-essere sociale, con la sua dignità, ne escono definitivamente
trasmutati, in nome di un menzognero novus ordo saeculorum di marca europ€ista e ad esclusivo
tornaconto di un redivivo global-feudalesimo.
___________________________________
NOTE
[1] La vita buona nella società attiva - Libro
Bianco sul futuro del modello sociale, maggio 2009, 5-7, reperibile
all’indirizzo http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_955_allegato.pdf
[21] La vita buona
nella società attiva - Libro Bianco sul futuro del modello sociale, cit., passim, 34, 13, 50, 43
[2] La vita
buona nella società attiva - Libro Bianco sul futuro del modello
sociale, cit., 23
[3] ITALIA 2020. Piano di azione per
l'occupabilità dei giovani attraverso l'integrazione tra apprendimento e lavoro,
23 settembre 2009. Ministero del Lavoro. Ministero del Lavoro, della Salute e
delle Politiche Sociali, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, reperibile all’indirizzo http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/d29df901-8aa3-4f31-a3ce-214169d1b453/Italia_2020.pdf
[4] Si veda F. FELICE, Persona, economia e mercato. L'economia sociale di mercato nella prospettiva
del pensiero sociale cattolico, LUP, Città del Vaticano, 2010; si veda
anche M. RHONHEIMER, Il vero significato della giustizia
sociale, un’interpretazione cattolica di Hayek, reperibile all’indirizzo http://www.brunoleonimedia.it/public/OP/IBL-OP_101-Rhonheimer.pdf
[5] L’espressione
è di L. BASSO, Ciclo Totalitario II, in Quarto Stato, 30 giugno 1949,
n. 12, 3-8
[6] Così
F. FELICE, Le basi etiche
dell’economia di mercato - Riflessioni
sul personalismo economico in Luigi Sturzo, 6, reperibile all’indirizzo http://www.ubirataniorio.org/antigo/basi.pdf
[7] Tale è
sostanzialmente l’analisi del fenomeno enunciata da L. BARRA CARACCIOLO
durante il convegno Crisi dell'Europa e difesa della Costituzione: per una
nuova sovranità democratica, Salerno, 22 aprile 2016, reperibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Pg0qHtUPI2I,
minuto 114 ss.
[8] Per
la quale si rimanda al contributo di L. ZOPPOLI, La flexicurity dell’Unione
europea: appunti per la riforma del mercato del lavoro in Italia, reperibile
all’indirizzo http://www.pietroichino.it/wp-content/uploads/2012/03/zoppoli.pdf
[9] Il testo
integrale della lettera è consultabile all’indirizzo http://www.wallstreetitalia.com/lettera-della-bce-all-italia-testo-integrale/
[10] Tale “esigenza” è
stata subito soddisfatta in via d’urgenza mediante l’adozione del
D.L. n. 138/2011, convertito nella L. n. 148/2011, con il
quale il legislatore ha inciso su istituti fondamentali del diritto sindacale
che non erano stati interessati dalle riforme del 1997 e del 2003,
riconoscendo, con l’art. 8, efficacia generalizzata alla c.d. contrattazione collettiva di prossimità
(aziendale e territoriale) e alla sua capacità derogatoria rispetto al
contratto collettivo nazionale di categoria. Si veda, sull’argomento,
A. PERULLI, La contrattazione collettiva “di prossimità”: teoria,
comparazione e prassi, cit.
