Questo post di Francesco Maimone, (diviso in 3 puntate), muove dall'esigenza di definire la coerenza, ovvero la novità, - rispetto al quadro delle conquiste democratiche acquisite (forse?) con la nostra Costituzione del 1948 -, dell'armamentario concettuale che presuppone la "riforma", (in senso lato), derivante dall'ammissione all'intervento atipico, presso la Corte costituzionale, delle formazioni sociali portatrici degli interessi, definiti "collettivi o diffusi"; tali interessi, agganciatisi al più importante dei sistemi di garanzia politico-legalitaria col criterio della "attinenza alla questione in discussione", potranno affiancarsi alle parti in senso giuridico-processuale (quali, in teoria, delineate dalla Costituzione come titolari diretti degli interessi espressamente menzionati e gerarchizzati nella Costituzione stessa, per promuovere una soluzione pluriclasse e sostanzial-egalitaria del conflitto sociale) e quindi rappresentare la rispettiva posizione di fronte alla Corte.
Questa "novità" appare prima facie corrispondere a un concetto di "società civile" che insinua la presa d'atto di una già avvenuta, e in un certo modo irreversibile, trasformazione dello Stato democratico costituzionale.
Una trasformazione che i post di Francesco individuano risalendo nel tempo e facendo così emergere il "segno" della novità: un'esperienza del passato, nel configurare (secondo gli stessi Costituenti) i rapporti tra Stato (democratico-costituzionale) e società civile, che si palesa in forme nuove (all'interno di quelle democratico-costituzionali).
Quella esperienza che gli stessi Costituenti avevano voluto superare "per necessità", per risolvere (mestamente, dobbiamo dire, non "una volta per tutte") i problemi sociali emersi tragicamente dalla società oligarchica che controllava lo Stato liberale.
Una rete di interessi post-costituzionali, o meta-costituzionali, (in insospettabili, dai Costituenti, proiezioni sezionali) - ma in realtà funzionalmente pre-costituzionali, come vedremo -, potrà sovrapporsi agli interessi costituzionalmente garantiti e consentirne una rilettura a esiti imprevedibili. E trasformare il pluralismo da solidaristico in competitivo (sulle risorse scarse e entro il "prediletto" conflitto intergenerazionale).
O meglio, se si tiene conto dell'irrompere, mediante il vincolo esterno, della (diversa) soluzione alla questione sociale e alla questione finanziaria data dai trattati europei e dalla globalizzazione istituzionalizzata, a esiti pure troppo prevedibili; certamente con riguardo al depotenziamento in atto (cosmetico, cioè a costo necessariamente zero) dei diritti sociali.
“… La democrazia non può portare
a una divisione degli uomini in “bourgeois” e “citoyen”. Solo la società
socialista può superare il dualismo fra “bourgeois” e “citoyen”…”
[G. LUKACS, Cultura
e potere, Roma, 1970, 158]
1. L’11
gennaio scorso la Corte Costituzionale ha diramato un comunicato con il quale annunciava
la propria apertura “all’ascolto della società
civile”. In sostanza, mediante una modifica delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (in vigore dal 23 gennaio
2020),
anche le formazioni sociali senza scopo di lucro (tra cui le ONG), “se
portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione in
discussione”, potranno in futuro “presentare brevi opinioni scritte per
offrire alla Corte elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso
sottoposto al suo giudizio” (c.d. amici curiae). La
Corte, inoltre, nel caso in cui ritenga necessario acquisire informazioni su specifiche
discipline, avrà altresì la possibilità di convocare “esperti di chiara fama”
da sentire in apposita adunanza in camera di consiglio.
L’innovazione è stata sin da subito accolta
con con toni di entusiasmo ed indicata come un “passo fondamentale di democrazia e apertura”.
In questa sede, più che esprimere giudizi su tale novità processuale (che dovrà
necessariamente essere verificata a posteriori e “sul campo”) si intende
piuttosto verificare, a partire dal concreto contesto storico e rifuggendo da quello
che Lukacs chiamava “empirismo ottuso”, in che relazione la stessa si
ponga oggi con l’effettivo stato non di una democrazia generica, ma della nostra
“democrazia costituzionale”.
