domenica 22 febbraio 2015

LA CONDIZIONALITA'- 2. DA CHANG A RODRIK, L'ALLARME PER LA DEINDUSTRIALIZZAZIONE ANTIDEMOCRATICA


1. Nell'ultimo post, abbiamo visto come l'euro, e in realtà l'intera costruzione europea insita nei trattati (a partire dalla "prova generale" dello SME), riesca a porre paesi dotati di modelli economici improntati allo sviluppo generale del benessere - modelli costituzionalizzati cioè resi democraticamente stabili e prioritari- nella medesima condizione dei paesi in via di sviluppo.
Abbiamo altrettanto visto che lo strumento è quello della condizionalità, incentrata sull'imposizione delle riforme strutturali contrarie ai propri modelli costituzionali.
Tuttavia, il contesto, l'antecedente economico-politico, è il liberoscambismo, l'apertura dei mercati nella mitologia della priorità della loro capacità di autoregolazione, che diviene regola assoluta di non interferenza da parte degli Stati. 
Nell'applicazione di Maastricht, abbiamo pure visto come questo presupposto coercitivo di sistema abbia condotto alla sospensione dei modelli costituzionali.

L'effetto cumulativo di liberoscambismo, squilibri commerciali strutturali, conseguente indebitamento e imposizione di riforme strutturali "condizionali" è certamente l'impoverimento dei paesi più deboli; ma in generale, come ci attestano le realtà degli USA e della stessa Germania, è l'impoverimento della maggioranza schiacciante dei cittadini non appartenenti alle elite che guidano questa internazionalizzazione (tanto cara agli europeisti di Ventotene, in nome di una fantomatica pace ridefinita ribaltando i meccanismi causali della Storia in chiave anti-Stati nazionali).

Labor force part rate since Jan 2000.002

2. Ma la sostanza di questo impoverimento consiste nella deindustrializzazione, cioè nella frammentazione restrittiva dei rispettivi settori manifatturieri, quelli che, nel quadro contemporaneo dei modelli democratico-costituzionali, consentono il maggior legame tra sviluppo, autonoma evoluzione e innovazione tecnologica e effettività della democrazia.
E' questo, della rescissione del legame tra industrializzazione legata al territorio e democrazia "effettiva" - quindi non "idraulica" e cioè legata solo ad un formalistico e residuale metodo elettorale trasformato mediaticamente in sondaggismo -, un effetto tipico del free-trade
Un effetto del liberoscambio-liberalizzazione dei capitali, a maggior ragione emergente anche nella loro  versione posteriore alla iniziale teoria dei "vantaggi comparati" di Ricardo, e cioè alla "versione" fornita dalla teoria c.d. HOS (Heckscher-Ohlin-Samuelson). Al riguardo vi riportiamo quanto ne evidenzia Chang nel suo ultimo libro "Economics: The User's Guide" (pagg.118-119):
"Nella teoria HOS si assume che tutti i paesi siano tecnologicamente e organizzativamente capaci di produrre ogni cosa. Essi "scelgono" di specializzarsi in differenti prodotti soltanto perchè le diverse produzioni utilizzano diverse combinazioni di capitale e lavoro, le cui relative disponibilità sono differenti nei vari paesi. 
L'assunto conduce a conclusioni irrealistiche: se il Guatemala non produce cose come le...BMW, non è perchè non "può", ma perchè non è economico fare in tal modo, dato che le loro produzioni (della Germania, ndr.) usano una gran quantità di capitale e poco lavoro, mente il Guatemala dispone di molto lavoro e poco capitale".
Nei prossimi mesi vedremo come questa acritica teoria neo-classica, portata sventatamente nelle teorie dominanti in Italia sull'assetto del mercato del lavoro, produrrà i suoi effetti di ulteriore distruzione della domanda interna e della democrazia. Parliamo ovviamente del jobs act.

3. Se, a seguito della evoluzione liberoscambista accelerata prodottasi nell'area euro, sostituiamo al Guatemala la Grecia, - o, nei fatti, e in una tragica imminente prospettiva, anche l'Italia- la portata della "molto realistica" deindustrializzazione manifatturiera legata al territorio (su cui vivono le comunità rese "debitrici"), ci appare evidente. 
Tutto questo, tra l'altro, ci aiuta a capire le difficoltà in cui si trova le Grecia nel condurre la "trattativa" per ripristinare il proprio benessere e la propria democrazia.
Rinviamo a quanto più volte sul punto ci ha detto Sapir: la forte deindustrializzazione è anche una condizione di debolezza della democrazia, cioè della sovranità costituzionale. 
Inutile dire che, in una corsa contro il tempo, ciò vale anche per l'Italia, sebbene, in termini assoluti, in misura minore, ma non meno insidiosa. Se non altro perchè non compresa dal settore sociale, le PMI (sveglia!), che porta il peso del residuo manifatturiero italiano.