[11] Così il senatore Castro al
Senato nella seduta del 23 maggio 2012, 29, reperibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00662320.pdf
[12] Nell’ideologia
ordoliberista della “economia sociale di mercato”, infatti, lo Stato ha il solo
compito di definire e applicare le “regole del gioco” per realizzare le
condizioni che favoriscono lo sviluppo di un libero mercato e agire da arbitro “neutrale”,
ma non deve spingersi oltre interferendo con il processo economico; si veda
F. BÖHM, Privatrechtsgesellschaft und Marktwirtschaft, Ordo, 17, 1966, 75-76, 80-81, 85,
99-100 come citato in nota da R. SALLY, L’ordoliberalismo e il mercato
sociale-Il liberalismo che salvò la Germania, 12, reperibile all’indirizzo http://www.brunoleonimedia.it/public/OP/IBL-OP_89-Sally.pdf;
per lo stesso concetto nella dottrina sociale della Chiesa, si veda
M. RHONHEIMER, Il vero significato della giustizia sociale,
un’interpretazione cattolica di Hayek, cit.,
10-11]
[13] Così il senatore
Treu al Senato nella seduta del 23 maggio 2012, cit., passim, 34-36
[14] Così
T. TREU, Flessibilità e tutele
nella riforma del lavoro, cit., 27.
Si veda, sul punto, il post http://orizzonte48.blogspot.it/2017/01/poverta-assoluta-e-povertadi-rischio.html
[15] Così
T. TREU, Flessibilità e tutele
nella riforma del lavoro, cit., 10
[16] http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/27/la-vera-fornero-il-lavoro-non-e-un-diritto/276627/;
si rinvia all’intervento in Senato dell’allora ministro Elsa Fornero nella seduta
del 30 maggio 2012 reperibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00663256.pdf,
9-10 e 40-45, in cui vengono riassunti gli obiettivi della riforma esposti alla
luce dell’ideologia dei “quattro pilastri” di derivazione europea
[17] Così Matteo
Renzi in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Foglio l’8 giugno 2012,
reperibile all’indirizzo http://www.ilfoglio.it/articoli/2012/06/08/la-sfida-di-renzi-a-bersani___1-v-103155-rubriche_c413.htm
[18] Così
P. ICHINO, Il lavoro ritrovato, Milano, 2015, 121
[19] Così
V. BAVARO, La politica del governo
Renzi: rivoluzione o continuità ?, reperibile all’indirizzo http://www.ildiariodellavoro.it/adon.pl?act=doc&doc=52037#.V5hrRo9OLIU
[21] Così
P. BARCELLONA, Parolepotere, cit.,
49
[22] https://www.linkedin.com/pulse/da-lassistenzialismo-alla-meritocrazia-nicol%C3%B2-boggian
Post estremamente interessante ed affascinante dire, che riassume in modo chiaro le tappe che ci hanno portato al disastro attuale. Mi interesserebbe che il Dott. Barra Caracciolo o qualche altro membro del blog mi chiarisse, per quanto possibile, uno degli aspetti toccati, in particolare quello della convergenza tra dottrina sociale della Chiesa e ordoliberismo; in che modo e perché tale convergenza si è verificata? quali ne sono state le tappe? Ho ascoltato il post a cui rimanda l'estensore del post ma non mi sembra aver colto il nesso che da lui evocato.
RispondiEliminaAll'inizio dello scorso anno e poi trattando l'argomento di "bene comune e beni comuni", il tema è stato già ampiamente trattato. Basta cercare sul blog...
Eliminagrazie, mi era sfuggito
EliminaHo finito di leggere gli articoli che trattano del rapporto ordoliberismo-dottrina sociale della Chiesa, che ho trovato veramente istruttivi; non sapevo che la scolastica spagnola si fosse occupata di sistemi economici. Da storico, anche se di un campo afferente non l'economia ma il pensiero filosofico tardoantico (e questo è un limite che riconosco), mi lascia solo un po' perplesso il ridimensionamento dell'influenza protestante sullo sviluppo del capitalismo fatto dalla scuola austrica. Se infatti alcuni esponenti della scolastica spagnola o, ancor prima, del pensiero francescano, possono aver proposto concezioni suscettibili di essere, secoli dopo, interpretate in senso liberista, è, penso, anche vero che il liberismo non sarebbe potuto nascere che in un contesto sociopolitico quale quello dell'Inghilterra otocentesca, il quale era in generale contraddistinto da caratteristiche (rivoluzione industriale,individualismo etico protestante, parlamentarismo borghese, debolezza della monarchia, sostanziale libertà del pensiero, secolarismo incipiente, allargamento a livello mondiale dei mercati) che non mi sembrano essere presenti nella Spagna del "siglo de oro". La mia impressione è che i membri cattolici della scuola austriaca volessero legittimare, in primis di fronte a se stessi, una impossibile coincidenza tra cristianesimo e liberismo, utilizzando il procedimento anacronistico (ma il più delle volte proficuo politicamente) di interpretare il passato con gli occhi del presente al fine di piegarlo alle esigenze di legittimazione proprie di quest'ultimo.
