lunedì 26 dicembre 2016

MPS: CRONACA DEL SUICIDIO €URO-ANNUNCIATO DEL SISTEMA BANCARIO ED ECONOMICO ITALIANO (supply side pro-investitori esteri).

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1. Dopo l'approvazione della (problematica) "Relazione" sull'autorizzazione parlamentare al governo a creare un fondo "precauzionale" di intervento dello Stato, per la ricapitalizzazione nonché, in varie altre forme, per il salvataggio dei sistema bancario, arriva il primo di una potenziale serie (implicitamente annunciata dall'approvazione del "fondo" che è stato quantificato "rebus sic" ipotizzate "prudenzialmente") di decreti-legge salva banche. 
Tale decreto, già firmato dal Presidente della Repubblica, avrà questi contenuti di massima:

"Decreto salva banche: ecco come il governo salverà Mps e le altre banche 

Ma quali sono le misure contenute nel decreto salva banche? In buona sostanza il governo intende stanziare 17-18 miliardi per le ricapitalizzazioni precauzionali delle banche in difficoltà. 

Tale ricapitalizzazione potrebbe far scattare la conversione forzata delle obbligazioni subordinate in azioni, le quali si vedrebbero però riconoscere un valore inferiore. Inoltre il Salvarisparmio potrebbe contenere delle forme di “ristoro” per quei piccoli risparmiatori che hanno acquistato questi titoli senza un adeguato profilo di rischio.

I restanti 2 miliardi servirebbero infine per coprire le garanzie sulle emissioni di liquidità per 80 miliardi già autorizzate dalla Commissione europea.
Il decreto contiene anche altri interventi, come il correttivo sulle Dta (ndr; ai sensi del p.47 della Comunicazione di cui infra, cioè relativo alla preventiva delimitazione di cash-flow dalla banca "aiutata", in forma di emolumenti agli amministratori, dividendi, cedole sulle "privilegiate, o operazioni "call" sulle stesse, o aumenti gratuiti di capitale o riacquisto delle proprie azioni), le regole per la contribuzione al Fondo di risoluzione da parte delle banche (ndr; con la previsione di agevolazioni fiscali agli istituti bancari contribuenti) e una soluzione temporanea per la riforma delle popolari dopo lo stop del Consiglio di Stato".

2. La cornice "teorica" delle disciplina che il decreto deve obbligatoriamente rispettare è quella prevista dai seguenti punti della Comunicazione del 2013, Communication from the Commission on the application, from 1 August 2013, of State aid rules to support measures in favour of banks in the context of the financial crisis (‘Banking Communication’ (la traduzione è, o dovrebbe essere, intuitiva, per chi, come la maggior parte dei risparmiatori italiani, ha dovuto familiarizzare in via mediatica con la relativa terminologia; ho enfatizzato in neretto le parti più "incerte" nell'applicazione fattane dal decreto in commento):
3.1.2.   Burden-sharing by the shareholders and the subordinated creditors
40.
State support can create moral hazard and undermine market discipline. To reduce moral hazard, aid should only be granted on terms which involve adequate burden-sharing by existing investors.
41.
Adequate burden-sharing will normally entail, after losses are first absorbed by equity, contributions by hybrid capital holders and subordinated debt holders. Hybrid capital and subordinated debt holders must contribute to reducing the capital shortfall to the maximum extent. Such contributions can take the form of either a conversion into Common Equity Tier 1 (16) or a write-down of the principal of the instruments. In any case, cash outflows from the beneficiary to the holders of such securities must be prevented to the extent legally possible.
42.
The Commission will not require contribution from senior debt holders (in particular from insured deposits, uninsured deposits, bonds and all other senior debt) as a mandatory component of burden-sharing under State aid rules whether by conversion into capital or by write-down of the instruments.
43.
Where the capital ratio of the bank that has the identified capital shortfall remains above the EU regulatory minimum, the bank should normally be able to restore the capital position on its own, in particular through capital raising measures as set out in point 35. If there are no other possibilities, including any other supervisory action such as early intervention measures or other remedial actions to overcome the shortfall as confirmed by the competent supervisory or resolution authority, then subordinated debt must be converted into equity, in principle before State aid is granted.
44.
In cases where the bank no longer meets the minimum regulatory capital requirements, subordinated debt must be converted or written down, in principle before State aid is granted. State aid must not be granted before equity, hybrid capital and subordinated debt have fully contributed to offset any losses.
45.
An exception to the requirements in points 43 and 44 can be made where implementing such measures would endanger financial stability or lead to disproportionate results. This exception could cover cases where the aid amount to be received is small in comparison to the bank's risk weighted assets and the capital shortfall has been reduced significantly in particular through capital raising measures as set out in point 35. Disproportionate results or a risk to financial stability could also be addressed by reconsidering the sequencing of measures to address the capital shortfall.
46.
In the context of implementing points 43 and 44, the ‘no creditor worse off principle’ (17) should be adhered to. Thus, subordinated creditors should not receive less in economic terms than what their instrument would have been worth if no State aid were to be granted.

