1. Mi rendo conto di quanto sia importante coordinare, in un'unica esposizione riassuntiva, il discorso che abbiamo cercato di svolgere negli ultimi mesi.
La questione riguarda il tema dei temi: e cioè come la democrazia "sostanziale" (imperniata sulla tutela dei diritti fondamentali sociali da parte delle istituzioni politiche, a ciò vincolate dalle Costituzioni democratiche), non possa effettivamente sopravvivere all'inserimento della società in un paradigma liberoscambista.
Più esattamente, si tratta di come la democrazia, all'interno di tale paradigma liberista, non possa sopravvivere se non in termini "idraulici", che significa "tolleranza" verso l'espressione del voto, ma a condizione che conduca alla ratifica di indirizzi di politica economica e sociale rigidamente precostituiti, cioè convenienti alla oligarchia che controlla de facto ogni processo decisionale.
Il caso Grecia, in termini di visibilità "estrema", e anche quello italiano, altrettanto visibile ma occultato dal sistema della "grancassa mediatica" pro-oligarchica, ci riportano al plateale fenomeno di inutili o quantomeno "stanche" consultazioni elettorali, in costanza di un alto astensionismo correlato alla constatazione della invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire.
2. Negli USA ciò è stato anticipato, (rispetto all'Europa, sia pure con differenti capacità di adeguamento in ciascun paese), quasi allo "stato puro", dagli effetti dell'apertura dei mercati dei capitali - e dal conseguente paradigma dei vantaggi comparati che portava alla intensa delocalizzazione del manifatturiero esposto alla concorrenza asiatica, a cavallo fra gli anni '70 e '80: Galbraith ci parla apertamente della connessione tra ciò e l'istituzionalizzazione delle politiche monetariste anti-inflattive, che si è riflessa nella rottura della forza dei sindacati a fronte del dissolvimento del legame tra territorio e industria.
Ciò ha provocato, a sua volta, la progressiva e insesorabile sconnessione tra il partito Labor americano, cioè (tendenzialmente) quello democratico, e il supporto elettorale-finanziario apprestato dal fronte sindacale.
Una volta che la competizione elettorale sia affidata alla esclusiva "via mediatica" a pagamento, ogni forza politica finisce per essere rappresentativa dei soli interessi di coloro che sono in grado, sul "libero mercato", di finanziare adeguatamente le campagne elettorali.
Ne è conseguita, - come effetto a catena della dissoluzione della capacità autorappresentativa della forza lavoro e di ogni altra componente sociale e produttiva non legata alla grande impresa finanziarizzata, (connessa all'indebolimento industriale-manifatturiero) -, la tendenziale coincidenza degli interessi "principali", cioè dei c.d. stakeholders, sottostanti a qualunque forza politica in grado di raccogliere (mediaticamente) il consenso a livelli sufficienti per governare.
Insomma, le differenze tra i "maggiori" partiti, (solo apparentemente in competizione), sfumano fino a divenire, per capture irreversibile da parte delle stesse forze oligarchiche, irrilevanti.
3. Ora, in Italia, come in ogni altro paese (quantomeno) dell'area euro, questo stesso processo "involutivo" della democrazia e del benessere, ha assunto proporzioni tangibili in misura tale da non poter essere più ignorato.
Abbiamo visto come il jobs act, con il suo demansionamento generalizzato, di tipo "organizzativo", segni il punto di approdo da lungo tempo auspicato dalle stesse forze finanziario-oligarchiche che governano l'area euro.
Ma l'accelerazione finale è, appunto, un "approdo", in quanto preceduta da tutto l'armamentario reso "necessitato" (cioè forza super-sovrana incontestabile e "cui resisti non potest") dall'adozione della moneta unica.
Quest'ultima, - proposta come obiettivo irrinunciabile e da mantenere ad ogni costo-, ha consentito, (peraltro in prosecuzione della sua forma sperimentale ed imperfetta dello SME), la simultanea imposizione di vincoli fiscali che sono, tutt'ora, il più potente strumento di giustificazione dello smantellamento forzato del welfare costituzionale e della stabilità e remuneratività del lavoro.
4. In un sistema industriale come quello italiano, questi strumenti hanno agito sul legame tra territorio e grande industria pubblica, assoggettata alla notoria massiccia privatizzazione (in mani sempre più estere), giustificata dalla presunta utilità della riduzione del debito pubblico, recidendo il legame tra sistema delle piccole e medie imprese e la stessa grande industria legata al territorio. (Laddove, invece, il problema della crescita del debito pubblico italiano è attribuibile al cumularsi dell'introduzione del vincolo monetario, in forma di SME, e del modello della banca centrale indipendente, conseguita al divorzio tra tesoro e bankitalia, ed all'esplosione degli interessi, fissati dai mercati anzichè della sovrana decisione dello Stato democratico.)
5. Il fenomeno, svoltosi drammaticamente negli ultimi due decenni, lo abbiamo sintetizzato in questi termini:
"...il punto sono:
a) le politiche industriali, impedite d'autorità dall'UE (esigono politiche fiscali anche sul lato della domanda e anticicliche, ormai in soffitta) e
b) la conservazione dell'alta tecnologia ancorata al territorio, che può essere consentita solo dalla grande industria PUBBLICA. Ciò, coincide con la privatizzazione selvaggia di quel settore industriale pubblico che è il volano delle PMI (storicamente e funzionalmente; su questo credo di aver imparato da un gigante degli economisti italiani, e, a mio parere, non solo, come Cesare Pozzi).
Infatti non ho parlato solo di cambio flessibile -anzi non ne ho parlato affatto- ma di un intero modello produttivo, anzi, "sociale", creato dal free-trade, e quindi export-led, secondo il paradigma specializzato dei vantaggi comparati ricardiani: questo inevitabilmente distrugge intere filiere, in nome della competitività-deflazione salariale, e senza che le PMI possano rimproverarsi vere o presunte incapacità di competere (anche leggersi "Bad Samaritans" di Chang è illuminante)...
a) le politiche industriali, impedite d'autorità dall'UE (esigono politiche fiscali anche sul lato della domanda e anticicliche, ormai in soffitta) e
b) la conservazione dell'alta tecnologia ancorata al territorio, che può essere consentita solo dalla grande industria PUBBLICA. Ciò, coincide con la privatizzazione selvaggia di quel settore industriale pubblico che è il volano delle PMI (storicamente e funzionalmente; su questo credo di aver imparato da un gigante degli economisti italiani, e, a mio parere, non solo, come Cesare Pozzi).
Infatti non ho parlato solo di cambio flessibile -anzi non ne ho parlato affatto- ma di un intero modello produttivo, anzi, "sociale", creato dal free-trade, e quindi export-led, secondo il paradigma specializzato dei vantaggi comparati ricardiani: questo inevitabilmente distrugge intere filiere, in nome della competitività-deflazione salariale, e senza che le PMI possano rimproverarsi vere o presunte incapacità di competere (anche leggersi "Bad Samaritans" di Chang è illuminante)...
Questa è l'UE-UEM e,
infatti, ho proprio detto che l'euro è un potente "catalizzatore" cioè un
innesco strumentale di tutta la faccenda.