In modo ancora più esplicito, si
tratterà di indagare se l’inedita “apertura” della Corte rappresenti realmente
un passo fondamentale verso la democrazia costituzionale o se invece la partecipazione
al giudizio costituzionale di soggetti esterni (pur non tecnicamente come
parti) non si inserisca soltanto nella scia di quella che M. Fioravanti ha
definito “La trasformazione costituzionale”, ovvero il mutamento di
paradigma disegnato dai Costituenti.
Dal momento che l’ascolto della
Consulta è indirizzato alla “società civile”, è dal dal significato di tale
espressione che converrà prendere le mosse, senza che vi sia ovviamente alcuna
pretesa di delineare la storia esaustiva del concetto né di esaminare le varie teorie
sulla società civile oggi in circolazione. Verrà altresì abbozzato un confronto
tra il significato del lemma ricavabile da un’interpretazione sistematica della
Costituzione (grazie anche agli opportuni rimandi presenti nel blog) e
quello derivabile dalla “narrativa” internazionale; infine, si cercherà di
tirare le somme sulle novità evidenziate e sui rischi che possono ad esse
essere sottese in una prospettiva de iure condendo.
2. “Il
diritto della particolarità del soggetto a trovare il proprio appagamento – vale
a dire il diritto della Libertà soggettiva – costituisce la chiave di
volta e il punto centrale nella differenza tra l’antichità e l’epoca moderna”
[G.W.F. HEGEL, Lineamenti di filosofia del diritto, Milano, 2006, 243].
Non è possibile parlare di epoca né di politica moderna senza considerare i suoi
tre attori fondamentali, sconosciuti all’antichità: l’individuo (o soggetto),
lo Stato e la società civile con la sua complessità. Hegel individua quindi in
modo compiuto la distinzione tra una sfera pubblica ed una sfera privata, la scissione
tra la dimensione sociale e quella statuale. E’ stato infatti il filosofo
tedesco ad aver interpretato “… la realtà delle formazioni sociali moderne
sulla base della contrapposizione fondamentale tra una sfera sociale contraddittoria
e una sfera politica in cui le contraddizioni vengono a mediazione” [così
N. BOBBIO - M. BOVERO, Società e Stato nella filosofia
politica moderna. Modello giusnaturalistico e modello hegelo-marxiano, Milano
1979, 114].
2.1 Nella
società civile - come precisa Hegel - “oggetto … è il
cittadino (in quanto bourgeois)” [G.W.F. HEGEL, Lineamenti,
cit., 347], ovvero il cittadino privato. E così la società civile (bürgerliche Gesellschaft) rappresenta, in corrispondenza, la società
borghese dei produttori e dei proprietari privati protagonisti dell’economia
capitalista industriale già tratteggiata “… dalle basi fondamentali dell’economia
politica…(v. Smith, Say, Ricardo)…” [G.W.F. HEGEL,
Lineamenti, cit., 345]. La società civile, insomma, con il suo
carattere antagonistico, è il luogo dove vigono alcuni principi: “…uno dei
principi della società civile è la persona concreta che, in quanto persona
particolare, è fine a sé stessa, e che è una totalità di bisogni
e una mescolanza di necessità naturale e di arbitrio…” [G.W.F. HEGEL, Lineamenti,
cit., 337].