3. La sintesi, per chi non riuscisse a venirne a capo nella versione in inglese, è che lo Stato possa intervenire, se la "ratio" di capitale (nel caso MPS parrebbe riconducibile al p.44, cioè andata sotto il minimo regolatorio €uropeo dei requisiti di capitalizzazione) sia il problema "essenziale" emergente, secondo gli stress test e/o le istruttorie mirate dell'autorità bancaria €uropea, e quindi, in quanto, come prospettato dalle autorità italiane (sicuramente in sede di richiesta di autorizzazione parlamentare), non ci sia un problema di "solvibilità" così ampio da portare a un'insolvenza irrisolvibile e irreversibile, la cui risoluzione è affidata invece al meccanismo "finale" del bail-in.
ADDENDUM: è peraltro da aggiungere che, allo stato attuale, la BCE rinvenirebbe l'ipotesi di shortfall di capitale sotto i requisiti minimi di capitalizzazione "solo nello scenario avverso", risultando altrimenti la banca "solvente" (...), e, peraltro, quantificando l'esigenza/fabbisogno di ricapitalizzazione in 8,8 miliardi. Insomma, una sorta di via intermedia tra quella del punto 43 e del punto 44 della "Comunicazione" (una valutazione, per la verità poco comprensibile, considerati i dati complessivi forniti dalle due lettere della stessa BCE). Questo almeno stando al comunicato dello stesso MPS (il cui testo completo è nell'immagine a introduzione del post):

 

3.1. In ogni caso, lo Stato può ricorrere a questa tipologia di intervento a condizione di aver prima coinvolto nella riduzione delle passività gli azionisti (che sono comunque assimilabili a creditori, dato che il capitale costituisce una passività patrimoniale), ed i creditori di obbligazioni subordinate, con l'assorbimento (estinzione) dei relativi valori di credito e, dunque, espungendoli dal passivo. 
Non è dunque prevista, in questa soluzione, per così dire, intermedia (tra l'intervento statale globale in base al punto 45 sopra riportato e la liquidazione finale e totalitaria del "bail-in"), la compartecipazione, alle perdite da coprire, né di depositi assicurati e "non" (questi ultimi, cioè, per l'ammontare superiore ai 100.000 euro), né degli obbligazionisti (senior) e degli altri "creditori senior". 

4. Ed infatti, per cercare una ricostruzione normativa che sia coerente con l'insieme delle complesse ed ambigue norme €uropee, un'eccezione a questo burden sharing posto a carico di tali specifici creditori, non è prevista se non in casi eccezionalissimi, precisati al suddetto punto 45, di cui abbiamo già illustrato la quasi impossibile ricorrenza, almeno secondo i criteri assolutamente discrezionali precisati dalla Corte GUE e ribaditi dalla Commissaria Vestager.
Tuttavia, il punto 46 ci dice che i creditori subordinati, nella normale ipotesi "intermedia" (quella non eccettuata dal p.45), non dovrebbero ricevere di meno, in termini economici, di quanto i loro "strumenti" sarebbero valsi se non fosse stato accordato alcun aiuto di Stato. 
In altri termini, il valore-corso di mercato delle obbligazioni subordinate, nelle condizioni precedenti all'intervento statale, è il tasso minimo di conversione in corrispondenti azioni (in termini di pregresse negoziazioni di "mercato"; nel caso MPS, stiamo parlando di valori vicini comunque a zero). 

5. Il decreto "salvarisparmio", tuttavia, seguendo altre regole cumulativamente applicabili, e relative ai profili di rischio dei sottoscrittori, che consentono di qualificare come legittima o meno la stessa originaria sottoscrizione dei bond subordinati (o meglio l'induzione da parte della banca a farlo), tenuto conto del quasi azzeramento del valore degli stessi (e del corrispondente valore praticamente simbolico, e incerto per il futuro, delle azioni attribuite in conversione), "potrebbe" appunto contenere delle forme di ristoro per i piccoli risparmiatori (non istituzionali, dunque); cioè, per quelli che erano stati indotti a sottoscrivere le subordinate senza che il prospetto li avesse adeguatamente preavvertiti del rischio, in relazione alle loro dichiarate propensioni alla sicurezza dell'impiego dei rispettivi risparmi. 
Quanto e come saranno ristorati, in questo caso, lo sapremo nei prossimi giorni (c'è da supporre, visti i precedenti "Etruria et altera" che verrà emanato, in base alla previsione del decreto-legge, un apposito regolamento: lo stanziamento relativo dovrebbe essere però già inserito, o ricompreso, nel decreto stesso. Anche l'offerta, da parte dello Stato, della sostituzione con obbligazioni senior delle azioni, "convertite" forzosamente, per i piccoli risparmiatori ex titolari delle obbligazioni subordinate, esige la precisa determinazione del prezzo di riacquisto, rispetto al valore nominale originario delle obbligazioni subordinate, nonché, a monte, del prezzo di conversione delle "subordinate" in azioni).

6. Da notare che il meccanismo "€uropeo", previsto dal sopra riportato paragrafo della "Comunicazione", presuppone che ogni altra misura preventiva, cioè gestita dalla banca coi meccanismi ordinari di ricapitalizzazione e ogni altro preavvertimento e istruzione forniti dall'autorità di vigilanza, quindi nell'ambito della gestione diretta della banca (definita "di mercato"), fossero risultati non utili e praticabili per ripristinare la carenza (shortfall) di capitale emersa dalla quantificazione indicata dalle autorità di vigilanza (in questo caso, ormai, €uropee).

6.1. Risulta perciò del tutto naturale, cioè conforme a questo quadro della disciplina applicativa dell'Unione bancaria, che Dijsselbloem faccia trapelare immediatamente che:
"prima che Monte dei Paschi riceva gli aiuti di Stato, ci deve essere un bail-in, secondo il portavoce del presidente dell'Eurogruppo Jeroean Dijsselbloem. "Le regole sono queste".
In realtà, infatti, la ricorrenza delle specifiche condizioni del c.d. burden sharing dovranno essere confermate da BCE e commissaria alla concorrenza: in sostanza, il burden sharing è una forma attenuata di bail-in, dai contorni assolutamente sfumati e alquanto sfuggenti, nella stessa disciplina della "Comunicazione" sopra riportata. In pratica, una volta che non si sia nell'ipotesi di carenza di capitale con simultaneto rispetto dei requisiti minimi regolatori di capitale, la distinzione rispetto ai presupposti del bail-in in senso stretto, non è affatto lineare e ben definita dalle regole €uropee.