La responsabilità delle PMI è culturale e politica:
non arrivano a comprendere cosa significhi il free-trade imposto per
trattato, credendo che la globalizzazione istituzionalizzata
(WTO-UEM-FMI) sia un fenomeno inevitabile, mentre invece è una creazione
umana, molto ideologica e accettata passivamente, contro limiti
insormontabili della Costituzione (credendo che questa si limiti a
tutelare il sindacato e cadendo nella trappola della rincorsa alla
distruzione della domanda interna, tramite l'ostilità indistinta e poco meditata verso la spesa pubblica). "
6. Il problema dunque è l'intero paradigma che si accompagna, inevitabilmente e fin dall'inizio, cioè programmaticamente, alla moneta unica.
Nei suoi esiti finali, si tratta della deindustrializzazione ("competitiva" cioè spalmata sui paesi più deboli per imposizione del contenuto stesso del trattato, inevitabilmente congeniale ai paesi più "forti") e del suo riflesso sulla struttura politico-sociale del paese, prima ancora che su quella economica. Riportiamo il passaggio di Rodrik perchè ci pare riassumere perfettamente il fenomeno in tutte queste implicazioni:
"Le conseguenze politiche di una prematura deindustrializzazione sono più sottili, ma possono essere più significative.
I partiti politici di massa sono stati tradizionalmente un sotto-prodotto dell'industrializzazione.
La politica risulta molto diversa quando la produzione urbana è
organizzata in larga parte intorno all'informalità, una serie diffusa
di piccole imprese e servizi trascurabili.
Gli
interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da
definire, l'organizzazione politica fronteggia ostacoli maggiori, e le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe.
Le elites non hanno di fronte attori politici che possano reclamare di rappresentare le non-elites e perciò assumere impegni vincolanti per conto di esse.
Inoltre, le elites possono ben preferire - e ne hanno l'attitudine- di dividere e comandare, perseguendo populismo e politiche clientelari, giocando a porre un segmento di non elite contro l'altro.
Senza la disciplina e il coordinamento che fornisce una forza di lavoro organizzata, il negoziato tra l'elite e la non elite, necessario per la transizione e il consolidamento democratico, hanno meno probabilità di verificarsi.
7. Questo passaggio ci porta ad approfondire due aspetti, che rinviano a ragionamenti che abbiamo già in parte svolto:
a) Il primo è questo: se gli interessi condivisi all'interno della non-elite sono più ardui da definire (proprio per il venire meno di quel motore dei partiti di massa che è la industrializzazione manifatturiera legata al territorio), la non-rappresentatività di qualsiasi forza politica rispetto alla maggioranza schiacciante della non-elite, conduce all'astensionismo.
E l'astensionismo è la condizione "ideale" di svolgimento delle politiche liberiste, persino più di quelle perseguite da una dittatura oligarchica.
Ma anche il tentativo successivo di riconquistare questa rappresentatività (e quindi il ruolo di "partito di massa") ne viene indebolito e privato di vitalità - cioè finisce in ostacoli insormontabili ad un suo vero consolidamento-, perchè tendenzialmente, chi ci prova parte dalla "denunzia" degli effetti e non delle cause (cioè il free-trade con, nel caso europeo, i limiti fiscali legati alla moneta unica), confondendo uno Stato "ladro" o "vampiro" con uno Stato, al contrario, svuotato della sua sovranità.
Cioè, si attacca lo Stato per ragioni opposte a quelle che legittimamente consentirebbero di rivolgergli un rimprovero: quelle che derivano dalla sua violazione del vincolo inderogabile costituzionale, ignorando quest'ultimo o ritenendolo superato. Cioè si rende responsabile lo Stato di ciò che "fa" - in nome dell'Europa-, mentre è evidente che vìola gli obblighi superiori relativi a ciò che "avrebbe dovuto fare (per Costituzione)".
La responsabilità dello Stato, infatti, è di non essere in grado di rispettare quella legalità costituzionale che gli imporrebbe di perseguire il pieno impiego (artt.1 e 4 Cost.), il pieno diritto alla salute universale per mano pubblica (art.32 Cost.), la previdenza corrispondente ad un copertura adeguata e commisurata alla tutela reale delle retribuzioni in costanza di lavoro (art.38 Cost.), la stessa pubblica istruzione, con un livello di spesa adeguato alla formazione diffusa ed avanzata dei cittadini (artt.33 e 34 Cost.).
8. Come abbiamo già detto, "Il messaggio centrale (di coloro che tentano di offrirsi come opposizione al paradigma dell'€uropa), è: "la gente ci chiede più lavoro e meno tasse". And that's it: certo poi ci sono prese di posizione su problemi correlati, come l'indubbia strumentalizzazione dell'immigrazione no-limits utilizzata come "maglio" incessante alla tenuta di un mercato del lavoro in caduta libera verso la deflazione salariale."
Ma si ignorano, con questo riduzionismo semplificatorio ed incompleto, le cause strutturali, e sempre più incidenti, degli effetti che si vogliono combattere, attribuendone la volontà ad uno Stato, che è invece privato della sua "volontà" autonoma e sovrana.
Il riduzionismo anti-Stato oscura così il problema centrale, quello che "il "ridisegno" della società italiana, inarrestabilmente perseguito in nome dell'€uropa, che sappiamo essere ad uno stadio molto avanzato."
Il riduzionismo anti-Stato oscura così il problema centrale, quello che "il "ridisegno" della società italiana, inarrestabilmente perseguito in nome dell'€uropa, che sappiamo essere ad uno stadio molto avanzato."
Proseguire la delegittimazione dello Stato, ora "vampiro", ora addirittura "spendaccione" - contro i dati ben visibili di una spesa pubblica inevitabilmente tenuta sotto controllo, - in termini comparativi europei!-, in virtù di un cumulo di saldi primari di pubblico bilancio che non ha paralleli nella stessa €uropa-, rafforza solo la difficoltà a definire gli interessi condivisi che dovrebbero caratterizzare un partito di massa non-elitario.
9. E così si rafforza ovviamente il gioco delle elites, perchè, inocula l'incrollabile convinzione che le tasse dipendano dall'eccessiva spesa pubblica, o che, quantomeno, l'eliminazione della gran parte della spesa pubblica "improduttiva", cioè "sociale" porterebbe alla salvezza fiscale: ma nel diffondere il malcontento si è poco chiari su quali voci della spesa pubblica andrebbero effettivamente tagliate.
O peggio, si pecca di assoluta mancanza di aderenza alla realtà sulle reali dimensioni degli sprechi, veri o presunti, dimensioni propagandisticamente falsificate come tali per cui la loro eliminazione risulterebbe risolutiva del problema "tassazione" eccessiva.
Non si scorge chiarezza sul punto fondamentale che tale problema ha, invece, le ben diverse cause del vincolo esterno, monetario e fiscale, che pone l'outputgap (cioè una minor crescita determinata dal sottoimpiego dei fattori produttivi e dalla continua compressione della domanda) ed il connesso saldo primario (cioè entrate correnti fiscali costantemente ben maggiori delle corrispondenti uscite), come obblighi inderogabili.
Non si scorge chiarezza sul punto fondamentale che tale problema ha, invece, le ben diverse cause del vincolo esterno, monetario e fiscale, che pone l'outputgap (cioè una minor crescita determinata dal sottoimpiego dei fattori produttivi e dalla continua compressione della domanda) ed il connesso saldo primario (cioè entrate correnti fiscali costantemente ben maggiori delle corrispondenti uscite), come obblighi inderogabili.