2.2 Hegel
si era perfettamente reso conto – nonostante non vivesse in
Inghilterra [si rimanda, in proposito, all’opera di G. LUKACS, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica,
Torino, 1960] – di come la dialettica dell’allora società industriale
si reggesse sul “contrasto tra le classi” e di come allorché “la
società civile si trova a operare senza impedimenti si accrescono, da un
lato, l’accumulazione delle ricchezze”, ma, dall’altro, viene a determinarsi
altresì un “eccesso di povertà” [G.W.F. HEGEL, Lineamenti, cit.,
401-403]. Nel pensiero del filosofo tedesco, tale contrapposizione tra società
civile e società politica, tra interessi particolari ed interessi generali,
avrebbe dovuta essere sanata mediante alcuni meccanismi e, in particolare: 1) gli
Stände (i ceti) e le corporazioni, istituzioni di collegamento in
grado di far confluire i vari interessi a livello politico-statuale nell’ambito
dell’assemblea legislativa [strumenti per mezzo dei quali “la sfera della società
civile…passa nello Stato”, così G.W.F. HEGEL, Lineamenti,
cit., 413];
2) l’amministrazione della giustizia (Rechtspflege);
3) e l’amministrazione pubblica (Polizei).
Sarebbe importante analizzare come in
Hegel detti meccanismi dovessero rappresentare
già in nuce momenti per
erigere in forma solidaristica quello che in età più recente è stato definito “stato
sociale”, comunque con la supremazia del politico sull’economico. Tale argomento
esula, tuttavia, dal presente esame, per il quale si rinvia, in particolare, all’interessante
opera di G. DUSO, Libertà e costituzione in Hegel,
Milano, 2013.
2.3 La
società civile [intesa come “la totalità relativa dei rapporti reciproci
relativi degli individui, in quanto persone autonome, in una universalità
formale”, G.W.F. HEGEL, Enc. delle scienze filosofiche, Milano,
1996,821], incapace di autogovernarsi, non poteva quindi esistere per Hegel se
non in relazione allo Stato, così come i corpi sociali attivi nell’ambito della
società civile non potevano, da soli, transitare nella dimensione di universalità
che solo lo Stato era in grado di consentire: “… se Hegel distingue la
società civile dallo Stato nella esposizione del sistema, tuttavia egli critica
una concezione della società civile intesa come qualcosa che è reale in sé e
viene prima dello Stato…famiglia e società civile sono dette sfere ideali in
cui l’idea reale dello spirito si articola. Esse sono reali solo nel terzo momento
e hanno la loro realtà nella costituzione dello Stato…” [G. DUSO,
Libertà e costituzione in Hegel, cit. 242]. E’ lo Stato che si pone
quindi per il filosofo di Stoccarda come l’istituzione necessaria “garante” in
grado di operare la mediazione etica-comunitaria fra le pulsioni particolaristiche
della società civile.
3. In
Hegel, però, la composizione dialettica del particolare (società civile) nell’universale
(lo Stato), nel tentativo pregevole di far trovare soluzione in seno a quest’ultimo
alle contraddizioni ed alle tensioni presenti nella prima, si attuava solo ad
un livello logico ed ideale-speculativo, con la conseguenza che non era in
grado di eliminare di fatto la separatezza dei due ambiti e di spezzare la sostanziale
divisione classista della struttura sociale.
Bisognerà perciò attendere le
riflessioni di Marx per assistere al rovesciamento pratico della filosofia, “…
quel Marx che sulle orme di Hegel [doveva]
denunzia(re) nel citoyen un vuoto fantasma
separato, con processo d’astrazione, dall’uomo reale; separazione ch’egli [ha]
critica(to) teoricamente come effetto della contraddizione esistente nel
seno della società borghese e risolveva praticamente superando la contraddizione
stessa…” [L. BASSO, Le fonti della libertà,
in La rivoluzione liberale, 17 maggio 1925, 81-82]. Come spiega ancora
L. Basso, la correzione del materialismo marxiano consisterà “in
un’applicazione alla materia di ciò che Hegel aveva astrattamente scoperto per
rispetto allo spirito. Giacché il Marx non fa se non sostituire al pensiero
la materia…il sostrato sociale…” [L. BASSO, Valore morale
del socialismo, in Critica sociale, gennaio 1925, 25-28].