EliminaLa teoria dell'origine francescan-scolastica della teoria del libero mercato è diffusamente accettata da tutti i neo-libieristi che (strano a dirsi) hanno sufficiente cultura. Compreso Rothbard.
EliminaSu un fronte completamente diverso, la dissacrazione dell'interpretazione "weberiana" sulla correlazione tra capitalismo e protestantesimo è stata già abbondantemente battutta in breccia da Chang.
Invito pertanto a leggersi "I cattivi Samaritani", per questo e tanti altri buoni motivi.
Grazie del riferimento al testo di Chang, di cui mi sono or ora procurato la versione in PDF. Da una prima scorsa all'indice, mi sembra, come da lei indicato, un testo veramente fondamentale per capire la situazione attuale.
EliminaAssolutamente da aggiungere, allora, Mirowsky "Never let a serious crisis go to waste": una summa sul neo-liberismo e la sua delirante religione (che se avessi letto prima, quasi non avrei aperto questo blog)
EliminaGrazie, me lo procurerò quanto prima. Nel mentre ho trovato il seguente articolo dello stesso autore: P. Mirowski, The political Movement that dared not speak its own Name: the Neoliberal Thought collective under Erasure, Institute for new economic Thinking, 23 (2014), 1-34.
EliminaDa tutto questo impianto traspare la visione che dell'uomo, e di quello italico in particolare, vogliono divulgare le classi dirigenti; un pigrone e fancazzista per natura che non lavora e non produce se non preso a frustate o costrettovi dai morsi della fame; è questo il motivo per cui, in sostanza, non hanno trovato i soldi per gli ammortizzatori sociali per il lavoro flessibile.
RispondiEliminaQuindi gli italici non dovrebbero nemmeno provare "l'ebbrezza" del reddito minimo hayekiano perché, come disse la Fornero: «L'Italia è un Paese ricco di contraddizioni, che ha il sole per 9 mesi l'anno e con un reddito base la gente si adagerebbe, si siederebbe e mangerebbe pasta al pomodoro.»
Quindi, la scusa la si da al Sole, ma la sostanza è il giudizio sul carattere mediterraneo. Siamo oltre Hayek. E forse hanno persino capito che non era necessario introdurlo il reddito hayekiano come sedativo proprio perché il lavaggio del cervello autorazzista e il senso di colpa avrebbero ottenuto lo stesso effetto inibitorio.
Dalle biografie apprendiamo che la stessa Elsa Fornero è dipinta come una self made woman figlia di operai, che HA RAGGIUNTO QUEL CHE HA RAGGIUNTO, forse partendo proprio dalla durezza del vivere della sua classe di appartenenza, che le ha temprato il carattere e forgiato la sua personalità. Mi inquieta il carattere autoritario di questa gente piena di sé con la mission di imporre virtù, rigore, ordine e disciplina al resto del mondo. L'efficienza, il duro lavoro, la "meritevolezza" delle loro biografie (e comunque essere figli di operai negli anni '50 e '60 in Italia forse non era così tragico), come quella di Steve Jobs, sembrano selezionate e sbattute li apposta come esempi del fatto che se ti impegni, lavori duramente, studi come un matto, non ti concedi alcun riposo, benessere o lusso, non importa la tua classe di origine, non importa i genitori che hai avuto, avrai sicuramente successo e otterrai quel che MERITI, SEMPRE. Se quel che desideri non lo raggiungerai, ciò lo dovrai solo imputare a te stesso, sempre, e non alla tua classe di appartenenza, alle ristrettezze che hai vissuto e alle barriere concrete del mondo reale. E se, alla fine, muori di fame senza lavoro in mezzo ad una strada la colpa sarà solo tua, del fatto che non ti sei messo in discussione abbastanza, non hai cambiato atteggiamento, non hai reinterpretato le crisi come opportunità.