Tale compressione dell'economia, infatti, induce minore crescita e maggior disoccupazione (o sottoccupazione, le due sono inscindibili), determinando la caduta di ogni previsione di entrata - essendo la base imponibile sempre inferiore alle attese- e, tuttavia, il continuo obbligato rilancio della pressione fiscale e della riduzione delle prestazioni pubbliche, verso gli irraggiungibili obiettivi di bilancio rigidamente fissati dall'€uropa.
Nota: il grafico presenta i valori del saldo nominale,
strutturale e output gap a segni invertiti.
Fonte: http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/d017.htm
9. E questo ci riporta all'altro aspetto critico della evoluzione del consenso e della rappresentatività possibile in una situazione del genere:
b) "le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe".
Altrimenti detto, questa spiegazione ci dà ben conto dei sub-conflitti "sezionali" (p.11.1.), in funzione destabilizzatrice della democrazia, che fanno capo ai "diritti cosmetici" e alle identità etnico-religiose-localistiche, conflitti che sono una vera manna per le elites.
Le identità personalistiche, diciamo "di genere", femminismo e identità sessuali, sono usate come gigantesche armi di distrazione di massa, profuse dai media controllati dalle elites, per rompere ogni possibile comunanza di interesse all'interno della non-elite.
Ancor più efficaci sono i sub-conflitti sezionali di tipo etnico o religioso, a partire da quelli più antichi di tipo "localistico", cioè interni alle stesse nazioni sottoposte all'offensiva frammentatrice dei vincolo esterno e della sua deindustrializzazione free-trade.
Abbiamo pure detto che temi come la "tutela del consumatore" o quella dell'ambiente, vengono proposti come argine consolatorio al posto della solidarietà di classe, ed alla identità di interessi della complessiva non-elite, portando a soluzioni che, nell'ambito delle espresse previsioni del trattato e del loro concepimento strategico ordoliberista, tendono a porre in modo "tecnicamente" specialistico, e quindi sezionale e frammentario, quel conflitto tra produzione e lavoro che la Costituzione risolve alla radice con norme molto più efficaci, vincolanti ed esplicite: quelle di tutela della dignità del lavoro, della salute e della previdenza assunte dalla mano pubblica.
10. Rammentiamo, su questi ultimi punti, quale sia il programma fondamentale dell'ordoliberismo, riflesso nelle puntuali previsioni dei trattati €uropei:
—; la protezione dell’ambiente: con fissazione di standard tali da agevolare la realtà della grande impresa, capace di sostenere la ricerca, la produzione e i costi privati di tali standards; tale “protezione è inoltre vista come politica sostitutiva della tutela sanitaria pubblica generalizzata, quest'ultima da sostituire, progressivamente, con un sistema sanitario assicurativo privato;
—; l’ordinamento territoriale: tale da privilegiare le realtà localistiche per assottigliare la presenza degli Stati nazionali, legati “pericolosamente” alle Costituzioni democratiche “interventiste”, cioè che prevedono il sostegno alla domanda e all’occupazione mediante il welfare;
—; la protezione dei consumatori da truffe negli atti d’acquisto: la tutela del consumatore consente di creare un’apparente protezione della “parte debole”, sostitutiva della tutela legale del lavoro, col fine di svincolarlo dalla tutela del welfare e dalla spesa pubblica relativa.”
—; l’ordinamento territoriale: tale da privilegiare le realtà localistiche per assottigliare la presenza degli Stati nazionali, legati “pericolosamente” alle Costituzioni democratiche “interventiste”, cioè che prevedono il sostegno alla domanda e all’occupazione mediante il welfare;
—; la protezione dei consumatori da truffe negli atti d’acquisto: la tutela del consumatore consente di creare un’apparente protezione della “parte debole”, sostitutiva della tutela legale del lavoro, col fine di svincolarlo dalla tutela del welfare e dalla spesa pubblica relativa.”
11. Credendo di esserci spiegati un po' meglio, e avendo posto i vari passaggi dei problemi in una sequenza di collegamenti (auspicabilmente) più percepibile, non possiano che concludere ribadendo l'appello in cui, una forza politica capace di rappresentare la grande maggioranza dell'elettorato, non-elite, dovrebbe riconoscersi:
"In
questo stato di cose non hai un futuro, nè come padre/madre nè come
figlio/figlia.
L'€uropa non te lo consente.
La Costituzione democratica,
invece, questo tuo futuro lo prevede come un obbligo inderogabile a
carico delle Istituzioni rappresentative dell'indirizzo politico".
«[...]soli interessi di coloro che sono in grado, sul "libero mercato", di finanziare adeguatamente le campagne elettorali.»
RispondiEliminaGiusto per ricordare che i socioliberali (ovvero i "non reazionari" del core dell'impero) non possono essere considerati liberali, almeno che non abbraccino ciò che è tradizionalmente stato negli ultimi due secoli l'ordinamento liberale: ce lo ricorda lo psicosanto che tutti i sudici stracci incartapercoriti di Bruxelles, Londra e Washington, tengono a penzoloni nella cabina dei loro jet privati (o pubblici...). Signore e signori, ecco a voi il professor Federico Augusto l'Hayekiano in questa agiografia enciclopedica sul tema della libertà di stampa!
«La democrazia per Hayek è essenziale dunque come metodo, non come fine. Rifacendosi a Tocqueville, egli sottolinea infatti che la democrazia è l'unico strumento efficace per educare la maggioranza, in quanto la democrazia è soprattutto un processo di formazione dell'opinione pubblica. Il suo maggior vantaggio sta quindi non nella sua immediata capacità di scelta dei governanti, ma nel far partecipare attivamente alla formazione dell'opinione pubblica la maggior parte della popolazione, e quindi nel permettere la scelta fra una vasta gamma di individui. Ma, una volta accolta la democrazia all'interno del liberalismo, Hayek non si stanca di ripetere che il modo in cui il liberale concepisce il funzionamento della democrazia è del tutto peculiare. [ndr, ora vai di supercazzola!] L'idea, infatti, che il governo debba essere guidato dall'opinione della maggioranza ha senso solo se quell'opinione è realmente indipendente dal governo stesso, poiché l'ideale liberale di democrazia è basato sul convincimento che l'indirizzo politico che sarà seguito dal governo debba emergere da un processo spontaneo e non manipolato. L'ideale liberale di democrazia presuppone, quindi, l'esistenza di vaste sfere indipendenti dal controllo della maggioranza, entro le quali si formano le opinioni individuali. Questa è la ragione, dice Hayek, per cui la causa della democrazia e la causa della libertà di parola e di stampa sono inseparabili. Da ciò discende che l'idea ultrademocratica che gli sforzi di tutti debbano essere guidati incondizionatamente dall'opinione della maggioranza o che la società sia tanto migliore quanto più si conforma ai principi comunemente accettati dalla maggioranza, è un vero e proprio capovolgimento del principio attraverso il quale si è sviluppata la civiltà (Enciclopedia del Novecento, 3° vol., 1978, p. 990)
....and liberalism for all!