4. Pertanto, se Hegel,
idealmente, riteneva che lo Stato rappresentasse la sintesi della vita etica di
un popolo in grado di superare e ricomporre le divisioni ed i contrasti sussistenti
nella società civile, Marx, riprendendo detta distinzione (tra società civile e
Stato), doveva rovesciare il rapporto: non è la società civile ad essere una
sotto-struttura dello Stato, ma è lo Stato ad essere una sovra-struttura rispetto
a quella. Marx rimette così il mondo “sui piedi”, nel tentativo di smascherare prima
e superare poi proprio quel dualismo ricomposto solo idealmente da Hegel, assumendo
come proprio principio il fondamento reale, cioè il modo di esistenza del popolo
in carne ed ossa.
4.1 Al
riguardo, Marx premette come storicamente, nelle epoche precedenti (antica e
feudale), non ci fosse distinzione fra
costituzione politica e il “contenuto materiale dello stato”, cioè la
società: “… la costituzione politica [era] la costituzione della
proprietà privata, ma solo perché la costituzione della proprietà privata [era]
una costituzione politica” [K. MARX, Critica della filosofia
hegeliana del diritto pubblico, Roma, 1977, 43]. Sfera pubblica e sfera privata
coincidevano, dando vita ad una condizione universale di servitù [Marx afferma,
in tal senso, che “Il Medioevo era la democrazia della illibertà” e
della “compiuta alienazione, K. MARX, Critica, cit.,
44] riassunta in quella condizione che il filosofo chiama di “dualismo reale”.
E’ con l’emergere della classe borghese, degli interessi e delle esigenze di
quest’ultima che si radicalizza l’opposizione tra Stato e società civile,
assistendosi alla compiuta metamorfosi verso, appunto, un “dualismo astratto”
[“Il Medioevo è il dualismo reale, l’età moderna è il dualismo astratto”,
K. MARX, Critica, cit., ibidem], condizione che
contraddistinguerà la “libertà” e la “democrazia” dei moderni dopo la
Rivoluzione francese. A ben vedere, si è trattato soltanto di sostituire ad una
servitù immediata un’altrettanta condizione di servitù, di passare da una “compiuta
alienazione” ad un’altra, a quel regno della mera uguaglianza formale imbellettato di democrazia
compiuta.
4.2. L. Basso
riassume bene quanto sin qui detto:
“… La cosiddetta democrazia
liberale… in realtà non fu una democrazia…Al contrario, la cosiddetta democrazia
liberale non fu altro che il tentativo di sussumere le esigenze democratiche
negli schemi elaborati dal liberalismo…. nato storicamente dall’esigenza di
difendere contro gli arbitrii o gli eccessi del potere assoluto una sfera
autonoma di attività individuale sia nel campo economico che in quello del
pensiero e della religione, e aveva preso slancio e vigore nel periodo in
cui le grandi scoperte geografiche e il dilatarsi dei traffici, poi il rapido
sviluppo della ricchezza mobiliare e il formarsi dell’accumulazione
capitalistica avevano segnato l’inizio di una nuova fase storica caratterizzata
da un largo sviluppo dell’iniziativa privata …
Di qui la necessità di limitare l’assolutezza del potere statale e di ridurne
la funzione: in un primo tempo le teorie del diritto naturale offrirono l’arma
ideologica più valida contro le esorbitanze del potere, e difatti in seguito, furono
esse che diedero contenuto alle prime Dichiarazioni dei Diritti. … IL CAPITALISMO HA DOVUTO CREARSI UN SUO DIRITTO…” [L. BASSO, Il Principe senza scettro].