7. Se non altro, allorquando l'esigenza di ricapitalizzazione, - come accade praticamente per la gran parte del sistema bancario italiano-, sia unita a quella di risolvere il problema delle sofferenze, attribuendo a queste un valore di cessione, ovvero di cartolarizzazione, che si colloca in diverse e ormai del tutto arbitrarie, forchette di valutazione , la cartolarizzazione, ad esempio (che parrebbe la soluzione che si vuole percorrere per MPS), è una soluzione alternativa alla cessione.
Ed  infatti, la stessa cartolarizzazione, a date condizioni, consente di (sperare di) attenuare le svalutazioni patrimoniali a carico della banca emittente (i titolo cartolari), attribuendo agli NPL stime piuttosto basse (per renderli più immediatamente collocabili), ma, al contempo, aprendo la prospettiva, per la banca che rimane titolare del rapporto di credito "sottostante", di poter eventualmente acquisire all'attivo lo sperato maggior valore di concreto recupero del credito rispetto a quello fissato nella cartolarizzazione.
La stessa Banca d'Italia, nello studio qui linkato, par.3, opina che le stime emerse a seguito dei parametri di svalutazione dei crediti "deteriorati", considerati correnti dalle autorità €uropee sulla base  delle propensioni mostrate dagli "investitori" internazionali, siano eccessivamente basse, in rapporto quantomeno al valore delle garanzie che, in larga parte, li accompagnano.
Quindi Dijsselbloem ben può, in tal quadro di pressione degli investitori finanziari internazionali e di vaghezza (discrezionale) delle regole di risoluzione bancaria, definire "bail-in" (in senso categoriale) anche la soluzione intrapresa e richiamarsi all'effettivo rispetto delle regole.

8. Rimane, su questo aspetto, una pesantissima pregiudiziale tutta €uropea: il decollo delle sofferenze è una condizione dell'economia reale, nella sua assoluta prevalenza, e non il frutto esclusivo di "mala gestio" bancaria. 
Ergo, la stessa convenienza di una cartolarizzazione a prezzi di "saldo" (cioè contraendo sul mercato un debito che farebbe affluire fondi che la banca imputa a copertura della minusvalenza determinata dalla bassa valutazione operata nell'immediato), dipenderebbe, non paradossalmente, dal non seguire le stesse politiche economico-fiscali che hanno portato all'incremento impressionante delle stesse sofferenze in Italia. Ciò che invece, viene precluso da un'ortodossa osservanza della "governance" fiscale ed economica dell'eurozona.
E la conferma molto evidente quanto empirica, la si può vedere da questo grafico:


9. Ora la "palla" della gestione bancaria di MPS passa allo Stato, in una sostanziale operazione di nazionalizzazione che già si profila come transitoria, secondo le regole €uropee entro un massimo di 18 mesi, cioè con successiva cessione a privati, (sicuramente esteri); e questo dopo aver investito il denaro pubblico in una gestione di arduo salvataggio di medio periodo.
Ma, appunto, lo Stato azionista, che dunque si ritrova in conflitto con lo Stato che "governa" attraverso politiche economico-fiscali rigidamente vincolate dalle regole imposte dall'appartenenza alla moneta unica, ha fatto un buon affare?
Le due vesti simultanee che, dentro l'eurozona e la conseguente Unione bancaria, lo Stato di trova ad assumere, sono infatti in ineludibile conflitto di interesse.

9.1. Da un lato, se si rimane nell'eurozona, si deve raggiungere il pareggio strutturale di bilancio e alimentare, per via politico-fiscale "austera", la catena di creazione delle sofferenze (in nome del "lo vuole l'€uropa").
Dall'altro lato, per evitare di distruggere il risparmio diffuso (quello che in astratto l'art.47 Cost. impone di promuovere e tutelare con principi del tutto estranei alla disciplina dei trattati UE), occorre "pietire" che BCE e Commissione riconoscano le condizioni del burden sharing (o bail-in attenuato).

10. Ma avuta questa graziosa concessione, non avremo risolto comunque il problema della generazione sistematica di sofferenze.
Queste ultime, anzi, potrebbero registrare un'impennata proprio a seguito del "piano di rientro" dal maggior fabbisogno e debito pubblico...generato dalle misure di intervento dello Stato di salvataggio bancario (in ultima istanza, pro domo estera): cioè "lacrime e sangue fiscali" da aggiungersi a quanto comunque l'€uropa esige da noi in adesione al fiscal compact- !!!

Inoltre, una volta spesi i soldi pubblici (di tutti noi) per una simile azione di risanamento, - in ormai ben consapevole salita (determinata appunto dalle condizioni di austerità fiscale che condizionano ab aeterno l'economia reale) -, lo Stato deve supinamente accettare di cedere MPS a un mercato titubante, e che ha tutto l'interesse a non farsi avanti alla scadenza del termine di cessione obbligatoria, nonché anche, e specialmente, dopo tale scadenza; e così, fino a deprimere interessatamente i valori di acquisto, portandoli a un livello di acquisizione praticamente gratuita (di un asset così antico e importante), facendo persino la magnanima figura del "salvatore" (non certo dell'identità italiana del sistema bancario).