Questa è la versione mediatizzata del ragionamento funzionalista relativo alla democrazia idraulica :-)
EliminaIn termini meno contemporanei, è la versione per cui processo elettorale e opinione pubblica siano tendenzialmente due cose distinte, laddove coloro che soprassiedono alla seconda siano inderogabilmente espressivi di quella tradizione (per la verità molto recente...) che interpreta la Legge, in modo che la "legislazione" (cioè il prodotto istituzionale dei governi-parlamenti designati elettoralmente) gli sia sempre perfettamente conforme.
Questo processo di affermazione ininterrotto della Legge, implica un circuito che definiremmo costituzionale-materiale: i produttori-proprietari, cioè gli operatori economici, titolari degli interessi (unici) che incarnano la Legge, e gli operatori culturali (accademia, giornalisti, esponenti della letteratura e dell'arte) che la esplicitano, e la rendono adeguata agli svolgimenti storico-politici, nel formare l'opinione pubblica.
Quindi operatori culturali-media (a livello strumentale privilegiato), e operatori economici (in apice), sono il circuito decisionale preliminare che custodisce l'ortodossia della Legge; e nessuna Costituzione formale può essere anteposta al loro Verbo.
A queste condizioni, il liberismo trova tollerabile la democrazia; cioè in quanto sia processo elettorale-designatorio che confermi e rispetti la supremazia a priori dell'ordine pre-costituito.
Che è poi quello dei mercati, essendo questo termine il mero riflesso meta (o "arci")istituzionale della classe dirigente nella versione offerta dalla cultura.
Possibilmente incontestabile e, comunque, opportunamente falsificabile in modo da rendere immutabile il suo controllo.
Subito, subito,
Eliminaesempio di cultura ordo-conforme
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/clic-ferri-fuoco-new-york-vedo-italia-corrotta-non-si-salva-95555.htm
Ma a questo punto mi chiedo se l'imbecille è il fotografo (che deve saper far delle fotografie, pensare gli può essere dispensato), o chi decide di pubblicare sta bieca propaganda autorazzista.
EliminaHayek semplicemente constata che la democrazia (intesa come "ordo") è un particolare ordinamento per cui chi non passa la legge darwiniana (non è abbastanza blatta o ratto) non viene pinochettanamente lanciato giù da un aereo, ma viene "educato" dagli strumenti di propaganda di chi - al riparo del processo democratico - confeziona l'opinione pubblica.
Quando l'élite blatera di libertà (o meglio di liberalismo), anche se solo per bocca dei suoi "intellettuali" di riferimento come il mostro di Friburgo, parla di libertà dal "processo democratico", libertà dagli interessi collettivi.
Freedom from... freedom.
Tradotto:
Power of the market free from... power of the people.
ma questa è una supercazzola che manco se foss'antani!
Eliminaper garantire una migliore democrazia dobbiamo sottrarre alcune scelte alla maggioranza! e non fa una piega! minore democrazia = migliore democrazia.
ma per caso democrazia in tedesco ha significati diversi da quello che ha in Italiano?
Potremmo a questo punto dire che la forma democratica di governo migliore in assoluto è la dittatura.
c'è qualcosa di più illogico in questa mia conclusione di quanto esposto lì sopra? sto facendone una caricatura? non direi. questi sono i pensatori su cui fondiamo i valori occidentali d'oggi. avercene....
@Bazaar: certamente è essenziale chi (incapace di coscienza critica) "decide di pubblicare sta bieca propaganda autorazzista". Il meccanismo deve avere molti ingranaggi ben oliati. Il propellente è l'assenza di risorse culturali (per promuovere la cultura-mercato che è tutt'altra cosa: marketing e quotazioni...).
Elimina@Luca: certo che appare una super-cazzola. Ma solo ed esclusivamente qui.
Nelle TV-giornaloni, è un ragionamento considerato inoppugnabile (tant'è che Scalfari ci ha fatto su una bella serie di editoriali).
In altre sedi, più critiche, l'influenza economico-concettuale del "nostro" viene considerata un aspetto irrilevante o comunque trascurabile...(In ogni modo, il "nostro" scrisse prevalentemente in inglese e, fra gli anglosassoni, è tutt'ora acclamato devotamente)
Una delle (tante) obiezioni che è stata rivolta ad Hayek è l'implausibilità sul piano storico-sociologico della qualifica di "spontaneo" all'ordine del mercato. Perché mai sarebbero spontanei l'imposizione delle norme del code civil in materia di rapporti di lavoro o il regime di proprietà realizzato dalle enclosures ma non forme di controllo pubblico del credito (vd. l'esempio che faccio sotto)? Ovvero come si fa a separare storicamente "costruttivismo" e "spontaneità", pubblico e privato, se non sapendo già fin dall'inizio che cosa si intende trovare?
EliminaE' interessante notare che questa obiezione è stata formulata sia da difensori della democrazia interventista sia da suoi acerrimi nemici, come Rothbard, che riteneva appunto storicamente implausibile, e quindi politicamente debole, il criterio proposto da Hayek.
@bazaar
EliminaLe immagini a volte valgono più della parola - il logos amato - e ti "allungo" l'invito, ogni tanto e con moderazione per non aver frullamenti cicloidi, di scorrere in sequenza veloce le fotografie reportage di Pizzi su www.formiche.net ..
Oltre la parola .. :-)
"L'ideale liberale di democrazia presuppone, quindi, l'esistenza di vaste sfere indipendenti dal controllo della maggioranza, entro le quali si formano le opinioni individuali. Questa è la ragione, dice Hayek, per cui la causa della democrazia e la causa della libertà di parola e di stampa sono inseparabili. Da ciò discende che l'idea ultrademocratica che gli sforzi di tutti debbano essere guidati incondizionatamente dall'opinione della maggioranza o che la società sia tanto migliore quanto più si conforma ai principi comunemente accettati dalla maggioranza, è un vero e proprio capovolgimento del principio attraverso il quale si è sviluppata la civiltà"
EliminaScusate ma non capisco dove sia la supercazzola. Hayek parlava di organismi in cui si formano le opinioni individuali che vadano contro al conformismo della maggioranza. Se questi gruppi fossero stati forti ai tempi di Prodi, magari nell'euro non ci saremmo mai entrati ;-)
Nazional liber-coso.
EliminaTu sei il conformismo.
Certo. L' euro ha distrutto il mercato (il "libero mercato" e' una bubbola dei super-conformisti come te).
E lo sai perche'?
Perche' sta distruggendo gli Stati.
Quando arriverai a capire questo, forse ti sarai tolto il paraocchi tipico dei conformisti come te.
Mi sembra tu commetta un errore, Nazional Libertario. L'autonomia che intende difendere Hayek non va intesa come un spazio "processuale" democratico nell'ambito del quale possono essere elaborate le più diverse soluzioni e proposte politiche, ma risulta meritevole di difesa solo in quanto il nostro ritiene che certi gruppi, che naturalmente si premura di individuare lui, siano depositari di una propensione al mantenimento dell'ordine spontaneo fondato su regole di pura condotta: una sorta di Volksgeist liberista, che dev'essere preservato dall'influenza culturale "costruttivista".