Lo Stato liberale moderno
(con tutta la conseguente teoria giuridica, non ultima quella sulla “sovranità
nazionale”o “statale”) è nato come Stato della classe borghese per
difendere interessi e privilegi di quest’ultima, di gruppi separati che,
autonomizzandosi politicamente, esercitavano il potere, presentando però anche
i loro interessi come se fossero pubblici: “…la
borghesia…dopo la creazione della grande industria e del mercato mondiale, si è
conquistata il dominio politico esclusivo dello Stato rappresentativo moderno. Il
potere statale moderno non è che un comitato che amministra gli affari comuni
di tutta la classe borghese…” [K. MARX, Manifesto del partito comunista] o, altrove, “… la forma di organizzazione
che i borghesi si danno per necessità, tanto verso l'esterno che verso l'interno,
al fine di garantire reciprocamente la loro proprietà e i loro interessi”
[K. MARX, Ideologia tedesca]. Ecco perché,
secondo Marx, lo Stato hegeliano, tacciato di “misticismo”, non era in grado
di realizzare alcuna riconciliazione etica, ma era semmai destinato a lasciar
intatte le contraddizioni e le manifestazioni di arbitrio presenti nella
società.
4.3 Difatti,
cosa quel passaggio alla costruzione storica dell’“astratto riflesso” abbia
significato, Marx lo spiega rafforzando il carattere conflittuale già presente
nella concezione hegeliana. Per Marx la società civile comprende, innanzi tutto,
“…tutto il complesso delle relazioni materiali fra gli
individui all’interno di un determinato grado di sviluppo delle forze
produttive”, un luogo il cui spirito è il “bellum omnium contra omnes”,
e allo stesso tempo un luogo distopico dove si realizza l’opposizione tra bourgeois / citoyen
e dove la società civile sta allo Stato come la terra al cielo:
“… Là dove lo Stato
politico ha raggiunto il suo vero sviluppo, l'uomo conduce non soltanto
nel pensiero, nella coscienza, bensì nella realtà, nella vita, una doppia
vita, una celeste e una terrena, la vita nella
comunità politica nella quale egli si afferma come comunità, e la vita
nella società civile. nella quale
agisce come uomo privato, che considera gli altri uomini come mezzo,
degrada se stesso a mezzo e diviene trastullo di forze estranee. Lo Stato politico
si comporta nei confronti della società civile in modo altrettanto spiritualistico
come il cielo nei confronti della terra…” In ciò risiede quella “universale contraddizione
mondana tra lo Stato politico e la società civile…” [K. MARX, La questione ebraica].
4.4 Insomma, la “società civile” (Gesellschaft) è uno spazio di separazione dell’uomo
dalla comunità (Gemeinschaft) [per la distinzione dei due concetti, si veda in particolare
F. TÖNNIES, Comunità e società, Laterza, 2011], ma anche da sé
stesso, poiché già l’uomo si ritrova alienato, scisso in due:
- da una parte il citoyen astratto, l’homo
politicus, il quale può vantarsi di godere di pari diritti di
fronte alla legge, dei mitici diritti umani, “membro
immaginario di una sovranità fantastica”. Già, perché “… Lo
Stato sopprime nel suo modo le differenze di nascita, di condizione, di
educazione, di occupazione, dichiarando che nascita, condizione, educazione, occupazione
non sono differenze politiche… senza riguardo a tali differenze, trattando
tutti gli elementi della vita reale del popolo dal punto di vista dello Stato...”;
- dall’altra il bourgeois, l’homo
oeconomicus, l’individuo concreto (la quasi totalità dei consociati), afflitto
dalla disuguaglianza economica che costituisce la sua effettiva realtà nonostante
l’uguaglianza formale del diritto, immerso com’è in una struttura economica fondata
sul classismo, sull’egoismo e la concorrenza spietata. Infatti, nonostante
riconosca a tutti la patente politica, lo Stato“… nondimeno lascia che la
proprietà privata, l'educazione, l'occupazione operino nel loro modo, cioè come
proprietà privata, come educazione, come occupazione, e facciano valere la loro
particolare essenza. Ben lungi dal sopprimere
queste differenze di fatto, lo Stato esiste piuttosto soltanto in quanto
le presuppone…Tutti i presupposti di questa vita egoistica continuano a sussistere
al di fuori della sfera dello Stato, nella società civile, ma come
caratteristiche della società civile”. Questa, fa notare Marx, è la fondamentale
“… contraddizione
nella quale si trova il bourgeois con il citoyen, nella quale si trova il membro
della società
civile
con il suo travestimento politico” [K. MARX, La questione ebraica, cit.].