4. Su questo tema riportiamo un significativo brano di Dani Rodrik che, sebbene riferito alle dinamiche dei paesi in via di sviluppo, per le condizioni create dal liberoscambismo sanzionato dal vincolo esterno "valutario", ci appare eloquente anche per la Grecia e, di riflesso (mutatis mutandis, in una sostanza però omogenea), per tutti i paesi coinvolti nell'area euro.
Da rilevare che questa spiegazione ci dà ben conto dei sub-conflitti "sezionali" (p.11.1.), in funzione destabilizzatrice della democrazia, che fanno capo ai "diritti cosmetici" e alle identità etnico-religiose-localistiche, conflitti che sono una vera manna per le elites:
 
"Le conseguenze politiche di una prematura deindustrializzazione sono più sottili, ma possono essere più significative.
I partiti politici di massa sono stati tradizionalmente un sotto-prodotto dell'industrializzazione. La politica risulta molto diversa quando la produzione urbana è organizzata in larga parte  intorno all'informalità, una serie diffusa di piccole imprese e servizi trascurabili. 
Gli interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da definire, l'organizzazione politica fronteggia ostacoli maggiori, e le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe.

Le elites non hanno di fronte attori politici che possano reclamare di rappresentare le non-elites e perciò assumere impegni vincolanti per conto di esse.
Inoltre, le elites possono ben preferire - e ne hanno l'attitudine- di dividere e comandare, perseguendo populismo e politiche clientelari, giocando a porre un segmento di non elite contro l'altro.
Senza la disciplina e il coordinamento che fornisce una forza di lavoro organizzata, il negoziato tra l'elite e la non elite, necessario per la transizione e il consolidamento democratico, hanno meno probabilità di verificarsi.
In tal modo la deindustrializzazione può rendere la democratizzazione meno probabile e più fragile."

16 commenti:

  1. In questo articolo di Pasquinelli vengono riportate alcune trascrizioni sulla pianificazione nazista, da parte del più importante rappresentante politico del complesso finanziario e industriale tedesco: Adolf Hitler.

    «La Romania farebbe bene a rinunciare nei limiti del possibile ad avere un'industria propria. A questo modo dirigerebbe le sue ricchezze del suo suolo e, specialmente il grano, verso il mercato tedesco. In cambio riceverebbe da noi i prodotti manifatturati di cui ha bisogno. La Bessarabia è un vero granaio. Così scomparirebbe quel proletariato [industriale, Ndr] romeno che è contaminato dal bolscevismo».

    «Per dominare i popoli che abbiamo sottomessi nei territori a est del Reich, dovremo di conseguenza rispondere nella misura del possibile ai desideri di libertà individuale che essi potranno manifestare, privarli dunque di qualsiasi organizzazione di Stato e mantenerli così a un livello culturale il più basso possibile.

    Bisogna partire dal concetto che questi popoli non hanno dovere che servirci sul piano economico. Il nostro sforzo deve dunque consistere nel trarre dai territori che essi occupano tutto quanto se ne può trarre. Per impegnarli a consegnarci i loro prodotti agricoli, a lavorare nelle nostre miniere e nelle nostre fabbriche d’armi, li adescheremo aprendo un po’ dappertutto spacci di vendita nei quali potranno procurarsi i prodotti manifatturati dei quali abbisognano.
    [...] Dal nostro punto di vista, l’altro difetto di una tale organizzazione sarebbe di fonderli in un blocco unico, di dar loro una forza di cui si servirebbero contro di noi. In fatto di organizzazione amministrativa, il massimo che si possa loro concedere è un’amministrazione comunale, e unicamente nella misura in cui ciò è necessario al mantenimento di un determinato potenziale di lavoro, ossia il potenziale indispensabile ad assicurare i bisogni elementari dell’individuo.

    Ma, nel creare tali comunità di villaggi, dovremo procedere in modo che delle comunità vicine non possano fondersi tra loro. Per esempio, avremo cura di evitare che una chiesa unica serva un ampio territorio. Insomma il nostro interesse sarebbe che ogni villaggio avesse la propria setta, che coltivasse la propria nozione di Dio. E se, come gli indiani e i negri, alcuni avessero a celebrare culti magici, non ci dispiacerebbe affatto. Dobbiamo moltiplicare, nello spazio russo, tutte le cause di divisione»

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    1. Certo l'internazionalismo liberoscambista in bocca e costui fa più impressione.
      Ma la sostanza teorizzata dagli attuali neo-liberisti è proprio quella...