EliminaRipeto però che questo comporta una nettissima clausola limitativa, in quanto l'ordine del mercato non può essere né progettato né discusso razionalmente, perché è esso stesso a produrre la ragione, salvo che questa decida "abusivamente" di allontanarsene. Ovvero l'autonomia di cui parla Hayek rappresenta semplicemente l'insieme delle strategie sociali e politiche (la famosa "demarchia") con cui intende portare avanti la sua agenda politica.
Di cui la denazionalizzazione della moneta è un elemento fondamentale, a cui una federazione europea interstatale può, nella sua stessa interpretazione (The Economic Conditions of Interstate Federalism), assolvere egregiamente. D'altra parte gli stessi libertari italiani erano, fino a non tanto tempo fa, disponibilissimi nei confronti dell'euro proprio per i suoi effetti di smantellamento dello stato sociale (vedi più estesamente De Soto, con ricche citazioni di Hayek e Mises); ora, con altrettanto pragmatismo (tira una certa arietta...), lo (ri)mandano "a fanculo". Che dire? Non vi consideravo amici della Costituzione ieri, non cambio idea oggi. Penso sia un punto su cui possiamo essere tutti d'accordo.
Cazzo, ma Leonardo Facco è un mito! È un infuso geneticamente modificato di cultura allo stato brado!
EliminaRothbard sarebbe orgoglioso di lui...
Bargazzino, si vede che non capisci l'anarco-capitalismo!
Comunque sì, Hayek non avanza mai tesi con bis-linguaggio supercazzoloso... intende proprio citare Tocqueville e la difesa delle povere minoranze dalla sadica dittatura della maggioranza, non c'entrano nulla le minoranze oligopolistiche e l'oligarchia degli interessi lobbistici che controllano i mezzi di informazione e le carriere accademiche.
Tanto che queste, ai tempi der Mortadella, non esistevano.
Il problema è lo Stato che limita il proprio dannato diritto di farsi gli affaracci propri a casa propria.
Infatti Hayek era assolutamente ostile all'economia sociale di mercato della scuola di Friburgo, poi imposta agli stati nazionali nei trattati europei delle quote latte, e dal capitalismo sfrenato che vuole nella legge darwininìana la scomparsa delle PMI in favore dei grandi oligopoli.
Tant'è che il progetto europeista, la totale separazione della Banca Centrale dalla dittatura della maggioranza democratica e la denazionalizzazione della moneta come in eurozona, sono stati da sempre battaglia del nostro austriaco libertario, che ostacolò in tutti i modi. Non parlare al Federico Augusto di monete denazionalizzate come l'euro o di federalismo interstatale! Eresia!
Perché la libertà è quella del monopolio, magari quella del monopolio delle sementi imponendo brevetti e licenze sottraendo la sovranità alimentare insieme a quella monetaria.
Così i politici non rubano più! Un paradiso!
(E soprattutto gli zotici non magnano a sbaffo: non hai rinnovato la licenza? la tua semenza non è genuina! è stato rilevato che ci son semi contraffatti! Sei vittima della pirateria... Ce l'hai il crack per far crescere la pianta lo stesso? Fai girare l'antivirus! Non te lo puoi permettere?... pace... quest'anno non magni)
Così possiamo essere tutti liberi dallo stato corrotto delle dittature democratiche che rubano i soldi agli onesti lavoratori tramite imposte progressive per regalare ingiusti privilegi come lo stato sociale a quei pigri zoticoni che non vogliono assaporare la durezza del vivere.
W la libera concorrenza e W il monopolio! Perché lo Stato è ladro!
Liberté, ogiemmé, TTIPPÉ!
Concordo con voi e, agganciandomi al primo commento di Arturo, segnalo Alexander Del Mar ed il suo History of Monetary Systems, nella cui prefazione troviamo : "As the monetary conflicts of today turn mostly upon questions concerning the relative value of gold and silver. The origin, nature, tendency, and influences of this Ratio and its amenability to legal control, I have taken especial pains to trace its historical development in all ages of which any coinage or other numismatic remains exist. In carrying out this design a mass of information has been brought together which can scarcely fail to be of service in future monetary discussions.
EliminaThe origin and progress of Private Coinage has also been an object of attention. Private coinage, or, as it is now euphemised, " free " coinage, namely, the license granted to private individuals to coin the precious metals without limit, or to compel the State to make coins for them and to confer upon such coins the legal functions of money, coupled with license to export and melt down the coins, was unknown to the ancient world. In the great states of antiquity money was a pillar of the constitution. In the republics of Greece and Rome it was a social instrument, designed, limited, stamped, issued, and made current by the State, — in short, invented, owned, and regulated by the State. It is now generally admitted that the so-called gentes coins of Rome were not of private fabrication, but issued by the State,, and stamped with the gens mark of the State moneyers. There appears to have been no private coinage m Europe before the issuance of Mahomet's Koran and its scornful repudiation
of the Roman religion and political system. The baronial and ecclesiastical mints of the middle ages, when not authorised by the German Empire, or by the princes of the Western States, were baronial or ecclesiastical only in name; they were really '^robbers' dens,'' and were so termed in the official proclamations of the time. Their trade of private coinage was both surreptitious and unlawful, and was often expiated with the lives of the proprietors. The Plantagenet kings broke up some thousands of them.
After the fall of the Roman Empire in 1204 the prerogative of the coinage was exercised for a brief period by the emperors of Germany, but soon afterwards fell to tlie various independent states that rose upon the ruins of the old Empire. In a process commenced by the procureur-general under Philip IV., against the Comte de Nevers, for melting down the coins of the realm, it was held that this was a royal prerogative which belonged to the king alone, and which in case of necessity he might employ, not indeed for his private advantage, but in
defence of the State. The prerogative was, however, much more fully and completely laid down by Sir Matthew Hale in the celebrated case of the Mixed Moneys. Its unwilling surrender by the Crown took place under the Stuarts. Events have demonstrated that the Act is wholly inconsistent with the safety of the State, and that it demands revision.". Continua...
Seconda parte: "If in view of the existing monetary conflict, the reader should be led to inquire whether this is a " monometallic" or " bimetallic '' work, the answer is, It is neither. These terms, and many others employed in the monetary literature of today, the author regards as misleading. They involve doctrines which are fallacious, and defeat a correct comprehension of this difficult subject, by promoting the discussion of false issues, or the adoption of make-shift or mischievous measures. Monometallism and bimetallism both imply that money consists of a metal orj metals, and that this is what measures value. The implication is erroneous; the theory is physically impossible. (Value is not a thing, nor an attribute of things; it is a relation, a numerical relation, which appears in exchange.) Such a relation cannot be accurately measured without the use of numbers, limited by law, and embodied in a set of concrete symbols, suitable for transference from hand to hand. It is this set of symbols which, by metonym, is called money. In the Greek and Roman republics it was called (with a far more correct apprehension of its character) nomisma and nummus, because the law (nomos) was alone competent to create it. The number of the symbols may be limited, but rudely ; the limit may even be left to the chances of conquest or mining discoveries, still, repeated experiments prove that it is the number of the symbols that definitively measures value, not the quantity or quality or merit of the materials of which they may be composed, A ready proof that it is the numbers and not material of money which measures value is this : If the sum or integer of the symbols is altered, so will be the expression of value (the price) of all things ; whereas the material may be altered, e. g. from gold to silver, or from one to both, or from both to inconvertible paper, without at all affecting the expression of value — provided that the combined denominations or sum and legal function of the symbols remain unchanged. These principles of money — namely, that Money is a Measure, and must be of necessity an Institute of Law, that the Unit of money is All Money within a given legal jurisdiction, that the practical Essence of money is.". Mi sembra significativo, soprattutto l'ultima parte: "Money is a Measure, and must be of necessity an Institute of Law, that the Unit of money is All Money within a given legal jurisdiction, that the practical Essence of money is.". Credo che ciò chiuda la questione.