Come la possiamo definire questa ideologia? Schiavismo mentale?
Se poi guardiamo ai dati della mobilità sociale vediamo che non È VERO QUELLO CHE VOGLIONO COMUNICARCI, CON LA LORO VITA, QUESTI ESEMPI "MERITEVOLI" partiti dal basso. IN REALTÀ SEMBRANO SBATTUTI LÌ PER ALIMENTARE QUESTA FALSA IDEOLOGIA.
RispondiEliminaSecondo uno studio della Conference Board of Canada siamo agli ultimi posti, tra quelli analizzati, insieme a USA e UK:
http://www.conferenceboard.ca/hcp/details/society/intergenerational-income-mobility.aspx
Cioè, da noi, la classe sociale di origine conta.
"Tempi duri per gli studenti universitari di casa nostra. Non solo l’Italia è il fanalino di coda europeo per numero di giovani laureati (sono il 25%, contro il 30% dei tedeschi e il 45% dei francesi) ma, beffa delle beffe, è anche il Paese in cui si pagano più tasse, seguendo un trend di crescita costante che sta rendendo insostenibile per molte famiglie poter mantenere un figlio all’università. E, se ciò non bastasse, è anche la nazione tra quelle dell’Unione Europea che rende più difficoltoso l’accesso alle borse di studio. Un elemento a volte fondamentale per consentire di conseguire una laurea. È questa la fotografia scattata dal Rapporto Eurydice 2016-2017, con cui la Commissione Europea ha voluto analizzare i sistemi universitari dei Paesi membri, focalizzandosi proprio sugli aspetti economici."
http://www.tgcom24.mediaset.it/skuola/universita-in-italia-alte-le-tasse-poche-le-borse-di-studio_3038500-201602a.shtml
"E' soprattutto nella forte differenziazione dell'accesso alle opportunità formative che probabilmente si sostanzia l'elemento più concreto di scarsa mobilità sociale. La possibilità di accedere agli studi universitari rimane appannaggio quasi esclusivo delle classi più elevate: sono studenti il 18,1% dei maggiorenni figli della borghesia contro il 4,1% dei figli della classe operaia. E questi dunque si trovano a dover affrontare una serie di ostacoli preliminari anche solo per poter provare ad investire le loro risorse e le loro capacità in un'aspirazione di scalata sociale."
http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=5863
"Però è da notare che i nostri laureati faticano più dei coetanei in Spagna o Francia ad inserirsi e collocarsi adeguatamente nel mercato del lavoro e beneficiano meno della mobilità sociale offerta da un più alto titolo di studio. Quindi a fare la differenza non sono tanto le scuole frequentate quanto quello che succede dopo il diploma o la laurea. Quello sembra infatti essere il punto in cui si crea una forbice di opportunità, basata spesso sulla possibilità della famiglia d’origine di mantenere i giovani durante lunghi stage poco pagati, praticantati o scuole di specializzazione. La classe sociale di origine quindi influenza notevolmente le aspettative future e la condizione occupazionale e sociale dei giovani."
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/10/mobilita-sociale-uk-vs-italia-quando-non-conta-essere-figli/1330536/
Meno laureati che, in un contento italiano di €uroschiavismo e PAREGGIO DI BILANCIO inibitore di spesa pubblica col fine di creare lavoro e stimolare l'economia, sono selezionati nelle opportunità in base al ceto di appartenenza, in base alla "possibilità della famiglia d’origine di mantenere i giovani durante lunghi stage poco pagati, praticantati o scuole di specializzazione." Infatti io dopo la laurea, dopo qualche stage con rimborso spese o aggratis, sono andato a lavorare come venditore di contratti telefonici porta a porta e nelle fiere...