10. Sono infatti ipotizzabili almeno due ragioni "imponenti" e logicamente prevedibilissime per cui questa misura di nazionalizzazione temporanea, comunque destinata a risolversi una misura supply side di sostanziale sussidio pubblico, "certus an" ma solo "incertus quando", al settore bancario "non" nazionale (cioè al futuro investitore estero), si risolverà in una perdita di risorse estratte dalle esauste tasche dei contribuenti italiani:
a) la prima l'abbiamo già detta e attiene alle politiche fiscali ed economiche dettate dall'appartenenza all'UEM e al connesso perseguimento del fiscal compact (di cui avremmo esaurito, a sentire le autorità di vigilanza UE, praticamente tutti o quasi i ridicoli margini di flessibilità): la crisi della moneta unica, degenerata principalmente sul piano della solvibilità di imprese e famiglie italiane...per pervenire alla "competitività" deflattiva sui mercati esteri, "continua"; come la guerra dopo l'8 settembre 1943;
b) la seconda è che, con ogni probabilità, rimanendo noi dentro all'eurozona e all'Unione bancaria (della "pace e del benessere" dei popoli €uropei), saremo sottoposti alla ulteriore regolazione bancaria €uropea: il 23 novembre 2016, infatti, la Commissione UE ha approvato la "Proposal for a REGULATION OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL amending Regulation (EU) No 575/2013 as regards the leverage ratio, the net stable funding ratio, requirements for own funds and eligible liabilities, counterparty credit risk, market risk, exposures to central counterparties, exposures to collective investment undertakings, large exposures, reporting and disclosure requirements and amending".
Sotto questo altisonante titolo, si concretizzerà (probabilmente entro il 2017), - e con un timing che pare convergere proprio sulla scadenza della cessione sul mercato da parte dello Stato di MPS "risanata" (e di eventuali altre operazioni analoghe)-, l'approvazione, appunto ormai molto prevedibile, del "tetto" (cap) di detenzione dei titoli di Stato da parte delle rispettive banche nazionali, che saranno obbligate e cedere i titoli pubblici in eccedenza entro un periodo massimo di 18 mesi (allo stato), preceduto inevitabilmente da un rating dei titoli stessi, che ne sancirà pesanti svalutazioni, acuendo repentinamente e in modo esiziale i problemi di bilancio, e di indici di capitalizzazione, del residuo sistema bancario italiano.
11. Ed allora, ci vorrebbero ben altro che 20 miliardi per risanare queste perdite e per ottenere un "burden sharing" praticamente esteso a gran parte del nostro settore bancario, e, perciò, altamente distruttivo del mercato obbligazionario, pubblico e privato, nazionale, e del risparmio privato. 
Questa prospettiva, mano a mano che ci concretizzerà, - unita alle dosi aggiuntive di "austerità" fiscale da "rientro" (del deficit seguito allo sforamento causato dall'intervento statale di salvataggio bancario)-, indurrà anche a fughe generalizzate dei depositanti e correntisti in una misura che farà impallidire la recente corsa al ritiro dei fondi da MPS (si è trattato di circa 20 miliardi nel solo 2016).
Un vero e proprio Armageddon che, naturalmente, sarà votato entusiasticamente dai governi pro-tempore italiani e dai suoi parlamentari europei.
Com'era già accaduto con l'Unione bancaria....
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sabato 24 dicembre 2016

IL GELIDO NATALE DELLA SOVRANITA'


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Il gelido inverno e le rivoluzioni...e Parigi nel suo Natale ghiacciato
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1. Siamo alla vigilia di Natale. 
Per la forza dei ricordi che (prevalentemente, non sempre), accumuliamo da bambini, ciò dovrebbe portarci a un momento di ricerca di serenità che, un po' episodicamente (a dirla tutta), si raggingerebbe nel cercare di far (un po') felici le persone più vicine e, volendo abbondare, il nostro prossimo.
Date queste circostanze, quindi, eviterò, almeno oggi, di approfondire il "groviglio" economico-finanziario e istituzionale che sta nascendo, non a caso, e comunque in modo paradigmatico (di un modus procedendi "sistemico"), intorno alla questione della ricapitalizzazione di Stato di MPS.

1.1. Quello che posso anticipare, - e qui mi fermo- è che la questione MPS vede l'intreccio di tre aspetti di simultanea e concomitante de-sovranizzazione del nostro Paese:
a) quello relativo all'aspetto fiscale, per cui si intrecceranno, nel corso del 2017, la questione della "correzione dei conti" relativa ai saldi strutturali del pubblico bilancio della nostra ultima legge di "stabilità", non approvati allo stato dalla Commissione UE, (onde, mai come quest'anno, in chiave €uropeista, la legge di stabilità risulta piuttosto "instabile") e il "piano di rientro" conseguente al concreto sforamento del fabbisogno (deficit) autorizzato con la strna procedura di cui abbiamo parlato nel precedente post;
b) quello relativo alla praticabilità, secondo la disciplina €uropea, di un intervento statale di ricapitalizzazione e, sottolineiamolo, di sostanziale "nazionalizzazione" con conseguente gestione pubblica del problema, ineludibile, dei "non performing loans" (prospettiva che, anch'essa, si preannuncia potenzialmente paradigmatica e sistemica);
c) quello, infine, relativo all'intrecciata questione della legittimità degli "aiuti di Stato", e quindi sotto il (paradossale) profilo della concorrenza, dello stesso pubblico intervento.