EliminaTemo che il mio intervento abbia sollevato un vespaio.
EliminaOk. Cercherò di farmi capire meglio.
@Arturo
Il fatto che De Soto si sia espresso a favore dell'euro non significa che tutti i libertari sono d'accordo con lui, tant'è che Gary North non perse tempo a prenderlo a mazzuliate in seguito alle sue assertazioni. Riguardo la costituzione, guardi io non sono nè un amico nè un nemico, semplicemente preferisco altre idee, che non significa essere in conflitto con chi crede nelle costituzioni o nel "contratto sociale".
@Bazaar
"Comunque sì, Hayek non avanza mai tesi con bis-linguaggio supercazzoloso... intende proprio citare Tocqueville e la difesa delle povere minoranze dalla sadica dittatura della maggioranza, non c'entrano nulla le minoranze oligopolistiche e l'oligarchia degli interessi lobbistici che controllano i mezzi di informazione e le carriere accademiche.
Tanto che queste, ai tempi der Mortadella, non esistevano."
Quest'ultima è una battuta o un'affermazione? Perchè nel secondo caso, mi permetta, ho i miei dubbi.
"Il problema è lo Stato che limita il proprio dannato diritto di farsi gli affaracci propri a casa propria."
Appunto, farsi gli affari propri, non farsi gli affari degli altri che è cosa ben diversa.
"Infatti Hayek era assolutamente ostile all'economia sociale di mercato della scuola di Friburgo, poi imposta agli stati nazionali nei trattati europei delle quote latte, e dal capitalismo sfrenato che vuole nella legge darwininìana la scomparsa delle PMI in favore dei grandi oligopoli.Tant'è che il progetto europeista, la totale separazione della Banca Centrale dalla dittatura della maggioranza democratica e la denazionalizzazione della moneta come in eurozona, sono stati da sempre battaglia del nostro austriaco libertario, che ostacolò in tutti i modi. Non parlare al Federico Augusto di monete denazionalizzate come l'euro o di federalismo interstatale! Eresia!"
Ma Hayek non era un libertario, era un liberale classico, e qui si risponde anche al fatto che Rothbard lo criticasse. Mettere insieme Hayek con Rothbard sarebbe come mettere insieme Bernstein e Lenin. Hayek era a favore del laissez faire ma non si poneva come punto il superamento dello stato, cosa che invece Rothbard poneva. Volete un esempio? Mentre Hayek voleva la BC indipendente Rothbard non la voleva proprio, nè dipendente nè indipendente. Ma questa è un'altra storia.
"W la libera concorrenza e W il monopolio! Perché lo Stato è ladro!"
A parte che non capisco chi abbia detto che i monopoli sono una bella cosa.
La durezza del vivere? Quella si realizza meglio negli inferni burocratici, mi creda. Ha perfettamente ragione Quarantotto quando parla di stato ladro-vampiro confuso con stato senza sovranità, ma questo non contraddice le tesi libertarie, tutt'altro. Come diceva Lavoisier "nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma". Questo principio che viene spesso attribuito al mero ambito della fisica in realtà è applicabile a tutti gli aspetti della vita, anche economica e politica. Pechè gli stati vengono svuotati di sovranità? Per sostituirla con un'altra. Una sovranità delegata al superstato europeo che prenderà il posto ai vecchi stati ( e poi chissà, magari poi avremo uno stato mondiale che sostituirà quello europeo), è ovvio che in queste condizioni non basta una burocrazia, ma una SUPER-burocrazia, che di certo non crede in Rothbard.
Comunque poiché ho notato che il clima è un tantino ostile, quindi al fine di non far irritare di più Bragazzino mi concedo senza remore ;-). C’è da dire che comunque a parte le accuse di conformismo su una cosa ha ragione “il libero mercato è una bubbola”. Esatto!! Completamente d’accordo!! Quindi se è vero che è una bubbola perché parlare di neo-liberismo?
Ci mancava Gary North...
EliminaCostui non fa che prendere atto che tutta la retorica liberal-libertaria è espressione del potere economico dominante: infatti stressa gli zebedei a ripetizione facendo notare come i Rockfeller abbiano finanziato ogni ideologia distopica che si ricordi.
Hayek ha almeno il pregio, a differenza di North, di "capire" da che parte giocava...
Le supercazzole di Hayek - ti stiamo facendo capire in tutte le lingue - sono tali perché cerca di essere "onesto intellettualmente": ti dice che ti sta proponendo un "governo mondiale del mercato" in cui l'unica libertà è quella dei "capitalisti filantropi". A scapito nostro inutili zotici.
Tutta le retorica liberale è una supercazzola perché non ti possono dire chiaramente che ti stanno rifilando lo sfilatino: tutto il liberismo dai tempi di Smith si basa su questo principio.
Ma è necessario un minimo di preparazione per averlo ben presente....
Quando Gary North parla di schizofrenia epistemologica scopre l'acqua calda: i liberisti propongono di fatto un modello "stalinista privatizzato".
Ma egli stesso che non capendo assolutamente una mazza di macroeconomia e sistema del credito, non fa altro che alimentare sto assurdo modello ideologico.
Dovresti scrivere a North, che per risolvere il problema del gold standard e della denazionalizzazione della moneta, il governo degli USA ha inventato i bitcoin....
Ti do il sincero consiglio, con calma, di darti una letta a questo blog, e provare fare con calma un giro del blog....
@Nazional Libertario
EliminaDiversamente da quanto mi era parso all'inizio (avevo capito fossi intervenuto per difendere Hayek...), noto che siamo d'accordo su diverse cose: Hayek era uno "statalista", nel senso che appoggiava la sua agenda politica a un'azione pubblica; la difesa dell'euro è coerente col pensiero di Hayek. North, che utilmente citi, per opporsi a De Soto deve infatti contestare in questi termini anche Hayek. Fino a qui siamo d'accordo.
Pur ovviamente inimicissimo delle monete nazionali, North afferma poi perentoriamente "De Soto opposes monetary nationalism. I say this: if monetary nationalism is the only available political option to fiat money and central planning by the New World Order's central bankers, then let us have monetary nationalism. If it is a question of the European Central Bank vs. the central banks of the European nations, let us have decentralization." Una posizione di principio astrattamente apprezzabile. Che ieri condannava all'irrilevanza, mentre oggi sembra solo l'ennesima prova di realismo volta a difendere quanto più liberismo possibile nella transizione verso il post-euro da parte di chi, con buona pace di North, ha capito benissimo che il mercato è sempre "managed". Il fatto che gli stessi personaggi che (forse) oggi sostengono tali posizioni in Italia siano gli stessi che ieri riportavano con apprezzamento De Soto non contribuisce a smorzare questo sospetto.