Stupisce il dato del Canada: devo dire che la mia ragazza, che ha passato un periodo di studio a Toronto, non ha conosciuto molti figli di muratori all università. Meno di quanti se ne conoscano qui in Italia.
EliminaCerto in Canada se hai una laurea poi il salto sociale lo fai...ma per l università servono i soldi. Molti più che qui. Come in tutti i paesi anglosassoni.
EliminaCiao Luca. Non so cosa dirti, anche l'Istat certifica, ad esempio, che:
"Le indagini sulla mobilità sociale condotte in molti paesi sviluppati concordano sia nel segnalare sensibili disuguaglianze in tema di risorse e di opportunità, sia nel mostrare la forza della relazione tra istruzione e mobilità. In Danimarca, Finlandia e Canada le possibilità di mobilità sono maggiori rispetto a quelle che si osservano in paesi come Stati Uniti d’America e Regno Unito."
http://www3.istat.it/dati/catalogo/20060524_00/volume/capitolo5.pdf
Dal libro Disuguaglianze: quante sono come combatterle, di Di Mario Pianta e Maurizio Franzini leggiamo:
"E' ormai pratica comune utilizzare il coefficiente di elasticità intergenerazionale ß. Quanto più questo coefficiente è vicino a 1, tanto più forte sarà la trasmissione della disuguaglianza. Quando ß è uguale a 0 la mobilità è perfetta e nessuna disuguaglianza viene trasmessa tra le generazioni. Quando, invece, esso è uguale a 1, la disuguaglianza tra discendenti è uno specchio perfetto di quella che sussisteva tra i loro genitori: dunque la società è completamente immobile. Secondo molti studi empirici i paesi europei in cui il coefficiente ß è più basso sono quelli nordici, seguiti dalla Germania, dalla Spagna e dalla Francia; il Regno Unito e l'Italia presentano valori molto più elevati e, dunque, sono meno mobili: circa il 50% della disuguaglianza esistente tra i genitori è trasmesso alla generazione successiva (cfr. figura 3.1). Se estendiamo l'analisi oltre l'Europa, notiamo che gli Stati Uniti appaiono essere un paese immobile, non molto diverso, in base a questo indicatore, dai peggiori paesi europei. Questa scoperta è stata una sorpresa per coloro che credevano al 'sogno americano' e nella promessa di grande mobilità. Il Canada e l'Australia mostrano dati decisamente migliori, a anche in Giappone la trasmissione della disuguaglianza è molto più bassa che negli Stati Uniti. La figura 3.1 presenta questi dati"
https://books.google.it/books?id=d6CODAAAQBAJ&pg=PT44&lpg=PT44&dq=mobilit%C3%A0+sociale+canada&source=bl&ots=LfNBsZio6t&sig=HVE-H_8Y-qCU1OFVkPragpbqHeA&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj3rIbp9PXRAhWiKMAKHQAZDuI4ChDoAQg6MAg#v=onepage&q=mobilit%C3%A0%20sociale%20canada&f=false
Se hai dati scientifici diversi, che non siano basati solo sull'esperienza di una singola persona all'interno di una singola Università canadese per un limitato periodo di tempo, rendiceli noti.
Sui costi dell'Università in Italia è utile anche leggersi questo:
http://www.lescienze.it/news/2015/11/13/news/universita_costi_studio_giannini-2845276/
Segnalo, nella mia duplice esperienza presso 2 grandi università USA, che l'accesso alle borse di studio in loco, per gli studenti italiani, - data la solidità curriculare del nostro sistema (almeno tra gli anni '80 e '90)-, era notevolmente più ampio di quello lontanamente immaginabile in Italia (negli stessi periodi).
EliminaIl problema, in questi casi, era il finanziamento iniziale (per potersi muovere dall'Italia).
Ma quando ero giovane, il CNR disponeva di ben altri fondi per consentire periodi di perfezionamento di studenti e, soprattutto, laureati all'estero.