4.5. La società civile collima pertanto con
la dimensione dell’attività economica, degli interessi privati dei pochi
proprietari “… di godere arbitrariamente, senza riguardo agli altri uomini, indipendentemente
dalla società, della propria sostanza e di disporre di essa”, di scambiare
in modo sfrenato producendo accumulazione capitalistica, sfruttamento e miseria,
ma continuando però a celare tale arcano sotto il velo ipocrita dell’”emancipazione
politica” [intesa, come “la riduzione dell'uomo, da un lato, a membro
della società civile, all'individuo egoista indipendente, dall'altro, al cittadino,
alla persona morale].
Ecco perché, nell’analisi marxiana, la vera “anatomia della società civile è da cercarsi nell’economia
politica” [K. MARX, Per la critica dell’economia politica],
nei rapporti materiali dell’esistenza che devono essere mutati onde eliminare quel
“… dualismo tra la vita individuale e la vita della specie, tra la vita della
società civile e la vita politica”, per conquistare, in definitiva,
dopo l’emancipazione politica [che Marx riconosce comunque essere stata “certamente
un grande passo in avanti”], l’emancipazione umana:
“… Solo quando l'uomo reale,
individuale riassume in sé il cittadino astratto, e come uomo individuale
nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nei suoi rapporti individuali
è divenuto membro della specie umana, soltanto quando l'uomo ha riconosciuto e organizzato
le sue "forces propres" come forze sociali, e perciò non separa più
da sè la forza sociale nella figura della forza politica, SOLTANTO ALLORA L'EMANCIPAZIONE UMANA È COMPIUTA”
[K. MARX, La questione ebraica, cit.]. Parafrasando sempre Marx,
Hegel aveva interpretato bene il mondo, si trattava però di mutarlo [K. MARX,
Tesi su Feuerbach].
5. Il lettore che si sia sforzato di
leggere sin qui sa che solo di recente, dopo lotte sanguinarie e travagliatissime
vicende storiche, si è cercato di rimediare a quel dualismo di cui parlava Marx,
nel tentativo di ricomporre l’opposizione tra “società civile” e Stato. Ciò è
avvenuto, precisamente, con il passaggio dallo “Stato liberale”
oligarchico [definito in modo efficace come quello Stato in cui “tutto il potere politico è nelle mani di una
strettissima classe censitaria”
divisa “…in gruppi di interessati”, così M.S. GIANNINI, Considerazioni
sullo Stato moderno, ora pubblicato in Riv. Trim. Dir. Pubblico,
fasc.3, 1 settembre 2017, 693], allo “Stato democratico” fondato, in
Italia, sulla sovranità del popolo (art. 1, comma II, Cost.) chiamato a partecipare
attivamente all’esercizio della stessa.
Le
costituzioni democratiche - fra le quali abbiamo imparato che quella
italiana rappresenta una delle versioni più evolute – hanno tentato
di colmare lo iato esistente tra “società civile” e Stato esigendo la tendenziale
identificazione tra gli stessi, tra governanti e governati (che non significa rozzo
organicismo, bensì quel nesso dialettico “unità-distinzione” delle feconde
riflessioni gramsciane):
“… Democrazia significa autogoverno del popolo, e quindi identità di governanti e di governati…questa identità non può essere diretta e immediata, ma
abbisogna di una mediazione permanente che viene ottenuta appunto grazie all’apparato
di governo chiamato a mediare precisamente fra il popolo, nella sua figura
di sovrano, e il popolo stesso come insieme di cittadini governati…” [L. BASSO, Considerazioni sull’art. 49 della
Costituzione, in Istituto per la documentazione e gli studi legislativi. Indagini
sul partito politico. La legislazione legislativa, I, Milano, 1966, 131-151].