2. Come, da un tale intreccio asfissiante, ne uscirà la facciata residua della nostra sovranità, è l'interrogativo dominante che pone il 2017; frattalico alquanto, si può dire. 
"il concetto di sovranità viene a designare il modo di essere proprio del potere statale e, se si tiene conto della duplice direzione verso cui esso assume rilievo, risulta contrassegnato, sotto un aspetto, dalla indipendenza dello Stato di fronte ad altri ordinamenti esterni al suo territorio, e, sotto un altro, dalla supremazia che ad esso compete di fronte ai singoli e alle comunità esistenti all'interno del territorio stesso".
Dunque:
"La potestà sovrana, necessaria a qualunque ente politico per il conseguimento del fine suo proprio di assicurare la pacifica coesistenza degli interessi vari, ed a volte contrastanti fra loro, che siano considerati bisognevoli di tutela, si estrinseca in con diversa intensità ed estensione...
Qualsiasi ente che si proclami sovrano riesce ad esserlo nei limiti che, da una parte, risultano imposti dalle situazioni di fatto, e, dall'altra, appaiono richiesti dalla stessa ragion d'essere del potere sovrano, che, mirando a realizzare un ordine in una società, non può non organizzarsi ed operare in modo ordinato, sottoporsi cioè ad una disciplina che...non cessa di essere giuridica pel fatto che provenga dallo stesso potere che vi si assoggetta". 
E tutto questo, nei termini della nostra Costituzione, ci porta a rammentare che:
"Laddove, quindi, si afferma il principio di eguaglianza sostanziale, lo Stato, e lo strumento della sovranità, assumono altri fini e altre funzioni, che ne implicano un intervento attivo a favore di tutti i gruppi e le classi sociali; la sovranità è così volta, nella sua accezione interna, alla risoluzione effettiva del conflitto sociale, ammettendosene normativamente, al massimo livello giuridico, l'esistenza e la priorità rispetto al fine di "assicurare la pacifica coesistenza" di un numero il più possibile allargato di "interessi
Questa mutevole "ragion d'essere" (o causa) del potere sovrano, fa sì che anche nei rapporti esterni propri della sovranità, instaurati con qualsiasi altra "entità", il suo contenuto e i suoi fini caratterizzino diverse modalità dei rapporti (di diritto internazionale). 
Perciò, i fini e le funzioni costituzionali (la concreta "ragion d'essere") di ciascun Stato, assumono una rilevanza tale che, in ragione di essi, quando si parla di riaffermazione della sovranità "esterna" (in tutti i casi "originaria" e "superiorem non recognoscens"), non si implica necessariamente di avere gli stessi obiettivi e gli stessi valori di riferimento rispetto a paesi che, nelle rispettive Costituzioni, abbiano strumentalizzato la sovranità ad una diversa e più ampia sfera di interessi da tutelare". 

3. Abbiamo parlato di assicurazione della pacifica coesistenza degli interessi compositi dell'intera società (fine e giustificazione della sovranità di uno Stato democratico sociale e non "liberale", qual è il nostro) e ci riallacciamo al Natale-inverno che precedette la rivoluzione francese
Siamo dunque nell'inverno nel periodo natalizio tra il 1788 e il 1789 (traggo dall'ottimo libro di Hillary Mantel "La storia segreta della rivoluzione", pag.219 e ss.). Da taluni definito il "più crudo del secolo" e considerato come una delle concause della successiva rivoluzione.
Sentite quanto certi meccanismi, come conseguenza della privazione della sovranità monetaria e fiscale dello Stato nonchè della ricerca del "pareggio di bilancio" ad ogni costo, - e sottolineo come conseguenza di questi "virtuosi" principi vincolanti- tendano a ripresentarsi nella Storia. 
L'antefatto è quello del (tentato) risanamento delle casse dello Stato francese, provate dall'appoggio dato alla rivoluzione americana finanziando, in regime di gold standard, un conflitto globale, con truppe e flotta dispiegati in vari continenti.

4. E dunque, già nell'estate del 1788 (pag. 212, op. cit.): 
"Necker, appena insediato, iniziò a negoziare un prestito all'estero. Il prezzo del pane aumenterà di 2 lire tornesi...", e iniziano le prime rivolte a Parigi:
"Anno nuovo. Uscendo per strada si pensa ecco, ci siamo, siamo alla bancarotta, al crollo, alla fine del mondo...
I diseredati [sostanzialmente immigrati affluiti in massa dalle campagne, ndQ.] sono coloro che hanno lasciato le grotte, che hanno abbandonato i campi pietrosi ricoperti di neve dove non credono che crescerà più niente...
Quelli che raggiungono Parigi [da vivi, dopo un cammino di gelide sofferenze, che eliminano fisicamente donne anziane e bambini, ndQ.] ancora in forze si mettono a cercare lavoro.
"Lasciano a casa i nostri operai" viene detto loro, "la nostra gente"; per quelli di fuori non c'è niente da fare....
I nuovi venuti si radunano in luoghi riparati ma non discutono la situazione perché non c'è nulla da discutere. All'inizio di aggirano intorno ai mercati nel tardo pomeriggio; alla chiusura, quando il pane rimasto viene venduto a poco prezzo o dato via; le prime ad arrivare sono le ruvide mogli parigine. Qualche tempo dopo il pane finisce appena passato mezzogiorno. Ai nuovi arrivati viene detto che il buon duca di Orleans regala mille pagnotte a chi è senza un soldo. I mendicanti di Parigi, però, li lasciano un'altra volta a bocca asciutta: pelli indurite e gomiti acuminati, sono disposti a dar loro informazioni false e a calpestare quelli che rimangono a terra...
Perfino i ricchi restano turbati: dare l'elemosina non sembra abbastanza; sulle vie alla moda giacciono dei cadaveri congelati. Quando scendono dalle carrozze, si tirano il mantello sul viso per riparare le gote dal freddo pungente e gli occhi dal miserabile spettacolo".
5. Ma c'è un aspetto ulteriore che va considerato: l'atteggiamento della classe intellettuale, in gran parte appartenente alla media borghesia dedita alle professioni liberali ("Il Terzo Stato"), e con l'aggiunta di vari esponenti più "impoveriti" della nobiltà (o colpiti da censura per vari intrighi politici di corte). C'è qualcosa di intensamente ambiguo e contraddittorio nelle pulsioni che contraddistinguono questo versante del malcontento (ce si rivelerà successivamente decisivo).
Louis Marie Stanislas Fréron, - un giornalista che si rivelerà un acuto rivoluzionario, ma anche un successivo fiero oppositore di Robespierre-, in un "salotto" tenuto a casa di D'Anton, fa questa analisi (pagg.199-200, op.cit.):
"Le idee che vent'anni fa erano considerate pericolose adesso sono luoghi comuni del dibattito istituzionale - ma ciononostante ogni inverno c'è gente che muore di fame. E noi, a nostra volta, militiamo contro l'ordine esistente soltanto perché non siamo riusciti a fare la scalata sui suoi sordidi pioli. Se Fabre [Fabre d'Églantine, commediografo e  romanziere, piuttosto incline a fare della rivoluzione una vicenda di affarismo personale, fino alla...ghigliottina comminatagli, insieme allo stesso D'Anton, durante il "terrore" robespierrano, ndQ.], ad esempio, venisse eletto, domani, all'Accademia, vedreste in quattro e quattr'otto la sua brama rivoluzionaria trasformarsi nel conformismo più zuccheroso e disinvolto".
Questo era il "sentimento" diffuso nei vari strati sociali nel Natale del 1788.
Tanti dettagli che ci ricordano il presente: certo, mutatis mutandis, e frattalicamente, beninteso.