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  2. Ora, o assumiamo come ha anche fatto recentemente Goofynomics, che questi deliri siano frutto dell'antropologia germanica per voce di quello psicopatico di Hitler, oppure si assume che questa sia naturale e universale essenza del capitalismo liberale.

    Da cui tutto l'impianto lavoristico e socialista su cui si fonda la nostra Carta.

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    1. La seconda che hai detto: se si conosce la radice autentica del nostro costituzionalismo democratico. Per questo è così importante capirlo...

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    2. La seconda che hai detto, anche secondo me.
      Ma.
      Quella tendenza al dominio dell' uomo sull' uomo (di questo stiamo parlando), non si potrà negare, essere particolarmente presente in quel "contesto antropologico" (e non solo in quello, ovviamente).

      Sono tra le "leccornie" che trovano terreno particolarmente fertile nella mitica cultura calvinista...

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    3. in effetti la seconda è vera a prescindere.

      però è vera anche e anzi a maggior ragione relativamente ad altri paesi. USA su tutti.

      però i cittadini americani non si sentono superiori o in dovere morale di dare lezioni di vita ai paesi del NAFTA.

      e quindi, nel caso specifico tedesco, direi che c'è anche la causa antropologico-culturale. andando a formare quel mix che diventa così difficile da gestire. sarà anche per questo che di tutti i paesi liberisti del secolo scorso proprio la germania ha scatenato entrambe le guerre.

      di hitler non ce ne sono stati due.

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    4. Ora, non vorrei far dei proseliti su un certo "materialismo storico" e sulla "teoria del conflitto" che viene - in "pubblico" - rifiutata fondamentalmente solo dalle elites... proprio perché, se non l'avessero istintivamente compresa, "élite" non sarebbero mai state...

      Chang in "The bad samaritans" lo conferma con un'incredibile analisi di "storia economica", "storia economica" che lo storico Braudel definisce, non a caso, semplicemente "storia".

      Ti chiedo, quindi: è stato il capitalismo tedesco espressione della cultura Calvinista (come credo sostenesse in parte Weber), oppure è stata la Riforma una "sovrastruttura ideologica" di quella che fu la nuova classe mercantile mitteleuropea?

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    5. @Alessandro

      "però i cittadini americani non si sentono superiori o in dovere morale di dare lezioni di vita ai paesi del NAFTA."

      Magari ai Canadesi no: mentre ho sentito di un vero "odio" dei ristoratori Messicani verso il turismo statunitense rispetto a quello dal "resto del mondo"... ma non vorrei far del "mi'cugginismo".

      L'imperialismo presuppone il razzismo. Così come lo presuppone, a suo modo e in senso lato, il classismo.

      Insomma, sono "ideologie", "falsa coscienza", razionali necessari per giustificare l'ingiustizia.

      Con l'avvento del capitalismo, sempre stando con Braudel, "alla spada si unisce il denaro": quindi l'imperialismo tende ad avere sempre più un aspetto "mercatista".

      Certo poi che l'intransigenza teutonica è più unica che rara...

      Ma il punto dirimente non credo dovrebbe essere mai l'antropologia: sono USA e Germania democrazie?

      O sono solo vuote e inutili plutocrazie alla von Hayek?

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    6. Io direi che *l'imperialismo* è il naturale sbocco del capitalismo liberale, se con liberale lo si intende, come storicamente è stato, facente capo a Stati muniti di clausole di esclusione volte a impedire la partecipazione "di tutti i cittadini alla vita dello Stato". Cioè l'imperialismo, ideologicamente sostenuto dal nazionalismo (ossia la richiesta di sospensione del conflitto sociale interno in nome della contrapposizione a un comune nemico esterno), è lo sbocco inevitabile di una domanda interna - quindi di un certo livello di salari e di occupazione - incapace di garantire l'assorbimento, e i profitti che ne derivano, del surplus prodotto rispetto ai salari. Per questo gli artt. 1, 4 e 11 della nostra Costituzione sono intimamente legati (e per questo i caveat ventoteniani non solo vanno fuori bersaglio ma rappresentano un autentico rovesciamento dei nessi causali).