Visto che comunque e in ogni caso le idee economiche (e quindi politico-istituzionali) austro-anarco-capitaliste, oltre ad essere - per usare un gentile eufemismo - discutibili, sono assai lontane dalla prospettiva dei Costituenti, i quali, come ha detto Massimo Luciani in una fine ricostruzione storica di quel periodo (pag. 40), si muovevano in "un'atmosfera culturale" "largamente estranea" al"l'idea della naturalità del mercato e della inevitabile distorsività dell'intervento pubblico", rispetto ai fini del blog la discussione su un'euroexit libertaria mi pare di assai dubbia utilità, se non, forse, in negativo.
@Arturo
EliminaIntanto ti ringrazio per il confronto, temo però che sia nato un increscioso equivoco. Io non sono venuto qua per fare proselitismo. Il fatto è che sono un curiosone :-), e la mia curia mi aveva spinto fin a questo blog in cui ho notato quel commento su Hayek, e ho posto un dubbio sull'interpretazione di quel passo postato, tutto qui.
Non ho dubbi che i costituenti agissero in un ambiente culturale in cui l'idea di intervento pubblico fosse la miglior scelta. Questo lo si può capire indirettamente da North stesso, il quale in un vecchio articolo accusò gli economisti come Hayek di aver "taciuto" sulle teorie keynesiane per quarant'anni, e di averlo criticato solo a partire dagli anni '80, ma questa è accademia.
@Nazional Libertario
EliminaQuali siano le tue intenzioni, non lo posso sapere e quindi non le discuto (certo, far proseliti al libertarismo qui...:-)). Alla tua ipotesi interpretativa su cosa potesse o non potesse contenere l'indipendenza di cui parlava Hayek ne ho contrapposta un'altra, su cui mi pare non ci siano particolari dissensi.
Hayek, poverino, ci aveva anche provato a contrapporsi alle teorie keynesiane negli anni Trenta: il risultato fu che si coprì di ridicolo (c'è un celebre passo della biografia di Ebenstein che è molto divertente) e perse alcuni dei suoi più brillanti allievi, come Lerner e Kaldor (ma Flavio conosce senz'altro meglio di me la storia del pensiero economico). Dopodiché, da quell'intellettuale tout politicien che è, fu molto cauto a calibrare i suoi attacchi, paludandoli con un armamentario filosofico che gli consentiva la libertà di manovra di cui aveva bisogno (la lettura in sequenza delle sue successive prefazioni alla Via verso la schiavitù è veramente illuminante a questo proposito). Fu purtroppo molto efficace sul piano politico-ideologico ed è per questo che qui ce ne occupiamo, mentre i veri e propri anarco capitalisti - con tutto il rispetto - almeno in Italia si possono tranquillamente ignorare (se non per le munizioni che possono fornire contro gli stessi Hayek e co.).
In ogni caso, su quelli che erano i suoi obiettivi ultimi, credo sia molto istruttiva la lettura di questo articolo di Corey Robin: "The distinction that Hayek draws between mass and elite has not received much attention from his critics or his defenders, bewildered or beguiled as they are by his repeated invocations of liberty.
Yet a careful reading of Hayek’s argument reveals that liberty for him is neither the highest good nor an intrinsic good. It is a contingent and instrumental good (a consequence of our ignorance and the condition of our progress), the purpose of which is to make possible the emergence of a heroic legislator of value." Il che consente di chiarire ulteriormente, casomai ce ne fosse bisogno, il significato e il valore che Hayek poteva attribuire all'indipendenza dei più.
Il.mo "48" questo ultimo passaggio del post URLATO a GRAN VOCE sembra proprio un MONITO (in senso paterno) a tutti NOI...
RispondiEliminaS V E G L I A!!
...scaturito dal cuore e dalla sua lungimiranza...
Pochi di NOI hanno una "famiglia" (xhè distrutta: famiglia allargata, separazioni, divorzi, famiglie etero, e non...) che possa far capire "il senso "paterno" di un "monito" così prezioso.
Il problema é che i media ( dal potere diseducativo AB-Norme) servi delle elite, NON MOLLANO e continuano ad ingannare chi ormai un "padre" cosciente e consapevole "non" ce l'ha.
Questi "figli" ingannati(nostri concittadini) sono alle prese con umiliazioni se lavorano
http://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2015/02/19/news/obi-il-braccialetto-vibra-il-commesso-arriva-1.10897452
e con altrettante umiliazioni se un lavoro non ce l'hanno. http://www.imolaoggi.it/2015/03/02/istat-record-di-disoccupazione-giovanile-nel-2014-al-427/
É una lotta alla sopravvivenza, una lotta di classe, una lotta capitale -lavoro... che viene automaticamente "annullata" dalle nuove regole del MERCATO (shock economy?). Come fanno a capire che una soluzione c'é?
SOLUZIONE??
...conflitto tra produzione e lavoro che LA COSTITUZIONE risolve alla radice con norme molto più efficaci, vincolanti ed esplicite: quelle di tutela della dignità del lavoro, della salute e della previdenza assunte dalla mano pubblica.
Come dice in Twitter @SegatDavide: ...rimaniamo arenati come
una balena sulla spiaggia mentre questi banche-ttano con le nostre
carni.
che succeda qualcosa... Sperem!!
thk
Sul punto 6:
RispondiEliminaE' molto importante questo passaggio.
E' proprio cosi'. Fu certamente voluta dalle elite del tempo, da quelle che una volta avremmo chiamato alta borghesia, il processo di costruzione di un corpo sociale che potesse rivendicare solidarmente un miglioramento della propria condizione materiale. Parlo di un lungo periodo che va dalla seconda fase dell' industrializzazione fino a qualche decennio fa. Voglio dire, in quella lunga fase una parte consistente e in qualche caso maggioritaria di quell' alta borghesia , aveva ben presente che quello era una evoluzione funzionale ai loro interessi INNAZITUTTO (poi c' era anche l' aspetto "coscienza infelice borghese", ma era secondario). I motivi sono ovvi.
Gia', ma quella era borghesia piu' o meno illuminata che fondava la propria egemonia sulla produzione di massa!
E questi cosa sono?
Be' sono dei neo-para-aristocratici (e in molti casi manco neo) che fondano la loro egemonia non piu' sull' organizzazione della produzione e sul profitto ma sulla rendita puramente parassitaria.
Quelli profittavano (ma con profitto di tutti o quasi) del lavoro necessario a produrre qualcosa di piu', di meglio, questi profittano su quel che gia' c'e'. Di altro non si interessano piu' di tanto.
Ne piu' ne meno di quello che faceva la nobilta' ai "bei" tempi andati. Anzi, fanno di peggio, perche' per lo meno quelli un qualche interesse a che la plebe si mantenesse un minimo in salute ce l' avevano essendo legati (diversamente da questi) al territorio presso il quale esercitavano il loro potere...
Tempi certamente più oscuri: l'ingegneria psicotropa della nuova finanza dominante manda al potere (occultato dietro le quinte, con le scene calcate daii ragazzi-immagine espressi dalla politica servente) delle mezze seghe, 'gnoranti come zappe e rimpinzate di sglogan deliranti. Pop.
EliminaIn fondo le Costituzioni sono semplicemente delle costruzioni troppo complesse per essere ancora attuali; se i "governati" non sono capaci più di rivendicarne la sostanza, e più ancora di realizzarne l'esistenza, il processo distruttivo del riduzionismo pop ha già completato il suo corso.