Oggi non abbiamo più tali fondi, in nome dell'€uropa (e della semi-vacanza di Erasmus) e l'accesso in Italia alle borse di studio ha assunto contorni ridicoli; se non fossero platealmente incostituzionali.
Se colleghiamo il dato che, sotto l'€urocastigo, l'Italia è il fanalino di coda europeo per numero di giovani laureati a quello dell'alto tasso di emigrati laureati italiani in altri paesi, e ci aggiungiamo poi l'importazione di manovalanza a basso costo dai paesi del terzo mondo, abbiamo la cifra di cosa stia succedendo al nostro paese.
EliminaSotto l'€urocastigo autoinflittoci dalla nostra classe dirigente vi è stata l'inibizione quasi totale delle politiche keynesiane portatrici di occupazione qualificata, e ciò ha condotto questi pochi laureati ad emigrare in massa, contribuendo quindi al prosciugamento ulteriore delle già poche risorse altamente formate, che arrivano, per lo più, a costo zero, in altri paesi. Chiamasi predazione di risorse da parte dei paesi più forti. Ma ce lo chiede l'€uropa.
sì ma i dati ufficiali...non voglio ricadere nell'aneddotica...ma i dati ufficiali vanno sempre soppesati.
Eliminaio ho sempre in mente il 6% di disoccupati americani che è un dato ridicolo. e anche la disoccupazione U6 è ridicola...considerato che un lustrascarpe in USA viene considerato un posto di lavoro.
giusto per fare un esempio.
poi sul fatto che l'italia sia, nel mondo occidentale, fra i paesi con la minor mobilità sociale...non c'è alcun dubbio.
EliminaCiao Luca.
Ti avevo già risposto in precedenza che i dati ufficiali devono essere analizzati criticamente. Ma l'analisi critica si deve basare sulla ricerca scientifica, la presa in considerazione di molte variabili, e non la testimonianza di una persona che è stata qualche tempo in un'Università canadese; questa non è ricerca. E' questo quello che voglio evidenziare del tuo ragionamento. Al di la di questo, i risultati che ti ho riportato parlano di analisi fatte in base a numerose ricerche, tratte da numerose fonti; e, tutto sommato, al di là delle possibili imprecisioni e omissioni, mi pare che salti fuori più o meno un quadro veritiero, cioè che gli USA e l'Inghilterra sono, insieme all'Italia, i paesi occidentali peggiori in termini di giustizia sociale e uguaglianza. Ti ripeto: se hai delle analisi critiche ulteriori, basate su DATI, se hai dati di ricercatori alternativi che hanno trattato e analizzato i dati canadesi, rendiceli noti, siamo tutti orecchi e abbiamo voglia dio imparare, perché, ti ripeto, un'analisi fatta in base a quello che ti ha raccontato la tua fidanzata mi sembra che abbia un valore molto relativo.
Alla ricerca di dati quanto più attendibili che analizzano la mobilità sociale canadese ne ho trovato uno che è più critico rispetto agli altri, e afferma che:
Elimina"A simple yet intuitive way to measure social mobility is to look at intergenerational income elasticity (IGE). This can be estimated by comparing the incomes of parents with those of their children when the latter become adults. The estimated elasticity lies from zero to one, with a value of zero when parents’ and their (adult) children’s positions in the income distribution are completely unrelated (i.e., complete mobility) and a value of one when parents’ and adult children’s positions in the income distribution are identical (i.e., complete immobility). Using this index, an early study by Corak and Heisz (1999) indicated that Canada was among the most mobile countries among the advanced economies—similar to Denmark, Finland and Norway— with an estimated IGE around 0.2. [...]Using the improved measures of lifetime earnings for both fathers and sons, IGE in Canada is 0.32—meaning that about 32% of the earnings differences among fathers’ generations will be passed on to sons (Chart 1). The new result for earnings persistence is higher than the previous Canadian estimate by Corak and Heisz (1999)—who found it to be around 20%. The ability to observe children’s earnings at mid-career explains about two-thirds of the discrepancy between the two studies. While the extent of earnings persistence across generations is stronger than previously suggested, it is still relatively modest when compared to estimates for many other advanced countries. The comparable figure for the United States, for instance, is around 40% to 50% depending on the studies.[...] Conclusion
Two conclusions emerge from this study.