Un caro augurio di Buon Natale a tutti i lettori! 

giovedì 22 dicembre 2016

PROFILI DI NULLITA' DELL'AUTORIZZAZIONE ALL'OMBRELLO PRECAUZIONALE "BANCARIO". ATTRIBUZIONI DELLA COMMISSIONE O RIVENDICAZIONE DI SOVRANITA'?


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1. Vi riporto il testo dell'art.6 della legge 24 dicembre 2012, in base al quale è stata ieri approvata, dal parlamento, la relazione del governo relativa alla "autorizzazione" allo scostamento "temporaneo" del saldo strutturale (id est; deficit strutturale) dall'obiettivo programmatico: uno scostamento giustificato come intervento di sostegno precauzionale per la stabilità finanziaria e per il rafforzamento patrimoniale del sistema bancario nazionale, con la prospettiva di possibili interventi sia di garanzia dello Stato delle passività delle banche italiane sia di ricapitalizzazione pubblica delle medesime (secondo l'espressa dizione schematizzata nella sezione ("finalità del provvedimento e piano di rientro").

1.1. Ho aggiunto in neretto l'enfasi sulle previsioni più acutamente problematiche dell'autorizzazione ormai, a quanto pare, rilasciata:
Art. 6
Eventi eccezionali e scostamenti dall'obiettivo programmatico strutturale.
In vigore dal 30 gennaio 2013.

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, scostamenti temporanei del saldo strutturale dall'obiettivo programmatico sono consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali.
2. Ai fini della presente legge, per eventi eccezionali, da individuare in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, si intendono:
a) periodi di grave recessione economica relativi anche all'area dell'euro o all'intera Unione europea;
b) eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese.
3. Il Governo, qualora, al fine di fronteggiare gli eventi di cui al comma 2, ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea, presenta alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilisca le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definisca il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi di cui al comma 2. Il piano di rientro è attuato a decorrere dall'esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento per gli eventi di cui al comma 2, tenendo conto dell'andamento del ciclo economico. La deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
4. Le risorse eventualmente reperite sul mercato ai sensi del comma 3 possono essere
utilizzate esclusivamente per le finalità indicate nella richiesta di cui al medesimo comma.
5. Il piano di rientro può essere aggiornato con le modalità di cui al comma 3 al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora, in relazione all'andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.
6. Le procedure di cui al comma 3 si applicano altresì qualora il Governo intenda ricorrere all'indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie al fine di fronteggiare gli eventi straordinari di cui al comma 2, lettera b).

2. Il testo della "relazione" governativa con richiesta di autorizzazione è, per esteso, rinvenibile a questo link della camera dei deputati
La "cronaca" di ciò che è avvenuto in sede di approvazione della relazione, fatta proprio dalla maggioranza parlamentare con l'aggiunta del gruppo di Forza Italia e "Ala", è riportata qui (tratta, a titolo paradigmatico, dal FQ). 
Si noti che il mercoledì, giorno delle votazioni separate ma consecutive di entrambe le camere, in barba alla mancata riforma costituzionale monocameralista (dichiaratamente) "imperfetta", sì è registrata la consueta eccezionale rapidità di ratifica delle decisioni assunte dal governo: secondo quella formula che viene definita "governabilità" e che chiude in partenza, nella sede parlamentare, ogni minimo dibattito approfondito sul "merito" dei provvedimenti proposti. 
Così come, s'è visto, avviene regolarmente, da decenni, per le leggi di ratifica dei trattati europei, com'è avvenuto per il pareggio di bilancio, votato con maggioranza dei 2/3 ai fini della revisione costituzionale (v. p.2) prima ancora della formale ratifica del trattato intergovernativo relativo al "fiscal compact"!

3. Si vota "a scatola chiusa" ( e persino si dichiara, nel farlo, "senso di responsabilità") e poi, semmai, di fronte agli effetti dei provvedimenti deliberati in fretta e in furia, - mediaticamente sbandierati come efficienti, sempre corrispondenti a "stati di eccezione", continui e incontestabili, invariabilmente collegati "a monte" a qualche disciplina vincolante di fonte €uropea-, si fanno, negli anni successivi, delle contraddittorie e parziali "prese di distanza"...
E questo sebbene, - o meglio: in perfetta coerenza con tale trend della governance economico-fiscale italiana, ormai delimitata ad applicare regole strettamente predeterminate dalle fonti UEM-, il voto sia stato preceduto, alla Camera, "dalle repliche del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in merito alla relazione di martedì, che sono state rivolte a un’aula semideserta, vista la presenza di solo una quarantina di deputati".

4. Non dovrebbe quindi sfuggire, all'elettore italiano che ha subito l'impoverimento sistematico determinato dallo stato di eccezione, €urodichiarato a partire (almeno) dal 2007, - quando Padoa-Schioppa già poneva l'obiettivo di raggiungere entro un biennio il pareggio di bilancio, considerando tale obiettivo come "un'ipotesi espansiva"(!)-, quanto ciò possa valere, in termini di cosciente deliberazione del parlamento, per di più adottata a "maggioranza assoluta dei rispettivi componenti". 
Una maggioranza rafforzata richiesta, da una legge specificativa di un obbligo derivante dal fiscal compact, per il rilascio dell'autorizzazione a operazioni finanziarie pubbliche che determinano un maggior fabbisogno, cioè lo sforamento del tetto programmatico del deficit, e l'aumento del debito pubblico.
E dunque si tratta di un provvedimento ("autorizzazione") dall'enorme impatto sulle politiche e manovre fiscali dei prossimi anni.