      Di là della questione nazismo (sulle cui analogie, ma anche profonde differenze, con l'imperialismo coloniale bisognerebbe fare molte precisazioni, che però per questa discussione mi sembrano superflue) il punto sollevato da Bagnai, che è poi quello stesso di cui hanno trattato Cesaratto e la Stirati in questo paper, mi pareva abbastanza banale, vale a dire che politiche di pieno impiego e crescita basate sulla domanda interna la Germania non le ha *mai fatte*, salve brevissime parentesi (il grafico riportato a pag. 22 mostra che negli ultimi trent'anni in Germania la quota salari è sempre stata inferiore a quella di tutti i suoi principali partner commerciali). Il problema è che tale orientamento mercantilistico, che naturalmente non è monopolio tedesco, è di fatto iscritto in una costituzione, al di là del dato formale, imperniata sulla Buba, che è l'opposto della nostra e che sono ben decisi a difendere con le unghie e con i denti (non fosse così classista e pericoloso tanto zelo potrebbe anche essere ammirevole). Quali ne siano le cause, se un qualche Sonderweg tedesco o più realisticamente un blocco di potere, non lo so ma è un'invarianza della storia tedesca di cui prendere atto e contro cui predisporre strumenti di difesa. Niente di più.

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    7. Arturo, grazie mille per il preciso e attento chiarimento.

      Ma io ti chiedo: prima del paper di Cesaratto e Stirati, le classi dirigenti europee non conoscevano quest'attitudine del capitalismo tedesco? Non era proprio un'argomentazione fondamentale al "no" all'entrata nello SME dell'Italia? Come mai l'Italia, nonostante l'opposizione di gran parte della classe dirigente, ha dovuto cedere a quella minoranza di eurofasci (nipotini di Andreatta) e di euroinetti (nipotini di Ventotene)?

      Certo è che dal dobermann che ti sta sbranando ti devi difendere in tutti i modi, ma chissà perché del padrone - in rif. particolare all'intellighenzia! - si parla sempre sottovoce. (...e comunque ti sente...).

      O no?

      È vero che è nella natura del dobermann avere dei comportamenti aggressivi, ma il cinicofigliodiunabuonadonna rimane quello che te lo scaglia contro...

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    8. La conoscevano altro che se la conoscevano...Rammenterei il lavoro di Halevi del 1995, ripreso qui
      http://proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=157&artsuite=1
      Qui, dove la cosa che sintetizza meglio l'impostazione del problema data da Bazaar è la nota 4 (uno dei documenti più eloquenti della preventiva "conoscenza" del problema, data la sua provenienza).

      Trattasi della citazione di un lavoro di Prodi, conforme all'impostazione di Halevi (in seguito inisieme a Bellofiore, negli stessi sensi) che ripercorre la storia degli imbalances determinati dalle politiche tedesche all'interno del mercato comune, nel periodo 1960-1980 (e infatti Luigi Spaventa a questa realtà si riferiva nel famoso discorso del 1978).

      Il lavoro aveva il seguente titolo, pensate un po'
      Romano Prodi, “The economic dimension of the new European balances”, Banca Nazionale del Lavoro Quarterly Review, no. 173, 1990.
      Spiegava in sostanza, ispirandosi senza citarlo a Kalecky, come lo SME non potesse reggere a lungo...

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    9. Ricordo bene il lavoro di Prodi: ne avevo fatto un brevissimo riassunto qui.
      Quindi certo che lo sapevano (di tanti rimproveri che si possono muovere ai tedeschi quello di essere imprevedibili direi proprio che sarebbe ingiustificato) ma - forse mi son perso un pezzo - qualcuno qui o su Goofy intendeva negarlo o minimizzare le loro responsabilità?

      Quanto alla domanda che poni, qui se ne è parlato come poco altrove. Oggi voglio solo riportare una citazione (tratta dal saggio di Tobias Abse, Italy's Long Road to Austerity and the Paradoxes of Communism nel libro curato da Moss, pag. 256, che ho citato parecchie volte. L'autore sta a sua volta discutendo le considerazioni di questo saggio), che credo aggiunga qualche elemento utile: "Talani is right to underline that the leading Italian industrialists De Benedetti (of Olivetti), Agnelli, and Pirelli were the most active supporters of Italian entry. Agnelli’s statement to the British Foreign Trade Convention in London in mid-November 1978 that the weaker nations were “to accept fewer jobs for their workers and less popularity for their governments, as the price for entering a more stable world” (cited in Talani, 2000) gives a clear indication of the motives behind his support."

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  3. Bazaar ha scritto: Come mai l'Italia, nonostante l'opposizione di gran parte della classe dirigente, ha dovuto cedere a quella minoranza di eurofasci (nipotini di Andreatta) e di euroinetti (nipotini di Ventotene)?