5.1 E a monte, perché questa agognata identità governanti-governati
(riassumibile ne “Lo Stato siamo noi” di Calamandrei) non rimanesse frustrata,
le costituzioni democratiche (in quella italiana, art. 3, comma II, Cost.)
hanno previsto che fosse necessario proprio l’eliminazione delle contraddizioni
presenti in seno alla “società civile”, in primis con la previsione del
diritto ad un lavoro dignitoso (artt. 4, 36 Cost.). Infatti, “… solo cittadini che abbiano assicurato il pieno sviluppo della
loro personalità in condizioni di uguaglianza, non solamente giuridica, ma
di fatto, possono democraticamente assolvere alla funzione sovrana…tutte le
costituzioni moderne garantiscono l’uguaglianza giuridica, ma le condizioni di
fatto sono ben diverse: si
trattava appunto di far riconoscere questo contrasto fra la norma e la realtà per obbligare lo Stato a una politica di
intervento diretta a eliminare gli ostacoli di fatto, cioè le profonde disuguaglianze
economico-sociali…” [L. BASSO, Considerazioni sull’art. 49
della Costituzione, cit.]. Gramsci, sul punto, era stato lapidario: “…
non può esistere
eguaglianza politica completa e perfetta senza uguaglianza economica…” [A. GRAMSCI,
Quaderni del carcere, (a cura di V. Giarratana), Torino, 693].
Lo sviluppo della personalità di tutti e di ognuno in comunità, cioè il
diritto di tutti e di ognuno di “fiorire” - nel quale consiste la verà libertà e l’emancipazione
umana - corrisponde per definizione da un lato alla riunificazione tendenziale
di Stato e “società civile” e, dall’altro, a quella di citoyen e bourgeois, coincide cioè sia
con il superamento dello Stato vissuto come estraneo e come oppressione di classe,
sia con il completamento della uguaglianza formale per mezzo dell’uguaglianza sostanziale.
5.2 Si
badi che con ciò non si vuol affatto affermare che in tale costruzione dello
Stato democratico gli interessi privati della “società civile” vengano
obliterati [si veda, per esempio, l’art. 41, comma I, Cost.] o che il
conflitto venga meno [si vedano gli artt. 39 e 40 Cost.]., ma si vuol dire
che il Potere Costituente ha voluto che quegli interessi giungessero – attraverso
ben determinati congegni giuridici-istituzionali – alla migliore composizione
possibile, mediate dallo spirito solidaristico [art. 2 Cost.] degli stessi
appartenenti alla comunità [si veda sempre l’art. 41, commi II e III, e l’art. 42,
comma II, Cost.] e per la cura di fini meta-individuali, ovvero l’edificazione
di quella che Gramsci era solito definire “società
regolata” [contrapposta allo “Stato-classe”,
A. GRAMSCI, Quaderni del carcere, cit.], viatico di sicurezza e pace nazionale
nonché, nelle forme cooperative non predatorie (art. 11 Cost.),
anche di quella internazionale.
5.3 In
un simile contesto istituzionale, che prevede come attore principale lo Stato
sovrano, la “società civile” – pur nella sua complessità contemporanea – si
carica di un significato ben preciso e non disorientante, esprime di certo i molteplici
interessi di cui è portatrice e che richiedono di essere soddisfatti, ma non
mette mai in discussione che sussista altresì un Ordine pubblico ed un
interesse pubblico, quel “…limite generale ed invalicabile posto dal diritto pubblico
a tutela
degli interessi generali, ovvero un katéchon
avente “funzione conservatrice” di quegli stessi valori e principi fondamentali
che, in mancanza di detto limite, rischierebbero logicamente di essere disfatti
in uno con l’intera comunità nazionale” (si tornerà sul punto nella terza parte del
presente lavoro).
Questa è “la mappa” costituzionale nella
quale è iscritto, in senso prescrittivo, l’unico modello di società che possa
fregiarsi dell’aggettivo “civile”. Ma purtroppo, come affermava Bateson, “la
mappa non è il territorio”...
(1- SEGUE)
(1- SEGUE)
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