5. Ma il problema (democratico e di "merito") dell'assenza di un qualsiasi serio dibattito parlamentare scaturisce dal raffronto tra la norma applicata e il contenuto della relazione in base a cui s'è rilasciata l'autorizzazione.
Svolgiamo alcune sintetiche osservazioni sui punti più eclatanti (che si assommano all'aula semideserta in sede di pseudo-dibattito preliminare):

5a) presupposto legale dell'autorizzazione era il presentarsi di "eventi eccezionali". 
Per "evento" si intende, secondo elementari principi giuridici, un fatto-effetto finale, già manifestatosi nella realtà materiale, come conseguenza di una serie di antefatti, altrettanto evidenti e connotati da una oggettiva gravità, coscientemente percepibili da qualunque soggetto, in base alla normale conoscenza della realtà (c.d. fatto notorio, come oggetto di una "scienza" del fatto non tecnica ma improntata al "senso comune").
Ma il governo, nella sua relazione, esclude che si sia in presenza di un tale fatto-evento. Viene invece espressamente affermata una cosa diversa: le perdite del sistema bancario sono dette "solo ipotetiche" e si propone una interpretazione "curiosa" del concetto legale di "eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie..." (art.6, cit, comma 2, lettera b)). 
Si dice infatti, nella Relazione, che possa anche trattarsi di 
"casi che si riferiscono a una situazione non già materializzata, ma a una previsione dell'impatto sulla banca di uno scenario in cui si verifichino determinate condizioni macroeconomiche".
"Condizioni macroeconomiche"? Proposte come "previsioni" ipotetiche e future e, dunque, non relative a "eventi straordinari" in corso come richiesto dalla norma? 
E poi: quali "specifiche" condizioni macroeconomiche? E, soprattutto, in conseguenza di quali meccanismi (che non siano la mera applicazione delle regole dell'Unione bancaria innestata sulle politiche economico-fiscali dettate dallo stesso fiscal compact, poste sinergicamente alla base delle insolvenze diffuse nell'economia reale)?  
Curiosamente, non una parola viene detta in parlamento sulla evidente contraddizione di questa interpretazione rispetto alla lettera ed alla ratio della norma.

5b)  Ed infatti, l'assenza di queste indicazioni nella relazione, conduce ad una seconda evidente violazione dell'art.6 e della disciplina del procedimento di "autorizzazione": non solo vengono, già in prospettazione, esclusi degli "eventi straordinari" "già materializzati", ma la relazione avrebbe dovuto essere "specifica", cioè giustificare e dettagliare questi NON ipotetici eventi: lo dice chiaramente il comma 3 dell'art.6 sopra riportato;

5c) la Relazione, (e la conseguente approvazione parlamentare), poi, difetta di un presupposto che non può che considerarsi essenziale: gli "eventi", non ipotetici, sono fronteggiabili con questo strumento di eccezionale "sforamento" del fabbisogno-deficit "sentita la Commissione europea": in altri termini, occorre il suo PREVIO, e non successivo parere; da considerarsi vincolante, poichè si tratta di operare uno "scostamento "temporaneo" del saldo strutturale (id est; deficit strutturale) dall'obiettivo programmatico" che, a sua volta, deve essere già oggetto di un'approvazione della Commissione stessa. 
E tutto questo, in base alle regole del c.d. two-pack (recentemente persino rese più stringenti, con lo European Fiscal Board, in termini di potere approvativo della Commissione UE in sede di sorveglianza di bilancio sui singoli Stati dell'eurozona).
La Commissione, dunque, non pare essere stata previamente sentita; altrimenti la Relazione avrebbe menzionato uno specifico atto di assenso o di approvazione, e, logicamente, tale atto della Commissione avrebbe  dovuto essere allegato alla Relazione governativa, per una corretta approvazione parlamentare.

5d) Quanto appena detto non è affatto un particolare secondario: esso si collega con un altro requisito che deve, per l'art.6, caratterizzare la obbligatoria "specificità" della richiesta di autorizzazione al Parlamento: la definizione di un "piano di rientro". 
Questa "definizione" deve essere logicamente contestuale all'approvazione, altrimenti la deliberazione delle camere sarebbe priva di una completa conoscenza dei presupposti e degli effetti della propria "autorizzazione" che perde, in tal modo, ogni valore di completa e cosciente formazione della volontà deliberativa. 
La stessa "consultazione" preventiva della Commissione, a sua volta, non potrebbe avere il suo dovuto oggetto specifico, (e cioè legalmente determinato, nelle forme dettate dalla legge nazionale e dalla disciplina UEM sulla sorveglianza di bilancio), in assenza della chiara delineazione di un piano di rientro, delle sue misure fiscali e dei tempi della loro realizzazione.

5e) D'altra parte, venuta a mancare la "già" avvenuta verificazione di eventi straordinari con carattere di attualità, posto che la Relazione espliticamente parla di "eventi ipotetici" e di ipotesi che (forse) si verifichino determinate (ma assolutamente imprecisate) "condizioni macroeconomiche", non era possibile sottoporre al Parlamento e né, ancor prima, alla Commissione UE, un piano di rientro la cui "durata" fosse "commisurata" alla "gravità degli eventi" (prospettati come ipotetici e di cui, perciò, non è proprio possibile valutare in ipotesi, secondo la Relazione, la stessa "gravità").