    Ciao Bazzar scusa se intervengo, ma dalla depressione del Qattara dove si trova la mia povera cultura, la risposta mi sembra abbastanza semplice e già molto trattata in questo blog.
    1) Il vincolo esterno faceva comodo alle Elites nostrane per disciplinare il lavoro. Negli anni 80 produttività e lavoro divergono a favore della prima.
    2) Non entrare nello Sme significava che la classe dirigente italiana, avrebbe senza nessun dubbio o esitazione perseguito l'interesse Nazionale, assumendosi il rischio di confliggere con gli interessi dei nostri vicini più potenti Francia e Germania. C'era ancora il cadavere dell' onorevole Moro caldo.
    3) la non partecipazione dell'Italia alla costruzione dell'Unione Europea avrebbe significato per la nostra classe dirigente l'esclusione dai nobili consessi internazionali ( Trilaterale, Bilderberg e chi più ne ha più ne metta). Inoltre si sarebbe preclusa la carriera internazionale(bancaria) dei propri pargoli. Distruggiamo la base produttiva del paese, ma la carriere dei propri figli no, quella è una variabile Indipendente.

    Comunque, questo secondo me è ancora il meno, loro le Elites hanno fatto il proprio interesse, e per fare questo si sono Cooptati, Politica.Sindacati, Media e mondo Accademico economico e giuridico.
    Il dramma o la farsa secondo me, che giunti a un punto dove diventa sempre più difficile nascondere la verità, ( ci sono arrivato io dalla mia depressione del Qattara, ci posso arrivare tutti) il tentativo sia di veicolare il cambiamento necessario, attraverso il recupero dei razionali economici ( giuridici no ma no capisco il perchè) da parte di quella stessa classe dirigente che ci ha condotto al disastro. Mentre in attinenza al dettato che la storia la fanno sempre le elites e mai il popolo,io assieme ai 60 milioni di cittadini (Popolo) diseredati dei propri diritti e della propria dignità ( mio figlio passa da uno stage all'altro a 3 euro all'ora e mi consuma una macchina) dobbiamo essere spettatori che al massimo pagano un biglietto per vedere il processo di ritorno alla razionalità della classe dirigente
    Anche se veniamo fuori da questa follia siamo subito pronti ad entrare in una nuova.
    La prima cosa che insegnerei nelle scuole, è che nessuno nasce per soddisfare esigenze e capricci altrui, e la seconda che è, l'economia e il Diritto, al servizio dell'uomo e non l'uomo al servizio dell'economia del profitto o di un Trattato di libero scambio.
    Comunque per parafrasare Quarantotto è già tutto contenuto nella nostra Costituzione di cui al primo articolo è scritto: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
    Fondata sul Lavoro e non sulle Rendite e la Sovranità appartiene al Popolo e non alle Elites. Probabilmente la Costituzione del 48 era il primo tentativo di rovesciare le antiche regole.

    Se ho scritto strafalcioni me ne scuso con Quarantotto titolare di questo meraviglioso blog che vola al di sopra delle nuvole dove sotto si consumano le miserie Umane.
    Grazie Quarantotto.

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    1. Ciao Mauro, non parlarmi di depressioni che sunt a lecc da quater dì... per la terza volta dall'inizio dell'anno. Benedetto l'SSN.

      Comunque sì, domande "retoriche" con risposte da trovare nel percorso che abbiamo fatto su Orizzonte48.

      Tutto vero: la paura, il tradimento, l'egoismo, l'ignoranza, la miopia... ma fino a pochi mesi prima del dicembre '78 - comunque - nel complesso c'era un'opposizione. Ciò che desideravo sottolineare era che, forse, tra tutte queste, l'elemento scatenante e determinante è stato la "semplice forza bruta".

      E in Occidente c'è un preciso rapporto di forza.

      Ciò che sta avvenendo in Europa, a partire dalla Grecia, sembra un plateale "vulgar display of power".

      Cioè stiamo assistendo impotenti a plateali crimini contro l'umanità di quelle stesse organizzazioni che intimano a trecento milioni di persone di arrendersi e sottomettersi a queste stesse organizzazioni che hanno pretesa di definirsi "istituzioni".

      Quindi credo sia utile focalizzarsi - nella confusione generale - rimanendo fedeli alle "scienze sociali": ad es.: se è energia sprecata in livore accanirsi contro i politici "corrotti", lo è per lo stesso motivo farlo con "la stampa".

      Poi, certo, quando hai 39 di febbre e la radio ti sveglia con "diventa anche tu un cittadino europeo"... il lunedì si fa difficile.

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    2. @mauro gosmin
      l'abbraccio da un umano per le umanità che hai sempre manifestato ..

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  4. Per Bazaar, in bocca al lupo per la febbre.

    Ciao Poggio, una sola parola, Grazie.

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