First, Canada is still a mobile society, but not as strongly as previously thought. The intergenerational income elasticity for Canada is estimated to be around 0.32, suggesting that about one-third of income differences among the fathers’ generation will be passed onto sons. This is higher than the 0.2 estimate obtained in previous Canadian literature.
Second, the extent of intergenerational income mobility is not the same for all. In general, the intergenerational transmission of earnings and income is weaker for daughters than for sons. In addition, income persistence is much stronger at the top of the income distribution, implying that the path into top income is more difficult for children whose fathers were not at the top of the income distribution. In contrast, a good deal of generational mobility is evident for sons born to very low-income fathers. "
http://www.statcan.gc.ca/pub/11-626-x/11-626-x2016059-eng.htm
Comunque, Luca, è chiaro, assodato dai dati che sono sopra esposti, tratti da numerose ricerche empiriche internazionali, che il "lustrascarpe in USA" vive in una società molto ma molto ingiusta? Sei d'accordo che questi dati indicano una cosa coerente con quanto affermi tu? Se era questo che volevi evidenziare, cioè che gli USA sono una società altamente ingiusta, e che ciò non sia per niente evidenziato nelle ricerche empiriche ufficiali sulla mobilità e la giustizia sociale, perché queste sarebbero tutte, ma proprio tutte, manipolate...beh, allora, mi spiace dirtelo, ma ciò non è vero. Se fosse vero, dovremmo affermare che i dati ufficiali "manipolati" sulla mobilità sociale statunitense vogliono in realtà mascherare un paese molto più giusto rispetto a quello che dici tu quando parli del povero lustrascarpe americano.
EliminaPer non parlare poi dei voucher italici, li conoscevi?
"Renzi copia l’illusionista Obama e ci schianta: non vogliono togliere i voucher per non dire che la disoccupazione è al 18%!"
http://scenarieconomici.it/renzi-copia-obama/
Ci sarà pur qualcosa di vero se, alla fine, numerose ricerche, indicano, come questa, che:"Denmark, Norway and Finland have the most social mobility (and Sweden is not that far behind).On the other hand, the UK, Italy and America have the least social mobility."
http://www.washingtonsblog.com/2014/11/american-dream-moved-scandinavia.html
Ma ovvio che siam d accordo.
EliminaDove ho detto che l Italia non è un paese in coda per la mobilità sociale?
A proposito, io trovo interessante quanto UK nel sentire comune sia un paese con maggiori possibilità.
Quanti giovani vanno a Londra a far i lavapiatti? Perché si sta meglio? Quando chi Londra la conosce già racconta altro?
Quanto spesso si parla di emigrati là perché si trovano più possibilità?
In realtà l Inghilterra è un posto migliore solo per un ristrettissimo numero di profili professionali: principalmente ricercatori. Stop.
Per molti altri lavori in UK si hanno le stesse possibilità di fare carriera che si hanno in Italia...in certi casi peggiori che nelle regioni del nord Italia.
Voucher qui...contratti a zero ore là.
La valutazione del merito può essere facilmente rovesciata. Tutti i posti chiave nella gestione della politica economica italiana al Ministero dell'Economia e Banca d'Italia sono sempre stati scelti in modo da essere "rassicuranti" ed "esperti" verso le Istituzioni Europee e di Mercato: Draghi, Monti, Padoa Schioppa, Padoan, Fornero ... cioè "bravi tecnici" al posto di politici clientelari e maneggioni. Eppure dopo anni di crisi si peggiora sempre di più ma la colpa di chi è ... dei furbetti del cartellino. Se non fosse tragico sarebbe semplicemente ridicolo.
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