6. L'insieme di queste violazioni della legge invocata, cioè la mancanza di atti presupposti e di contenuti minimi essenziali, possono far ritenere che l'autorizzazione rilasciata dalla camera sia affetta dal vizio della "nullità", cioè dalla carenza di elementi essenziali della procedura e dell'atto finale, tali che esso non potrebbe produrre l'effetto tipico per cui è dalla stessa legge predisposto.
Siamo infatti di fronte a un'atipica competenza delle due Camere: questa "autorizzazione" non ha natura di voto su una proposta o un disegno di legge e non porta all'emanazione di norme c.d. primarie (cioè fonti legislative). 
Si tratta di produrre, per un singolo caso concreto (e per definizione scisso da un'applicazione "ripetibile"), un effetto abilitativo delle future potestà di proposta normativa del governo, presumibilmente attivate con un decreto-legge (anche su questa prospettiva la Relazione tace); tale attività governativa di successiva proposta legislativa, a sua volta, dovrà indicare le proprie fonti di copertura finanziaria; che però dovrebbero essere conseguenziali al quadro delineato dal "piano di rientro" oggetto dell'autorizzazione parlamentare presupposto di tale futura attività normativa.

7. Insomma, in termini giuridici, si tratta di una funzione amministrativa, autorizzatoria, spostata, in ragione del suo oggetto (scostamento dagli obiettivi programmati di fabbisogno-deficit, e resi impegnativi verso l'UEM con la loro approvazione da parte della Commissione, non previamente "sentita"), al livello di organi legislativi e di indirizzo politico.
Ma anche per tale "funzione amministrativa", accuratamente procedimentalizzata, sia pure atipica con riguardo al livello del soggetto decidente, vale il principio generale posto dall'art.21 septies della legge sul procedimento n.241/1990: 
"Art. 21 -septies. (Nullità del provvedimento) 1. È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge".

7.1. Tale disposizione non è ad applicazione delimitabile ai soli procedimenti amministrativi strettamente ascrivibili alla sfera dell'apparato esecutivo-amministrativo: essa è essenzialmente ricognitiva di un pacifico principio generale del diritto nazionale
A meno che non si considerino:
a) l'espressa esclusione di un'oggettiva ricognizione del presupposto (attuale) di un "evento straordinario";
b) la mancata "audizione" della Commissione UE (in funzione autorizzatoria preventiva, in base all'ovvio principio del contrarius actus o comunque della unitarietà del suo potere autorizzativo, ordinario e derogatorio);
c) l'indeterminatezza assoluta dell'oggetto autorizzato per conseguente assenza della precisazione di un "piano di rientro" (e della sua durata e modalità);
d) la non "specificità" della richiesta governativa;
delle mere carenze "non vizianti" della fattispecie autorizzatoria e non il difetto dei suoi elementi essenziali (che non si capirebbe quali allora possano essere, in base alla previsione normativa).

E, inoltre, a meno che non si consideri che il ruolo presupposto della Commissione, dettato dalla sua chiara attribuzione legale (per trattato e per previsione dello stesso art.6), alla vigilanza approvativa del quadro di bilancio fiscale degli stati appartenenti all'eurozona, sia indifferente rispetto alla stessa attualità e operatività dell'attribuzione (a chiedere l'autorizzazione) propria del governo.
Si potrebbe cioè dubitare che l'attribuzione stessa sia giuridicamente attuale e operativa, configurandosi un'ulteriore ipotesi di nullità dell'autorizzazione parlamentare.

8. Ma, in conclusione, volendo deragliare da questo quadro di legalità, europea e nazionale, la richiesta del governo e l'autorizzazione delle camere, potrebbero essere assunte come una rivendicazione di sovranità nazionale, legittimamente richiamabile a condizione che si invocasse la fonte costituzionale della stessa, come prevalente sul diritto "europeo" (in particolare l'art.47 Cost.), che si intende applicare e che viene richiamato dalla stessa relazione.

8.1. Ed allora è contraddittorio, se non addirittura "ossimorico", procedere, senza aver sentito la Commissione (!), a richiedere l'autorizzazione "autocertificando", - cioè al di fuori di un pronunciamento di competenza della Commissione-, che la richiesta sia "in linea con quanto previsto dalla direttiva 2014/59/UE e dalla Comunicazione della Commissione europea relativa all'applicazione dal 1° gennaio 2013 delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (c.d. Banking Communication)".
Come abbiamo visto, non solo questo "essere in linea" è altamente problematico, alla luce delle posizioni già manifestate dalla Corte UE e dalla Commissaria alla concorrenza Vestager, ma, (con assoluta certezza in ordine alle "attribuzioni"), fare una simile valutazione di osservanza del diritto europeo spetta solo a tali organi e istituzioni UE-M.

8.2. Tutto questo risulta certamente atipico e oggettivamente "improcedurale", e c'è da temere fortemente che la Commissione possa intervenire a sanzionare i provvedimenti assunti in attuazione di tale "autorizzazione" ove, in alternativa, non provveda ad un'autorizzazione ma accompagnata da pesanti "condizionalità".  
Sotto il profilo del "rientro", infatti, il maggior indebitamento autorizzato, agli occhi della Commissione, risulterà un fenomeno del tutto analogo a quello della concessione di un prestito da parte dell'ESM che, come insegna il caso della Grecia, è accompagnato dall'imposizione di dettagliate e pervasive condizionalità su tutto il fronte delle politiche fiscali pubbliche del paese "indebitatosi" in via straordinaria.
E questo in aggiunta alla correzione dei conti pubblici, e quindi dello stesso fabbisogno strutturale programmato, che, come abbiamo visto, la Commissione ritiene già non rispettato quanto al saldo ed alla sua idonea copertura, per il 2017, (quindi a prescindere da questo ulteriore intervento di "sforamento"), e in conseguenza del quale, sempre autonomamente dalla crisi bancaria, la Commissione stessa si accinge (qui. p.4) a chiedere, entro la fine di marzo, "misure" correttive per circa 15-16 miliardi di euro.