Mi rammenti, ancora una volta, che scrivo " a futura memoria"...
I BRUSCOLINI DELLA DEMOCRAZIA
RispondiEliminaSarà perché la "pecunia non olet" ed è argomento poco nobile ma - zotico&volgare - rimangono le sottolineature alle dichiarazioni rilasciate della dott.sa Maria Cannata - direttore del debito pubblico del Tesoro italiano - durante le audizioni del 10 e 26 febbraio 2015 alla VI Commissione Finanza del Parlamento Italiano (argomento trattato nel precedente post):
i parlamentari non hanno e non avranno accesso ai contratti "derivatives" dello Stato Italiano che valgono 152 mld di € di nozionale con un saldo negativo - mark to market - di 42 mld di € e che sono state vendute opzioni sui tassi di interesse (le assicurazioni su "incendio e furto" millantate dalle padovane).
Se a questi "giuntiamo" poi i 60&ciccia mld di € "erogati" - a vario titolo, vincoli e condizionalità UEM - a sostegno della moneta unica europea, verrebbe da interrogarsi sui significati della democrazia "compiti a casa" e .. a pedalare con Bartali.
Ciao Quarantotto post da incorniciare e divulgare.
RispondiEliminaSul punto 4, concernente l'esplosione del debito pubblico post divorzio Tesoro/Bdi, grazie a Poggiopoggiolini inizio a nutrire qualche dubbio. Non è che per caso oltre l'aumento dei tassi in tutto il mondo, la mancata monetizzazione di una parte del debito pubblico, l'esplosione non sia dovuta anche ad una demenziale gestione del debito a danno dello Stato e a favore del privato? Io sono un profano, ma mi sembra logico che con tassi bassi si dovrebbe cercare di emettere titoli a tasso fisso con scadenza lunga, mentre con tassi alti dovrei emettere titoli a tasso variabile e quelli a tasso fisso dovrebbero essere cortissimi. Non è che per caso questi hanno fatto il contrario? mi viene in mente i buoni postali che in 7 anni duplicavano il capitale e i 11 lo triplicavano
Qurantotto per quanto concerne a futura memoria, una volta operavo in borsa con un contadino che poteva essere mio padre e mi rammentava sempre che fra la semina e il raccolto ci vuole del tempo. E se tempesta si semina di nuovo.
Intanto LUI si é molto risentito... http://youtu.be/CMrt6yCb86c
RispondiEliminaUn post magistrale da leggere e rileggere, soprattutto in relazione ai meccanismi di "neutralizzazione" della democrazia sostanziale.
RispondiEliminaNeutralizzazione che opera perfino in democrazie considerate "mature", come gli Stati Uniti, che mette in luce l'incompatibilità, che appare sempre più conclamata, tra liberalismo e democrazia.
In questo panorama, poi, la figura del banchiere centrale indipendente assume una forma inedita e pericolosa. Il metodo delle "letterine" ai governi nazionali utilizzato da Trichet e da Draghi, infatti, trasforma il banchiere centrale in una vera e propria autorità politica "legibus soluta", che, tramite atti informali, da un lato fa un uso distorto ed arbitrario del potere sovrano ad essa delegato dagli Stati sovrani e dall'altro, a ben vedere, mortifica le stesse istituzioni politiche europee, che, lungi dallo svolgere un ruolo politico primario, si ritrovano scavalcate e degradate. Non sono forse la Commissione, il Consiglio ed il Parlamento europeo le istituzioni legittimate dai governi e dai popoli dell'Europa? Eppure, patiscono -a quanto pare- lo stesso svuotamento idraulico: il banchiere centrale scrive "la letterina" e loro accettano supinamente la cosa, ribadendone i contenuti come un disco....
Ed altrettanto incontestabile è il ruolo di quella che Diego Fusaro chiama "la sinistra del costume" nella frammentazione della coscienza della società in nome di tutele settoriali e particolaristiche. Oggi non sei tutelato più in quanto persona (con annessa dignità umana, che, a ben vedere, è il -negato- fondamento di ogni tutela), cittadino o lavoratore, bensì solo se appartenente ad una minoranza cui è riconosciuta una sorta di "status di diversità" (la religione minoritaria, l'essere donna, etc.....).
In realtà, credo che, accanto all'ordoliberismo, anche il cosiddetto "new labour" sia giunto al suo appuntamento con la Storia, che ne ha decretato il fallimento pieno. Del resto, altro non era che una costola politica di quello.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1d38c610-ca19-47df-a185-9491cd8b8b17.html
RispondiEliminaUn granello di sabbia nel meccanismo di disinformazione main stream...
dalle ns. parti, invece, "tutto va alla grande"«Stiamo facendo dei passi importanti. La riforma del lavoro, ad esempio, è la nostra riforma e se funziona lo sapremo presto, già nelle prossime settimane. Il vento, insomma è cambiato, e c’è un’energia nuova nel Paese».( delrio) http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2015/03/03/news/delrio-i-soldi-per-le-scuole-reggiane-ci-sono-1.10971151
EliminaParlando di Chang e banche centrali, mi pare utile aggiungere un pezzo al mosaico storico con questo intervento di Vernengo. L'autore nota che "before the mid-19th century period, which Charles Goodhart aptly calls the Victorian era, central banks had been created for supporting the State’s financing needs. [...] The point is that central banks were used as tools of economic development (the Bank of England for sure), but once central economies went up the ladder they kicked it, suggesting that central banks should only be concerned with inflation."
RispondiEliminaD'altra parte la funzione delle banche centrali indipendenti in politica interna può essere interpretata così (la citazione è tratta dal paper pubblicato sulla Revista argentina de economia di cui parla il post): "Del mismo modo que Kalecki (1943) había sugerido que el papel social de la doctrina de la finanzas sanas era mantener el nivel de desempleo suficientemente alto para contener las demandas salariales de los trabajadores, se podría decir que la doctrina del banco central independiente que sigue un programa de metas de inflación tiene esencialmente el rol de controlar las demandas de los trabajadores, y acotar las posibilidades de los gobiernos progresistas de buscar el pleno empleo. Galbraith et al. (2007) muestran que esto ha sido verdadero, inclusive para el caso estadounidense, donde por lo menos formalmente el Fed tiene un compromiso con el pleno empleo. De la misma manera, la Unión Monetaria Europea (UME) estaba diseñada, en alguna medida, para mantener elevados niveles de desempleo y bajas presiones salariales (Arestis y Sawyer, 2001; Pivetti, 1998)." Chi l'avrebbe detto. ;-)
Una volta vinta la lotta inter-dinastica e conquistato l'imperium, è necessario propagandare paradigmi ideologici - l'ideologia come sovrastruttura del potere dominante - che non permettano agli altri interessi "etnico-dinastici" di liberarsi dal vassallaggio colonialista e siano funzionali a consolidare l'ordine sociale intra-etnico, e perpetuare gli interessi di classe del gruppo-dinastia dominante....
EliminaKicking the ladder: ovvero ciò che dà senso al non sense dogmatico del liberalism.
Articolo che andrebbe divulgato nelle scuola e diffuso a reti unificate!
RispondiEliminaArticolo di stupefacente completezza e lucidità. Andrebbe diffuso a reti unificate!
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